Superficie La nozione matematica di superficie è una delle più delicate, mentre nel linguaggio comune il termine superficie è usato in un’accezione più vasta. Ad esempio, sfere, coni e cilindri sono intesi tutti come superficie e l’idea comune di superficie è legata ad oggetti visualizzabili nello spazio. In realtà, nel linguaggio matematico, le sfere ed i cilindri ottenuti come luogo di rette parallele incidenti una curva piana semplice, priva cioè di autointersezioni, sono superficie immerse nello spazio e quindi visualizzabili in esso; i coni, come luoghi di rette incidenti una curva piana semplice, priva cioè di autointersezioni, e passanti per un punto (vertice) che non appartenga al piano della curva, pur essendo visualizzabili nello spazio, non sono superficie, possedendo nel vertice un punto singolare (privo di piano tangente). Infine, esistono superficie “astratte” che non possono essere immerse e quindi visualizzate nello spazio, senza consentire autointersezioni e quindi punti singolari. Una superficie M è per definizione una varietà differenziabile reale di dimensione 2. In termini elementari, possiamo dire che una superficie è un insieme M (dotato di una struttura, detta topologia, che consente di parlare di continuità per applicazioni definite su M) che può essere a “pezzi” descritto mediante applicazioni definite su aperti di R2, bigettive, continue con inverse continue. Si dice che M è localmente omeomorfo a R2. La descrizione deve però essere coerente, nel senso che si deve poter passare in modo continuo, anzi differenziabile, da un pezzo ad un altro, se la loro intersezione è non vuota. Questa è sostanzialmente l’idea che si usa in cartografia per rappresentare ad esempio il globo terrestre. Le applicazioni locali che descrivono i pezzi di M si chiamano carte, non sono isometrie, cioè non conservano le distanze, e l’insieme delle carte si chiama atlante. Formalizzando, si ottiene: M è una superficie se è uno spazio topologico di Hausdorff con le seguenti proprietà: esiste una famiglia (M)I di aperti tale che si abbia: I M = M, e, per ogni , esiste un omeomorfismo, cioè un’applicazione bigettiva, continua, con inversa continua, u: M u(M), dove u(M) è un aperto di R2 nella topologia naturale. per ogni , tali che MM sia non vuota, deve essere differenziabile l’applicazione u ° u-1 : u(M M) u(M M). La coppia (M , u) si dice carta. Sostituendo R2 con Rn si ottiene la definizione di varietà differenziabile reale di dimensione n. Una nozione importante per le varietà è la nozione di orientabilità. Questa nozione può essere introdotta in diversi modi equivalenti. Ci limitiamo a considerare superficie M immerse in R3. Una tale superficie si dice orientabile se esiste un’applicazione continua G: M S2 che ad ogni punto P di M associa un vettore di R3, di lunghezza 1, ortogonale al piano tangente in P a M. Ad esempio sono orientabili: la sfera, il toro, il cilindro, non è orientabile il nastro di Möbius e di conseguenza non sono orientabili le superficie astratte: la bottiglia di Klein, il piano proiettivo reale. 3 superficie immerse in R3