Elettroforesi Con il termine elettroforesi si indica una famiglia di tecniche in cui la separazione di analiti viene effettuata sfruttandone la diversa migrazione sotto l’azione di un campo elettrico: + (+) anodo (-) catodo n - ++ In assenza di moti diffusivi/convettivi gli analiti neutri non possono spostarsi nel mezzo. La velocità di migrazione degli analiti dotati di carica aumenta: all’aumentare della carica (e quindi della forza coulombiana) al diminuire delle dimensioni (e quindi dell’attrito nel mezzo) L’elettroforesi venne sviluppata dal chimico svedese Tiselius (Premio Nobel per la Chimica nel 1948) negli anni ’30: Introducendo una miscela di proteine del siero umano in un tubo a U riempito con un elettrolita, nel quale erano immersi, alle estremità del tubo, due elettrodi sottoposti ad una differenza di potenziale, egli notò che le proteine migravano diversamente a seconda della carica e del pH del mezzo, risultandone separate. Le diverse bande dovute alle proteine erano osservate con un opportuno apparato ottico. In parallelo alla tecnica in soluzione venne sviluppata l’elettroforesi su carta (Konig 1937): Venivano eliminati gli inconvenienti dovuti a diffusione e convezione degli analiti ma se ne introducevano altri: evaporazione dalla carta; del solvente limitazioni nell’intensità di corrente correlata alla migrazione; instabilità chimica. Gli inconvenienti dovuti alla carta furono superati con l’introduzione dell’elettroforesi su gel, sviluppata a partire dalla fine degli anni ’50 e diventata poi la tecnica dominante per la separazione elettroforetica di proteine: In questo caso il mezzo di migrazione è un gel (inizialmente costituito da amido, oggi quasi unicamente da poliacrilammide) schiacciato fra lastre di vetro e posto in contatto, alle due estremità, con due riserve di elettrolita, nelle quali sono immersi i due elettrodi. Un gel di poli-acrilammide può essere realizzato mediante polimerizzazione radicalica del monomero (acrilammide) in presenza di un agente reticolante (metilen-bis-acrilammide): Elettroforesi su gel di poliacrilammide in presenza di sodio dodecil solfato (SDS-PAGE) Il sodio-dodecil-solfato (SDS, Na+ -O3S-O-(CH2)11CH3) agisce sulla struttura secondaria delle proteine, facilitandone lo “srotolamento”: SDS Ditiotreitolo (DTT) Il ditiotreitolo (DTT) mantiene aperta la struttura della proteina rompendo i ponti disolfuro (R-S-S-R) fra residui di cisteina presenti in punti diversi della catena e mantenendoli nella forma tiolica (R-SH). La modificazione della struttura secondaria permette di ricondurre la diversa mobilità elettroforetica delle proteine unicamente alla loro massa molecolare, mentre gli effetti dovuti al ripiegamento tridimensionale vengono resi trascurabili. E’ possibile, quindi, costruire una retta di calibrazione che correli la massa molecolare alla mobilità elettroforetica: Dopo la separazione le proteine possono essere individuate sfruttando diversi metodi di colorazione: Coomassie Blue Focalizzazione isoelettrica (IEF) La focalizzazione isoelettrica, sviluppata da Vesterberg e Svensson nel 1966, è una tecnica di separazione elettroforetica che sfrutta la presenza di un gradiente di pH nel mezzo di migrazione: Il gel è realizzato in modo che il suo pH cambi in modo regolare lungo la distanza: le proteine migreranno in direzioni diverse, a seconda della loro carica, finché non avranno raggiunto la regione del gel in cui il pH eguaglia il loro punto isoelettrico. In tale regione esse non avranno più una carica netta e quindi non potranno migrare ulteriormente. Elettroforesi bidimensionale su gel di poliacrilammide (2D-PAGE) Le proteine separate in una prima corsa elettroforetica mediante focalizzazione isoelettrica possono essere caricate su un gel con SDS: Si realizza così una separazione elettroforetica bidimensionale (O’Farrell, 1975), una tecnica potentissima per la separazione di miscele estremamente complesse di proteine (fino a qualche migliaio!) Esempio di gel elettroforetico bidimensionale caratterizzato da centinaia di macchie: Elettroforesi capillare (CE) L’elettroforesi capillare è la variante di elettroforesi sviluppata più recentemente (1980). Accoppiata ad opportuni rivelatori rappresenta una delle tecniche di separazione/analisi a più alta risoluzione e più sensibili in assoluto (LOD dell’ordine di 10-21 moli!). La strumentazione di base per CE è costituita da: un capillare in silice fusa un generatore di differenze di potenziale elevate, fino a 30 kV (HV) due riserve di elettrolita, rappresentato da una soluzione tampone (buffer) due elettrodi un rivelatore montato sul capillare (on-column) Flusso elettrosmotico (EOF) Il flusso elettrosmotico è uno spostamento del liquido contenuto nel capillare per elettroforesi capillare innescato dall’applicazione del campo elettrico. 20-50 cm Il capillare è simile a quelli impiegati come colonne in GC (ma molto più corto, naturalmente): il diametro totale è di circa 300 m, quello della cavità interna di 25-75 m, il rivestimento esterno in polimmide ha uno spessore di circa 15 m. In assenza di elettrolita le pareti interne del capillare presentano una serie di gruppi silanolici non deprotonati (Si-OH). Quando viene introdotto il tampone-elettrolita, tipicamente avente pH > 2, i gruppi silanolici si deprotonano e la loro carica negativa viene bilanciata da cationi dell’elettrolita, che formano un doppio strato di carica sulla superficie interna del capillare: S = Stern Layer (strato immobile) + + + + + + + + + + + + + + S D = strato diffuso (mobile) + + + + + + + D - + + + + + + - + ++ + - + + + + - + + + - + + + + + + -+ - + - +- - +- +-+ + + + - Parete interna del capillare - + + + + + + - + ++ + - + + + + - + + + - + + + + + + -+ - + - +- - +- +-+ + + + - Parete interna del capillare Flusso netto Catodo Anodo L’applicazione di una differenza di potenziale provocherà lo spostamento dei cationi presenti sulla superficie interna del capillare: Il movimento delle cariche positive trascina con sé soluzione vincendo l’attrito fra il liquido e le pareti del capillare. In questa situazione il profilo delle velocità del liquido all’interno del capillare è piatto, mentre in un sistema in cui il flusso è legato ad un gradiente di pressione la velocità del liquido è inferiore in prossimità delle pareti del capillare (a causa dell’attrito) e il profilo delle velocità è parabolico: flusso elettrosmotico dovuto ad un campo elettrico flusso idrodinamico dovuto ad un gradiente di pressione Il flusso elettrosmotico ha quindi il vantaggio di non provocare un allargamento di banda come invece quello idrodinamico (tipico di sistemi HPLC). Il flusso elettrosmotico si compone con il flusso elettroforetico che caratterizza le specie cariche presenti all’interno del capillare: A N O D E EOF + ions - ions C A T H O D E A Net flow (+ ions) N O D E EOF neutrals Net flow (- ions) C A T H O D E i cationi saranno spinti verso il catodo da un flusso dato dalla somma del flusso elettroforetico e di quello elettrosmotico; le specie neutre viaggeranno unicamente sotto la spinta del flusso elettrosmotico; gli anioni si sposteranno comunque nella stessa direzione delle altre specie perché il flusso elettrosmotico è normalmente superiore a quello elettroforetico. Rappresentazione schematica di una separazione elettroforetica capillare Gli anioni più piccoli si sposteranno meno velocemente dei più grandi nella direzione del catodo perché il loro flusso elettroforetico (diretto verso l’anodo) è maggiore; l’opposto si verificherà per i cationi. Equazioni fondamentali: elettroforesi La forza FE che agisce su una particella di carica q sottoposta al campo elettrico E è data da: La forza Ff con cui il mezzo circostante si oppone al moto della particella, detti vep la velocità di questa e f il coefficiente di attrito del mezzo, è data da: Quando le due forze diventano uguali: l’accelerazione della particella si annulla ed essa assume una velocità costante, data da: Il termine ep si definisce mobilità elettroforetica. Assumendo che la particella si possa considerare equivalente ad una sfera di raggio r e detta la viscosità del mezzo il suo coefficiente di attrito f sarà dato da: A parità di tutte le altre condizioni (campo elettrico, mezzo di migrazione, carica) le particelle di raggio maggiore avranno una mobilità elettroforetica inferiore. Equazioni fondamentali: elettrosmosi La velocità assunta da una particella a causa del flusso elettrosmotico si può esprimere in modo formalmente analogo a quello usato per la velocità elettroforetica: La mobilità elettrosmotica, eo, dipende dalla costante dielettrica del mezzo () e dal potenziale zeta (), a sua volta legato alla differenza di potenziale che si crea alla superficie interna del capillare a causa del gradiente di carica elettrica. La mobilità elettrosmotica non dipende, quindi, dalle caratteristiche dei singoli analiti e viene favorita da un aumento della quantità di carica presente alla superficie del capillare (e quindi di ) e da una diminuzione della viscosità del mezzo. Equazioni fondamentali: elettroforesi + elettrosmosi La composizione (vettoriale) delle mobilità elettroforetica ed elettrosmotica si definisce mobilità apparente, app: La velocità apparente corrispondente mobilità: vapp deriva dalla Poiché le mobilità elettroforetiche hanno lo stesso segno della carica delle specie a cui si riferiscono, mentre la mobilità elettrosmotica è sempre positiva, nel caso degli anioni la mobilità apparente diventa negativa se ep è, in valore assoluto, maggiore di eo. Ciò avviene se si opera a pH < 3, perché in tali condizioni diminuisce moltissimo il numero di cariche negative dei gruppi Si-OH del capillare e con esso il valore di eo. In tal caso gli anioni non potranno mai raggiungere il rivelatore se esso è posto in prossimità del catodo. La mobilità apparente può essere espressa anche in termini di altri parametri strumentali tipici di un apparato per elettroforesi capillare: μ app dove: v L t LL E VL Vt app d m t d t m Ld è la lunghezza del capillare dal punto di iniezione al rivelatore; tm è il tempo di migrazione (l’analogo del tempo di ritenzione in cromatografia); V è la differenza di potenziale applicata agli elettrodi; Lt è la lunghezza totale del capillare, pressoché pari alla distanza fra gli elettrodi (perciò il campo elettrico è dato da V/Lt) Fissate tutte le condizioni strumentali, il tempo di migrazione sarà caratteristico di una particolare specie, come quello di ritenzione in cromatografia. Efficienza separativa in CE L’efficienza di una separazione elettroforetica capillare può essere espressa in termini di altezza di piatto teorico H, come in cromatografia, ma va utilizzata un’equazione di Van Deemter modificata: H B u x In questo caso, infatti, sono assenti i termini correlati: 1) ai trasferimenti di massa fra fasi diverse (termini contenenti il coefficiente C), non essendoci una fase stazionaria; 2) ai cammini multipli (parametro A o C modificato), non essendoci un impaccamento. Il numero dei piatti teorici può essere calcolato a partire dalle relazioni: L N σ 2 2 σ 2Dt 12 m in cui D è il coefficiente di diffusione dell’analita e tm il suo tempo di migrazione. D’altra parte il tempo di migrazione può essere espresso con la relazione: L L t v μ E m app app Il numero di piatti teorici per una separazione elettroforetica capillare si può dunque esprimere con la relazione: L μ E Lμ E μ V L N 2Dt 2DL 2D 2D L 2 2 2 app app app 2 m N dipende quindi da una serie di fattori strumentali nonché da un parametro specifico per ciascun analita, il coefficiente di diffusione D. Poiché le macromolecole hanno valori di D piccoli, nelle separazioni CE di proteine o acidi nucleici si possono raggiungere valori di N dell’ordine di 500000-1000000, ossia superiori per uno-due ordini di grandezza a quelli tipici dei metodi HPLC. Risoluzione in CE La risoluzione in CE viene definita operativamente in modo analogo a quanto accade nelle tecniche cromatografiche: 2(tm)B (tm)A R WA WB In questo caso WA e WB sono le larghezze alla base dei due picchi elettroforetici. L’espressione matematica della risoluzione elettroforetica ricorda in parte, almeno formalmente, quella della risoluzione cromatografica: Il termine centrale, in cui compaiono la differenza (app) e la media (avg) delle mobilità apparenti delle due specie dalle quali si valuta R, rappresenta la selettività elettroforetica. Effetto Joule in elettroforesi capillare Poiché l’applicazione di una differenza di potenziale alle estremità del capillare genera un passaggio di corrente (dell’ordine dei mA), la soluzione elettrolitica in esso contenuta si riscalda per effetto Joule. L’energia dissipata sotto forma di calore è data dalla relazione: Energiaterm = V I t L’aumento del potenziale applicato alle estremità del capillare determina, quindi: un incremento dell’efficienza e della risoluzione ma anche: un aumento della temperatura dell’elettrolita e, con essa, della diffusione longitudinale. A parità di campo elettrico applicato e di carica (+1 nel caso del grafico) l’impiego di capillari di raggio interno crescente fa innalzare la temperatura della parete interna. L’effetto è tanto più marcato quanto maggiore è il campo elettrico (C > B > A). L’aumento della temperatura favorisce la diffusione conseguentemente, incrementa l’altezza di piatto teorico. longitudinale e, In figura le linee descritte da punti e trattini mostrano che H non varierebbe con il raggio del capillare se non vi fosse l’effetto Joule. L’aumento del campo elettrico determina inizialmente un aumento di efficienza, ossia una diminuzione di H, ma a valori elevati provoca un effetto Joule così significativo da invertire la tendenza (le linee punteggiate indicano la situazione che si avrebbe se l’effetto Joule fosse assente). Effetto del pH sulle separazioni CE L’effetto del pH su una separazione CE deriva principalmente dalla sua influenza sulla mobilità elettroosmotica. Si consideri un caso specifico in cui: eo = 1.3 × 10-8 m2/V s a pH 2 e 8.1 × 10-8 m2/V s a pH 12; Ld = 52 cm, Lt = 62 cm Per un campo elettrico pari a circa 4.3 × 104 V/m è possibile calcolare i tempi di migrazione di un analita neutro (per il quale la mobilità è puramente elettrosmotica): pH 2 v eo μeoE 5.66 x 10 m/s tm 9.2 102 s pH 12 v eo μeoE 3.53 x 10-3 m/s tm 1.5 102 s -4 Il pH può influenzare anche la distribuzione delle forme cariche e neutre dell’analita e quindi la mobilità totale osservata: L’aumento del pH porterà inevitabilmente ad un aumento della carica negativa media nel caso di acidi deboli, con conseguente aumento della loro mobilità elettroforetica (che in questo caso è opposta a quella elettrosmotica). Scelta del tampone per una separazione CE La scelta del tampone è determinante per la qualità di una separazione elettroforetica capillare. Le caratteristiche fondamentali di un tampone per CE sono: elevata concentrazione (25-200 mM) per migliorare la focalizzazione delle bande elevato potere tampone, per evitare fluttuazioni di pH nel mezzo di migrazione; basso assorbimento UV, essendo l’assorbimento della radiazione UV (o visibile) il metodo di rivelazione più usato per gli analiti; basso adsorbimento delle specie costituenti il tampone sulle pareti interne del capillare; basso costo ed elevata disponibilità Anche la conducibilità elettrica del tampone va adeguatamente controllata per evitare effetti sulla forma dei picchi elettroforetici (elettrodispersione): tempo fronting tempo tempo tailing Se la conducibilità del campione è superiore a quella del tampone (pannelli a in figura) il campo elettrico E sarà inferiore in corrispondenza della banda del campione e la discontinuità del potenziale V creerà un accumulo transitorio delle cariche migranti sul confine posteriore della banda (fronting). L’inverso (tailing) avverrà se la conducibilità del campione è inferiore (pannelli c). Poiché specie aventi un’elevata mobilità elettroforetica dovrebbero anche garantire alla propria banda una conducibilità elettrica elevata è tipico osservare il fenomeno del fronting sulle prime bande dell’elettroferogramma e quello del tailing sulle bande che arrivano al detector più tardi: tailing fronting