Latino-Italiano in dialogo, nel curricolo verticale Grazia Giovannoni “C’erano una volta…”, e per lungo tempo,manuali che,presentando l’uso del caso nominativo con il verbo videor, guidavano l’alunno press’a poco così:”Il soggetto della frase soggettiva italiana (retta dal predicato espresso dalla terza persona di una voce del verbo ‘sembrare’ nell’uso impersonale) ‘va in caso nominativo e con esso si accordano l’aggettivo e/o il nome che gli si riferiscono; il predicato va tradotto con il verbo videor nel tempo e nel modo in cui è espresso ,in italiano, il verbo ‘sembrare’ e concorda nella persona con il soggetto posto in caso nominativo; il predicato della frase soggettiva italiana va messo al modo infinito.” Come è noto, il verbo videor è un verbo copulativo e la cosiddetta ”costruzione personale” è quella, appunto, dei verbi copulativi di uso molto diffuso anche in italiano, a partire da “sembrare” accordato con il soggetto anche in un correttissimo registro colloquiale, come nella frase ”Oggi mi sembri un po’ stanco”. La preoccupazione dei manuali che ”c’erano una volta” era quella di far produrre testi in latino piegando la lingua nativa sulle strutture della nobile lingua in uscita, il che, di fatto, avviliva la lingua d’uso a un ruolo secondario. Sappiamo tutti che questa preoccupazione aveva lontani riferimenti nella lunga tradizione accademica del latino come esclusiva lingua di cultura negli studi superiori e nella conseguente priorità didattica della versione dall’italiano al latino. Ma ”or non è più quel tempo e quell’età”: anzi,,ci sono frequenti(e, fortunatamente, discusse) proposte di usare, in Europa, la lingua inglese come lingua franca nelle Università. E’ tempo in cui la lingua italiana e le lingue europee si confrontino ”alla pari” con le lingue classiche fondanti la loro cultura,osservando sopravvivenze, permanenze e mutamenti, utili a render conto di quel che si conserva e di quel che si rinnova in vicende storiche ormai secolari. In tal modo si recupera anche il vigore rappresentativo e comunicativo di queste lingue che non si usano più nella consuetudine di scambio orale diretto e che perciò sono presentate agli adolescenti come minacciosi fantasmi: le “lingue morte”! Pertanto, tornando a videor , da presentare come la normale forma passiva di videor, verbo copulativo sia nell’uso attivo sia passivo, si può soffermarci sulla ricchezza della millenaria radice indoeuropea VID che dal significare la percezione sensoriale passa a significare anche la conseguente riflessione cognitiva, testimoniata chiaramente dal “tempo prolungato” del perfetto greco o(V)ida = “so”. Un passaggio che evoca un lungo percorso evolutivo dalla natura alla cultura della nostra specie di sapiens. Possiamo facilmente arrivare alla (V)istorìa di Erodoto! Il verbo “sembrare” ci porta all’affermazione letteraria delle lingue romanze ,addirittura con la testimonianza dantesca ( “Ed una lupa che di tutte brame / sembiava carca…”),attraverso il provenzale semblar che risale al verbo tardo-antico *simulare ,a sua volta derivato dall’aggettivo latino similis. Gli studi,,ormai felicemente diffusi, di glottologia sono un patrimonio inesauribile per l’educazione linguistica dei nostri giovani,da non limitare agli alunni dei Licei. Come diceva Giacomo Devoto ”nelle parole c’è la storia degli uomini”. Gli ètimi delle lingue europee ci avvicinano agli antichi millenni che ci hanno visti espanderci dall’Atlantico agli Urali e ci riportano alle comuni radici della nostra originaria cultura. Se partiamo dall’uso frequentissimo delle parole ”metro” e ”misura”, risaliamo alla radice indoeuropea MET e al verbo latino metior,is-mensus sum-metiri da cui, in italiano, deriva anche “mese”, ma sono l’inglese e il tedesco a riportarci alle grandi scoperte delle relazioni fra uomo e universo con “moon” e “Mund”, l’astro ”misuratore” del tempo con i mutamenti scanditi dalle sue fasi. Non necessariamente, pertanto, occorre aspettare lo studio del latino per avviare il ”dialogo” con l’italiano (e non solo). Fin dalla Scuola Primaria la curiosità dei bambini si accende facilmente con la ”storia delle parole che vengono da lontano”,scoprendo che parlano come in Atene quando dicono che un compagno è ”sim/sun-patico” o “anti-patico” o addirittura ”iper/uper-simpatico”. Del resto è facile parlare anche come nell’antica Roma con tutti i ”mini” e “maxi” e “stra/extra” etc. che popolano il territorio dei prefissi! Basta soltanto che l’insegnante colga l’occasione oppure programmi una osservazione sistematica dei campi semantici .I bambini si sentono subito custodi di una tradizione antica se vengono a sapere che “computer” deriva da un verbo latino che aveva a che fare con il lavoro di contadini sapienti ed esperti nella coltura della vite, i cui tralci dovevano esser potati (questa è l’origine di ”puter”) con grande attenzione (e questa è espressa dal componente semantico ”intensivo” del cum latino). Anche se ora il “mus” nascosto nel “mouse” ha perso la coda,possiamo ricondurre alla loro fantasia l’immagine del topolino che ci guida rapido fra le righe del testo ” digitale”, a sua volta,derivato dal latino digitus. E che dire dei sassolini (“calculi”) che ci hanno portato il calcolo con un esercizio certo più impegnativo della ”calcolatrice” sbirciata di nascosto? Nella Scuola Secondaria Inferiore il ”dialogo” (mantenendo sempre l’interesse per le etimologie) si può sviluppare anche per tutti gli aspetti della grammatica perché il latino spiega grafie, lessico , forme dell’italiano e offre confronti con le strutture. A soccorso degli insegnanti e per la loro formazione in itinere, qualora fosse mancata la formazione nelle Università, ci sono validi studi di grammatica storica. Soltanto la grafia latina di co”, per esempio, spiega la grafia italiana di “cuore” contro la grafia di “quota” e fra “scienza” e ”conoscenza” c’è soltanto la diversa derivazione da sci-o e da nosc-o. E così via per quasi tutte le grafie dette “eccezioni”. Il passaggio dai nominativi neutri plurali latini di participi futuri e gerundivi in sostantivi femminili singolari con tema in “a” (“avventura, agenda”) permette di recuperare suggestivamente i componenti semantici espressi dai suffissi propri di queste forme. Scegliendo quasi a caso fra alcune cosiddette particolarità , perché non segnalare che i comparativi ”maggiore, minore, inferiore”, etc. sono una permanenza di forme latine come i superlativi ”acerrimo e celeberrimo”? Una notevole permanenza ignorata è anche quella del genere neutro che è nell’uso del tedesco, dell’inglese e del rumeno, ma sopravvive anche in italiano e altre lingue neolatine (citiamo almeno ”ciò,lo, niente”, in italiano; ça, rien, quoi, in francese; lo,nada,todo, in spagnolo). Se osserviamo la coniugazione del verbo, non possiamo fare a meno di rilevare che le forme perifrastiche che caratterizzano i tempi, detti appunto composti nella diatesi attiva, derivano dalla affermazione, nel tardo latino, di forme come habeo cognitum. Considerando la struttura della frase, un esempio evidente di come il latino spiega l’italiano è l’uso della preposizione romanza “da” nell’espressione delle quattro “classiche” relazioni di luogo. La preposizione è formata sia da de-ab sia da de-ad; solo se distinguiamo le due formazioni , possiamo renderci conto della diversità dell’accordo semantico in frasi come ”Sto dal mio compagno Stefano a studiare. / Nel pomeriggio accompagno i bambini dalla nonna. / La ferrovia Roma-Napoli passa da Firenze. / Esco da scuola un’ora prima”. Infine, facciamo vedere ai nostri giovanissimi studenti come un ”mostro sacro” della sintassi latina quale l’ablativo assoluto, che alcuni di loro sfideranno al Liceo, ha continuato a sopravvivere tranquillo nella nostra lingua d’uso, per esempio (e non solo) quando scriviamo ”Letto e approvato il presente verbale”. Ha anche lasciato le sue pacifiche tracce aumentando il patrimonio delle nostre preposizioni con ”durante, mediante, eccetto, …” Queste sono soltanto alcune tracce di utile confronto fra latino ed italiano che possono stimolare la curiosità ed arricchire le conoscenze anche di alunni del biennio delle scuole secondarie superiori in cui non vi è lo studio curricolare del latino, quali gli Istituti tecnici e professionali.