Spettrometria ad Emissione Ottica OES

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Spettrometria ad Emissione Ottica OES
1.
Prefazione
2.
Breve introduzione alla Quantometria
3.
Componenti spettrometriche
4.
Collegamenti e requisiti per la preparazione del laboratorio
2
1. PREFAZIONE
La seguente è una breve introduzione alla quantometria ad emissione ottica
con lo scopo di spiegare i concetti fondamentali che sono alla base di
questa tecnica analitica.
Questa descrizione comprende qualche maggiore dettaglio rispetto alla
normale documentazione di vendita e di servizio, nel tentativo di fornire una
riposta alle domande che un analista può porsi sulle apparecchiature
spettrochimiche.
Il lettore è libero di tralasciare quelle parti che sono gi à a sua conoscenza.
Si è ritenuto opportuno fare alcune ripetizioni nell'interesse di una maggiore
completezza informativa.
2. BREVE INTRODUZIONE ALLA QUANTOMETRIA
3
2.1. Nozioni generali
Etimologicamente spettroscopia significa osservazione degli spettri. In altri
termini, la spettrosocpia è la scienza che studia l’interazione tra radiazione e
materia. Con spettrochimica, invece, si intende quella branca della
spettroscopia in cui si utilizza la misura della radiazione per ottenere
informazioni sulla composizione di un materiale. Nella spettroscopia ad
emissione ottica (OES), gli spettri atomici emessi da un campione vengono
utilizzati per effettuare la sua analisi quantitativa elementare.
Un Quantometro porta a termine le analisi quantitative automaticamente.
Esistono Quantometri ad emissione ottica e a fluorescenza di raggi-X.
Entrambi utilizzano gli spettri atomici, ma le regioni dello spettro interessate
sono diverse così come differiscono i campi di applicazione.
2.2. Spettri atomici
Come si può dedurre dal nome, gli spettri atomici vengono emessi dagli
atomi e rappresentano una forma di radiazione. Fisicamente, la radiazione è
energia (per unit à di tempo). Se un atomo deve emetterne una certa
quantit à, secondo la legge di conservazione dell’energia, esso deve prima
assorbirne una quantit à corrispondente. In spettroscopia il processo
attraverso il quale si fornisce dell’energia ad un atomo viene definito
eccitazione.
Un atomo è un sistema che può assorbire energia, ma solo in quantit à
prefissate; per la precisione essa può raggiungere certi livelli di energia
definiti e qualsiasi scambio di energia – assorbimento o emissione – può
avvenire solo tra questi livelli; questa è una delle possibili manifestazioni
della teoria dei quanti.
Questi fenomeni possono essere visualizzati con l’aiuto del modello atomico
di Bohr. In forma molto semplificata possono essere espressi nel modo che
segue.
Un atomo consta di un nucleo caricato positivamente circondato da eguali
quantit à di cariche negative. La carica del nucleo è espressa come numero
delle cariche positive, o protoni, che contiene, e questo numero è eguale al
numero atomico Z che definisce l’elemento chimico. Le cariche negative
sono elettroni che si trovano sulle orbite.
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Emissione di un fotone di
c
lunghezza d’onda λ: E2 - E1 = h •ν = h • —
λ
Eccitazione di un atomo
Energia fornita +∆E
+4
Energia iniziale E1
1
+4
Energia E2
+4
Ritorno all’energia E 1
In circostanze normali tutti gli elettroni si trovano sulle loro orbite originarie;
si dice allora che l’atomo si trova allo stato stazionario (o di energia minima).
Nel processo di eccitazione l’energia viene applicata in forma tale da far
muovere gli elettroni tra le varie orbite. Se un elettrone viene spostato da
un’orbita all’altra in direzione centrifuga rispetto al nucleo, occorre eseguire
un certo lavoro contro l’attrazione elettrostatica.
Dal momento che lavoro e energia sono equivalenti, un atomo che abbia
uno o più elettroni spostati da un’orbita ad un’altra più esterna possiede una
energia superiore a quella dello stato stazionario; si dice allora che l’atomo
è in uno stato eccitato.
Qualsiasi sistema fisico, se lasciato a se stesso, tende ad assumere uno
stato caratterizzato dal minimo contenuto di energia. Questo significa che
un atomo eccitato, dopo un certo periodo, molto breve (dell’ordine di
qualche nanosecondo o meno), ritorna spontaneamente allo stato
stazionario; può farlo in un solo passo o più passi. L’energia immagazzinata
durante il periodo di eccitazione non può tuttavia venire persa; nelle
circostanze di nostro interesse, questa energia viene rilasciata, o emessa,
sotto forma di radiazione. La transizione di un atomo da un livello di energia
E2 ad uno più basso E1 d à origine ad un quanto di radiazione
corrispondente alla differenza di energia ∆E = E2-E1. Un quanto di
radiazione è detto anche fotone; può essere considerato come una
particella di luce.
(La luce si può immaginare costituita o di particelle o di onde. Si può
dimostrare che i due modelli sono equivalenti. Quando si discute
dell’emissione di luce è più conveniente pensare che quest’ultima sia
costituita di particelle)
L’energia ∆E di un fotone è proporzionale alla frequenza della onda di luce
corrispondente
5
∆E = h ν
(1)
Essendo h una costante di proporzionalit à (costante di Planck). In qualsiasi
onda di luce, la frequenza ν e la lunghezza d’onda λ sono legate
dall’espressione
λ=c/ν
(2)
ove c è la velocità della luce. Combinando le equazioni (1) e (2) si ottiene:
∆E = hc / λ
(3)
in altre parole, la lunghezza d’onda di una radiazione è inversamente
proporzionale alla energia dei fotoni da cui essa è costituita.
Le lunghezze d’onda sono misurate in unità di lunghezza. Nel sistema SI
questa è il metro (m). Per le onde di luce, si utilizza una sottounit à, il nm:
1 nm = 10-9 m
In spettrochimica si usa spesso anche un’altra unit à, l’angstrom (A)
1 A = 10-10 m
I campi di lunghezza d’onda di importanza spettroscopica sono i seguenti:
visibile
infrarosso
ultravioletto
raggi-X
VIS
IR
UV
X
400…800 nm
> 800 nm
< 400 nm
< 20 nm
I seguenti materiali assorbono le radiazioni al di sotto delle lunghezze
d’onda indicate:
vetro
aria
quarzo
< 310 nm
< 190 nm
< 160 nm
Per operare al di sotto dei 190 nm, occorre riempire il cammino ottico con
un gas che non assorba le radiazioni, oppure occorre operare sotto vuoto;
questo campo di lunghezze d’onda è denominato
6
ultravioletto sottovuoto
VUV < 190 nm
Il campo di lunghezze d’onda utilizzato per la spettroscopia ad emissione
ottica, come nei Quantometri, è :
Quantometria
OES 150….800 nm
Un certo Quantometro può lavorare o in tutto il campo della OES o solo in
parte di esso, in funzione delle componenti ottiche utilizzate nello
Spettrometro. Ciò implica evidentemente l’uso di un’ottica al quarzo in tutti i
casi e di uno Spettrometro sotto vuoto nella maggior parte dei casi.
(Si fa presente che tutti i dati numerici finora forniti sono approssimati).
Da un punto di vista spettroscopico un elemento chimico è caratterizzato dal
suo numero atomico Z, ovvero dal numero di protoni e dalla corrispondente
configurazione elettronica. E' evidente che quest'ultima determiner à il tipo e
il numero delle possibili transizioni e delle energie in gioco e, di
conseguenza, delle lunghezze d'onda che potranno essere emesse o
assorbite. Ciò porta alla seguente affermazione:
Ciascun elemento possiede una sua propria serie di lunghezze d'onda
caratteristiche chiamate spettro; gli spettri di tutti gli elementi in un campione
costituiscono lo spettro del campione. Ciascuna lunghezza d'onda
osservata in uno spettro emesso da un campione può essere perciò
associata ad un elemento chimico specifico. Quanto affermato può essere
così rappresentato simbolicamente:
λ = f (Z)
(4)
Questa relazione è semplice solo in caso di atomi semplici (cfr. la famosa
formula di Balmer-Rydberg per l'atomo di idrogeno che può essere trovata
in qualsiasi testo di fisica); per atomi più grossi può essere assai complessa.
Nella pratica spettrochimica le lunghezze d'onda non vengono calcolate
mediante una formula; vengono invece utilizzate tavole di lunghezze d'onda.
Queste tavole danno pure delle indicazioni circa le varie lunghezze d'onda
che è più probabile siano emesse in certe condizioni, dal momento che ciò
dipende largamente dalla tecnica di eccitazione impiegata.
Occorre fare una distinzione tra l'energia del fotone di una radiazione e
l'intensit à luminosa che ha realmente le dimensioni di una potenza (ovvero
energia per unit à di tempo). Per una certa energia del fotone (ad una data
lunghezza d'onda), l'intensit à dipender à dal numero di fotoni prodotti per
unit à di tempo. Con tutto il resto costante, questo numero è funzione del
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numero di atomi dell'elemento da analizzare presenti nel campione, ovvero
della concentrazione c dell'elemento in questione, ovvero
i = f (c)
(5)
Le espressioni (4) e (5) possono considerarsi come il riassunto più conciso
dei principi della spettroscopia ad emissione atomica quantitativa: il valore di
intensit à quantifica la concentrazione; la lunghezza d'onda alla quale
avviene la misura della intensit à identifica l'elemento chimico. Un
Quantometro è innanzi tutto uno strumento che misura delle intensit à. Dal
momento che la relazione (5) è troppo complessa per essere derivata
teoricamente, viene stabilita in pratica in maniera empirica con l'ausilio di
campioni di composizione nota; quest'ultimo modo di procedere viene
chiamato calibrazione ed un Quantometro fornir à dei valori di
concentrazione solo dopo essere stato calibrato.
(Nota: una sorgente di luce spettroscopica emette delle lunghezze d'onda;
la loro distribuzione - lo spettro - può essere continua e discontinua. I tipi di
spettri qui descritti sono discontinui. Quando questi spettri sono analizzati in
uno Spettrometro, ciascuna lunghezza d'onda d à origine a una riga
spettrale. E' quindi lecito usare il termine lunghezza d'onda e riga per
definire lo stesso concetto).
Nel discutere i principi di eccitazione si è presupposto che l'elemento da
analizzare sia presente sotto forma di atomi liberi ovvero come vapore
atomico. Tutti i campioni reali però sono solidi, polveri o liquidi e solo in rare
occasioni gas. Qualsiasi procedura di eccitazione dovr à quindi prevedere
una fase in cui una parte del campione viene vaporizzato. La parte dalla
quale viene evaporato il materiale è spesso solo una piccola porzione del
campione ed è l'unica parte che contribuisce al segnale analitico; viene
spesso chiamato il campione effettivo.
Per questo motivo tutti i metodi di eccitazione e i relativi dispositivi sono
realizzati in modo che, prima dell'eccitazione propriamente detta, tengano
conto di un appropriato condizionamento nel quale il passo più importante è
la formazione di un vapore atomico.
E' utile a questo punto introdurre la nozione di tempo di misura. E' noto che
nessuna misurazione fisica è istantanea anche se, con forti segnali e
modeste esigenze di precisione e accuratezza, il fatto può essere non
sempre evidente.
Ma a risoluzioni maggiori si osserva che tutti i segnali presentano fenomeni
di casualità e un risultato statisticamente significativo sar à sempre una
media di una popolazione di segnali istantanei.
8
Nella pratica spettrochimica ciò significa che l'emissione di luce deve essere
recepita e mediata per un certo periodo; fare la media significa, in termini
matematici, integrare e il tempo di misura è spesso detto tempo di
integrazione. Nei Quantometri i tempi di integrazione variano generalmente
tra 1 e 10 secondi. Il fatto che ci sia un tempo di integrazione spiega perché
gli spettroscopisti si preoccupino della stabilità dei loro metodi di
eccitazione.
2.3. Tecniche di eccitazione
Le scariche elettriche non furono le prime né sono le uniche tecniche di
eccitazione spettrochimiche, anche se restano oggigiorno quelle più
comunemente utilizzate. L à dove colpisce, la scarica produce densit à di
corrente così elevate da far volatilizzare una certa quantit à di materia del
campione: il vapore atomico che ne risulta viene poi eccitato per collisioni
nel plasma di scarica.
Il tipo di scarica elettrica più semplice è l'arco in corrente continua tra due
elettrodi solidi. Nella maggior parte dei casi uno degli elettrodi fa da
supporto al campione come ad esempio un piccolo truciolo di rame nel caso
dell'arco globulare o della polvere posta nelle cavità trapanata di un
elettrodo di grafite. Una sorgente in corrente continua collegata agli elettrodi
attraverso una resistenza autoregolatrice fornisce la potenza necessaria.
9
L'arco produce elevate intensit à, ma - dal momento che le tensioni in gioco
sono basse (nell'ordine di 100 V) e l'eccitazione quasi semplicemente
termica (alcune migliaia di gradi Kelvin) - provoca l'emissione solo delle
linee più facilmente eccitabili, di preferenza quelle provenienti da atomi
neutri. Le scariche ad arco sono quindi utili per la determinazione di
elementi in tracce. L'arco non d à risultati riproducibili come altre tecniche di
eccitazione poiché il punto di scarica tende a vagare in modo irregolare da
un punto all’altro e questo causa delle variazioni nelle condizioni di
eccitazione per ciò che riguarda tempo e spazio.
Arco in corrente continua (tecnica dell’arco globulare utilizzata come
esempio)
10
Un altro tipo di scarica è la scintilla ad alta tensione. Viene prodotta
interponendo tra gli elettrodi un condensatore caricato a un valore compreso
tra l0 e 50 kV. Di norma il campione è uno degli elettrodi; l'altro è un controelettrodo di forma e materiale opportuni. Le scintille possono avere
temperature dell'ordine di 10000 K che consentono di eccitare anche linee
corrispondenti a transizioni di elevata energia tipiche di atomi ionizzati.
Quando la scarica del condensatore riesce a vincere il gap analitico, fluisce
nel circuito una corrente di scarica oscillante. Le oscillazioni sono smorzate
e la durata della scarica è dell'ordine di alcuni millesecondi. Il condensatore
è caricato ogni mezzo ciclo e scaricato nell'altro. Il gap della scintilla diviene
non-conduttore prima del semi-ciclo successivo e la tensione può ricaricarsi
per ripetere la sequenza di scarica. Non c'è così effetto di "burning-in" nel
punto di scarica come nell'arco in c.c.; durante il tempo di integrazione le
singole scintille attaccano la superficie del campione in una distribuzione
statisticamente valida e il segnale risultante è molto più stabile e uniforme
specie se il ciclo di carica e il punto di scarica sono ben controllati.
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Scarica a bassa tensione (o, per meglio dire, a media tensione). Vengono
prodotte con circuiti simili alle sorgenti a scintilla, ma a valori di tensione di
circa mille volt. La tensione non è allora sufficiente a vincere il dielettrico di
qualche millimetro tra campione e contro-elettrodo e quindi si utilizza un
circuito ausiliario ad alta tensione e bassa potenza (iniziatore) per dare un
inizio alla scarica. Vengono inserite in tal caso nel circuito di scarica
un'auto-induttanza e una resistenza variabili che consentono un
comportamento oscillatorio della scarica che può variare ampiamente tra
scarica tipo-arco e tipo-scintilla. In particolare si possono avere scariche
supersmorzate. Tali scariche sono unidirezionali; se avvengono in
un'atmosfera di argon dove il campione è il catodo viene attaccato solo il
campione e il materiale del contro-elettrodo non contribuisce all'analisi.
L’uso di argon come atmosfera di scarica presenta altri vantaggi: l’Argon è
più trasparente alle radiazioni UV dell’aria, favorisce l’eccitazione degli
spettri a scintilla e, abbinato ad una scarica unidirezionale, rende possibile
l’analisi con la tecnica HEPS.
La tecnica HEPS (pre-scarica ad elevata energia) è un metodo di
eccitazione che elimina un gran numero di effetti matrice (interelementari)
dovuti alla struttura metallurgica del campione. Consiste in una scarica
combinata in cui la prima parte è una pre-scarica ad alta energia controllata
in modo da far avvenire due effetti di omogeneizzazione: (a) rifusione del
campione effettivo su microscala; (b) eliminazione graduale delle inclusioni
non metalliche della superficie del campione effettivo.
Con l’arco in corrente continua si opera di solito in aria; ma anche le
scariche a scintilla vengono ancora eseguite qualche volta in aria. Un
esempio è l’analisi di liquidi, quali oli lubrificanti, con un elettrodo di grafite a
disco rotante (tecnica rotrode).Il disco viene immerso in un contenitore di
porcellana ove raccoglie sulla sua circonferenza il liquido da analizzare
mentre ruota. La scintilla avviene tra la circonferenza e un controelettrodo
montato sopra il disco. Un altro esempio di scariche a scintilla in aria
potrebbero essere i casi in cui l’Argon non può essere reso disponibile a
costo contenuto.
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Eccitazione tramite scintilla di un campione liquido
con la tecnica dell’elettrodo rotante (“rotrode”)
La spettrochimica iniziò in origine con campioni liquidi (come si usa nella
chimica per via umida) che venivano introdotti nelle fiamme per
l’eccitazione. Con l’avvento delle scariche elettriche, le fiamme chimiche
(cioè di combustione) persero molto della loro importanza. Se un campione
liquido viene iniettato in una fiamma, ha inizio il ciclo che segue:
vaporizzazione del solvente – dissociazione delle molecole – eccitazione
degli atomi liberi.
Tutto ciò richiede una certa quantit à di energia termica, oltre al fatto che le
gocce del campione rimangono per un certo tempo (tempo di residenza)
nell’ambiente ad alta temperatura. Nelle fiamme chimiche le temperature
sono troppo basse e/o i tempi di residenza troppo brevi. Questi
inconvenienti sono superati con l’utilizzo di una fiamma fisica, il plasma
ottenuto per accoppiamento induttivo (ICP).
Questo tipo di eccitazione non sar à oggetto di trattazione in questa
descrizione.
2.4. Spettrometro
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La funzione dello stativo di eccitazione è, in ultima analisi, quella di fornire
una sorgente di luce la cui radiazione contenga le lunghezze d'onda
caratteristiche emesse dagli elementi presenti nel campione. Dal momento
che si tratta dell'insieme di tutte le lunghezze d'onda, occorre separarle per
la misurazione. Ciò viene fatto nello Spettrometro.
Il componente fondamentale di uno Spettrometro è l'elemento disperdente
(il reticolo).
Con dispersione si intende la distribuzione di un certo numero di lunghezze
d'onda in un certo campo angolare. A questo scopo vengono utilizzati o dei
14
prismi o dei reticoli, ma negli Spettrometri automatici si preferiscono questi
ultimi. Un reticolo lavora pressappoco secondo il principio seguente:
La luce viaggia secondo traiettorie rettilinee a meno che non incontri sul suo
cammino piccole ostruzioni o venga fatta passare attraverso piccole
aperture. Se queste ostruzioni o aperture sono dell'ordine della lunghezza
d'onda, parte della luce viene deviata dalla traiettoria "ufficiale" e l'entit à
della deviazione è funzione della lunghezza d'onda. Questo fenomeno è un
caso speciale di interferenza e viene chiamato diffrazione. La risoluzione di
dispersione per diffrazione aumenta col numero di elementi di diffrazione.
Un reticolo è l'insieme di un gran numero di tali elementi, ad esempio una
superficie avente un profilo microscopico asimmetrico a denti di sega in cui
la larghezza del dente è dell'ordine delle lunghezze d'onda della luce. Se
tale superficie viene rivestita con alluminio si ottiene un reticolo di
riflessione.
Il profilo del reticolo può essere ottenuto meccanicamente incidendo dei
solchi equidistanti con un utensile diamantato (reticoli incisi). Può essere
anche prodotto tramite incisione fotochimica all'acquaforte con l'aiuto di un
campo di frange di interferenza (reticoli di interferenza o olografici). Per
certe applicazioni uno dei due tipi presenta vantaggi sull'altro.
Oltre al reticolo, per migliorare la risoluzione, uno Spettrometro comporta
due altri componenti essenziali: una fenditura e un sistema di formazione di
immagini. La fenditura, se illuminata dalla sorgente di luce originaria (ossia
la scarica), rappresenta un oggetto luminoso molto sottile del quale il
sistema di formazione di immagini dà un'immagine altrettanto sottile – una
riga; la presenza di un reticolo sul cammino ottico creer à tante immagini di
righe quante sono le diverse lunghezze d'onda emesse dalla scarica. In tal
modo le righe di uno spettro non sono altro che le immagini
monocromatiche della fenditura dello Spettrometro; ciascuna riga
corrisponde ad una lunghezza d'onda e ciascuna lunghezza d'onda è
associata ad un elemento chimico specifico.
Il sistema di formazione di immagini può essere costituito da una lente (o
lenti) o da uno specchio concavo (o specchi). Maggior semplicità deriva
dall'incisione del profilo del reticolo direttamente sulla superficie di uno
specchio concavo: le funzioni di dispersione e di formazione dell'immagine
sono quindi realizzate in un'unica superficie ottica - il reticolo di riflessione
concavo.
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Da una fenditura illuminata il reticolo concavo produce uno spettro. La forma
di questo spettro è determinata dall'ottica dello specchio concavo; nel caso
particolare in cui la fenditura è posizionata sul cerchio il cui diametro è il
raggio di curvatura del reticolo, le linee spettrali si troveranno focalizzate
sullo stesso cerchio, che viene denominato cerchio di Rowland.
La distanza (sul cerchio di Rowland) alla quale due lunghezze d'onda
vengono separate viene detta dispersione lineare ed è espressa in millimetri
per nanometro o millimetri per Angstrom; spesso viene citata la dispersione
lineare reciproca. La dispersione lineare è funzione della densità di incisione
(in tratti per millimetro) e del diametro del cerchio di Rowland. In un dato
Spettrometro, tanto maggiore è la dispersione lineare, tanto più ridotto è il
campo spettrale utile. Come esempio pratico, in uno Spettrometro OES il cui
cerchio di Rowland ha un diametro di 1 metro, con un reticolo di 2160
tratti/mm la dispersione lineare è 2.2 mm/nm (o 0.22 mm/A); la dispersione
lineare reciproca è 0.46 nm/mm (o 4.6 A /mm); il campo spettrale utilizzabile
è all'incirca 170 - 410 nm.
Dal momento che la diffrazione è dovuta all'interferenza e si ha interferenza
costruttiva quando la differenza di fase tra le onde interferenti è λ, 2λ, 3λ, ...,
nλ, ciascuna lunghezza d'onda produrr à n linee spettrali. In generale un
reticolo di diffrazione produce n spettri, lo spettro del l° ordine, lo spettro del
2° ordine e così via. Lo spettro del primo ordine è quello più largamente
impiegato, ma in certi spettro metri sono utili anche gli ordini superiori.
Se si pone lungo il cerchio di Rowland uno schermo o una pellicola, si
osserva uno spettro di righe più o meno complesso nel quale ciascuna riga
appartiene a uno degli elementi presenti nel campione. Per la loro misura si
scelgono le righe più appropriate: solo la luce proveniente dalla riga
prescelta deve contribuire alla misura. In pratica ciò è ottenuto con il
posizionamento sul cerchio di Rowland di una fenditura attraverso la quale
possa passare solo la riga desiderata e non la radiazione alla destra o alla
sinistra di questa. La fenditura utilizzata per isolare una riga proveniente
dallo spettro viene chiamata fenditura secondaria (o di uscita) in modo da
distinguerla dalla fenditura primaria (o di entrata). Dopo la fenditura la luce è
diretta a un fototubo. La corrente del fototubo è proporzionale alla intensit à
della riga.
La larghezza di una fenditura secondaria è un po’ maggiore di quella della
riga analitica per migliorare la stabilità di allineamento. Per questo motivo e
per altri raccoglier à anche radiazioni indesiderate, chiamate fondo. Vi è
fondo spettrale e luce diffusa. La luce diffusa è luce che passa in maniera
non ufficiale attraverso la fenditura, soprattutto dovuta alla inevitabile
riflessione e dispersione della luce proveniente dal materiale dello
Spettrometro, compresa la dispersione proveniente dalle superfici ottiche;
può avere qualsiasi lunghezza d'onda. Nei Quantometri la luce diffusa è
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molto bassa. Tutto il resto del fondo è spettrale. E' costituito da uno o più
dei seguenti componenti; (a) fondo continuo; (b) righe di altri elementi aventi
la stessa lunghezza d'onda della riga da misurare o lunghezza d'onda così
vicina da non poter essere separata; (c) lo stesso tipo di coincidenza o
sovrapposizione di righe del punto precedente, ma a causa di righe
appartenenti a spettri di ordini differenti. Le interferenze di righe (b) e (c) si
presenteranno solo se gli elementi che producono le righe interferenti sono
presenti nel campione, almeno sopra un certo livello. Le interferenze
provenienti da altri ordini possono essere per la maggior parte eliminate
tramite separazione degli ordini o con fototubi selettivi o con filtri (di
assorbimento o di interferenza).
Quali righe siano buone righe analitiche dipende da un certo numero di
fattori.
La riga deve cadere nel campo spettrale dello Spettrometro. Deve avere
elevata intensit à relativa per l'analisi di tracce, ma spesso tali righe hanno
una calibrazione troppo non-lineare a tenori elevati. La riga deve essere il
più possibile esente da interferenze di altre righe. Alcune righe sono utili
solo in certe matrici, non in altre. In un policromatore, non si può impiegare
per ragioni meccaniche una riga che sia vicina ad un'altra di più di 3 mm.
Un monocromatore, di norma, ha una sola fenditura secondaria, il che
significa che si può misurare una sola riga per volta. Se si desidera
un'analisi multielementare, il monocromatore deve essere configurato in
modo da poter posizionare qualsiasi lunghezza d'onda nella fenditura.
Evidentemente le determinazioni multielementari sono in questo caso
sequenziali.
In un policromatore in corrispondenza di ciascuna riga analitica prescelta
viene fissata una fenditura secondaria. Se ciascuna fenditura ha il suo
fototubo, un campione può essere analizzato simultaneamente per tutti gli
elementi per i quali sono state montate delle fenditure.
Il fototubo può essere posto direttamente dietro la fenditura secondaria. In
un policromatore questo fatto porta a problemi di spazio dovuti alle
dimensioni meccaniche dei fototubi. Una soluzione intelligente è quella di
adottare specchi sottili montati dietro le fenditure per convogliare la luce o
verso l'alto o verso il basso nelle zone in cui vi è spazio sufficiente per
l'alloggiamento dei fototubi. Ciò elimina anche problemi di interferenza di
risposta tra i canali.
18
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2.5. Elettronica
Il fototubo produce una corrente proporzionale all'intensit à della riga scelta
per l'elemento da analizzare. L'intensit à può essere mediata durante il
tempo di misura; ciò viene realizzato con l'integrazione della corrente i del
fototubo come una scarica Q su un condensatore:
∫
idt
=
Q
(6)
o, tenendo conto della capacità C del condensatore,
1/C
∫
idt
=
U
(7)
O la carica Q o la tensione U possono essere prese come misura della
corrente mediata del fototubo.
Il Quantometro è dunque una macchina per misurare delle intensit à. Sar à in
grado di fornire le concentrazioni percentuali solo dopo la taratura - che fa
parte della interpretazione dei risultati.
Oltre ai circuiti per la misura delle intensit à, l'elettronica dello strumento
comprende tutti i tipi di circuiti di controllo, le relative alimentazioni nonché il
calcolatore con unit à periferiche come terminali per il trattamento dei dati
analitici.
2.6. Interpretazione dei risultati
2.6.1. Curva di lavoro
Il Quantometro produce delle intensit à in impulsi; ciò che si richiede sono
concentrazioni in per cento, ppm o altre unit à. La taratura (o calibrazione)
correla le concentrazioni c alle intensit à.
Per calibrare un Quantometro si misurano campioni con concentrazioni
note. Questi campioni vengono chiamati campioni di calibrazione o
campioni standard.
Ponendo in un piano di assi ortogonali le concentrazioni in funzione delle
intensit à, si ottiene la curva di calibrazione o curva di lavoro. Bisogna creare
delle curve di lavoro per tutti gli elementi. L'analisi di un campione incognito
consiste nel misurare le intensit à dei suoi elementi e nel leggere le
concentrazioni dalle curve.
20
Gli strumenti delle più recenti generazioni fanno uso delle tecniche digitali e
dei calcolatori. Un calcolatore ha bisogno della formula della curva di lavoro
per immagazzinarla nella sua memoria. La formula viene ricavata in base a
un procedimento di interpolazione della curva.
La curva di lavoro più probabile, ovvero la curva che più si avvicina a una
serie di punti di lavoro, viene definita come la curva per la quale la somma
dei quadrati degli errori δ è minima, ossia
Σδ2
→
min.
(8)
Il procedimento secondo il quale viene praticamente calcolata la curva viene
chiamato metodo dei minimi quadrati o calcolo di regressione. I calcolatori
analitici hanno dei programmi per effettuare questi calcoli. Una regressione
è una procedura matematica e, come tale, non ha nulla a che vedere con la
spettroscopia. Non può fornire la forma generale della curva che deve
essere data dallo spettroscopista. L'esperienza mostra che si ottiene una
buona approssimazione con un polinomio di grado n:
c
=
a0+
a1i+
a2i2
+
a3i3
+….+
anin
(9)
In certi casi una curva di primo grado - linea retta - sar à sufficiente. Ma in
generale le calibrazioni sono curve, specie se il campo di concentrazione
non è ristretto, e quindi si utilizzano curve del 2° e 3° grado. Quando lo
spettroscopista fissa il grado della curva, il calcolo di regressione fornisce le
costanti a0 , a1, , a2 , a3 , ecc.
21
Il computer memorizza i parametri della curva e li utilizza, nel lavoro di
routine, per calcolare le concentrazioni partendo dalle intensit à misurate.
2.6.2. Fondo equivalente
Le fluttuazioni del fondo determinano il limite di rilevabilità. Per un dato
elemento in una data matrice, determinato con una certa riga e una certa
serie di parametri analitici, l'ordine di grandezza del fondo è una quantit à
fisica caratteristica. Viene di solito espressa nel modo seguente:
Per qualsiasi valore di concentrazione l'intensit à misurata è la somma di un
contributo dato dal fondo e un contributo dato dalla riga elementare. La
concentrazione equivalente al fondo Ceq viene definita come quella
concentrazione per la quale i due contributi sono eguali. Oppure: il fondo
equivalente è quella concentrazione per la quale la linea (da sola) produce
la stessa intensit à del fondo (da solo).
In termini empirici i limiti di rilevabilità sono dell'ordine di qualche percento
del fondo equivalente.
2.6.3. Errori casuali
22
Se si misura ripetutamente la stessa concentrazione, i risultati ci non si
riprodurranno perfettamente, ma oscilleranno intorno ad un valore medio c.
La fluttuazione viene misurata in termini di deviazione standard s secondo la
(14) dove l'errore è:
∆i
=
ci
-
cmed
(10)
Se la deviazione standard viene calcolata sulla base dei valori di intensit à
deve venire trasformata in valori di concentrazione. Rappresenta allora sc,
espressa in unit à di concentrazione percentuale dell'elemento. La
deviazione standard relativa srel, espressa in percentuale relativa, è definita
"coefficiente di variazione" ν:
ν
=
srel
=
(100
s/cmed)c
(11)
2.6.4. Limite di rilevabilità
Il limite di rilevabilit à è, per certi aspetti, una questione di definizione. Una
definizione accettata da molti spettroscopisti è la seguente:
Il fondo è una quantit à fisica essenzialmente della stessa natura di una riga
spettrale. Se viene ad esempio registrato ripetutamente, mostrer à delle
fluttuazioni statistiche come accade per i segnali provenienti dai vari
elementi. Perciò il 99.7% (quindi praticamente tutti) dei valori del fondo
trovati cadranno in una banda di ± 3 s intorno al valore medio. Ne segue
che se un segnale supera 3s del fondo, può (con la probabilità del 99.7%,
ossia con la quasi certezza) essere attribuito alla riga spettrale; l'elemento
può allora venire considerato come rivelato. Il limite di rilevabilità clim viene
allora definito come tre volte la deviazione standard del fondo sbg:
clim
=
3
sbg
(12)
Il limite di rilevabilit à viene misurato passando un certo numero di volte sul
canale dell'elemento in questione un campione che non contiene
quell'elemento (o tutt'al più lo contiene in minima concentrazione). La
deviazione standard trovata in seguito alle scariche ripetute è la deviazione
standard del fondo. Se viene espresso come concentrazione, il limite di
rilevabilità può essere calcolato utilizzando l'equazione (12).
Alcuni autori a volte preferiscono altre definizioni, tre delle quali vengono
date qui di seguito:
23
(a) Invece del limite tre-sigma dato sopra, viene usato un limite due-sigma
specie dagli analisti ICP.
(b) Un'altra definizione moltiplica la parte destra dell'equazione (12) per un
fattore 21/2.
(c) Cinque volte il limite due-sigma viene definito il limite di determinazione
quantitativa.
Si vedr à che al limite due-sigma, il coefficiente di variazione è 50%; al limite
dieci-sigma della determinazione quantitativa è 10%.
Registrazioni ripetute del valore di intensit à
del fondo e della riga spettrale misurata
2.6.5. Errori sistematici
Gli errori sistematici in spettrochimica avvengono per diversi motivi: analisi
chimiche sbagliate, strumenti o metodi difettosi, interferenza di righe, effetti
matrice - per nominarne solo alcuni.
In spettrochimica, un campione è composto essenzialmente di due cose: (a)
l'elemento in discussione e (b) tutti gli altri parametri chimici e fisici del
campione, compresi gli altri elementi, l'elemento di base, la struttura
metallurgica e così via. La seconda parte (b) è chiamata la matrice
(sebbene talvolta la parola sia semplicemente usata per denominare
l'elemento base). In circostanze ideali l'equazione (5) andrebbe letta come
i1
=
f
(c1
)
(13)
24
per l'elemento numero 1 (e analogamente per gli elementi 2, 3, ecc), ossia
l'intensit à dovrebbe essere funzione solo della concentrazione dell'elemento
in questione. Purtroppo a volte si vedr à che questa intensit à dipender à
anche da uno o più altri parametri della matrice. Ciò viene chiamato effetto
matrice. Gli effetti matrice sono tipicamente legati al campione e al suo
trattamento.
Un'analisi chimica errata o un difetto dello strumento sono chiari esempi di
come un errore sistematico può essere eliminato. Gli effetti matrice non
sono sempre semplici da trattare. La tecnica HEPS è un ottimo esempio del
modo in cui si può neutralizzare con successo un certo numero di effetti
matrice classici.
Le interferenze di righe e altri effetti di fondo sono più facilmente corretti che
eliminati.
La deriva dello strumento è un tipico errore sistematico che viene corretto.
La deriva viene definita come un lento cambiamento nel tempo dell'intensit à
misurata; una deriva a lungo termine è inevitabile in strumentazioni
complesse. La correzione periodica della deriva viene chiamata
ricalibrazione.
La calibrazione correla la concentrazione c all'intensit à i; al momento della
calibrazione, per definizione, lo strumento è privo di deriva e le intensit à
misurate sono le intensit à nominali, inom. La curva c - inom viene
immagazzinata nella memoria del calcolatore. Una serie di alcuni campioni
di ricalibrazione viene misurata per i differenti elementi e le loro intensit à
nominali inom registrate. Se a questo punto gli stessi campioni vengono
passati il giorno successivo, forniranno le intensit à attuali ire. Alcune di
queste possono essere sostanzialmente diverse dalle inom perché può
essersi verificata una deriva. Perciò con l'ausilio dei valori inom e imes del
campione di ricalibrazione si calcola una curva di ricalibrazione inom -imes e la
si immagazzina nella memoria (ove rimane fino al giorno successivo o fino a
quando non si fa una nuova ricalibrazione). Quando arriva un campione
incognito, si ottiene la intensit à nominale dalla intensit à attuale grazie alla
curva di ricalibrazione e poi la concentrazione tramite la intensit à nominale
utilizzando la curva di calibrazione.
Mentre la calibrazione viene fatta una volta per sempre, la ricalibrazione fa
parte del lavoro analitico di routine.
25
2.6.6. Standard interno
Se una qualsiasi intensit à di una riga viene integrata ripetutamente con
tempo costante, i risultati possono cambiare nell'ambito dello stesso
campione e tra campione e campione. Se si utilizza un policromatore per
questo esperimento e se non solo una ma parecchie righe vengono
misurate in ciascuna scarica, tutte le intensit à delle righe possono variare.
Si vedr à inoltre che per un certo numero di esse queste fluttuazioni sono
omologhe; così se in una certa scarica un dato elemento era, ad es., 10%
sopra la sua intensit à media, di regola vi saranno altri elementi le cui
intensit à misurate nella stessa scarica erano pure 10% sopra le loro
intensit à medie. Qualsiasi coppia di righe che mostri questo comportamento
viene chiamata coppia di righe omologhe. Se le singole intensit à mostrano
una certa dispersione, è evidente che si trover à che il rapporto di due righe
che formano una coppia omologa avr à una dispersione di minor entit à.
L'esistenza di coppie di righe omologhe (o di un qualsiasi numero di righe
che presentino in pratica fluttuazioni nello stesso modo) appare plausibile:
se per una ragione qualsiasi l'energia di eccitazione che poteva essere
trasferita al campione era del 10% superiore al normale non è assurdo
pensare, in prima approssimazione, che un numero di righe spettrali
prodotte nella stessa scarica sia interessata più o meno dalla stessa
quantit à.
Questo fenomeno può essere utilizzato per migliorare la precisione e
l'accuratezza di analisi. Contemporaneamente alle altre righe elementari si
misura l'intensit à proveniente da una particolare riga spettrale di un
particolare elemento. Questo deve essere un elemento che non si
determina e che rimane praticamente costante. Un tale elemento viene
chiamato standard interno. In tal modo, invece di utilizzare come segnali
26
analitici le intensit à assolute degli elementi, si utilizzano i rapporti intensit à
dell'elemento/intensit à dello standard interno.
Nel caso dell'analisi di campioni in polvere o liquidi si può aggiungere al
campione un elemento conveniente. Nei campioni metallici nella maggior
parte dei casi viene utilizzato come standard interno l'elemento base; se
questo non dovesse essere sufficientemente costante come accade nel
caso di leghe, si può tenerne conto con un calcolo opportuno. Talvolta per
ottenere un buon segnale per lo standard interno si misura un'intensit à
rappresentativa dell'intensit à di scarica non dispersa (un segnale di luce
totale derivato dal fascio primario o il fascio riflesso cioè l'ordine zero di
diffrazione).
Occorre sottolineare tuttavia che la presenza di uno standard interno non
migliora necessariamente la precisione e l'accuratezza. Esistono casi in cui
si ha addirittura un peggioramento di almeno una delle due quando si
utilizza uno standard interno.
2.6.7. Il ruolo del calcolatore
Il calcolatore deve di solito assolvere due tipi di compiti: uno fa parte della
procedura di analisi, l'altro ha invece più attinenza con l'organizzazione del
laboratorio o dell'impianto.
Il calcolatore prende in carico le intensit à grezze, applica, se necessario, le
correzioni dovute alla deriva, alle interferenze di riga e agli effetti matrice,
calcola le medie e stampa i dati finali in concentrazione.
Tutto questo sistema analitico può essere interfacciato ad un calcolatore
centrale per l'invio dei dati e/o collegato ad una rete di stazioni riceventi
lontane per la distribuzione dei risultati. Collegati al sistema possono essere
altri strumenti di analisi quali gli analizzatori di gas. Il calcolatore può essere
impiegato per la memorizzazione e la presentazione dei risultati, per il
controllo dei risultati in base ai criteri di qualità del materiale, per la
produzione di rapporti, di rapporti giornalieri o per turno, per la produzione di
rapporti sull'evoluzione della carica dei forni, il loro calcolo e la loro
correzione, per la produzione di statistiche basate sui risultati memorizzati.
2.6.8. Appendice: osservazioni generali sugli errori
Nessuna misura fisica è assolutamente "corretta". Può avvicinarsi alla verità
solo con una certa probabilit à. Questo concetto di probabilità è essenziale
per comprendere la natura di una misura in generale ed è ben illustrato
dall'interpretazione della deviazione standard che viene data qui di seguito.
27
Per una serie di misure, il valore vero più probabile è il valore medio. Per
una serie di punti il valore medio è dato dalla curva passante per i punti
misurati. Come in una serie i singoli valori si disperdono intorno alla media,
così accade per i punti intorno alla curva.
Errore
Si definisce errore la differenza tra un singolo valore e il valore medio. (In
fisica la parola non ha assolutamente alcun connotato etico).
In circostanze normali è logico attendersi che gli strumenti siano ben
costruiti e usati con la giusta attenzione. Si presume allora che a) è meno
probabile che si verifichino grossi errori che piccoli errori; e che b) errori
positivi hanno la stessa probabilità di verificarsi degli errori negativi. La
funzione matematica più semplice che d à più peso agli errori più grandi e
che tratta nello stesso modo entrambi i segni (positivo e negativo) è il
quadrato. Questo è il motivo per cui i quadrati degli errori sono importanti
nella interpretazione delle misure. Occorre fare una distinzione tra errori
casuali e errori sistematici (pur se non è sempre facile osservare gli uni
indipendentemente dagli altri).
Errore casuale: precisione
Quando si effettua una serie di misure, ossia si ripete la stessa misura
(stessa quantit à, stesso oggetto, stesso strumento, stessa procedura) per
un certo numero di volte, i risultati varieranno in maniera casuale. La
fluttuazione può essere quantificata come la media dei quadrati degli errori,
Σ∆2/n. Per dare una dimensione fisica più significativa, si prende la radice
quadrata; per evitare di trattare un unico risultato (il che non avrebbe
senso), si introduce un -1 al denominatore. Ciò porta alla deviazione
standard.
s
=
(Σ∆2/n-1)1/2
(14)
(σ viene usato al posto di s quando n=∞). La deviazione standard misura la
precisione o la riproducibilità.
La deviazione standard ha il seguente significato pratico:
Una volta trovata la deviazione standard con una serie di misure, allora
qualsiasi misura su un campione incognito non è più lontana dal valore vero
di
± s con una probabilità del 68%
28
± 2 s con una probabilità del 95%
± 3 s con una probabilità del 99.7%
dispersione di punti attorno ad una curva
Errore sistematico: accuratezza
Se un risultato differisce da un secondo risultato sistematicamente (ovvero
con la stessa quantit à e lo stesso segno), allora vi è un'influenza tra i due.
Se il secondo valore è il più probabile, l'influenza è un errore sistematico.
Nel caso di una curva adattata ai vari punti misurati, la curva rappresenta i
valori più probabili e la dispersione dei punti intorno alla curva è dovuta a
errori sistematici. Questa dispersione può essere quantificata come le
medie degli errori Σδ2/n. Per dare una dimensione fisica più significativa, si
prende la radice quadrata; per evitare di trattare una curva passante per
due soli punti (il che non avrebbe senso), si introduce un -2 al
denominatore. Ciò porta all'errore standard del valore stimato.
µ
=
(Σδ2/n-2)1/2
(15)
L'errore standard del valore stimato è una misura dell'accuratezza.
L'accuratezza viene quantificata meno spesso della precisione poiché molti
dei fattori che influenzano la accuratezza possono essere fuori dalle
possibilità di controllo dell'operatore, come ad esempio i valori chimici dati o
la qualità del campione. L'errore standard del valore stimato viene spesso
calcolato nell'interpolazione della curva per giudicare la qualit à di un certo
adattamento della curva ai punti reali.
29
Che fare contro gli errori
Per migliorare la riproducibilità di un metodo occorre tenere presente che
l'errore in un risultato non è altro che l'insieme degli errori accumulati nelle
varie fasi di lavoro e che l'errore dello strumento è solo uno dei contributi. E'
allora importante far sì che ogni singola fase di una procedura analitica sia
la più riproduci bile possibile nel tentativo di avvicinarsi alla precisione
teorica. Un altro modo per migliorare la precisione è quello di raccogliere più
informazioni in modo da ricavare valori medi più affidabili; questa è la
ragione per la quale si fanno analisi ripetute.
Gli errori sistematici possono essere trattati in uno dei due modi seguenti:
(a) eliminando la causa dell'errore; o (b) applicando una correzione. La
scelta di uno dei due metodi è frutto di considerazioni tecniche ed
economiche e va decisa di volta in volta.
Termini e simboli
Termini e simboli sono un argomento amato da molti. Per evitare equivoci o
controversie, viene fornito di seguito un elenco di sinonimi che non vuoI
essere ne cattedratico ne esauriente.
Calibrazione. Taratura.
Curva di calibrazione. Curva di taratura. Curva di lavoro.
Ricalibrazione, ritaratura, normalizzazione, standardizzazione.
Campione di ricalibrazione, campione setting-up, standard setting-up.
Concentrazione equivalente al fondo, fondo equivalente, fondo,
concentrazione alla quale la riga eguaglia il fondo, concentrazione alla quale
il rapporto riga-fondo è eguale a uno, Ceq, BEC.
Precisione, riproducibilità.
Accuratezza.
Deviazione standard, errore quadratico medio, σ , s, SD.
Coefficiente di variazione, deviazione standard relativa, ν, C.V., RSD.
Errore standard del valore stimato, errore quadratico medio delle deviazioni
- c intorno alla curva adattata, µ, Sc, SEE.
30
Limite di rilevabilit à, clim , DL.
Limite di determinazione quantitativa, concentrazione minima determinabile
quantitativamente, LQDC.
2.7. Sommario
Per riassumere, un Quantometro consta di tre componenti essenziali:
- uno stativo con relativo generatore per l'eccitazione del campione;
- uno Spettrometro per separare le radiazioni emesse dal campione;
- un insieme elettronico per misurare ed elaborare i segnali analitici.
In un moderno Quantometro tutte queste tre sezioni sono alloggiate in un
contenitore compatto comune (con l'eccezione di alcuni generatori speciali).
Si sono qui trattati solo i principi di base. Informazioni più approfondite
sull'argomento possono trovarsi in testi specializzati. Vi proponiamo:
––R. Payling and P. Larkins, Optical Emission Lines of the Elements, John
Wiley & Sons, Chichester (2000).
––K. Slickers, Automatic Atomic-Emission- Spectroscopy, Brühlshe
Universitätsdruckerei, Griessen (1993).
––Volker B. E. Thomsen, Modern Spectrochemical Analysis of Metals: an
Introduction for Users of ARC/Spark Instrumentation, ASM International,
Materials Park OH (1996).
3.
COMPONENTI SPETTROMETRICHE STRUMENTALI
3.1. Stativo di eccitazione e generatore
In questa fase avviene la vaporizzazione del materiale che costituisce il
campione e l’eccitazione del “vapore” di campione per produrre le radiazioni
caratteristiche.
Ogni tipo di lavoro analitico è soggetto a certe condizioni imposte sia dal
campione da analizzare sia dall'analista. Queste condizioni sono dettate da
diversi fattori quali:
- matrice del campione
- forma fisica del campione - elementi da determinare - campi di
concentrazione
- precisione ed accuratezza richiesta - velocità di analisi - costi
31
Dal momento che ciascuno di questi fattori può, di fronte ad ampi campi di
applicazione, variare o essere soggetti a limitazioni, è evidente che non
esiste una soluzione universale.
Per l’analisi di campioni solidi metallici lo strumento è equipaggiato con uno
stativo atto a ricevere il campione in modo pratico ed è combinato ad una
sorgente in grado di fornire la potenza elettrica e tutti gli altri servizi
necessari.
Lo Stativo Multi Base MBS permette:
-
-
-
l’analisi di campioni solidi in atmosfera di gas argon
l’impiego della tecnica HEPS (pre-scarica ad alta energia)
la facile sostituzione di quelle parti che potrebbero ricevere
contaminazione da parte della materia del campione. Dal momento che
questa contaminazione potrebbe causare errori nelle determinazioni di
elementi in tracce quando l'elemento da determinare era un componente
presente ad elevata concentrazione nel campione precedente, l'errore
può essere eliminato sostituendo le parti contaminate; questa
sostituzione non richiede più di un minuto e non necessita una
ricalibrazione.
l’analisi di tutti i metalli più tradizionali ed, eventualmente, di alcune
matrici in polvere uniformi (sotto forma di pastiglie pressate con grafite)
per la determinazioni di tracce
l’impiego di accessori quali supporti per campioni filiformi e dispositivi per
l’analisi di fili e di campioni di piccole dimensioni
3.2. Spettrometro
Tra i sistemi spettrometrici esistono modelli che misurano gli elementi
sequenzialmente e modelli che misurano gli elementi simultaneamente.
A fini didattici e informativi citeremo brevemente le caratteristiche di
entrambi, anche se ormai la Spettrometria ad emissione ottica a scintilla
prevede solo sistemi simultanei.
Il monocromatore determina un elemento per volta. Per un’analisi
multielementare gli elementi vengono analizzati uno dopo l'altro, ossia
sequenzialmente. Qualsiasi elemento che abbia righe spettrali eccitabili nel
campo spettrale disponibile può essere determinato. Il tempo totale di
analisi è in pratica la somma dei tempi di analisi dei singoli elementi.
Il policromatore determina tutti gli elementi simultaneamente. Possono
essere analizzati tutti quegli elementi che sono stati installati sulla base del
programma analitico previsto dall'utilizzatore (sebbene altri elementi
possano essere aggiunti dall'ingegnere di servizio in qualsiasi momento lo si
desideri). Il tempo totale di analisi è quello richiesto per un elemento.
32
Una terza versione offre entrambe le possibilità in uno stesso strumento. E'
possibile inoltre un'indagine semiquantitativa utilizzando il monocromatore
in una scansione dello spettro.
Direttamente collegati allo Spettrometro vi è un insieme di accessori di
maggior o minor importanza. I fototubi che misurano le intensit à delle righe
spettrali fanno pure parte dello Spettrometro. Da qui in poi si ha
l'elaborazione elettronica del segnale: dal momento che i segnali analitici
vengono generati nel processo di eccitazione e subiscono una risoluzione e
quantificazione nello Spettrometro, esiste una qualche giustificazione
nell'affermare che la Spettrometria si conclude una volta arrivati al fototubo.
Lo Spettrometro utilizza un reticolo concavo e adotta il montaggio ottico di
Paschen-Rungen ed costituito a grandi linee dai seguenti costituenti:
- corpo spettrometrico
- reticolo
- fenditura secondaria con meccanismo di scansione
- slitta portafenditure secondarie
- ottica primaria
- fototubi
3.2.1 Corpo spettrometrico
Lo Spettrometro è colato in ghisa Meehanite ed ha un volume di soli 30 litri.
Il reticolo è montato su un supporto fissato alla estremit à dello spettro
metro. L'altra estremit à porta l'ottica primaria.
3.2.2 Reticolo
Nel montaggio ottico Paschen-Rungen si utilizza un reticolo di diffrazione
concavo. Questa configurazione offre il vantaggio di avere una sola
superficie ottica –il reticolo stesso- sul cammino ottico tra la fenditura di
entrata e quelle di uscita. Il risultato è un sistema compatto e rigido con
eccellente stabilit à ottica a lungo termine, visto che vi è un’unica superficie
ottica che potrebbe eventualmente raccogliere polvere e causare luce
diffusa.
Il tipo di reticolo impiegato è determinato dal programma analitico.
Alcuni tra i reticoli più diffusi sono i seguenti (dati relativi al 1° ordine):
Campo spettrale
1080
1440
tratti / mm
tratti / mm
340 – 820 nm
260 – 620 nm
Dispersione reciproca
(1° ordine)
0.93 nm/mm
0.69 nm/mm
33
1667
1080
tratti / mm
tratti / mm
220 – 530 nm
170 – 410 nm
0.60 nm/mm
0.46 nm/mm
Poiché il monocromatore deve poter coprire un campo di lunghezze d'onda
molto ampio per consentire una libera scelta di elementi, sar à normalmente
equipaggiato con il reticolo da 1080 tr/mm. Questo reticolo può essere usato
fino al 4° ordine con queste caratteristiche:
1° ordine
2° ordine
3° ordine
4° ordine
Campo spettrale
336 – 797 nm
168 – 398 nm
(112) – 249 nm *
(84) – 186 nm *
Dispersione reciproca
0.93 nm/mm
0.46 nm/mm
0.31 nm/mm
0.23 nm/mm
* nella versione standard si possono utilizzare solo linee all’incirca > 165 nm
Si può notare che il campo del 2° ordine e la dispersione sono le stesse
normalmente utilizzate in un Quantovac per l'analisi di acciai, ovvero per tipi
di campioni che hanno uno spettro piuttosto complesso.
Il 3° e il 4° ordine sono utili laddove si richieda dispersione particolarmente
elevata per ottenere una risoluzione eccezionale in una regione che
contiene circa un quarto di tutte le linee di emissione atomica conosciute. Il
1° ordine ha una dispersione minore, ma copre soprattutto una regione dello
spettro dove vi sono meno linee spettrali atomiche e meno complesse.
Poiché i vari ordini si sovrappongono, può accadere che una riga analitica,
per quanto ben risolta dalle righe vicine dello stesso ordine, sia disturbata
dalla coincidenza con una riga proveniente da un altro ordine. In tali
circostanze i diversi ordini sono separati con un apposito filtro di
assorbimento o di interferenza (nel caso in cui la risposta selettiva del
fototubo non sia sufficiente a causare la separazione degli ordini).
3.2.3 Fenditura primaria
La fenditura primaria si trova accanto alla slitta porta fenditure secondarie.
E' montata in modo da poter essere spostata di ± 1 mm dalla sua posizione
normale lungo il cerchio di Rowland. Questo spostamento viene effettuato
dall'esterno per mezzo di una vite micrometrica (vite di scansione).
34
Se la fenditura primaria si muove lungo il cerchio di Rowland, l'intero spettro
si muover à lungo il cerchio di Rowland (infatti le righe spettrali sono
immagini della fenditura primaria).Qualsiasi fenditura secondaria vedr à
quindi una certa porzione dello spettro muoversi dietro di essa. Questa
possibilità di scansione è utilizzata per diversi scopi nei due tipi di
Spettrometri (ad es. per il controllo del profilo).
35
3.2.4. Ottica primaria
Con ottica primaria si indicano collettivamente tutte le componenti ottiche
che si trovano tra la sorgente di luce e la fenditura primaria. Il loro scopo è
quello di convogliare luce sufficiente nello Spettrometro.
Vi è di solito una lente condensatrice che è parte integrante di ogni stativo di
eccitazione. Negli Spettrometri sottovuoto la lente è montata in modo da
sigillare lo Spettrometro e separarlo dall'ambiente atmosferico. E' provvista
di un supporto con una valvola piatta che consenta la sua estrazione per
pulirla senza rompere il vuoto. La lente è inoltre riscaldata per evitare il
deposito di condensati organici polimerizzati.
La luce proveniente dallo stativo di eccitazione passa attraverso la lente
condensatrice e poi prosegue verso il reticolo attraverso la fenditura
primaria.
3.2.5. Ottica secondaria
L’ottica secondaria seleziona
consentendone la misurazione.
le
righe
dello
spettro
per
l’analisi,
Una tavola di righe spettrali molto utilizzata elenca quasi 50.000 righe tra
200 e 800 nm. Quali di queste siano realmente utilizzabili per l’analisi è
funzione di certi criteri e dell’esperienza. I criteri più importanti per la scelta
di una riga sono:
- campo di concentrazione
36
- matrice
- assenza di interferenze provenienti da altre righe
- intensit à relativa
- metodo di eccitazione
In certi casi può essere necessario utilizzare più di una riga per elemento.
Nel policromatore ciascuna fenditura secondaria è montata esattamente in
un posto dello spettro ove si trova la riga analitica prescelta.
La luce passante attraverso la fenditura secondaria viene intercettata da
uno specchio a 45° cilindrico e diretta o verso l'alto o verso il basso sul
catodo di un tubo fotomoltiplicatore. Ciascuna riga spettrale ha così la sua
propria fenditura secondaria fissa, lo specchio e il fototubo (oltre
all'attenuatore e integratore)j questo insieme di componenti è a volte
chiamato canale. Via sono almeno tanti canali quanti sono gli elementi. Il
numero massimo di canali è 60.
I fototubi sono montati su supporti tali per cui l'involucro del fototubo è
sottovuoto mentre lo zoccolo è a pressione atmosferica. Se necessario si
possono montare dei filtri prima del fototubo.
La vite di scansione, che porta incisa una numerazione, viene ruotata
manualmente. Serve per tre scopi principali: (a) per il profilo dello
Spettrometro durante il ciclo di produzione, cioè per la regolazione di tutte le
fenditure secondarie in modo che si trovino sul picco delle loro righe in
corrispondenza di un unico valore della numerazione della vite di scansione;
(b) per consentire al personale di servizio di effettuare delle modifiche al
programma analitico dell'utilizzatore; (c) per l'utilizzatore affinché possa
controllare periodicamente l'allineamento.
3.2.6. Accessori
37
(a) Controllo della temperatura e resistenza alle sollecitazioni
meccaniche
Lo Spettrometro rimane sempre orizzontale in un contenitore isolato
completamente chiuso e a temperatura controllata che si trova nella parte
superiore dello scomparto.
Un potente ventilatore, un termometro a contatto, un relais e un elemento
riscaldante (resistenza) contribuiscono a mantenere la temperatura
all'interno del contenitore ad un livello costante entro ± 0.1° C. Un canale di
aria forzata viene mantenuto intorno al corpo dello Spettrometro per evitare
pericolosi gradienti di temperatura. Montaggi di tipo cinematico vengono
utilizzati per tutte le componenti ottiche critiche (reticolo e slitta porta
fenditure). Tale disegno consente una rimozione e sostituzione delle parti in
modo riproducibile. Ma ciò che è più importante è che ad ogni stato di
temperatura è associato un solo stato meccanico. Dal momento che lo
Spettrometro è regolato termostaticamente, il problema della stabilizzazione
è risolto col semplice controllo della temperatura.
Uno Spettrometro pesa all'incirca 200 kg ed è montato su tre ammortizzatori
in gomma. La frequenza trasmessa da questo tipo di sospensione è di
qualche hertz.
(b) Sistema del vuoto
Il sistema del vuoto comprende una pompa, la linea di pompaggio con un
contenitore di troppo pieno e un indicatore del vuoto.
Viene utilizzata una pompa meccanica a due stadi della capacità di 6 m3/h
(a pressione normale); è una pompa molto silenziosa a trasmissione diretta
con una valvola di sicurezza incorporata per evitare il riflusso di olio in caso
di mancanza di alimentazione. Un'ulteriore sicurezza è costituita dal
contenitore di troppo pieno che può accogliere tutta la portata di olio.
Questo contenitore prevede anche un filtro per prevenire il flusso dei vapori
di olio nello Spettrometro.
Pompa e contenitore sono montati allo stesso livello dello Spettrometro di
base, ma all'esterno del box a temperatura controllata.
(c) Lampade ausiliarie
Vicino al reticolo è montata una lampada di fatica. Ha lo scopo di irradiare i
fototubi nel periodo di non-funzionamento in modo da eliminare errori dovuti
all'effetto del tempo-di-risposta del fototubo. La lampada di fatica si spegne
automaticamente all'inizio dell'eccitazione del campione.
Una lampada di allineamento viene utilizzata dal personale di servizio in
occasione di controlli o modifiche all'ottica secondaria. Questa lampada non
38
è montata in permanenza nello Spettrometro, ma fornita come attrezzatura
separata.
(d) Otturatore di pre-scarica
Un filtro a densit à neutra si trova nel cammino ottico dello stativo MBS per
ridurre il flusso radiante durante il periodo di pre-scarica all'incirca al livello
in cui entra nello Spettrometro durante la scarica analitica. Ciò contribuisce
a stabilizzare e a ridurre la formazione di ozono. Questo otturatore è
automaticamente controllato dal ciclo di analisi.
3.2.7. Circuiti elettronici
La parte elettronica comprende:
- circuiti di misura
- microprocessore per il controllo del policromatore
- calcolatore
più una serie di circuiti di controllo e di alimentazioni.
Tratteremo qui di seguito solo le funzioni di base del calcolatore.
3.2.7.1. Circuiti di misura
L'intensit à di una riga spettrale è una misura della concentrazione
dell'elemento corrispondente. Per i motivi spiegati precedentemente, il
Quantometro misura l'intensit à media ottenuta in un certo periodo.
I fototubi (tubi fotomoltiplicatori di elettroni secondari) vengono impiegati per
convertire l'intensit à di una riga spettrale in una corrente elettrica. Dal
momento che fare una media di più misure è una forma di integrazione, la
corrente del fototubo (che è proporzionale alla intensit à) viene mediata
alimentando con essa un condensatore; l'integrazione nel tempo di una
corrente rappresenta dunque una certa carica sul condensatore. La carica è
letta e resa digitale tramite un convertitore analogico-digitale. La lettura in
digits è una misura della intensit à media e quindi della concentrazione. Il
condensatore viene chiamato integratore e il tempo di misura tempo di
integrazione.
Nel policromatore tutte le righe spettrali caricano i loro integratori
simultaneamente. Al termine del tempo di integrazione, il convertitore A/D
legge gli integratori uno dopo l'altro in modo che il calcolatore prenda in
carico questi valori.
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Tutti i fototubi sono collegati alla stessa alimentazione di alta tensione. La
loro sensibilità può essere regolata tramite un attenuatore posto tra la
sorgente di alimentazione comune e ciascun fototubo.
Oltre alle intensit à provenienti dai vari elementi, vengono misurati durante
ogni analisi un certo numero di importanti parametri operativi e i loro stati
confrontati con i valori nominali memorizzati.
I parametri operativi sotto controllo sono:
0
10
1
V
V
V
V
tensione di riferimento
tensione di riferimento
tensione di riferimento
tensione di riferimento
0.1
5 V
tensione di alimentazione
+ 15
V
tensione di alimentazione
- 15 V
tensione di alimentazione
24
V
tensione di alimentazione
- 100
V
tensione di alimentazione del fototubo
- 1000
V
tensione di alimentazione del fototubo
220
V
tensione di rete
Vuoto
Temperatura dello Spettrometro
Temperatura dello scomparto elettronico
Nel caso qualcuno di questi parametri fosse fuori tolleranza viene
automaticamente fornita una segnalazione.
La misura tramite integrazione è il modo di lavoro normale per analisi
quantitative. E' tuttavia possibile commutare il modo di lavoro dell'elettronica
di lettura in profilo così da leggere le intensit à istantanee.
Nel policromatore questo serve per registrare i profili delle linee a fini di
controllo o di allineamento.
Nel caso ci fosse un monocromatore, il segnale del profilo può essere
collegato ad uno speciale registratore/stampante in modo da avere la
scansione e la registrazione di qualsiasi campo di lunghezza d'onda
desiderato. Ciò si rivela particolarmente utile nella valutazione delle righe
spettrali per questioni di fondo spettrale ed interferenze.
3.2.8. Calcolatore
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Il calcolatore ha il compito di controllare lo strumento, di calcolare le
concentrazioni e di stamparle.
L’utilizzatore imposta i suoi programmi di analisi sulle tavole di dati del
calcolatore così come se riempisse dei moduli.
I programmi di analisi consistono in elenchi di elementi i cui risultati finali
devono essere stampati. Ciò comprende anche i parametri necessari al
controllo dello strumento durante l'analisi (quali tempi, condizioni della
sorgente ecc.) e alla conversione delle intensit à in concentrazioni.
Si possono preparare uno o più programmi analitici in funzione del numero
dei materiali o delle qualità da analizzare.
All'inizio dell'analisi si richiama l'appropriato programma analitico
battendone semplicemente il codice alfanumerico di identificazione.
Al calcolatore è collegato almeno un terminale con tastiera per il dialogo tra
operatore e computer per la presentazione dei risultati. Oltre a questo vi
possono essere altri terminali distribuiti in tutto l'impianto per la ricezione dei
dati di analisi (in modo selettivo sotto il controllo del laboratorio); i risultati
possono essere inviati anche ad un calcolatore centrale.
Per memorizzare il programma operativo oltre ai parametri e ai dati definiti
dall'utente, l'operatore può scegliere tra un sistema a dischi flessibili, a
dischi rigidi o unit à CD-ROM.
Memorizzazione dei risultati
I risultati possono essere memorizzati e richiamati in base a criteri di ricerca
definiti dall'utente quali: identificazione del campione, data, ora, ecc.
Stampa di rapporti
I risultati memorizzati possono essere richiamati e riproposti sotto forma di
rapporti di analisi il cui testo è definito dall'utente tramite esportazione in
formati tipici dei fogli elettronici.
Si possono creare vari documenti quali rapporti settimanali o mensili,
rapporti di carica o di forno, certificati per il cliente, ecc. .
Rapporti statistici
Si possono ottenere dai risultati memorizzati le deviazioni standard assolute
e relative, nonché i valori medi ed estremi.
Controllo della qualità
I risultati di analisi possono essere controllati in base a specifiche di qualità
stabilite sulla base dei limiti di concentrazione per i vari elementi. Tutti i
risultati al di fuor i dei limiti vengono notificati.
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Correzione della carica
Se il materiale analizzato può essere controllato in base delle specifiche di
qualit à, il passo logico successivo è che il calcolatore calcoli le necessarie
correzioni. Può inoltre tenere conto della quantit à di materiali a stock da
aggiungere. In precedenza da parte dell'utente vi sar à una descrizione del
materiale a stock disponibile sulla base delle concentrazioni degli elementi e
del prezzo unitario. Le correzioni calcolate saranno ottimizzate in base ai
costi.
4. COLLEGAMENTI E REQUISITI PER LA PREPARAZIONE DEL
LABORATORIO
Locale per il Quantometro
Lo strumento va sistemato in modo che sia protetto da forti vibrazioni, dalla
luce diretta del sole, dalla polvere e da vapori o gas corrosivi. In generale le
prescrizioni per il locale sono quelle normalmente applicate nei locali di
controllo industriale.
Ubicazione
Il posto più adatto per installare un Quantometro è un scantinato. Questi
locali sono di solito freschi anche in estate e possono quindi essere
mantenuti entro un campo di temperature soddisfacente con una semplice
apparecchiatura riscaldante.
Se per un qualsiasi motivo lo Spettrometro dovesse essere installato in una
stanza che è orientata diversamente, si deve evitare ad ogni costo la luce
diretta del sole.
Le vibrazioni che si verificano nell'edificio non influenzano, nella maggior
parte dei casi, il corretto funzionamento del Quantometro. Le vibrazioni
causate da treni, gru e laminatoi sono smorzate dagli ammortizzatori in
gomma delle sospensioni dello Spettrometro. Laddove le vibrazioni sono
particolarmente forti si raccomanda di porre l'intero strumento su quattro
ammortizzatori che possono essere montati al posto delle rotelle.
Temperatura
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Il Quantometro ha un sistema di controllo della temperatura incorporato
destinato a mantenere la temperatura dello Spettrometro sufficientemente
stabile anche di fronte a fluttuazioni della temperatura ambiente comprese
tra 16 e 30° C.
Umidità
L'umidità relativa nel laboratorio deve mantenersi nel campo 20...80%,
senza condensa. Per il comfort del personale di laboratorio tuttavia non
dovrebbe scendere sotto il 45% relativo.
Pressione atmosferica
Alcune parti del Quantometro sono raffreddate ad aria e richiedono un
minimo di circa 900 mbar, corrispondenti ad una altitudine di circa 1000 m
sul livello del mare.
Capacità di carico del pavimento
Sulla base del peso e dello spazio occupato, il carico medio richiesto è di
circa 550 kg/m2. Occorre tuttavia tener presente che il carico grava su dei
punti (quattro supporti o quattro rotelle di 7 cm di diametro e 4 cm di
larghezza)
Rivestimento del pavimento
Durante l'installazione durante gli interventi di servizio possono fuoriuscire
delle piccole quantit à di acqua e olio. Il materiale del pavimento deve essere
impermeabile a travasi di questa natura.
Il Quantometro genera calore. Ciò può causare un sensibile aumento della
temperatura ambiente in funzione delle condizioni del locale e delle
dimensioni del laboratorio. Il limite superiore di temperatura sopra indicato
deve essere rispettato anche quando il Quantometro è in funzione (ciò si
riferisce ovviamente anche a quando altre sorgenti di calore nel locale sono
accese). Il calore dissipato dal Quantometro oscilla tra 1 e 2 kW in funzione
del numero di campioni analizzati.
Varie
Nel Laboratorio quantometrico occorre prevedere un’illuminazione
adeguata. Presso ogni strumento deve esserci almeno una presa di
corrente. E’ bene inoltre disporre di prolunghe, spine multiple e di
un’aspirapolvere. Altri accessori utili sono: armadietti in cui riporre i
campioni di calibrazione, di ricalibrazione ed altro materiale di consumo
(quali elettrodi, olio per la pompa, carta per la stampante), un ampio tavolo
di lavoro ed uno scrittoio.
Il locale per la preparazione dei campioni dovrebbe essere contiguo al
Laboratorio quantometrico, se possibile comunicante; deve trovarsi
comunque in una stanza separata in modo che la polvere proveniente dalla
preparazione dei campioni non possa penetrare nel Laboratorio.
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Soluzioni pratiche sono un muro di divisione trasparente o un portello per
comunicare e passare i campioni sul tipo di quelli che si trovano nelle
biglietterie. Il numero di campione andrebbe segnato con un marcatore
elettrico.
Il locale per la preparazione dei campioni dovrebbe essere pure provvisto di
un lavabo.
Collegamenti
1. Alimentazione elettrica
230 V ± 10% monofase (tra fase e neutro)
50 o 60 Hz ± 2%
circa 3 kW max
2.
Argon in entrata
Ar puro (almeno 99.998%) o, raramente, miscela Ar + H2
Collegamenti: tubi in rame con diametro esterno ¼” (6.35mm).
Per qualità di argon non conformi alle specifiche o per l’analisi di
elementi quali Azoto e/o Ossigeno è necessario un purificatore di
argon
3.
Argon in uscita
E’ importante prevedere un canale di evacuazione dell’argon dopo il
suo uso. Si può considerare una tubazione flessibile in plastica di 10
mm di diametro interno.
400 cm min.
3
350 cm min.
2
4
m in. 80
1
6
1 Quantometro
2 Tavolo ( computer e periferiche)
3 Tavolo da ufficio
4 Sedia
5 Armadio (per campioni, materiale,
documentazione)
6 Lavandino
5
Esempio di disposizione del laboratorio
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