Farmaco ed infermiere: quale autonomia

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI GENOVA
FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA
“CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA”
POLO DI LA SPEZIA
Relatore: Dott. Gian Carlo Canese
Studente: Daniele Bilotti
Matr. 3145683
Correlatore : Dott.ssa Giovanna Rizzo
Anno Accademico 2009-2010
INDICE
INDI
CE
Ringraziamenti
Prefazione
Introduzione
Pag. 3
Pag. 5
Pag. 6
Pag. 12
1.1.
Capitolo Primo
Evoluzione storica delle funzioni
infermieristiche e legislazione
Evoluzione infermieristica storica
1.2.
Evoluzione legislazione infermieristica
Pag. 22
2.
Capitolo Secondo
Responsabilità infermieristiche ed errore
terapeutico
Capitolo terzo
Farmaco e sue somministrazioni
Farmaco, farmacocinetica ed i loro effetti
Pag. 356
3.
3.1.
3.2.
Pag. 12
Pag. 55
Pag. 55
Pag. 64
3.3
Assorbimento e vie di somministrazione (
pregi e difetti)
La terapia
3.4
La terapia orale
Pag. 76
4.
Pag. 72
Pag. 81
4.1
Capitolo Quarto
governo clinico e clinical pathways
Il Governo clinico.
4.2
Clinical pathways
Pag. 99
5.
Pag. 81
Capitolo Quinto
Educazione terapeutica nella
somministrazione del farmaco
Conclusioni
Pag. 110
Allegati
Pag.147
Bibliografia
Pag.159
Sitografia
Pag. 168
Pag. 142
2
Ringraziamenti
Prima di tutti voglio ringraziare Dio.
Illuminandomi mi Ha dato l' opportunità di percorrere questo
stupendo cammino che oggi, infine, mi ha portato a scrivere e
discutere questa Tesi Universitaria.
Lo ringrazio per avermi dato l' occasione di entrare nel cuore dei
pazienti e Ringrazio perché ognuno di loro sono allo stesso tempo
rimasti nel mio cuore.
Ringrazio i miei strepitosi genitori Gerardo e Michelina che mi hanno
sostenuto con anima, cuore mente ed anche in maniera economica,
per far si che completassi gli studi.
Ce l' ho messa tutta per non deludervi, essere orgogliosi di me e
comunque non sarà solo una vita abbastanza lunga per potervi dire
grazie…...
Ringrazio di cuore il mio Direttore Universitario, nonché Relatore di
Tesi: il
Dott. Gian Carlo Canese che con cuore di padre ci ha
cresciuto, inculcandoci lo spirito della professione infermieristica.
Le Tutors : Daniela Corbari e Maria Zermira Monti che con la loro
professionalità e simpatia ci hanno stimolato e
educato durante
tutto il nostro percorso formativo .
Soprattutto voglio ringraziare in modo del tutto speciale la mia Tutor,
la dott.ssa. Giovanna Rizzo, mi ha insegnato molto trasmettendomi
tanta della sua esperienza oltre che della propria professionalità.
3
Ringrazio il mio grande amico, l' Ing: Giovanni Bonanini. E tutti i
miei Compagni di corso per l’amicizia donatomi in questo percorso
di studi insieme…
Grazie a tutti coloro che hanno creduto in me ………. .
PREFAZIONE
4
“L’assistenza è un’arte;
e, se deve essere realizzata come un’arte,
richiede una devozione totale ed
una dura preparazione,
come per qualunque opera
di pittore o scultore;
con la differenza che non si ha a che fare
con una tela o un gelido marmo,
ma con il corpo umano,
il tempio dello spirito di Dio.
E’ una della belle Arti
Anzi, la più bella delle Arti Belle”
Florence Nightingale
INTRODUZIONE
5
Uno dei perni centrali che rientrano nella professione Infermieristica
è la gestione e somministrazione del farmaco.
Lo definisco perno centrale perché è un' attività molto delicata che
porta a dei rischi molto seri sia per l’ operatore che per il paziente
coinvolto. Ovvero: uno sbaglio qualsiasi può
creare un danno al
paziente, o ancora peggio mettere in serio pericolo la
vita dello
stesso.
Come tale, questo errore, fa gravare sul' infermiere durante la
somministrazione della terapia, un altissimo grado di responsabilità
portando con se tutte le complicanze del caso.
Tale “grado” è ovviamente regolato e disciplinato da norme ben
precise che chiariscono in maniera netta la responsabilità che ha l'
infermiere sotto gli aspetti di ordine penale, civile e disciplinare in
caso di errore durante la somministrazione del farmaco oltre alla
gestione anche le relative modalità di conservazione. Infatti il rischio
farmacologico, preoccupa a livello sia nazionale che internazionale
tutto il personale sanitario.
Come rileva un articolo su Medscape1 dove analizza i dati più recenti
e cerca di fare un punto della situazione.
Già nel 1999 l’Institute of Medicine statunitense aveva pubblicato un
1
Medscape è una risorsa web per i medici e altri professionisti della salute
6
rapporto secondo il quale si registrano negli USA circa 7000 decessi
l’anno per errori di somministrazione dei farmaci. Successivamente
il rapporto del 2006 ha mostrato che la situazione non è affatto
migliorata da allora2.
In Italia il tema è stato ripetutamente segnalato e monitorato dalla
Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (SIFO), che all'argomento
ha tra l'altro dedicato un
convegno lo scorso autunno, durante il
quale si è deciso di investire a fondo per garantire una sempre
maggiore sicurezza.
Per la precisione, non solo in ospedale si verificano episodi di errori
di somministrazione dei farmaci, ma a volte gli stessi pazienti
sbagliano nella auto-somministrazione del farmaco.
Matthew Grissinger3, esperto in analisi della sicurezza in medicina,
2
Hahn KL. The “Top 10” drug errors and how to prevent them. Medscape 2007.
3
Matthew Grissinger, RPH, FASCP Direttore, Programmi Segnalazione errori. Matthew
Grissinger ha una vasta esperienza in assistenza a lungo termine, di assistenza domiciliare, comunità e
farmacia (http://www.ismp.org/about/staff.asp)
7
ha identificato i farmaci maggiormente coinvolti in errori da parte dei
pazienti, il cui uso errato li porta ogni anno a numerose visite al
pronto soccorso. Esempio: insulina, anticoagulanti, amoxicillina,
aspirina, trimethoprim-sulfametoxazolo, paracetamolo, ibuprofene,
cefalexina e penicillina.
Sovradosaggi non intenzionali causano il 40 per cento delle visite al
pronto soccorso dovute a errori di assunzione di farmaci, seguiti dagli
effetti collaterali e dalle reazioni allergiche.
Gli errori più comuni sono: assumere dosaggi sbagliati o in orari
sbagliati,
dimenticare
di
prendere
il
farmaco,
interrompere
deliberatamente la terapia. Addirittura alcuni sbagliano di netto il
farmaco assumendo un farmaco al posto di un' altro o addirittura due
volte lo stesso.
In ospedale La somministrazione della terapia è effettuata dagli
8
Infermieri che sotto prescrizione medica somministrano il farmaco al
paziente.
Praticamente questi operatori sono il trait d' union che unisce la
terapia prescritta dal medico al paziente. Ma non è così semplice
come si potrebbe pensare.
Infatti spesso i ritmi frenetici della corsia, la troppa burocrazia, i
tempi ristretti che si possono creare in seguito ad una emergenza,
sempre in agguato in un reparto e la mancanza di personale, ridotto
sempre al minimo per ridurre i costi, portano l' infermiere ad uno
stato di stress e deconcentrazione che alzano in maniera esponenziale
il rischio di errori clinici.
Comunque guardiamo più affondo quali sono le medicazioni
"incriminate" somministrate in ospedale: insulina, morfina, cloruro
di
potassio,
albuterolo,
eparina,
vancomicina,
cefazolina,
paracetamolo, warfarin, furosemide.
9
Tra gli errori che vengono commessi in corsia, tra i più comuni
possono essere inclusi: lo scambio di farmaci con confezioni simili (
vedi il ckl), confondere farmaci diversi ma con nomi somiglianti,
errori nello scrivere e nel leggere le abbreviazioni delle unità di
misura delle dosi...
Talvolta gli errori possono essere imputabili a prescrizioni scritte a
mano con una grafia poco comprensibile, ad etichette ambigue o a
personale non adeguatamente preparato.
Oltre ai precedenti fattori in grado di aumentare gli errori in corsia,
possiamo prendere in esami altri passaggi chiave in cui si può
verificare un errore. E sono: acquisizione di informazioni sul paziente
e/o su uno specifico farmaco, comunicazione tra operatori sanitari e
con i pazienti, confusione creata da etichette, confezioni e nomi dei
farmaci,
conservazione
e
distribuzione
dei
farmaci,
somministrazione, eccessiva lunghezza dei turni, competenza dello
staff, livello di educazione terapeutica del paziente, qualità dei
sistemi di controllo (identificazione degli errori, ed analisi e
interventi per ridurli).
Esistono anche fattori ambientali che possono incidere e sono: scarsa
illuminazione, rumore, interruzioni.
In alcuni casi gli errori possono essere evitati con un passaggio in più
10
tra la prescrizione e la somministrazione, ad esempio con una
richiesta di conferma da parte del farmacista al medico che ha scritto
la prescrizione.
Una corretta comunicazione è, infatti, un fattore determinante:
abbreviazioni, calligrafie illeggibili, ordini verbali e ambigui,
problemi in prescrizioni via fax o via computer, o addirittura
telefoniche, sono tutte fonti di possibili incomprensioni e quindi di
errore.
Un altro modo di prevenire possibili errori, secondo l’opinione di
Henry Cobb4, è tentare di ridurre il carico di stress dei farmacisti
ospedalieri, il cui numero è spesso insufficiente. Identificazione delle
fonti di stress, risposte anticipate, sistemi di supervisione e feedback
e personale competente e numericamente adeguato possono ridurre
il numero di errori dovuti ad accumulo di ordini, confusione e orari
non stop.
4
Professore associato del College of Pharmacy della University of Georgia,
11
CAPITOLO PRIMO
1.1
evoluzione infermieristica storica.
“Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai
nulla del proprio presente.”5
L' Infermieristica è una disciplina scientifica, che per essere chiamata
con l’ aggettivo scienza, deve rispondere e soddisfare i “cinque
requisiti” che una materia deve avere, proprio per essere nominata
scienza.
Questi requisiti sono:
1) Campo di studio.
2) Metodo.
3) Scopo,
4) Campo di applicazione.
5) Ragione storica di esistere.
Perciò, applicando queste voci alla Materia Infermieristica, si può
notare che queste trovano facilmente una risposta.
Nello specifico l' infermieristica ha come campo di studio l' Uomo, il
metodo si basa sul processo di assistenza, per quanto riguarda lo
scopo è rendere la persona autonoma, identificando e soddisfacendo i
bisogni della persona mediante un processo educativo.
5
Frase di Indro Montanelli
12
Il campo di applicazione è ovviamente l' ambiente di vita e ultimo ma
non meno importante è la ragione storica di esistere. Infatti l'
infermiere è sempre stato presente nella storia e ha sempre avuto una
ragione storica per esistere; anche se non' è del tutto vero che l'
infermiere è sempre esistito. Più correttamente è il processo
assistenziale che è sempre esistito, fin dai tempi dell' uomo
primitivo,6 dove la donna curava i figli e l' uomo ferito che tornava
dalla caccia.
Successivamente si parla di assistenza con il popolo egizio che
addirittura nella loro cultura medica mettevano in atto ed eseguivano
i primi interventi chirurgici che ovviamente venivano erogati solo alle
persone più ricche o ai Faraoni, lo stesso valeva per l' assistenza di
6
R. F. Craven, C. J. Hirnle – “Principi Fondamentali dell’assistenza infermieristica”Casa ditrice
Ambrosiana 2007
13
base7.
L' evoluzione dell'assistenza continua ed arriviamo nell’antica Grecia
dove esistevano luoghi di cura di gran bellezza naturale, dove erano
prestate cure, solo a persone facoltose, in grado di affrontare le spese.
Queste cure venivano erogate nelle IATERIA o IATERION 8.
Questi, erano luoghi favolosi, costruiti in mezzo alla natura, dove i
sacerdoti e i medici, usavano come farmaco filtri di erbe mediche,
guarivano le persone ricche liberandole dai demoni che infliggevano
loro malanni.
Nel concetto greco della malattia è sempre stato rivelato la differenza
dall’aspetto fisico del corpo e quello spirituale voluto dagli dei.
Anche se la nascita del pensiero scientifico si può far risalire alla
comparsa delle prime scuole mediche in Italia (Scuola di Crotone e
Scuola di Sicilia), è in Grecia che avviene la completa e definitiva
7
G. Armocida B. Zenobio – “Storia della medicina” –
Biblioteca Masson 2002
8
E. Manzoni – “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” – Masson 2000
14
emancipazione del medico sul sacerdote con la costituzione del
concetto di "clinica".
Nell'antica Grecia la medicina veniva praticata nei Ginnasi9, nelle
Palestre e negli jatreia: il ginnasio era il luogo in cui i giovani
venivano formati culturalmente e fisicamente, mentre nella palestra
si allenavano gli atleti veri e propri.
L'uno e l'altra consentirono un certo sviluppo della chirurgia in
seguito alle non infrequenti lesioni in cui gli atleti incorrevano
nell'esecuzione degli esercizi fisici10.
Tutti coloro che lavoravano in queste strutture avevano conoscenze
abbastanza approfondite di traumatologia e massoterapia; i medici,
che solitamente visitavano in strutture pubbliche o private (jatreia),
venivano chiamati dal ginnasiarca solo nei casi più gravi.
Ora si passa ad un periodo storico molto complicato quanto
importante che riguarda il Medioevo. In questo periodo si
registrarono importanti segnali di una progressiva specializzazione
dell’arte medica. Si cominciarono a creare i primi rifugi per derelitti e
forestieri chiamati xenodochia e vennero create le prime infermerie
chiamate nosocomia nelle quali si prestavano cure agli ammalati.11
Questi erano i primi abbozzi degli ospedali inizialmente collegati ai
monasteri e poi progressivamente diventarono autonomi.
Nello stesso periodo nacquero le Misericordie associazioni di
9
G. Armocida B. Zenobio – “Storia della medicina” Biblioteca Masson 2002
10
C. Calamandrei – “L’assistenza infermieristica – Storia,
11
G. Armocida B. Zenobio – “Storia della medicina”
teoria, metodi” – NIS 1993
15
volontariato di impronta cristiana impegnate nel soccorso dei
cittadini.
Progressivamente però, si determina una carenza numerica di
religiosi: suore e frati, furono richiamati nei monasteri dalle regole
rigide del loro ordine.
Diventa necessario, ora più che mai, l’impiego di personale laico
pagato con un misero compenso, quindi vengono reclutati ex
carcerati, prostitute e povera gente.
L’assistenza decade a livelli vergognosi e malati appoggiati su
pagliericci sporchi, insieme ad altri, persino di sesso e patologia
diversa. I santi riformatori dell’assistenza sono i primi a credere che
l’assistenza, cosi come concepita, non basti più, serve un’assistenza
specifica: l' assistenza infermeristica.
16
Questi santi sono: Giovanni Ciudad
nato nel 1495
morto ex soldato di ventura, giocatore, vagabondo è quasi messo a
morte con l’accusa di rapina. Provo’ di persona, rinchiuso in un
manicomio, quanto fu il degrado organizzativo, e com’erano trattati i
malati di mente, egli cerco’ di migliorare l’aspetto della gestione
organizzativa dell’assistenza,facendo dormire i pazienti in letti puliti,
migliorando l’alimentazione in modo piu’ appropriato, i modi delle
degenza, istituendo corsie e dividendole per patologia e sesso.
Miglioro’ il trattamento nei manicomi, prese il nome di Giovanni di
Dio e fondo’ la confraternita dei Fatebenefratelli. Camillo De Lellis
(1550-1614).
Anch' esso era un soldato di ventura,
manigoldo,attaccabrighe. Fu ferito in battaglia e come esito gli rimase
una piaga cronica12. Nel suo girovagare si rivolse al convento di San
Giovanni Rotondo, dove fu curato con molta dedizione e
amorevolmente dai frati. Li ringrazio’ e ritorno’ alla sua vita di
sempre.
Torno’ a Roma, dopo poco tempo la piaga si riaprì, rincontrata
12
E. Manzoni – “Storia e filosofia dell’assistenza
infermieristica” Masson
17
l’incuria nell’ospedale in cui era ospite,capì quanto lavoro bisognasse
fare e quanto fosse importante dedicarsi al malato. Volle far
assistenza presso l’ospedale San Giacomo degli incurabili per “porsi
al servizio dei malati per solo amor di Dio”.
Vincenzo De Paoli (1581-1660).
Francese, fu grande
innovatore dell’assistenza, devoto del Papa, durante un suo viaggio fu
ferito e si accorse di quanto degrado ci fosse e di come tristemente
erano trattati i malati.
Lottò per migliorare le cure, all’interno degli ospedali, ma era
convinto che bisognasse farlo dando soprattutto rispetto all’uomo nel
suo ambiente naturale.
Sacerdote convinto si dedicò alla carità. Ora si comincia a parlare di
assistenza in un periodo storico che parte dal 1700 fino ai giorni
nostri dove si nota come l' evoluzione dell' assistenza abbia fatto un
passo enorme e come si è capito che l' assistenza infermieristica non
debba essere effettuata da persone normali ignoranti in materia, ma
che serve una figura specializzata che prenda in mano l' intera
assistenza del paziente.
Questa figura è l' Infermiere. Nel 700 la popolazione in Europa è
18
influenzata da una corrente di pensiero chiamata ILLUMINISMO13
che si propone di liberare l’umanità dal peso delle credenze e abolisce
i privilegi del clero, rende piu’ efficace l’amministrazione dello stato.
Le concezioni illuministiche investono anche il settore dell’ assistenza
e alla carità cristiana si sostituisce una solidarietà laica fondata sulla
ragione.
Si da importanza alle esigenze igieniche, si costruiscono ospedali con
padiglioni separati, ben illuminati e arieggiati.
Gli ospedali grazie ai progressi della medicina diventano luoghi di
cura veri e propri.
Le infermiere vengono considerate delle domestiche, il compito
principale consiste nelle pulizie, tutto viene gestito dalla Capo
Infermiera che diventa la padrona di casa; nello stesso tempo esiste
la studio da parte dei medici del corpo umano, con sperimentazione
sull’uomo soprattutto sul malato di mente.
Ma negli ospedali regna il caos, personale non qualificato, il
disinteresse, il lucro sono sovrani.
FLORENCE
NIGTHGALE14
1820-1910
.
Appartiene ad una famiglia ricchissima inglese, nasce a Firenze, e
13
C. Calamandrei – “L’assistenza infermieristica – Storia,
14
Gilbert Sinoué Titolo: La signora della lampada
teoria, metodi” – NIS 1993
19
grazie agli insegnamenti del padre ed al suo impegno ottiene
un’istruzione completa.
Animata da una profonda fede religiosa, identifica l’assistenza agli
ammalati come un modo per rendersi utile al prossimo, fortemente
contrastata in questo dalla famiglia e dal proprio ambiente sociale
per la cattiva reputazione delle infermiere del tempo. Fond nel 1860
la prima scuola per infermiere al Saint Thomas Hospital. Fonda la
concezione della moderna Assistenza infermieristica.
L'assistenza infermieristica è l’uso adeguato dell’aria fresca, della
luce, della pulizia, del calore, della tranquillità e della giusta scelta
nella somministrazione della dieta.
Tutto con la minor spesa di energia da parte dell’ ammalato15.
Negli USA, fino al 1870 l’assistenza era gestita in un modo orribile, i
malati vivevano in luoghi malsani, tre in due letti, assistiti da
carcerate o da prostitute senza alcuna cognizione d’assistenza. Fu
questo il motivo che spinse alcune infermiere della scuola Florence
Nightingale
ad
aprire
e
dirigere
scuole
di
Formazione
infermieristiche. Adelaide Nutting16 fu la prima infermiera chiamata
ad insegnare alla Columbia University di New York, mentre Isabella
Hampton17 si dedicò alle scuole di formazione ospedaliere.(norme
igiene). In Italia subito dopo l’unificazione del Regno, abbiamo una
nazione povera, dove la situazione nei grandi ospedali era disastrosa,
la preparazione infermieristica era inesistente.
15
16
17
Dal libro: “Notes on Nursing: What it is and What it is Not” di FLORENCE NIGTHGALE
www.nurses.info/personalities_adelaide_nutting.htm
http://www.medicalarchives.jhmi.edu/papers/robb.html
20
L’organizzazione seguiva ancora il codice napoleonico oppure le
regole dei vari ordini religiosi, che venivano impiegati negli ospedali
per consuetudine o per convenienza: le suore costavano molto meno
del personale laico ed erano apprezzate per la loro disciplina.
Partendo già dall’epoca fascista dove la formazione infermieristica
viene regolata a livello nazionale.
Nel 1959 gli infermieri riescono ad ottenere con una legge dello stato
la n. 1049 l’istituzione dei Collegi IP.AS.VI. Enti di diritto a tutela
della professione. Negli anni 60' con l’arrivo delle tecnologie arrivano
anche le specializzazioni.
Si promuove la formazione universitaria e nascono le Scuole Speciali
per Dirigenti dell’ Assistenza Infermieristica.
Nel 1971 con la legge 124 anche gli uomini possono accedere alla
professione, chiusura delle scuole convitto.
Nel 1974 D.P.R. 225 “Mansionario”, eliminato dalla 42/9918.
Con la legge 341/90 gli infermieri hanno ottenuto il D.U. in Scienze
Infermieristiche. Anno accademico 2002-2003 parte il primo corso
di laurea in Infermieristica. Voglio inoltre precisare che l' evoluzione
e la ricerca di un' assistenza è maturata sopratutto in campo bellico.
18
Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002
21
Infatti nei tempi antichi l’unico esercito a vantare una vera e propria
struttura di soccorso organizzata fu quello romano dove l’assistenza
ai feriti avveniva direttamente sul campo di battaglia poiché il medico
aveva in dotazione anche cassette di Pronto Soccorso contenente
bende strumenti chirurgici e linimenti Nel Medioevo.
In epoca Napoleonica il Barone Jean Dominique Larrey ebbe
l’intuizione di organizzare un sistema di ambulanze volanti per
permettere il trattamento rapido dei feriti sul campo di battaglia e un
loro eventuale trasporto verso gli ospedali da campo.
Durante la Prima Guerra Mondiale, ed in seguito nelle guerre di
Corea e Vietnam, i medici militari si lamentarono dell’inefficacia di
evacuazione ed assistenza immediata ai feriti.19
1.2 Evoluzione legislazione infermieristica20
Come abbiamo già citato nel precedente sottocapitolo, l' evoluzione
storica assistenziale fa nascere la necessità di attribuire la stessa a
personale qualificato e specializzato cioè la figura dell' infermiere
(nurse).
Per fare ciò, comunque, nasce il bisogno di creare nuove leggi in
grado regolamentare la formazione l' assistenza e la tutela sul lavoro
infermieristica.
19
20
E. Manzoni “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” Masson 2000
Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002
22
Inizialmente abbiamo visto che nel 1959 gli infermieri che prima non
erano tutelati da nessuno, riescono ad ottenere con una legge dello
stato: la n. 1049 l’istituzione dei Collegi IP.AS.VI. che sono enti di
diritto a tutela della professione infermieristica. Nel 1960 arrivano le
prime tecnologie e con esse nascono le prime specializzazioni
infermieristiche.
Inoltre si promuove la formazione universitaria e nascono le Scuole
Speciali per Dirigenti dell’ Assistenza Infermieristica. Nel 1971 con la
legge 124 anche gli uomini, possono accedere alla formazione e
successivamente praticare la professione.
Di conseguenza, quindi, c' è stata la chiusura delle scuole convitto
dove erano ammesse solo donne. Esempi di una scuola convitto: fu
aperta nell’ospedale Santo Spirito una delle sedi della scuola Convitto
San Vincenzo De Paoli, con sede provinciale presso il San Camillo e
facente capo agli Ospedali Riuniti di Roma.
23
Nel 1974 D.P.R. 225 “Mansionario”, eliminato dalla 42/99.21 Con la
legge 341/90 gli infermieri hanno ottenuto il D.U. in Scienze
Infermieristiche. Anno accademico 2002-2003 parte il primo corso
di laurea in Infermieristica.
Prima di vedere nel dettaglio ed in ordine, dalla prima alla più
recente le grandi leggi che hanno cambiato e disciplinato la
professione sanitaria del' infermiere voglio riportare un articolo
scritto da Willem Tousjin,22 nella rivista di diritto delle professioni
sanitarie, 4, 2001.
Riportato anche da Luca Benci nel' “L’evoluzione dell’autonomia e
della responsabilità giuridica dell’infermiere e dell’ostetrica”, dove
Willem Tousjin ci mette davanti ad una verità che tutti sapiamo ma
che abbiamo paura di riconoscere.
Scorrendo nelle lettura dell' articolo ci si crea nella mente un' idea
generale ma concreta di come l' evoluzione di una professione
sanitaria sia stata e lo è ancora oggi molto contrastata.
“La caratteristica peculiare è la posizione assolutamente dominante
assunta sull’intero settore dalla professione medica.
Nei settori in cui operano le altre professioni intellettuali, come il
diritto o l’ingegneria-architettura, non esiste nulla di simile alla
dominanza che la professione medica ha esercitato, a partire dalla
21
22
“Manuale giuridico professionale per l' esercizio del nursing” Luca Benci seconda edizione.
Professore Facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino
Corso di laurea specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche
24
fine dell’Ottocento, su un numero crescente e ormai assai elevato di
occupazioni sanitarie. Il concetto di dominanza professionale indica
appunto la relazione di potere che la professione medica ha
instaurato nei confronti delle altre occupazioni sanitarie e che ha
assunto
varie
forme:
dominanza
gerarchica,
nelle
grandi
organizzazioni sanitarie come gli ospedali, dominanza
funzionale, attraverso il controllo delle fasi cruciali del processo di
cura (la diagnosi e la scelta della terapia), dominanza scientifica,
attraverso il controllo del sapere medico e della stessa definizione di
salute e malattia, dominanza istituzionale, attraverso il controllo
delle istituzioni-chiave del settore sanitario (Facoltà di medicina,
altre scuole sanitarie, organi di governo di vario tipo)”.23
La più puntuale sociologia delle professioni ha da tempo analizzato le
relazioni tra le professioni sanitarie che si sono intrecciate nel corso
della storia.
In Italia – come nel resto del mondo il termine “sanitario” ha sempre
evocato la figura medica, gli atti medici e gli atti sanitari erano in un
qualche modo sinonimi e si era arrivati a confondere la sanità con la
medicina.
La professione medica era l’unica professione sanitaria realmente
riconosciuta per secoli o anche millenni.
23
Willem Tousjin, Rivista di diritto delle professioni sanitarie, 4, 2001
25
Basti pensare che il primo documento di carattere storico
deontologico riferito alla professione medica – Il giuramento di
Ippocrate24 – viene fatto risalire dagli storici in un’epoca
comprendente tra il quarto e il quinto secolo avanti Cristo.
Nello scorso secolo il medico è stato affiancato, per alcuni decenni, da
due figure professionali importanti: lo
speziale (in seguito
farmacista) e la levatrice (in seguito ostetrica/o).
Al primo era devoluta la preparazione di preparati galenici in
un’epoca di pre industrializzazione del farmaco e alla seconda era
devoluta la competenza presso che assoluta sui parti fisiologici.25
Queste due figure professionali hanno subito nel corso dei decenni
dello scorso secolo, un processo di involuzione professionale che ha
portato da un lato, alla trasformazione del farmacista in una figura
con
caratteristiche
prevalentemente
commerciali
e
dall’altro
l’ostetrica ha subito un forte ridimensionamento nella sua autonomia
dovuta alla medicalizzazione e alla ospedalizzazione del parto.
Il medico è tornato quindi a essere l’unico professionista sanitario.
Nel 1980 si sono professionalizzati i biologi, nel 1990 gli psicologi.
24
E. Manzoni “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” Masson 2000
25
Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002
26
La svolta reale si ha però nel 1999 con l’approvazione della legge 42 e
l’uscita dall’alveo della ausiliarietà delle professioni sanitarie ex
diplomate con in prima fila infermieri e ostetriche.
Le innovazioni normative
L’esercizio professionale dell’infermiere e dell’ostetrica – e di tutte le
professioni sanitarie ex ausiliarie26 - ha subito importanti modifiche
in questi ultimi anni.
In ordine cronologico inverso dobbiamo citare le due leggi
fondamentali
che
hanno
determinato
un
cambiamento
fondamentale: la legge 10 agosto 2000, n. 25127 “Disciplina delle
professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione,
della prevenzione, nonché della professione ostetrica” e la legge 26
febbraio 1999, n. 42 “Disposizioni in materia di professioni
sanitarie”.
La legge 251/2000 verrà con tutta probabilità ricordata come la legge
che ha istituito la dirigenza infermieristica e la laurea (domani laurea
specialistica), ma contiene norme inerenti anche all’esercizio
professionale.
Al primo comma dell’art. 1 infatti si legge testualmente:
“Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze
infermieristiche
e
della
professione
ostetrica
svolgono
con
26
Benci L., Professioni sanitarie non più ausiliarie, Rivista di diritto delle professioni sanitarie, 1,
1999
27
“Manuale giuridico professionale per l' esercizio del nursing” Luca Benci seconda edizione.
27
autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura
e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le
funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili
professionali nonché dagli specifici codici deontologici e utilizzando
metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza”.28
Alcune di queste norme – segnatamente il richiamo al profilo
professionale e al codice deontologico
– sono ripetitive di disposizioni di legge che già indicavano come
criteri per l’esercizio professionale queste fonti normative,
mentre altre sono una novità assoluta.
– Da un punto di vista generale l’affermazione che l’infermiere
agisce con “autonomia professionale” riveste un’importanza
tale che travalica l’attribuzione di singoli ambiti.
In realtà, a ben vedere, tutto il percorso che il legislatore ha voluto
imprimere alla evoluzione infermieristica ed ostetrica era
profondamente intriso di autonomia professionale: la formazione
universitaria, l’abrogazione del mansionario, il richiamo al codice
deontologico ecc.
Il fatto però che l’affermazione sia diretta e contenuta in una legge
ordinaria dello Stato ha l’effetto di un pieno riconoscimento al
percorso fino a qui svolto.
28
251/2000 riferimento trascritto da http://www.camera.it/parlam/leggi/00251l.htm
28
Altra affermazione – nuova o in realtà parzialmente nuova – è data
dalla previsione legislativa della metodologia di lavoro da adottare
nell’ambito della professione infermieristica.29
L’infermiere infatti deve utilizzare “metodologie di lavoro per
obiettivi dell’assistenza”.
E’ sinceramente strano che all’interno di una legge ordinaria si
scenda nel dettaglio tipico degli atti regolamentari, strumenti questi
ultimi che meglio si prestano, data la loro duttilità e versatilità, a
scendere in particolari di carattere professionale (posto che sia giusto
e opportuno scendere in questi ambiti da parte del legislatore).
Così però è stato e non si può non prendere atto che il legislatore ha
voluto mandare un messaggio forte: la classica metodologia di lavoro
per compiti deve essere abbandonata e abbracciare quella, che il
mondo professionale aveva già in realtà teorizzato da molti anni, di
metodologia per obiettivi.
Il terzo comma dell’art. 1, si riallaccia direttamente al primo comma.
Recita testualmente:
“Il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano, emana linee guida per:
a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta
responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e
delle connesse funzioni;
29
Spiegazione tratta da: Benci L, “Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc
Graw Hill, 2002”
29
b) la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di
assistenza personalizzata.”30
Ancora una volta il legislatore fa’ ricorso allo strumento delle linee
guida per regolamentare alcune parti dell’organizzazione sanitaria.
Il punto sub b) si ricollega direttamente a quanto specificato
dall’articolo: modelli di assistenza personalizzata e metodologia di
pianificazione per obiettivi sono infatti facce della stessa medaglia.
Questi due punti fanno probabilmente capire bene quale sia il fine
ultimo di tutto questo processo legislativo in corso: il cambiamento e
il miglioramento qualitativo dell’assistenza infermieristica.
Questo infatti è confermato dal secondo comma dell’art. 1 laddove si
prevede che lo Stato e le regioni devono promuovere la valorizzazione
e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni
infermieristico-ostetriche con il fine di integrare “l’organizzazione del
lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione
europea”.31
Di grande importanza la previsione del comma a) laddove si specifica
che in tutte le aziende sanitarie l’organizzazione del lavoro deve
prevedere la “diretta responsabilità e gestione delle attività di
assistenza infermieristica e delle connesse funzioni”.
30
31
251/2000 riferimento trascritto da http://www.camera.it/parlam/leggi/00251l.htm
Legge 251/2000 riferimento trascritto da
http://www.camera.it/parlam/leggi/00251l.htm
30
Il dettato normativa è fin troppo chiaro: tutto ciò che attiene – in
senso stretto e in senso lato – alla professione infermieristica deve
essere gestito direttamente dalla professione infermieristica stessa.
Come altre volte è accaduto, a tutt’oggi non sono state emanate le
linee guida previste dalla legge 251/2000.
Resta l’importanza della previsione legislativa.
Non è possibile in questa sede non richiamare anche la legge
42/1999, atto normativo che, come è largamente noto, ha
rivoluzionato l’esercizio professionale
previgente
basato
sul
sistema mansionariale.
La legge 42/1999 ha posto alla base dell’esercizio professionale tre
criteri guida ben precisi e un limite dai contorni meno precisi.
L’infermiere deve quindi agire in base ai dettami del profilo
professionale, ex DM 14 settembre 1994, 739, al contenuto degli
ordinamenti didattici di base e post base e del codice deontologico. Il
limite posto dalla legge stessa è dato dalle “competenze previste per
la professione medica”, quindi dall’atto medico32.
Bisogna precisare che non esiste una definizione in positivo di atto
medico, quanto piuttosto una definizione di ambiti residuali
contenute in varie leggi33.
32
33
Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002
Motta G., Magliona B., Le nuove professioni sanitarie: una riforma incompiuta?, Sanità
pubblica e medicina pratica, 9, 2000
31
Resta però ineludibile la necessità di definire con esattezza o quanto
meno con meno approssimazione il concetto di atto medico, essendo
esso posto come limite all’autonomia delle professioni sanitarie non
mediche.
Registriamo inoltre importanti novità relative alla pubblicazione
degli ordinamenti didattici dei corsi di diploma di laurea, sia
triennale che specialistica, recepiti con i decreti ministeriali 2 aprile
2001 “Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle
professioni sanitarie” e “Determinazione delle classi delle lauree
specialistiche delle professioni sanitarie” pubblicate in Gazzetta
ufficiale del 5 giugno 2001.
Con questi provvedimenti si sancisce la fine definitiva delle
professioni sanitarie non mediche come professioni sanitarie
diplomate, venendo esse promosse al rango delle professioni
sanitarie laureate.
Come è ben noto il processo di professionalizzazione non può
esaurirsi nell’ambito della produzione di testi normativi, essendo
32
necessario invece il contributo fattivo e positivo di tutte le professioni
sanitarie coinvolte.
Il processo normativo in corso non può non determinare una
ridefinizione di competenze, resasi già in realtà necessaria
dall’entrata in vigore della legge 42/199934. Su questa lunghezza
d’onda si muove anche l’autorità politica se pure con toni e accenti
non giuridicamente corretti35.
E’ interessante vedere come alcune Regioni si siano date determinate
condizioni organizzative di nuove realtà assistenziali. Il riferimento è
alle Regioni dell’Emilia Romagna, con l’esperienza delle lungo
degenze post acuzie e alla Toscana con l’esperienza degli ospedali di
comunità.
Il tratto comune di queste due esperienze è dato dalla esistenza di
modelli assistenziali di carattere residenziale caratterizzati dalla
assenza della presenza medica in modo continuativo.
La Regione Emilia Romagna, nella “direttiva per i criteri di
organizzazione della funzione di lungo degenza post acuzie….” del 28
luglio 1997 indica un modello chiaro di organizzazione di questa
tipologia di reparti ospedalieri, sull’esperienza delle Nursing Homes
anglosassoni.
Si legge nella direttiva che “la responsabilità organizzativa e
gestionale deve essere di norma affidata al personale infermieristico,
34
Benci L., Professioni sanitarie non più ausiliarie, Rivista di diritto delle professioni sanitarie, 1,
1999
35
Il riferimento è all’intervista che il Ministro Veronesi al Sole 24 ore del 13 ottobre 2000
33
ferma restando la supervisione e responsabilità clinica dei singoli
medici responsabili dei degenti…..”36.
A livello apicale, è sempre la direttiva che lo indica, “la responsabilità
dell’organizzazione
dell’assistenza
è
conferita
al
personale
infermieristico con funzioni dirigenziali”.
L’organizzazione di questo tipo è sembrata alla Regione la “logica più
coerente” rispetto ad altre possibili in relazione all’obiettivo che si
prefigge. Organizzazioni simili sono attuate in Toscana per gli
ospedali di comunità, nati sull’onda dei Country Hospital.
Questo tipo di organizzazione, tesa a demedicalizzare parte
dell’assistenza sanitaria e a rispondere a
popolazione,
risulta
del
tutto
specifici bisogni della
facilitata
dal
percorso
professionalizzante della professione infermieristica, tendente ad
attribuire una maggiore autonomia e responsabilità all’infermiere.37
36
L’evoluzione dell’autonomia e della responsabilità giuridica dell’infermiere edell’ostetrica
Luca Benci
.
37
Sanità
Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002
Motta G., Magliona B., Le nuove professioni sanitarie: una riforma incompiuta?,
pubblica e medicina pratica,
34
CAPITOLO SECONDO
Responsabilità Infermieristiche ed Errore
Terapeutico
Ho approfondito, nel precedente capitolo, l' evoluzione delle funzioni
infermieristiche, basandomi anche sulla stessa storia evolutiva dell'
assistenza.
Quindi, conoscendo ed imparato dal
passato, oggi possiamo
affermare che l’infermieristica ha finalmente acquisito una posizione
di
professione
ampliamento
intellettuale
dei
livelli
che
le
d’autonomia
conferisce
d’esercizio
un
notevole
ma
anche
parallelamente un ugual livello di correlate responsabilità di natura,
non soltanto assistenziale e clinica, ma anche etica, deontologica e
giuridica.
L’abolizione del mansionario (con la legge 42/1999) ha determinato,
da un lato l’abbattimento di muri fino ad allora invalicabili, dettati
dalle regole mansionariali,( dettate dal DPR 225/74), dall’altro anche
la perdita delle sicurezze rappresentate da quelle stesse regole che
traducevano l’esercizio professionale in griglie predefinite di attività.
Il professionista Infermiere oggi
si trova nella condizione di
individuare:
2. I bisogni dei suoi assistiti,
3. Elaborare percorsi assistenziali nei quali egli diviene in grado
35
d’integrarsi con altri professionisti della salute in un rapporto
d’equipe paritetico38.
L’Infermiere che applica la scienza infermieristica, adegua i propri
interventi alle prove di miglior efficacia, verifica, valuta ed ottimizza
le proprie capacità di rispondere efficacemente ai bisogni degli
assistiti.
L’enorme ampliamento concettuale della prospettiva professionale,
ha provocato in molti casi, una sorta di destabilizzazione degli assetti
professionali e della capacità dei singoli di inserirsi in questo mutato
scenario.
La mancanza di chiare linee di demarcazione dell’agire professionale,
ha creato incertezze, dubbi, timori circa le possibili implicazioni
giuridiche correlate all’assunzione diretta di responsabilità di
professionisti che si riprovano a non essere più ausiliari.
Le implicazioni giuridiche sono inoltre direttamente proporzionali
all' errore che un operatore compie nei confronti del paziente.
Quindi questa responsabilità che viene messa nelle mani dell'
infermiere fa nascere, proprio per tutelare sia l'operatore stesso che il
paziente, la gestione del rischio clinico o risk management che
significa proprio: “possibilità di subire un danno come conseguenza
38
Paritetico:agg. [f. -a; pl.m. -ci, f. -che] basato su condizioni di parità (www.sapere.it)
36
di un errore”39
“Evitare l’errore è un ideale meschino: se non o siamoaffrontare problemi che siano così difficili da rendere l’errore quasi
inevitabile, non vi sarà, allora, sviluppo della conoscenza.
In effetti è dalle nostre teorie più ardite - incluse quelle che sono più
erronee - che noi impariamo di più.
Nessuno può evitare di fare errori: cosa
grande è imparare da essi” (Popper, 1972)40.
In questo trattato di tesi universitaria, voglio specificare, quanto sia
importante l' errore clinico e sottolineare il rapporto stretto tra
infermiere-errore, perché quest' ultimo, in verità, accompagna turno
dopo turno ogni azione che compie l' operatore, sia direttamente sul
paziente, oppure, in secondo piano ma non meno importante, nella
gestione della documentazione infermieristica.
Uno dei rapporti più stretti infermiere-errore che ho preso come
ispirazione per scrivere questa tesi è il rischio clinico nella
somministrazione dei farmaci.
39
“ Errore clinico e gestione del farmaco: il ruolo dell' infermiere nella gestione del rischio” di
Francesco Falli e Massimo Cariolato
40
Karl Raimund Popper (Vienna, 28
luglio 1902 – Londra, 17
settembre 1994) è stato un filosofo e epistemologo austriaco, naturalizzato
britannico. È considerato uno dei più influenti filosofi del Novecento. (definizione data da:
wikipedia.org)
37
La Farmaco vigilanza si occupa della rilevazione e valutazione delle
reazioni avverse a farmaci ed è finalizzata ad identificare i potenziali
rischi al fine di minimizzarli e se possibile eliminarli.
Le reazioni avverse, definite nel Dlgs. 95/2003 come risposte ad un
farmaco che siano nocive e non intenzionali e che avvengono alle dosi
normalmente usate nell’uomo per la profilassi, la diagnosi, la terapia
o per ripristinare, correggere o modificare le funzioni fisiologiche,
possono essere attese o inattese in base a quanto riportato nel
riassunto delle caratteristiche del prodotto in relazione alla loro
natura e gravità.
Accanto alle reazioni avverse, legate alle proprietà specifiche della
terapia farmacologica, esistono eventi avversi legati all’errore e
quindi potenzialmente prevenibili ed evitabili.
Come detto prima è importante non perdere l’opportunità di
imparare da ciò che gli errori possono insegnare.
Per definire meglio il termine errore voglio proporre una definizione
38
data dal National Coordinating Council for Medication Error
Reporting and Prevention (NCCMERP): “per errore di terapia
si intende ogni evento avverso, indesiderabile, non intenzionale,
prevenibile che può causare o portare ad un uso inappropriato del
farmaco o ad un pericolo per il paziente.
Tale episodio può essere dovuto ad errore di prescrizione, di trasmissione della prescrizione, etichettatura, confezionamento o
denominazione,
allestimento,
dispensazione,
distribuzione,
somministrazione, educazione, monitoraggio ed uso”41.
Se la FV valuta le reazioni avverse a farmaci legate alle proprietà
farmacologiche e quindi intrinseche al farmaco stesso, la valutazione
dell’errore di terapia si basa prevalentemente sulle modalità di
impiego del farmaco e sul rischio clinico che ne può derivare. È molto
importante definire il termine di errore.
Sopratutto definirlo nel campo della somministrazione dei farmaci.
Infatti la somministrazione dei farmaci fa gravare sull' infermiere una
grande fetta percentuale di responsabilità, come dichiarato dalla
legge 739 del 199442.
Innumerevoli sono gli studi effettuati sulla gestione del rischio clinico
nella somministrazione dei farmaci, tutto questo per capire come si
possano ridurre le statistiche dove riportano migliaia di casi di errori
determinati da terapie sbagliate. Riconosco la mia brevissima vita all'
41
National Coordinating Council for Medication Error Reporting and Prevention CPMERP.
www.nccmerp.org
42
Dichiarazione elaborata secondo il DM 739/94 l' infermiere resposabile dell' assistenza
generale infermieristica.
39
interno di una unità ospedaliera, ma tutto ciò non mi stupisce affatto.
Durante il tirocinio pratico da allievo infermiere, ho notato che
esistono molte lacune che riguardano l' approccio al grande capitolo
del rischio abbinato alla somministrazione della terapia. Spesso, si
arriva alla conclusione che la scienza giusta, insegnataci in sede
universitaria, sono quasi, se non totalmente, travisate a livello pratico
dagli infermieri di ruolo.
Quando si entra all' interno di un reparto ospedaliero, si è pieni di
sete di sapere e voglia di unire le teorie universitarie con la pratica.
Perciò vengono fornite agli infermieri di turno tantissime domande
non solo su come gestire un paziente, ma anche domande che
riguardano la responsabilità e la terapia, sopratutto su come gestirla
e come conservare i farmaci.
Ma l' unica spiegazione che ci è concessa la maggior parte delle volte
dagli infermieri è un timido: “ Si è sempre fatto così.......”, oppure: “
Gli effetti di questo farmaco..... chiedili al medico”, “questo ¼ di
pastiglia senza blister è sicuramente il betabloccante, ormai sono
40
esperta/o, possiamo somministrarlo al paziente”.
Oppure presentano un' imbarazzato silenzio quando gli si chiede se
un farmaco va somministrato al paziente a stomaco vuoto o pieno.
Potrei continuare all' infinito, a citare memorabili versetti recitati in
corsia. Sono proprio queste frasi che a noi allievi ci fanno riflettere ed
a volte critichiamo gli infermieri, anche perché basandoci sui nostri
studi universitari cerchiamo di portare un pochino di innovazione
senza mai imporre o pretendere nulla.
Ma le reazioni sono molto diverse dalla collaborazione o apprensione
che un allievo si poteva aspettare.
Infatti risposte come:”
Ecco, è arrivato lui/lei dall' università e ci vuole insegnare a noi, io
sono trent'anni che lavoro qui”, “ti credi che dopo che ti sei laureato,
di essere un' infermiere migliore di noi che siamo usciti con il
diploma?”.
Non sono le sole, anche se siamo nel 2010 tanti medici che
dovrebbero aver capito che cos' è la scienza infermieristica trattano
gli infermieri come segretari e questi, spesso, vengono richiamati
severamente se non gli viene portato all' istante un documento, senza
tenere conto che gli infermieri sono occupati ad erogare assistenza
infermieristica a qualche paziente .
Conclusa questa digressione voglio parlare proprio delle statistiche e
di come si distinguono gli errori in corsia. Alcuni studi condotti negli
41
USA e in Australia43 hanno dimostrato che fino al 16,6 % dei pazienti
ricoverati in ospedale è colpito da un evento avverso.
Un articolo pubblicato nel
2003 sul New England Journal of
Medicine 44riporta i risultati di uno studio di coorte prospettico
condotto su pazienti ambulatoriali per valutare tassi, tipi, gravità e
prevedibilità degli eventi avversi a farmaci.
Il 39% degli eventi avversi a farmaci riportati nello studio era
prevenibile o migliorabile. In Olanda si stima che la percentuale degli
errori di terapia sia compresa tre il 12% ed il 20% del totale degli
errori.
Da uno studio condotto nel Regno Unito più di metà degli eventi
registrati risulta dovuta ad errori legati all’uso dei farmaci e ad una
gestione clinica in reparto non corretta45.
43
U.S.A: Brennan TA, Leape LL, Laird MN, et al. Incidence of adverse events and negligence in
hospitalised patients. N Engl JMed 1991; 324: 370-6. Australia: Wilson RM, Runciman WB, Gibberd
RW, et al. The quality in Australian health care study. Med J Aust 1995; 163: 458-71.
44
New England Journal of Medicine 2003
45
Woloshynowych M, Neale G, Vincet C. Adverse events in hospitalised patients: a pilot study
42
Il collegio IPASVI in un articolo intitolato: “Professione e
responsabilità Errori professionali e profili di responsabilità degli
infermieri ” riporta statistiche che presentano numeri altissimi.
Secondo l' IPASVI, 320.000 persone ogni anno su 8 milioni di
ricoverati sono vittime di errori legati a terapie sbagliate o disservizi
strutturali; circa 35000 i decessi in seguito a manovre sbagliate,
diagnosi scorrette e ritardi negli interventi; 12000 le cause pendenti
davanti ai tribunali contro professionisti e strutture sanitarie; 10
miliardi di euro l’anno vengono sborsati a titolo di risarcimento
danni46.
Queste sono cifre altissime, ma dobbiamo comunque pensare come
abbiamo gia detto che l’esperienza negativa deve trasformarsi in
qualcosa di utile, trasformandola in qualcosa di costruttivo.
and preliminary fin-dings. Clinical Governance Bullettin, Vol. 1, N. 2 settembre 2000, pag. 2-3.
46
Professione e responsabilità Errori professionali e profili di responsabilità degli infermieri
articolo del collegio IPASVI
43
La gestione del rischio deve partire da un' azione combinata che
coinvolge ed educa tutti gli operatori sanitari.
Solo in questo modo è possibile creare una base su cui lavorare per
abbassare il rischio clinico. Ovviamente per attuare una buona
educazione, bisogna valutare tutti i punti ed ogni dato possibile.
Ora (prendendo in considerazione l' aspetto psicologico), andiamo a
classificare secondo protocolli internazionali, gli: “episodi di rischio”
o classificazione del comportamento umano:
1. skill-based error: (assenza, mancanza di attenzione relativa ad azioni routinarie). Tipo di comportamento riscontrabile in situazioni di routine.
2. rule-based error:(non rispetto di norme, anche di
buona pratica, definite per prevenire gli errori o
ridurre gli esiti avversi).
Il problema che si pone all’individuo è di identificare la giusta norma
per ogni specifica situazione attenendosi ad un modello mentale di
tipo causale.
3. knowledge-based error: (sbagliata pianificazione dovuta a
conoscenze o esperienza inadeguata).
È la situazione che richiede il maggior impiego di conoscenze e
l’attivazione di una serie di processi mentali che dai simboli
porteranno all’elaborazione di un piano per raggiungere gli obiettivi.
L’errore può nascere ad ogni livello di comportamento, ma diverse
sono le cause: l’interpretazione errata dello stimolo a livello skillbased, scelta di una norma non adeguata per i comportamenti
44
rule-based, pianificazione di una strategia non adatta a raggiungere
gli obiettivi specifici della situazione a livello knowledge-based47.
Sulla base del modello proposto da Rasmussen, Reason48 distingue
tra errori d’esecuzione e tra azioni compiute secondo le intenzioni e
delinea così tre diverse tipologie di errore:
• errori di esecuzione che si verificano a livello di abilità (slip). In
questa categoria vengono classificate tutte le azioni eseguite in modo
diverso da come pianificato.
• errori d’esecuzione provocati da un fallimento della memoria
(laspes).
L’azione ha un risultato diverso a causa di un fallimento della
memoria.
• errori non commessi durante l’esecuzione pratica dell’azione
(mistakes).
Si tratta di errori pregressi che si sviluppano durante i processi di
pianificazione di strategie.
Possono essere di due tipi:
1. rule-based: si è scelto di applicare una regola o una procedura che
non permette il conseguimento dell’obiettivo;
2. knowledge-based: sono errori che riguardano la conoscenza che
porta a ideare percorsi che non permettono di raggiungere l’obiettivo.
È evidente che questa analisi ci richiama ad un nostro preciso ambito
47
Rasmussen, 1987; Runcinan et al., 1993.
48
James Reason: professore emerito dell'Università di Manchester dove è stato docente di
psicologia dal. 1976 al 2001.
45
di competenza, responsabilità ed autonomia.49
La competenza, la perfetta conoscenza del proprio campo e delle leggi
proprie di ciascuna disciplina, costituisce il primo indiscutibile
obbligo morale.
In ambito sanitario l’errore dovuto a incompetenza può recare grave
danno alla salute.
Esercitare la professione infermieristica oggi richiede la necessità di
dominare un ampio orizzonte di conoscenze, di competenze e di
abilità. Il livello di competenza raggiunto richiama alla responsabilità
che l’infermiere deve/può assumere.
Il termine
responsabilità include il concetto deontologico di
impegno: è responsabile chi risponde delle proprie azioni, ossia colui
che possiede la capacità, raggiungibile da parte di ogni essere umano,
di prendere coscienza delle proprie azioni e di non rinnegarle.
Nessuna persona nasce già in possesso di quel bagaglio di conoscenze
49
“L' errore umano” J.Reason, 1990
46
teoriche e pratiche che lo renderanno un individuo maturo e quindi
responsabile di riconoscere i propri limiti e quindi richiedere
l’intervento di esperti.
Dal punto di vista giuridico, il richiamo al livello di competenza
raggiunto fa propria una tendenza irreversibile nell’attuale analisi
della responsabilità
professionale: la “critica al mansionismo”; il parametro prevalente
cui è rapportata l’azione professionale nelle aule di giustizia è
l’efficacia dell’azione verso il raggiungimento del risultato più che un
piano operativo definito da un preciso ed omogeneo ambito di
competenze e mansioni.
Dentro tale approccio, la conoscenza dei propri limiti risulta
indispensabile per l’infermiere che deve sviluppare capacità di
autovalutazione.50
Un’indagine condotta da nove State Boards ofNursing51 (Il Kansas
State Board of Nursing (KSBN) è l'agenzia di Stato di infermieristica
regolamentazione Kansas '.
La sua missione dichiarata è quella di "proteggere la salute pubblica,
sicurezza e benessere dei cittadini del Kansas attraverso il processo di
Licensure e regolamento.")ha permesso di identificare gli errori più
frequenti, classificati poi in una tassonomia che racchiude otto
categorie.
Le otto categorie di errori infermieristici che rappresentano un largo
50
IPASVI professione e responsabilità.
51
agenzia di Stato di infermieristica regolamentazione Kansas
47
range di possibili errori e fattori contributivi o causativi sono le
seguenti:
• Mancanza di attenzione
• Mancanza di interesse fiduciario
• Giudizio inappropriato
• Mancanza di interventi nell’interesse del paziente
• Errori terapeutici
• Mancanza di prevenzione
• Sbagli o equivoci di altri operatori
• Errori di documentazione
Vediamoli brevemente52.
Per prima cosa la mancanza di attenzione è un buon esempio di una
categoria
di
errori
particolarmente
rilevante
nell’assistenza
infermieristica perché la sicurezza del paziente dipende dal livello di
attenzione degli infermieri alle condizioni cliniche del paziente e alla
risposta alla terapia.
La mancanza di attenzione può essere causata da problemi a livello di
sistema quali livelli di organico insufficienti, elevato turnover,
improvvisa modifica delle condizioni dei pazienti senza incremento
52
IPASVI professione e responsabilità.
48
dello “nursing staff”.
La mancanza di interesse fiduciario è legata al fatto che ogni
infermiere sviluppa un rapporto di fiducia con il paziente ed i
familiari che si fidano delle conoscenze, delle abilità e dell’assistenza
data.53 L’agente morale di riferimento è l’infermiera. È comunemente
riconosciuto che una buona pratica assistenziale è quella che vede le
azioni infermieristiche a difesa del paziente. Così l’agente morale si
può considerare mancante quando non persegue l’interesse del
paziente (l’infermiera non chiama il medico se i segni vitali del
paziente sono critici).54
Il giudizio inappropriato richiama alla competenza infermieristica di
identificare la natura della situazione clinica e perseguire il processo
di
assistenza
infermieristica
utilizzando
la
conoscenza
della
situazione clinica.
Gli errori si verificano quando ad esempio si mal interpretano segni e
sintomi del paziente.
La mancanza di interventi nell’interesse del paziente richiama al
concetto della colpa specifica di negligenza. Il venir meno del
concetto di prendersi cura delle persone affidate.
Per quanto riguarda gli errori terapeutici, si identificano sette
tipologie di errori:55
53
Benner P., Individual, Practice, and System Causes of Errors in Nursing, Jona, 2002, 32:509523.
54
Martini M., Aspetti medico-legali nelle scienze infermieristiche, Utet, Torino, 1992.
55
Benner P., Individual, Practice, and System Causes of Errors in Nursing, Jona, 2002, 32:509-523
49
• Sbagliare la dose del farmaco
• Sbagliare gli orari di somministrazione sia
aumentandone che riducendone la frequenza
• Incremento di velocità di somministrazione
• Sbagliare concentrazione o dosaggio di somministrazione
• Sbagliare via di somministrazione
• Sbagliare farmaco
• Sbagliare paziente
La prevenzione del potenziale errore terapeutico è l’aspetto che
maggiormente
implica
il
ruolo
degli
infermieri.
L’azione
infermieristica è intermediaria tra il paziente e gli altri operatori
sanitari, infine, l’infermiera è l’ultima persona che arriva il paziente e
che può prevenire e riconoscere il potenziale errore terapeutico.
La Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations
(è un settore privato sede negli Stati Uniti senza fini di lucro. La
Commissione mista gestisce programmi di accreditamento per un
50
canone di abbonamento ospedali e ad altre organizzazioni di
assistenza sanitaria.
La Commissione mista accredita più di 17.000 organizzazioni
sanitarie e programmi negli Stati Uniti. )56La missione dichiarata di
questa organizzazione è: "
Per migliorare costantemente l'assistenza sanitaria per il pubblico, in
collaborazione
con
altri
soggetti
interessati,
valutando
le
organizzazioni sanitarie e stimolandolo a eccellere nel fornire cure
sicure ed efficaci di altissima qualità e valore”57. Perciò in base alla
loro missione hanno identificato le seguenti fonti di errori
58terapeutici:
• Farmaci con nomi simili
• Farmaci con confezione simile
• Farmaci che non sono comunemente usati o prescritti
• Farmaci di uso comune a cui alcuni pazienti sono allergici
dove impera ancora l’eccessiva variabili
• Farmaci che richiedono test per assicurare che vengano mantenuti
livelli appropriati.
La
mancanza
di
prevenzione
identifica
la
prevenzione
di
complicanze, di errori, di minacce alla sicurezza del paziente
(prevenzione delle infezioni e delle complicanze da allettamento)
quali significativi obiettivi di una buona assistenza infermieristica.59
Per quanto riguarda gli sbagli o gli equivoci di altri operatori, questa
56
57
58
59
"American Society for Healthcare Engineering"
http://www.jointcommission.org/AboutUs/Fact_Sheets/joint_commission_facts.htm Facts
About The Joint Commission, The Joint Commission Web site
Ufficio di Presidenza A.N.I.N.
Assistenza infermieristica specialistica. Procedure, protocolli e linee guida
a cura di Ufficio di Presidenza A.N.I.N.
51
categoria include tutti gli sbagli creati da confusione o errori di altri
operatori che producono un intervento errato.
Tipico è la prescrizione verbale del medico; inutile richiamare alla
responsabilità condivisa tra le due professioni perché, così come
richiamato dal magistrato nella sentenza della Cassazione Penale
n.60 1878/2000 dove a seguito del decesso di una paziente per una
prescrizione sostitutiva di un farmaco non corretta (verbale, errata
nel dosaggio essendo questo diverso da quello del farmaco sostituito),
ha stabilito che oltre ai precisi obblighi di garanzia del medico, nei
confronti del paziente, l’infermiere è tenuto a chiedere chiarimenti al
medico, essendo esigibile da parte dell’infermiere che l’attività di
preparazione del flacone non sia prestata in modo meccanicistico,
ma in modo collaborativo con il medico non per sindacare circa
l’efficacia ma per richiamare i dubbi avanzati circa il dosaggio in
presenza di variazione dello stesso.
60
Assistenza infermieristica specialistica. Procedure, protocolli e linee guida
a cura di Ufficio di Presidenza A.N.I.N
52
Infine, per quanto riguarda gli errori di documentazione, l’articolo
richiama alla cancellazione di procedure e trattamenti prima che
questi siano completati; documentare azioni non effettuate (falso
ideologico in atto pubblico)61, documentare in modo erroneo e
alterare la documentazione (falso materiale in atto pubblico).
Quanto detto ci deve stimolare ad acquisire un approccio
metodologico nuovo per gestire gli errori professionali, per evitare di
nasconderli e banalizzarli ma per apprendere dall’errore. 62
Solo così gli infermieri nel loro agire quotidiano mantengono un
comportamento eticamente responsabile orientato a garantire la
miglior assistenza possibile; in secondo luogo emerge come una
buona pratica clinica ci impone di standardizzare e omogeneizzare i
comportamenti al fine di ridurre quelle aree grigie dell’assistenza
infermieristica
dove
impera
ancora
l’eccessiva
variabilità
professionale: anche i codici penale e civile prevedono, tra gli
obblighi delle professioni sanitarie, quello di dominare e contribuire
61
62
Benci L., Manuale giuridico professionale per l’esercizio del nursing, Mc Graw-Hill, Milano, 1998.
Collegio IPASVI Professione e responsabilità 4 2° parte Errori professionali e profili di
responsabilità degli infermieri
53
a diffondere le informazioni rispetto al proprio patrimonio
conoscitivo tra cui ad esempio i protocolli e le linee guida.
Per quanto riguarda invece gli errori basati su mancanza o minore
abilità e conoscenze, si deve fare appello all’impegno morale di ogni
singolo professionista rispetto alla manutenzione della propria
formazione e del proprio patrimonio conoscitivo oltre che definire
percorsi di accoglimento e inserimento dei neoprofessionisti.63
Ancora, tali riflessioni sono state possibili perché era disponibile una
bibliografia ampia a cui fare riferimento: come professione sanitaria
non possiamo più esimerci dal raccogliere dati, catalogarli,
classificarli, analizzarli e divulgarli. Solo così contribuiamo, oltre
che alla nostra crescita, anche al consolidamento del nostro
patrimonio disciplinare.64
63
Vanzetta M, Valicella F., Errori e assistenza infermieristica, in Management Infermieristico
2003; 3: 28-35.
64
Collegio IPASVI Professione e responsabilità 4 2° parte Errori professionali e profili di
responsabilità degli infermieri
54
CAPITOLO TERZO
Farmaco e sue somministrazione
3.1. Farmaco, farmacocinetica ed i loro effetti.
Una volta che il medico ha prescritto il farmaco, il responsabile della
sua corretta somministrazione, come definito dal DM 739/9465, è l'
infermiere.
Il profilo professionale dell’infermiere, individuato dal D.M. 14
settembre 1994, n. 738 prevede, tra le altre,
che l’infermiere
“garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico
terapeutiche” (cfr. art. 1, n. 3, lettera d), d.m. 739/94).
E’ opportuno sottolineare come tale funzione sia l’unica che non
viene svolta in assoluta autonomia ma è riconducibile a prescrizione
medica.
L’autonomia e la responsabilità dell’infermiere circa questa funzione
consistono nello svolgimento delle procedure e nelle valutazioni
necessarie per garantire la correttezza dell’applicazione, laddove
l’abrogato mansionario in termini del tutto diversi attribuiva
all’infermiere un ruolo (apparentemente) esecutivo; si parlava infatti
di “somministrazione dei medicinali prescritti ed esecuzione dei
seguenti trattamenti diagnostici e curativi ordinati dal medico”
65
Dal D.M. 739/94 www.ministerodella salute.gov
55
Sono indicati in letteratura infermieristica una serie di
controlli generali da effettuarsi al fine di eliminare o ridurre al
minimo la possibilità di insorgenza di errori nel corso del processo di
somministrazione della terapia.
Questi controlli comprendono:
la registrazione della prescrizione;
la regola delle 7G.
Per registrazione della prescrizione si intende la necessità di
avere una prescrizione medica (scritta) reperibile nella cartella clinica
e/o nella cartella infermieristica. Nella prescrizione di un farmaco
devono comparire sette elementi che garantiscono un’adeguata
completezza di informazioni rispetto a ciò che si sta somministrando
e alla persona a cui lo si somministra:
1) il nome della persona;
2) la data della prescrizione;
3) il nome del farmaco;
4) il dosaggio;
5) la via di somministrazione;
6) la frequenza di assunzione;
7) la firma di chi ha prescritto la terapia.66
Con il termine "farmaco" si indica: una sostanza o un
composto che viene usato per la prevenzione, la cura o la diagnosi di
66
Pearce Evelyn, Manuale di Nursing, Utet, 1985.
56
una determinata malattia67.
Quando somministra i farmaci, l’infermiere deve essere consapevole
che il farmaco, a causa della sua composizione chimica e della sua
azione fisiologica, può dare luogo a più effetti.
Quindi l' atto della terapia ha come scopo quello di portare all’interno
dell’organismo una sostanza curativa attraverso le diverse vie
utilizzabili affinché possa agire e dare il risultato terapeutico
desiderato.
La terapia farmacologia si basa sulla somministrazione di principi
attivi che agiscono con diversi meccanismi sul sintomo e/o sulla
causa della malattia; tali principi attivi sono in genere addizionati ad
eccipienti che ne modificano le caratteristiche organolettiche,
rendendoli il più gradevoli possibili alla persona e favorendone
l’assorbimento e la distribuzione nell’organismo.
Perché sia efficace il farmaco viene somministrato in dosi adeguate e
idonee a raggiungere determinate concentrazioni nel sangue e nei
tessuti.
Tali concentrazioni devono essere mantenute costanti nelle 24 ore
ricorrendo, se necessario, a più somministrazioni nel corso della
67
Definizione data dal sito: http://www.galenotech.org/biofarm1.htm
57
giornata.68 L’infermiere non deve stabilire il dosaggio dei farmaci per
i pazienti (compito del medico), ma deve essere consapevole delle
dosi normali, nonché dei criteri per stabilirle.
Infatti la corretta
somministrazione del farmaco dipende dalla
capacità dell’infermiere di calcolare e misurare accuratamente il
dosaggio.
Chi prescrive il farmaco e il paziente si affidano all’infermiere per il
controllo del dosaggio prima della somministrazione del farmaco.69
Il sistema più frequentemente usato nella misura dei farmaci è quello
metrico.
I farmaci però, non sono sempre commercializzati nell’unità di
misura in cui vengono poi prescritte.
Esempio : vancomicina 1g.
La farmacia fornisce fiale da 500 mg. Quindi: 1,0 g. corrisponde a
68
TERAPIA, FARMACI, LORO SOMMINISTRAZIONE E SMALTIMENTO Avvocato
Giannantonio Barbieri su Professione Infermiere, periodico del Collegio IPASVI della Provincia di
Bologna, n. 1/2006
69
“Errore clinico e gestione del farmaco: il ruolo dell’infermiere nella
gestione del rischio.” Di: Francesco Falli e Massimo Cariolato.
58
1000 mg. Quindi 1000mg/500mg.=2fiale.
Per quanto riguarda i bambini, essi metabolizzano ed eliminano i
farmaci in modo differente dagli adulti. Per cui sono state concepite
varie formule che riguardano il peso, l’età, superficie del corpo. Per
stabilire il dosaggio adatto ai bambini si può usare il monogramma di
West raramente usato e consiste nel calcolare:
Dose del bambino= area di superficie corporea del bambino
(mq)/1,75 mq x dose dell’adulto. Il più usato in pediatria è dose
pediatrica= superficie corporea (SC) m² x dose/m².70
Un' altro esempio di una differente metabolizzazione ed eliminazione
dei farmaci riguarda la grande popolazione rappresentata dalle
persone anziane. Infatti non esistono formule speciali per calcolare i
dosaggi dei farmaci destinati agli anziani.
Va ricordato che il metabolismo e il grado di eliminazione
nell’anziano sono molto alterati e quindi il rischio di sovra dosaggi è
molto alto.71
Dopo la somministrazione, il farmaco viene assorbito, distribuito,
metabolizzato ed eliminato. Da tali processi dipende quale
percentuale della dose somministrata raggiunge il sito d’azione. Essi
sono influenzati da diversi fattori
quali l’area della superficie
corporea, il contenuto in acqua e grasso del corpo e le riserve
proteiche.
70
“Elementi di pediatria per infermieri” di Teresa De Toni
71
fattori determinanti le modificazioni nella farmacocinetica
http://www.galenotech.org/farmcodin6.htm
59
Quando si prescrivono i farmaci, come esempio gli antibiotici, lo
scopo è quello di raggiungere un livello ematico costante del farmaco
entro un range di tempo terapeutico sicuro.
Il paziente e l’infermiere devono seguire uno schema di dosaggio
regolare e le dosi prescritte vanno somministrate a intervalli corretti
(giusto orario)72. Anche la conoscenza degli intervalli temporali
relativi al farmaco è utile per prevederne gli effetti.
L' azione di un farmaco all' interno di un' organismo si divide
in quattro fasi:
4. Esordio dell’azione - periodo di tempo trascorso dopo la
somministrazione del farmaco prima che questo dia origine a
una risposta;
5. Picco dell’azione – tempo che occorre affinché il farmaco
raggiunga la sua più alta concentrazione e quindi la sua
72
Ripreso dalla regola delle 7G
60
massima efficacia.
6. Durata dell’azione – arco temporale durante il quale il
farmaco è presente in concentrazione ancora sufficiente
elevata da dare luogo a una risposta;
7. Plateau – concentrazione sierica nel sangue raggiunta e
mantenuta dopo dosi ripetute e fisse.
Finito di esaminare anche la farmacocinetica, adesso prendiamo in
considerazione gli effetti che può avere un qualsiasi farmaco
introdotto nell' organismo.
Tali effetti sono suddivisi in:
EFFETTI TERAPEUTICI
L’effetto terapeutico è la risposta fisiologica, voluta o prevista,
prodotta dal farmaco. Esempio
se somministro un diuretico, mi
aspetto che la diuresi oraria e totale del paziente aumenti, creando di
conseguenza un abbassamento della pressione sanguigna. Ciascun
farmaco possiede un dato effetto terapeutico per il quale viene
prescritto. Uno stesso farmaco può avere più effetti terapeutici (x es.
l’aspirina che oltre ad avere un effetto anti-aggregante, viene usata
per le nevralgie e per gli stati febbrili).
EFFETTI COLLATERALI
C' è la possibilità, inoltre che un farmaco causi effetti secondari non
voluti. Gli effetti collaterali possono essere innocui oppure dannosi .
61
Se gli effetti collaterali del farmaco sono superiori ai suoi effetti
terapeutici, chi lo prescrive può decidere di far sospendere al paziente
l’assunzione.
EFFETTI TOSSICI
Dopo l’assunzione prolungata di un farmaco ad alte dosi, dopo
l’ingestione di farmaci per applicazione esterna o quando un farmaco
si accumula nel sangue a seguito di compromissione del metabolismo
o dell’eliminazione, può comparire un effetto tossico ( che può anche
portare alla morte) .
REAZIONI IDIOSINCRASICHE
I farmaci possono causare effetti imprevedibili, il paziente reagisce
eccessivamente a un farmaco o presenta reazione diversa da quella
normale. A volte è possibile prevedere quali pazienti possono
presentare una risposta idiosincrasia. Per esempio nell’anziano alcuni
tranquillanti portano ad agitazione e delirio.
REAZIONI ALLERGICHE
La reazione allergica
è una risposta imprevedibile al farmaco
somministrato. L’esposizione alla dose iniziale di un farmaco può
provocare una risposta di sensibilizzazione immunologica. Il farmaco
agisce in questo caso come un antigene e induce la produzione di
62
anticorpi.
In caso di somministrazione ripetuta, il paziente va incontro a una
risposta allergica verso il farmaco, verso i suoi eccipienti o verso un
suo metabolita.
La reazione allergica può essere lieve o grave. I sintomi allergici
variano secondo il paziente e il farmaco. Tra i vari farmaci gli
antibiotici hanno un’elevata incidenza di reazioni allergiche.
Le reazioni gravi, ovvero l’anafilassi (shock anafilattico), sono
caratterizzate da un’improvvisa costrizione dei muscoli bronchiolari,
da edema della laringe, da spiccati sibili, dispnea.
Può manifestarsi grave ipotensione e necessità di ricorrere a misure
di rianimazione . se un paziente conosce la sua allergia a qualche
farmaco deve segnalarlo e, ciò deve essere annotato in cartella in
apposito spazio ben evidente a tutte le persone coinvolte
nell’assistenza.
I pazienti con evidente conoscenza di allergia a un determinato
farmaco dovrebbero portare un cartellino identificativo. Solitamente
individui che sanno di andare in schok anafilattico per diversi fattori,
portano con se una siringa precaricata, simile a quelle penne per auto
somministrarsi l' insulina, ma carica di adrenalina.
TOLLERANZA E DIPENDENZA DA FARMACI
La tolleranza ai farmaci si verifica quando il paziente assume lo
stesso farmaco per un lungo periodo di tempo e necessita di dosi più
63
alte per ottenere lo stesso effetto. Con il trascorrere del tempo il
paziente che usa sempre lo stesso farmaco va incontro a tolleranza
(esempio della morfina, un antidolorifico oppiaceo). La dipendenza
da farmaci invece può essere psicologica o fisiologica.
1) psicologica: avviene quando il paziente desidera il farmaco
perché pensa di trarne beneficio.
2) Fisiologica: invece avviene quando il paziente presenta
reazioni negative se non assume il farmaco (astinenza) .
INTERAZIONE FRA FARMACI
Quando un farmaco modifica l’azione di un altro farmaco si verifica
un’interazione tra farmaci. Le interazioni sono frequenti nei pazienti
che assumono più farmaci. Un farmaco può potenziare o diminuire
l’azione di un altro farmaco, può alterare le modalità di
metabolizzazione o eliminazione. Due farmaci
se somministrati
simultaneamente possono avere un effetto sinergico o additivo.
Nella reazione sinergica l’azione dei due farmaci è maggiore rispetto
all’assunzione separata (alcool più antidepressivi). A volte l’effetto
sinergico è voluto dal medico (diuretici e vasodilatatori).
3.2. Assorbimento e vie di somministrazione (pregi e
difetti).
La via di somministrazione scelta per un farmaco dipende dalle sue
64
proprietà, dall’effetto desiderato e dalle condizioni fisiche e mentali
del paziente.
L’infermiere è la persona più adatta per giudicare quale sia la via
migliore e preferita dal paziente.
Le vie di somministrazione sono: orale (boccale sottolinguale),
sottocutanea, intramuscolo ed endovena. Si può somministrare
farmaci attraverso la cute ( topica o transdermica). Si possono
somministrati attraverso le mucose (naso, occhi, vagina, retto ecc.),
oppure per via inalatoria (aerosol,nebulizzatori).
Solitamente la via di somministrazione più pratica e comoda è quella
orale (capsule, compresse, confetti, sciroppi, emulsioni, sospensioni,
soluzioni) che richiede soltanto la disponibilità del paziente. Non
mancano tuttavia possibili inconvenienti.
Alcuni farmaci, spesso di uso molto comune, determinano irritazioni
della mucosa gastrointestinale: i salicitati (aspirina®), ad esempio, a
dosi elevate, possono aumentare i sintomi di un'ulcera, provocare
65
emorragie gastrointestinali e gastriti erosive; altri farmaci non
possono essere assunti per via orale in quanto verrebbero inattivati o
distrutti dagli enzimi del succo gastrico e/o dalla forte acidità (per
esempio l' insulina che essendo una proteina verrebbe smantellata
dagli enzimi gastrici); altri ancora, infine, non sono assorbibili dalla
mucosa gastro-intestinale.
Infatti, la maggior parte dei farmaci vengono assorbiti dalla mucosa
gastrointestinale per semplice diffusione, però questo processo è
ampiamente legato allo stato elettrico delle molecole dei farmaci
introdotti, a sua volta notevolmente influenzato dal succo gastrico.
Per esempio, la chinidina, molto usata nella terapia delle aritmie
cardiache, nell'ambiente acido dello stomaco assume una forte carica
elettrica che ne riduce sensibilmente l'assorbimento73; il farmaco sarà
assorbito e potrà svolgere la sua azione terapeutica solo quando
entrerà in circolo transitando per l'intestino.
Ora passiamo ad elaborare una ad una le vie di accesso di un farmaco
nell' organismo:
assorbimento gastrointestinale: il fatto che la velocità di
assorbimento attraverso la mucosa gastrointestinale dipenda dal
tempo di dissoluzione delle compresse (o delle altre forme
farmaceutiche solide utilizzare nella somministrazione orale dei
farmaci), ha consentito di realizzare preparazioni ad azione
73
www.galenotech.org/biofarm1.htm
66
prolungata che consentono un lento ed uniforme assorbimento delle
sostanze attive per periodi di otto e più ore, con intuitivi vantaggi non
solo verso il paziente ma anche per l' infermiere, come :
somministrazioni distanziate nel tempo ed eliminazione degli
inconvenienti sempre possibili quando un farmaco raggiunge troppo
rapidamente un'alta concentrazione nell'organismo.
assorbimento per via cutanea: la somministrazione per via
cutanea è indicata per azioni locali; comunque, il controllo
dell'assorbimento attraverso gli strati più interni della pelle, permette
di ottenere anche effetti sistemici
via iniettiva: la somministrazione di farmaci per via iniettiva
(endovenosa, sottocutanea, intramuscolare, flebo, ecc.) presenta,
rispetto a quella orale, alcuni vantaggi fondamentali. Innanzitutto, il
farmaco iniettato evita il filtro epatico (passaggio obbligato dopo
l'assorbimento gastrointestinale) dove può subire trasformazioni tali
che lo possono inattivare. Inoltre, il dosaggio può essere stabilito più
accuratamente, ottenendo effetti terapeutici più rapidi e controllabili;
infine, le vie iniettive costituiscono l'unica alternativa possibile
quando il paziente non vuole o non può assumere farmaci per via
orale.
Le vie iniettive presentano tuttavia svantaggi notevoli che non
devono essere trascurati.
Le iniezioni endovenose, pur permettendo dosaggi accuratissimi ed
67
effetti immediati, possono dare, più di qualsiasi altra via di
somministrazione, reazioni sfavorevoli ed imprevedibili.
Per questo, la somministrazione di farmaci per via endovenosa deve
essere evitata a meno che vi siano motivi particolari per preferirla,
come ad esempio nell'anestesia chirurgica, dove le sostanze iniettate
devono essere accuratamente dosate e la somministrazione avviene
nel corso dell'intervento in funzione della risposta del paziente;
oppure quando è necessaria la somministrazione di volumi elevati di
farmaco (fleboclisi).
Le
iniezioni
sottocutanee
sono
spesso
utilizzate
per
la
somministrazione di farmaci e garantiscono un assorbimento
abbastanza uniforme, ma la via parenterale più frequente è
indubbiamente quella intramuscolare che consente un rapido
assorbimento dei farmaci in soluzione acquosa; d'altra parte, quando
i farmaci sono in soluzione oleosa o in particolari forme deposito,
possono essere ottenuti assorbimenti lenti ed uniformi.
via rettale: la somministrazione per via rettale offre buone
possibilità alternative quando il paziente non può utilizzare la via
orale; tuttavia, l'assorbimento rettale dei farmaci è spesso troppo
irregolare ed incompleto per garantire una adeguata affidabilità
quando la terapia esige regolarità ed accuratezza nei dosaggi.
via inalatoria: la grande superficie di assorbimento sviluppata dal
letto vasale polmonare costituisce un'ottima sede per i rapido
assorbimento dei farmaci allo stato gassoso o per soluzioni
68
atomizzate di farmaci che possono essere inalate come aerosol ed
entrare facilmente in circolo, oppure per svolgere la loro azione
localmente, come avviene per l'epinefrina nel trattamento dell'asma
bronchiale.
Gli svantaggi di questa via di somministrazione sono tuttavia
rilevanti, essenzialmente per l'azione irritante di molti farmaci sugli
epiteli polmonari.
Ecco di seguito una tabella riassuntiva dove vengono menzionati tutti
i pregi e difetti dal punto di vista infermieristico delle varie vie di
somministrazione dei farmaci.
Tabella riassuntiva74
Via di somministrazione
Svantaggi
/controindicazioni/accorgiment
i
Orale/
boccale/ Evitare di usarla nei pazienti con
sottolinguale
Facile
e
alterazioni
comoda
somministrare,
della
da gastrointestinale
economica, nausea,
vomito)
può provocare effetti locali o motilità
(dopo
sistemici.
infiammazione
resezione
funzione
(per
esempio,
riduzione
anestesia
dell’intestino)
della
o
e
gastrointestinale
chirurgica. Alcuni farmaci vengono
74
Tabella elaborata e modificata su base della tabella riportata sul sito
http://www.galenotech.org/biofarm1.htm
69
distrutti dalle secrezioni gastriche,
pazienti con difficoltà a deglutire
disfagia, i farmaci per os non possono
essere somministrati a pazienti in
aspirazione
gastrica
e
sono
controindicati prima di taluni esami o
dell’intervento chirurgico. Il paziente
confuso o privo di coscienza può non
volere
o
non
essere
capace
di
inghiottire il farmaco o di tenerlo
sotto la lingua. I farmaci orali
possono irritare il rivestimento del
tratto
gastrointestinale,
cambiare
colore ai denti o avere un gusto
sgradevole.
Via
sottocutanea
(s.c.), Rischio di infezioni, farmaci costosi:
intramuscolare
endovenosa
(i.m.), queste vie si evitano in pazienti con
(e.v.)
intradermica
assorbimento
.Si
più
e tendenza a sanguinare.
ha
un Rischio di danno tissutale con le
rapido iniezioni s.c.
rispetto alla via orale o topica.
Le vie i.m. ed e.v. possono essere
L’infusione e.v. è utile in pericolose perché l’assorbimento del
situazioni
critiche.
Se
la farmaco è rapido. Possono indurre
perfusione periferica è scarsa nei pazienti ansia.
70
la via e.v. viene preferita a
quella i.m.
Cute : topica e transdermica.
Le applicazioni estese
possono
L’applicazione topica procura essere voluminose, i pazienti con
principalmente
un
effetto abrasioni cutanee corrono il rischio di
locale. È indolore, gli effetti rapido assorbimento del farmaco e di
collaterali sono limitati. La effetti sistemici.
transdermica
fornisce
un La transdermica la scia una sostanza
prolungato effetto sistemico oleosa
con limitati effetti collaterali.
Mucose : occhi, naso, vagina, Dalle mucose
retto, boccale e sottolinguale
Le
soluzioni
acquose
le sostanze vengono
assorbite rapidamente (sono molto
si irrorate di capillari)
assorbono con molta facilità e L’introduzione
per
via
rettale
o
sono in grado di provocare vaginale a volte è fonte di disagio.
effetti sistemici. Le mucose Vi sono controindicazioni in casi di
sono un alternativa se vi sono interventi chirurgici rettali o vaginali,
controindicazioni orali.
Inalazione:
l’inalazione Alcune
sostanze
a
uso
locale
assicura un rapido sollievo ai provocano gravi effetti sistemici e
problemi respiratori
Rapido
accesso
di
locali. locali. (irritazione polmonare).
gas
anestetici.
71
Dischi intraoculari. Non Reazioni locali (lacrimazione ecc)
necessita
di
frequenti Ansia per il paziente.
somministrazioni(come
i
colliri), si può portare mentre
si dorme.
3.3 La terapia.
Abbiamo approfondito gli aspetti principali che l' infermiere deve
conoscere per effettuare una corretta somministrazione dei farmaci;
ora
andiamo
ad
somministrazione
esaminare
il
vero
e
proprio
atto
della
del
farmaco.
L' infermiere per portare a termine correttamente il suo compito di
somministrazione della terapia deve ricordarsi un metodo semplice e
specifico che facilita di netto questa funzione molto delicata, ed è la
72
famosa e sopracitata regola delle 7G:
1 Giusto farmaco: il farmaco che si sta somministrando deve
essere quello effettivamente prescritto.
2 Giusta dose: il farmaco deve essere somministrato nella dose
prescritta.
3 Giusta via di somministrazione: il farmaco deve essere
somministrato per la via prescritta
4 Giusto orario: il farmaco deve essere somministrato con la
frequenza prescritta e all' ora indicata dai protocolli in uso.
5 Giusto Paziente: il farmaco deve essere somministrato alla
persona alla quale è stato prescritto
6 Giusta registrazione: si registra nella documentazione clinica
dell' avvenuta somministrazione ( o non avvenuta con le
relative motivazioni)
7 Giusto controllo: sia su tutte le fasi di gestione della terapia,
ovvero dalla lettura della prescrizione alla somministrazione,
sia in merito all' esecuzione di eventuali controlli successivi
(per esempio, la rilevazione della pressione arteriosa nel caso
di somministrazione di un anti ipertensivo).75
Perciò l'infermiere trascrive la prescrizione sulla scheda della
somministrazione di farmaci (Meglio sarebbe se il medico scrivesse
direttamente la somministrazione del farmaco con le indicazioni sulla
75
Tratto da: “responsabilità infermieristiche nella somministrazione dei farmaci
capitolo 1 pag 3
73
scheda della terapia del paziente ).da un punto di vista giuridico l’atto
della somministrazione si distingue in due momenti:
1)
L’atto della prescrizione, di competenza medica,
2)
L’atto
della
somministrazione
di
competenza
infermieristica.
Se questi due momenti vengono tenuti distinti, l’infermiere
risponderà solo degli errori legati alla somministrazione.
La trascrizione della prescrizione comprende; nome e cognome del
paziente, numero di stanza e letto, la data di inizio e fine della
terapia,
nome
e
dosaggio
del
farmaco,
orario
e
via
di
somministrazione.
L’infermiere deve somministrare terapie prescritte dal medico e
controllare se è scritto il dosaggio e se è presente la firma del medico
prescrivente.
Se manca anche solo una di questi due fattori andate dal medico per
chiarire oppure rifiutatevi di fare la terapia.
Comunque non è così semplice, per questa fase di ricezione della
prescrizione, esistono diversi punti che l' infermiere deve osservare
per garantire una
successiva somministrazione del farmaco in
maniera idonea.
Andiamoli ad esaminare:
1. per ogni farmaco che l’infermiere somministra è necessaria
una prescrizione farmaceutica.
74
2. controllare con attenzione tutte le prescrizioni trascritte,
confrontandole con quelle di chi ha prescritto il farmaco.
Qualsiasi trascrizione macchiata illeggibile va nuovamente
controllata con il prescrivente.
3. assicurarsi che la prescrizione contenga i seguenti elementi: la
data in cui è stata scritta, il nome e il dosaggio del farmaco da
somministrare , la via di somministrazione e la firma di chi ha
prescritto il farmaco.
4. valutare l’anamnesi di allergia del paziente. Se il farmaco è
controindicato, avvisare chi lo ha prescritto.
5. occorre conoscere dei farmaci l’azione e lo scopo, il dosaggio e
via di somministrazione indicata, intervallo di tempo prima
della comparsa dell’azione, effetti collaterali e implicazioni
relative alla somministrazione e al controllo richiesto
all’infermiere .
6. somministrare il farmaco negli orari stabiliti in base al
frazionamento della posologia.
La premedicazione prima dell’intervento va somministrata entro
un tempo specifico. L’insulina va somministrata a distanza
opportuna prima del pasto.
7. la prescrizione verbale consiste in un farmaco o in una
prescrizione terapeutica ricevuti dall’infermiere in presenza di
chi prescrive il farmaco. Vanno comunque riportate in cartella
con il nome di chi le ha prescritte.
75
3.4. La terapia orale
Specificamente, dato che l' obbiettivo della mia tesi è quello di creare
un vademecum farmaceutico per abbassare il rischio clinico nella
somministrazione dei farmaci per via orale,
descriverò il modo
corretto per garantire al paziente una corretta assunzione del
farmaco.
Tenendo conto anche delle specifiche linee guida.
Con somministrazione per via orale si intende: l’assunzione per bocca
e la successiva deglutizione di un farmaco.
Questa modalità di somministrazione richiede normalmente che il
paziente sia cosciente, collaborante e con riflesso della deglutizione
presente.
I farmaci impiegati si presentano sotto forma solida (compresse,
capsule, confetti, polveri ecc.) o fluida (sciroppi, gocce, gel ecc.)
L’assorbimento del farmaco somministrato per via orale è molto
variabile in quanto dipende da quattro punti fondamentali:
1) proprietà fisiche e chimiche del farmaco;
2) velocità di svuotamento gastrico (è maggiore con il
paziente in
posizione laterale dx);
3) variazioni del ph nelle varie porzioni del tratto digerente;
4) irrorazione ematica della superficie d’assorbimento.
In particolare, a livello gastrico l’assorbimento è influenzato dalla
presenza di cibo nello stomaco (migliore quando è vuoto ma allo
stesso tempo più pericoloso per la possibile irritazione della
76
parete dello stomaco), mentre a livello intestinale è influenzato
dalla velocità di transito (migliore quando il transito non è
accelerato, se il paziente presenta diarrea ricordiamoci che il
transito è accelerato).la somministrazione per via orale può avere
effetti gastrointestinali indesiderati come nausea, vomito ,
irritazione gastrica che può causare anche ulcere.
L’infermiere deve controllare la capacità del paziente di deglutire
in condizioni di sicurezza:
Valutazione della capacità del paziente di deglutire.
•
Chiedere al paziente di ripetere alcuni suoni che richiedono gli
stessi movimenti muscolari della deglutizione: “mi-mi-mi-(per
le labbra) ; “le-le-le” (per la lingua); “ga-ga-ga” (per il palato
molle e la faringe).
•
Valutare il riflesso della deglutizione inducendo il paziente a
far scivolare la lingua all’indietro lungo il palato.
•
Sistemare pollice e indice sulla laringe del paziente e
chiedergli di deglutire: in condizioni normali la laringe si
eleva.
Allutazione della tosse del paziente
Fare due respiri lenti e profondi inspirando attraverso il naso ed
espirando attraverso
la bocca.
Inspirare per una terza volta e trattenere il fiato contando fino a
tre. Tossire con forza per due o tre volte consecutive senza
77
inspirare tra un colpo di tosse e l’altro (in questa fase bisogna far
uscire tutta l’aria dai polmoni).
Valutazione del riflesso faringeo del paziente
•
Valutare il riflesso faringeo colpendo la parete posteriore
della faringe con un abbassalingua.
•
Non ricercare mai il riflesso faringeo ij un paziente con
tosse o deglutizione compromesse.
Per proteggere le vie aeree controllare che il paziente presenti
tutti e tre i riflessi: faringeo, della deglutizione e della tosse. Tutto
questo è documentato da linee guida create specificamente per
valutare le funzioni sensoriali di un paziente.
LINEE GUIDA
1. Valutare le funzioni sensoriali del paziente, compresa la vista,
l’udito, tatto, e la coordinazione fisica. I deficit sensoriali e
della coordinazione possono compromettere, infatti, la
capacità del paziente di vedere i farmaci, di aprire i flaconi e di
leggere le etichette.
2. Spesso il paziente assume per bocca più di un farmaco
contemporaneamente. L’infermiere deve valutare le potenziali
interazioni di ciascun farmaco con il cibo o altri farmaci. Se
sorge qualche dubbio, consultarsi sempre con il farmacista.
3. Valutare quali farmaci possono essere assunti con il cibo;
78
alcuni infatti vanno assunti a stomaco vuoto per potenziarne
l’assorbimento;altri invece possono irritare il rivestimento
gastrico e vanno sempre assunti assieme al cibo.
4. Per ogni farmaco per bocca o per via topica raccogliere le
informazioni che riguardano: azione, scopo, dosaggio normale
e via di somministrazione, effetti collaterali frequenti, tempo
di comparsa dell’effetto ed effetto massimo, implicazioni per
l’assistenza infermieristica.
5. Per ogni farmaco somministrato per bocca o per via topica
rivedere nella prescrizione il nome del paziente, quello del
farmaco,
la
sua
concentrazione,
il
momento
della
somministrazione e la zona di applicazione.
6. Prima di applicare un farmaco topico, lavare qualsiasi
superficie che possa essere contaminata da sangue, liquidi
corporei, secreti o escreti.
7. Usare guanti puliti monouso
quando si applicano i farmaci
topici per prevenire il rischio che la cute dell’infermiere li
assorba. (Non solo con il rischio dello stesso di creare una
sensibilizzazione al farmaco: ma assorbendo una parte del
principio attivo, il paziente assorbirà il farmaco con una dose
sbagliata).
8. Seguire i consigli della casa farmaceutica produttrice per
applicare correttamente il farmaco.
9. Quando si usano farmaci topici, controllare prima della
somministrazione le allergie del paziente, in particolare ai
79
conservanti e ai profumi.
10. Se il paziente è mentalmente e fisicamente capace, prepararlo
alla
dimissione
istruendolo
sulle
tecniche
di
auto
somministrazione.
80
CAPITOLO QUARTO
Governo clinico e clinical pathways
4.1 Il Governo clinico.
“Il governo clinico non è né un’innovazione né un déjà vu”.76
Cos' è il governo clinico? Per Governo Clinico si intende un
“approccio integrato per l’ammodernamento del SSN, che pone al
centro della programmazione e gestione dei servizi sanitari i bisogni
dei cittadini e valorizza il ruolo e la responsabilità dei medici e degli
altri operatori sanitari per la promozione della qualità”77.
In altre parole il governo clinico rappresenta una politica sanitaria
che
mette
al
centro
della
propria
attenzione
l’efficacia
e
l’appropriatezza clinica delle prestazioni, creando le condizioni
necessarie per fare in modo che la valutazione della qualità di queste
ultime diventi parte integrante dell’attività istituzionale dei servizi e
non, com’è stato solitamente, un fatto occasionale, episodico e
volontaristico.
76
Frase di Roberto Grillo direttore asl
77
Definizione del ministero della salute
http://www.salute.gov.it/qualita/paginaInternaQualita.jsp?id=232&
menu=qualita
81
Potremmo pensare che questa definizione sia stata coniata ai giorni
nostri; per porre rimedio ad un' idea generale formatasi nella mente
delle persone che ormai negli ospedali, non si pensi più a curare la
salute dei pazienti, ma piuttosto, a far quadrare un bilancio
economico.
Infatti, ho notato che sempre più pazienti, parlando con loro in
corsia, ascoltando le loro storie e raccogliendo le loro critiche, sono al
corrente della situazione economica negli ospedali, cercando di
rivolgersi di conseguenza (almeno ché non siamo costretti a rimanere
vicino ai familiari), alle ASL che non sono in “rosso” (come l' ASL
ligure)78.
I pazienti hanno l' enorme paura che nelle ASL in deficit, medici ed
infermieri, abbiano a propria disposizione per risparmiare, materiale
scadente per diagnosticare e curare malattie. Oppure che non
ricevano un adeguato livello di assistenza.
Forse tutto questo è anche nato dal fatto che le cose sono cambiate: i
pazienti di oggi, per la maggior parte anziani, erano abituati ad un
sistema di erogazione di assistenza sanitaria diverso, la mutua,
ovvero:
dove le spese delle prestazioni sanitarie, da parte delle
vecchie USL (unità sanitaria locale), venivano pagate non dallo stato,
ma dalla classe di lavoratori e quindi, venivano fornite prestazioni
qualitativamente migliori79.
78
Dato elaborato dallo studio e visione dei grafici Istat sul debito delle Asl.
79
“Argomenti di economia per le professioni sanitarie” di: Marinella D’Innocenzo, Stefano
82
Parlando di USL, un' altra fonte di preoccupazione che ha portato le
persone, ( allo stesso tempo i pazienti), a consolidare nella loro mente
l' ideologia sopracitata, è stato proprio il successivo cambiamento del
nome USL, con il d.lg. 502/92 in aziende sanitarie locali (ASL)80. Il
termine “Azienda”, potrebbe far intuire alla gente che non ci si stà
più rivolgendo ad una struttura sanitaria, incentrata sui bisogni della
persona, dove un futuro paziente potrà trovare qualità sia nei più
semplici strumenti diagnostici; ma anche nei processi assistenziali.
Ma che si rivolga ad una azienda vera e propria, dove uno degli
obiettivi fondamentali è arrivare a fine anno, presentando un bilancio
positivo, applicando la regola economica che con il minimo spreco di
risorse (denaro), bisogna erogare il massimo delle prestazioni. Ed
anche il vecchio “paziente” che una volta era ricoverato in reparto ora
viene chiamato “utente” o “cliente”81.
In realtà gia più di un secolo fa, Florence Nightingale indicava, con
una consapevolezza che all’epoca non era certamente di molti, questa
affermazione:
“It may seem a strange principle to enunciate as the very
first requirement in a hospital that it should do the sick no
harm”.82
Trippetti casa editrice Mc grow-hill
80
DECRETO LEGISLATIVO 30 dicembre 1992, n.502
81
“Argomenti di economia per le professioni sanitarie” di: Marinella D’Innocenzo, Stefano
Trippetti casa editrice Mc grow-hill
82
Florence Nightingale, Notes on Hospitals (1863).
83
Tradotto letteralmente significa: “Può sembrare strano un principio
di enunciare l'esigenza prima in un ospedale che deve fare i malati
del male”.
Già in quell’epoca la Nightingale reclamava la necessità di garantire
ai pazienti di non trovarsi a dover soffrire per le indesiderate
conseguenze dell’assistenza loro prestata, in aggiunta a quelle dovute
alla loro malattia.
L’affermazione della Nightingale indica il problema, oggi quanto mai
al centro dell’attenzione, della “gestione del rischio”. Ovvero come
garantire
la
sicurezza
inevitabilmente
dei
“pericolosi”
pazienti
quali
all’interno
possono
essere
di
gli
contesti
ambiti
assistenziali83.
Mai come ora queste affermazioni ritrovano un riscontro in questa
realtà moderna dove, ricollegandoci alle precedenti affermazioni,
l’attenzione principale dei sistemi sanitari sembra essere concentrata
principalmente sulla necessità di contenere i costi operando sugli
assetti gestionali e organizzativi, con l’esplicito intento di recuperare
margini di efficienza operativa.
Via via stà cambiando ideologia basandosi sulla consapevolezza che
l’efficacia clinica delle prestazioni e l’appropriatezza del loro utilizzo
nella pratica, debbano rappresentare un interesse primario.
Si
è
visto,
infatti,
come
fosse
trascurata
una
dimensione
assolutamente rilevante ed essenziale della qualità dell’assistenza,
83
Marco Rossi, infermiere affermazione elaborata dal suo articolo sulla rivista on-line
?Infermieristica e scoperte in campo medico
Infermieri ...Scoperte Scientifiche e
84
vale a dire, la capacità dei servizi e degli operatori di mantenere
performance professionali su standard accettabili in termini di
risultati clinici ottenuti e di appropriatezza nell’uso degli interventi.
Ed è per questo che si presta maggiore attenzione a come realmente
vengono assistiti i pazienti, attenzione che nel mondo anglosassone
viene definita “clinical governance”, sottolineando, in questo modo,
l’importanza della funzione clinico-assistenziale dell’attività dei
servizi, e quindi delle diverse figure professionali che ne sono
responsabili direttamente.
La qualità non può essere promossa attraverso l’applicazione di
norme o sanzioni; può fondarsi solo su un patto con i professionisti
sanitari che li veda protagonisti e responsabili delle azioni ma anche
della definizione delle strategie e della valutazione dei risultati.
Il termine governo clinico compare per la prima volta in un
documento inglese intitolato “ A first class service84 : Quality in the
new national healt service “, in cui viene introdotto il concetto di
“clinical governance”, ovvero di un contesto in cui i servizi sanitari si
rendono responsabili del miglioramento continuo della qualità
dell’assistenza e mantengono elevati livelli di prestazioni creando un
ambiente che favorisce l’espressione dell’eccellenza clinica nel limite
delle risorse disponibili.
84
da “A first Class Service”, 1998 di Donalds
85
Nel particolare Donaldson85 lo definisce: “ “il sistema attraverso il
quale le organizzazioni
sanitarie si rendono responsabili per il
miglioramento continuo dei loro servizi e garantiscono elevati
standards di performance assistenziale, assicurando le condizioni
ottimali nelle quali viene favorita l’eccellenza clinica”. D.B.
Freedman86 ci fornisce un' altra definizione di governo clinico: “può
essere considerato un cambiamento generale della cultura del
sistema che fornisce i
mezzi per lo sviluppo delle capacità
organizzative necessarie a erogare un servizio di assistenza
sostenibile, responsabile, centrato sui pazienti e di qualità”.87
85
Donaldson: Chief Medical Officeron.
86
D.B. Freedman
87
D.B. Freedman dall' articolo “analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico”
86
L’OMS (organizzazione mondiale della sanità) “The principles of
quality assurance” del 1983 divide la qualità in 4 aspetti principali:
• qualità tecnica dei professionisti
• uso delle risorse - efficienza
• gestione del rischio
• soddisfazione dei pazienti88
.Cioè parlare di governo clinico oggi, si intende assicurare la
qualità,efficacia, sicurezza,
centralità del paziente, tempestività,
efficienza delle prestazioni.
Per erogare i migliori risultati possibili in salute e l’uso efficiente
delle risorse, vengono impiegate metodologie e strumenti quali:
1)Formazione continua
2)le linee guida ed i profili di assistenza basati su prove di efficacia,
3)la gestione del rischio clinico,
4)Audit clinici
5)Medicina basata sull’Evidenza: EBM, EBHC e EBN
6)Gestione dei Reclami e dei contenziosi
7) Comunicazione e gestione della documentazione.
8) Ricerca e sviluppo
9)Esiti
10)Collaborazione multidisciplinare
www.salute.gov.it
88
ripreso dall' articolo dell' OMS “The principles of quality assurance”
87
11)Coinvolgimento dei pazienti
12)Valutazione del personale89
Tutto ciò costruito a partire dalla cartella clinica integrata
informatizzata, la valorizzazione del personale e la relativa
formazione, la integrazione disciplinare e multiprofessionale, la
valutazione sistematica delle performance per introdurre innovazioni
appropriate ed con il coinvolgimento di tutti i soggetti, compresi i
volontari e la comunità.
In questa ottica, il ministro della Salute Livia Turco, in una audizione
alla Camera dei Deputati del 23 gennaio 200790, parla del Governo
clinico come di “un importante elemento che può contribuire ad
integrare una serie di elementi e questioni ormai giunte a
maturazione:
•
l’esigenza di assicurare omogeneità, per qualità e quantità,
nonché per requisiti minimi di sicurezza e garanzie di efficacia,
alle prestazioni erogate su tutto il territorio nazionale;
•
la necessità di passare speditamente a percorsi diagnosticoterapeutico-assistenziali costruiti sulla appropriatezza e sulla
centralità del paziente;
•
il dovere di procedere con rapidità all’innalzamento dei livelli
di sicurezza delle prestazioni attraverso la introduzione di
tecnologie di prevenzione del rischio di malpractice;
89
90
Piano d’indirizzo per la Riabilitazione del Ministero della salute
"Governo clinico, qualità e sicurezza delle cure” del Ministero della Salute
88
•
l’urgenza di cominciare a costruire il secondo pilastro della
sanità pubblica, quello della medicina del territorio, a partire
dalla riorganizzazione e promozione delle cure primarie e della
integrazione socio-sanitaria, con particolare riferimento alla
presa in carico e alla continuità della assistenza nell’arco delle
24 ore e sette giorni su sette;
•
la opportunità di aprire il sistema, nella sua interezza, alla
cultura della valutazione, puntando con decisione sulla
utilizzazione di indicatori di esito e valutazione in termini di
obiettivi di salute conseguiti, più che di mera sommatoria di
prestazioni erogate;
•
l’esigenza di aumentare la trasparenza del sistema, a
cominciare dalla rivalutazione del merito professionale, e dalla
ridefinizione delle norme sul reclutamento della dirigenza e
sulla progressione delle carriere. Si tratta di una condizione
imprescindibile per assicurare alla sanità pubblica le migliori
competenze, rilanciare le politiche del personale, incidere sul
rapporto perverso tra sanità e cattiva politica, ridare fiducia ai
cittadini;
•
l’urgenza di dare effettività alla tanto declamata centralità del
paziente, nella consapevolezza che il sistema è chiamato ad un
impegno che va la di la della corretta informazione nei suoi
confronti.”91
91
ripreso dal ministero della salute http://www.salute.gov.it/qualita/
89
Per ottenere i risultati desiderati, occorre che le capacità tecnicocliniche siano adeguatamente supportate da un ambiente funzionale
al raggiungimento degli obiettivi clinici dei servizi.
Si tratta di un impegno multidisciplinare, che deve trovare la clinica,
sia tra chi nei servizi ha responsabilità cliniche e chi ha in
collaborazione sia tra operatori clinici, sia tra chi nei servizi ha
responsabilità cliniche e chi ha invece responsabilità organizzative e
manageriali.
E’ proprio in questa specifica connotazione culturale che le linee
guida possono trovare nel governo clinico il contesto
idoneo alla realizzazione delle loro potenzialità come strumenti per la
promozione dell’efficacia e dell’appropriatezza clinica.
Per essere utilizzate come strumento di valutazione della qualità delle
prestazioni erogate, le linee guida devono poter fornire indicatori
misurabili degli aspetti rilevanti e critici dei processi assistenziali.
A tal fine, devono presentare specifiche caratteristiche e requisiti:
devono essere valide dal punto di vista scientifico, condivise dai
destinatari ed esplicitamente orientate ad affrontare problemi
assistenziali nel loro insieme.
Proprio perché il governo clinico ha come obiettivo il miglioramento
della qualità dell’assistenza, non si può, in questo caso, non parlare
dell’uso delle informazioni scientifiche92 come riferimento per le
92
Evidence-based medicine dall' articolo di Marco Rossi
90
decisioni cliniche, al fine di orientarle verso una maggiore efficacia ed
appropriatezza clinica.
Tuttavia il governo clinico non si limita solo ad applicare
praticamente i principi dell’ ”Evidence-Based Medicine”, ma fa in
modo che il riferimento alle informazioni scientifiche disponibili
diventi
parte
integrante
delle
modalità
operative
dell’intera
organizzazione.
L' Evidence-Based Medicine ( EBM) è un movimento culturale che si
è progressivamente diffuso a livello internazionale, favorito da alcuni
fenomeni che hanno contribuito ad una crisi dei modelli tradizionali
della medicina.93
E’ in questo contesto che s’inserisce il principio di “imparare
dall’esperienza”94, il quale implica non solo un’analisi dei processi
assistenziali sulla base delle evidenze scientifiche nell’ambito della
valutazione dell’efficacia degli interventi sanitari, ma implica anche
93
94
Definizione del GIMBE: grupo Italiano per la medicina basata sulle evidenze.
Articolo Marco Rossi su: Infermieri ...Scoperte Scientifiche e ? Infermieristica e
scoperte in campo medico
91
l’adozione di meccanismi e strumenti d’identificazione ed analisi
degli errori e delle loro cause, attraverso una politica di sorveglianza
per identificare quei fattori che inducono a commettere errori.
Imparare dalle esperienze significa anche porsi nella condizione di
poter apprendere da quelle altrui, mediante una comparazione tra le
prestazioni erogate da team di operatori e da servizi così da
raggiungere migliori risultati clinici.
E’ proprio in questo contesto che possiamo introdurre il concetto di
“responsabilizzazione”, verso la qualità come dovere istituzionale, che
il governo clinico richiede ai professionisti.
Parlare di responsabilizzazione significa: “porsi l’obiettivo di una
buona qualità dell’assistenza nei confronti del sistema all’interno del
quale si opera, non come generico compito professionale del singolo
operatore, ma come impegno dei team nel loro insieme, attraverso la
scelta responsabile di sottoporsi a forme di controllo e monitoraggio
delle
proprie
prestazioni
secondo
principi
di
valutazione
professionalmente condivisi.”95
Infine, un altro importante aspetto che caratterizza il concetto di
“governo della pratica clinica” è quello della partecipazione: un
processo di condivisione e partecipazione attiva degli utenti
all’attività dei servizi corrisponde non solo a un generico diritto del
paziente, ma soprattutto ad una delle condizioni necessarie per il
raggiungimento degli obiettivi clinici desiderati.
95
Definizione data da Marco Rossi
92
Partecipazione dell’utenza significa, in concreto avviare una politica
di comunicazione e informazione con il pubblico, affinché migliori la
consapevolezza rispetto a quanto può aspettarsi dagli interventi
sanitari disponibili e dalla tipologia di offerta dei servizi; significa
anche migliore comunicazione con il paziente per una maggiore
collaborazione con gli operatori; significa, infine, mettere il paziente
in grado di operare delle scelte, laddove varie opzioni diagnosticoterapeutiche siano possibili e il problema sia trovare quella più adatta
alle esigenze e alle preferenze del singolo.
Come definito dal ministero della salute Le linee guida vengono
definite
dall’Institute
of
Medicine
che
(IOM)
che
“è
un'organizzazione indipendente senza scopo di lucro che opera al di
fuori del governo o di enti pubblici.” 96“raccomandazioni, elaborate
in modo sistematico, con lo scopo di supportare ed orientare medici
e pazienti nelle decisioni concernenti le modalità assistenziali più
appropriate in specifiche situazioni cliniche”.97
Esse rappresentano uno strumento essenziale del governo clinico
finalizzato alla promozione della buona pratica clinica e a favorire
l’approccio multidisciplinare e la collaborazione interprofessionale
nel processo di miglioramento continuo della qualità.
I principali fattori che hanno favorito la produzione di linee guida,
sono:
• il fenomeno della variabilità nella pratica clinica,
96
Da: “About the IOM” The Institute of Medicine (IOM) of the national academis.
http://www.iom.edu/About-IOM.aspx
97
“Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute
93
• gli ampi periodi di tempo necessari per ottenere l’evidenza su
aspetti clinici specifici,
• la necessità di sintetizzare l’evidenza,
• la necessità di supporto alle decisioni clinico assistenziali.98
Un aspetto particolarmente rilevante, però, è quello relativo alla
qualità delle linee guida; infatti se è vero che negli ultimi tempi
abbiamo assistito ad una vasta proliferazione di linee guida, è anche
vero che solo una piccola parte di esse risulta di qualità; non è raro,
per esempio, riscontrare su una specifica condizione clinica
raccomandazioni discordanti che disorientano l’operatore sanitario.
Pertanto, il processo di produzione di linee guida richiede un
approccio metodologico particolarmente complesso e rigoroso, che
tiene conto di precisi criteri che ne determinano la qualità. A tal
proposito esistono diversi strumenti per l’elaborazione e la
valutazione delle linee guida.
Tra
questi
ricordiamo
AGREE
che
è
“una
collaborazione
internazionale di ricercatori e responsabili politici che cercano di
migliorare la qualità e l'efficacia delle linee guida di pratica clinica
attraverso la definizione di un quadro condiviso per il loro sviluppo,
comunicazione e valutazione.”99
98
99
“Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute
Da: “Introduction What is AGREE? Dal sito ufficiale: http://www.agreecollaboration.org/intro/”
94
Esso
costituisce
un
metodo
di
elaborazione
-
valutazione-
aggiornamento delle linee guida applicabile a tutte le aree cliniche
(promozione della salute, diagnosi, terapia) e ai diversi livelli di
contesto (nazionale, regionale, locale).100
La qualità delle linee guida, inoltre, è condizionata dal livello di
evidenza disponibile sullo specifico argomento clinico.
Infatti, il livello di evidenza per le raccomandazioni di una linea guida
viene classificato nel seguente modo:
A. Basato su studi randomizzati controllati o sistematic reviews
B. Basato su “robusti” studi sperimentali o osservazionali
C. Basato sul consenso e l’opinione di esperti a livello nazionale
D. Basato sul consenso e l’opinione di esperti a livello locale
Le linee guida dovranno altresì possedere i seguenti
requisiti:101
1. Chiare indicazioni dell’obiettivo, della popolazione target e del
contesto clinico
necessario per la loro applicazione
100
101
“Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute
“Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute
95
2. Chiare indicazioni su chi ha formulato le linee guida
3. Appropriata rappresentazione delle diverse discipline coinvolte nel
gruppo tecnico di lavoro
4. Chiare metodologie di come l’evidenza è stata ricercata e valutata
5. Chiare indicazioni su come sono state formulate le linee guida dal
gruppo di lavoro
6. Il livello di evidenza a supporto delle raccomandazioni
7. Indicazioni sui tempi di aggiornamento delle linee guida
8. Considerazioni di tipo costo-efficacia e dell’efficacia clinica delle
raccomandazioni
Altro strumento fondamentale del governo clinico è rappresentato
dai percorsi assistenziali o percorsi assistenziali integrati, che
possono essere definiti “i piani assistenziali integrati che delineano il
processo
di
assistenza
per
una
particolare
condizione
dall’ammissione sino alla dimissione”.102
Essi includono anche gli aspetti organizzativi legati al processo
assistenziale, e sono adattati alla realtà locale.
Essi, quindi incorporano le linee guida, fanno riferimento ad espliciti
standard, coinvolgono differenti figure professionali, migliorando la
comunicazione
interdisciplinare,
evitando
duplicazioni
di
informazioni e trattamenti, riducendo la variabilità nella pratica
clinica.
102
Definizione data dal ministero della salute www.ministerodellasalute.gov
96
Abbiamo parlato ampiamente del governo clinico, dalla sua nascita,
su cosa si basa e abbiamo accurato che pone al centro del processo
sanitario assistenziale il paziente.
Per concludere voglio proporre una visione pratica di come è formato
un governo clinico in Italia riportando un discorso del Ministro della
Salute Girolamo Sirchia scritto nel 2004103:
“L’attuazione del governo clinico è responsabilità del Capo
Dipartimento
che,
con
l’aiuto
di
personale
amministrativo,
predispone e sottopone all’Amministrazione dell’Ente (Ospedale o
ASL) un piano d’azione triennale che miri, nell’ambito di un budget
assegnato con ampia facoltà di spesa, a trattare il maggior numero di
casi e a garantire l’out come del trattamento.
Nel caso, ad esempio di una cardiochirurgia, è responsabilità del
Capo Dipartimento assicurare all’Amministrazione dell’Ospedale un
numero minimo di interventi (ad esempio by-pass aorto-coronarico)
con mortalità a 30 giorni inferiore al 2%, nel rispetto delle risorse
economiche disponibili.
Perché questo obiettivo possa essere conseguito, è necessario che il
Capo Dipartimento mantenga con azione sistematica le Linee guida
razionalmente e internazionalmente validate e utilizzi appieno le
possibilità correttive offerte dal controllo di gestione, di cui il
dipartimento deve essere dotato.
Il programma di Clinical Governance non può prescindere da una
103
http://documenti.camera.it/Leg14/dossier/Testi/AS0302b.htm
97
sistematica azione di aggiornamento del personale in tutte le sue
forme, da un sistematico sostegno della cultura della qualità, da
incentivi che premino la partecipazione del personale ai programmi
di miglioramento delle qualità e che premino il conseguimento degli
obiettivi prefissati.
I vantaggi di un buon sistema di governo sono numerosi, sia in
termini di indicatori di salute, sia in termini economici. Si pensi solo
ai vantaggi di evitare le conseguenze della non-qualità, la quale infatti
genera costi aggiuntivi, mentre la qualità genera risparmi.104
Il conferimento del governo clinico ai poteri e alla responsabilità del
Capo Dipartimento ha l’innegabile vantaggio di riportare la decisione
in capo ai medici, pur nel rispetto dei vincoli di bilancio e quindi di
ridurre l’atteggiamento economicistico oggi ampiamente lamentato
in sanità e dovuto al fatto che la decisione è nelle mani del potere
amministrativo.
E’ perciò opportuno ricordare che, contrariamente a quanto alcuni
pensano, il governo clinico non si contrappone alla norma ISO 9000,
ma la integra utilmente negli ambiti medici.
Infatti la norma ISO non ha l’ambizione di determinare la qualità del
prodotto o del servizio, ma solo di creare le premesse operative
perché, operando in un sistema organizzato con regole ben precise, il
raggiungimento della qualità dei prodotti o servizi sia possibile; il
104
“governo clinico” di Girolamo Sirchia tratto dal sito
www.salute.gov.it/rassegna/ilPunto.jsp?id=3
98
governo clinico aggiunge alla macchina basata sulla norma ISO la
finalizzazione e la competenza clinica necessaria all’obiettivo
specifico”105.
4.2 Clinical pathways
I percorsi assistenziali (in inglese per lo più clinical o critical
pathways) possono essere definiti come piani multidisciplinari ed
interprofessionali relativi ad una specifica categoria di pazienti in
uno specifico contesto locale e la cui attuazione è
valutata mediante indicatori di processo e di esito.106
Ovvero: I critical pathways sono strumenti fondamentali usati nei
sistemi managed care e case management. Essi si costruiscono con
la collaborazione di tutto il team assistenziale di un ospedale. Sono la
versione abbreviata del percorso ospedaliero del cliente in base al
DRG o al caso tipo. Forniscono le informazioni necessarie per erogare
un assistenza di qualità con un buon rapporto costo efficacia. Ciascun
reparto ospedaliero sviluppa i propri critical pathways107.
105
(Girolamo Sirchia Ministro della Salute – Roma, 13 maggio2004)
106
1998
Woolf, 1990; Canadian Medical Association, 1995; Pearson et al, 1995; Wall e Proyect,
107
Wieczorek P., Developing Critical Pathways for Operating Room, Aorn Journal
December, 2(6), 1995.
99
Un critical pathway è un piano scritto che funziona come guida per
un’assistenza del paziente efficiente e puntuale, essi possono essere
comparati ad una cartina stradale che orienta ogni disciplina sugli
interventi essenziali e sui risultati che debbono essere raggiunti in un
determinato giorno o in un determinato periodo di tempo108.
I critical pathways aiutano il team assistenziale a
raggiungere i risultati attesi in un appropriato numero di giorni di
degenza e vengono costruiti per pazienti o popolazioni di pazienti che
andranno incontro a esperienze cliniche simili e che richiederanno
trattamenti, servizi e risorse simili.
Essi sono sviluppati in base alle esperienze e conoscenze dei membri
team assistenziale. Li si potrebbe anche considerare linee guida
clinico-organizzative. Un percorso assistenziale è il macro processo
108
Byron Smith G., Danforth D.A.,Owens P.J., Role restructuring: nurse, case manager ad
educator, Nursing administration Quarterly, 19(1), 1994.
100
che corrisponde alla intera gestione di un problema di salute.
Si può
considerare un sinonimo di percorso diagnostico-terapeutico, ma la
parola assistenziale include anche l’assistenza alla persona per la cura
di sé e
per eventuali disabilità e il sostegno psico-emozionale e
sociale. Idealmente la gestione dei percorsi assistenziali dovrebbe
riguardare sia la componente territoriale, sia quella ospedaliera.109
Infatti dovrebbe.
Ma con le risorse a disposizione e le scelte di allocazione delle stesse;
portano comunque la maggior parte delle volte a focalizzarci solo sul
contesto ospedaliero o solo sul territorio.
Migliorandone una a discapito di un' altro.
Si parla di linee guida perché i clinical pathways si basano su:
11. standard di assistenza di specifiche popolazioni di pazienti,
sulle migliori evidenze scientifiche e su dati di benchmarking;
12. specificano il periodo di riferimento e il flusso temporale con
date e tempi per il raggiungimento dei risultati attesi (giorni,
nei reparti per acuti; ore, minuti, nelle aree critiche; visite, per
l’assistenza domiciliare; periodi, per pazienti cronici);
13. usano i DRG per diagnosi mediche, insieme alle diagnosi
infermieristiche e alle linee guida;
109 Definizione tratta dalla rivista Siryo rivista specializzata in scienze infermieristiche ostertiche, dall'
articolo “i percorsi assistenziali midwifery Clinical pathways” di Freancesca Franchi
101
I DRG o: Diagnosi s-related group o più semplicemente DRG, è
l'equivalente
in
italiano
Raggruppamenti
Omogenei
di
Diagnosi oppure ROD.
Esso è un sistema che permette di classificare tutti i pazienti dimessi
da un ospedale (ricoverati in regime ordinario o day hospital) in
gruppi omogenei per assorbimento di risorse impegnate.
Tale
aspetto
permette
di
quantificare
economicamente
tale
assorbimento di risorse e quindi di remunerare ciascun episodio di
ricovero. Una delle finalità del sistema è quella di controllare e
contenere la spesa sanitaria.110
I critical pathways prevedono in dettaglio tutte le attività previste
per trattare quel caso specifico secondo la migliore sequenza
110
Definizione data dal libro “Argomenti di economia per le professioni sanitarie” Marinella
D’Innocenzo, Stefano Trippetti casa editrice Mc Grow-Hill
102
temporale in relazione agli esiti da conseguire; in questo modo è
possibile verificare quotidianamente gli scostamenti e assumere le
decisioni necessarie per correggerle.
Si tratta di strumenti secondo cui per ogni singola diagnosi sono
formulati degli out comes, (cioè prestazioni sanitarie che sono il
risultato degli output che sono rappresentati dai ricoveri, visite
prevenzioni e gli in put che sono le risorse dedicate alla sanità.)111, ai
quali corrispondono degli interventi chiave relativi ad una serie di
elementi
assistenziali
generali
(consulenze,
accertamenti,
trattamenti, nutrizione, farmaci, attività, sicurezza, educazione e
pianificazione della dimissione) (Zander 1992)112
quindi i percorsi assistenziali, (clinical pathways), hanno lo
scopo di eliminare il più possibile i ritardi e gli sprechi, contenere le
variazioni non necessarie nei trattamenti, assicurare la continuità e il
coordinamento dell’assistenza, ridurre al minimo i rischi per i
pazienti, (prevenzione del rischio) e migliorare gli esiti.
Per un buon percorso assistenziale è necessario che:113
1) vi sia un approccio interprofessionale, multidisciplinare e talvolta
anche possibile basate sulle evidenze scientifiche ;
2) vi sia l ’ adattamento e la condivisione locale delpiano ;
111
Definizione tratta da “Il processo di produzione di salute” del dipartimento di Economia e
Metodi Quantitativi dell' università degli Studi di Genova.
112
Definizione di Zander 1992. tratta da IL CASE MANAGEMENT Newsletter Collegio Ipasvi
della Spezia, marzo 2007 A cura di Patrizia Nunziante
113
I punti a susseguirsi sono trattis dall' articolo del collegio IPASVI di Gorizia: “I percorsi
clinico-assistenziali: quali evidenze per un’assistenza di qualità?” redatto dalla Dott.ssa Gloria
MORETTO
103
3) il percorso sia suddiviso in fasi di durata definita;
4) sia specificata la sequenza degli atti dei professionisti coinvolti
(chi deve fare che cosa quando ) nelle diverse fasi ;
5)sia valutata l ’ attuazione del percorso mediante
validi indicatori di processo e possibilmente anche di esito ;
6) sia promosso il coinvolgimento degli utenti.
Essendo strumenti coincisi e generali che includono dei piani
standardizzati, non tutti i pazienti seguono meticolosamente il piano.
Per questo si utilizzano i copathways che permettono di affrontare
una comorbilità e gli algoritmi per il trattamento di
varianze
frequenti.
I critical pathways migliorano e facilitano la comunicazione con il
paziente e coordinano il processo di cura e sono un valido mezzo per
esaminare e valutare il processo di assistenza e le sue conseguenze.
Per ottimizzare la comunicazione alcune istituzioni forniscono al
paziente una copia semplificata del critical pathways; ciò stimola il
paziente a porre delle domande e quindi a stabilire un dialogo con
l’equipe assistenziale114.
I critical pathways possono essere un potente strumento per
prevenire le cause di “malpractice” (cura sbagliata), perché
testimoniano la conduzione degli interventi secondo gli standard
assistenziali.
114
June Forkner, Clinical Pathways: benefits and liabilities, Nursing Management,
novembre 1996.
104
Con i critical pathways e con l’uso delle mappe di cura, nei paesi in
cui sono stati adottati, si è superato il processo di nursing, non come
metodo scientifico, ma come metodo mono disciplinare ridondante
nella prospettiva di una presa in carico globale della persona115.
Tutto questo non è nato per caso e anche se è una strategia nata da
poco, il clinical pathways ha una storia precisa che è indispensabile
per comprenderne l' evoluzione. Dunque:
L’opportunità
dello
sviluppo
e
dell’applicazione
di
percorsi
assistenziali è stato sostenuta anche dal comitato di esperti116
convocato dal prestigioso Institute of Medicine americano.
I percorsi assistenziali sono comparsi in un periodo relativamente
recente, insieme all’affermarsi della managed care.
La managed care nasce negli Stati Uniti intorno agli anni trenta del
secolo scorso, quando le compagnie petrolifere, le società per la
realizzazione di opere pubbliche, l’industria estrattiva mineraria, ecc.
cominciarono ad avvertire la necessità di contrattare con le
organizzazioni sanitarie pacchetti predefiniti di prestazioni per i
propri dipendenti117.
I primi percorsi assistenziali si ispirarono alla tecnica dei critical
pathways
115
(percorsi
critici)usata
nel
mondo
industriale
per
Antullo A., Case Management, in Benci L. Manuale giuridico professionale per l’esercizio
del nursing, edizione McGraw-Hill, Milano 2001.
116
Commettee on the Quality of Health Care in America
117
Fairfield et al, 1997; Robinson e Steiner, 1998.
105
ottimizzare i tempi di lavoro.
Il percorso critico è la sequenza di attività, dall’ordine dei materiali ai
fornitori alla consegna del prodotto, che dà luogo ad una durata
minima del processo produttivo Ci si è resi presto conto che i percorsi
assistenziali potevano servire non solo a migliorare l’efficienza e la
continuità delle cure e a ridurre la variabilità, ma anche a favorire
l’applicazione delle conoscenze scientifiche sull’efficacia degli
interventi.
Approfondito il quadro storico voglio concludere esaminando gli
aspetti positivi (vantaggi) e negativi (svantaggi) che hanno i clinical
pathways.
Hanno il vantaggio di favorire la continuità degli interventi e
l’integrazione
tra
unità
organizzative
ed
anche
talvolta tra
organizzazioni diverse e di diminuire così gli inconvenienti per i
pazienti alle interfacce.
La ricostruzione ed analisi dei percorsi assistenziali, come di
qualunque processo, permette di identificare lentezze e attese
riducibili, attività poco utili o troppo costose, ripetizioni, rischi
evitabili. La scomposizione dell’intero percorso assistenziale in fasi
obbliga a chiarire i criteri clinici e organizzativi applicati per inserire
o “arruolare” l’utente in una fase e per “trasferirlo” alla fase
successiva. Rispetto ad altre forme di gestione per processi, i
percorsi assistenziali hanno il vantaggio di dare importanza
fondamentale ai criteri di appropriatezza professionale degli
106
interventi e agli esiti di salute e quindi di richiamare l’attenzione sul
fatto che il vero prodotto di una organizzazione sanitaria non sono le
prestazioni (i prodotti o out put), ma gli esiti (gli out come).
In effetti la diffusione dei percorsi assistenziali è stata favorita dall’
“ondata della EBM” che ha reso più disponibili e più accettabili
rassegne sistematiche e linee guida che tengono conto delle evidenze
scientifiche.
Non sono pochi poi i vantaggi dei percorsi assistenziali per gli utenti,
anche se di solito non sono realizzati completamente.
I
percorsi assistenziali rendono più facile l’omogeneità delle
informazioni che i professionisti sanitari offrono agli utenti sull’iter
del piano di cura.
Dall’applicazione dei percorsi assistenziali ci si può ragionevolmente
attendere una rilevante diminuzione della variabilità ingiustificata
nei comportamenti dei professionisti sanitari, un aumento della
produttività, ed anche un miglioramento della sicurezza per i pazienti
(diminuzione delle complicazioni) e degli esiti.
In conclusione, i percorsi assistenziali possono essere considerati uno
strumento per migliorare l’efficienza nell’uso di risorse scarse senza
compromettere la qualità professionale dell’assistenza, che anzi può
migliorare118
Va detto che un buon percorso assistenziale va continuamente
118
Wall e Proyect, 1998.
107
ripensato alla luce delle difficoltà di applicazione, dei risultati
ottenuti e di nuove eventuali acquisizioni e quindi implica il suo
continuo aggiornamento.
Il principale svantaggio è che i professionisti sanitari considerino che
i percorsi assistenziali portino ad una perdita di flessibilità ed
autonomia e ad una medicina tipo “libro di ricette di cucina” poco
sensibile alle caratteristiche individuali del singolo paziente.
In realtà, come si è già accennato, le raccomandazioni professionali
di un buon percorso assistenziale dovrebbero sì essere quelle più
accreditate alla luce delle evidenze scientifiche ma:
professionista
è
comunque
autorizzato
a
Il singolo
scostarsi
dalle
raccomandazioni, quando pensa non adatte al caso particolare.
Basta che lo dichiari e ne spieghi i motivi, anche per contribuire
all’aggiornamento e alla
maggiore
articolazione del percorso; i
percorsi devono in certo qual senso essere considerati sempre
provvisori, soggetti a verifiche e a continui aggiornamenti, in
dipendenza dai risultati della loro applicazione e di eventuali nuove
acquisizioni conoscitive o tecnologiche.
La possibilità di dare luogo ad un confronto (di fare bench marking)
degli esiti può portare i professionisti insicuri a non impegnarsi.
Altri ostacoli dipendono da carenze organizzative: limitatezza delle
risorse disponibili al momento (ma occorrerebbe essere capaci di
progettare a lungo termine), difficoltà di adeguare i sistemi
informativi, ritardi nell’“allineare” gli incentivi economici e di
108
carriera in modo che favoriscano l’applicazione dei percorsi. Inoltre
talvolta i percorsi possono comportare per la singola organizzazione
notevoli cambiamenti ed anche costi aggiuntivi, almeno
inizialmente.
109
CAPITOLO QUINTO
Educazione terapeutica nella somministrazione dei farmaci
Educare deriva dal latino. educare, intensivo di educere ‘trarre fuori,
allevare’, comp. di ex- ‘fuori’ e ducere ‘trarre’.119 cioè specifica l'
educazione come un processo interattivo dove il messaggio educativo
non passa in maniera passiva da insegnante ad allievo; ma l'
educazione è un processo attivo che porta ad una collaborazione tra
insegnante e allievo. Solo in questo modo il messaggio educativo può
trasferirsi in maniera impeccabile e rimanere immagazzinata nella
mente. Esistono due tipi di educazione:
La pedagogia è “l’arte e la scienza di insegnare ai bambini” e
L’andragogia “l’arte e la scienza di aiutare gli adulti ad apprendere”120
. Entrambe hanno i soliti obbiettivi, ma pertanto, avendo a che fare
con due tipologie diverse di persone con diverso bagaglio di
esperienza il processo educativo sarà differente per raggiungere gli
obbiettivi prefissati.
L' educazione è una parte integrante del processo infermieristico e l'
infermiere per attuarla deve avere dei requisiti fondamentali, e sono
sono:
119
definizione data dal vocabolario on-line di sapere.it
120
M.Knowles psicologo
110
essere, saper essere e saper fare. V. Henderson afferma che:
“l’infermiere deve avere una base teorica di conoscenza
per mettere in pratica un’assistenza individualizzata e
umana ed essere capace di risolvere problemi su base
scientifica”121.
L' educazione terapeutica è un compito prettamente infermieristico
ed esistono varie definizioni per descrivere in cosa consiste per
esempio: “Educazione terapeutica non è insegnare, istruire,
informare, consigliare, persuadere... è l’arte di aiutare gli adulti ad
apprendere” , oppure: “è l’arte di aiutare gli adulti ad apprendere”,
“è motivare la persona a cambiare”122
Queste affermazioni sono molto importanti e devono essere impresse
nella mente dell' operatore sanitario e sono regolate nello specifico,
come definito dal Codice Deontologico Art.1.2 : “l’assistenza
infermieristica è servizio alla persona e alla collettività. Si realizza
attraverso interventi specifici, autonomi e complementari, di natura
121
George J.B., “Le teorie del nursing”
122
definizione data da Knowles e K.King.
111
tecnica, relazionale ed educativa.”123
Tutto il processo di nursing formato dalle fasi di Accertamento,
diagnosi infermieristica, pianificazione obbiettivi , attuazione degli
obbiettivi e valutazione, sono incentrate a riportare il paziente in una
fase autonoma, dove lo stesso, ha imparato a conoscere la malattia e
le potenziali complicanze, riesce a gestire i presidi sanitari e la terapia
domiciliare.
Tutto questo riportato ovviamente in un contesto sociale, poiché, il
paziente non deve essere solo educato all' auto cura: ma deve essere
in grado di vivere in armonia con le persone nel contesto sociale di
tutti i giorni.
Perciò l' infermiere educa e rassicura il paziente rispondendo ai suoi
dubbi e vanificando le paure di essere “diverso” dalle altre persone,
oppure che sia di “peso” ai suoi parenti che in caso di emergenza
dovrebbero gestire tutta la sua vita.
Nonostante ciò Assal ,
ci da una definizione realistica di
come avvenga l' educazione terapeutica: mettendo in risalto la
leggerezza del personale sanitario quando si parla di mettere in
pratica l' educazione terapeutica: “...l’esperienza attuale mostra
costantemente come gli operatori sanitari tendano a informare che
123
Codice deontologico Art.1.2
112
cosa è la malattia, quali sono i metodi terapeutici,
quale
comportamento bisogna adottare, piuttosto che aiutare i pazienti ad
acquisire le appropriate capacità necessarie alla gestione quotidiana
della loro malattia...”.124
L’organizzazione mondiale della sanità (OMS), invece, definisce così
l' educazione terapeutica (ETP): “L’educazione terapeutica deve
permettere al paziente di acquisire e mantenere le capacità che gli
permettono di
realizzare una gestione ottimale della propria
malattia.” 125
L’ETP è pertanto un processo continuo integrato nell’assistenza
sanitaria.
Essa
è
centrata
sul
paziente...
include
l’informazione
l’apprendimento dell’autogestione della cura... Essa è finalizzata ad
aiutare i pazienti e le loro famiglie a comprendere la malattia e il suo
trattamento, a cooperare con gli operatori sanitari....”
In realtà dobbiamo distinguere che l' educazione terapeutica oggi è
effettuata a tutti i pazienti sia con patologie acute che patologie
croniche.
Proprio questa distinzione permette di capire le difficoltà per un
infermiere di eseguire una corretta educazione terapeutica e
riconoscerne attraverso la valutazione i punti critici e gli errori che
effettua il paziente o l' infermiere stesso.
124
Assal et al. Docente universitario, diabetologo e consulente dell' OMS. Dalle sue riflessioni
nacque la Educazione terapeutica.
125
Definizione dell' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
113
La gestione della diagnosi e della terapia delle malattie acute e la
cura del paziente
affetto da malattia cronica richiedono due
impostazioni cliniche molto differenti... Gli operatori sanitari che se
ne occupano devono pertanto possedere due identità professionali
ben distinte.
Mentre il modello assistenziale della medicina acuta è notevolmente
efficace, la qualità delle malattie croniche lascia molto a desiderare...
126
JP Assal nel 1999 riporta una statistica molto importante per quanto
riguarda l' assunzione dei farmaci da parte dei pazienti cronici.
Ovviamente si prendono in considerazione molto di più i pazienti
cronici perché hanno bisogno tutta la vita di determinati
farmaci e quindi l' educazione terapeutica va modellata per l' arco di
una vita intera.
Una percentuale che varia da 30-80% dei pazienti con malattia
cronica manifesta una
scarsa compliance o non segue affatto il
trattamento prescritto.
A questo punto, sorge una domanda:
Perché il paziente non
dovrebbe seguire una prescrizione data dal medico e che gli serve per
vivere?
Sempre Assal ci regala una risposta molto interessante e che fa
riflettere molto sull' argomento “... al paziente cronico il medico
proibisce mille attività, ne impone cento altre.
126
“Considerazioni sui metodi della medicina convenzionale” Jean-Philippe Assal, Alain Golay,
114
Chiede di prendere a orari definiti decine di pillole al giorno.
Ci sono patologie la cui terapia richiede al paziente tre ore di impegno
al giorno.
Altre, come il diabete, chiedono una decina di atti fra misurazioni e
iniezioni. E questo ogni giorno per tutta la vita.
Il medico fa bene, ma fa presto a scrivere su un foglio: faccia quattro
controlli della glicemia e tre insuline al giorno”.127
Questo tipo di stress del paziente lo porta inevitabilmente a non
seguire in maniera corretta o addirittura nulla, la terapia prescritta,
creandosi non solo danni alla salute con il rischio di acutizzare una
patologia gia cronica; ma danneggia inevitabilmente la fase educativa
che l' infermiere attua su di lui.
Il risultato è che lo stress del paziente si trasferisce anche sull
infermiere e sull' equipe che lo sta educando.
Infatti:
Le équipes degli operatori sanitari che si occupano
dell’assistenza a lungo termine sono molto spesso vittime
della
sindrome del burn-out.128
127 Articolo “Parla il professor Assal” della rivista modus
128
Freudenberger, 1980; Pines et al., 1981; Maslach, 1979
115
Una ricerca infermieristica svoltasi in quest'anno (2010), condotta
da: Patrizia Fabbri e Angela Sartini dal titolo:”le strategie per
migliorare l' aderenza terapeutica nella popolazione adulta” mettono
in evidenza alcune conclusioni basandosi su: una revisione della
letteratura
scientifica per verificare se ci sono evidenze che
supportino metodologie mirate
all’educazione terapeutica e in
particolare a migliorare l’aderenza dei pazienti verso la terapia
farmacologica, e ricercare eventuali strategie per il miglioramento
della non adesione”.129
Quindi hanno tratto queste conclusioni: “Per anni si è sempre
ricercata la perfetta soluzione al problema, ma sembra che nessun
intervento sia migliore dell’altro,
forse perché molte variabili
possono influire sulla decisione di assumere farmaci.
Intuitivamente si può ritenere che un intervento combinato
129
Articolo del centro studi EBN redatto da Patrizia Fabbri e Angela Sartini dal titolo “LE
STRATEGIE PER MIGLIORARE L’ADERENZA TERAPEUTICA NELLA
POPOLAZIONE ADULTA”
116
(comportamentale ed educativo), possa essere di maggior aiuto per
migliorare le modalità e l’aderenza di assunzione, e di conseguenza
migliorare lo stato di salute, ma più dati devono essere studiati
attraverso metodi di ricerca standardizzati, per confermare questa
ipotesi.
Interventi per migliorare l’aderenza di assunzione dei farmaci, basati
sulle evidenze scientifiche, potrebbero inoltre ritardare lo sviluppo di
complicanze e contribuire a ridurre i costi sanitari.”130
Ora vediamo nello specifico l' applicazione della farmacologia nella
educazione del paziente.
“Il processo infermieristico è una cornice concettuale che gli
infermieri impiegano per guidare le prestazioni sanitarie. Noi
considereremo come il processo infermieristico si può applicare alla
terapia farmacologica.
Prima di discutere come il processo infermieristico si applica alla
terapia farmacologica, occorre riassumere i punti chiave del processo
stesso.
Nella sua forma più semplice, il processo infermieristico può essere
visto
come
una
procedura
circolare
con
cinque
momenti
fondamentali:
1)valutazione iniziale,
2) analisi (che include la diagnosi infermieristica),
130
Conclusioni tratte dall' articolodi Patrizia Fabbri e Angela Sartini dal titolo “LE STRATEGIE PER
MIGLIORARE L’ADERENZA TERAPEUTICA NELLA POPOLAZIONE ADULTA” centro studi EBN
117
3) pianificazione,
4) attuazione
5) valutazione dei risultati.
1)Valutazione iniziale. La valutazione iniziale consiste nella raccolta
dei dati sul paziente. Questi dati servono per identificare problemi
medici reali o potenziali. Il database prodotto durante la valutazione
iniziale rappresenta le fondamenta per passare alle fasi successive.
Metodologie importanti per la valutazione iniziale sono le domande
al paziente, la storia medica e sull’utilizzo di farmaci, l’esame fisico,
l’osservazione del paziente e gli esami di laboratorio.
Analisi: la diagnosi infermieristica. In questa fase, l’infermiere
analizza i dati raccolti per scoprire problemi medici reali o potenziali.
Questi problemi possono essere fisiologici, psicologici, o sociali.
Ciascun problema è categorizzato nella forma di una diagnosi
infermieristica, che può essere definita come un problema medico
reale o potenziale verso il quale l’infermiere è qualificato e
autorizzato al trattamento.
Una
diagnosi
infermieristica
completa
è
costituita
da
due
affermazioni:
8 una affermazione sul problema medico reale o potenziale del
paziente, seguita da:
9 una affermazione sulla probabile causa o sui fattori di rischio
del problema.
118
Tipicamente, le due affermazioni sono separate dall’allocuzione
correlato a , come nel seguente esempio di diagnosi infermieristica
su un farmaco: “mancata aderenza al regime prescritto (problema)
correlato a incapacità alla auto-somministrazione del farmaco (la
causa).”
2)Pianificazione. Nella fase di pianificazione, l’infermiere delinea
interventi specifici diretti a risolvere o a prevenire i problemi
identificati
nella
fase
precedente.
Il
piano
deve
essere
individualizzato per ciascun paziente. Quando si fa un piano di cura,
l’infermiere deve definire gli obiettivi, evidenziare le priorità,
identificare gli interventi infermieristici e stabilire i criteri per
valutare il successo finale. In aggiunta agli interventi infermieristici,
il piano dovrebbe includere anche interventi di altri professionisti
sanitari. La pianificazione è un processo in divenire che può essere
cambiato con la conoscenza di nuovi dati.
3)Attuazione (intervento). L’attuazione del piano inizia applicando
gli
interventi
pianificati.
Alcuni
interventi
si
attuano
in
collaborazione mentre altri sono indipendenti. Gli interventi
collaborativi richiedono un ordine da parte del medico, mentre ciò
non è necessario per gli interventi indipendenti. Oltre ad attuare gli
interventi, questa fase coinvolge l’azione coordinata di altri membri
dello staff sanitario. L’attuazione è completa con l’osservazione e la
registrazione
dei
risultati.
La
registrazione
dovrebbe
essere
scrupolosa e precisa.
119
4)Valutazione dei risultati. Questa fase serve per determinare il
grado di successo del trattamento. La valutazione si fa analizzando i
dati
raccolti
durante
l’attuazione.
La
valutazione
dovrebbe
identificare gli interventi che devono continuare, quelli che invece
devono cessare e nuovi potenziali interventi da attuare.
La
valutazione completa il primo ciclo del processo infermieristico e
pone le basi per l’inizio di un eventuale nuovo ciclo.
Applicazione del processo infermieristico nella terapia
farmacologica
Avendo descritto il processo infermieristico, possiamo adesso vedere
come esso si applica alla terapia farmacologica. Bisogna ricordare che
l’obiettivo finale in terapia farmacologica è di ottenere il massimo
beneficio con il minimo danno. Per ottenere ciò, dobbiamo tenere in
considerazione le caratteristiche uniche di ciascun paziente. Cioè
dobbiamo individualizzare la terapia. Il processo infermieristico si
adatta bene a questo scopo. Per applicare il processo infermieristico
in terapia farmacologica, per prima cosa bisogna avere solide basi
conoscitive di farmacologia. Inoltre, si può vedere che applicare il
processo infermieristico alla terapia farmacologica è, in gran parte,
un esercizio di buon senso.
Valutazione pre-somministrazione
La valutazione pre-somministrazione stabilisce i dati di base che
occorrono per tagliare la terapia farmacologica su misura del singolo
120
paziente. Attraverso l’identificazione delle variabili che possono
influenzare la risposta individuale ai farmaci, possiamo adattare il
trattamento per massimizzare i benefici e minimizzare i danni. La
valutazione pre-somministrazione ha quattro obiettivi fondamentali:
5 - Raccolta dei dati di base che occorrono per valutare le
risposte terapeutiche
6 - Raccolta dei dati di base che occorrono per valutare gli effetti
avversi
7 - Identificazione dei pazienti ad alto rischio
8 - Valutazione della capacità del paziente alla auto-cura.
I primi tre obiettivi sono specifici del particolare farmaco che deve
essere utilizzato.
Quindi, per raggiungere questo obiettivo, l’infermiere deve conoscere
la farmacologia del farmaco in questione. Il quarto obiettivo si
applica più o meno ugualmente a tutti i farmaci – anche se può essere
più importante per alcuni farmaci rispetto ad altri.
Metodologie importanti per la raccolta dati includono l’intervista al
paziente e ai suoi familiari, osservazione del paziente, esame fisico,
analisi di laboratorio, la storia medica del paziente e la storia
farmacologica del paziente.
La storia farmacologica dovrebbe includere i farmaci prescritti, i
farmaci da banco, le medicazioni vegetali, e farmaci presi per
obiettivi non medici (alcool, nicotina, caffeina, droghe illegali).
Dovrebbero essere annotate anche precedenti reazioni avverse a
121
farmaci, tra cui reazioni allergiche ed di idiosincrasia.
Dati di base che servono per valutare l’effetto terapeutico. I farmaci
vengono somministrati per ottenere una risposta desiderata. Per
sapere se abbiamo ottenuto quella risposta, occorre stabilire
misurazioni di base dei parametri che la terapia vuole cambiare. Per
esempio, se stiamo somministrando un farmaco per abbassare la
pressione sanguigna, dobbiamo conoscere la pressione prima del
trattamento. Senza questa informazione, non abbiamo nessun
riferimento per sapere se il farmaco ha fatto effetto oppure no. E se
non sappiamo se il farmaco ha agito, non c’è nessuna giustificazione
alla sua utilizzazione. Da questo esempio, dovrebbe essere ovvio che,
per sapere quali misurazioni di base fare, bisogna conoscere il motivo
dell’uso del farmaco.
122
Questa conoscenza deriva dalla farmacologia.
Dati di base che servono per valutare gli effetti avversi. Tutti i
farmaci producono effetti avversi. Nella maggioranza dei casi, gli
effetti avversi che un determinato farmaco può produrre sono noti. In
molti casi, lo sviluppo di un effetto avverso sarà totalmente ovvio
anche in assenza di dati di base. Per esempio, non ci serve nessun
dato di base speciale per sapere che la perdita di capelli che segue la
chemioterapia antitumorale è stata causata dai farmaci. Comunque,
in altri casi, i dati di base servono per capire se un effetto avverso c’è
stato oppure no.
Per esempio, alcuni farmaci possono alterare la funzionalità epatica.
Per sapere se un farmaco ha compromesso la funzione epatica,
dobbiamo conoscere tale funzione prima dell’utilizzazione del
farmaco. Senza questa informazione, non potremo mai sapere da
misurazioni successive se una disfunzione epatica era preesistente o è
stata causata dal farmaco. Chiaramente, in casi come questo, è
necessario raccogliere i dati di base. Come già evidenziato, conoscere
quali sono i dati da raccogliere ci deriva direttamente dalla
conoscenza del farmaco da utilizzare.
Identificazione dei pazienti ad alto rischio. A causa delle sue
caratteristiche individuali, un determinato paziente può essere ad
alto rischio di sviluppo di risposte avverse ad un determinato
farmaco. Quali sono le caratteristiche individuali che predispongono
un paziente ad una reazione avversa dipende dal farmaco preso in
123
considerazione. Per esempio, se un farmaco è eliminato dal corpo
soprattutto per escrezione renale, un individuo con funzione renale
alterata sarà a rischio di accumulo di questo farmaco a livelli tossici.
Allo stesso modo, se un farmaco è eliminato attraverso il fegato, un
individuo con alterata funzione epatica sarà a rischio di accumulo del
farmaco a livelli tossici. Il messaggio è che, per identificare un
paziente a rischio, bisogna conoscere la farmacologia del farmaco
somministrato.
Molteplici fattori possono aumentare il rischio del paziente per effetti
avversi verso un determinato farmaco. Sono state appena citate
l’alterata funzione epatica e renale. Altri fattori sono età,
composizione corporea, gravidanza, dieta, eredità genetica, uso
contemporaneo di altri farmaci, e praticamente qualsiasi altra
condizione fisiopatologica.
Quando vengono identificati fattori che mettono a rischio il paziente,
bisognerebbe distinguere tra fattori che mettono il paziente a rischio
estremamente elevato da fattori di rischio moderato o basso.
Dovrebbero essere usati i termini controindicazione e precauzione
per fare questa distinzione.
Una controindicazione è definita come una condizione preesistente
che preclude l’uso di un determinato farmaco a meno di circostanze
disperate.
Per esempio, una grave reazione allergica alla penicillina avvenuta
precedentemente (che può mettere in pericolo la vita del paziente)
124
rappresenta una controindicazione all’ulteriore uso della penicillina –
a meno che il paziente non abbia una infezione che può essere fatale e
che non possa essere controllata con altro antibiotico.
Una precauzione, al contrario, può essere definita come una
condizione preesistente che aumenta significativamente il rischio di
una reazione avversa ad un determinato farmaco, ma non fino al
punto da mettere a rischio la vita del paziente. Per esempio, una
precedente reazione allergica blanda alla penicillina porterà all’uso
ulteriore della penicillina con precauzione.
Quindi, in un caso come quello riportato, il farmaco potrà essere
usato, ma deve essere esercitata una attenzione maggiore che in un
caso normale. Preferibilmente dovrebbe essere usato qualche altro
farmaco.
Valutazione della capacità del paziente alla cura di se stesso.
Qualora la terapia ha successo, il paziente deve essere capace di auto
somministrarsi le medicazioni prescritte a domicilio. Quindi deve
essere valutata la sua capacità per la cura di se stesso.
Se il paziente si rivela incapace a fare ciò, devono essere prese delle
misure alternative. Molteplici fattori possono influenzare la capacità
di auto-cura e la probabilità di aderenza al regime prescritto.
Paziente con una diminuzione della acuità visiva o con una limitata
destrezza manuale possono essere incapaci di auto-medicarsi,
soprattutto se la tecnica di somministrazione è complessa. Pazienti
con una limitata abilità intellettuale possono essere incapaci di
125
comprendere o di ricordare cosa devono fare. Pazienti con gravi
malattie mentali (per es. depressione, schizofrenia) possono non
comprendere o non avere le motivazioni necessarie per l’automedicazione.
Alcuni pazienti possono non avere i soldi necessari per comprare i
farmaci. Altri possono non riuscire a prendere farmaci a causa di
avversione individuale o culturale verso di essi. Tra i pazienti
geriatrici una ragione comune di fallimento è la convinzione che i
farmaci a quella determinata dose non sono necessari. Una
valutazione seria consentirà di identificare tutti questi fattori,
consentendo all’infermiere di tenerne conto nella formulazione della
diagnosi infermieristica e del piano di cura per quel paziente.
Analisi e diagnosi infermieristica
Con riguardo alla terapia farmacologica, la fase di analisi del
processo infermieristico si pone tre obiettivi.
1) Bisogna giudicare l’appropriatezza del regime prescritto.
2) Bisogna identificare i potenziali problemi di salute che il
farmaco può causare.
3) Bisogna capire la capacità del paziente alla propria cura.
Come ultimo anello nella catena della difesa del paziente contro
una terapia inappropriata, l’infermiere deve analizzare i dati
raccolti durante la valutazione per capire se il trattamento
126
proposto ha una ragionevole probabilità di essere efficace e
sicuro.
Questo giudizio viene effettuato considerando la diagnosi medica,
le azioni conosciute del farmaco prescritto, una eventuale risposta
precedente
del
paziente
al
farmaco
e
la
presenza
di
controindicazioni.
L’infermiere dovrebbe discutere l’appropriatezza del farmaco se:
1) il farmaco no ha delle azioni risapute che possano far beneficiare il
paziente con una determinata diagnosi medica,
2) il paziente non ha risposto in passato allo stesso farmaco,
3) il paziente ha avuto in passato una grave reazione avversa a quel
farmaco e
4) il paziente è affetto da una condizione o sta usando un farmaco che
controindica il farmaco prescritto.
Se qualcuna di queste condizioni sono presenti, l’infermiere si
dovrebbe consultare con il medico per capire se il farmaco debba
essere somministrato.
127
L’analisi deve identificare potenziali effetti avversi e interazioni
farmacologiche. Ciò si ottiene sintetizzando le conoscenze del
farmaco in questione ed i dati raccolti durante la fase di valutazione.
Le conoscenze sul farmaco indicheranno gli effetti avversi che è
probabile tutti i pazienti possano sviluppare. I dati individuali del
paziente potranno indicare ulteriori effetti avversi ed interazioni a cui
quel particolare paziente è predisposto.
Una volta che gli effetti avversi e le interazioni potenziali sono stati
identificati, può essere formulata una diagnosi infermieristica
pertinente.
Per esempio, se è probabile che il trattamento causi una depressione
respiratoria, una appropriata diagnosi infermieristica sarebbe
“alterato scambio gassoso correlato alla terapia farmacologica”.
L’analisi deve caratterizzare la capacità del paziente ad auto curarsi.
L’analisi dovrebbe indicare i potenziali impedimenti alla auto-cura
(per es. alterazione visiva, ridotta destrezza manuale, alterata
funzione cognitiva, insufficiente comprensione del regime prescritto)
in modo che questi fattori vengano citati nel piano di cura. In grado
variabile, quasi tutti i pazienti non avranno familiarità con l’automedicazione e con il regime terapeutico.
Quindi, una diagnosi infermieristica applicabile a quasi tutti i
pazienti sarà “insufficiente conoscenze in relazione al regime
farmacologico”.
128
Pianificazione
La pianificazione consiste nel definire gli obiettivi, stabilire le
priorità, identificare gli interventi specifici e stabilire i criteri per
valutare il successo. Una buona pianificazione consentirà di
promuovere effetti farmacologici benefici. Di importanza anche
maggiore, una buona pianificazione consentirà di prevenire gli effetti
avversi – invece che di reagire dopo che si sono sviluppati.
Definire gli obiettivi. In tutti i casi, l’obiettivo della terapia
farmacologica è di ottenere il massimo beneficio con il minimo
danno. Cioè si vuole utilizzare i farmaci in modo da massimizzare le
risposte terapeutiche prevenendo o minimizzando le reazioni e le
interazioni avverse. L’obiettivo della pianificazione è di formulare le
vie per raggiungere questo scopo.
Stabilire le priorità. Ciò richiede la conoscenza del farmaco e delle
caratteristiche uniche del paziente – e nonostante queste conoscenze
stabilire le priorità può essere difficile. La priorità più elevata viene
data alle condizioni che mettono in pericolo la vita (per es., shock
anafilattico, fibrillazione ventricolare).
Tali condizioni possono essere indotte dai farmaci oppure possono
essere il risultato di una malattia. Una alta priorità è data anche a
reazioni che causano un grave disagio acuto ed a reazioni che
determinano danni a lungo termine.
Dal momento che non è possibile gestire tutti i problemi
129
contemporaneamente, quelli meno gravi devono aspettare finché il
paziente e lo staff sanitario non abbiano il tempo e la possibilità di
dedicarsi ad essi.
Identificare
gli
interventi.
Il
cuore
della
pianificazione
è
l’identificazione degli interventi infermieristici. Questi possono
essere divisi in quattro gruppi principali:
14. somministrazione dei farmaci,
2) interventi per migliorare gli effetti terapeutici,
3) interventi per minimizzare gli effetti e le interazioni avverse e
4) l’educazione del paziente.
Quando si pianifica la somministrazione dei farmaci, l’infermiere
deve considerare il dosaggio e la via di somministrazione ed anche
fattori meno ovvi come il tempo di somministrazione in relazione ai
pasti e alla somministrazione di altri farmaci.
E’ anche importante il tempo in relazione agli effetti collaterali. Per
esempio, se un farmaco causa sedazione, può essere desiderabile dare
il farmaco la sera prima di andare a dormire, invece che al mattino o
durante il giorno.
Misure
non
farmacologiche
possono
contribuire
agli
effetti
terapeutici e dovrebbero essere inclusi nella pianificazione. Per
esempio, la terapia farmacologica dell’ipertensione dovrebbe essere
associata con la perdita di peso (nei pazienti obesi), la restrizione
salina, e la cessazione del fumo.
130
Gli interventi per prevenire o minimizzare gli effetti avversi sono di
importanza ovvia.
Quando si pianificano questi interventi, bisognerebbe distinguere tra
le reazioni che si sviluppano prontamente e quelle che si sviluppano
in un secondo momento. Alcuni farmaci possono causare reazioni
avverse
gravi
(per
es.,
shock
anafilattico)
subito
dopo
la
somministrazione. Quando si devono somministrare questi farmaci,
bisogna accertarsi che i mezzi per gestire queste reazioni siano
prontamente disponibili.
Le reazioni ritardate possono essere spesso minimizzate, o
addirittura evitate.
La pianificazione dovrebbe includere degli interventi a questo scopo.
Una educazione del paziente ben pianificata è fondamentale per il
successo.
Il
piano
dovrebbe
considerare
la
capacità
del
paziente
all’apprendimento, e dovrebbe rispondere a ciò che segue: tecniche di
somministrazione, dosaggio e tempi, durata del trattamento, metodo
di conservazione dei farmaci, misure per promuovere l’effetto
terapeutico e misure per minimizzare gli effetti avversi.
Stabilire i criteri di valutazione. E’ ovvio il bisogno di stabilire i
criteri per misurare le risposte farmacologiche desiderate. Senza
questi criteri no si può stabilire se i farmaci sono stati utili. E quindi,
non si hanno basi razionali per cambiare il dosaggio o per decidere
131
quanto deve durare il trattamento. Se il farmaco deve essere
utilizzato a domicilio dal paziente, devono essere pianificate delle
visite di controllo.
Attuazione
L’attuazione del piano di cura in terapia farmacologica ha quattro
componenti principali:
•
somministrazione dei farmaci,
•
educazione del paziente,
3) interventi per promuovere gli effetti terapeutici
4) interventi per minimizzare gli effetti avversi.
Valutazione
Lungo il corso della terapia farmacologica, il paziente deve essere
valutato per:
•
le risposte terapeutiche,
2) le reazioni e le interazioni avverse del farmaco,
3) l’aderenza al regime prescritto,
4) soddisfazione verso il trattamento.
La frequenza della valutazione dipende dalla durata della terapia e
dagli effetti avversi. Così come la valutazione iniziale, anche quella
finale si basa su esami di laboratorio, osservazione del paziente,
esame fisico e intervista del paziente.
132
Le conclusioni che si traggono dalla valutazione servono per
modificare gli interventi infermieristici ed il regime farmacologico.
Le risposte terapeutiche sono valutate paragonando lo stato attuale
del paziente con i dati di partenza. Per valutare il trattamento,
bisogna conoscere il motivo della utilizzazione del farmaco, i criteri di
successo (definiti dalla pianificazione), e i tempi attendibili della
risposta (alcuni farmaci agiscono in minuti, mentre per altri
occorrono settimane per vedere effetti positivi).
La necessità di anticipare e valutare gli effetti avversi è evidente. Per
fare queste valutazioni, bisogna conoscere i probabili effetti avversi,
come si manifestano, e i tempi probabili.
Il metodo di monitoraggio dipende dall’effetto avverso atteso. Per
esempio, se ci si attende l’ipotensione, verrà monitorata la pressione
sanguigna; se ci si attende una costipazione, verrà monitorata la
funzione intestinale; e così via.
Dal momento che alcuni effetti indesiderati potrebbero essere fatali
se non presi in tempo, è inutile enfatizzare ulteriormente
l’importanza del loro monitoraggio e dell’essere preparati a trattarli
rapidamente.
La valutazione dell’aderenza è desiderabile in tutti i pazienti – ed è di
valore speciale quando la terapia fallisce o quando gli effetti avversi
sono inaspettatamente gravi.
Tra i metodi per valutare l’aderenza ci sono la misurazione della
133
concentrazione plasmatica del farmaco, l’intervista del paziente, ed il
conteggio delle pillole.
La valutazione dovrebbe consentire di sapere se il paziente ha
compreso quando deve prendere i farmaci, il dosaggio da assumere, e
la tecnica di somministrazione.
La soddisfazione del paziente per la terapia farmacologica migliora la
qualità di vita e l’aderenza del paziente. Se il paziente non è
soddisfatto, un regime che altrimenti sarebbe stato efficace non viene
preso come da prescrizione.
Tra i fattori di insoddisfazione ci sono effetti collaterali inaccettabili,
posologia scomoda, somministrazione difficoltosa e costo elevato.
Quando la valutazione mette in evidenza insoddisfazione, dovrebbe
essere attuato un tentativi di cambiamento del regime per renderlo
più accettabile”131.
Durante gli studi universitari ci si occupa molto di questa fase,
riguardante l' educazione del paziente.
Riassumendo, ogni forma di cambiamento, problema o abitudine del
paziente è preso in considerazione e valutato per creare il miglior
piano assistenziale personalizzato dove l' ammalato è il centro di
questo lavoro non solo infermieristico ma che può spesso riguardare
un' equipe di professionisti.
131
Tratto da “Pharmacology for nursing care”, Richard A. Lehne, Ed. Sanders Elsevier
134
Leggendo sui libri di nurse cosa vuol dire essere infermiere, con le
relative responsabilità giuridiche e soffermandomi sulle frasi come l'
infermiere è il responsabile oppure che l' infermiere educa alla salute,
mi sorge spontanea una domanda:
“ L' infermiere che adesso è in corsia conosce tutto questo? Effettua l'
educazione
terapeutica?”
queste
domande
le
ho
applicate
esaminando punto per punto un turno “tipo” in una corsia di
ospedale. Effettivamente ho notato che qualcosa non andava sempre
per il verso giusto.
Non c' è da stupirsi perché in un reparto succedono tante cose in una
volta che possono avere la priorità e che portano via molto tempo
perciò nonostante la volontà poi di eseguire correttamente alcune
prestazioni, un po' per lo stress, un po' per la disorganizzazione
generale i servizi infermieristici non sono erogati in maniera
piuttosto idonea.
Comunque non bisogna neanche nascondersi dietro questa idea,
quindi, ho deciso di trarre dalle domande precedentemente citate, un
questionario applicato su un punto cardine che apporta sull'
infermiere molta responsabilità: la somministrazione del farmaco per
via orale.
Per la parte del questionario riguardante la conoscenza sui farmaci,
ho scelto quelli che sono maggiormente somministrati per via orale
in corsia.
Quindi ho preso in esame: l’ acido acetilsalicilico (cardioaspirina/
135
aspirina). Un ACE inibitore: ramipril (triatec). Un beta-bloccante:
bisoprorolo
(cardicor).
anticoagulante:
farfari
Diuretico:
sodico
furosemide
(coumadin).
Un
(Lasix).
Un
tranquillante:
bromazepam (lexotan). Due antidiabetici (metformina-glicazide). Un
antidolorifico Ketorolac trometamina (lixidol). Ho messo anche una
domanda che mi incuriosiva molto: il luan gel è applicato in maniera
sterile sul catetere vescicale?
La domanda in questione mi destava una certa curiosità, in quanto, si
parla spesso di procedure sterili e volevo sapere come la pensavano
gli infermieri di corsia. Poi ho proposto una serie di domande
riguardanti la legislazione infermieristica.
Ecco il questionario che ho proposto di compilare agli infermieri di
corsia:
Luangel: secondo Lei è applicato in maniera sterile sul catetere vescicale?
NO
20%
SI
80,00%
136
Non conosce dopo quanto compare l'esordio dell'azione
Trometamina
Metformina
Tavor
Eutirox
Coumadin
Lasi x
Cardicor
Triatec
As pirina
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
Non conosce a quale categoria di farmaco appartiene
Trometamina
Metformina
Tavor
Eutirox
Coumadi n
Lasi x
Cardicor
Triatec
As pirina
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
Non conosce gli effetti collaterali
Trometamina
Metformina
Tavor
Eutirox
Coumadin
Lasix
Cardicor
Tri atec
Aspi rina
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
137
Non conosce le interazioni con gli altri farmaci
Trometamina
Metformina
Tavor
Euti rox
Coumadin
Lasix
Cardi cor
Triatec
Aspirina
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
70%
80%
90%
100%
70%
80%
90%
100%
Non conosce le interazioni con gli alimenti
Trometamina
Metformina
Tavor
Eutirox
Coumadin
Lasix
Cardicor
Tri atec
Aspi rina
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
Non conosce se provoca effetti tossici
Trometamina
Metformina
Tavor
Eutirox
Coumadin
Lasix
Cardicor
Triatec
Aspirina
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
138
Non sa se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza
Trometami na
Metformina
Tavor
Eutirox
Coumadin
Lasix
Cardicor
Triatec
Aspiri na
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
Non conosce dopo quanto si manifesta il picco d'azione
Trometamina
Metformina
Tavor
Eutirox
Coumadin
Lasix
Cardicor
Triatec
Aspirina
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
Chi è il responsabile della detenzione dei campioni farmaceutici?
Infermiere
20%
Nessuna risposta
20%
Caposala
40%
Medico
30%
139
La somministrazione e la detenzione di farmaci guasti o imperfetti è
regolamentata da:
Art 443 C.p
40%
Nessuna risposta
30%
D.P.R. 261/94
20%
Art 54 C.p
10%
La legge 42/99:
non ha risposto
20%
Abolisce il mansionario e regola
la competenza e la responsabilità
professionale
50%
È il profilo professionale
infermieristico
10%
Costituisce il mansionario
infermieristico
20%
La somministrazione dei farmaci deve seguire:
Nessuna risposta
20%
La regola delle 7G
60%
il prontuario farmaceutico
20%
140
L'art 54 C.p.:
Ci permette di somministrare
farmaci in caso di
necessità/pericolo imminente di
vita.
10%
Nessuna risposta
20%
Ci permette di diluire i farmaci
per il turno successivo.
20%
Non ci consente di
somministrare farmaci per
nessun motivo.
50%
141
CONCLUSIONI
I risultati del questionario compilato dagli infermieri di reparto,
hanno evidenziato la loro parziale conoscenza sui farmaci e sulla loro
gestione.
In particolare metto in evidenza le alte percentuali che in media
sfiorano il 80%, riguardanti il non riconoscimento delle potenziali
complicanze, riguardanti l'assorbimento del farmaco nell' organismo;
come l' interazione con altri farmaci o alimenti.
Oppure, altre alte percentuali di operatori che non sono in grado
(come dichiarato nel test), di riconoscere gli effetti tossici e collaterali
che potrebbe avere il principio attivo.
Legato all' argomento “somministrazione” gli operatori sanitari sono
stati chiamati a rispondere a delle domande sulla legislazione
infermieristica.
Questo argomento ha dato paradossalmente dei risultati migliori.
Infatti una scarsa maggioranza ha risposto correttamente alle
domande sulle leggi.
Malgrado questo, una fetta grande di minoranza, è convinta che la
142
legge 42/99 costituisca il mansionario (20%). un timido 10% mi ha
risposto che è il profilo professionale. Un' altro 20% non ha risposto.
Un 40% è convinto che il caposala sia il responsabile della detenzione
dei farmaci campione.
Un operatore, nonostante sia ben espresso nel questionario, che i
farmaci sono tutti somministrati per via orale, alla domanda: “l
esordio dell' azione del farmaco dopo quanto tempo compare?” mi ha
risposto testuali parole “dipende dalla via di somministrazione”.
Dopo aver letto questo ho pensato che una possibile origine a tutti
questi errori sia anche lo scarso interesse in quello che si sta facendo
o nel leggere le cose.
Ho pensato che se questo/a infermiere/a, invece che il questionario,
avesse avuto tra le mani una prescrizione medica e avesse letto come
spesso accade con svogliatezza: cosa sarebbe successo?
Avrebbe potuto capire male la via di somministrazione di un kcl o di
insulina.
C' è un dato che risalta molto: il 60% degli infermieri riconosce
giustamente che la terapia deve seguire la regola delle 7G.
Ma allora perchè non sanno gli effetti collaterali legati ad ognuna di
queste 7 voci?
Un' alta percentuale (80%), degli operatori sanitari, dichiara che il
farmaco Luan gel è applicato in maniera sterile per effettuare il
cateterismo vescicale.
Questo non è assolutamente vero e porta l' infermiere a commettere
errori di giudizio clinico che alzano la percentuale di infezioni
143
nosocomiali annue.
Un paziente rischia di entrare in Pronto soccorso per una patologia e
uscirne fuori con una in più, molto probabilmente che aggrava il
quadro clinico della malattia di base: come le infezioni delle vie
urinarie, causata dalla scorretta manovra di inserimento del catetere.
Questo sembra non avere relazione con la somministrazione dei
farmaci orali.
Invece è ben correlato ed è un chiaro esempio di come vengano
eseguite le operazioni infermieristiche in reparto; come per il
cateterismo così per la somministrazione dei farmaci.
Per questo mi è venuta l' idea di proporre uno strumento economico e
di facile consulto che riesca a diminuire il rischio clinico sulla
somministrazione dei farmaci.
Infatti fino ad oggi i reparti più avanzati sono dotati di computer
collegati alla farmacia dove l' infermiere deve solo rilevare il codice a
barre del paziente, tramite un' apposita pistola che legge i codici a
barre.
Dopo di che il computer che ha elaborato il codice del paziente, si
collega alla prescrizione medica che dalla farmacia fa arrivare
direttamente in reparto la terapia. Tutto ciò per dimezzare il rischio
clinico.
Questo potrebbe risultare molto bello e utile ma non toglie all'
infermiere la responsabilità sulla gestione del paziente dopo la
somministrazione, con le relative complicanze.
Senza togliere che questo metodo porta ad un oneroso dispendio di
144
budget.
In questo mio elaborato, per questioni di tempistica ho concluso di
basarmi solamente sui maggiori farmaci somministrati per via orale,
ho preso in considerazione i farmaci orali più usati e realizzando un
vademecum infermieristico di facile consultazione (lettura a griglia)
che esamini il farmaco in toto sotto i punti di vista della gestione e
responsabilità giuridica infermieristica.
145
Di seguito ho riportato un' esempio di pagina del vademecum che
prende in considerazione il farmaco Lasix 30 cpr da 25mg
Principio attivo
Farmaco
alternativo
Forma farmaco
Assunzione
Furosemide
Furosemide, diuremid
diuresix, torasemide,
tauzil.
Compresse Orali
Stomaco vuoto
Periodo di validità
e
conservazione
Effetti
terapeutici
Interazioni farmaci e
alimenti
Effetti collaterali
5 anni a
confezionamento
integro. Proteggere
dalla luce.
Diuretico dell' ansa
Farmaci: La
somministrazione orale di
furosemide e di sucralfato
devono essere distanziate di
almeno 2 ore, in quanto il
sucralfato riduce
l´assorbimento intestinale
della furosemide, riducendone
di conseguenza l´effetto.La
concomitante
somministrazione di
antinfiammatori non steroidei,
incluso l´acido acetilsalicilico,
può ridurre l´effetto della
furosemide.
Disidratazione,
squilibrio
idroelettrolitico,
ipopotassemia,
ipovolemia, sete,
cefalea, stato
confusionale
alterazioni ritmo
cardiaco tetania,
miastenia, disturbi
gastrointestinali
Alimanti: La possibilità e
l´eventuale grado di
alterazione dell´assorbimento
della furosemide
somministrata insieme al cibo
sembrano dipendere dalla sua
formulazione farmaceutica.
Sovradosaggio
Antidoto
Tolleranza
ipovolemia,
disidratazione,
emoconcentrazione,
aritmie cardiache
(comprendendo blocco
A-V e fibrillazione
ventricolare).
I sintomi di questi
disturbi sono costituiti
da ipotensione grave
(fino allo shock),
insufficienza renale
acuta, trombosi, stati di
delirio, paralisi
flaccida, apatia e stato
confusionale.
Non è noto alcun antidoto /
specifico per la
furosemide. Tuttavia si
può tentare di limitare
l´assorbimento sistemico
del principio attivo
mediante provvedimenti
come la lavanda gastrica
o tali da ridurre
l´assorbimento (ad es.
carbone attivo). Devono
essere corretti gli
squilibri clinicamente
rilevanti del bilancio
idroelettrolitico.
dipendenza
/
146
ALLEGATI
QUESTIONARIO DI CONOSCENZA SULE IMPLICAZIONI NELLA
SOMMINISTRAZIONE
DELLA TERAPIA ORALE IN OSPEDALE
Università degli studi di Genova
Studente del terzo anno CL: Daniele Bilotti
Il seguente questionario verrà compilato in forma anonima. Bisogna
solo indicare l' età, il sesso, gli anni di servizio e la propria U.O.
Tenete conto che le domande sono relative ai maggiori farmaci usati
in ambito ospedaliero espressi non solo con il nome
commerciale
ma
anche
con
il
principio
attivo
e
somministrati PER VIA ORALE. Le modalità di compilazione
del seguente questionario è semplice: bisogna segnare con la penna
una sola delle risposte e giustificarla se richiesto. Vi ringrazio in
anticipo per la vostra collaborazione. Cordiali saluti.
ETÀ
SESSO
M
ANNI DI
ANZIANITÀ
DI SERVIZIO
UNITÀ
OPERATIVA
F
147
FARMACO:
(cardioaspirina/aspirina)
acido
acetilsalicilico
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
148
FARMACO:
ramipril
(Triatec)
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
149
FARMACO:
bisoprololo (Cardicor)
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
150
FARMACO:
furosemide
( Lasix)
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
151
FARMACO:
warfarin sodico
(Coumadin)
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
152
FARMACO:
Levotiroxina sodica
(Eutirox)
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
FARMACO:
lorazepam
(Tavor)
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
FARMACO:
bromazepam
(Lexotan)
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
FARMACO:
metformina
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
FARMACO:
Glicazide
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
FARMACO:
Ketorolac Trometamina
(Lixidol)
QUESITO
RISPOSTE
1
Conosce a quale categoria di
farmaco appartiene?
Si
no
2
Conosce gli effetti terapeutici?
Si quali:
no
3
Conosce gli effetti collaterali?
Si quali:
no
4
Conosce le interazioni con gli Si
altri farmaci?
no
5
Conosce le interazioni con gli Si
alimenti?
no
6
Sa dirmi se provoca effetti Si
tossici?
no
7
Sa dirmi se può avere effetti Si
sulla
tolleranza e dare dipendenza?
no
8
Il picco di azione dopo quanto
tempo si deve raggiungere?
30'
45' 60' 120' 180'
no
9
L' esordio dell' azione dopo 30'
quanto tempo compare?
45' 60' 120' 180'
no
10 Secondo Lei il Luan gel: è applicato in
maniera sterile sul catetere vescicale?
SI
NO
Domande sulla legislazione.
1 Secondo il D.Lgs. n. 541/1992
richiamano l'art. 201 del T.U.
delle leggi sanitarie del 1934, n.
1265, chi è il responsabile della
detenzione
dei
campioni
farmaceutici?
Infermiere
2
Art. 443 C.p.
La somministrazione e la
detenzione di farmaci guasti o
imperfetti è regolamentata:
3 La legge 42/99
4 La
somministrazione
farmaci deve seguire:
5 Art 54 C.p:
Abolisce
mansionario
regola
competenza e
responsabilità
professionale
medico
Art. 54 C.p.
caposala
D.P.R. 261/94
il Costituisce
il È
il
profilo
e mansionario
professionale
la infermieristico
infermieristico
la
dei La regola delle Il mansionario
7G
Ci permette di
somministrare
farmaci in caso
di
necessità/pericol
o imminente di
vita.
Non ci consente
di
somministrare
farmaci
per
nessun motivo.
Il
prontuario
farmaceutico
Ci permette di
diluire i farmaci
per
il
turno
successivo.
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31. “Elementi di pediatria per infermieri” di Teresa De Toni
32. “Errore clinico e gestione del farmaco: il ruolo dell’infermiere
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Cariolato
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