gli sforzi - Dipartimento di Fisica

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Meccanica dei fluidi
GLI SFORZI
Un corpo solido può trovarsi in equilibrio statico pur essendo sottoposto a forze : in tal caso queste
ultime tendono a deformarlo.
Il rapporto tra l'intensità F della forza applicata e l'area A del corpo sulla quale detta forza agisce
uniformemente è chiamato sforzo:
Supponendo che il corpo sia vincolato in modo che l'applicazione di una forza non ne modifichi lo
stato di quiete, a seconda della direzione della forza rispetto alla superficie di applicazione abbiamo
vari tipi di sforzi:
Sforzo di trazione : si ha quando la forza viene applicata perpendicolarmente ed uniformemente ad
una superficie del corpo, in modo da tendere ad allungarlo.
•
Sforzo di compressione : si ha nelle stesse condizioni del punto precedente, solo che la
direzione della forza è tale da tendere ad accorciare il corpo.
•
Gli sforzi di trazione e compressione, deformando il corpo nella direzione in cui vengono
applicati, producono variazioni relative della lunghezza che si definiscono deformazioni:
Sforzo di taglio : si ha quando una forza è applicata tangenzialmente ad una superficie del
corpo. L'effetto di questo tipo di sforzo è chiamato deformazione di scorrimento.
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In questo caso la deformazione è definita deformazione di scorrimento e, relativamente alla figura
è definita come:
LE DEFORMAZIONI
La deformazione che può subire un corpo quale ad esempio una barra solida, quando sottoposta
a sforzo di trazione, ha un andamento come quello illustrato sotto:
Il grafico è lineare fino al punto 1 : tale comportamento è noto come legge di Hooke. In 2 è
permanentemente deformata e in 3 si rompe.
Il rapporto tra sforzo e deformazione nella zona lineare del grafico è una costante chiamata
modulo di Young E
•
Per lo sforzo di taglio e la relativa deformazione per scorrimento è invece definito un
modulo di scorrimento Ms:
I FLUIDI
Gli stati fondamentali della materia macroscopica sono quattro: solido, liquido, gas e plasma. I
primi tre possono essere raggruppati in solidi e fluidi.
I corpi solidi tendono ad essere rigidi e a mantenere la propria forma, mentre i fluidi tendono a
deformarsi scorrendo ( il temine fluido infatti deriva dal latino "fluere" = scorrere ).
I fluidi comprendono liquidi e gas.
I liquidi sono limitati da una superficie definita, che racchiude un volume definito, sia essa la
superficie di contatto con il recipiente o sia una superficie libera che separi il liquido in
questione da un gas o un altro liquido.
I gas tendono ad occupare tutto lo spazio consentito dal recipiente, adottando come superficie
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limite quella del recipiente stesso.
Sottoposti a sforzi di taglio i fluidi tendono a deformarsi per scorrimento ed è possibile dare una
definizione proprio in base a questa proprietà:
definiamo fluido un mezzo continuo nel quale, in equilibrio, gli sforzi siano sempre normali
alle rispettive superfici, ovvero un mezzo che non possa sopportare sforzi di taglio senza
deformarsi per scorrimento.
Proprietà
• densità ρ, definita come il rapporto tra la sua massa e il suo volume:
•
•
•
•
•
•
•
Per un fluido omogeneo la densità può dipendere da fattori quali pressione e temperatura:
per i liquidi la densità varia molto poco al variare di temperatura e pressione, quindi anche
per ampie variazioni di queste ultime possiamo considerare costante;
per i gas la densità dipende sensibilmente da pressione e temperatura, ed è quindi necessario
precisare questi parametri quando si dá la densità di un gas.
La densità si misura in Kg/m³ o in g/cm³.
Direttamente dipendente dalla densità è il peso specifico, definito come il rapporto tra il
peso di un corpo ed il suo volume. Esso non è altro che ρ g :
L'unità di misura del peso specifico, quando la densità è misurata in kg/m³, è il N/m³.
La seconda proprietà di una sostanza è la compressibilità , definita come quel parametro
che indica di quanto diminuisce il volume con l'aumento della pressione.
Sotto questo aspetto solidi e liquidi sono praticamente incompressibili, e questa caratteristica
è praticamente indipendente da pressione e temperatura. I gas si comprimono con facilità,
dipendentemente da pressione e temperatura.
A questo proposito, per un corpo immerso in un fluido che tende a subire una diminuzione
del proprio volume a causa dell'aumento di pressione (forza riferita all'area della superficie
sulla quale è esercitata), si definisce il modulo di elasticità di volume B:
•
•
misurato in N/m², dove
è la diminuzione relativa del volume corrispondente alla
variazione di pressione . La compressibilità k non è altro che l'inverso del modulo di
elasticità di volume:
•
Abbiamo detto che praticamente i liquidi sono incomprimibili : in realtà variando pressione e
temperatura anche la comprimibilità di un liquido subisce un cambiamento, sebbene così
piccolo da potersi trascurare in prima approssimazione.
Il coefficiente di dilatazione ( di volume V ) di un liquido è β (misurato in °C-1) :
è quasi indipendente dalla temperatura T.
Tipicamente i liquidi tendono a dilatarsi al crescere della temperatura, e in generale circa 10
volte più dei solidi.
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LA PRESSIONE NEI FLUIDI
Definiamo la pressione come:
o, in simboli:
S.I. Pascal 1 Pa = 1 N/m²
c g s 1 Baria = 1 dina/cm²
Altre unità: bar; mmHg; atm.
PRESSIONE E ORIENTAZIONE DELLE SUPERFICI
• I fluidi sono stati definiti come quei mezzi che in equilibrio possono sopportare sforzi
normali alle rispettive superfici. Una conseguenza immediata di questo è che in equilibrio la
pressione su tutti gli elementi di superficie che passano per uno stesso punto è la stessa
qualunque sia la loro orientazione.
• Consideriamo (all'interno di una massa fluida in quiete) una terna di assi cartesiani con
origine in O: un piano generico ABC molto prossimo ad O isola una porzione di fluido di
volume infinitesimo a forma di tetraedro. Il tetraedro è soggetto al peso e alle forze di
pressione agenti sulle quattro facce.
•
Indichiamo con px ,py , pz le pressioni sulle tre facce normali rispettivamente agli assi x, y, z
e di area dSx , dSy ,dSz; con p la pressione sulla faccia ABC di area dS. Consideriamo le
componenti, per unità di superficie, delle forze normali alle rispettive facce. La componente,
che dà luogo a p, lungo x, è
se α è l'angolo tra x e la normale ad ABC diretta
verso l'esterno del tetraedro. Le componenti della forza di volume applicata al tetraedro
rispetto agli assi saranno ρXdV , ρYdV , ρZdV . Per l'equilibrio si dovrà avere:
•
Se il tetraedro è infinitesimo e si assume la lunghezza dei lati come infinitesimo del primo
ordine, ne segue che l'area delle facce è infinitesima del secondo ordine ed il volume del
terzo ordine. In queste condizioni è lecito trascurare quello del terzo ordine come
infinitesimo di ordine superiore. Ne segue che:
•
e poiché:
si ha
Con lo stesso procedimento si otterrebbe py = pz = p, e quindi dal fatto che la pressione
non dipende dall'orientazione dell'elemento di superficie al quale è applicata, si può parlare
di pressione nel punto O, senza specificare una superficie sulla quale esso agisca.
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•
FLUIDI IN QUIETE E CAMPI DI FORZE
Quando si parla di fluido in quiete si intende in quiete rispetto al recipiente che lo contiene,
indipendentemente dal fatto che quest'ultimo sia o no in moto rispetto l'osservatore.
Un caso interessante si presenta quando si considera un moto di rotazione rispetto
l'osservatore, come nel caso della centrifuga, che per quanto detto rientra nello studio dei
fluidi in quiete.
Un fluido in quiete contenuto in un recipiente in quiete è sottoposto al campo di forze
gravitazionale, ovvero ogni elemento di volume dV di fluido è sottoposto all'accelerazione
di gravità , diretta verso il basso e di valore costante pari a 9,8 m/s².
Nel caso in cui il recipiente ruoti con una velocità angolare costante ω, allora su ogni
•
volume dV agisce sia la forza peso
come nel caso del recipiente in quiete, sia la forza centrifuga
•
•
•
dovuta alla rotazione, dove
è un vettore perpendicolare all'asse di rotazione, orientato
verso quest'ultimo e di modulo pari alla distanza tra il punto in cui si trova dV e l'asse.
In totale quindi la forza agente è:
•
•
•
ovvero si può definire un campo
In figura è indicato l'andamento del campo per ω=0 e ω≠0
•
LA LEGGE DI STEVINO
Prendiamo una colonna di liquido di sezione A ed altezza h (la risultante delle forze sul piano
orizzontale sarà nulla in quanto la colonna considerata si suppone non avere accelerazione in
senso orizzontale). La massa di tale colonna liquida è:
ed il suo peso è:
• Indichiamo con po la pressione in cima alla colonna.
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Alla base della colonna la pressione sarà maggiore di quella alla sommità, perché oltre alla forza di
pressione sarà presente il peso della colonna. Indicando con p la pressione sul fondo, la forza verso
l'alto esercitata dalla superficie inferiore per bilanciare la forza esercitata dalla parte superiore sarà:
ovvero
Il risultato è appunto che la pressione aumenta linearmente con la profondità e ad una
profondità h essa è aumentata di una quantità rispetto alla pressione po della quota di
riferimento rispetto cui è misurata la profondità h.
• Questo risultato è noto come Legge di Stevino.
Possiamo ricavare la legge di Stevino in una maniera più rigorosa considerando un piccolo
elemento di fluido all'interno di un volume più grande (finché non si procede all'integrazione, le
equazioni che in seguito verranno riportate saranno valide sia per i liquidi che per i gas).
•
Ciascuna faccia del disco abbia area A e lo spessore sia dy. In queste condizioni la massa di
fluido contenuta nell'elemento di volume sarà
ed il suo peso
;
le forze che agiscono sul volume in questione sono il suo peso e le forze di pressione
esercitate dal fluido circostante:
Da cui
Ora nel caso di un liquido omogeneo possiamo considerare ρ e g costanti:
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IL PRINCIPIO DI PASCAL
Se applichiamo una forza di intensità F ad un pistone che comprime il liquido contenuto in un
recipiente di forma sferica, vedremo che quest'ultimo zampillerà dai fori con getti di lunghezza
pressappoco uguale e direzione iniziale perpendicolare a quella della parete sferica.
La velocità di fuoriuscita del liquido, inoltre, sarà tanto più elevata quanto maggiore è l'intensità
della forza applicata.
Tale fenomeno si spiega ammettendo che la pressione applicata dal pistone si trasmetta invariata
a tutto il liquido.
Principio di Pascal :
una pressione esercitata in un punto di una massa fluida si trasmette in ogni altro punto e in
tutte le direzioni con la stessa intensità (su superfici uguali).
Tale principio deriva dalla legge di Stevino:
aumentando la pressione po di una quantità ∆po, la densità ρ nella precedente equazione
rimarrà costante (liquido incomprimibile) e di conseguenza in P avremo un nuovo valore di
pressione p' :
La variazione di pressione avvenuta nel punto P dopo il cambiamento di quella alla quota di
riferimento è:
IL PARADOSSO IDROSTATICO
Una conseguenza della legge di Stevino è che la pressione dipende solo dalla profondità alla
quale essa viene misurata e non dalla forma del recipiente che contiene il fluido.
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Supponiamo che i recipienti abbiano tutti la stessa base. La forza che agisce sul fondo è F=pA =
ρghA = ρgV = mg = P; quindi sul fondo, la forza agente è uguale al peso del fluido contenuto nel
recipiente.
Il paradosso idrostatico consiste proprio in questo: pur essendo il peso del liquido contenuto nei
vari recipienti diverso a seconda dei casi, la forza esercitata sul fondo (nelle condizioni sopra
indicate) è uguale per tutti e tre i casi e pari al peso del liquido contenuto nel recipiente (1).
Il peso del liquido in 2 è maggiore di quello in 1 e quindi è maggiore della forza esercitata sul
fondo.
Il paradosso in questo caso si spiega con il fatto che parte del peso del liquido contenuto è sostenuto
dalla forza normale R, avente componente P' verso l'alto, esercitata dalle pareti del recipiente stesso.
In effetti la porzione di liquido ombreggiata è sostenuta dai lati del recipiente.
Nel caso del recipiente (3) la forza di reazione delle pareti del recipiente avrà una componente P'
verso il basso che andrà a sommarsi al peso del liquido a quella quota e darà comunque come
risultato una forza F di intensità equivalente al peso del liquido contenuto in (1)
PRINCIPIO DEI VASI COMUNICANTI
In un sistema di vasi comunicanti il fluido contenuto raggiunge la stessa quota
indipendentemente dalla forma dei recipienti.
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pB – pA=
Se le densità sono diverse:
Cioè:
(liquidi non miscibili in vasi comunicanti raggiungono altezze
inversamente proporzionali alle proprie densità).
DIMINUZIONE ESPONENZIALE DELLA PRESSIONE ATMOSFERICA
Le variazioni di temperatura della superficie terrestre determinano riscaldamenti e raffreddamenti
dell'aria e di conseguenza diminuzioni e aumenti di densità che si traducono in variazioni di
pressione.
Per il calcolo delle differenze di pressione dovute all'altitudine, possiamo spiegare l'andamento da
un punto di vista matematicamente più formale assumendo che la densità dell'aria sia
proporzionale alla pressione (cosa che sarebbe esattamente vera se la temperatura dell'aria fosse
costante ad ogni quota).
• Supponendo che anche la variazione del modulo dell'accelerazione gravitazionale g sia
trascurabile con la quota, potremo scrivere l'equazione dell'equilibrio di un volume
cilindrico infinitesimo di area di base dA ed altezza dy:
•
Poiché si è detto che ρ è proporzionale alla pressione si avrà:
•
dove ρ0 e p0 sono valori noti di densità e pressione a livello del mare.
Allora:
Che integrata dà:
In figura è riportato un grafico di variazione della pressione con l'altezza nell'aria e con la
profondità nell'acqua, supponendo una pressione di 1 atm a livello del mare.
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MISURE DI PRESSIONE
• I BAROMETRI A MERCURIO
– per le misure di pressione atmosferica;
•
I MANOMETRI A LIQUIDO
– per le misure di una qualsiasi pressione incognita assoluta o in riferimento alla
pressione atmosferica.
• Altri strumenti usati per misurare le pressioni sono:
•
I BAROMETRI METALLICI
– per le misure indirette di pressione atmosferica;
•
I MANOMETRI A DEFORMAZIONE
– per le misure indirette di pressioni qualsiasi: sfruttano le deformazioni prodotte dalle
pressioni incognite su opportuni rivelatori.
I BAROMETRI A MERCURIO
Il barometro di Torricelli è uno strumento a mercurio per la misura della pressione atmosferica.
Ideato da Evangelista Torricelli nel 1643, consiste in un lungo tubo di vetro riempito di mercurio e
immerso con l'estremità aperta in una bacinella piena anch'essa di mercurio.
Per la legge di Stevino
ovvero
I MANOMETRI A LIQUIDO
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I manometri misurano pressioni incognite sfruttando il fatto che la differenza di pressione è
direttamente proporzionale alla profondità del fluido.
Essi sono costituiti da un tubo ad U collegato ad una estremità alla pressione p da misurare e l'altra
è aperta all'aria: nel tubo è contenuto un liquido manometrico di densità ρ conosciuta.
Con questo tipo di manometro si misura la pressione differenziale ( o relativa ) p-patm che è data
da ρgh, dove h è la differenza tra le estremità delle colonne di liquido nei rami del tubo.
I BAROMETRI METALLICI
I barometri metallici sono utilizzati per misure rapide (anche se non molto precise) e richiedono una
preliminare taratura con un barometro a mercurio.
Il barometro olosterico è costituito da una scatola metallica vuota internamente e chiusa
superiormente da una superficie flessibile e ondulata per aumentare la superficie esposta. Le
deformazioni subite dal coperchio, dovute alla pressione atmosferica, sono equilibrate da una molla
elastica e, dopo essere state opportunamente amplificate, trasmesse ad un indice che si muove su un
quadrante. Le variazioni di pressione atmosferica producono quindi spostamenti dell'indice che, una
volta tarato attraverso un barometro a mercurio, permette una lettura diretta della pressione.
I MANOMETRI A DEFORMAZIONE
Questi manometri misurano indirettamente la pressione attraverso le deformazioni prodotte da
quest'ultima su opportuni rivelatori.
MANOMETRO BOURDON. Il rivelatore di pressione è costituito da un tubo di acciaio a forma di
spirale e a sezione ellittica, il cui interno è posto in comunicazione con il fluido di cui si vuol
misurare la pressione.
La pressione del fluido produce una deformazione che per la forma ellittica del tubo si traduce in un
allargamento della spirale. L'estremità della stessa è collegata per mezzo di un sistema di leve ad un
indice mobile che segnala su un'apposita scala le deformazioni della spirale al variare della
pressione.
La taratura avviene mettendo in comunicazione il manometro con fluidi a pressione nota; si segna
di solito lo zero sulla scala quando la pressione del fluido è uguale a quella atmosferica, per cui in
genere questi manometri indicano il valore della sovrapressione del fluido rispetto a quella
atmosferica.
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MANOMETRO PIEZOELETTRICO.
Il rivelatore di pressione è costituito da sostanze solide cristalline che hanno la proprietà di caricarsi
quando sottoposte a pressione. Le cariche prodotte a loro volta generano una differenza di
potenziale che si può amplificare e misurare. La differenza di potenziale è proporzionale alle
sovrapressioni applicate, per cui una volta tarato lo strumento per confronto esso misura
direttamente le sovrapressioni.
IL PRINCIPIO DI ARCHIMEDE
Se si pesa un corpo immerso in acqua si nota che la bilancia segna un valore inferiore a quello che
segnerebbe se il corpo venisse pesato in aria.
Principio di Archimede :
un corpo immerso in un fluido in equilibrio subisce una spinta diretta dal basso verso l'alto di
intensità pari al peso del volume del fluido spostato.
Dimostrazione teorica che diede Stevino nel 1586
In un fluido stazionario di densità isoliamo un volume V per mezzo di una superficie di contorno
impermeabile e priva di massa, di area S. Essendo la massa m del fluido contenuto in S in
equilibrio, il suo peso sarà controbilanciato dalle forze esercitate su esso dal fluido circostante e
poiché tali forze dipendono solo dalle condizioni all'esterno di S, qualsiasi altro oggetto avente la
stessa superficie esterna S necessariamente verrà sospinto verso l'alto dalle stesse forze, cioè da
forze la cui risultante è sempre uguale al peso del fluido spostato.
Abbiamo supposto il fluido in equilibrio e quindi la forza di Archimede non solo è diretta verso
l'alto ma deve passare per il centro di massa della porzione di fluido spostato : quest'ultimo punto è
detto centro di spinta e non coincide necessariamente con il centro di massa di un corpo immerso.
L'EQUILIBRIO
• Per discutere i diversi casi di equilibrio di un corpo immerso in un liquido (prendiamo un
caso particolare di fluido) è necessario confrontare le forze agenti su di esso: il peso di
intensità P e la spinta di Archimede di intensità S.
I tre casi che possono verificarsi per un qualsiasi corpo immerso in un fluido sono:
•
P > S : il corpo affonda;
•
P = S : il corpo è in equilibrio in ogni posizione;
•
P < S : il corpo galleggia.
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Per l'equilibrio del corpo galleggiante occorre che il centro di massa ed il centro di galleggiamento
stiano sulla medesima verticale.
Gli scafi delle navi sono sagomati in modo che il baricentro dello scafo si trovi al di sopra del
centro di galleggiamento, ma ad una distanza da questo tale che una possibile rotazione della barca
attorno al proprio centro di massa (cosa che modifica la forma della parte immersa e di conseguenza
il volume del liquido spostato) generi un nuovo centro di galleggiamento B', in un punto tale che la
forze agenti su esso e su G generino un momento che tenda a riportare la barca in posizione di
equilibrio orizzontale.
LA TENSIONE SUPERFICIALE
Nella materia allo stato liquido ogni molecola è circondata da altre molecole: le forze attrattive tra
molecole, per il fatto che ognuna di esse è completamente circondata da altre, si bilanciano
permettendo che ogni molecola si sposti liberamente.
Se una molecola che si trova nello strato limite viene sollevata, i legami tra essa e le molecole
adiacenti vengono tesi, generando una forza che tende a richiamare la molecola verso la superficie.
Allo stesso modo, appoggiando un corpo minuscolo sulla superficie di un liquido, le molecole
superficiali di quest' ultimo vengono spinte verso il basso generando una forza di richiamo diretta
verso l'alto.
La superficie di un liquido si comporta quindi come una membrana tesa.
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La tensione superficiale di un liquidi è il lavoro che deve essere fatto per portare un numero
sufficiente di molecole dall'interno del liquido alla superficie per poter formare una nuova area
unitaria di detta superficie.
Si definisce coefficiente di tensione superficiale ( misurato in N/m oppure in J/m2 ):
Le lamine liquide sono contrattili ed assumono la superficie minima compatibilmente con i vincoli e
le forze esterne applicate, cioè l'energia potenziale superficiale relativa alla configurazione di
equilibrio è minima.
Prendiamo il caso della superficie di separazione liquido-vuoto. La molecola di liquido è sottoposta
all'azione attrattiva delle molecole circostanti, azione che diminuisce rapidamente con la distanza e
si può ritenere sostanzialmente nulla ad una distanza r (100 - 1000 volte più grande del raggio
molecolare) dipendente dal tipo di molecola ma comunque dell'ordine di grandezza del , detto
raggio della sfera d'azione molecolare.
•
•
•
La molecola O1, la cui sfera d'azione molecolare r è interna al liquido, attira ed è attirata
simmetricamente da tutte le molecole che la circondano.
Molecole come O3 ed O4 che appartengono ad una lamina superficiale di liquido vengono
attirate dalle molecole sottostanti ( sopra esse non ce ne sono ) : la risultante delle forze di
coesione delle molecole è ed è crescente man mano che la molecola si avvicina alla
superficie del liquido.
La tensione superficiale viene misurata direttamente misurando la forza necessaria a
rompere la superficie del liquido sollevando un filo sottile dalla superficie stessa.
La forza necessaria ad estrarre un filo di massa m e lunghezza L è:
LA CAPILLARITÀ
Tubi di sezione molto piccola (del diametro di qualche decimo di millimetro) sono detti vasi
capillari: per questi non vale più il principio dei vasi comunicanti. L'innalzamento o la depressione
del livello del liquido dipende dal tipo di liquido (nel disegno sotto (a) è il caso dell'acqua che tende
a salire nei tubi e (b) quello del mercurio, che invece tende a scendere) ed è inversamente
proporzionale al raggio del tubo.
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Se la superficie del liquido è concava verso l'alto la tensione superficiale in corrispondenza delle
pareti del tubo sarà diretta verso il centro della superficie curva formata dal liquido e quindi avrà
una componente diretta verso l'alto. Il liquido, grazie a questa forza, salirà nel tubo finché la forza
verso l'alto dovuta appunto alla tensione superficiale non sarà equilibrata dal peso del liquido.
•
Il fenomeno è spiegato dal fatto che in un liquido esistono forze di coesione che fanno sì
che molecole simili si attraggano tra loro. La forza tra la molecola di un liquido e un'altra
sostanza (come il vetro della parete di un recipiente che contenga il liquido stesso) è detta
forza di adesione.
Si dice che il liquido bagna la superficie di un'altra sostanza quando le forze di adesione sono
grandi rispetto le forze di coesione: in questo caso la superficie di una colonna di liquido in un tubo
(ad esempio acqua in vetro) presenta una concavità verso l'alto (a) e si ha la risalita del fluido in
questione lungo un tubo capillare. Se le forze di adesione sono piccole rispetto quelle di coesione
(mercurio in vetro) la superficie del liquido in un tubo è convessa (b) ed il livello del fluido in un
sistema di vasi capillari comunicanti tende a decrescere al diminuire della sezione dei vasi.
Questo fenomeno è chiamato capillarità.
L'ASCENSIONE CAPILLARE
Quando un liquido bagna la superficie di un'altra sostanza le forze di adesione tra le molecole che
lo costituiscono sono grandi rispetto a quelle di coesione: la superficie di una colonna di liquido in
un tubo è concava verso l'alto.
•
Se la superficie del liquido è concava verso l'alto la tensione superficiale in corrispondenza
delle pareti del tubo sarà diretta verso l'alto (la forza F della figura): la componente verticale
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di questa forza è quella che sorregge il liquido ed ha modulo Fcosθ , dove l'angolo θ è quello
indicato in figura ed è detto angolo di contatto. Visto che la linea di contatto è lunga 2πr la
forza verticale è γ2πrcosθ .
•
Trascurando la lieve curvatura sulla superficie, il volume del liquido nel capillare è πr2h e
uguagliando la forza diretta verso l'alto al peso del fluido si ha:
•
•
da cui
Se θ = 90°, allora h = 0 ed il fluido non si innalza né si abbassa. Se θ è maggiore di 90°,
cosθ è negativo e così anche h: questo significa che il liquido si abbassa. L'altezza h è
proporzionale a γ , per cui più grande è il valore del coefficiente di tensione superficiale,
maggiore è l'effetto della capillarità e, al contrario, dipendendo dall'inverso del raggio,
l'effetto si accentua quando r è piccolo.
DINAMICA DEI FLUIDI
Per studiare il moto di un fluido sotto l'azione di forze possiamo suddividere il fluido in elementi di
volume infinitesimi ( detti particelle di fluido ) e seguirne il moto, generalizzando i concetti della
meccanica del punto materiale sviluppati da Lagrange,.
Questo modo di procedere ci impone però di dare le coordinate x, y, z di ciascuna particella e di
precisarne il comportamento in funzione del tempo t: E’ questo un compito improbo in quanto le
coordinate x, y, z al tempo t saranno funzione del tempo stesso e delle coordinate xo , yo , zo della
particella relative al tempo to.
È possibile descrivere il moto del fluido in modo più semplice determinando densità e velocità del
fluido in ciascun punto dello spazio ed in ogni istante.
Questo sarà il modo di procedere da questo momento in poi : vedremo cosa accade in un dato punto
dello spazio e in un dato istante, anche se non potremo evitare completamente di seguire le
particelle fluide nel loro moto, almeno per piccoli intervalli di tempo dt, visto che è alle particelle e
non ai punti dello spazio che si devono applicare le leggi della meccanica.
CARATTERISTICHE DEL MOTO DI UN FLUIDO
• Possiamo definire il moto di un fluido a seconda delle caratteristiche assunte dalla velocità
lineare ed angolare degli elementi costituenti il fluido stesso.
Velocità lineare :
• se è costante nel tempo per ogni punto dello spazio ( ma può variare da un punto all'altro )
allora il moto si dice stazionario : un esempio di ciò è una corrente molto lenta;
• se è funzione del tempo per ogni punto dello spazio il moto si dice non stazionario ; un
esempio di ciò sono le ondate di marea
• se varia in modo irregolare da punto a punto e da un istante all'altro il moto si dice
turbolento ; un esempio di ciò sono le rapide e le cascate.
•
•
•
•
Velocità angolare delle particelle del fluido attorno ad un punto:
se in corrispondenza di ogni punto gli elementi di fluido hanno velocità angolare nulla
attorno a tale punto il moto si dice irrotazionale ;
se in corrispondenza di ogni punto gli elementi di fluido hanno velocità angolare non nulla
attorno ad un punto il moto è rotazionale;
una piccola ruota a palette immersa nel fluido in moto ci indica se tale moto è irrotazionale o
meno a seconda che la rotella si sposti senza ruotare o no.
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Comprimibilità : se un fluido può muoversi senza modificare di molto la propria densità si dice
incomprimibile. Si può ritenere in generale che i liquidi fluiscano incomprimibilmente.
Anche i gas, che sono molto comprimibili, possono fluire senza importanti variazioni della loro
densità, come ad esempio nel moto dell'aria relativo alle ali di un aereo che voli a velocità
subsonica.
Viscosità, che è l'analogo dell'attrito nel moto dei solidi : si distinguono perciò fluidi viscosi o non
viscosi. La viscosità crea delle forze tangenziali tra gli strati di fluido che scorrono uno sull'altro col
risultato di dissipare energia meccanica.
FLUIDI IDEALI
Definiamo fluido ideale un fluido incomprimibile e a viscosità nulla.
I fluidi ideali in prima approssimazione possono essere presi a modello del comportamento dei
fluidi in generale.
Per formulare leggi che regolino il moto dei fluidi consideriamo un fluido ideale, cioè un fluido
incomprimibile e non viscoso; consideriamo inoltre il caso che si muova di moto stazionario e
irrotazionale.
Nel moto stazionario la velocità in ogni punto è costante nel tempo, cioè ogni particella che
transita per un qualsiasi punto P lo fa sempre con la stessa velocità in modulo e verso. Perciò se
tracciamo il percorso di una particella, questo sarà anche il percorso di ogni altra particella che
arriva in P : lo spazio occupato dalla corrente è quindi proprio un campo vettoriale.
La curva che descrive il moto della particella si chiama linea di flusso ed è tangente alla velocità
della particella in ogni suo punto.
Nel moto stazionario le linee di flusso non si incrociano mai, in quanto se lo facessero una particella
che arriva al punto di incrocio potrebbe proseguire lungo una linea o l'altra, quindi in uno stesso
punto potrebbe avere differenti valori di velocità, contrariamente all'ipotesi stessa di stazionarietà.
È possibile quindi dire che per il moto stazionario esiste una sola linea di flusso per ogni punto del
fluido e che l'insieme delle linee di flusso è fisso nel tempo.
Prendendo un fascio di linee di flusso otteniamo una superficie tubolare detta tubo di flusso
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•
Per l'ipotesi di incomprimibilità del fluido osserviamo che il volume del fluido che in un
certo tempo attraversa la sezione del condotto non varia con la sezione, altrimenti si avrebbe
accumulo o rarefazione di fluido in alcune regioni nelle quali la densità aumenterebbe o
diminuirebbe in contraddizione con l'ipotesi di incomprimibilità.
L'EQUAZIONE DI CONTINUITÀ
Supponiamo di avere un condotto di sezione variabile. Per ipotesi il fluido sia incomprimibile
(viscoso o meno): ad un certo volume di fluido entrante nel tubo corrisponderà un ugual volume di
fluido uscente .
•
Se all'entrata, nel punto 1, la velocità del fluido è v1 e la sezione del condotto è A1,
nell'intervallo di tempo ∆t sarà passato un volume di fluido
•
•
Nel punto 2 la velocità del fluido non sarà necessariamente la stessa del punto 1 : sarà una
certa velocità v2 corrispondente ad una sezione A2 del tubo. Nello stesso intervallo di
tempo uscirà quindi dal punto 2 un volume di fluido
• Per l'incomprimibilità del fluido questi volumi saranno uguali e quindi :
•
•
•
•
•
Questa equazione è detta equazione di continuità.
La grandezza Qv è detta portata in volume e dall'equazione di continuità si deduce che
in una corrente stazionaria di un fluido incompressibile la portata in volume ha lo stesso
valore in ogni punto del fluido :
Nel caso di fluidi viscosi, poichè la velocità varia sulla sezione del condotto, v sarà la
velocità media e varrà: Qv= cost
Considerando il flusso stazionario di un fluido all'interno di un tubo di flusso di sezione
variabile e ponendoci nella condizione più generale per cui detto fluido sia comprimibile,
vediamo cosa accade all'interno del tubo tenendo presente la validità delle leggi di
conservazione di massa ed energia.
•
Il volume di controllo che prendiamo in considerazione sarà contenuto nel tubo tra due
sezioni A1 ed A2, dove le densità del fluido stesso saranno rispettivamente ρ1 e ρ2 .
Se nel tempo dt entra una certa massa di fluido attraverso A1, occupando il volume A1ds1,
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nello stesso intervallo infinitesimo di tempo una massa della stessa entità ma di volume
A2ds2 dovrà uscire dal tubo, proprio perché per la conservazione della massa all'interno del
tubo non ci potrà essere creazione o distruzione di materia.
•
•
Quindi:
Dividendo entrambi i membri per dt otteniamo così l'equazione di continuità per un
generico fluido in flusso stazionario (per ottenere questa equazione non è necessario
supporre il fluido incomprimibile):
•
•
•
L’EQUAZIONE DI BERNOULLI
Consideriamo ora un fluido ideale che scorra in un tubo di sezione e quota variabile :
•
•
Lo spostamento del fluido nel condotto porterà la massa che si trova tra i punti 1 e 2 a trovarsi
dopo un intervallo di tempo ∆t tra i punti 1' e 2'.
• La variazione tra le figure (a) e (b) riguarda le porzioni di massa fluida ombreggiate nella
figura sotto
•
•
Il volume entrante sarà uguale a quello uscente (per l'incomprimibilità):
•
•
•
Per effetto del movimento del fluido la massa ∆m nel tempo ∆t è stata spostata dalla quota
y1 alla quota y2 e la sua velocità è variata da v1 a v2.
La variazione di energia cinetica di questa massa è
•
La variazione di energia potenziale è:
•
•
Il fluido a sinistra dell'imboccatura del tubo che precede la massa ∆m eserciterà su essa una
•
forza di modulo
dove p1 è la pressione nel punto 1. Questa forza compirà un lavoro :
•
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•
Con un ragionamento analogo, alla fine del tubo, a destra della massa ∆m considerata, il
fluido che segue compirà su di essa un lavoro negativo:
•
•
•
•
•
•
•
APPLICAZIONI
Il tubo di Pitot : è un dispositivo che serve a misurare la velocità di flusso in un gas, che
fluisce all'altezza delle aperture in a.
•
•
Tali aperture sono parallele alla direzione del flusso e abbastanza lontane dall'imboccatura
del tubo in modo che velocità e pressione del gas nelle loro vicinanze abbiano valori non
perturbati dalla presenza del tubo stesso.
Nel ramo sinistro del manometro connesso alle aperture si trova la pressione statica della
corrente gassosa, che indicheremo con pa, mentre l'imboccatura del ramo destro è ad angolo
retto rispetto al moto della corrente gassosa, per cui in esso si rileva la pressione di arresto
totale pb ( dove b è il punto in cui la velocità del gas è nulla ).
Applicando l'equazione di Bernoulli ai punti a e b :
•
•
Se h è la differenza di altezza del liquido manometrico nei due rami e ρ’ la sua densità :
•
Da cui
•
•
L'EFFETTO VENTURI
Se la velocità di un fluido aumenta, la pressione diminuisce. Questo fenomeno è detto
effetto Venturi
•
•
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•
•
La diminuzione della pressione nel flusso di un fluido in corrispondenza di una diminuzione
della sezione è rilevabile sperimentalmente attraverso un apparecchio detto venturimetro :
da questa pressione è possibile ricavare la velocità del fluido nel tubo.
•
•
Il Venturimetro non è altro che un manometro differenziale che viene immerso nel fluido del
quale si vuole misurare la velocità di flusso.
•
•
IL TEOREMA DI TORRICELLI
•
•
•
•
•
I FLUIDI VISCOSI
Sperimentalmente rileviamo che è necessaria una differenza di pressione per spingere un
fluido attraverso un condotto orizzontale.
Questo in contrasto con l'equazione di Bernoulli che indica invece che per il moto
stazionario di un fluido lungo un tubo di sezione costante la pressione si mantiene invariata
lungo il tubo.
La spiegazione di questa discrepanza sta nel fatto che nell'esperimento reale abbiamo a che
fare con un fluido più o meno viscoso.
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•
•
•
•
•
•
In questo caso il tubo esercita una forza resistente sul fluido a contatto e a loro volta gli strati
di fluido esercitano resistenza di attrito tra loro. La velocità del fluido non è costante per
tutta la sezione del tubo : è massima al centro e nulla sul bordo.
Detta p1 la pressione nel punto 1 e p2 quella nel punto 2, si avrà che la differenza di
pressione tra detti punti è direttamente proporzionale alla portata Qv secondo una costante
di proporzionalità R che è la resistenza al moto da parte del fluido:
•
Un moto simile, dove si può immaginare tutto il fluido diviso in strati infinitesimi paralleli
tra loro che scorrono l'uno sull'altro, ciascuno con velocità caratteristiche, si dice laminare.
•
Tale tipo di moto si produce con un determinato fluido per un determinato valore di sezione
del tubo e quando la velocità non supera un determinato valore critico vo, tanto più piccolo
quanto maggiore è il raggio del tubo.
In caso di superamento di tale valore critico la stratificazione regolare è distrutta dalla
formazione di vortici che rimescolano il fluido e danno luogo a distribuzioni irregolari e
continuamente variabili di velocità, con il risultato che in media la velocità del fluido risulta
la stessa per qualsiasi valore di distanza dalle pareti del condotto a parte quella dello strato
immediatamente a contatto con queste ultime che è ancora nulla.
Questo regime si dice vorticoso o turbolento.
IL COEFFICIENTE DI VISCOSITÀ
Prendiamo un fluido confinato tra due lastre parallele di area A e distanti tra loro z. Teniamo
ferma la lastra inferiore e facciamo scorrere quella superiore con una velocità costante v
applicandovi una forza
•
.
•
Tale forza è necessaria perché il fluido vicino alla lastra superiore esercita su essa una
resistenza viscosa che si oppone al moto : ogni strato di fluido esercita su quelli adiacenti ad
esso una forza resistente di modo ché la velocità del fluido vicino alla lastra alla quale è
applicata la forza è v mentre è quasi nulla vicino alla lastra inferiore, variando linearmente
con la quota.
Il modulo della forza
risulta direttamente proporzionale a v e ad A ed inversamente
proporzionale alla distanza z tra le lastre attraverso un coefficiente di proporzionalità η
detto coefficiente di viscosità:
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•
•
•
Per una realizzazione pratica si possono considerare due recipienti cilindrici coassiali che
possono ruotare uno dentro l'altro, con il fluido contenuto tra le due superfici cilindriche
come in figura:
•
Assumendo r1~ r2, la formula per ricavare il coefficiente di viscosità può essere ricavato da:
•
•
•
•
•
•
•
•
r =(r1+r2)/2 ; la differenza r2-r1 rappresenta la variabile z nella formula.
Unità di misura: S.I. 1 N·s/m² =1 Pa·s
Cgs: Poise (P) 1 dyn·s/cm²
In un fluido viscoso che fluisce orizzontalmente a strati paralleli consideriamo due piani a
distanza infinitesima ds tra loro. Al di sotto della porzione di fluido considerata il resto della
corrente fluisce a velocità v, mentre sopra a velocità v + dv. La parte di fluido in moto più
rapido esercita su quello sottostante una forza di taglio F che tende ad accelerarlo mentre la
parte in moto più lento ne genera una che tende a ritardarlo.
Questa forza di taglio è proporzionale ad A ed F/A ha le caratteristiche di uno sforzo di
taglio : in un intervallo di tempo dt lo strato superiore del fluido considerato è soggetto ad
una deformazione dΦ.
Per i fluidi lo sforzo di taglio è dato da :
•
dove η è il coefficiente di viscosità.
La differenza tra le distanze percorse nel tempo dt dalle particelle fluide comprese tra i due
piani orizzontali è pari a
•
e potendo scrivere
•
e
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•
lo sforzo viscoso è quindi proporzionale alla variazione di velocità di flusso in un tratto di
lunghezza unitaria in direzione perpendicolare a quella del flusso dv/dy.
•
Possiamo quindi scrivere :
LA LEGGE DI POISEUILLE
Il moto a velocità costante di un fluido viscoso ed incomprimibile in una tubatura di sezione
costante è laminare: consiste cioè nello scivolamento relativo di un numero infinito di cilindri
coassiali all'asse del tubo.
La variazione ∆p di pressione tra due punti situati rispettivamente all'ingresso ed all'uscita del
tubo è data da:
detta legge di Poiseuille, dove L è la lunghezza del tubo, r il suo raggio, il coefficiente di viscosità
del fluido e Qv la portata del tubo.
Essendo
possiamo definire la resistenza idraulica R
IL MOTO VORTICOSO
Il moto di un fluido viscoso e incomprimibile può avere due regimi diversi in uno stesso condotto: il
regime laminare, nel quale gli strati cilindrici coassiali hanno velocità crescente da zero per lo strato
aderente alle pareti del tubo al valore massimo corrispondente all'asse; il regime vorticoso o
turbolento, in cui gli strati liquidi acquistano velocità quasi uguale alla massima a breve distanza
dalle pareti e inoltre si formano vortici visibili all'interno del liquido.
Gli sforzi di taglio tra strati adiacenti di fluido, nel flusso laminare, sono causati in parte dalle forze
molecolari di coesione e in parte da scambi di quantità di moto dovuti al passaggio (per diffusione)
di molecole tra strati a differenti velocità. Nel flusso turbolento, invece, gli sforzi di taglio sono
causati dallo scambio di quantità di moto associato ad intere porzioni di fluido che si spostano.
Un flusso laminare, al variare di certe condizioni, può diventare turbolento .
Osborne Reynolds, attorno al 1883, studiò sperimentalmente e teoricamente la natura di queste
condizioni: attraverso esperimenti nei quali un flusso d'acqua di velocità regolabile era reso
osservabile iniettandovi dei coloranti, egli ricavò la formula di un parametro adimensionale che
caratterizza il tipo di moto del fluido:
numero di Reynolds.
Nella formula v è la velocità media del fluido rispetto al solido con cui viene a contatto, ρ è la sua
densità, η è il suo coefficiente di viscosità e d una grandezza caratteristica del solido (per una
tubatura cilindrica, ad esempio, quest'ultimo può essere identificato con il diametro).
Sperimentalmente è stato dimostrato che per tubature rettilinee di sezione circolare il flusso della
corrente fluida sarà laminare per valori di NR inferiori a 2000, mentre sarà turbolento per valori di
NR superiori a 3000.
Il numero di Reynolds corrisponde al rapporto tra la forza inerziale Fi e quella viscosa Fv ovvero
alla relazione
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Possiamo considerare come ordine di grandezza della forza d'inerzia (considerando v costante):
mentre dimensionalmente (vedi la definizione del coefficiente di viscosità) l'ordine di grandezza
della forza viscosa nella situazione considerata è :
e quindi
Poiché nel flusso turbolento prevale la forza d'inerzia e in quello laminare la forza viscosa, grandi
valori di NR potranno essere associati alla turbolenza, mentre valori più bassi al flusso laminare.
LA RESISTENZA AL MOTO DI UN CORPO IN UN FLUIDO
I concetti di moto laminare e vorticoso possono essere estesi al caso di un corpo che sia in moto
rispetto al fluido in cui è immerso. Mettendosi in un sistema di riferimento solidale al corpo, il
numero di Reynolds per il moto del corpo con velocità v relativa al fluido avrà forma analoga
all'espressione precedente:
dove questa volta d indica il diametro medio del corpo.
George Stokes, nel 1845, prese in considerazione il problema solo per un caso particolare, quello di
un oggetto di forma sferica, completamente immerso in un fluido in moto laminare, di densità
costante ed incomprimibile. Per questa situazione egli ricavò che il modulo della forza di attrito che
agisce sul corpo si esprime come:
In questa formula Fr è il modulo della forza ritardante, η è il coefficiente di viscosità del fluido, r è
il raggio della sfera e v il modulo della velocità della sfera rispetto il fluido.
Se il moto invece è turbolento le forze inerziali dominano su quelle viscose e la forza di resistenza
è:
,
c è il coefficiente di resistenza.
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