1) INTRODUZIONE L'enorme progresso delle conoscenze nel campo della biologia cellulare e delle biotecnologie ha consentito, negli ultimi anni, lo sviluppo di tecnologie mirate alla coltivazione e alla ricostruzione in vitro di tessuti o organi, definendo una nuova branca di scienze biomediche conosciuta con il termine di “ingegneria dei tessuti” (1-2). Questa tecnologia permette di poter espandere cellule autologhe (prelevate dallo stesso paziente che necessita del trapianto) ex vivo e riutilizzarle nella riparazione di lesioni e rigenerazione di tessuti mediante coltura in matrici biocompatibili tridimensionali (3). L’Ingegneria tessutale (“Tissue Engineering”) è un area multidisciplinare di ricerca parte dal presupposto che la quasi totalità delle cellule animali possono essere coltivate in laboratorio (4). Il termine “Tissue Engineering” è stato introdotto dalla fondazione Washington National Science nel meeting del 1987. Nel XX secolo i trapianti di tessuti (osso, muscolo e cute) e di organi (rene, fegato, polmone) sono stati introdotti con successo nella pratica terapeutica grazie all’impiego di tecniche di anastomosi microvascolari e di idonea terapia immunosoppressiva. Nonostante ciò, molti sono i problemi legati al trapianto di organi, tra i quali i più significativi sono: ¾ scarsa disponibilità di tessuti e di organi idonei al trapianto e conseguenti lunghi tempi di attesa, 1 ¾ necessità di sottoporre il Paziente a terapia immunosoppressiva per tutta la vita con conseguenti deficit immunitari, ¾ rischio di tromboembolia nel caso in cui vengano utilizzati materiali sintetici (ad esempio per le valvole cardiache) e di emorragie conseguenti al trattamento anticoagulante, ¾ necessità di sottoporre il paziente a più trapianti ( ad esempio per rigetto tardivo o utilizzo in pazienti giovani di materiale sintetico non in grado di adeguarsi alla crescita corporea). Il principio generale dell’ingegneria tessutale è quello di prelevare cellule staminali dallo stesso Paziente bisognoso di trapianto, farle crescere e differenziare su un supporto sintetico in modo da produrre fedelmente e tridimensionalmente il tessuto o l’organo che deve essere sostituito; infine sottoporre il Paziente al trapianto. E’ molto importante che: ¾ venga prodotta una grande quantità di cellule e di tessuto sufficiente per riparare il difetto, ¾ venga garantita una giusta differenziazione cellulare in modo da mantenere un corretto fenotipo, ¾ venga riprodotta una struttura tridimensionale identica al tessuto o organo da sostituire per garantire una corretta vascolarizzazione. Le cellule che possono essere impiegate per la rigenerazione e riparazione tessutale possono essere: cellule staminali embrionali (fino all’ottava settimana di gestazione) 2 cellule staminali fetali (dall’ottava settimana sino al parto) cellule staminali da cordone ombelicale cellule staminali adulte (per esempio quelle del midollo osseo. Queste cellule sono dotate di “plasticità” cioè la capacità di dare origine a cellule di tessuto diverso da quello dal quale provengono; ad esempio alcune cellule staminali presenti nel midollo osseo si differenziano in epatociti e cellule dei dotti biliari). cellule “staminali” mature da paziente adulto: sono cellule differenziate che hanno un basso indice proliferativo (cheratinociti, condrociti e fibroblasti). Le cellule adibite alle colture possono provenire da prelievi autologhi, omologhi o eterologhi. Le prime vengono prelevate dallo stesso Paziente che necessita del trapianto; le seconde da un individuo della stessa specie (vivente o cadavere). Infine le eterologhe sono prelevate da un donatore di specie diversa dal ricevente, per esempio il maiale per l’uomo. L’utilizzo delle cellule di origine omologa e eterologa presenta il problema del rigetto e della sicurezza del campione; perciò è preferibile, quando possibile, utilizzare cellule di origine autologa. In campo ortopedico è stata dimostrata la possibilità di trapiantare condrociti umani autologhi o cellule mesenchimali staminali (precursore degli osteoblasti) rispettivamente per la ricostruzione di cartilagine e per favorire la formazione di nuovo tessuto osseo (5). La necessità di ricercare strategie di riparazione della cartilagine articolare rappresenta un importante traguardo se pensiamo alla notevole frequenza di traumi e lesioni cui è sottoposto questo tessuto in seguito ad 3 incidenti stradali o sportivi nonché se consideriamo la grande percentuale di incidenza di patologie infiammatorie, reumatiche e degenerative cui la cartilagine va incontro con l'avanzare dell'età. Il tessuto cartilagineo è dotato di una limitata capacità di rigenerazione delle lesioni ad esso associate, in quanto il naturale processo di riparazione porta alla formazione di tessuto fibro-cartilagineo che non presenta le caratteristiche di resistenza e deformabilità al carico tipiche della cartilagine ialina che ricopre la superficie articolare e che sono dovute alla sua particolare composizione biochimica (6-7-8). 4 a) Scopo della tesi L'obiettivo della neocondrogenesi nasce e si giustifica con l'opportunità di restaurare l'integrità strutturale e le funzioni del tessuto danneggiato istologicamente al attraverso un “rigenerato” identico precedente, in modo risultare da meccanicamente idoneo a sopportare i carichi fisiologici e a ridurre o evitare l'evoluzione artrosica della lesione iniziale (910). La strategia terapeutica del trapianto dei condrociti autologhi per la riparazione di lesioni condrali ha fornito recentemente risultati soddisfacenti ed incoraggianti rispetto alle metodiche fino ad ora utilizzate (11-12). L'approccio clinico nell'uomo ha interessato soprattutto la riparazione di lesioni a livello del ginocchio (13) anche se altre sedi quale ad esempio l'articolazione tibio-tarsica sono oggetto di studio (14-15). Nella sua metodologia originale, il trapianto di condrociti si articola in varie fasi: dapprima si esegue un prelievo in artroscopia di tessuto cartilagineo sano preferibilmente in una zona di non carico. Successivamente il frammento viene sottoposto a digestione enzimatica seguita da isolamento e coltura delle cellule. Dopo un periodo di circa un mese in coltura i condrociti possono essere trapiantati. 5 b) Istologia della cartilagine Il tessuto cartilagineo assieme al tessuto osseo appartiene ai tessuti scheletrici o tessuti connettivi di sostegno dotati di proprietà meccaniche e di importanti funzioni nel ricambio elettrolitico. La cartilagine è una forma specializzata di tessuto connettivo, costituita da cellule denominate condrociti e da un'abbondante sostanza intercellulare; questa è formata da fibre extracellulari immerse in una sostanza fondamentale o matrice amorfa allo stato di gel (16). Nei mammiferi, la maggior parte dello scheletro si abbozza nel corso dello sviluppo come cartilagine che viene successivamente sostituita da osso. La cartilagine nell’embrione compare durante la quinta settimana di vita. Il tessuto di origine è il mesenchima. Dopo la nascita e durante tutto il periodo di accrescimento dell’individuo, la cartilagine la cui funzione è quella di supporto e protezione, permane nelle zone di confine tra epifisi e diafisi delle ossa lunghe , provvedendo allo sviluppo in lunghezza di tali segmenti scheletrici. Nell’adulto la cartilagine è presente in corrispondenza delle superfici articolari, delle coste (cartilagini costali) e in poche altre sedi. Essa forma inoltre lo scheletro di sostegno dell’orecchio esterno, del naso, della laringe, della trachea e dei bronchi. Tranne che sulle superfici articolari, la cartilagine è rivestita da un involucro di tessuto connettivo fibroso compatto denominato pericondrio; per tutto il periodo dello sviluppo, le cellule dello 6 strato interno si differenziano in condroblasti e depositano nuova cartilagine. La cartilagine è sprovvista di nervi e di vasi ed è quindi nutrita per diffusione attraverso la sua matrice gelificata. L’accrescimento della cartilagine avviene con 2 meccanismi: ACCRESCIMENTO INTERSTIZIALE: le celllule cartilagineee si dividono ripetutamente, dando origine a una progenie di cellule che elabora e deposita nuova sostanza intercellulare. Le cellule figlie derivanti dalla proliferazione di ogni cellula iniziale formano un clone di elementi accostati tra loro; tali cloni sono denominati gruppi isogeni (foto 1). Foto 1: ematosilina (10x) ACCRESCIMENTO PER APPOSIZIONE: consiste nella differenziazione, alla periferia del centro di condrificazione, di nuovi elementi mesenchimali in condroblasti che elaborano un nuovo strato di sostanza interstiziale cartilaginea attorno a quello formato in precedenza. Gli elementi cellulari, i condrociti, sono accolti in spazi scavati nella sostanza fondamentale detti “lacune” Queste possono contenere uno solo o più cellule. La sostanza amorfa che delimita le lacune si condensa a formare le “capsule” (foto 2). 7 Foto 2: A. PAS (40x) Il termine condroblasto o condrociti sono sostanzialmente sinonimi. Il termine condroblasto potrebbe essere usato per indicare lo stadio iniziale di differenziazione della cellula mesenchimale. Nella parte centrale della cartilagine, le cellule sono distribuite nei gruppi isogeni; verso la periferia della cartilagine, le cellule diventano progressivamente appiattite e perdono la loro disposizione in gruppi . L’accrescimento della cartilagine e il suo metabolismo sono sotto il controllo di numerosi ormoni (ormone somatotropo e ormone tiroxina) e altri fattori tra cui le vitamine (A,C,D). Sulla base dell’abbondanza relativa della sostanza amorfa e delle fibre che vi sono incluse e della natura di queste ultime, si distinguono tre tipi di cartilagine: ialina, elastica e fibrosa. Di queste tre classi, la cartilagine ialina è la più diffusa. 8 Cartilagine ialina forma la cartilagine epifisaria o di coniugazione, le cartilagini costali, gli anelli tracheali, molte cartilagini laringee, le cartilagini bronchiali, le cartilagini del naso e riveste le superfici articolari. E’ caratterizzata da fibre collagene immerse in un’abbondante matrice amorfa o sostanza fondamentale ricca in complessi proteico – mucopolisaccaridici. Sono inoltre presenti glicoproteine, lipidi e lipoproteine. Le fibrille collagene non sono raccolte in fasci, come in altri tessuti connettivi, ma formano un delicato reticolo. Da studi recenti risulta che la sostanza fondamentale della cartilagine è costituita da 40% da collagene, 33% condro-muco proteine, 4% cheratosolfati, 0,7% sialoproteine, 14% da altre proteine. I mucopolisaccaridi acidi principali della cartilagine sono: condroitinsolfato A-C e i cheratosolfati. Questi lunghi complessi polimerici tendono a costruire un reticolo tridimensionale dal quale dipendono la viscosità e l'idrofilia della sostanza amorfa. La presenza di elevate concentrazioni di mucopolisaccaridi acidi nella cartilagine spiega le sue proprietà tintoriali. La sostanza amorfa della cartilagine è intensamente basofila e si colora metacromaticamente con il blu di toluidina. Si colora anche con Alcian blu e reazione al ferro colloidale di Hale. La matrice amorfa si colora intensamente di rosso con la reazione acida periodica di Schiff “reazione PAS” per i carboidrati complessi. Tale colorazione deriva dalla presenza delle glicoproteine. 9 La cartilagine elastica è presente in corrispondenza del padiglione auricolare, del meato uditivo esterno, della tuba di Eustachio e dell’epiglottide. E’ caratterizzata da un elevato numero di fibre elastiche e dal basso contenuto di proteoglicani nella sostanza fondamentale amorfa. La cartilagine elastica è diversa dalla ialina per il colore giallastro e per la maggior opacità. Le cellule sono simili a quelle della cartilagine ialina; hanno forma rotonda o ovale e sono avvolte da una capsula. La matrice intercellulare differisce da quella della cartilagine ialina per la presenza di moltissime fibre che si colorano con tutti i metodi per la dimostrazione dell'elastina. Queste fibre formano una rete così compatta da oscurare la sostanza amorfa che è meno abbondante di quella della cartilagine ialina. L'accrescimento della cartilagine elastica avviene sia per divisione dei condrociti, sia per apposizione dal pericondrio. La cartilagine elastica non subisce, se non in casi rarissimi la calcificazione. La fibrocartilagine si riscontra nei dischi intervertebrali, nella sincondrosi tra prima costa e sterno, in vari menischi articolari, nella sinfisi pubica, nei labbri glenoidei, nel legamento rotondo del femore e nella zona di inserzione sull’osso di alcuni tendini. La cartilagone fibrosa è una forma di transizione tra il tessuto connettivo denso o compatto e la cartilagine; è caratterizzata dalla presenza di grossi fasci fibrosi in una scarsa matrice e da piccoli condrociti circondati dalla capsula isolati o organizzati in file longitudinali. La fibrocartilagine si sviluppa come il comune tessuto connettivo. Le cellule mesenchimali si differenziano in fibroblasti che elaborano un'abbondante materiale fibrillare; in seguito assumono forma rotonda trasformandosi in cellule 10 cartilaginee e secernono nella matrice una sostanza amorfa ricca di mucopolisaccaridi che si concentra intorno alle cellule formando le capsule. La cartilagine fibrosa è priva di pericondrio (17) c) Biomateriali di supporto Il “biomateriale” è un materiale progettato per interfacciarsi con i sistemi biologici per trattare, aumentare o sostituire qualunque tessuto, organo (18). Nella ricostruzione in laboratorio della cartilagina è importante ricreare la struttura del tessuto cioè la tridimensionalità. Mettendo le cellule in una coltura tradizionale “feeder layer”, su petri o fiasche, queste crescono e formano una struttura bidimensionale; nasce quindi l’esigenza di creare delle strutture artificiali che servano da impalcatura per guidare le cellule nella ricostruzione tridimensionale del tessuto. Elementi base nella ricostruzione in laboratorio sono pertanto: Componente biologica → Cellule e fattori molecolari Supporto tridimensionale → Biomateriale I biomateriali devono possedere le seguenti caratteristiche: tollerabilità: devono essere immunologicamente inerti 11 impalcatura provvisoria: dopo integrazione il biomateriale deve essere sostituito dal tessuto originario contenuto informativo: devono comunicare e scambiare segnali con le cellule ospite. Numerose sono le matrici impiegate tra le quali ricordiamo: collagene e derivati fibrina acido ialuronico cellulosa Grande interesse viene rivolto al collagene; studi hanno dimostrato che utilizzato come supporto, permette ai condrociti di svilupparsi e di differenziarsi in maniera idonea. Fibre Collagene: Le fibre collagene sono presenti nel tessuto connettivo. Quest’ultimo è così denominato perché ha la funzione di connettere altri tessuti tra loro nella formazione degli organi. Il tessuto connettivo è formato da due componenti: le cellule e la sostanza intercellulare nella quale sono immersi gli elementi cellulari. A sua volta la sostanza intercellulare è costituita da una parte organizzata in fibre e da una sostanza amorfa o fondamentale che contiene il liquido tessutale o interstiziale. Il tessuto connettivo abbraccia quattro classi di tessuto che hanno in comune la caratteristica di svolgere una funzione di connessione e di sostegno, ma che presentano localizzazioni, 12 proprietà morfologiche e funzionali e caratteristiche chimiche diverse: il tessuto connettivo propriamente detto; il tessuto cartilagineo; il tessuto osseo; il sangue e la linfa. Il tessuto connettivo propriamente detto è a sua volta suddiviso in due sottoclassi, il tessuto connettivo lasso ed il tessuto connettivo denso o compatto. Nel primo le fibre sono lassamente intrecciate tra loro mentre nel secondo sono abbondantissime e raccolte in grossi fasci stipati che conferiscono al tessuto una notevole consistenza. Nel tessuto connettivo compatto le fibre possono avere una disposizione irregolare, disordinata, come nel derma (tessuto connettivo compatto irregolare), oppure essere raccolte in fasci paralleli, come nei tendini, nei legamenti, e nelle aponeurosi (tessuto connettivo compatto regolare). Le fibre del tessuto connettivo ordinario appartengono a tre categorie: collagene reticolari elastiche Le prime due sono strutturalmente e chimicamente uguali ma rappresentano livelli d’aggregazione differenti di un’unica unità fibrosa elementare (tropocollagene). Le fibre collagene sono costituite da proteine lunghe circa 2800 Å, dette tropocollagene, che associandosi longitudinalmente (testa-coda) e parallelamente tra loro secondo vari ordini danno origine a queste strutture: 13 microfibrille submicroscopiche di 400 Å di spessore, fibrille microscopiche di 0,2 – 0,3µ, Le fibre sono tenute insieme da un materiale amorfo che può essere dissolto da alcali diluiti o dalla tripsina. Le fibre collagene sono di gran lunga la categoria di fibre più abbondanti nel tessuto connettivo ordinario. Esaminate a fresco hanno un colorito bianco e sono perciò dette “fibre bianche”, in contrapposto alle fibre elastiche che hanno un colore giallognolo e sono denominate “fibre gialle”. I risultati delle ricerche di diffrazione con raggi X hanno dimostrato che le molecole di tropocollagene sono costituite da tre catene polipeptidiche con configurazioni elicoidali ed avvolte a spirale l’una sull’altra in direzione sinistrorsa, ciascuna con peso molecolare di 100.000 dalton. Il tropocollagene normalmente consiste in due catene α1 ed una catena α2 che hanno diversa composizione in aminoacidi. Le tre catene sono tra loro collegate da legami idrogeno, ma anche da legami covalenti. L’analisi della composizione in aminoacidi ha rivelato che la macromolecola di tropocollagene contiene in elevate proporzioni tre aminoacidi: glicina prolina e idrossiprolina idrossilisina in una discreta quantità. Ai residui d’idrossilisina sono legate brevi catene laterali carboidratiche formate da una molecola di galattosio e da una di glucosil-galattosio. Il tropocollagene deve essere quindi glicoproteina anziché una proteina semplice. 14 considerato una Le fibre collagene sono flessibili, ma assai poco estensibili ed offrono una grande resistenza alla trazione. Se il collagene è sottoposto a bollitura o a trattamenti chimici capaci di denaturarlo si trasforma in gelatina. Le fibre collagene non presentano particolari affinità tintoriali, ma si colorano con la maggior parte dei coloranti acidi; assumono l’eosina nei preparati con ematossilina ed eosina, il blu d’anilina nella colorazione tricromia di Mallory, la fucsina acida con il metodo Van Gieson. Lo studio della formazione delle fibre collagene o fibrillogenesi ha dimostrato che la formazione delle stesse avviene in due fasi. La prima fase consiste nella sintesi delle unità macromolecolari costitutive del collagene, le molecole di tropocollagene, ad opera dei fibroblasti nel tessuto connettivo lasso, dei condroblasti nella cartilagine, degli osteoblasti nel tessuto osseo e nel loro successivo trasporto all’esterno della cellula. La seconda fase avviene nella matrice amorfa del tessuto connettivo consistente nell’aggregazione o polimerizzazione ordinata delle molecole di tropocollagene per formare le fibrille collagene con il tipico periodo di 640 Å. Le fibrille collagene neo formate hanno i caratteri di fibre reticolari, cioè sono isolate e non raccolte in fasci. Successivamente le fibrille si raccolgono in fasci ondulati fra loro paralleli, assumendo l’aspetto di tipiche fibre collagene (19). 15 2) MATERIALI E METODI a) Supporto a base di collagene I dispositivi medicali a base di collagene bovino di tipo I puro sono proposti come coadiuvanti dall’ emostasi durante interventi chirurgi, per il controllo di emorragie capillari, emorragie di organi parenchimatosi e di anastomosi vascolari. Inoltre tali dispositivi sono proposti come emostatici coadiuvanti della riparazione tessutale, nelle ferite lacero contusive con perdita di sostanze, nelle piaghe, nelle ulcere di varia natura, nelle ustioni, nelle abrasioni da punta e da taglio ed in atre lesioni generalmente trattate in dermatologia, geriatria e pronto soccorso. Questi dispositivi agiscono attivando l’aggregazione piastrinica promuovendo così la rapida formazione del coagulo. Agiscono anche accelerando il processo di emocoagulazione, attivando i fattori della via intrinseca della cascata coagulativa. Inoltre questi dispositivi favoriscono la riparazione tessutale e la cicatrizzazione. Infatti, il collagene di tipo I rappresenta il substrato ideale dell’istoriparazione per la sua capacità di interagire con i recettori dei fibroblasti, condroblasti ed osteoblasti deputati alla sintesi delle strutture del tessuto connettivo. Essi aderiscono alle fibre del collagene eterologo, proliferano e si orientano in modo da rimodellare il tessuto danneggiato. L’attivazione delle piastrine inoltre determina la liberazione di fattori di crescita cellulare che stimolano l’istoriparazione. 16 La presenza di collagene sulla zona trattata favorisce quindi la produzione di tessuto connettivo autologo nel quale possono proliferare le cellule del parenchima leso, favorendo un’efficace cicatrizzazione. Fra i collagene finora conosciuti, quelli di tipo I e III sono ritenuti i più sicuri dal punto di vista immunologico in quanto hanno pochi gruppi glicosidici che invece sono molto presenti nel collagene di tipo II, altamente immunologico (20). Inoltre il tipo I è più sicuro dal punto di vista immunologico per l’assenza di Triptofano e la presenza soltanto di tracce di Tirosina (21). E’ molto importante anche il processo d’estrazione e purificazione poiché il collagene viene reso atelopeptidico mediante la rimozione con enzimi selettivi delle estremità globulari dette “telopeptidi” della struttura a triplice elica. Questo trattamento priva il collagene di tipo I dei pochi aminoacidi aromatici quali Tirosina e Triptofano (presenti nel telopeptide). I test eseguiti su animali o i vari utilizzi che si sono effettuati sull’uomo (ad esempio interventi chirurgici endocavitali nel corso dei quali le spugne di collagene venivano lasciate nella sede d’intervento fino a completo riassorbimento) non hanno evidenziato sviluppo di anticorpi anticollagene nel corso dell’anno successivo all’intervento (22). Nello sviluppo di questi materiali a base di collagene si è mirato soprattutto all’ottenimento di un prodotto stabile e atossico. Per questo durante la produzione si utilizzano metodi che non alterano la stabilità della molecola. Infatti il collagene è sottoposto a cross-linking di tipo fisico, tale da rendere più compatte e organizzate le fibre, non alterare in alcun modo la struttura delle proteine e non lasciare residui. 17 La qualità del collagene e dei prodotti da esso derivati sono garantiti da metodiche produttive e analitiche validate che garantiscono la sicurezza del prodotto in tutte le varie fasi: raccolta da macelli controllati, estrazione e purificazione del collagene, produzione dei dispositivi medico-chirurgici, confezionamento e sterilizzazione. Il collagene utilizzato nella nostra sperimentazione è estratto dal tendine di Achille bovino. Il processo estrattivo che lascia intatta la struttura del collagene è stato giudicato idoneo dalle Autorità Sanitarie. La scelta del tendine come materia d’origine per l’estrazione del collagene è dovuta innanzitutto alla sicurezza microbiologica di questa sede anatomica e dal fatto che quest’organo è costituito da collagene di tipo I. La soluzione finale di collagene contiene 0,95 ± 0,02 mg/ml di collagene come stimato dal dosaggio d’idrossiprolina. La soluzione così ottenuta viene sterilizzata sotto raggi gamma (0,5 – 1,5 Mrad) e conservata a 4°C (23). Questo collagene si può trovare sia in forma di gel sia di placchette spugnose, queste ultime da noi utilizzate per la sperimentazione. L’utilizzo di queste placchette spugnose è d’estrema importanza in quanto, oltre ad essere ottimi substrato per lo sviluppo dei condrociti, consentono che questi ultimi si dispongano tridimensionalmente così come avviene in vivo. b) Isolamento dei condrociti La cartilagine è stata asportata dal condilo femorale di un Paziente di sesso maschile di anni 63 sottoposto a resezione 18 testa e collo femorale per osteoartrosi e sostituito con artroprotesi. L’isolamento dei condrociti è stato eseguito nel modo sotto descritto: 1) Pesare una capsula petri contenente circa 20 i ml di DMEM completo senza FCS. 2) Scalzare via la cartilagine dall’osso e poi sminuzzarla fino ad ottenere dei pezzi piccoli, aiutandosi con un bisturi sterile. 3) Trasferire il prelievo (che arriva dalla sala operatoria immerso in soluzione fisiologica) nella capsula petri suddetta e pesare il tutto. Si ottengono così i mg di cartilagine recuperata. 4) A questo punto si possono effettuare due lavaggi con 20 ml di D-MEM completo senza FCS e procedere con l’isolamento. Altrimenti si può lasciare la cartilagine sminuzzata in incubatore ed isolare i condrociti il giorno dopo. 5) Effettuare una prima digestione con Ialuronidasi 0.1% (10 mg di enzima/10 ml di D-MEM completo senza FCS per 1 gr di cartilagine oppure 20 mg di enzima/20 ml di D-MEM completo senza FCS per 2 gr di cartilagine), a 37°C per 30 minuti. L’enzima viene filtrato con filtro da 0.22 µ.m. 6) Lavare due volte con 20 ml di D-MEM completo senza FCS. 7) Incubare con Pronasi 0.5% (50 mg di enzima/10 ml di DMEM completo senza FCS per 1 gr di cartilagine oppure 100 mg di enzima/20 ml di D-MEM completo senza FCS per 2 gr di cartilagine), a 37°C per 60 minuti. L’enzima viene filtrato con filtro da 0.22 µ.m. 19 8) Lavare due volte con 20 ml di D-MEM completo senza FCS. 9) Raggruppare i pezzetti di cartilagine, aiutandosi con un bisturi e trasferirli in una bottiglia sterile contenente un magnetino. 10) Incubare con Collagenasi 0.2% (40 mg di enzima/20 ml di D-MEM completo senza FCS per 1 gr di cartilagine oppure 80 mg di enzima/40 ml di D-MEM completo senza FCS per 2 gr di cartilagine), a 37°C (bagno termostatato), in agitazione per circa 45 minuti. L’enzima viene filtrato con filtri da 0.4 e 0.22 µ.m. Fermare la reazione solo quando i pezzetti di cartilagine sono totalmente digeriti. 11) Filtrare la sospensione con filtri di nylon da 100 e 70 µ.m. e trasferirla in una provetta sterile. 12) Portare a volume (circa 50 ml) con D-MEM completo con FCS e centrifugare a 1800 rpm per 15 minuti a 4°C. 13) Eliminare il S/N e risospendere il pellet in 10 ml di D-MEM completo con FCS e ricentrifugare a 1800 rpm per 15 minuti a 4°C. 14) Conta con eosina o blu di Toluidina. 15) Si possono seminare le cellule a bassa densità (5.000 – 30.000 cellule/cm quadrato) o ad alta densità (da 200.000 cellule /cm quadrato) in fiasche o su piastre Petri. Le cellule vengono messe in un incubatore a 37° e 5% di CO2, il terreno di coltura viene cambiato ogni 2-3 giorni. Dopo 2 settimane si procede a staccare le cellule dalla fiasca o dalla Petri mediante tripsinizzazione. 20 c) Tripsinizzazione delle cellule ♦ Prelevare il surnatante ♦ 2 lavaggi MOSH 1X (4 ml per le piastre da 6/8 wells, 5 ml per le F25, 10 ml per le F75, 20 ml per le F150) ♦ Incubare con Tripsina EDTA IX (2 ml per le piastre da 6/8 wells, 4 ml per le T25, 7 ml per le T75, 14 ml per le T150) ♦ Bloccare con terreno (4 ml per le piastre da 6/8 wells, 8 ml per le T25, 14 ml per le T75, 28 ml per le T150) ♦ Centrifugare 7 minuti a 1800 rpm Risospendere le cellule in terreno Le cellule così ottenute vanno seminate (da 250.000 a 1 milione e 500.000 per cm quadrato) sul supporto opportunamente preparato. d) Trattamento del biomateriale di supporto Per eliminare l’acido acetico presente nelle membrane e renderle pertanto idonee Il giorno prima della semina le membrane: vengono lavate due volte con 3 ml di acqua sterile a temperatura ambiente per 30 minuti; lasciate a bagno in 5 ml di acqua sterile a temperatura ambiente per una notte; Il giorno dopo previo controllo del pH (si deve raggiungere pH7) dell’acqua, le membrane sono lavate 21 per 3 volte di 15 minuti ciascuna con 3 ml di PBS 1 x e quindi incubate con 3 ml di DMEM completo per 5 minuti; A questo punto dopo ulteriore controllo del pH, le membrane di collagene sono trasferiti sulla Petri e lasciate in incubatore a 37 gradi C per circa 1 ora. Questo tempo serve a fare in modo che le membrane si asciughino, diventando così supporto più idonei all’adesione dei condrociti al momento della semina. Si cambia il terreno ogni 2 giorni e dopo 2 settimane la coltura di condrociti su supporto è pronta per essere fissata in formalina, inclusa in paraffina ed esaminato dopo opportune colorazioni. e) Preparazione D-MEM per colture di condrociti TERRENO COMPLETO: - 10 ml glutammina 1% ( 200 mM) - 6 ml Penicillina-Streptomicina 1% - Portare a 500 ml con DMEM 1X TERRENO COMPLETO con FCS: - 10 ml glutammina 1% ( 200 mM) - 6 ml Penicillina-Streptomicina 1% - 50 ml Siero bovino fetale 10% - Portare a 500 ml con DMEM 1X 22 3) RISULTATI L’estrazione dei condrociti, ottenuta nel nostro esperimento dalla cartilagine della testa femorale, ha permesso di ottenere 2 milioni di cellule che abbiamo seminato in fiasca F 75 (foto3). Foto 3 Le cellule impiegano circa 1 settimana per aderire alla fiasca e 1 settimana per moltiplicarsi. Le cellule perdono il loro aspetto tondeggiante, assumendo forma fusata e ramificata e si moltiplicano. Foto eseguite alla fine I settimana di semina 23 Foto 4 coltura primaria di condrociti (20 X) Foto 5 colture primarie di condrociti (40 X) Foto eseguite all’inizio della II settimana: cellule molto voluminose, globose e molto ramificate (foto 6). Foto 6 coltura primaria in subconfluenza (10X) 24 Foto 7 coltura primaria in subconfluenza (40X) Dopo 3 settimane si procede a staccare le cellule dalla fiasca tramite tripsinizzazione e a riseminarle (1 milione per cm quadrato) sul supporto trattato opportunamente. Foto eseguita alla fine della II settimana in confluenza (foto 8). Foto 8 (20X) 25 Foto 9: disco Petri con terreno di coltura e supporto prima della semina Si cambia il terreno ogni 2 giorni e dopo due settimane la coltura dei condrociti viene fissata in formalina, inclusa in paraffina ed esaminata dopo opportune colorazioni al microscopio. Colorazione Alcian PAS della matrice per evidenziare i mucopolisaccaridi extracellulari (foto 11 - 12). Foto 11 A PAS (10X) 26 Foto 12 A PAS (20X) Immunmoistochimica (ICH) vicentina (marcatore cellule mesenchimali in genere e quindi dei condrociti) (Foto 13) Foto 13 27 4) DISCUSSIONE La mobilità delle ginocchia e delle articolazioni in genere, dipende dalla cartilagine che riveste le estremità dell’osso a livello delle articolazioni; la cartilagine può’ venire danneggiata a seguito di traumi e subire delle lesioni che possono estendersi sino all’osso. Queste lesioni determinano dolore e limitazione motoria. La cartilagine mostra assente capacità all’autorigenerazione in “vivo”; pertanto queste lesioni permangono per anni e possono portare ad ulteriori processi degenerativi osteo –artritici, dove si osserva una alterazione sino all’erosione di parte o tutta la cartilagine circostante il difetto. In caso di osteoartrite grave può essere necessario il ricorso ad una artroprotesi. Sono state proposte alcune tecniche chirurgiche per alleviare il dolore e tentare di riparare la cartilagine danneggiata. La condroplastica, ad esempio, prevede la pulizia del letto della lesione e dei bordi della stessa. Altre tecniche prevedono in primo luogo la pulizia della lesione e in seguito la perforazione dell’osso sottostante; in questa maniera le cellule del midollo osseo migrerebbero nell’articolazione, dando origine a tessuto fibroso. Purtroppo a lungo termine i risultati non sono soddisfacenti, né sul piano clinico, né su quello istologico. Il tessuto fibroso neoformato infatti non ha le caratteristiche di durezza e scorrevolezza proprie della cartilagine articolare e pertanto questo tessuto è destinato ad alterarsi con il passare del tempo. Uno studio svedese pubblicato nell’ottobre del 1994 sul New England Journal of Medicine (12) ha dimostrato che è possibile 28 rigenerare cartilagine di tipo ialino tramite trapianto di condrociti autologhi. La tecnica consiste nel far crescere le cellule del Paziente in laboratorio e nel riapplicarle, in forma di sospensione, all’interno del difetto, utilizzando un lembo periostale a tenuta ermetica per trattenerle in situ ed evitarne la dispersione nella capsula sinoviale. E’ stato infatti verificato che i condrociti, una volta liberati dalla loro matrice, tramite digestione enzimatica, e coltivati in laboratorio in mono –strato, perdono rapidamente il loro aspetto morfologico tondeggiante e le loro caratteristiche biochimiche, assumono un aspetto – fenotipo fibroblastico e si dividono attivamente. La presenza di una lesione cartilaginea viene normalmente riscontrata durante un esame artroscopico. Durante tale esame, si può procedere ad un prelievo di una piccola quantità di cartilagine sana in una zona non di carico. La biopsia viene quindi inviata al laboratorio di colture cellulari, dove i condrociti si moltiplicano in accurate condizioni di asepsi. 29 Dopo circa 3 – 4 settimane le cellule sono in numero sufficiente per essere re-impiantate; trattandosi di cellule autologhe, non vi sono rischi di infezioni o di reazioni di rigetto. A questo punto si procede alla seconda parte dell’intervento: si incide l’articolazione, si raschiano i bordi e si pulisce il letto della lesione, rimuovendo la cartilagine danneggiata così da rendere l’area atta a ricevere le cellule coltivate. Una piccola incisione viene eseguita sulla tibia per prelevare un lembo di periostio che ricopre la parte anteriore e mediale della superficie ossea. Il lembo viene quindi suturato sopra la lesione ed il ricettacolo così creato potrà ricevere i condrociti coltivati. Le cellule aderendo all’osso sottostante, rigenereranno gradualmente un nuovo tessuto cartilagineo che nel tempo caratteristiche simili alla cartilagine originaria (24). 30 assumerà L’impiego di componenti cellulari supportati da scaffolds adeguati, potrebbe condurre a risultati positivi nella riparazione del tessuto articolare, consentendo un miglioramento della tecnica chirurgica (25). L’impiego di scaffolds consente infatti di migliorare l’attecchimento e la riproduzione cellulare, di trattenere “fisicamente” le cellule nella zona da riparare e di dirigere l’orientamento spaziale dei componenti della matrice. Tali supporti devono avere le caratteristiche di essere biocompatibili, biodegradabili moltiplicazione cellulare e e la devono produzione consentire di la matrice, assicurandone contestualmente la nutrizione (26). Non meno importante nel caso di trapianto di cellule condrocitarie, questi supporti devono permettere la riespressione del fenotipo originale che viene perso durante l’espansione in coltura monostrato; (27) il fenotipo differenziato del condrocita in 31 coltura è principalmente legato a 1) morfologia cellulare tondeggiante o poligonale e 2) sintesi di collagene di tipo II e di proteoglicani specifici della cartilagine contenenti condroitin solfato e cheratan solfato Numerosi materiali sono stati usati quali scaffolds nel trapianto di condrociti, in particolare agarosio, gels di acido ialuronico, colla di fibrina, collagene o alginato (28-29-30-31). I nostri risultati mostrano che le cellule di cartilagine articolare umana sono in grado di crescere su substrato di collagene di tipo I con produzione di matrice extra-cellulare come messo in evidenza con la colorazione Alcian PAS. Nel nostro caso le cellule hanno mantenuto fisionomia allungata fibroblasto – simile o poligonale con numerosi filamenti che crescevano in piccole colonie poligonali arrivando a confluenza in 14 giorni. Queste colture di condrociti su biomateriali, essendo impiegate per riparare lesioni cartilaginee permettono la fissazione e l’adesione dei condrociti trapiantati a livello dell’area cartilaginea sede delle lesioni. Tale biomateriale dovrebbe permettere la proliferazione cellulare e la formazione di matrice cartilaginea ed una malleabilità che possa favorire un adattamento spaziale ottimale all’interno di lesioni di qualsiasi forma. La ricerca e lo sviluppo di biomateriali su cui impiantare direttamente le cellule e la produzione di cellule della linea cartilaginea a partire da cellule staminali rappresentano i problemi rimasti aperti per il futuro. 32 totipotenti 5) CONCLUSIONI Il nostro studio ha permesso di verificare la possibilità di coltivare condrociti autologhi su supporto di collagene di tipo I. I risultati hanno dimostrato che i condrociti proliferano sia se coltivati in monostrato su fiasche o Petri (assumendo un aspetto fibroblasto – simile), sia su idoneo supporto con capacità di produrre matrice extracellulare. Queste colture di condrociti su supporto possono essere impiegate per riparare lesioni cartilaginee. 33 BIBLIOGRAFIA 1) Griffith LG, Naughton G. Tissue Engineering-current challenges and expanding opportunities. Science 2002; 295: 1009-14. 2) Vacanti CA, Vacanti JP. The science of tissue engineering. 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