LA GUARDIA DI FINANZA E LE OCCUPAZIONI MILITARI ITALIANE NELLE GUERRE MONDIALI – Le fonti documentarie. Premessa. Un breve cenno è indispensabile per definire, molto sinteticamente, quale fu il ruolo dei reparti della Guardia di finanza negli apparati di occupazione militare in territorio estero o destinato all’annessione, nel corso delle due guerre mondiali. Alla “Grande Guerra” 1915-1918 la Regia Guardia di finanza partecipò essenzialmente come corpo di guardia confinaria, al quale fu richiesta, secondo la pianificazione del 1913, la mobilitazione di quattro battaglioni con l’organico dei corrispondenti reparti alpini, e di altri quattordici strutturati come unità di milizia mobile. Ma tutti i diciotto battaglioni, più cinque compagnie autonome, furono poi impiegati come normali unità di fanteria, tanto sul fronte trentino,in Carnia ed in Cadore, quanto sul Basso Isonzo ed in Albania. Questi reparti hanno lasciato una documentazione relativamente abbondante, ma riferita quasi esclusivamente all’attività bellica, salvo qualche indicazione relativa alla costituzione di comandi di minore livello nei territori al di là della linea di confine occupati nei primi giorni di guerra. E’ invece interessante la documentazione riguardante l’organizzazione della vigilanza sulla linea di armistizio e nel territorio di prevista annessione in Trentino, nella Venezia Giulia ed in Dalmazia, tra la fine delle ostilità e l’entrata in vigore dei trattati di pace. Tra le due guerre, la R.Guardia di finanza subì una profonda trasformazione, e divenne un organismo di polizia economica e tributaria, pur conservando la propria vocazione confinaria e, quindi, il tradizionale ordinamento militare. Nel corso del secondo conflitto mondiale i reparti del Corpo furono pertanto largamente impiegati in attività di tutela dell’economia di guerra nei territori occupati, oltre che, naturalmente, in Patria. E’ da tener presente, tuttavia, che le funzioni del Corpo – come è logico per una forza di polizia - ebbero sempre carattere ausiliario nei confronti di altri organi, politici o militari, cui spettava l’assunzione di decisioni e l’adozione di provvedimenti. Il materiale di archivio che ci è pervenuto è quindi frammentario, raramente documenta processi decisionali, ma può fornire indicazioni, suscitare curiosità , suggerire percorsi di ricerca in contesti diversi. Occorre ricordare, infine, che quella disponibile presso l’archivio storico del Corpo è in misura nettamente prevalente la documentazione prodotta o ricevuta dal Comando Generale nel corso della guerra, o redatta successivamente per motivi di vario ordine. Gli archivi dei comandi dipendenti dislocati fuori d’Italia andarono infatti quasi completamente perduti per le vicende che seguirono l’armistizio. Le occupazioni nella prima guerra mondiale. Nei primi giorni che seguirono l’apertura delle ostilità il 24 maggio 1915, l’esercito italiano si portò a contatto con la posizione difensiva austriaca, occupando una striscia di territorio oltre confine, poco profonda ma comprendente alcuni centri abitati di qualche importanza. In piena zona delle retrovie, il territorio di cui ci occupiamo era soggetto alla competenza esclusiva dell’autorità militare, rappresentata da commissari governativi dipendenti dal segretariato civile del Comando Supremo. La Guardia di finanza vi istituì, fin dal giugno 1915, una serie di reparti territoriali – le tenenze di Ala, Caporetto, Cormons, Cervignano, le brigate di Condino, Borgo Valsugana, Fiera di Primiero, Cortina d’Ampezzo – i quali svolsero compiti di polizia militare e di sicurezza in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri Reali, e di polizia economica e gestione di affari civili alle dipendenze funzionali dei commissari governativi. Il comandante della tenenza di Caporetto, ad esempio, si occupava del centro di raccolta costituito nella piana di Bergogna per i profughi dalla zona di combattimento. Nell’agosto del ’16 un comando di tenenza fu istituito anche a Gorizia. Questi reparti furono attivati con personale e sotto la direzione dei comandi territoriali – le legioni di Milano e di Verona – e la documentazione che riguarda la loro attività è andata quasi completamente perduta, a differenza di quella prodotta dai battaglioni mobilitati, conservata nelle sezioni da 460 a 499 dell’archivio. Nei fascicoli dedicati ai singoli battaglioni è anche custodita la documentazione relativa all’occupazione della nuova linea di confine e della zona di armistizio in Trentino, nella Venezia Giulia ed in Dalmazia. A metà novembre 1918 i reparti della Guardia di finanza passarono dalla dipendenza dai comandi operativi dell’esercito a quella dei tre governatori militari nominati dal Comando Supremo, per assicurare , oltre ai consueti servizi di polizia militare e di sicurezza, la vigilanza della linea di armistizio, per fermare disertori o prigionieri di guerra evasi, per controllare l’applicazione delle ordinanze governatoriali in materia valutaria, annonaria e sugli scambi commerciali, per il recupero di materiale bellico e la repressione dei reati contro l’amministrazione militare. Il 12 dicembre l’VIII battaglione fu trasferito ad Innsbruck, dove rimase fino alla primavera. Spunti di qualche interesse rintracciabili nella documentazione custodita in archivio riguardano le tensioni lungo la linea di armistizio, le preoccupazioni per l’atteggiamento ostile dei reparti serbi e della popolazione slovena, incidenti verificatisi in occasione della scorta a treni che trasportavano rifornimenti alimentari da Trieste a Vienna , l’attività informativa e controinformativa, la polizia marittima nel golfo del Carnaro e nell’arcipelago dalmata. Il 31 marzo 1919 il Comando Supremo ordinò la costituzione dei comandi di legione di Trento e di Trieste e del circolo autonomo di Zara, ed il 27 giugno i reparti assunsero l’ordinamento di pace e passarono alle dipendenze esclusive dei comandi della R.Guardia di finanza. Ai primi di agosto anche i governatori militari cedettero i poteri ai regi commissari civili, che li tennero fino alla definitiva annessione. E’ interessante anche la sezione 592 dell’archivio, nella quale è raccolta la documentazione concernente le due compagnie della R.Guardia di finanza dislocate a Fiume, prima come elementi del corpo di spedizione interalleato, poi come distaccamento autonomo nella città occupata dai legionari di d’Annunzio.Le carte rendono evidente il passaggio dall’entusiasmo iniziale per l’impresa, al disagio per il comportamento dei legionari e per le tendenze estremistiche e repubblicaneggianti che emergevano nella “Reggenza del Carnaro”, alla preoccupazione per la posizione nella quale vennero a trovarsi i finanzieri, soldati “regolari”, quando si fece imminente lo scontro con le truppe regie di Caviglia. L’attività nei territori italiani d’Africa (1940-43). Il “Comando R.Guardia di finanza dell’A.O.I.”, oltre al piccolo stato maggiore e ad un centro di addestramento per ascari ad Addis Abeba, era articolato in sei comandi, retti da ufficiale superiore, corrispondenti ai “governi” dell’ordinamento politicoamministrativo dell’Impero, ciascuno comprendente reparti di frontiera e territoriali, ed un nucleo di polizia tributaria investigativa. Ordinata la mobilitazione, ciascun comando governatoriale costituì una compagnia mobile, destinata a concorrere alle operazioni dell’esercito, mentre i reparti territoriali e, soprattutto, i nuclei di polizia tributaria, furono impegnati nell’attività di tutela dell’economia di guerra. Com’è noto, Mussolini aveva dichiarato esplicitamente che all’Impero nulla sarebbe stato chiesto per concorrere allo sforzo bellico , ma nulla avrebbe potuto esser dato. Un economia totalmente dipendente dalla Madrepatria, come quella dell’A.O.I., avrebbe potuto quindi sostenere il blocco dei rifornimenti dall’esterno soltanto nell’ipotesi di una rapida, favorevole conclusione del conflitto in Europa, a condizione che fosse stato possibile attuare una rigorosissima disciplina dei consumi, della ripartizione delle risorse e della produzione, per quanto consentivano la modestissima infrastruttura industriale, il rudimentale ed insicuro sistema dei trasporti e lo stato ancora embrionale dell’ apparato istituzionale. Fin dai primi giorni del conflitto – con il decreto vice-reale n. 1122 del 17 luglio 1940 - ai reparti della Guardia di finanza furono affidati l’ esecuzione agli ordini di requisizione emessi dalle autorità militari, la determinazione delle giacenze di prodotti agricoli ed industriali, la sorveglianza sulla distribuzione, il controllo dei prezzi, ed il contrasto ai fenomeni di accaparramento e di “mercato nero” che naturalmente non tardarono a manifestarsi. E’ il caso di rilevare che soltanto il 25 dicembre 1940 fu istituito in Africa Orientale un “Alto Commissariato per l’economia di guerra”, al quale fu preposto il vicegovernatore generale Gasperini, pioniere della colonizzazione agricola nel comprensorio di Tessenei, al confine eritreo-sudanese. Gli stessi reparti dovettero anche farsi carico di emergenze particolari, come lo sgombero del porto di Assab, dove si erano accumulate diecine di migliaia di tonnellate di merci, che fu necessario trasportare nell’interno per sottrarle all’offesa aerea, o l’alienazione dei carichi di navi mercantili tedesche rifugiatesi a Massaua nel settembre ’39. Compiti analoghi furono assolti dalla compagnia di Berbera, nel Somaliland, e dalla tenenza di Cassala, nel Sudan, costituite dopo l’occupazione italiana. Quest’attività era descritta in relazioni mensili che il comando R.G.F. dell’A.O.I. continuò ad inviare a Roma con corriere aereo, insieme ad altra corrispondenza, fino a tutto il marzo 1941, immediatamente prima,cioè, della caduta di Addis Abeba, il 6 aprile. E’ anche documentata, nei lineamenti essenziali, l’attività svolta, fino al 1952, dal contingente della Guardia di finanza rimasto in Eritrea durante l’occupazione militare britannica. In Libia – dove la Guardia di finanza era presente con due distaccamenti a livello di compagnia, con comandi a Tripoli ed a Bengasi, entrambi dipendenti dalla legione di Messina - le prime misure per il controllo dell’economia vennero invece prese sin dal periodo della “non belligeranza”. Il 13 dicembre 1939 fu infatti costituito a Tripoli un “Nucleo di Vigilanza Annonaria”, al comando di un tenente. Allo scoppio delle ostilità, tutte le funzioni attinenti sia ai rifornimenti alimentari per la popolazione civile che alla gestione dei materiali strategici furono accentrate presso un “Alto Commissariato Generale per gli approvvigionamenti ed il coordinamento economico di guerra” (“ACORGUERRA”), al quale fu preposto un alto commissario con rango di governatore generale di colonia. Il nucleo della Guardia di finanza divenne il braccio operativo dell’ACORGUERRA, e gli furono assegnate prevalentemente le indagini sui casi di maggior rilievo ed il controllo sulla gestione degli ammassi e sulle requisizioni, mentre l’accertamento delle violazioni minori, soprattutto in materia di distribuzione dei generi alimentari, fu affidato a “squadre di vigilanza annonaria” istituite presso ciascuna delle quattro prefetture libiche, anche con il concorso di elementi delle altre forze di polizia. Fu importante pure l’attività svolta per il soccorso alla popolazione civile e per l’accertamento dei danni di guerra nei villaggi agricoli del Gebel cirenaico, dopo la prima occupazione inglese del 1941. Nella documentazione, piuttosto sommaria, riguardante l’attività di tutela dell’economia di guerra svolta dalla Guardia di finanza in Libia, meritano di essere ricordate due trattazioni particolari, riguardanti una il contrabbando al confine libicotunisino, l’altra il progetto elaborato nell’estate 1942 per la realizzazione di una struttura di controllo economico in Egitto, quando sembrava imminente l’occupazione italiana. Un problema di una certa rilevanza per la tutela dell’economia libica fu costituito dallo sviluppo del contrabbando alla frontiera tunisina dove, dopo l’armistizio con la Francia, i controlli erano stati allentati nella considerazione che un flusso di merci verso la Libia, sia pure illegale, avrebbe comunque contribuito a ridurre la scarsità di beni di consumo sul mercato interno, quasi integralmente dipendente dai rifornimenti dall’Italia. In breve tempo, tuttavia, ci si accorse che il traffico, con epicentro nell’oasi di Nalut, aveva per oggetto prevalentemente merci pregiate, il cui afflusso non contribuiva affatto ad alleggerire il problema dei rifornimenti, ma implicava un consistente drenaggio di valuta italiana verso la Tunisia, dove non si tardò ad avvertire una disponibilità abnorme di lire, utilizzabili per speculazioni sul mercato internazionale dei cambi o anche per la formazione, da parte di operatori nazionali, di riserve sottratte al controllo dell’Istituto Italiano per i Cambi con l’ Estero. Il fenomeno fu segnalato dal S.I.M. al Comando Supremo, il quale richiese al Comando Generale della Guardia di finanza un sostanziale potenziamento della vigilanza. Dopo una ricognizione del confine, fu costituita nell’agosto 1942 una compagnia di finanzieri meharisti, che avrebbe dovuto trasferirsi a Nalut per pattugliare il confine ed istituirvi dei posti fissi. Ma quando il reparto completò l’addestramento a Zavia, l’evoluzione della situazione militare fece considerare superato il problema. La compagnia cammellata fu così impiegata in combattimento sulla linea del Mareth, poi inviata a presidiare le isole Kerkennah, per concludere infine la sua vicenda nella penisola di Capo Bon, con le altre truppe della 1^ armata. Il progetto di impiego di un contingente della Guardia di finanza in Egitto è più o meno contemporaneo, e si inquadra nelle predisposizioni studiate dal Comando Supremo in previsione dell’occupazione del Paese, come conseguenza di un ulteriore sviluppo dell’avanzata che aveva portato le truppe dell’Asse ad El Alamein. Il documento, compilato dal tenente colonnello Luigi Fantapié, ufficiale della R.G.F. addetto all’ufficio economia di guerra della DELEASI, la delegazione del Comando Supremo in Africa Settentrionale, disegna i lineamenti di un apparato di controllo dell’economia egiziana, centrato sulla produzione di alcuni materiali strategici, sugli scambi commerciali con l’estero e sui movimenti valutari. La Guardia di finanza avrebbe dovuto realizzare un cordone di vigilanza sul confine libico-egiziano, costituire presidi portuali e costieri in varie località del litorale mediterraneo e del Canale di Suez, e distaccamenti nell’interno del territorio “onde poter affiancare i Capi Zona ed i Capi Settore dell’Ufficio Economia di Guerra nella loro azione conservativa e di avviamento delle attività economiche, finanziarie e fiscali nemiche più importanti ed interessanti”. Per realizzare il dispositivo occorrevano un comando centrale al Cairo e quattro battaglioni, per il confine libico (sede di comando da designare), la costa mediterranea (Alessandria), il Canale (Porto Said) e l’interno (Il Cairo). E’ interessante rilevare che l’autore dello studio insiste sulla necessità di intervenire appena consentito dalla situazione militare, per evitare di essere preceduti dagli alleati germanici, come era avvenuto nei Balcani. Ed il Comando Supremo emanò il 29 agosto 1942 l’ordine di approntamento di un primo battaglione, che, in mancanza di forze fresche, avrebbe dovuto essere trasferito dalla Grecia. Ma anche in questo caso la decisione fu superata dall’esito della battaglia di El Alamein, ed il 16 novembre qualcuno archiviò la “pratica” con la melanconica annotazione “Tutto sospeso visti gli avvenimenti”. L’occupazione nei Balcani ed in Grecia. Il 15 aprile 1941 lo Stato Maggiore del Regio Esercito ordinò la costituzione e la mobilitazione di sette battaglioni della Regia Guardia di finanza, che avrebbero dovuto aggiungersi ai tre già in linea sul fronte greco-albanese. Mentre questi ultimi erano stati sino ad allora impiegati come normali unità combattenti, i nuovi reparti, approntati nel giro di pochi giorni e dichiarati pronti a partire il 26 aprile, erano destinati a concorrere all’occupazione dei territori jugoslavi e greci, in conseguenza degli armistizi firmati il 18 aprile a Belgrado ed il 23 a Salonicco. Anche i tre battaglioni già in linea, e gli altri sei costituiti nei mesi successivi ebbero la stessa destinazione. L’impiego e lo status di questi reparti, come di quelli dell’Arma dei Carabinieri Reali, fu diversa, a seconda del regime giuridico del territorio dove furono dislocati. Com’è noto, la Slovenia meridionale, alcune località croate intorno a Fiume, una striscia poco profonda di costa dalmata e la baia di Cattaro furono senz’altro annessi al regno d’Italia e costituirono le province di Lubiana, Spalato e Cattaro , queste ultime comprese, con Zara, nel Governatorato della Dalmazia.Il Kossovo, la Macedonia occidentale con Dibra ed una parte di territorio montenegrino con Antivari (Bar) entrarono a far parte di quello d’Albania. I reparti dislocati nella Dalmazia croata ed in Erzegovina ebbero lo statuto di “truppe stanziate in territorio alleato”, mentre i battaglioni in Montenegro (esclusa Cattaro) furono considerati vere e proprie truppe di occupazione, come quelli nella Grecia continentale ed a Creta (le Isole Jonie costituirono un ulteriore “caso a parte”, nella prospettiva di una futura annessione). La situazione più complicata fu, paradossalmente, quella dei reparti dislocati nei territori annessi, nei confronti dei quali le autorità politico-amministrative ritennero di poter stabilire rapporti funzionali analoghi a quelli esistenti nel resto d’Italia, anche in vista di una normalizzazione che si voleva dare per conseguita nel più breve tempo possibile. L’Arma e la Guardia di finanza adottarono quindi uno schieramento sul territorio ispirato a quella che era la logica del rispettivo servizio d’istituto nella Penisola, frazionandosi in minuscoli distaccamenti privi di concreta capacità di reazione. Soluzione che non tardò a manifestarsi irrazionale e pericolosa quando, già nell’estate 1941, esplose la guerriglia , e stazioni dei CC.RR. e brigate della R.G.F. si trovarono a far da bersaglio agli attacchi partigiani, subendo perdite gravi. Il problema della dislocazione degli elementi delle forze di polizia divenne così il più evidente motivo di conflitto tra prefetti,questori, intendenti di finanza da un lato, e comandanti delle unità dell’esercito dall’altro, i quali ultimi pretendevano di far assumere agli elementi stessi, da loro dipendenti per l’attività di controguerriglia e di difesa dei presidi, uno schieramento che tenesse conto della necessità di concentrare le forze in complessi tattici in grado di difendersi e di reagire agli attacchi. La questione fu superata nel corso del 1942, quando l’estensione della guerriglia impose il passaggio delle forze di polizia alle dipendenze esclusive dei comandi militari, e l’accantonamento dei progetti di “normalizzazione” delle nuove province. In Croazia e nei territori jugoslavi soggetti ad occupazione militare l’impiego dei reparti della Guardia di finanza fu circoscritto al concorso alla difesa costiera ed alla sorveglianza della linea di demarcazione con la zona in cui erano stanziate le truppe tedesche, nonché all’esecuzione degli ordini di requisizione emessi dai comandi militari ed alla tutela degli interessi dell’amministrazione militare italiana. Compiti analoghi furono assolti in Grecia, dopo che la drammatica situazione economica del Paese indusse a rinunciare - per lasciarlo agli organi governativi locali – al controllo dell’ammasso e della distribuzione delle risorse alimentari destinate alla popolazione civile. L’organizzazione della Guardia di finanza comprendeva anche due unità investigative – il nucleo di polizia tributaria di Lubiana ed un “distaccamento speciale” istituito ad Atene - dedicate alle indagini in materia valutaria, di traffico di materiali strategici e di frodi ai danni dell’amministrazione militare La documentazione in archivio riguarda quasi esclusivamente il carteggio tra il Comando Generale, lo S.M.R.E. , i comandi della R.G.F. della provincia di Lubiana, della Dalmazia, del Montenegro e della Grecia, ed il comando superiore della R.Guardia di finanza d’Albania. Possono presentare interesse, in particolare, uno studio sull’organizzazione dei controlli doganali al confine della Slovenia meridionale con il Reich ( dal quale risulta evidente la tensione latente con l’alleato tedesco), una relazione sull’ attività svolta in Montenegro, ed il resoconto che il generale Francesco Poli, destinato ad assumere nel novembre ’42 il comando in 2^ del Corpo, fece in merito all’ispezione ai reparti nei Balcani ed in Grecia da lui eseguita nell’estate precedente. Il Comando R.G.F. della Commissione Italiana di Armistizio in Francia. L’armistizio firmato a Roma il 24 giugno 1940, rese necessaria l’istituzione di alcuni reparti della Guardia di finanza nella piccola zona di territorio francese occupata dalle nostre truppe In ottobre furono così costituite la tenenza di Mentone ed alcuni distaccamenti sul litorale, in Val Roja ed in Val d’Aosta. E’ significativa la circostanza che a tali reparti fu data la fisionomia di normali unità territoriali, dipendenti dalle legioni di Genova e di Torino, quasi a prefigurare un imminente annessione. Più complessa fu l’organizzazione del contingente a disposizione della commissione che avrebbe dovuto controllare l’applicazione delle clausole armistiziali. Applicazione da gestire con molto tatto – a lungo fu coltivata l’illusione di integrare la grande nazione latina nel “nuovo ordine europeo” – in continua trattativa con una controparte che, nei confronti degli Italiani, non si sentiva affatto sconfitta. Un primo progetto, che prevedeva per la Guardia di finanza l’istituzione di nuclei di controllo a Marsiglia, Ajaccio, Algeri, Tunisi, e Beirut, fu ridimensionato in ottobre, e fu previsto soltanto l’invio di un ufficiale in ciascuna delle sedi di Marsiglia, Casablanca, Tunisi ed Orano, e di alcuni sottufficiali in località minori. Il controllo riguardava il traffico marittimo ed aereo tra la Madrepatria ed i possedimenti africani, soggetto ad alcune restrizioni, e si risolveva nella supervisione dell’attività di ispezione affidata all’autorità doganale francese. La situazione cambiò radicalmente nel novembre 1942, in seguito allo sbarco angloamericano in Algeria ed in Marocco, ed al passaggio al loro fianco delle forze francesi che vi erano dislocate. Decisa l’occupazione militare del territorio ad oriente del Varo, la Guardia di finanza fu chiamata a parteciparvi con due battaglioni inquadrati nella 4^ armata, e schierati nella Francia meridionale e nell’Alta Savoia, con compiti di difesa costiera e di vigilanza del confine franco-svizzero tra il Monte Bianco ed lago di Ginevra. La documentazione disponibile è abbastanza consistente, e comprende anche istruzioni impartite ai reparti e carte riguardanti i rapporti tra la C.I.A.F. ed il corrispondente organismo tedesco. In sintesi, la documentazione esistente presso il Museo Storico della Guardia di finanza riguarda un aspetto poco noto della storia delle occupazioni militari italiane, quello della vigilanza sui limiti territoriali delle zone di occupazione e, nello stesso tempo, della polizia economica all’interno delle stesse zone. Un materiale interessante per i segnali che offre, pur con i limiti propri della funzione ausiliaria nell’ambito della quale è stato prodotto.