L’insegnamento dell’energia: problemi, approcci e strategie Lo sviluppo dell’energia cinetica e potenziale, le considerazioni su calore e temperatura, come riportate in alcuni libri scolastici, sono tali da risultare difficilmente comprensibili. Una riflessione sull’energia non può trascurare i tanti luoghi comuni che circondano l’argomento. E’ un classico di alcuni testi riportare la seguente definizione: L’energia è la capacità di compiere un lavoro, e si aggiunge: «Per fare un lavoro un corpo deve avere a disposizione una certa energia. Per un atleta è energia muscolare, per il vento è energia di movimento dell’aria». Leonardo Barsantini L’insegnamento dell’energia: problemi, approcci e strategie I problemi che si pongono sono di due tipi: 1. Come tutte le definizioni poste a fondamento di un percorso sono di scarsa o nulla utilità. E’ il percorso che deve aiutare a costruire dei concetti arrivando anche a degli enunciati definitori condivisi. 2. La definizione è discutibile anche dal punto di vista della fisica. E’ vero che si vuol dare un’idea della nuova grandezza energia, ed è anche vero che l’energia posseduta da un dato sistema può essere utilizzata per fare “qualcosa”, ma è nell’eccesso di specificazione che si commette l’errore confondendo “quello che un corpo può fare” con “quello che è stato fatto sul corpo”. Si ha l’impressione che si faccia confusione fra forze applicate a un corpo da altri corpi e forze che il corpo applica su altri corpi. Il discorso deve invece essere inquadrato da un diverso punto di vista che privilegia il percorso rispetto alla definizione, senza la pretesa di giungere a stabilire e determinare quadri conoscitivi tanto completi quanto effimeri. In una scuola secondaria di primo grado – scuola media, il rapporto con i fenomeni è ancora essenziale rispetto agli approcci teorici. Nella scuola secondaria di primo grado, gli studenti hanno i primi incontri con alcuni argomenti e non si può pensare di esaurire la classificazione di tutti i vari tipi di energia. Considerando le competenze degli studenti e, generalmente, il poco tempo a disposizione, si deve privilegiare l’intensione su pochi o pochissimi argomenti, rispetto all’estensione. E’ inoltre opportuno che gli argomenti trattati siano il più possibile ancorati fra loro, fino a formare una rete di percorsi e di concetti che si rafforzano a vicenda. • Le forze possono essere trattate e approfondite per quanto riguarda la correlazione che si può manifestare con le deformazioni provocate, ma non certo con le ben più astratte leggi della dinamica. Sono proprio le deformazioni che concretizzano la forza che, anche attraverso l’idea di vettore, permette di visualizzare i fenomeni con rappresentazioni grafiche. • Altrettanto non vale per l’energia, poiché con questa grandezza l’astrazione richiesta è maggiore rispetto a quella che accompagna il concetto di forza. E’ quindi necessario affrontare un percorso sulle forze, senza definizioni da dizionario e senza inutili enunciazioni dei principi della dinamica, che chiarisca e definisca gli ambiti nei quali si può parlare correttamente di forza (anche se si tratta pur sempre di ambiti parziali, perché, ad esempio, la connessione fra forza e accelerazione è al di là della comprensione di molti studenti). Anche in ambito termodinamico il concetto di energia è difficile da acquisire, ed è necessario procedere con cautela, ad esempio, il calore non è una sostanza che i corpi acquisiscono o perdono, e i tentativi di spiegazione portati da un punto di vista microscopico non sono sufficienti per far comprendere i meccanismi nascosti Il calore dovrebbe sempre essere qualificato come calore trasmesso e non si dovrebbe parlare di calore posseduto da un corpo. Il calore è caratterizzato come tale soltanto nel transito da un corpo ad un altro. Ma anche in questo caso non si possono prendere scorciatoie. I fenomeni da analizzare devono essere semplici perché gli studenti, pur conoscendo il termometro, ragionano in termini di caldo e freddo mediato dalle sensazioni corporee. Noi sappiamo che la temperatura è una grandezza indice di uno stato del sistema, il calore trasmesso è una grandezza di interazione fra due o più sistemi, ed influenza la temperatura raggiunta dal corpo. Il corpo assorbe energia e aumenta la sua temperatura: la temperatura è quindi un indice dell’energia interna del corpo, di tutta l’energia interna del corpo e non soltanto di quella assorbita. Occorre molto tempo affinché questi concetti si radichino nella testa dei ragazzi. Temperatura e calore vanno caratterizzate come grandezze intensive e estensive. E’ necessario che gli studenti prendano coscienza di questa fondamentale differenza. Quando si opera con un dato procedimento su un sistema fisico, si ottiene un risultato descritto da una o più grandezze. Ad esempio il procedimento di porre un oggetto sulla bilancia fornisce un valore alla grandezza fisica peso. Il fatto è che le grandezze fisiche di base con le quali interagiscono gli studenti sono il peso, il volume, la lunghezza, la velocità e tutte hanno una caratteristica che le accomuna: sono grandezze estensive. Ma non tutte le grandezze sono estensive, alcune sono intensive e poiché gli studenti non hanno alcuna concezione di grandezze intensive ed estensive, è necessario portarli a riflettere su questa differenza perché, altrimenti, tutte le grandezze della fisica finiscono per essere interpretate, implicitamente, come estensive. Tutte le grandezze che forniscono informazioni su ciò che accade localmente, all’interno del sistema, per la cui determinazione è sufficiente l’analisi di una piccola porzione del sistema, sono intensive. La temperatura è un indice di cosa accade localmente all’interno del sistema, infatti, per determinarla, supponendo di essere all’equilibrio termico, è sufficiente portare il termometro a contatto con una qualunque porzione del corpo: in questo senso è una grandezza intensiva Al contrario, le grandezze estensive si caratterizzano per la necessità di considerare tutto il sistema a disposizione, ad esempio, il peso di un corpo è determinato prendendolo tutto in considerazione e non soltanto una porzione (una porzione, nel caso ci sia omogeneità, è invece sufficiente per il peso specifico). La quantità di calore trasmesso va ad aumentare l’energia del corpo, cioè aggiunge energia ad energia: siamo in presenza di una grandezza estensiva. Non si tratta di definire cosa significhi intensivo e estensivo, piuttosto far riflettere gli studenti, con attività concrete e confronti, non soltanto sui fatti che osservano o sulle misurazioni prese in laboratorio, ma anche sugli strumenti, in questo caso le grandezze fisiche, utilizzate nello studio dei fenomeni fisici. Ecco due proposte sperimentali che possono portare gli studenti ad un prima valutazione della temperatura come grandezza intensiva: 1. Mescolare due uguali quantità d’acqua mantenute a temperatura differente e far prevedere la temperatura finale. 2. Separare una data quantità d’acqua in due parti uguali e far prevedere la temperatura finale. E’ necessario che agli studenti sia chiesta la previsione dei risultati prima di effettuare le prove. Non occorre fretta. E’ frequente che questi sommino o sottraggano le temperature nel mescolamento o che suddividano, assieme all’acqua, anche la temperatura trattandola alla stregua di una grandezza estensiva. Al termine delle prove è necessario riflettere sulle ragioni di tali risultati in un processo del tipo penso – agisco – penso. E’ opportuno, nell’eseguire questi ragionamenti – esperimenti, non chiedere valori precisi, piuttosto intervalli possibili per non fuorviare l’attenzione verso precisioni numeriche inessenziali. Si ricordi che il risultato della misurazione, la misura, non è mai un valore preciso, ma sempre un intervallo. Si può ulteriormente approfondire il discorso mescolando due diverse quantità di acqua e riflettendo sul ruolo della media nel prevedere il risultato finale. Il laboratorio deve essere strettamente collegato al percorso, senza che si formi la classica separazione fra esperienza in laboratorio e spiegazione in classe. Per quanto il laboratorio scolastico sia importante, è necessario essere coscienti che il vero laboratorio è nella testa degli studenti: è lì che si costruiscono i concetti. Una prima riflessione sui fenomeni termici, può partire dal riscaldamento dell’acqua contenuta in un recipiente posto su un fornello. Possiamo pensare che il fornello, molto caldo, abbia trasferito parte del proprio “esser caldo”, all’acqua. Gli effetti di quanto trasferito, cioè del calore trasmesso dal fornello al pentolino con l’acqua, non determinano uno stesso riscaldamento per una qualunque quantità di acqua contenuta nel pentolino. Si può eseguire l’esperienza con due diverse quantità di acqua scaldate per lo stesso tempo con la stessa quantità di calore trasmesso. Le temperature prese ad intervalli regolari, ad esempio ogni minuto, riportate in grafico tempo/temperatura forniscono, con buona precisione, una retta. Al variare della quantità di acqua riscaldata e mantenendo costante la regolazione del fornello, cioè il calore trasmesso, il grafico tempo – temperatura fornisce una retta con pendenza diversa. Il confronto e l’interpretazione dei grafici rinsalda l’uso di strumenti matematici creando una retroazione positiva fra matematica e scienza. Si può approfondire lo studio considerando che a parità di tempo trascorso, cioè di calore trasmesso, e di uguali temperature iniziali, una quantità di acqua doppia di un’altra dovrebbe raggiungere una temperatura che è la metà. Ciò non accade perché nel trasmettere calore non si scalda soltanto l’acqua ma anche il contenitore. Si noti, che mentre è possibile eseguire una misurazione della temperatura per mezzo di un termometro, il calore trasmesso può soltanto essere regolato a priori, ad esempio posizionando l’indice del fornello su posizioni diverse. Nel primo caso si ha una misurazione, nell’altro una regolazione: questi sono due modi diversi di agire su un sistema. L’esperienza mette in evidenza che si opera con due grandezze diverse, come si comprende anche dal fatto che, a parità di calore trasmesso per lo stesso tempo, le temperature di due diverse quantità di acqua sono differenti. La cessione di energia non è responsabile soltanto del riscaldamento dei corpi, ma di tanti altri fenomeni, alcuni dei quali sono delle vere e proprie trasformazioni. Continuando a scaldare l’acqua, ad un certo punto la temperatura non sale più. Accade qualcosa di diverso: l’energia fornita è utilizzata per acquisire una “maggiore libertà”. Un fenomeno analogo può essere associato alla fusione del ghiaccio. Si possono scaldare anche altre sostanze, per alcune di queste è facile mettere in evidenza una dilatazione. E’ partendo da questa nuova fenomenologia che si può avviare una riflessione sui termometri. La comprensione dei fenomeni termici è fortemente condizionata dall’interpretazione “corporea” spontanea che ci guida normalmente. Le forme delle nostre sensazione, per noi assolutamente coerenti e spontanee, sono spesso in contraddizione con l’interpretazione scientifica. Più che affrontare questioni ben al di là della possibile comprensione degli studenti, potrebbe essere opportuno indagare alcuni di questi aspetti. L’attività non è semplice, ma iniziare a smontare alcune (certamente non tutte) preconcezioni può essere importante. La semplice, ma istruttiva esperienza, di porre le mani a contatto con acqua tiepida dopo che, ad esempio, la mano destra è stata immersa in acqua calda e quella sinistra in acqua fredda, mostra, per la diversa sensazione corporea rilevata da ciascuna mano nel contatto con l’acqua tiepida, i limiti delle mostre percezioni e la necessità di sviluppare e utilizzare strumenti di misura. Altre sensazioni corporee, sviluppate dal contatto con alcuni materiali (legno e metallo), che ci portano a caratterizzare corpi “caldi e freddi”, potrebbe fornire la base, ad esempio in ambito tecnologico, per avviare un discorso sui modi con cui si può facilitare o ostacolare la trasmissione del calore con materiali conduttori e isolanti, riflettendo anche sulle sorgenti primarie (che mantengono inalterate la loro temperatura pur trasferendo calore) e secondarie. Siamo in un contesto, che pur essendo attinente alla scienza, ha forti valenze tecnologiche permettendo un’integrazione fra i due campi di studio. L’esperienza di far sciogliere un cubetto di ghiaccio posto su una tavoletta di metallo e su, ad esempio, una di legno, fa riflettere gli studenti sul fatto che la velocità di scioglimento del ghiaccio non è in rapporto con le sensazioni che si hanno toccando i due materiali. Le sensazioni ingannevoli possono portare a conflitti concettuali utili nello studio dei fenomeni termici. Se la lana “fa caldo”, allora un cubetto di ghiaccio avvolto in un maglione dovrebbe sciogliersi molto rapidamente, ma l’esperienza dimostra che la velocità con cui si scioglie un pezzo di ghiaccio avvolto in un maglione di lana è inferiore rispetto al caso di un cubetto di ghiaccio lasciato all’aria. Avviare il passaggio dai ragionamenti sui “corpi caldi e freddi” o sui “materiali che fanno caldo o freddo”, verso l’interazione fra i corpi e ai modi di facilitare o ostacolare la trasmissione del calore, permette di approfondire l’indagine sui fenomeni termici. Il concetto di energia In precedenza si parlava dell’energia come della capacità di fare qualcosa (di fare lavoro). E’ evidente che una definizione di così ampia genericità può andar bene per tutto (anche le forze sono in grado di far qualcosa), ed anche il calore trasmesso è in grado di fare qualcosa, e questo qualcosa consiste nell’aumentare la temperatura. Iniziando a restringere il campo, si può affermare che la temperatura aumenta, non perché agisce una forza (che è una delle grandezze sulle quali si può lavorare nella scuola secondaria di primo grado), ma perché il corpo più caldo ha ceduto del calore al corpo più freddo. Storicamente, questo “qualcosa” ceduto, è stato indicato col termine calore, ma oggi potremmo benissimo chiamarlo “energia”. L’energia è un concetto, come già detto, astratto: non vediamo l’energia, ma gli effetti che essa produce. Questi effetti si spiegano bene con l’introduzione della nuova grandezza. In realtà, più che delle trasformazioni dell’energia, si dovrebbe parlare delle trasformazioni dei sistemi, spiegate per mezzo del parametro energia. Dovremmo fare il possibile affinché il concetto di energia sia visto come unitario e non come tanti sottoelementi che si trasformano l’uno nell’altro: energia chimica, termica, meccanica, nucleare e poi cinetica, potenziale, elastica…. Questa proliferazione di energie, di gran moda, è, secondo me, assolutamente da evitare perché sposta l’attenzione degli studenti verso la memorizzazione della catalogazione dei vari tipi di energia, alcuni dei quali al di fuori di un indagine possibile a scuola, piuttosto che verso la spiegazione dei fenomeni. Al contrario di quanto avviene con l’onnipresente classificazione dei vari tipi di energia, quest’ultima deve essere costruita come un concetto unitario. «non mi sorprenderei, visto i tempi che corrono, se qualcuno aggiungesse alla lista l’energia mentale». http://www.professionistiscuola.it/didattica/di dattica-fisica/1641-una-favola-per-la-fisica-cose-l-energia.html L’energia è un concetto molto importante in fisica, ma alla domanda cos’è l’energia? Beh io risponderei con una favola. Già è proprio una favoletta che voglio raccontarvi Energia = capacità potenziale di compiere lavoro meccanico Il lavoro viene poi definito come il prodotto scalare tra la forza e lo spostamento! Cosa sia l’energia non è ben chiarito, essa viene legata al concetto di lavoro meccanico, il quale è diverso da zero soprattutto se c’è uno spostamento, ma come conciliare il concetto di “consumo” di energia a cui siamo soliti pensare quando teniamo in mano un oggetto “pesante” fermo? Se guardiamo anche un altro libro molto usato nei nostri Licei, l’Amaldi, troviamo una dissertazione lunghissima sul lavoro, per poi definire anche qui l’energia come la capacità fisica di un sistema di compiere lavoro Il concetto di energia è legato al concetto di lavoro, l’energia è vista come una sorta di azione, una specie di forza viva, tramite la quale è possibile compiere lavoro di tipo meccanico! Cos’è l’energia? Favoletta di Richard Feynman così come come è proposta agli alunni e che spiega come i fisici considerano l’energia. C’era una volta una piccola bambina di nome Elisabetta alla quale la madre aveva donato 30 piccole formine (non importa che forma abbiano o di cosa siano fatte, immaginatele come volete), con le quali la nostra Elisabetta si divertiva a giocare. Un giorno la madre entrò in stanza e trovò solo 29 formine. Elisabetta piangeva, non sapeva dove potesse essere la sua trentesima formina! La madre cercò ovunque senza trovarla, fino a quando ricordo' che il giorno prima Elisabetta aveva giocato fuori in giardino. Felice ritrovò la 30sima formina nel prato. Passa un mese e la mamma entrò in stanza per sistemare i giochi e contò 31 formine!! Com’era possibile? Le formine non erano state rotte, semplicemente se ne era aggiunta una nuova. La madre si fece coraggio e si recò dalla vicina, dove trovò un bambino che stava cercando la sua formina: il bambino era venuto due giorni prima a casa loro e aveva dimenticato lì la formina! Passò un altro mese e la madre trovò che le formine erano solo 28! Cercò ovunque, dal vicino, in giardino, ma nulla! La madre che era un fisico, sapeva che un corpo immerso in un liquido sposta una quantità di liquido pari al volume del corpo immerso e notò che nella sua vasca dei pesci, l’acqua si era innalzata. Dopo una serie di conti capisce che le due formine non potevano che essere lì!! Tutto questo per dire che per i fisici le formine sono come l’energia, non sappiamo bene cosa siano, ma sappiamo una cosa: il loro numero deve conservarsi, deve rimanere sempre lo stesso. «Noi fisici siamo disposti anche ad introdurre nuove leggi, persino nuovi fenomeni, ma siamo ben restii a negare la conservazione dell’energia!» Quando le formine sono in meno andiamo a cercarle in nuove leggi fisiche; quando sono in più, allora qualcuno ci ha dato delle sue formine. Possiamo dire che l’energia è “qualcosa” che si conserva! Ogni qualvolta però le formine si spostano, oppure mancano di numero, vuol dire che è intervenuto qualcosa che le ha solo “trasformate“ “spostate” ed il modo per trasferire questa energia (nella fisica classica) è farlo tramite una forza o meglio attraverso un movimento. In sostanza non dico che l’energia è la capacità di compiere un lavoro, dico solo che ogni qualvolta localmente l’energia non si conserva, la sua variazione si ritrova sotto forma di lavoro fatto da una certa forza, ovvero il trasferimento di energia avviene in primis tramite una energia di movimento (perché vi è una forza, si veda teorema dell’energia cinetica). Il lavoro allora mi dà una misura di quanta energia sto trasformando in un’altra forma , ma il computo finale deve restituirmi sempre le mie 30 formine! Tra tutte le forme di energia però ve ne è una un po’ speciale! Supponiamo che le mie formine siano come 100 euro. Elisabetta , ormai cresciuta, compra una bicicletta del valore di 20 euro, avrà così in tasca 80 euro ed in mano una bici. Se decide di rivendere la bici (trascuriamo l’usura del mezzo e l’inflazione) otterrà nuovamente i suoi 100 euro! Il problema è che ogni volta che Elisabetta decide di comprare qualcosa, lo fa con la carta di credito della madre e sa che per ogni operazione deve alla banca 1 euro di commissione! Compra la bici di 20 euro , paga 1 euro di commissione, e si ritrova in tasca 79 euro! L’euro non è andato perduto, ma semplicemente non fa più parte del potere di acquisto di Elisabetta. L’euro di commissione è una forma di “energia” che non può più essere convertita per comprare cose, è una sorta di energia che si è degradata! L’euro di commissione è quanto di più vicino al concetto di calore (e poi di entropia) che noi fisici conosciamo! Associare al concetto di energia quello di lavoro meccanico, quando si sa che la termodinamica ci restituisce una visione più ampia del fenomeno (e generalizza il concetto di lavoro e di energia), significa non solo fare un torto verso i nostri studenti, ma soprattutto indurre una serie di misconcezioni che sono difficili da eliminare! La conservazione dell’energia è qualcosa di così radicato in noi fisici che la ritroviamo anche nella Cosmologia, dove parliamo di energia oscura, quintessenza, ma anche in Meccanica Quantistica. La propagazione del calore richiede un set di esperimenti non alla portata dei laboratori scolastici. L'analisi quantitativa della propagazione del calore per conduzione, convezione o irraggiamento, sostanzialmente non viene fatta a scuola! E' possibili fare analisi, costruire un modello sperimentale "reale" della conduzione dei metalli? Laboratorio povero di Fisica: la conduzione nei metalli Materiale: sbarra di ferro o altro materiale, righello, cronometro, candele, metro a nastro Obiettivo: studiare la conduzione nei metalli Fase 1 Esplorativa Per verificare la conduzione del calore, prendiamo la nostra sbarra metallica ed ad una sua estremità facciamo colare la cera della candela, teniamo ben presente la quantità di cera utilizzata e “attacchiamoci sopra” un pezzo di gesso. Poniamo ad una certa distanza (che misuriamo) una candela ed osserviamo cosa accade! Dopo quanto tempo la candela si stacca? Perché si stacca? A quale fenomeno stiamo assistendo? Fase 2 Misure Vogliamo studiare la propagazione del calore in relazione ai parametri in gioco: distanza candela, numero di candele, quantità di cera,tempo. Misurata la distanza a cui porre la nostra candela (consiglio 10cm) determinare il tempo di distacco del pezzo di gesso, ripetere l’esperimento fissando la distanza e aggiungendo 2, 3…candele. Determiniamo i dati in tabella Aumentando il numero di candele aumentiamo la quantità di calore proporzionalmente, pertanto secondo la legge di Fourier ci aspettiamo che i tempi di distacco diminuiscano proporzionalmente: ovvero la proporzionalità tra calore e tempo è inversa! Dai grafici ottenuti cosa puoi concludere? La dispersione di calore in aria influenza la tua misura? Se sì in che modo? (nb. LA DISPERSIONE DI CALORE IN ARIA è una costante nel tempo pertanto se le misure sono veloci, possiamo dire che in percentuale tale dispersione è controllabile!) In questo esperimento bisogna stare attenti a far sì che la misura sia ripetibile nelle medesime condizioni: quindi attenzione a cercare di usare sempre la stessa quantità di cera! Fase 3 legame calore e distanza Utilizzando il metro determiniamo 4 distanze, a partire dall’estremità, alle quali porre la nostra candela. In pratica ponendo la candela a distanza diversa determiniamo il tempo a cui si stacca il nostro pezzo di gesso. Costruiamo un grafico tempo distanza. Che tipo di grafico ci aspettiamo? Che tipo di grafico troviamo? Dalla legge di Fourier ci aspettiamo che la proporzionalità sia diretta, anche se….. Perché il grafico è di proporzionalità quadratica? Conclusioni Riflettere sul modello teorico e sul modello sperimentale trovato Quali punti di incontro? Quali le differenze? Quali i fenomeni trascurati? Didattica fisica, laboratorio povero: misura del calore latente del ghiaccio Basta procurarsi alcuni cubetti di ghiaccio, un calorimetro, una bilancia ed il gioco è fatto. Il calore latente di fusione è una caratteristica fisico-chimica importante di un corpo. Il ghiaccio deve essere conservato a scuola dentro un vano frigo, altrimenti un alunno deve portare un frigo portatile o una borsa termica. Il nostro laboratorio non è molto attrezzato? Stiamo realizzando esperimenti sulla calorimetria e non ne abbiamo uno? Si possono utilizzare dei becker di vetro “approssimati a dei calorimetri ideali”. Tale forzatura permette di ottenere delle buone misure sul calore specifico ed il calore latente di fusione del ghiaccio! Come coibentare il becker di vetro e renderlo un “calorimetro”? Materiale occorrente: Fogli di alluminio per alimenti, pezzi di polistirolo (in alternativa cartone resistente), forbici. Rivestire il nostro becker di vetro lateralmente con dei figli di alluminio. Tale operazione permette di ridurre la dispersione del calore per irraggiamento. La base e la parte superiore del becker non va rivestita! Rivestire poi il bordo con del polistirolo o del cartone (se il polistirolo è troppo spesso e poco deformabile, creare una struttura a parallelepipedo, in modo che il becker possa entrare dentro). Chiudere il polistirolo con delle graffette (in alternativa usare dello scotch, ma sconsiglio tale cosa, perchè con il calore esso può sciogliersi). Con il polistirolo avanzato, creare un coperchio da porre sul calorimetro. Praticare sul coperchio un foro circolare di diametro di 1 cm nel quale far entrare il nostro termometro. Tale foro va tenuto più largo del diametro del termometro perchè nelle curve di riscaldamento e raffreddamento, l'operazione deve essere isobara (altrimenti si crea un calorimetro “pentola a pressione”)! Rivestire il tutto con del cartone resistente. Misura dell'equivalente in acqua del calorimetro La misura dell'equivalente in acqua di un calorimetro è un procedimento standard, che non necessita particolari accorgimenti. l’equivalente in acqua del calorimetro è quella massa di acqua che assorbirebbe lo stesso calore che viene sottratto dal calorimetro e dagli altri oggetti contenuti in esso. Il movimento delle molecole di un gas disciolto in un liquido dipende dalla temperatura del liquido in cui è disciolto, e precisamente: la velocità delle molecole del gas aumenta con l’aumentare della temperatura del liquido. Pertanto, in estrema sintesi possiamo affermare che le molecole di un gas a bassa temperatura (inferiore a 15°C) sono lente, mentre risultano veloci a temperatura più elevata (superiore a 20°C). Gas veloce = Gas caldo | Gas lento = Gas freddo Che cosa vi occorre Un vasetto da 750 ml, in vetro chiaro e di forma bassa Un bicchiere piccolo di plastica da 80ml Un cucchiaio di plastica da 10 ml Un cucchiaino di plastica da 2 ml Un bicchiere di plastica chiara da 250 ml Un bicchiere di plastica da 350 ml Tintura di Iodio al 2 % (è reperibile in farmacia) Un contagocce a matita in plastica, con gommino (è reperibile in farmacia) Aceto bianco Salda d’amido Acqua non gasata Procedimento 1- Versate, nel vaso in vetro chiaro da 750 ml, quattro bicchieri di plastica piccoli pieni di acqua, prelevata da una bottiglia di acqua minerale non gasata lasciata a temperatura ambiente. 2- Versate, con il contagocce a matita, 25 gocce esatte di Tintura di iodio al 2% e agitate con un cucchiaio la soluzione, fino a quando il liquido non è diventato omogeneamente di un colore giallino. 3- Versate, nel liquido giallino, tre cucchiaini circa di plastica, uno alla volta, colmi di Salda d’amido (lasciata a temperatura ambiente ) fino a quando il liquido non è diventato blu- nero. 4- Riempite completamente di aceto bianco (a temperatura ambiente) un bicchiere di plastica trasparente da 250ml; 5- Versate l’aceto, dapprima lentamente e poi tutto in una volta, nel vaso con il liquido nero; Cosa accade? 1- Se il liquido nerastro si decolora (ritorna il colore giallino dell’aceto bianco) quasi immediatamente, significa che la temperatura dell’ambiente in cui operate è “estiva”. 2- Se il liquido nerastro si decolora invece dopo alcuni minuti, significa che la temperatura dell’ambiente in cui operate è “ invernale”. Spiegazione L’aceto commerciale contiene il gas incolore, chiamato anidride solforosa, proveniente dal vino bianco (l’aceto bianco si ottiene dal vino bianco per azione di alcuni batteri “aceto bacter”, che trasformano per ossidazione l’alcool etilico del vino in acido acetico). L’anidride solforosa si muove liberamente nell’aceto come succede ad esempio per il gas anidride carbonica nell’acqua gasata. Il liquido blu-nero (chiamato amido iodurato) è ottenuto dalla combinazione di iodio e amido (salda d’amido). Quando l’amido iodurato viene a contatto con l’anidride solforosa, avviene una reazione di ossido-riduzione. Lo iodio è trasformato in un composto chimico chiamato ioduro, che non si lega con l’amido, e quindi il liquido si decolora, facendo ritornare il colore giallino dell’aceto. Se la temperatura della soluzione (liquido nero + aceto ) è bassa (inferiore a 15°C), le molecole del gas anidride solforosa si muoveranno lentamente e impiegheranno più tempo a raggiungere le molecole di iodio per trasformarlo in ioduro incolore. Se invece la temperatura della soluzione è più alta (superiore a 20°C) le molecole di gas si muoveranno più velocemente e impiegheranno meno tempo a reagire con lo iodio per trasformarlo in ioduro incolore . Taratura del termometro chimico Per far funzionare perfettamente il termometro chimico occorre operare a basse concentrazioni di iodio (25 gocce) e di anidride solforosa (quella contenuta in 250 ml di aceto bianco). Diamo uno sguardo alla velocità di reazione tra anidride solforosa + iodio. • Velocità di reazione alta (immediata decolorazione della soluzione blu): quando la temperatura della soluzione (aceto + amido ioduro blu) è alta (superiore a 20°C) e le concentrazioni dei reagenti (anidride solforosa e iodio) sono basse. • Velocità di reazione bassa (ritardata decolorazione della soluzione blu ): quando la temperatura della soluzione è bassa (minore di 15°C) e le concentrazioni dei reagenti sono basse. Pertanto, il primo passo per costruire il nostro termometro chimico è quello di operare a basse concentrazioni sia di anidride solforosa che di iodio poiché ad alte concentrazioni il nostro termometro non funzionerebbe e si trasformerebbe (anche a basse temperature) in uno smacchiatore istantaneo. Proprio per questo, inizialmente, la quantità giusta di anidride reagente deve essere quella contenuta in un bicchiere pieno di aceto bianco, da 250 ml. Siccome la quantità di anidride solforosa, contenuta nell’aceto bianco, varia a seconda della marca di aceto utilizzata nell’esperimento, tarate il vostro termometro all’aceto bianco secondo la procedura seguente. Procedura: - lasciate in frigo una bottiglia di acqua e una di aceto ancora chiuse, in modo da farle raffreddare al di sotto dei 15°C (volendo, potete aggiungere 2 cubetti di ghiaccio nel vaso contenente 4 bicchieri piccoli di acqua e altri 2 nel bicchiere contenente l’aceto); - preparate il termometro utilizzando 4 bicchieri piccoli di acqua fredda e un bicchiere da 250 ml pieno di aceto freddo; - versate l’aceto bianco nel vaso con liquido blu . Se il liquido blu freddo, trascorsi circa 3 minuti, non si dovesse decolorare, dovete aumentare la quantità di aceto (versare, in un bicchiere da 350 ml, 1 bicchiere da 250 ml colmo di aceto freddo + 1 cucchiaio di plastica (10ml) colmo di aceto). Se con questa quantità di aceto (260 ml) il liquido blu si decolora prima di 3 minuti, il termometro è ben tarato; in caso contrario, occorre aumentare la quantità di aceto, aggiungendo un altro cucchiaio (10ml) di aceto (in tutto 270 ml) e così via. Se il liquido blu freddo si dovesse invece decolorare in pochi secondi, occorre diminuire la quantità di aceto (togliete, da 250 ml di aceto, un cucchiaio da 10ml di plastica dello stesso, e così via fino a quando il liquido non sarà arrivato a decolorarsi prima di 3 minuti). In altre parole, per regolare la giusta concentrazione di anidride solforosa presente nell’aceto bianco, iniziando da 250 ml di aceto, si deve togliere o aggiungere una quantità di aceto, 10 ml per volta, equivalente ad 1 cucchiaio di plastica, a seconda che il liquido si decolori quasi immediatamente (si toglie aceto), oppure oltrepassi i 3 minuti per decolorarsi (si aggiunge aceto). Il percorso prevede un approccio di tipo fenomenologico alle problematiche affrontate, trattate ad un primo livello di approssimazione elementare. L'attività sperimentale viene vista come punto di partenza quando serve a porre un problema, come attività intermedia nella fase in cui c'è necessità di esplorare il comportamento dei corpi e infine come punto di arrivo quando occorre controllare l'adeguatezza delle previsioni o l'attendibilità delle ipotesi emerse nella discussione in classe. Il percorso proposto pone l'accento su alcuni aspetti dei fenomeni più ricorrenti nell'ambiente al fine di far pervenire gli alunni ad un'interpretazione univoca, anche nei casi in cui coesistessero diversi modelli interpretativi. Pertanto si è suggerisce un'attività sperimentale che permette di rispondere ai seguenti quesiti: • Nel passare dal caldo al freddo (o viceversa) variano sempre alcune caratteristiche dei corpi come il peso (o la massa), la forma, il colore, la densità? • Se variano, come variano? Si potranno così individuare grandezze che non dipendono dalla temperatura, come il peso, ed altre che ne dipendono, ma ogni volta in modo diverso da sostanza a sostanza. Si conserva il peso di un corpo a freddo/a caldo? I fase del percorso: Obiettivi Riconoscere che la massa è una grandezza "indipendente" dalla temperatura, che si mantiene costante finché si ha a che fare sempre con lo stesso corpo, senza che ad esso venga aggiunta o sottratta materia Materiale necessario una bilancia con sensibilità 0,01 g; una beuta con tappo di gomma; tappi di gomma; pastiglia effervescente. Descrizione della procedura I corpi vanno inseriti nella beuta contenente inizialmente acqua calda e la beuta va tappata perché non evapori l'acqua e asciugata all'esterno. Si collochi il tutto sul piatto della bilancia. Dopo avere letto il valore della massa, si attenda che l'acqua si raffreddi e si torna a leggere il valore della massa. Non dovrebbe condensare vapore all'esterno, ma eventualmente è opportuno tornare ad asciugare la parete esterna. Massa di un solido a caldo/a freddo Massa di un gas a freddo Nella prima foto si legge il valore della massa della beuta contenente acqua calda, nella seconda foto si legge il valore della massa della stessa beuta dopo che si è raffreddata fino a raggiungere l'equilibrio termico con l'ambiente. La massa è ancora la stessa di prima. Massa di un gas a caldo Nella prima foto sono poggiati sul piatto di una bilancia una beuta con dell'acqua calda, un tappo di gomma, una pastiglia effervescente. Nella seconda foto la pastiglia è stata introdotta nella beuta, che è stata tappata immediatamente. Si è avuta una reazione che ha prodotto un gas, ma il valore della massa è rimasta inalterata Nella prima foto si legge il valore della massa della beuta ancora tappata, contenente il gas, dopo che si è raffreddata fino a raggiungere l'equilibrio termico con l'ambiente. La massa è ancora la stessa di prima. Nella seconda foto la beuta è stata stappata. Solo in questo caso si osserva una variazione (una diminuzione) sensibile della massa per fuoriuscita del gas. Dati campione I valori della massa, se si è fatta attenzione a non lasciar evaporare l'acqua o non far condensare vapore sulle pareti esterne, si mantengono costanti sia per i corpi solidi, che liquidi, che gassosi, anche se è variata la temperatura Discussione dei risultati È opportuno far notare che questo comportamento della grandezza che chiamiamo "massa" la rende adatta ad esprimere la quantità di materia che costituisce i corpi. Considerazioni conclusive Se non viene aggiunta o sottratta materia ad un corpo, la sua massa si conserva costante a qualunque valore della temperatura. Si conserva la forma di un corpo a freddo/a caldo? I fase del percorso: Obiettivi Riconoscere che il volume di un corpo varia al variare della temperatura, sia per i solidi, che per i liquidi e per i gas. Materiale necessario una sorgente di calore; una sferetta di acciaio sospesa con una catenella; un anello di acciaio dello stesso diametro della sferetta; una bottiglia di plastica; un coltello zigrinato; un congelatore; una beuta munita di tappo forato attraversato da un tubicino di vetro; un palloncino; un calibro. Descrizione della procedura Il volume di un solido: Verificare che la sferetta di acciaio a freddo passa attraverso l'anello a tenuta. Scaldare la sferetta di acciaio e provare a farla passare di nuovo attraverso l'anello. Riempire con acqua una bottiglia di plastica, lasciarla senza tappo e metterla in congelatore. Quando è tutta congelata, estrarla e con un coltello zigrinato asportare il ghiaccio che fuoriesce dal collo. Tapparla e attendere che scongeli lasciandola esposta all'aria ambiente. Il volume di un liquido: Riempire con acqua la beuta fino all'orlo e chiuderla col tappo forato munito di tubicino di vetro: in quest'ultimo si vedrà risalire una colonnina di acqua. Segnare con una tacca il livello dell'acqua nel tubicino. Scaldare la beuta su un fornello e osservare. Il volume di un gas: Soffiare un po' d'aria in un palloncino, chiuderlo bene e controllare il diametro con un calibro. Tenere sommerso il palloncino per alcuni minuti in acqua molto calda, estrarlo e ripetere la misura del diametro col calibro. Si conserva il volume di un corpo solido a freddo/a caldo? Un cubetto di metallo immerso per alcuni minuti in acqua molto calda aumenta di volume, ma rimane di forma cubica. La forma è controllabile con un calibro nelle tre dimensioni altezza, larghezza, profondità. Si conserva la forma di un corpo semisolido a freddo/a caldo Nel caso del brodo il passaggio dalla fase semiliquida (sol) a quella semisolida (gel) è determinato dall'abbassamento di temperatura ed è reversibile: basta infatti riscaldare il gel per avere di nuovo il sol. Nel caso dell'albume d'uovo il passaggio dalla fase semiliquida a quella semisolida è determinato dall'innalzamento di temperatura ed è irreversibile. Dati campione La sferetta di acciaio, dopo che è stata scaldata, non passa più attraverso l'anello perché è aumentata di volume. L'acqua ottenuta per fusione del ghiaccio invece occupa minore volume del ghiaccio stesso. L'acqua liquida aumenta di livello nel tubicino del tappo della beuta man mano che procede il riscaldamento. Il gas scaldato aumenta di volume. Discussione dei risultati Generalmente i corpi aumentano di volume quando aumenta la temperatura. Sarà opportuno far notare l'anomalia di comportamento dell'acqua nella transizione da solido a liquido (e viceversa). Considerazioni conclusive Se non viene aggiunta o sottratta materia ad un corpo, il suo volume varia al variare della temperatura. Questo comportamento della grandezza che chiamiamo "volume" lo rende inadatto ad esprimere la quantità di materia che costituisce i corpi. Si conserva il colore di un corpo a freddo/a caldo? I fase del percorso: Obiettivi Riconoscere che il colore di un campione di sostanza non sempre si conserva quando esso viene scaldato, in particolare se ciò comporta un cambiamento di fase, o un processo di disidratazione- idratazione. Materiale necessario iodio in cristalli; imbuto di vetro; vetri d'orologio o capsule di Petri (o piattini resistenti al calore); pinze di legno; etanolo; solfato di rame azzurro; mortaio e pestello; bilancia con sensibilità di 0,01 g; sorgente di calore. Descrizione della procedura •In un vetro d'orologio sciogliere qualche cristallino di iodio in etanolo e osservare il colore rossiccio della soluzione. In un altro vetro d'orologio porre qualche cristallino di iodio e scaldare sulla fiamma. Tenere con le pinze di legno un imbuto capovolto un po' inclinato in modo da raccogliere i vapori che si producono. Osservare il colore viola dei vapori ottenuti e fare ipotesi sul tipo di sostanza. Quando si osserva la formazione di microcristalli sulle pareti dell'imbuto, far cadere un filo di etanolo per controllare se la sostanza depositata è ancora iodio. •Sciogliere in acqua un piccolo campione di sale azzurro e osservare il colore della soluzione. Pestare nel mortaio un po' di solfato di rame azzurro e metterne piccoli campioni su 2 vetri d'orologio. •Controllare il valore della massa di uno dei 2 vetri d'orologio col campione di sale azzurro. Scaldare alla fiamma finché il sale non diventa bianco. Controllare il valore della massa. Lasciare all'aria per alcuni giorni finché il sale non torna ad assumere il colore azzurro. Controllare il valore della massa. •Scaldare anche l'altro campione, scioglierlo in acqua e osservare il colore della soluzione. Lasciare evaporare l'acqua dalla soluzione e osservare il colore del sale. Comprendere la diversa natura delle grandezze fisiche calore e temperatura attraverso il modello microscopico della materia Obiettivi. Conoscenze: il calore come forma d’energia. La diversa natura delle grandezze fisiche: calore e temperatura. Abilità: distinguere il calore da altre forme d’energia. Individuare la relazione tra calore e movimento. Rilevare la relazione tra il calore e la variazione della temperatura di un corpo, riconoscendo le condizioni d’equilibrio. Riconoscere la temperatura come una caratteristica fisica dei corpi. Utilizzare correttamente le unità di misura del calore e della temperatura. Contenuti. Il calore e la temperatura: diversa natura delle due grandezze fisiche. Trasferimento di calore ed equilibrio termico. Unità di misura del calore e della temperatura. Calore come forma d’energia: interpretazione microscopica. Metodi e attività. Nella trattazione dell’argomento si farà ricorso in modo preponderante, per la natura dei contenuti, al metodo induttivo-sperimentale. Il percorso operativo sarà affrontato in maniera problematica, ricorrendo sempre alla discussione. Si studieranno, infine, in modo qualitativo e semiquantitativo la diversa natura delle grandezze fisiche calore e temperatura anche alla luce del modello microscopico della materia Itinerario didattico: s’ipotizza che gli allievi abbiano osservato sperimentalmente, negli anni precedenti, il comportamento di alcuni materiali al calore; che abbiano lavorato sul modello microscopico della materia e sui passaggi di stato; che abbiano, infine, interpretato, alla luce del modello microscopico, vari fenomeni fisici dipendenti dal calore. Si proporranno, pertanto, alcune esperienze per affrontare ad un primo livello il concetto di calore attraverso le seguenti domande problematiche: 1. il calore è una sostanza oppure è " qualcosa" di immateriale? 2. Il calore può essere considerato come una forma d’energia ? Come riferimento al primo problema s’indurranno gli alunni ad ipotizzare che, se il calore fosse una qualche sostanza trasmissibile con il riscaldamento di un corpo, questo dovrebbe pesare di più; se invece fosse ‘qualcosa d’immateriale’, lo stesso corpo, dopo il riscaldamento, dovrebbe conservare inalterato il proprio peso. Per verificare l’ipotesi si faranno riscaldare tre pesetti metallici rispettivamente da 100 g, 20 g, 10 g sulla piastra elettrica per 5 minuti, pesandoli prima e dopo il riscaldamento. Il confronto tra le misure effettuate confermerà che il peso di ciascun campioncino metallico rimane invariato, confermando l’ipotesi, ovvero che il calore non è una sostanza ma qualcosa d’immateriale. Ma se il calore non è una sostanza, che ‘cosa’ sarà invece? Può essere considerato come una forma d’energia? Il secondo problema scaturirà, pertanto, spontaneamente dal primo. I ragazzi, attingendo alle conoscenze precedenti, ricavate dai diversi ambiti, sanno già che l’energia genera movimento. Pertanto se, mediante un esperimento progettato ad hoc, riusciranno ad ottenere il movimento come conseguenza del calore impiegato, potranno rispondere affermativamente alla domanda. Un semplice ma significativo esperimento funzionale allo scopo potrebbe consistere nel riscaldare l’acqua contenuta in una beuta: il vapore acqueo, prodotto dall’evaporazione e convogliato verso una leggera elica realizzata con carta stagnola, provocherà il movimento di questa. L’evidenza sperimentale confermerà l'ipotesi formulata: il calore è una forma d’energia poiché attraverso il vapore induce il movimento dell’elica, il quale cessa quando non è più fornito calore e, di conseguenza, si riduce notevolmente la quantità di vapore rilasciato . A questo punto del percorso i ragazzi hanno elementi sufficienti a discriminare il calore dalla temperatura. Hanno compreso che il primo è una forma di energia legata al movimento delle particelle materiali, che passa da un corpo più caldo ad uno meno caldo provocando il raffreddamento del primo e il riscaldamento del secondo. Ad esempio, immergendo un chiodo rovente in un bicchiere contenente dell'acqua si ha un trasferimento di calore dal chiodo al liquido, che può essere rilevato misurando, con un termometro, la temperatura dell'acqua prima e dopo l'immersione del chiodo. Potranno verificare che, riscaldando, a fiamma costante, masse d'acqua disuguali, queste si riscaldano diversamente. Precisamente, alla massa più calda corrisponde una temperatura maggiore, rilevata con il termometro. I ragazzi discuteranno sulla diversa natura del calore e della temperatura, rifacendosi o ad esempi noti dal quotidiano o ai diversi fenomeni studiati nel corso della propria esperienza scolastica. Dalla discussione emergerà che la temperatura e il calore sono due grandezze fisiche diverse: la seconda è una forma d’energia, la prima ci dice quanto un corpo è caldo o freddo e, in un certo senso, c’indica il grado di concentrazione raggiunto dal calore in un corpo. Dalle esperienze svolte negli anni passati, i ragazzi sono a conoscenza che la temperatura si misura con il termometro e che la sua unità di misura è il grado centigrado. Mettendo a contatto due corpi a diversa temperatura, osserveranno che quello più caldo cede calore a quello meno caldo e che questo trasferimento continua fino a quando entrambi i corpi non avranno raggiunto la stessa temperatura o temperatura d’equilibrio. Per esemplificare, si faranno preparare due campioni della stessa quantità d’acqua a temperature diverse. Si misurerà con accuratezza la temperatura T1 e T2 dei due campioni facendo una previsione sulla temperatura che si otterrà dal loro mescolamento. Si mescoleranno quindi i due campioni e si misurerà la temperatura finale. La temperatura sperimentale, nel limite delle incertezze legate all’attività di misurazione, concorderà con la media aritmetica delle due temperature iniziali. S’introdurrà teoricamente il concetto di caloria, rimandando la trattazione operativa della questione al successivo corso di studi. Si dirà, pertanto, che l'unità di misura del calore si chiama caloria: essa è la quantità di calore necessaria per aumentare di un grado centigrado (da 14,5 °C a 15,5 °C) un grammo d’acqua distillata. La dilatazione termica dei corpi Obiettivi. Conoscenze: la dilatazione termica dei corpi solidi, liquidi e aeriformi. Abilità: distinguere la dilatazione lineare da quella volumetrica . Rilevare la dipendenza della dilatazione lineare da diverse variabili come: tipo di materiale, quantità di calore fornito, lunghezza, spessore, tempo d’esposizione al calore. Rilevare che i gas si dilatano più dei liquidi e dei solidi, a parità di calore fornito. Utilizzare il modello particellare della materia per spiegare la diversa dilatazione dei corpi. Contenuti. La dilatazione termica dei corpi. Dilatazione lineare e volumetrica. La diversa dilatazione dei corpi e il modello microscopico della materia. Metodi e attività. Gli argomenti Di questa unità di lavoro possono essere trattati come prosecuzione dell’unità già pubblicata “Calore e temperatura” oppure in modo indipendente. Si farà ricorso principalmente al metodo induttivo – sperimentale, considerata la natura dei contenuti, partendo sempre dalle preconoscenze degli alunni per guidarli a conquistare gradualmente la comprensione dei significati. Itinerario didattico: si partirà dal presupposto che gli allievi siano in possesso delle competenze previste dall’unità di lavoro su calore e temperatura, che abbiano lavorato sul modello microscopico della materia, sugli stati fisici e sui passaggi di stato anche in termini microscopici, che abbiano, infine, interpretato, alla luce del modello particellare, vari fenomeni fisici dipendenti dal calore. Si proporranno, pertanto, tre diverse esperienze riguardanti la dilatazione dei corpi nei diversi stati d’aggregazione: solido, liquido, aeriforme. 1^ Esperienza: la dilatazione dei corpi solidi PROBLEMA - DOMANDA: "Che cosa succede riscaldando delle sbarrette metalliche di materiale diverso?" Lo scopo è osservare la dilatazione di un corpo solido (il cui spessore è trascurabile rispetto alla sua lunghezza). Si utilizzeranno: dilatometro lineare, accendino, sbarretta di ferro, sbarretta d’ottone, sbarretta d’alluminio, alcool denaturato. Le sbarrette cilindriche avranno una lunghezza di circa 20 cm e lo spessore di 5 mm circa. OSSERVAZIONE: l’asticella di metallo, dilatandosi per effetto del calore, muoverà una leva, che, a sua volta, attiverà un indice su una scala graduata; l’indice segnerà tre differenti valori per la dilatazione di ciascuna delle sbarrette metalliche. CONCLUSIONI: il metallo che, a parità di tempo d’esposizione alla fiamma, evidenzia una maggiore dilatazione è l'alluminio, seguito dall'ottone e dal ferro; la dilatazione lineare di una sbarretta metallica dipende, quindi, dal materiale di cui è costituita, a parità d’altre variabili (tempo d’esposizione alla fiamma, lunghezza, spessore ). NOTA: naturalmente le sbarrette si dilatano volumetricamente ma tale dilatazione può essere considerata trascurabile rispetto a quella lineare. POSSIBILI DOMANDE APERTE: 1. la lunghezza della sbarretta influenza la dilatazione lineare del metallo, a parità di altre variabili ( materiale metallico, spessore, quantità di calore fornito)? 2. Lo spessore della sbarretta influenza la dilatazione lineare del metallo, a parità d’altre variabili ( materiale metallico, lunghezza, quantità di calore fornito)? 2^ Esperienza: la dilatazione dei corpi liquidi. PROBLEMA – DOMANDA: "Che cosa succede ad un liquido fornendogli calore?" Lo scopo è osservare la dilatazione di un liquido. Si utilizzeranno: termometro, fornello elettrico, ampolla di vetro pyrex, tappo di gomma forato, tubicino di vetro, becker, pennarello indelebile, acqua colorata. OSSERVAZIONE: il volume dell'acqua colorata nell'ampolla aumenterà progressivamente all'aumentare della quantità di calore assorbito, come si può rilevare dall'elaborazione dei dati. CONCLUSIONI: i liquidi riscaldati si dilatano, aumentando di volume, ed il fenomeno è più appariscente di quello che si osserva nei solidi 3^ Esperienza: la dilatazione dei corpi gassosi PROBLEMA - DOMANDA: "Che cosa succede ad un gas riscaldandolo?" Lo scopo è osservare la dilatazione di un gas. Si utilizzeranno: termometro, siringa senz’ago, fornello elettrico, supporto con pinze, becker, acqua. PROCEDIMENTO: prendere una siringa senz’ago e chiuderne ermeticamente il foro d’uscita riscaldandola alla fiamma; riempire un becker d’acqua e disporlo sul fornello elettrico; fissare la siringa sul supporto e immergerla non completamente nell’acqua; immergere un termometro vicino alla siringa, fissandolo sul supporto; accendere il fornello. OSSERVAZIONE: all’aumentare della quantità di calore fornito, il gas all’interno della siringa si dilata volumetricamente e lo stantuffo scorre all'indietro. CONCLUSIONI: si osserva che anche i gas si dilatano, come succede ai solidi e ai liquidi, e, inoltre, molto più di questi. NOTA E' importante notare che nel primo esperimento, relativo ala dilatazione delle sbarrette metalliche, si misura una dilatazione lineare, anziché una dilatazione volumetrica, perché si considera trascurabile lo spessore della sbarretta rispetto alla sua lunghezza. Nella dilatazione dell'acqua colorata ( secondo esperimento), si misura un aumento di livello ovvero una lunghezza, quindi, può sembrare che si misuri una dilatazione lineare. In realtà, si rileva una variazione di volume tramite una misurazione di lunghezza, poiché l'aumento di livello è determinato dall'aumento di volume del liquido. Per finire, si può affermare che i gas si dilatano molto di più delle sostanze liquide e solide, e che i solidi si dilatano meno di tutti. Questo fa comprendere come, il non considerare, nel secondo esperimento, la dilatazione dell'ampolla di vetro, porti ad un errore trascurabile. La Propagazione Del Calore [Unità Di Lavoro] Obiettivi. Conoscenze: la propagazione del calore nei diversi mezzi fisici. Abilità: osservare le diverse forme di propagazione del calore e utilizzare il modello particellare della materia per interpretarne le cause; osservare l'emissione e l'assorbimento delle radiazioni termiche in semplici fenomeni e interpretarne in termini particellari la dipendenza dalla superficie dei corpi. Contenuti. I meccanismi di propagazione del calore: conduzione, convezione e irraggiamento. Emissione e assorbimento delle radiazioni termiche riguardo alle diverse superfici dei corpi: interpretazione mediante il modello particellare della materia. Metodi e attività. Il calore, la temperatura e la dilatazione termica dei corpi sono stati già trattati pertanto, le forme di propagazione del calore saranno introdotte operativamente per cercare di approfondire la natura del calore. S’illustrerà ai ragazzi lo scopo delle esperienze sulla propagazione del calore, anticipando che i meccanismi fondamentali sono tre: 1. conduzione; 2. convezione; 3. irraggiamento. Le esperienze saranno precedute da un’attività d’indagine sulle loro preconoscenze e di riflessione su alcuni fenomeni termici quotidiani, ad esempio le differenti sensazioni termiche percepite d'inverno, scendendo dal letto e poggiando i piedi nudi sul pavimento oppure sul tappeto: sensazione di freddo per il pavimento, sensazione "neutra" per il tappeto. Qual è la causa delle differenti percezioni, se pavimento e tappeto sono nello stesso ambiente e quindi a uguale temperatura? 1^ esperienza: “Come si propaga il calore in un’asticciola metallica e in una di vetro, di lunghezza e spessore uguali?” Lo scopo è di osservare la propagazione del calore, per conduzione, in due materiali diversi (un buon conduttore e un cattivo conduttore). Saranno utilizzati: un ago da maglia o un'asticciola metallica, un'asticciola di vetro, graffette metalliche, pinza di legno, cera di candela per fissare le graffette metalliche, due sorgenti di calore L'esperimento conferma qualitativamente quanto già previsto: l'asticciola metallica è una buona conduttrice del calore mentre quella di vetro non lo è. La quantità di calore che si propaga nell'unità di tempo è maggiore nella prima. Si discuterà con i ragazzi quanto avviene dal punto di vista microscopico nella conduzione del calore e per quale motivo certi materiali conducono il calore meglio di altri, ricorrendo al modello cinetico molecolare NOTA DIDATTICA. In realtà i corpi metallici sono buoni conduttori del calore non solo perché i loro atomi sono ordinati ma anche e soprattutto perché l'energia cinetica viene trasportata dagli elettroni liberi di muoversi nel cristallo. Nei liquidi le particelle sono abbastanza disordinate, nei gas, infine, il disordine è massimo, quindi le vibrazioni si propagano con molta difficoltà nel volume da essi occupato. Questo spiega la bassissima conduttività termica dell'aria. Dal punto di vista teorico, il modello cinetico molecolare ci offre un indizio molto interessante sulla natura del calore: sembra che si tratti solo di movimenti più o meno accentuati delle particelle elementari. 2^ esperienza: "Come si propaga il calore in un liquido?" Lo scopo dell’esperimento è di osservare la propagazione del calore nei liquidi per convezione. Il materiale sarà un becker, una piastra elettrica, acqua e segatura. Dopo alcuni minuti dall’inizio del riscaldamento, si osserveranno degli spostamenti sempre più intensi, all’aumentare della temperatura: la segatura si muoverà descrivendo due vortici a spirale, simili a due circoli chiusi. Tolto il becker dalla piastra e messo a contatto con una superficie più fredda si noterà che il movimento della segatura rallenterà con la perdita di calore. L'evidenza sperimentale conferma che la propagazione del calore in un liquido avviene con trasporto di materia; i movimenti osservati si chiamano moti convettivi. Si farà notare agli alunni che le correnti ascensionali calde e quelle discendenti meno calde continueranno fino a quando la sorgente di calore sarà attiva. I moti convettivi osservati sono originati da differenze di densità del liquido, consequenziali alle differenze di temperatura. Si farà, inoltre, notare che i moti convettivi avvengono anche nell’aria per gli stessi motivi. Più avanti negli studi, i ragazzi avranno modo di comprendere che, dal punto di vista molecolare, la conduzione non differisce molto dalla convezione. In entrambi i casi, il calore si propaga, infatti, per gli urti delle molecole dal corpo caldo al corpo freddo, ma, mentre nei fluidi il processo si manifesta con spostamento di materia, nei solidi questo non avviene, nel senso globale del termine. Perfezioneranno la comprensione di tali fenomeni mediante lo studio dei moti molecolari browniani, spontanei nei liquidi e nei gas, meno accentuati nei primi e intensi nei secondi. DOMANDA: "Perché in un liquido la propagazione del calore avviene con trasporto di materia e in un solido invece no?" La domanda è sorta spontaneamente in alcuni gruppi e presto si è trasformata in discussione generale. I ragazzi in seconda media hanno studiato approfonditamente il modello microscopico della materia, ricavandolo in maniera indiretta, ovviamente, dallo studio di particolari fenomeni come la dissoluzione di zucchero o sale nell'acqua, la diffusione di una goccia di blu di metilene in acqua, i passaggi di stato dell'acqua e alcuni comportamenti termici della materia. Pertanto, hanno messo in relazione la modalità di diffusione del calore in un liquido con la struttura microscopica di tale stato di aggregazione. Queste le conclusioni alle quali sono giunti, formulate con le loro parole: " Sappiamo che in un liquido i legami interparticellari sono più deboli che in un solido, tanto da permettere alle particelle materiali di allontanarsi abbastanza fra di loro ma fino ad un certo punto. Assorbendo calore da una sorgente le particelle allentano ancor di più i legami di richiamo distanziandosi ulteriormente. Osservando i movimenti delle correnti ascensionali di acqua nel becher, messi in evidenza dalla segatura che appare trascinata verso l'alto, sembrerebbe quasi che le particelle siano diventate più leggere. Ma le cose stanno proprio così oppure l'energia termica acquistata le ha velocizzate facendole risalire in superficie? Forse sono vere entrambe le ipotesi. In effetti l'acqua calda, dilatandosi è anche meno densa e di conseguenza più leggera di quella meno calda, che si trova nelle altre parti. Le correnti discendenti verso il basso in effetti sembrano essere inevitabili perché le particelle" più calde" risalite "scacciano"quelle più fredde costringendole verso il basso. Le particelle della corrente discendente sono anche più lente perché meno calde ed è come se rimanessero indietro rispetto a quelle più veloci che risalgono. Quando, a loro volta, acquistano energia in vicinanza alla sorgente di calore, risalgono richiamando le particelle più fredde e il processo continua finchè la sorgente di calore è attiva. Quando, infatti, questa viene spenta si assiste ad un progressivo rallentamento dei movimenti, prima vorticosi, fino a quando cessano completamente a raffreddamento raggiunto. In definitiva, i moti convettivi osservati sembrano originati da differenze di densità del liquido, consequenziali alle differenze di temperatura. Questi moti, prodotti naturalmente da differenze di temperatura, vengono sfruttati in molti impianti solari per acqua calda mediante la disposizione dei pannelli in basso e il serbatoio in alto. Tale disposizione permette all'acqua di circolare per convezione naturale senza l'impiego di costose pompe.« Un' altra considerazione dei ragazzi è stata la seguente: "Ci sembra che la convezione del calore avvenga anche nell'aria. Infatti, nell'esperimento dell'elica di stagnola, questa si è messa in moto per azione delle correnti ascensionali di aria calda, generate nell'ambiente dal sistema scaldante fornello/beuta, , quindi, ancora per differenze di densità dell'aria, dovute alle differenze di temperatura." NOTA DIDATTICA: Le conclusioni dei ragazzi sono veramente interessanti e, anche se il fenomeno è molto più complesso, stanno acquisendo il giusto modo di affrontare lo studio dei fatti scientifici. Avranno modo di comprendere che, dal punto di vista molecolare, la conduzione non differisce molto dalla convezione. Infatti, in entrambi i casi, il calore si propaga per urti delle molecole dal corpo caldo al corpo freddo, ma, mentre nei fluidi il processo si manifesta con spostamento di materia, nei solidi questo non avviene, nel senso globale del termine. Nel livello scolare superiore avranno modo di approfondire le questioni poste mediante lo studio dei moti molecolari browniani, spontanei nei liquidi e nei gas, meno accentuati nei primi e intensi nei secondi. Prima di passare agli esperimenti sull’irraggiamento si specificherà che questa forma di propagazione del calore è la più complessa per il suo elevato grado di "astrattezza" Sarà anche utile avviare una riflessione su alcune trasformazioni energetiche, conosciute dall'esperienza quotidiana, in cui interviene l'irraggiamento, specificando che esiste una forma di energia raggiante, proveniente da sole o da altre sorgenti ad alta temperatura, che può trasformarsi in energia termica, chimica, elettrica e in altre forme secondo la natura del corpo che la riceve. L' irraggiamento può essere considerato una modalità di trasmissione di energia da un corpo (sorgente) ad un altro, senza trasporto di materia; infatti, i raggi solari attraversano lo spazio vuoto tra la terra e il sole Prima di passare agli esperimenti ho avviato una riflessione su alcune trasformazioni energetiche, conosciute dall'esperienza quotidiana, in cui interviene l'irraggiamento per prepararne lo "scaffolding" più appropriato, ponendo le seguenti domande: 1. "Quando ci esponiamo sulla spiaggia ai raggi solari, è solo l'aria che ci scalda o anche l'energia che proviene direttamente dal sole?". 2. "E quando esponiamo la nostra mano ad una fiamma o ad un riscaldatore qualunque, a temperatura elevata?". I ragazzi hanno convenuto che, in effetti, in queste situazioni la convezione non è sufficiente a dare spiegazione del fenomeno, per cui è necessario ipotizzare un'altra modalità di propagazione del calore, l'irraggiamento, appunto. Altra domanda: "L'energia, proveniente dal sole o da altre sorgenti ad alta temperatura, si trasforma, secondo voi, soltanto in energia termica?". I ragazzi,dopo aver discusso fra di loro, hanno risposto di no, portando a sostegno della loro conclusione alcuni esempi: le foglie degli alberi utilizzano l'energia solare per produrre energia chimica con la fotosintesi clorofilliana; l'abbronzatura della pelle è un effetto chimico che si aggiunge al riscaldamento della pelle; nella cella solare fotovoltaica al silicio, costruita in Educazione tecnica, si ottiene energia elettrica in grado di far funzionare un motorino. Le conclusioni dei ragazzi non fanno una grinza, pertanto possiamo convenire che esiste una forma di energia raggiante proveniente da sole o da altre sorgenti ad alta temperatura, che può trasformarsi in energia termica, chimica, elettrica e in altre forme a seconda del corpo che la riceve. 3^ esperienza: “Come si riscaldano differenti quantità d’acqua e quantità uguali di sostanze diverse, esposte ai raggi solari?” Lo scopo dell’esperimento è osservare il riscaldamento di materiali uguali (presi in quantità diverse) e di materiali diversi (presi in quantità uguali), come effetti dell'irraggiamento solare. S’impiegheranno quattro termometri (sensibilità un grado centigrado), L’evidenza sperimentale porterà alla quattro secchielli da spiaggia di plastica conclusione che, a parità d’esposizione ad trasparente, acqua e sabbia una stessa sorgente termica: masse diverse di sostanze uguali (acqua, nella fattispecie) si riscaldano in maniera diversa (di più la quantità minore); parimenti masse uguali di sostanze diverse (acqua e sabbia) si riscaldano in maniera diversa (di più la sabbia). Si potranno svolgere esperimenti per verificare come le radiazioni termiche sono filtrate in maniera differente dai diversi materiali PROCEDIMENTO: scegliere per l'esperimento una calda giornata soleggiata ( come abbiamo fatto noi); predisporre due diverse quantità di acqua in due dei quattro secchielli (ne abbiamo utilizzato 1+1/2 litro nel primo; 1/2 litro nel secondo secchiello); predisporre due uguali quantità di acqua e di sabbia ( 1/2 litro per la prima e l'equivalente quantità per la seconda) negli altri due secchielli; esporre contemporaneamente, la mattina verso le dieci; i quattro secchielli in una zona soleggiata, all'aperto e aspettare; verso le 12.30, rilevare la temperatura raggiunta dall'acqua e dalla sabbia, inserendo due termometri uguali contemporaneamente nei due secchielli. Verso le 15.30 del pomeriggio, ripetere la stessa procedura per i due secchielli contenenti acqua in quantità diverse. In particolare, una superficie nera assorbe più energia termica radiante rispetto ad una superficie lucida; materiali come il plexiglas o la carta sono opachi rispetto alla radiazione; i cristalli di cloruro di sodio sono trasparenti rispetto ad essa. Per quanto riguarda l’emissione d’energia termica radiante, una superficie nera ed opaca ne emette di più rispetto ad una superficie lucida e levigata; una superficie ruvida e annerita emette molta più energia radiante nell'unità di tempo di una superficie speculare