Parrocchia Cristo Re - Milano Scuola parrocchiale di teologia - AP 2013-14 FEDE E VITA IL CREDO e L'ENCICLICA LUMEN FIDEI III incontro: lunedì 21 ottobre 2013 CREDO IN GESÙ CRISTO 2. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. 3. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. 4. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto; discese agli inferi 5. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, 6. è salito al cielo, siede alla destra del Padre. 7. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Questa sera abbiamo da affrontare 5 articoli complessi. Darò più che altro dei punti di riferimento, una sorta di coordinate. Sui fogli trovate prima una schematizzazione e poi una riflessione più articolata. Nel mio presentare le due parti saranno fatte insieme. Parte schematica Art. 2.: Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. a) Signore Nella Bibbia, questo titolo designa abitualmente Dio Sovrano. Gesù rivela la sua sovranità divina mediante il suo potere sulla natura, sui demoni, sul peccato e sulla morte. Risuscitato dal Padre, Egli è il Signore del mondo e della storia. Il titolo Signore (kyrios) indica il Risorto. b) Il nome Gesù Dato dall'Angelo al momento dell'Annunciazione, il nome «Gesù» significa «Dio salva». Esso esprime la sua identità e la sua missione, «perché è lui che salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). Pietro afferma che «non vi è sotto il cielo altro Nome dato agli uomini nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12). c) Il nome Cristo «Cristo» in greco, «Messia» in ebraico, significa «unto». Gesù è il Cristo perché è consacrato da Dio, unto dello Spirito Santo per la missione redentrice. È il Messia atteso da Israele, mandato nel mondo dal Padre. d) Unigenito Figlio di Dio Egli è Figlio in senso unico e perfetto. Al momento del Battesimo e della Trasfigurazione, la voce del Padre designa Gesù come suo «Figlio prediletto».Presentando se stesso come il Figlio che «conosce il Padre» (Mt 11,27), Gesù afferma la sua relazione unica ed eterna con Dio suo Padre. Egli è «il Figlio Unigenito di Dio» (1 Gv 2,23), la seconda Persona della Trinità. e) Prima di tutti i secoli 19 Non è certamente una nascita alla maniera umana, dal momento che non esiste una “madre”, né si tratta di partorire un “corpo”... È una nascita eterna, che esiste da sempre. In Dio il tempo non esiste: in Dio non esiste passato (Dio non invecchia), né esiste futuro (Dio non diventa grande): in Dio esiste solo il presente, Dio è. In Dio esiste solo un infinito presente: quello in cui saremo inseriti anche noi al termine della nostra vita terrena. f) Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero Gesù-Figlio-di-Dio-Padre non è inferiore a Dio, né gli è superiore: è come il Padre, perché proviene da Lui. È luce-fiamma che proviene da una identica luce-fiamma. È Dio vero l’uno, è Dio vero l’altro. g) Generato e non creato Gesù non è una creatura: è Dio come il Padre.La creatura è inferiore al Creatore. Gesù ha affermato chiaramente: “Prima che Abramo nascesse Io sono” (Gv 8,58) e che quindi “esisteva prima di nascere”. Ha anche detto senza possibilità di malintesi: “Sono di lassù non sono di questo mondo” (Gv 8,23). Inoltre non ha nascosto la sua origine divina: “Sono uscito da Dio” (Gv 16,27), e quindi noi diciamo “generato” e “della stessa sostanza del Padre”. h) Della stessa sostanza del Padre La sostanza di Dio è l’Amore. Se il Padre è l’Eterno Amante, il Figlio è l’Eterno Amato, Colui che da sempre si è lasciato amare: è l’accoglienza eterna, Colui che da sempre dice sì all’Amore, l’obbedienza in persona nelle relazioni dell’Amore divino i) per mezzo di Lui tutte le cose sono state create Come a dire che “senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”. Senza di Lui non esisterebbe nulla. In che senso? Non ci sono dubbi che la fonte dell’Essere in assoluto, e quindi dell’Essere divino, e dell’essere partecipato alle creature, è il Padre. Ma il Padre non agisce mai indipendentemente dal Figlio che è la Ragione del suo essere Padre. Art. 3 Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. a) Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo Se Gesù fosse soltanto un uomo, non avrebbe potuto salvarci. In quanto Dio-Uomo, in Lui si compie l’incontro tra la terra e il cielo. Dio si è fatto uomo per riconciliarci con Lui e renderci partecipi della sua stessa vita; farci conoscere il suo amore infinito; essere il nostro modello di santità. b) E per opera dello spirito santo si è incarnato del seno della Verigine Maria e si è fatto uomo Il Figlio di Dio, per opera dello Spirito Santo, si è fatto carne, cioè è diventato uomo, naturalmente restando Dio. Nell’utero di Maria: il Figlio di Dio vive esattamente, come è stato per ciascuno di noi, nel grembo della madre. Dio in Lei diventa uno di noi! Significa che Gesù è stato concepito nel grembo della Vergine per la sola potenza dello Spirito Santo, senza intervento dell'uomo. Egli è Figlio del Padre celeste secondo la natura divina e Figlio di Maria secondo la natura umana. Art. 4 Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto; discese agli inferi. 20 a) Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto Il Mistero pasquale di Gesù, che comprende la sua passione, morte, risurrezione e glorificazione, è al centro della fede cristiana. Cristo è venuto perché la creazione sia liberata dalla corruzione del peccato e dalla morte e raggiunga la libertà dei figli di Dio. “Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34; Mt 27,46). “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23,46). Al Dio sovrano, Gesù morente chiede “Perché?”, “A qual fine?”. La domanda è carica del tormento che attraversa ogni sofferenza, il travaglio di non comprendere il senso. All’abbandono doloroso, però, il Cristo risponde con l’offerta: il “perché” diventa il grido fiducioso “Padre nelle tue mani”: Gesù si abbandona fra le braccia di Dio Suo Padre. Le parole di Gesù in croce ci invitano ad accostarci al mistero del Suo abbandono scorgendovi la presenza premurosa del Padre celeste, che non oscura in alcun modo la concretezza e la tragicità di quell’evento storico. Gesù vive il suo dolore in profonda comunione con tutti i crocifissi della terra e insieme in offerta fiduciosa al Padre, per amore del mondo. Consegnando lo Spirito al Padre, il Crocifisso entra nella solidarietà con tutti coloro che per loro colpa sono stati privati dello Spirito e hanno sperimentato la durezza della separazione da Dio. Proprio così, il Figlio rende possibile ai peccatori la riconciliazione col Padre grazie al dono dello Spirito effuso su di Lui a Pasqua e da Lui risorto offerto a ogni uomo b) Sotto Ponzio Pilato È ribadita la storia, un momento concreto della storia dell’umanità, con le sue coordinate spazio-temporali e dei volti precisi. Il Figlio si è incarnato realmente. c) Discese agli Inferi La discesa agli inferi indica due aspetti: il primo è che Gesù ha vissuto fino in fondo la condizione umana, nella sua estrema sofferenza. Poi indica che: gli «inferi» - diversi dall'inferno della dannazione – costituivano lo stato di tutti coloro, giusti e cattivi, che erano morti prima di Cristo. Dopo aver vinto, mediante la sua morte, la morte e il diavolo «che della morte ha il potere» (Eb 2,14), Gesù ha raggiunto negli inferi i giusti che attendevano il loro Redentore per accedere infine alla visione di Dio. Art. 5 Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture a) Il terzo giorno è risuscitato “Dio lo ha risuscitato” (At 2,24). La risurrezione è azione potente del Padre, è il grande “Sì” che Dio Padre dice sul Figlio e, in Lui, su di noi: perciò la risurrezione è capace di dare senso e speranza alle nostre opere e ai nostri giorni. Nel Cristo risorto, la vita vince la morte; l’abbandonato è costituito Signore della vita, che ci libera dalla schiavitù del peccato e della morte. b) Secondo le Scritture La storia di Israele, i testi dell’AT non vengono aboliti ma portati a compimento. La storia della Salvezza si snoda nella storia umana. Art. 6 È salito al cielo, siede alla destra del Padre. a) Salito al cielo È salito al cielo. Con il suo corpo. Quel corpo che aveva avuto da Maria, sua Madre. Ma non ci ha lasciati soli: è con noi fino alla fine del mondo. Egli è il Signore e intercede incessantemente in nostro favore presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e ci dà la speranza di raggiungerLo un giorno, avendoci preparato un posto. 21 b) Alla destra del Padre Egli occupa il suo posto d’onore, il suo posto da Unigenito. Egli è nella Gloria di Dio e ci invita con lui. Art. 7 E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. a) E di nuovo verrà nella gloria Gesù è venuto tra di noi una prima volta, nascendo a Betlemme. Ed è stata una venuta umile e debole. Verrà una seconda volta, quella definitiva. Sarà una venuta gloriosa, e Gesù si mostrerà per quello che realmente è: il Figlio dell’Altissimo. b) Per giudicare i vivi e i morti Ciascuno di noi sarà giudicato in base al Vangelo. c) Il suo regno non avrà fine E così si stabilirà, su tutta la terra, e per sempre, quel Regno di Dio, che noi invochiamo ogni giorno nel ‘Padre nostro’. Regno d’amore, di giustizia e di pace. Beati quelli che vivono e lavorano per questo regno. Parte discorsiva Per introdurre questa riflessione, parto da quanto Benedetto XVI ha ricordato durante gli esercizi spirituali dettati a Regensburg: “Juri Gagarin, ritornando dal viaggio nello spazio – il primo nella storia dell’umanità – affermò di non aver visto alcun Dio”. Ripetuta alla televisione fino alla noia, diveniva qualcosa di stomachevole, sembrava quasi che l’astronauta fosse stato pagato per dire quella frase ad effetto. Dice il Papa: “Anche per l’ateo meno sprovveduto appariva ovvio che una simile affermazione non poteva costituire un argomento convincente contro l’esistenza di Dio. Che Dio non si possa toccare con le mani o osservare con il telescopio, che non abiti sulla Luna, su Saturno, su qualche pianeta o nelle stelle lo si sapeva già, prima che lo dicesse Gagarin, a prescindere dal fatto che questo viaggio nello spazio, pur rimanendo un’impresa straordinaria, se riferito ai parametri dell’Universo può venir considerato tutt’al più una breve passeggiata fuori della porta di casa; e le conoscenze che ha fatto acquisire sono di gran lunga inferiori a quelle di cui potevamo già disporre in base ai nostri calcoli e osservazioni”. Il Signore non va ricercato nell’alto dei cieli, perché “si è fatto uomo nel seno della Vergine Maria ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Lo abbiamo quindi toccato, visto, Lo abbiamo soprattutto ascoltato. “I nostri occhi Lo hanno contemplato”, dirà Giovanni. Non occorre andare nelle altezze dei cieli, perché Dio stesso ha preso l’iniziativa di venire tra noi. Noi non siamo Cristiani perché crediamo in un Dio in astratto, ma perché crediamo in Gesù Cristo, nato a Betlemme, portato in Egitto, vissuto a Nazaret… Nella sua esistenza storica Gesù è stato un uomo concreto, appartenuto a un popolo concreto, inserito nella storia: un giudeo del primo secolo della nostra era. Tuttavia il suo significato e il suo essere superano le frontiere non solo geografiche ma anche culturali e spirituali di questo popolo. Lo esprime lo stesso nome: “Gesù Cristo”. “Gesù” è un nome ebraico proprio equivalente a Giosuè e che significa “JHWH aiuta”; “Cristo”, invece, significa in greco “unto”, traduzione del termine ebraico “messia”. I primi cristiani unirono un nome ebraico e un nome greco per significare che è venuto per tutti gli uomini. Gesù non è il “fondatore rivoluzionario” del Cristianesimo: questo porterebbe a supporre che Gesù abbia creato qualcosa di nuovo, inaspettato…; Gesù, pur nella sua novità, si presenta e opera all’interno di Israele, della sua storia… Il fatto stesso che abbia scelto 12 apostoli è significativo in tal senso. Questo, non appartiene soltanto all’economia del Nuovo Testamento, ma anche all’economia dell’Antico Testamento. Da sempre dunque il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, è un Dio che vive con il Suo popolo, è l’ Emmanuele, il Dio con noi. Anche se questo evento si realizzerà in pieno nel momento dell’Incarnazione, nella pienezza dei tempi: “nato da donna, nato sotto la legge”. Questo non va mai dimenticato. Il Signore Lo incontreremo nel quotidiano, specialmente nei sacramenti da Lui stesso affidati alla Chiesa per la nostra santificazione. 22 Mossi dalla Grazia dello Spirito Santo e attirati dal Padre noi crediamo e confessiamo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E’ la professione di fede dell’apostolo Pietro, costituito da Gesù capo della sua Chiesa. Ma chi è Cristo? Cristo è il nuovo Adamo. Recita una bellissima meditazione-preghiera del Beato Card. John Henry Newman: “Colui che aveva creato il primo Adamo decise, nella Sua Misericordia, di creare un nuovo Adamo, e con una accondiscendenza ancora più ineffabile Egli stesso volle essere questo Adamo”. Il termine “Adamo” significa “terra”, essendo il primo uomo plasmato con la polvere del suolo. In realtà, però, indica l’uomo, l’umanità, che – come sappiamo – disobbedisce a Dio per superbia, pensando di diventare “come Dio”. E con questa ribellione entra nel mondo il peccato, la lontananza da Dio. Da qui nascono tutti i mali dell’uomo. Pascal diceva a questo proposito: “Adamo è mio padre, sono io ed è mio figlio”. Gesù Cristo è veramente il Figlio di Dio ed è pure il Figlio di Maria. E’ l’oggetto della nostra fede, Colui che ci guarisce e salva. Lui è la nostra via, verità e vita. Lui dobbiamo annunciare.(Per approfondire questo tema si legga un testo classico: “Il Dio di Gesù Cristo” del Card. Walter Kasper ). Alcuni passi della “Catechesi Tradendae” evidenziano bene questa verità: “Al centro della catechesi noi troviamo essenzialmente una persona, quella di Gesù di Nazareth, Unigenito del Padre, Il quale ha sofferto ed è morto per noi e ora risorto vive per sempre con noi” ( nn. 5-6 ). Cosa significa allora catechizzare ? La “Catechesi Tradendae” scrive: “Catechizzare è dunque svelare nella Persona di Cristo l’intero Disegno di Dio; è cercare di comprendere il significato dei gesti e delle parole di Cristo, dei segni da Lui operati… Lo scopo della catechesi è mettere in comunione con Gesù Cristo. Egli solo può condurre all’amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla vita della Santa Trinità”. Nostro compito è pertanto portare le persone a Cristo. Il nostro servizio di catechisti, di preti, di laici… semplicemente di credenti, il servizio di tutta la Chiesa non è attirare a sé le persone, ma è condurre a Gesù Cristo. E’ mettere in comunione l’uomo con il suo Dio, in Cristo, per potenza di Spirito Santo. Sappiamo anche che è l’ “Unigenito” Figlio del Padre, “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create; per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”. E’ Lui il vero Adamo. Quando Dio creò Adamo, nei Suoi occhi, nella Sua mente c’era l’uomo nuovo, l’uomo perfetto: il Suo stesso Figlio, il Figlio di Dio. La Creazione termina con Gesù Cristo. E’ proprio Lui il nuovo Adamo. A questo proposito l’Apostolo Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, trattando della fede nella Resurrezione, introduce il confronto tra il Progenitore e Cristo: “Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita”. “Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne Spirito Datore di vita” (1 Cor 15,22.45). Nella lettera ai Romani 5,12-21 il confronto con Cristo si fa più articolato e illuminante. Paolo ripercorre la storia della Salvezza da Adamo alla Legge e da questa a Cristo. Al centro della scena non si trova Adamo con le tragiche conseguenze del peccato sull’umanità, quanto piuttosto Gesù Cristo e la Grazia che, mediante Lui, è stata riversata in abbondanza su ciascuno di noi, sull’umanità tutta. La ripetizione del “molto più, molto più, molto più” riguardante Cristo, sottolinea il dono ricevuto in Lui, un dono che sorpassa di gran lunga il peccato di Adamo e le conseguenze prodotte sull’umanità, tanto che Paolo potrà concludere dicendo: “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la Grazia”. Il confronto, che Paolo fa tra Adamo e Cristo, mette in risalto l’inferiorità del primo uomo rispetto alla grandezza del secondo, tant’è vero il peccato delle origini evidenzia la vittoria di Cristo. “Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo” ( Rm 5,17 ). Per questo, se nella fede della Chiesa è maturata la consapevolezza del dogma del peccato originale, è perché esso è connesso inscindibilmente con l’altro dogma della Salvezza e della Libertà in Cristo. Non dovremmo mai trattare del peccato di Adamo e dell’umanità – anche durante le nostre lezioni di catechismo – al di fuori del contesto salvifico che vede Cristo protagonista e Salvatore. Tutta la nostra vita cristiana consiste proprio in questo uscire dall’uomo vecchio, fatto ad immagine di un Adamo decaduto, per arrivare all’uomo nuovo, creato ad immagine di Cristo. Passare cioè da esseri carnali ad esseri spirituali, come dice Paolo: “da esseri terrestri a esseri celesti”. Questo comporta una continua conversione, “metanoia”, un cambiamento di mentalità, che non è frutto di uno sforzo della mente ma di uno stare insieme al Signore. E stare insieme al Signore, giorno dopo giorno, ci cambia, come nella realtà sponsale. Quando un uomo e una donna stanno insieme, diventano una carne sola, perché l’uno entra 23 in piena comunione con l’altro, realizzando una vera realtà sponsale. Così è per l’anima cristiana. Guai a noi se il Cristianesimo divenisse un’esercitazione accademica; guai se ci limitassimo ad un’interpretazione solo esegetica del Vangelo. La Chiesa ,prima di tutto, è apostolica. Non è basata soltanto su un testo scritto, ma su una Tradizione vivente. E’ il Corpo mistico di Cristo. Gesù Cristo è, poi, il “Signore”. Nella traduzione greca dei libri dell’Antico Testamento il nome ineffabile sotto il quale Dio si è rivelato a Mosè : JHWH, è reso con Kyrios, Signore. Kyrios e Christos, Signore e Cristo. Questo titolo si trova sia nei Vangeli sia negli altri scritti neotestamentari. Attribuendo, infatti, a Gesù il titolo divino di Signore, le prime comunità cristiane affermavano, fin dall’inizio, che la Potenza, l’Onore e la Gloria, dovuti a Dio Padre, convenivano pure a Gesù, perché anch’Egli di natura divina, (Filippesi 2,6) e perché il Padre ha reso manifesta questa signorìa di Gesù risuscitandoLo dai morti e ponendolo alla Sua destra. La proclamazione di Cristo Signore esalta pertanto la libertà di coscienza dell’uomo, chiamato a non rendersi mai schiavo o succube di alcun idolo. La coscienza va comunque formata rettamente. E’ quanto dichiara e raccomanda il Concilio Vaticano II, nel solco della grande tradizione della Chiesa: “ La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria… Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale…Questa ordinazione verso Dio, la libertà dell’uomo, poiché è stata ferita dal peccato, non può renderla effettiva in pieno se non mediante l’aiuto della grazia di Dio” ( Gaudium et Spes nn. 16-17 ). Noi quindi crediamo in Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. C’è stata una grande discussione su questo, come abbiamo accennato nel primo incontro. La Chiesa, nel corso dei primi secoli, ha dovuto difendere e chiarire questa verità di fede contro eresie che la falsificavano. Le prime eresie, più che la divinità di Cristo, negavano la Sua vera umanità: è il “Docetismo gnostico”. Fin dall’epoca Apostolica, la fede cristiana ha sempre proclamato e difeso l’Incarnazione del Figlio di Dio venuto nella carne. Ma nel III° secolo la Chiesa ha dovuto affermare contro Paolo di Samosata, in un Concilio riunito ad Antiochia, che Gesù Cristo è il Figlio di Dio per natura e non per adozione. Il primo Concilio ecumenico di Nicea, nel 325, professò nel suo Credo – di cui una parte ancora oggi recitiamo nel Simbolo Niceno-Costantinopolitano- che il Figlio di Dio è “generato, non creato, della stessa sostanza (omoiousios) del Padre”, della stessa sostanza; e condannò Ario,il quale sosteneva che il figlio di Dio veniva dal nulla e che sarebbe di un’altra sostanza o di un’altra essenza rispetto al Padre. No, Cristo è Figlio di Dio, è Dio come il Padre. Poi abbiamo Nestorio, che vedeva in Cristo una persona umana congiunta alla persona divina del Figlio di Dio. In contrapposizione a questa eresia, San Cirillo di Alessandria e il III° Concilio ecumenico, riunito ad Efeso nel 431, hanno confessato che “Il Verbo unendo a sé stesso ipostaticamente una carne animata da un’anima razionale si fece uomo. L’umanità di Cristo non ha altro soggetto che la Persona divina del Figlio di Dio che l’ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento”. Questa realtà fa sì che noi siamo chiamati ad essere eterni. Gesù Cristo, venendo a noi e facendosi uomo, ha concesso all’uomo di unirsi a Dio. La realtà cristiana è una realtà eterna. La Chiesa, ogni credente, deve raccontare l’eternità. Questo lo deve fare in parole e soprattutto in opere. La carità dei cristiani non deve cercare l’applauso del mondo. Bisogna star attenti quando i cristiani sono troppo applauditi. Perché la carità cristiana è una carità crocifissa, dà la vita, in tutti i gesti possibili immaginabili. Solo così testimoniamo e parliamo veramente di Cristo, Lo rendiamo presente agli uomini del nostro tempo. Se il Credo è il centro della nostra fede, il nucleo centrale dello stesso Credo è quello relativo al mistero pasquale. Si tratta infatti delle affermazioni che riguardano la morte e la Risurrezione di Gesù. Questi eventi: la Passione, la morte, la Risurrezione, la Glorificazione dell’Unigenito Figlio di Dio fatto uomo; ecco questi sono gli eventi della nostra Redenzione, compiutisi una volta per sempre. Il motivo per cui l’Eucaristia è fondamentale, assolutamente centrale nella vita della Chiesa e di ogni cristiano è che in ogni Eucaristia si rivive, si rende presente, si perpetua l’unico Sacrificio Redentore di Cristo che ha salvato l’uomo. Si rende presente continuamente la Passione, la morte e la Risurrezione di Gesù Cristo, finché Egli venga, ritorni alla fine dei tempi. Ogni Eucaristia è questo, e per questo l’Eucaristia è centrale nella vita del cristiano e della Chiesa. Gesù non viene condotto a morte per caso; non è la morte un incidente che gli capita. Non è un fatto tragico e imprevedibile. La Passione e la morte di Gesù sono il frutto liberamente accettato da Gesù, del Suo 24 operare, del Suo parlare, del Suo essere. Sono dovute ad alcune accuse precise rivolte a Gesù e al suo operato. Sono il frutto, accettato da Gesù consapevolmente, dello svolgimento della Sua missione che va a scontrarsi con l’ottusità, l’ostinazione, la cattiveria degli uomini. Questa ostilità nei confronti di Gesù è in fondo qualcosa di assurdo, eppure si è verificata, ed è questa ostilità la causa della Passione e della morte di Gesù che Gesù accetta liberamente. Gesù vede scaricarsi su di sé una ostilità, incomprensibile ma reale. E l’ostilità prende forma in alcune accuse. Gesù viene accusato di alcuni misfatti, per questo è condannato a morte. Gli vengono rivolte delle accuse che sono false e pretestuose ma sono ben congegnate, ben architettate, formalmente sembrano persino ragionevoli e la condanna a morte inevitabile, secondo le leggi. Quali furono le accuse mosse contro Gesù? Innanzitutto di agire contro la Legge di Mosè, poi di agire e predicare contro il Tempio di Gerusalemme e cosa ancor più grave, di predicare contro l’Unicità di Dio. Sono vere queste accuse? Assolutamente no! Sono accuse false e pretestuose. Però è sulla base di queste accuse che Gesù viene condannato e portato a morte. Dunque è giusto soffermarcisi per un attimo. Sulla prima accusa intanto, quella di aver agito contro la legge di Mosè. In effetti più volte Gesù ha polemizzato con i Farisei a proposito della Legge di Mosè. Ha polemizzato perché i Farisei davano un’interpretazione legalistica, restrittiva della Legge, trascurandone il vero significato. Più volte Gesù afferma che la Legge di Mosè deve essere superata: “Vi fu detto... Ma io vi dico...”, così si esprime Gesù tante volte. Ma il “superamento” di cui parla è più che altro un “compimento”. In ogni caso mai Gesù si è opposto alla Legge di Mosè, anzi Lui l’ha osservata sempre, come i Suoi Discepoli. E dice anche chiaramente che Egli non è venuto ad abolire la Legge di Mosè ma a dargli compimento. Egli come Figlio di Dio è nuovo Legislatore, nuovo Mosè, e dà compimento alla Legge Antica. Ecco perché l’accusa di essere contro la Legge di Mosè è un pretesto, è falsa. Così pure l’accusa di predicare contro il Tempio di Gerusalemme. E’ vero, Gesù ne ha preannunciato la rovina: ha detto che quel Tempio sarebbe crollato. E, in un certo modo, ha sostituito il Tempio fatto di pietra, con Se stesso: ha proclamato che il Tempio nuovo è Lui, il luogo dell’incontro tra Dio e l’umanità. Ha anche rimproverato una falsa concezione del valore del Tempio. Però anche qui Gesù ha sempre rispettato la funzione del Tempio di Gerusalemme, anzi lo ha purificato dagli interessi mondani che lo circondavano: ricordiamo la cacciata dei venditori davanti al Tempio, gesto con cui ha rivendicato la Santità di quel luogo. E quindi anche questa accusa è indubbiamente un’accusa falsa, pretestuosa. E poi l’accusa delle accuse, cioè quella di esserSi fatto Dio, quella di aver spezzato l’Unicità di Dio, Comandamento principale della Legge: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Gesù viene accusato di essere un bestemmiatore perché appunto infrange il principio fondamentale dell’Unicità di Dio. Ma anche qui: è vero che Gesù si presenta come Dio. Perdona infatti i peccati, e solo Dio può farlo; Gesù afferma con chiarezza – e dai Vangeli appare evidente – che si proclama Figlio di Dio, Unigenito Figlio di Dio, Dio Lui stesso, ma mai, assolutamente mai afferma che ci sono più Dèi. Rivela piuttosto il Mistero della Trinità – certamente arduo ad essere compreso ma comunque proprio per questo rivelato per la Misericordia di Dio –. E più volte Gesù dice che “Lui e il Padre sono una cosa sola”; afferma: “Chi vede me vede il Padre”; “Io faccio sempre la volontà del Padre”. Il Padre e il Figlio sono una cosa sola, è l’Unico Dio che si rivela in una dinamicità di Padre, Figlio e Spirito Santo. Ancora una volta l’accusa dunque è falsa e pretestuosa perché prende spunto da alcune affermazioni di Gesù, da alcuni gesti, per dedurre ciò che invece non è secondo verità. Accuse dunque ingiuste, false, che in nessun modo potevano giustificare quello che accadde. Gesù fu condannato ingiustamente, ma a partire da ciò che Egli disse e fece. La condanna dunque fu in qualche modo frutto del Suo modo di essere, del Suo modo di agire, del Suo modo di predicare che Egli mantenne fermo, nonostante fosse ben consapevole che, in modo subdolo e maligno, sarebbe stato mal interpretato. Vorrei però a questo punto fare una precisazione che ritengo importante. E’ profondamente sbagliato dare la colpa della condanna e morte di Gesù agli Ebrei o per lo meno soltanto agli Ebrei di quel tempo. Questa accusa che purtroppo è stata presente nella storia della Chiesa, l’accusa al popolo ebraico di essere deicida, è un’accusa sbagliata. La condanna a morte e la morte di Gesù è stata causata dal peccato di tutti gli uomini, di tutti i tempi. E nel momento in cui accadde, la responsabilità è divisa tra tanti attori: certamente i capi del popolo, certamente il popolo che grida “Crocifiggilo”; ma anche l’autorità romana nella persona del Procuratore Ponzio Pilato che se ne lava le mani; e infine, in certo qual modo, ciò che accadde vide anche la connivenza degli Apostoli che a partire da Giuda e da Pietro abbandonarono Gesù, Lo rinnegarono e Lo tradirono. Dunque Gesù fu condannato ingiustamente, fu ucciso ingiustamente, ma non per caso. Gesù scelse una strada e la volle portare fino in fondo con coerenza estrema, nonostante quello che si stava preparando 25 contro di Lui a causa della cattiveria e della malvagità degli uomini. E la condanna e la morte del Signore sono responsabilità di tutti gli uomini. Tutti, anche noi, pur venendo dopo molti anni, dopo molti secoli, coi nostri peccati abbiamo contribuito alla condanna e alla morte del Signore sulla croce. Abbiamo sentito molte volte che Gesù è morto per i nostri peccati: questo “per” può significare sia “a causa di” (dei nostri peccati”, sia “in favore di” ovvero in favore della nostra liberazione dei peccati, per la nostra salvezza. Che cosa avviene in questa morte del Signore? Con questo atto supremo accettato per non venir meno all’amore, per dimostrare che Dio ama l’uomo nonostante tutto; con questa morte accettata da Cristo senza rancore e senza odio, Gesù spezza la spirale dell’odio e delle ritorsioni, la spirale delle vendette e dell’ingiustizia e immette nel mondo una novità che apre orizzonti nuovi alla vita. Se all’uomo peccatore, ingiusto e colpevole – che col suo peccato lede la giustizia e corrompe il rapporto con Dio, con gli altri e con le cose – spetterebbe, in quanto colpevole, una condanna per le lesioni prodotte e le conseguenze nefaste causate, una condanna che preveda anche una giusta riparazione dei torti fatti e dei danni procurati, Gesù è Lui ad addossarsi i peccati degli uomini, li prende su di Sé, prende su di Sé la colpa che è nostra e prende su di Sé la condanna che spetterebbe a noi e ripara al torto che è stato fatto alla giustizia dal comportamento colpevole dell’uomo. Gesù con la Sua morte si presenta come Colui che ripara e sconta la pena al posto dell’uomo peccatore. Lui Giusto, al posto degli ingiusti. Lui innocente, al posto dei colpevoli. Vi ricordate la bella espressione che merita il Paradiso al ladrone pentito; come questi risponde all’altro che provoca Gesù. Sono lì a morire sulla croce, uno dei ladroni provoca Gesù invitandoLo a uscire dalla posizione di condannato e in qualche modo ironizza anche in quel momento su Gesù. E l’altro invece: “Per noi è giusto, ma per Lui no perché Egli è Giusto, noi siamo ingiusti”. Ed è a questa affermazione di fede e di amore del ladrone pentito che Gesù risponde: “Oggi sarai con me in Paradiso”. Il ladrone capisce il significato di quella morte: il Giusto paga per tutti, il Giusto paga per gli ingiusti. L’amore vince sull’odio: è questo il senso della croce, della morte di Cristo. Lui Giusto, dunque, si pone al posto degli ingiusti. Quella riparazione oggettivamente necessaria per chi ha peccato, per chi ha sbagliato; quella condanna oggettivamente necessaria per il colpevole, viene assunta in proprio da Gesù che paga per tutti. E così riscatta ogni uomo morendo per tutti, una volta per sempre. Egli paga questo riscatto che ci rende la libertà. E’ amore, dunque, la morte di Cristo. Amore sino alla fine. Il sacrificio di Cristo sulla croce è sacrificio d’amore. Con la Risurrezione, risorgendo cioè da morte il terzo giorno come aveva predetto, si giunge al centro del Mistero pasquale. La morte di Cristo sulla croce, di per sé, da sola, non potrebbe essere Redenzione dell’umanità; perché se tutto finisse sulla croce, se tutto finisse con la morte di Gesù, anche se è un atto d’amore supremo, non produce nessun frutto. Finisce lì, nel buio del sepolcro, nell’annientamento del sepolcro, la storia finisce lì. Diranno i discepoli di Emmaus quando se ne vanno via tristi perché ancora non è apparso il Signore e non credono alla Risurrezione, diranno a quel viandante misterioso che si accompagna a loro: “Noi speravamo che fosse Lui, ma è morto”. Sono finite le speranze, ha fatto un bel gesto forse, però tutto finisce lì. Son tanti gli uomini che muoiono, in fondo, sacrificandosi per gli altri. Ma che cos’è che distingue gli uomini che danno la propria vita, da Gesù? Si distinguono per il fatto che Gesù il terzo giorno “risorge”, vince la morte, supera il baratro della morte. “Se Cristo non fosse risorto”, dice San Paolo giustamente, “sarebbe vana la nostra fede”. E se Cristo non fosse risorto saremmo ancora nei nostri peccati. Non basta, per così dire, la morte di Cristo sulla croce: la morte esige la Risurrezione, e poi l’Ascensione. Con la Risurrezione che cosa succede? Si dimostra non solo che Gesù era ed è davvero il Figlio Unigenito di Dio, vero Dio Lui stesso – perché nessuno ha il potere di risorgere da morte se non Dio, se non con il potere di Dio – ma con la Risurrezione si dimostra anche, per così dire, che Gesù aveva ragione nella Sua predicazione e in tutta la Sua opera. La Risurrezione dimostra cioè la verità della testimonianza di Gesù, di fronte invece alla menzogna di chi Lo ha accusato e di chi Lo ha voluto far tacere per sempre. Nello stesso tempo, con la Risurrezione Gesù manifesta un fatto straordinario: cioè che l’ingiustizia, il peccato, la malvagità, l’odio, non vincono, non hanno l’ultima parola sull’umanità, sull’uomo, sul mondo. Anche se apparentemente sembra così, non è in effetti così. Chi vince sul male e sulla cattiveria è Colui che pur schiacciato e annientato sulla croce, può rialzarsi ed essere più vivo che mai. E’ significativo che il termine Risurrezione in greco si dica “Anàstasis”. E Anàstasis è un composto che sta a significare “alzarsi in piedi”, “sorgere”. Ecco, il Risorto è Colui che si alza in piedi, dalla tomba, vincitore. E’ Lui che vince, non chi Lo ha condannato. Chi Lo ha condannato, il maligno che sta dietro l’opera dell’uomo, pensava di aver sconfitto Gesù, di aver irriso a Gesù, di aver fatto vedere quanto fosse ridicolo il Suo messaggio, quanto fosse inattendibile, perché portava alla morte e quindi all’infelicità, al disastro. Ma non è così. Gesù risorge il terzo giorno e dunque rende evidente la falsità del maligno, rende evidente il suo inganno. L’amore davvero vince 26 sopra la cattiveria. Gesù risorto supera anche la morte che è la conseguenza più nefasta del peccato, entrata nel mondo, come dice la Scrittura, per invidia del maligno. Gesù sconfigge la morte e sconfiggendola... la sconfigge come uomo; come Dio e come uomo. Anche con la natura umana sconfigge la morte. Egli non perde la Sua umanità al momento della morte e della sepoltura. Egli permette alla nostra natura umana, anche a noi uomini, di vincere la morte. Dal momento della Risurrezione di Cristo abbiamo così la fondata speranza di superare pure noi la morte senza perdere niente della nostra umanità anche corporea. Una piccola nota: l’espressione “Discese agli inferi” che troviamo nel simbolo degli Apostoli, cosa vuol dire? Intanto non è l’inferno inteso come la condanna irrimediabile di chi si ribella a Dio e al Suo Amore; ma “gli inferi” stanno ad indicare che Gesù salva anche coloro che sono venuti prima di Lui, che sono morti prima di Lui: i giusti che dall’inizio dei tempi attendono la liberazione che Gesù opera appunto con la sua morte e con la Sua Risurrezione. Discese agli inferi come a dire che Egli è il Salvatore anche di tutti coloro che Lo hanno preceduto e che sono vissuti e morti prima di Lui. Voglio soffermarmi ancora sulla Risurrezione perché è molto importante per la nostra fede cristiana. Mentre siamo spesso un po’, diciamo, oscurati in questa fede, da tanti modi di pensare, da tanti modi di ragionare, da quello che si dice un po’ in giro, a volte nei bar e a volte anche a livelli più alti, sedicenti livelli culturali. La Risurrezione di Gesù non è un simbolo. Non è un simbolo astratto, un’idea, un’immagine o un messaggio. La Risurrezione di Gesù è un avvenimento, un fatto, un fatto reale; è un avvenimento attestato attraverso segni e testimonianze. Come del resto, è bene dirlo, anche la morte di Gesù è reale, non apparenza. I nostri fratelli Mussulmani, che pure pensano che Gesù Cristo sia un grande profeta e accettano anche la storia di Gesù, però dicono per esempio che Gesù era abitato dallo Spirito di Dio ma al momento della crocifissione lo Spirito di Dio se ne andò via, abbandonò Gesù perché è impossibile che la morte tocchi in qualche modo la realtà di Dio. Ma non è così. Anche se il come è nascosto in definitiva alla nostra intelligenza, la morte di Cristo è reale, non è una morte apparente. Gesù davvero muore, muore realmente come si muore tutti e viene sepolto da morto e rimane nel sepolcro come corpo morto, nel silenzio più totale della morte. E’ il sabato Santo; quello che la Liturgia vive nel sabato Santo dove non c’è Messa, non c’è nulla, ci sarà solo la Messa della Veglia pasquale. E’ il sabato del silenzio; ricorda appunto la morte di Gesù, la Sua discesa agli inferi, tra i morti. Ma nel sepolcro, Gesù non conosce la corruzione del suo corpo, questo no: Egli risorge prima. Quindi si tratta di morte reale e di reale Risurrezione. Ci sono dei segni? Certo, ci sono dei segni: il sepolcro vuoto, per esempio. Il sepolcro è stato trovato vuoto, senza più il corpo che era stato deposto e le bende con cui era stato avvolto il corpo di Gesù, ripiegate sul pavimento del sepolcro. Poi ci sono le apparizioni; le donne Lo vedono, sono le prime a vedere Gesù risorto. Poi Gesù appare a Pietro e agli Apostoli e quindi a numerosi altri discepoli, come dice la Scrittura “centocinquanta in una sola volta”. Certo Gesù non appare al mondo, perché affida la testimonianza della Sua Risurrezione appunto agli Apostoli e ai Suoi discepoli. Ma la Risurrezione è un fatto vero. E’ l’interpretazione della Risurrezione che invece è lasciata alla fede, e cioè, l’interpretazione di quello che è accaduto come il segno che testimonia la Divinità di Gesù. Quello è atto di fede. Riconoscere appunto che Gesù è vivente, è il vincitore, riconoscere che Gesù è il Figlio di Dio che siede alla destra del Padre, questo è atto di fede. E’ l’adesione alla testimonianza, la fede. Ma la fede non inventa la Risurrezione, riconosce nella Risurrezione il segno della presenza di Dio. Ed è questo che ci fa cristiani: credere appunto che Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo, è veramente morto, è veramente risorto ed è salito al cielo nella Gloria del Padre. Notiamo anche che la Risurrezione di Gesù è Risurrezione di tutto Gesù. L’ho accennato: Gesù risorge anche con la Sua natura umana; anche il corpo di Gesù risorge, seppure non ritorni semplicemente nella condizione precedente. E’ però corpo. Tant’è vero che porta i segni della Passione; tant’è vero che Gesù può dire a Tommaso: “Metti la tua mano nelle ferite del costato, metti la tua mano nelle ferite delle mani; sono proprio io, Colui che è stato crocifisso e ora sono qui davanti a te come risorto”. Dunque Gesù risorge con tutto Sé stesso, anche con il Suo corpo. E’ un corpo nuovo, certamente, che non ha più tutte le caratteristiche del nostro corpo, ha altre caratteristiche rispetto ai limiti spazio-temporali abituali, ma così sarà anche per noi, noi che crediamo nella Risurrezione della carne e dunque nella Risurrezione anche del corpo a immagine di Gesù, come Lui. La Risurrezione del Signore si completa, possiamo dire, con la Sua Ascensione al cielo. Sono in fondo la stessa realtà. Con l’Ascensione Gesù, come dice il testo biblico, “Siede alla destra del padre nella Gloria”. L’Ascensione è la Glorificazione del Figlio Unigenito che si compie a conclusione della Sua missione terrena. Conclude la presenza di Gesù in Terra, in quel preciso tempo storico, in quel momento. 27 Con l’Ascensione si chiude quella vicenda storica che vede appunto la nascita di Gesù a Betlemme, la Sua morte e la Sua Risurrezione a Gerusalemme. L’Ascensione conclude questo momento storico in cui si realizza il “Disegno di Dio” e apre la condizione attuale che anche ora noi oggi viviamo. La condizione in cui Cristo è il re Glorioso, vittorioso, e siede appunto alla destra del Padre a indicare la Gloria che è propria del Re. Si svela così la signoria di Cristo sull’universo: Egli è davvero il Re vittorioso, sovrano, universale. E Lo è con la nostra umanità. Perché Egli sale al cielo ancora una volta non spogliandosi della nostra umanità, non lasciando, come dire, la crisalide del nostro corpo, finalmente libero dalle pastoie terrene. Egli sale al cielo, porta nella Gloria del cielo la nostra stessa umanità. E da là Egli invia a noi insieme al Padre, lo Spirito Santo a dare compimento, nel nostro cuore e nel mondo, all’opera di salvezza. “Di là verrà a giudicare i vivi e i morti”. Il Signore dunque tornerà. Tornerà: forse questo – questo come forse anche altri – è uno dei punti un po’ dimenticati nella coscienza di Cristiani del nostro tempo, di questo tempo. Il Signore tornerà: “Di là verrà a giudicare i vivi e i morti”. Tornerà alla fine dei tempi. Ciò non contrasta con la certezza che Egli è con noi, insieme a noi e dentro di noi fin da ora. Come sappiamo, Gesù ci ha assicurato che sarà sempre con noi. Nel momento in cui è salito al cielo ha detto: “Sarò sempre con voi fino alla fine dei tempi”. E ci ha detto anche che ogni volta che mangiamo il Suo corpo e beviamo il Suo sangue, nel pane e vino dell’Eucaristia, noi siamo in Comunione con Lui, vivo e vero, realmente presente in mezzo a noi. Ci ha assicurato che dove due o tre sono riuniti nel Suo nome, Egli è presente. Dunque il Signore è anche qui stasera realmente presente, oltre che per la Presenza Eucaristica, anche per il nostro ritrovarci nel Suo nome. Poi ci ha anche detto che ogni volta che facciamo un gesto di attenzione al prossimo, particolarmente se è in difficoltà, in realtà questo gesto lo facciamo a Lui. Quindi vuol dire che Egli è presente anche nel volto del nostro prossimo, specialmente di chi è nella sofferenza e nel disagio. Ciononostante, Egli ha anche affermato con chiarezza ai Suoi che ritornerà: “Vado a preparavi un posto” ha detto loro. “Dove vado io, voi ora non potete ancora venire, ma verrà il momento”; “Io ritornerò alla fine dei tempi – appunto – per giudicare i vivi e i morti”. Ecco perché appartiene al contenuto sostanziale della fede la convinzione del ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi “per giudicare i vivi e i morti”. Questo ritorno non sarà più nel nascondimento come la venuta nella carne a Betlemme, ma sarà una manifestazione pubblica, evidente. Il nome che viene dato a questo ritorno – sempre dal greco - è “Parusia”. La Parusia è il Ritorno Glorioso di Cristo. La convinzione che Cristo ritornerà fu molto forte nei primi tempi della Comunità Cristiana. Lo testimoniano le lettere di Paolo, per esempio, e anche i Vangeli in diversi punti. Addirittura Paolo a un certo punto è costretto ad intervenire perché qualcuno, ovviamente interpretando male le cose, diceva: “Ma tanto il Signore torna di qui a poco, non occorre fare più niente, richiudiamoci in preghiera, lasciamo le attività, non sposiamoci più, pensiamo solo a prepararci al ritorno ormai imminente di Cristo”. E San Paolo rimprovererà questi Cristiani che interpretavano male le cose, e diceva: “No, bisogna sposarsi e lavorare, chi non lavora neppure mangi, perché il ritorno di Cristo lo sa solo Lui quando sarà”. Così nel Nuovo Testamento, per esempio, nella prima lettera di Pietro si afferma appunto che “Il ritorno quando sarà non si sa”. Però il Cristiano questo ritorno di Gesù lo attende. Lo attende, lo desidera. Perché con il ritorno di Gesù si compirà definitivamente il Disegno di Dio. Basta in quel giorno a tutti i tormenti della vita, ai dolori, alle ingiustizie, alle prevaricazioni; basta alla sofferenza e alla morte, basta all’infelicità, alle guerre, alla fame, basta! Finalmente tutto sarà nella pace. Il Cristiano attende questo momento, spera in questo momento, crede in questo momento e vive nell’oggi proteso verso questo compimento. Del resto se non ci fosse questo compimento finale, tutto sarebbe alla fine un inganno perché verrebbe falsificata la promessa di Cristo. Il Cristiano prega ogni giorno per il compimento definitivo del Regno di Dio; ce l’ha insegnato Gesù nella preghiera del Padre Nostro. Infatti tra le prime domande del Padre Nostro noi diciamo proprio: “Venga il Tuo Regno”. Venga il Tuo Regno, preghiamo. Eppure il Regno di Dio è già qui, è già in mezzo a noi, lo abbiamo sentito anche Domenica scorsa alla Messa. E’ già qui, perché già qui possiamo incontrare il Signore. Ugualmente però preghiamo ardentemente perché venga il Suo Regno: perché si deve dare compimento, Dio deve essere Tutto in tutti. Non sappiamo quando sarà questo momento, ma lo attendiamo con speranza, senza paura, con gioia. Questo ritorno è anche immaginato nella Scrittura come un “banchetto di grasse vivande, un banchetto di nozze, un banchetto di festa”. Il ritorno di Gesù è immaginato come il ritorno dello sposo, e la sposa lo attende: finalmente apparirà e si celebreranno definitivamente le nozze. Non sappiamo neppure come avverrà questo ritorno. Anche se le parole della Sacra Scrittura preannunciano come necessario un passaggio critico del mondo, una grande tribolazione, un grande tormento, un rivolgimento del cosmo. Tante cose raccontate nella Bibbia a questo proposito sono immagini tipiche di un linguaggio, di un genere 28 letterario, che si chiama “Apocalittico”. Ma non si può con superficialità dire che si tratta solo di un linguaggio immaginifico. Sembra evidente che il Ritorno Glorioso di Cristo sarà accompagnato da una fine del mondo, in cui i giusti saranno particolarmente messi alla prova. Forse, per la verità, le vicende della storia mostrano già questi segni drammatici e non è detto che ci si debba attendere necessariamente qualche evento particolare oltre a quelli già terribili, mostruosi e drammatici che la storia ha vissuto e che non è garantito che non possiamo rivivere. Certamente il Ritorno Glorioso di Cristo, per la S. Scrittura è preceduto dalla “grande prova”, da una situazione di difficoltà, in particolare per i veri credenti. E’ preceduto dalla “grande seduzione” dice il libro dell’Apocalisse, in cui Babilonia la città che corrompe il mondo, appunto seduce gli uomini perché maledicano Dio. Il Ritorno Glorioso di Cristo, e giungo davvero al termine, è collegato con il Giudizio Universale: “Di là verrà a giudicare i vivi e i morti”, dice il Credo. Il Signore dunque tornerà nella Gloria per compiere un giudizio. Già al momento della morte di ciascuno di noi avviene un giudizio, il “Giudizio Particolare”, ma alla fine dei tempi ci sarà quello che si chiama “Giudizio Universale”. Noi forse oggi ce ne siamo un po’ dimenticati, diciamo la verità, di queste cose. Un po’ perché si è indebolita la nostra fede, un po’ perché troppo facilmente pensiamo che siano tutti modi di dire. Ma non è stato sempre così. L’idea del Giudizio Universale è stata ben presente e forte nella Tradizione Cristiana, e ce ne sono testimonianze straordinarie. Non mi ci soffermo, ma basta soltanto pensare al mirabile affresco di Michelangelo Buonarroti nella Cappella Sistina. Il fondo della Cappella Sistina, a tutta grande parete, è la rappresentazione del Giudizio Universale; ed è di fronte tra l’altro a questo Giudizio Universale che i Cardinali eleggono il Papa; passano davanti a questo Giudizio Universale e danno il loro voto, a ricordarsi che devono compiere una scelta di fronte al pensiero del Giudizio Universale di Dio. Credo che dovremmo recuperare questa convinzione che fa parte essenziale della nostra fede. E con queste parole del Catechismo della Chiesa Cattolica voglio concludere anche il nostro incontro di stasera. “In quel giorno i segreti dei cuori saranno svelati, come pure la condotta di ciascuno, verso Dio e verso il prossimo; ogni uomo sarà colmato di vita o dannato per l’eternità, a seconda delle sue opere. Così si realizzerà la pienezza di Cristo nella quale Dio sarà Tutto in tutti”. Parole chiare che appartengono alla nostra fede cattolica e che noi dobbiamo far nostre se vogliamo essere credenti autentici, credenti secondo la fede della Chiesa. 29