UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI GENOVA FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA “CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA” POLO DI LA SPEZIA Relatore: Dott. Gian Carlo Canese Studente: Daniele Bilotti Matr. 3145683 Correlatore : Dott.ssa Giovanna Rizzo Anno Accademico 2009-2010 INDICE INDI CE Ringraziamenti Prefazione Introduzione Pag. 3 Pag. 5 Pag. 6 Pag. 12 1.1. Capitolo Primo Evoluzione storica delle funzioni infermieristiche e legislazione Evoluzione infermieristica storica 1.2. Evoluzione legislazione infermieristica Pag. 22 2. Capitolo Secondo Responsabilità infermieristiche ed errore terapeutico Capitolo terzo Farmaco e sue somministrazioni Farmaco, farmacocinetica ed i loro effetti Pag. 356 3. 3.1. 3.2. Pag. 12 Pag. 55 Pag. 55 Pag. 64 3.3 Assorbimento e vie di somministrazione ( pregi e difetti) La terapia 3.4 La terapia orale Pag. 76 4. Pag. 72 Pag. 81 4.1 Capitolo Quarto governo clinico e clinical pathways Il Governo clinico. 4.2 Clinical pathways Pag. 99 5. Pag. 81 Capitolo Quinto Educazione terapeutica nella somministrazione del farmaco Conclusioni Pag. 110 Allegati Pag.147 Bibliografia Pag.159 Sitografia Pag. 168 Pag. 142 2 Ringraziamenti Prima di tutti voglio ringraziare Dio. Illuminandomi mi Ha dato l' opportunità di percorrere questo stupendo cammino che oggi, infine, mi ha portato a scrivere e discutere questa Tesi Universitaria. Lo ringrazio per avermi dato l' occasione di entrare nel cuore dei pazienti e Ringrazio perché ognuno di loro sono allo stesso tempo rimasti nel mio cuore. Ringrazio i miei strepitosi genitori Gerardo e Michelina che mi hanno sostenuto con anima, cuore mente ed anche in maniera economica, per far si che completassi gli studi. Ce l' ho messa tutta per non deludervi, essere orgogliosi di me e comunque non sarà solo una vita abbastanza lunga per potervi dire grazie…... Ringrazio di cuore il mio Direttore Universitario, nonché Relatore di Tesi: il Dott. Gian Carlo Canese che con cuore di padre ci ha cresciuto, inculcandoci lo spirito della professione infermieristica. Le Tutors : Daniela Corbari e Maria Zermira Monti che con la loro professionalità e simpatia ci hanno stimolato e educato durante tutto il nostro percorso formativo . Soprattutto voglio ringraziare in modo del tutto speciale la mia Tutor, la dott.ssa. Giovanna Rizzo, mi ha insegnato molto trasmettendomi tanta della sua esperienza oltre che della propria professionalità. 3 Ringrazio il mio grande amico, l' Ing: Giovanni Bonanini. E tutti i miei Compagni di corso per l’amicizia donatomi in questo percorso di studi insieme… Grazie a tutti coloro che hanno creduto in me ………. . PREFAZIONE 4 “L’assistenza è un’arte; e, se deve essere realizzata come un’arte, richiede una devozione totale ed una dura preparazione, come per qualunque opera di pittore o scultore; con la differenza che non si ha a che fare con una tela o un gelido marmo, ma con il corpo umano, il tempio dello spirito di Dio. E’ una della belle Arti Anzi, la più bella delle Arti Belle” Florence Nightingale INTRODUZIONE 5 Uno dei perni centrali che rientrano nella professione Infermieristica è la gestione e somministrazione del farmaco. Lo definisco perno centrale perché è un' attività molto delicata che porta a dei rischi molto seri sia per l’ operatore che per il paziente coinvolto. Ovvero: uno sbaglio qualsiasi può creare un danno al paziente, o ancora peggio mettere in serio pericolo la vita dello stesso. Come tale, questo errore, fa gravare sul' infermiere durante la somministrazione della terapia, un altissimo grado di responsabilità portando con se tutte le complicanze del caso. Tale “grado” è ovviamente regolato e disciplinato da norme ben precise che chiariscono in maniera netta la responsabilità che ha l' infermiere sotto gli aspetti di ordine penale, civile e disciplinare in caso di errore durante la somministrazione del farmaco oltre alla gestione anche le relative modalità di conservazione. Infatti il rischio farmacologico, preoccupa a livello sia nazionale che internazionale tutto il personale sanitario. Come rileva un articolo su Medscape1 dove analizza i dati più recenti e cerca di fare un punto della situazione. Già nel 1999 l’Institute of Medicine statunitense aveva pubblicato un 1 Medscape è una risorsa web per i medici e altri professionisti della salute 6 rapporto secondo il quale si registrano negli USA circa 7000 decessi l’anno per errori di somministrazione dei farmaci. Successivamente il rapporto del 2006 ha mostrato che la situazione non è affatto migliorata da allora2. In Italia il tema è stato ripetutamente segnalato e monitorato dalla Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (SIFO), che all'argomento ha tra l'altro dedicato un convegno lo scorso autunno, durante il quale si è deciso di investire a fondo per garantire una sempre maggiore sicurezza. Per la precisione, non solo in ospedale si verificano episodi di errori di somministrazione dei farmaci, ma a volte gli stessi pazienti sbagliano nella auto-somministrazione del farmaco. Matthew Grissinger3, esperto in analisi della sicurezza in medicina, 2 Hahn KL. The “Top 10” drug errors and how to prevent them. Medscape 2007. 3 Matthew Grissinger, RPH, FASCP Direttore, Programmi Segnalazione errori. Matthew Grissinger ha una vasta esperienza in assistenza a lungo termine, di assistenza domiciliare, comunità e farmacia (http://www.ismp.org/about/staff.asp) 7 ha identificato i farmaci maggiormente coinvolti in errori da parte dei pazienti, il cui uso errato li porta ogni anno a numerose visite al pronto soccorso. Esempio: insulina, anticoagulanti, amoxicillina, aspirina, trimethoprim-sulfametoxazolo, paracetamolo, ibuprofene, cefalexina e penicillina. Sovradosaggi non intenzionali causano il 40 per cento delle visite al pronto soccorso dovute a errori di assunzione di farmaci, seguiti dagli effetti collaterali e dalle reazioni allergiche. Gli errori più comuni sono: assumere dosaggi sbagliati o in orari sbagliati, dimenticare di prendere il farmaco, interrompere deliberatamente la terapia. Addirittura alcuni sbagliano di netto il farmaco assumendo un farmaco al posto di un' altro o addirittura due volte lo stesso. In ospedale La somministrazione della terapia è effettuata dagli 8 Infermieri che sotto prescrizione medica somministrano il farmaco al paziente. Praticamente questi operatori sono il trait d' union che unisce la terapia prescritta dal medico al paziente. Ma non è così semplice come si potrebbe pensare. Infatti spesso i ritmi frenetici della corsia, la troppa burocrazia, i tempi ristretti che si possono creare in seguito ad una emergenza, sempre in agguato in un reparto e la mancanza di personale, ridotto sempre al minimo per ridurre i costi, portano l' infermiere ad uno stato di stress e deconcentrazione che alzano in maniera esponenziale il rischio di errori clinici. Comunque guardiamo più affondo quali sono le medicazioni "incriminate" somministrate in ospedale: insulina, morfina, cloruro di potassio, albuterolo, eparina, vancomicina, cefazolina, paracetamolo, warfarin, furosemide. 9 Tra gli errori che vengono commessi in corsia, tra i più comuni possono essere inclusi: lo scambio di farmaci con confezioni simili ( vedi il ckl), confondere farmaci diversi ma con nomi somiglianti, errori nello scrivere e nel leggere le abbreviazioni delle unità di misura delle dosi... Talvolta gli errori possono essere imputabili a prescrizioni scritte a mano con una grafia poco comprensibile, ad etichette ambigue o a personale non adeguatamente preparato. Oltre ai precedenti fattori in grado di aumentare gli errori in corsia, possiamo prendere in esami altri passaggi chiave in cui si può verificare un errore. E sono: acquisizione di informazioni sul paziente e/o su uno specifico farmaco, comunicazione tra operatori sanitari e con i pazienti, confusione creata da etichette, confezioni e nomi dei farmaci, conservazione e distribuzione dei farmaci, somministrazione, eccessiva lunghezza dei turni, competenza dello staff, livello di educazione terapeutica del paziente, qualità dei sistemi di controllo (identificazione degli errori, ed analisi e interventi per ridurli). Esistono anche fattori ambientali che possono incidere e sono: scarsa illuminazione, rumore, interruzioni. In alcuni casi gli errori possono essere evitati con un passaggio in più 10 tra la prescrizione e la somministrazione, ad esempio con una richiesta di conferma da parte del farmacista al medico che ha scritto la prescrizione. Una corretta comunicazione è, infatti, un fattore determinante: abbreviazioni, calligrafie illeggibili, ordini verbali e ambigui, problemi in prescrizioni via fax o via computer, o addirittura telefoniche, sono tutte fonti di possibili incomprensioni e quindi di errore. Un altro modo di prevenire possibili errori, secondo l’opinione di Henry Cobb4, è tentare di ridurre il carico di stress dei farmacisti ospedalieri, il cui numero è spesso insufficiente. Identificazione delle fonti di stress, risposte anticipate, sistemi di supervisione e feedback e personale competente e numericamente adeguato possono ridurre il numero di errori dovuti ad accumulo di ordini, confusione e orari non stop. 4 Professore associato del College of Pharmacy della University of Georgia, 11 CAPITOLO PRIMO 1.1 evoluzione infermieristica storica. “Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente.”5 L' Infermieristica è una disciplina scientifica, che per essere chiamata con l’ aggettivo scienza, deve rispondere e soddisfare i “cinque requisiti” che una materia deve avere, proprio per essere nominata scienza. Questi requisiti sono: 1) Campo di studio. 2) Metodo. 3) Scopo, 4) Campo di applicazione. 5) Ragione storica di esistere. Perciò, applicando queste voci alla Materia Infermieristica, si può notare che queste trovano facilmente una risposta. Nello specifico l' infermieristica ha come campo di studio l' Uomo, il metodo si basa sul processo di assistenza, per quanto riguarda lo scopo è rendere la persona autonoma, identificando e soddisfacendo i bisogni della persona mediante un processo educativo. 5 Frase di Indro Montanelli 12 Il campo di applicazione è ovviamente l' ambiente di vita e ultimo ma non meno importante è la ragione storica di esistere. Infatti l' infermiere è sempre stato presente nella storia e ha sempre avuto una ragione storica per esistere; anche se non' è del tutto vero che l' infermiere è sempre esistito. Più correttamente è il processo assistenziale che è sempre esistito, fin dai tempi dell' uomo primitivo,6 dove la donna curava i figli e l' uomo ferito che tornava dalla caccia. Successivamente si parla di assistenza con il popolo egizio che addirittura nella loro cultura medica mettevano in atto ed eseguivano i primi interventi chirurgici che ovviamente venivano erogati solo alle persone più ricche o ai Faraoni, lo stesso valeva per l' assistenza di 6 R. F. Craven, C. J. Hirnle – “Principi Fondamentali dell’assistenza infermieristica”Casa ditrice Ambrosiana 2007 13 base7. L' evoluzione dell'assistenza continua ed arriviamo nell’antica Grecia dove esistevano luoghi di cura di gran bellezza naturale, dove erano prestate cure, solo a persone facoltose, in grado di affrontare le spese. Queste cure venivano erogate nelle IATERIA o IATERION 8. Questi, erano luoghi favolosi, costruiti in mezzo alla natura, dove i sacerdoti e i medici, usavano come farmaco filtri di erbe mediche, guarivano le persone ricche liberandole dai demoni che infliggevano loro malanni. Nel concetto greco della malattia è sempre stato rivelato la differenza dall’aspetto fisico del corpo e quello spirituale voluto dagli dei. Anche se la nascita del pensiero scientifico si può far risalire alla comparsa delle prime scuole mediche in Italia (Scuola di Crotone e Scuola di Sicilia), è in Grecia che avviene la completa e definitiva 7 G. Armocida B. Zenobio – “Storia della medicina” – Biblioteca Masson 2002 8 E. Manzoni – “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” – Masson 2000 14 emancipazione del medico sul sacerdote con la costituzione del concetto di "clinica". Nell'antica Grecia la medicina veniva praticata nei Ginnasi9, nelle Palestre e negli jatreia: il ginnasio era il luogo in cui i giovani venivano formati culturalmente e fisicamente, mentre nella palestra si allenavano gli atleti veri e propri. L'uno e l'altra consentirono un certo sviluppo della chirurgia in seguito alle non infrequenti lesioni in cui gli atleti incorrevano nell'esecuzione degli esercizi fisici10. Tutti coloro che lavoravano in queste strutture avevano conoscenze abbastanza approfondite di traumatologia e massoterapia; i medici, che solitamente visitavano in strutture pubbliche o private (jatreia), venivano chiamati dal ginnasiarca solo nei casi più gravi. Ora si passa ad un periodo storico molto complicato quanto importante che riguarda il Medioevo. In questo periodo si registrarono importanti segnali di una progressiva specializzazione dell’arte medica. Si cominciarono a creare i primi rifugi per derelitti e forestieri chiamati xenodochia e vennero create le prime infermerie chiamate nosocomia nelle quali si prestavano cure agli ammalati.11 Questi erano i primi abbozzi degli ospedali inizialmente collegati ai monasteri e poi progressivamente diventarono autonomi. Nello stesso periodo nacquero le Misericordie associazioni di 9 G. Armocida B. Zenobio – “Storia della medicina” Biblioteca Masson 2002 10 C. Calamandrei – “L’assistenza infermieristica – Storia, 11 G. Armocida B. Zenobio – “Storia della medicina” teoria, metodi” – NIS 1993 15 volontariato di impronta cristiana impegnate nel soccorso dei cittadini. Progressivamente però, si determina una carenza numerica di religiosi: suore e frati, furono richiamati nei monasteri dalle regole rigide del loro ordine. Diventa necessario, ora più che mai, l’impiego di personale laico pagato con un misero compenso, quindi vengono reclutati ex carcerati, prostitute e povera gente. L’assistenza decade a livelli vergognosi e malati appoggiati su pagliericci sporchi, insieme ad altri, persino di sesso e patologia diversa. I santi riformatori dell’assistenza sono i primi a credere che l’assistenza, cosi come concepita, non basti più, serve un’assistenza specifica: l' assistenza infermeristica. 16 Questi santi sono: Giovanni Ciudad nato nel 1495 morto ex soldato di ventura, giocatore, vagabondo è quasi messo a morte con l’accusa di rapina. Provo’ di persona, rinchiuso in un manicomio, quanto fu il degrado organizzativo, e com’erano trattati i malati di mente, egli cerco’ di migliorare l’aspetto della gestione organizzativa dell’assistenza,facendo dormire i pazienti in letti puliti, migliorando l’alimentazione in modo piu’ appropriato, i modi delle degenza, istituendo corsie e dividendole per patologia e sesso. Miglioro’ il trattamento nei manicomi, prese il nome di Giovanni di Dio e fondo’ la confraternita dei Fatebenefratelli. Camillo De Lellis (1550-1614). Anch' esso era un soldato di ventura, manigoldo,attaccabrighe. Fu ferito in battaglia e come esito gli rimase una piaga cronica12. Nel suo girovagare si rivolse al convento di San Giovanni Rotondo, dove fu curato con molta dedizione e amorevolmente dai frati. Li ringrazio’ e ritorno’ alla sua vita di sempre. Torno’ a Roma, dopo poco tempo la piaga si riaprì, rincontrata 12 E. Manzoni – “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” Masson 17 l’incuria nell’ospedale in cui era ospite,capì quanto lavoro bisognasse fare e quanto fosse importante dedicarsi al malato. Volle far assistenza presso l’ospedale San Giacomo degli incurabili per “porsi al servizio dei malati per solo amor di Dio”. Vincenzo De Paoli (1581-1660). Francese, fu grande innovatore dell’assistenza, devoto del Papa, durante un suo viaggio fu ferito e si accorse di quanto degrado ci fosse e di come tristemente erano trattati i malati. Lottò per migliorare le cure, all’interno degli ospedali, ma era convinto che bisognasse farlo dando soprattutto rispetto all’uomo nel suo ambiente naturale. Sacerdote convinto si dedicò alla carità. Ora si comincia a parlare di assistenza in un periodo storico che parte dal 1700 fino ai giorni nostri dove si nota come l' evoluzione dell' assistenza abbia fatto un passo enorme e come si è capito che l' assistenza infermieristica non debba essere effettuata da persone normali ignoranti in materia, ma che serve una figura specializzata che prenda in mano l' intera assistenza del paziente. Questa figura è l' Infermiere. Nel 700 la popolazione in Europa è 18 influenzata da una corrente di pensiero chiamata ILLUMINISMO13 che si propone di liberare l’umanità dal peso delle credenze e abolisce i privilegi del clero, rende piu’ efficace l’amministrazione dello stato. Le concezioni illuministiche investono anche il settore dell’ assistenza e alla carità cristiana si sostituisce una solidarietà laica fondata sulla ragione. Si da importanza alle esigenze igieniche, si costruiscono ospedali con padiglioni separati, ben illuminati e arieggiati. Gli ospedali grazie ai progressi della medicina diventano luoghi di cura veri e propri. Le infermiere vengono considerate delle domestiche, il compito principale consiste nelle pulizie, tutto viene gestito dalla Capo Infermiera che diventa la padrona di casa; nello stesso tempo esiste la studio da parte dei medici del corpo umano, con sperimentazione sull’uomo soprattutto sul malato di mente. Ma negli ospedali regna il caos, personale non qualificato, il disinteresse, il lucro sono sovrani. FLORENCE NIGTHGALE14 1820-1910 . Appartiene ad una famiglia ricchissima inglese, nasce a Firenze, e 13 C. Calamandrei – “L’assistenza infermieristica – Storia, 14 Gilbert Sinoué Titolo: La signora della lampada teoria, metodi” – NIS 1993 19 grazie agli insegnamenti del padre ed al suo impegno ottiene un’istruzione completa. Animata da una profonda fede religiosa, identifica l’assistenza agli ammalati come un modo per rendersi utile al prossimo, fortemente contrastata in questo dalla famiglia e dal proprio ambiente sociale per la cattiva reputazione delle infermiere del tempo. Fond nel 1860 la prima scuola per infermiere al Saint Thomas Hospital. Fonda la concezione della moderna Assistenza infermieristica. L'assistenza infermieristica è l’uso adeguato dell’aria fresca, della luce, della pulizia, del calore, della tranquillità e della giusta scelta nella somministrazione della dieta. Tutto con la minor spesa di energia da parte dell’ ammalato15. Negli USA, fino al 1870 l’assistenza era gestita in un modo orribile, i malati vivevano in luoghi malsani, tre in due letti, assistiti da carcerate o da prostitute senza alcuna cognizione d’assistenza. Fu questo il motivo che spinse alcune infermiere della scuola Florence Nightingale ad aprire e dirigere scuole di Formazione infermieristiche. Adelaide Nutting16 fu la prima infermiera chiamata ad insegnare alla Columbia University di New York, mentre Isabella Hampton17 si dedicò alle scuole di formazione ospedaliere.(norme igiene). In Italia subito dopo l’unificazione del Regno, abbiamo una nazione povera, dove la situazione nei grandi ospedali era disastrosa, la preparazione infermieristica era inesistente. 15 16 17 Dal libro: “Notes on Nursing: What it is and What it is Not” di FLORENCE NIGTHGALE www.nurses.info/personalities_adelaide_nutting.htm http://www.medicalarchives.jhmi.edu/papers/robb.html 20 L’organizzazione seguiva ancora il codice napoleonico oppure le regole dei vari ordini religiosi, che venivano impiegati negli ospedali per consuetudine o per convenienza: le suore costavano molto meno del personale laico ed erano apprezzate per la loro disciplina. Partendo già dall’epoca fascista dove la formazione infermieristica viene regolata a livello nazionale. Nel 1959 gli infermieri riescono ad ottenere con una legge dello stato la n. 1049 l’istituzione dei Collegi IP.AS.VI. Enti di diritto a tutela della professione. Negli anni 60' con l’arrivo delle tecnologie arrivano anche le specializzazioni. Si promuove la formazione universitaria e nascono le Scuole Speciali per Dirigenti dell’ Assistenza Infermieristica. Nel 1971 con la legge 124 anche gli uomini possono accedere alla professione, chiusura delle scuole convitto. Nel 1974 D.P.R. 225 “Mansionario”, eliminato dalla 42/9918. Con la legge 341/90 gli infermieri hanno ottenuto il D.U. in Scienze Infermieristiche. Anno accademico 2002-2003 parte il primo corso di laurea in Infermieristica. Voglio inoltre precisare che l' evoluzione e la ricerca di un' assistenza è maturata sopratutto in campo bellico. 18 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002 21 Infatti nei tempi antichi l’unico esercito a vantare una vera e propria struttura di soccorso organizzata fu quello romano dove l’assistenza ai feriti avveniva direttamente sul campo di battaglia poiché il medico aveva in dotazione anche cassette di Pronto Soccorso contenente bende strumenti chirurgici e linimenti Nel Medioevo. In epoca Napoleonica il Barone Jean Dominique Larrey ebbe l’intuizione di organizzare un sistema di ambulanze volanti per permettere il trattamento rapido dei feriti sul campo di battaglia e un loro eventuale trasporto verso gli ospedali da campo. Durante la Prima Guerra Mondiale, ed in seguito nelle guerre di Corea e Vietnam, i medici militari si lamentarono dell’inefficacia di evacuazione ed assistenza immediata ai feriti.19 1.2 Evoluzione legislazione infermieristica20 Come abbiamo già citato nel precedente sottocapitolo, l' evoluzione storica assistenziale fa nascere la necessità di attribuire la stessa a personale qualificato e specializzato cioè la figura dell' infermiere (nurse). Per fare ciò, comunque, nasce il bisogno di creare nuove leggi in grado regolamentare la formazione l' assistenza e la tutela sul lavoro infermieristica. 19 20 E. Manzoni “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” Masson 2000 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002 22 Inizialmente abbiamo visto che nel 1959 gli infermieri che prima non erano tutelati da nessuno, riescono ad ottenere con una legge dello stato: la n. 1049 l’istituzione dei Collegi IP.AS.VI. che sono enti di diritto a tutela della professione infermieristica. Nel 1960 arrivano le prime tecnologie e con esse nascono le prime specializzazioni infermieristiche. Inoltre si promuove la formazione universitaria e nascono le Scuole Speciali per Dirigenti dell’ Assistenza Infermieristica. Nel 1971 con la legge 124 anche gli uomini, possono accedere alla formazione e successivamente praticare la professione. Di conseguenza, quindi, c' è stata la chiusura delle scuole convitto dove erano ammesse solo donne. Esempi di una scuola convitto: fu aperta nell’ospedale Santo Spirito una delle sedi della scuola Convitto San Vincenzo De Paoli, con sede provinciale presso il San Camillo e facente capo agli Ospedali Riuniti di Roma. 23 Nel 1974 D.P.R. 225 “Mansionario”, eliminato dalla 42/99.21 Con la legge 341/90 gli infermieri hanno ottenuto il D.U. in Scienze Infermieristiche. Anno accademico 2002-2003 parte il primo corso di laurea in Infermieristica. Prima di vedere nel dettaglio ed in ordine, dalla prima alla più recente le grandi leggi che hanno cambiato e disciplinato la professione sanitaria del' infermiere voglio riportare un articolo scritto da Willem Tousjin,22 nella rivista di diritto delle professioni sanitarie, 4, 2001. Riportato anche da Luca Benci nel' “L’evoluzione dell’autonomia e della responsabilità giuridica dell’infermiere e dell’ostetrica”, dove Willem Tousjin ci mette davanti ad una verità che tutti sapiamo ma che abbiamo paura di riconoscere. Scorrendo nelle lettura dell' articolo ci si crea nella mente un' idea generale ma concreta di come l' evoluzione di una professione sanitaria sia stata e lo è ancora oggi molto contrastata. “La caratteristica peculiare è la posizione assolutamente dominante assunta sull’intero settore dalla professione medica. Nei settori in cui operano le altre professioni intellettuali, come il diritto o l’ingegneria-architettura, non esiste nulla di simile alla dominanza che la professione medica ha esercitato, a partire dalla 21 22 “Manuale giuridico professionale per l' esercizio del nursing” Luca Benci seconda edizione. Professore Facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino Corso di laurea specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche 24 fine dell’Ottocento, su un numero crescente e ormai assai elevato di occupazioni sanitarie. Il concetto di dominanza professionale indica appunto la relazione di potere che la professione medica ha instaurato nei confronti delle altre occupazioni sanitarie e che ha assunto varie forme: dominanza gerarchica, nelle grandi organizzazioni sanitarie come gli ospedali, dominanza funzionale, attraverso il controllo delle fasi cruciali del processo di cura (la diagnosi e la scelta della terapia), dominanza scientifica, attraverso il controllo del sapere medico e della stessa definizione di salute e malattia, dominanza istituzionale, attraverso il controllo delle istituzioni-chiave del settore sanitario (Facoltà di medicina, altre scuole sanitarie, organi di governo di vario tipo)”.23 La più puntuale sociologia delle professioni ha da tempo analizzato le relazioni tra le professioni sanitarie che si sono intrecciate nel corso della storia. In Italia – come nel resto del mondo il termine “sanitario” ha sempre evocato la figura medica, gli atti medici e gli atti sanitari erano in un qualche modo sinonimi e si era arrivati a confondere la sanità con la medicina. La professione medica era l’unica professione sanitaria realmente riconosciuta per secoli o anche millenni. 23 Willem Tousjin, Rivista di diritto delle professioni sanitarie, 4, 2001 25 Basti pensare che il primo documento di carattere storico deontologico riferito alla professione medica – Il giuramento di Ippocrate24 – viene fatto risalire dagli storici in un’epoca comprendente tra il quarto e il quinto secolo avanti Cristo. Nello scorso secolo il medico è stato affiancato, per alcuni decenni, da due figure professionali importanti: lo speziale (in seguito farmacista) e la levatrice (in seguito ostetrica/o). Al primo era devoluta la preparazione di preparati galenici in un’epoca di pre industrializzazione del farmaco e alla seconda era devoluta la competenza presso che assoluta sui parti fisiologici.25 Queste due figure professionali hanno subito nel corso dei decenni dello scorso secolo, un processo di involuzione professionale che ha portato da un lato, alla trasformazione del farmacista in una figura con caratteristiche prevalentemente commerciali e dall’altro l’ostetrica ha subito un forte ridimensionamento nella sua autonomia dovuta alla medicalizzazione e alla ospedalizzazione del parto. Il medico è tornato quindi a essere l’unico professionista sanitario. Nel 1980 si sono professionalizzati i biologi, nel 1990 gli psicologi. 24 E. Manzoni “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” Masson 2000 25 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002 26 La svolta reale si ha però nel 1999 con l’approvazione della legge 42 e l’uscita dall’alveo della ausiliarietà delle professioni sanitarie ex diplomate con in prima fila infermieri e ostetriche. Le innovazioni normative L’esercizio professionale dell’infermiere e dell’ostetrica – e di tutte le professioni sanitarie ex ausiliarie26 - ha subito importanti modifiche in questi ultimi anni. In ordine cronologico inverso dobbiamo citare le due leggi fondamentali che hanno determinato un cambiamento fondamentale: la legge 10 agosto 2000, n. 25127 “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica” e la legge 26 febbraio 1999, n. 42 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”. La legge 251/2000 verrà con tutta probabilità ricordata come la legge che ha istituito la dirigenza infermieristica e la laurea (domani laurea specialistica), ma contiene norme inerenti anche all’esercizio professionale. Al primo comma dell’art. 1 infatti si legge testualmente: “Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione ostetrica svolgono con 26 Benci L., Professioni sanitarie non più ausiliarie, Rivista di diritto delle professioni sanitarie, 1, 1999 27 “Manuale giuridico professionale per l' esercizio del nursing” Luca Benci seconda edizione. 27 autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici e utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza”.28 Alcune di queste norme – segnatamente il richiamo al profilo professionale e al codice deontologico – sono ripetitive di disposizioni di legge che già indicavano come criteri per l’esercizio professionale queste fonti normative, mentre altre sono una novità assoluta. – Da un punto di vista generale l’affermazione che l’infermiere agisce con “autonomia professionale” riveste un’importanza tale che travalica l’attribuzione di singoli ambiti. In realtà, a ben vedere, tutto il percorso che il legislatore ha voluto imprimere alla evoluzione infermieristica ed ostetrica era profondamente intriso di autonomia professionale: la formazione universitaria, l’abrogazione del mansionario, il richiamo al codice deontologico ecc. Il fatto però che l’affermazione sia diretta e contenuta in una legge ordinaria dello Stato ha l’effetto di un pieno riconoscimento al percorso fino a qui svolto. 28 251/2000 riferimento trascritto da http://www.camera.it/parlam/leggi/00251l.htm 28 Altra affermazione – nuova o in realtà parzialmente nuova – è data dalla previsione legislativa della metodologia di lavoro da adottare nell’ambito della professione infermieristica.29 L’infermiere infatti deve utilizzare “metodologie di lavoro per obiettivi dell’assistenza”. E’ sinceramente strano che all’interno di una legge ordinaria si scenda nel dettaglio tipico degli atti regolamentari, strumenti questi ultimi che meglio si prestano, data la loro duttilità e versatilità, a scendere in particolari di carattere professionale (posto che sia giusto e opportuno scendere in questi ambiti da parte del legislatore). Così però è stato e non si può non prendere atto che il legislatore ha voluto mandare un messaggio forte: la classica metodologia di lavoro per compiti deve essere abbandonata e abbracciare quella, che il mondo professionale aveva già in realtà teorizzato da molti anni, di metodologia per obiettivi. Il terzo comma dell’art. 1, si riallaccia direttamente al primo comma. Recita testualmente: “Il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana linee guida per: a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni; 29 Spiegazione tratta da: Benci L, “Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002” 29 b) la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata.”30 Ancora una volta il legislatore fa’ ricorso allo strumento delle linee guida per regolamentare alcune parti dell’organizzazione sanitaria. Il punto sub b) si ricollega direttamente a quanto specificato dall’articolo: modelli di assistenza personalizzata e metodologia di pianificazione per obiettivi sono infatti facce della stessa medaglia. Questi due punti fanno probabilmente capire bene quale sia il fine ultimo di tutto questo processo legislativo in corso: il cambiamento e il miglioramento qualitativo dell’assistenza infermieristica. Questo infatti è confermato dal secondo comma dell’art. 1 laddove si prevede che lo Stato e le regioni devono promuovere la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico-ostetriche con il fine di integrare “l’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione europea”.31 Di grande importanza la previsione del comma a) laddove si specifica che in tutte le aziende sanitarie l’organizzazione del lavoro deve prevedere la “diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni”. 30 31 251/2000 riferimento trascritto da http://www.camera.it/parlam/leggi/00251l.htm Legge 251/2000 riferimento trascritto da http://www.camera.it/parlam/leggi/00251l.htm 30 Il dettato normativa è fin troppo chiaro: tutto ciò che attiene – in senso stretto e in senso lato – alla professione infermieristica deve essere gestito direttamente dalla professione infermieristica stessa. Come altre volte è accaduto, a tutt’oggi non sono state emanate le linee guida previste dalla legge 251/2000. Resta l’importanza della previsione legislativa. Non è possibile in questa sede non richiamare anche la legge 42/1999, atto normativo che, come è largamente noto, ha rivoluzionato l’esercizio professionale previgente basato sul sistema mansionariale. La legge 42/1999 ha posto alla base dell’esercizio professionale tre criteri guida ben precisi e un limite dai contorni meno precisi. L’infermiere deve quindi agire in base ai dettami del profilo professionale, ex DM 14 settembre 1994, 739, al contenuto degli ordinamenti didattici di base e post base e del codice deontologico. Il limite posto dalla legge stessa è dato dalle “competenze previste per la professione medica”, quindi dall’atto medico32. Bisogna precisare che non esiste una definizione in positivo di atto medico, quanto piuttosto una definizione di ambiti residuali contenute in varie leggi33. 32 33 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002 Motta G., Magliona B., Le nuove professioni sanitarie: una riforma incompiuta?, Sanità pubblica e medicina pratica, 9, 2000 31 Resta però ineludibile la necessità di definire con esattezza o quanto meno con meno approssimazione il concetto di atto medico, essendo esso posto come limite all’autonomia delle professioni sanitarie non mediche. Registriamo inoltre importanti novità relative alla pubblicazione degli ordinamenti didattici dei corsi di diploma di laurea, sia triennale che specialistica, recepiti con i decreti ministeriali 2 aprile 2001 “Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie” e “Determinazione delle classi delle lauree specialistiche delle professioni sanitarie” pubblicate in Gazzetta ufficiale del 5 giugno 2001. Con questi provvedimenti si sancisce la fine definitiva delle professioni sanitarie non mediche come professioni sanitarie diplomate, venendo esse promosse al rango delle professioni sanitarie laureate. Come è ben noto il processo di professionalizzazione non può esaurirsi nell’ambito della produzione di testi normativi, essendo 32 necessario invece il contributo fattivo e positivo di tutte le professioni sanitarie coinvolte. Il processo normativo in corso non può non determinare una ridefinizione di competenze, resasi già in realtà necessaria dall’entrata in vigore della legge 42/199934. Su questa lunghezza d’onda si muove anche l’autorità politica se pure con toni e accenti non giuridicamente corretti35. E’ interessante vedere come alcune Regioni si siano date determinate condizioni organizzative di nuove realtà assistenziali. Il riferimento è alle Regioni dell’Emilia Romagna, con l’esperienza delle lungo degenze post acuzie e alla Toscana con l’esperienza degli ospedali di comunità. Il tratto comune di queste due esperienze è dato dalla esistenza di modelli assistenziali di carattere residenziale caratterizzati dalla assenza della presenza medica in modo continuativo. La Regione Emilia Romagna, nella “direttiva per i criteri di organizzazione della funzione di lungo degenza post acuzie….” del 28 luglio 1997 indica un modello chiaro di organizzazione di questa tipologia di reparti ospedalieri, sull’esperienza delle Nursing Homes anglosassoni. Si legge nella direttiva che “la responsabilità organizzativa e gestionale deve essere di norma affidata al personale infermieristico, 34 Benci L., Professioni sanitarie non più ausiliarie, Rivista di diritto delle professioni sanitarie, 1, 1999 35 Il riferimento è all’intervista che il Ministro Veronesi al Sole 24 ore del 13 ottobre 2000 33 ferma restando la supervisione e responsabilità clinica dei singoli medici responsabili dei degenti…..”36. A livello apicale, è sempre la direttiva che lo indica, “la responsabilità dell’organizzazione dell’assistenza è conferita al personale infermieristico con funzioni dirigenziali”. L’organizzazione di questo tipo è sembrata alla Regione la “logica più coerente” rispetto ad altre possibili in relazione all’obiettivo che si prefigge. Organizzazioni simili sono attuate in Toscana per gli ospedali di comunità, nati sull’onda dei Country Hospital. Questo tipo di organizzazione, tesa a demedicalizzare parte dell’assistenza sanitaria e a rispondere a popolazione, risulta del tutto specifici bisogni della facilitata dal percorso professionalizzante della professione infermieristica, tendente ad attribuire una maggiore autonomia e responsabilità all’infermiere.37 36 L’evoluzione dell’autonomia e della responsabilità giuridica dell’infermiere edell’ostetrica Luca Benci . 37 Sanità Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002 Motta G., Magliona B., Le nuove professioni sanitarie: una riforma incompiuta?, pubblica e medicina pratica, 34 CAPITOLO SECONDO Responsabilità Infermieristiche ed Errore Terapeutico Ho approfondito, nel precedente capitolo, l' evoluzione delle funzioni infermieristiche, basandomi anche sulla stessa storia evolutiva dell' assistenza. Quindi, conoscendo ed imparato dal passato, oggi possiamo affermare che l’infermieristica ha finalmente acquisito una posizione di professione ampliamento intellettuale dei livelli che le d’autonomia conferisce d’esercizio un notevole ma anche parallelamente un ugual livello di correlate responsabilità di natura, non soltanto assistenziale e clinica, ma anche etica, deontologica e giuridica. L’abolizione del mansionario (con la legge 42/1999) ha determinato, da un lato l’abbattimento di muri fino ad allora invalicabili, dettati dalle regole mansionariali,( dettate dal DPR 225/74), dall’altro anche la perdita delle sicurezze rappresentate da quelle stesse regole che traducevano l’esercizio professionale in griglie predefinite di attività. Il professionista Infermiere oggi si trova nella condizione di individuare: 2. I bisogni dei suoi assistiti, 3. Elaborare percorsi assistenziali nei quali egli diviene in grado 35 d’integrarsi con altri professionisti della salute in un rapporto d’equipe paritetico38. L’Infermiere che applica la scienza infermieristica, adegua i propri interventi alle prove di miglior efficacia, verifica, valuta ed ottimizza le proprie capacità di rispondere efficacemente ai bisogni degli assistiti. L’enorme ampliamento concettuale della prospettiva professionale, ha provocato in molti casi, una sorta di destabilizzazione degli assetti professionali e della capacità dei singoli di inserirsi in questo mutato scenario. La mancanza di chiare linee di demarcazione dell’agire professionale, ha creato incertezze, dubbi, timori circa le possibili implicazioni giuridiche correlate all’assunzione diretta di responsabilità di professionisti che si riprovano a non essere più ausiliari. Le implicazioni giuridiche sono inoltre direttamente proporzionali all' errore che un operatore compie nei confronti del paziente. Quindi questa responsabilità che viene messa nelle mani dell' infermiere fa nascere, proprio per tutelare sia l'operatore stesso che il paziente, la gestione del rischio clinico o risk management che significa proprio: “possibilità di subire un danno come conseguenza 38 Paritetico:agg. [f. -a; pl.m. -ci, f. -che] basato su condizioni di parità (www.sapere.it) 36 di un errore”39 “Evitare l’errore è un ideale meschino: se non o siamoaffrontare problemi che siano così difficili da rendere l’errore quasi inevitabile, non vi sarà, allora, sviluppo della conoscenza. In effetti è dalle nostre teorie più ardite - incluse quelle che sono più erronee - che noi impariamo di più. Nessuno può evitare di fare errori: cosa grande è imparare da essi” (Popper, 1972)40. In questo trattato di tesi universitaria, voglio specificare, quanto sia importante l' errore clinico e sottolineare il rapporto stretto tra infermiere-errore, perché quest' ultimo, in verità, accompagna turno dopo turno ogni azione che compie l' operatore, sia direttamente sul paziente, oppure, in secondo piano ma non meno importante, nella gestione della documentazione infermieristica. Uno dei rapporti più stretti infermiere-errore che ho preso come ispirazione per scrivere questa tesi è il rischio clinico nella somministrazione dei farmaci. 39 “ Errore clinico e gestione del farmaco: il ruolo dell' infermiere nella gestione del rischio” di Francesco Falli e Massimo Cariolato 40 Karl Raimund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 – Londra, 17 settembre 1994) è stato un filosofo e epistemologo austriaco, naturalizzato britannico. È considerato uno dei più influenti filosofi del Novecento. (definizione data da: wikipedia.org) 37 La Farmaco vigilanza si occupa della rilevazione e valutazione delle reazioni avverse a farmaci ed è finalizzata ad identificare i potenziali rischi al fine di minimizzarli e se possibile eliminarli. Le reazioni avverse, definite nel Dlgs. 95/2003 come risposte ad un farmaco che siano nocive e non intenzionali e che avvengono alle dosi normalmente usate nell’uomo per la profilassi, la diagnosi, la terapia o per ripristinare, correggere o modificare le funzioni fisiologiche, possono essere attese o inattese in base a quanto riportato nel riassunto delle caratteristiche del prodotto in relazione alla loro natura e gravità. Accanto alle reazioni avverse, legate alle proprietà specifiche della terapia farmacologica, esistono eventi avversi legati all’errore e quindi potenzialmente prevenibili ed evitabili. Come detto prima è importante non perdere l’opportunità di imparare da ciò che gli errori possono insegnare. Per definire meglio il termine errore voglio proporre una definizione 38 data dal National Coordinating Council for Medication Error Reporting and Prevention (NCCMERP): “per errore di terapia si intende ogni evento avverso, indesiderabile, non intenzionale, prevenibile che può causare o portare ad un uso inappropriato del farmaco o ad un pericolo per il paziente. Tale episodio può essere dovuto ad errore di prescrizione, di trasmissione della prescrizione, etichettatura, confezionamento o denominazione, allestimento, dispensazione, distribuzione, somministrazione, educazione, monitoraggio ed uso”41. Se la FV valuta le reazioni avverse a farmaci legate alle proprietà farmacologiche e quindi intrinseche al farmaco stesso, la valutazione dell’errore di terapia si basa prevalentemente sulle modalità di impiego del farmaco e sul rischio clinico che ne può derivare. È molto importante definire il termine di errore. Sopratutto definirlo nel campo della somministrazione dei farmaci. Infatti la somministrazione dei farmaci fa gravare sull' infermiere una grande fetta percentuale di responsabilità, come dichiarato dalla legge 739 del 199442. Innumerevoli sono gli studi effettuati sulla gestione del rischio clinico nella somministrazione dei farmaci, tutto questo per capire come si possano ridurre le statistiche dove riportano migliaia di casi di errori determinati da terapie sbagliate. Riconosco la mia brevissima vita all' 41 National Coordinating Council for Medication Error Reporting and Prevention CPMERP. www.nccmerp.org 42 Dichiarazione elaborata secondo il DM 739/94 l' infermiere resposabile dell' assistenza generale infermieristica. 39 interno di una unità ospedaliera, ma tutto ciò non mi stupisce affatto. Durante il tirocinio pratico da allievo infermiere, ho notato che esistono molte lacune che riguardano l' approccio al grande capitolo del rischio abbinato alla somministrazione della terapia. Spesso, si arriva alla conclusione che la scienza giusta, insegnataci in sede universitaria, sono quasi, se non totalmente, travisate a livello pratico dagli infermieri di ruolo. Quando si entra all' interno di un reparto ospedaliero, si è pieni di sete di sapere e voglia di unire le teorie universitarie con la pratica. Perciò vengono fornite agli infermieri di turno tantissime domande non solo su come gestire un paziente, ma anche domande che riguardano la responsabilità e la terapia, sopratutto su come gestirla e come conservare i farmaci. Ma l' unica spiegazione che ci è concessa la maggior parte delle volte dagli infermieri è un timido: “ Si è sempre fatto così.......”, oppure: “ Gli effetti di questo farmaco..... chiedili al medico”, “questo ¼ di pastiglia senza blister è sicuramente il betabloccante, ormai sono 40 esperta/o, possiamo somministrarlo al paziente”. Oppure presentano un' imbarazzato silenzio quando gli si chiede se un farmaco va somministrato al paziente a stomaco vuoto o pieno. Potrei continuare all' infinito, a citare memorabili versetti recitati in corsia. Sono proprio queste frasi che a noi allievi ci fanno riflettere ed a volte critichiamo gli infermieri, anche perché basandoci sui nostri studi universitari cerchiamo di portare un pochino di innovazione senza mai imporre o pretendere nulla. Ma le reazioni sono molto diverse dalla collaborazione o apprensione che un allievo si poteva aspettare. Infatti risposte come:” Ecco, è arrivato lui/lei dall' università e ci vuole insegnare a noi, io sono trent'anni che lavoro qui”, “ti credi che dopo che ti sei laureato, di essere un' infermiere migliore di noi che siamo usciti con il diploma?”. Non sono le sole, anche se siamo nel 2010 tanti medici che dovrebbero aver capito che cos' è la scienza infermieristica trattano gli infermieri come segretari e questi, spesso, vengono richiamati severamente se non gli viene portato all' istante un documento, senza tenere conto che gli infermieri sono occupati ad erogare assistenza infermieristica a qualche paziente . Conclusa questa digressione voglio parlare proprio delle statistiche e di come si distinguono gli errori in corsia. Alcuni studi condotti negli 41 USA e in Australia43 hanno dimostrato che fino al 16,6 % dei pazienti ricoverati in ospedale è colpito da un evento avverso. Un articolo pubblicato nel 2003 sul New England Journal of Medicine 44riporta i risultati di uno studio di coorte prospettico condotto su pazienti ambulatoriali per valutare tassi, tipi, gravità e prevedibilità degli eventi avversi a farmaci. Il 39% degli eventi avversi a farmaci riportati nello studio era prevenibile o migliorabile. In Olanda si stima che la percentuale degli errori di terapia sia compresa tre il 12% ed il 20% del totale degli errori. Da uno studio condotto nel Regno Unito più di metà degli eventi registrati risulta dovuta ad errori legati all’uso dei farmaci e ad una gestione clinica in reparto non corretta45. 43 U.S.A: Brennan TA, Leape LL, Laird MN, et al. Incidence of adverse events and negligence in hospitalised patients. N Engl JMed 1991; 324: 370-6. Australia: Wilson RM, Runciman WB, Gibberd RW, et al. The quality in Australian health care study. Med J Aust 1995; 163: 458-71. 44 New England Journal of Medicine 2003 45 Woloshynowych M, Neale G, Vincet C. Adverse events in hospitalised patients: a pilot study 42 Il collegio IPASVI in un articolo intitolato: “Professione e responsabilità Errori professionali e profili di responsabilità degli infermieri ” riporta statistiche che presentano numeri altissimi. Secondo l' IPASVI, 320.000 persone ogni anno su 8 milioni di ricoverati sono vittime di errori legati a terapie sbagliate o disservizi strutturali; circa 35000 i decessi in seguito a manovre sbagliate, diagnosi scorrette e ritardi negli interventi; 12000 le cause pendenti davanti ai tribunali contro professionisti e strutture sanitarie; 10 miliardi di euro l’anno vengono sborsati a titolo di risarcimento danni46. Queste sono cifre altissime, ma dobbiamo comunque pensare come abbiamo gia detto che l’esperienza negativa deve trasformarsi in qualcosa di utile, trasformandola in qualcosa di costruttivo. and preliminary fin-dings. Clinical Governance Bullettin, Vol. 1, N. 2 settembre 2000, pag. 2-3. 46 Professione e responsabilità Errori professionali e profili di responsabilità degli infermieri articolo del collegio IPASVI 43 La gestione del rischio deve partire da un' azione combinata che coinvolge ed educa tutti gli operatori sanitari. Solo in questo modo è possibile creare una base su cui lavorare per abbassare il rischio clinico. Ovviamente per attuare una buona educazione, bisogna valutare tutti i punti ed ogni dato possibile. Ora (prendendo in considerazione l' aspetto psicologico), andiamo a classificare secondo protocolli internazionali, gli: “episodi di rischio” o classificazione del comportamento umano: 1. skill-based error: (assenza, mancanza di attenzione relativa ad azioni routinarie). Tipo di comportamento riscontrabile in situazioni di routine. 2. rule-based error:(non rispetto di norme, anche di buona pratica, definite per prevenire gli errori o ridurre gli esiti avversi). Il problema che si pone all’individuo è di identificare la giusta norma per ogni specifica situazione attenendosi ad un modello mentale di tipo causale. 3. knowledge-based error: (sbagliata pianificazione dovuta a conoscenze o esperienza inadeguata). È la situazione che richiede il maggior impiego di conoscenze e l’attivazione di una serie di processi mentali che dai simboli porteranno all’elaborazione di un piano per raggiungere gli obiettivi. L’errore può nascere ad ogni livello di comportamento, ma diverse sono le cause: l’interpretazione errata dello stimolo a livello skillbased, scelta di una norma non adeguata per i comportamenti 44 rule-based, pianificazione di una strategia non adatta a raggiungere gli obiettivi specifici della situazione a livello knowledge-based47. Sulla base del modello proposto da Rasmussen, Reason48 distingue tra errori d’esecuzione e tra azioni compiute secondo le intenzioni e delinea così tre diverse tipologie di errore: • errori di esecuzione che si verificano a livello di abilità (slip). In questa categoria vengono classificate tutte le azioni eseguite in modo diverso da come pianificato. • errori d’esecuzione provocati da un fallimento della memoria (laspes). L’azione ha un risultato diverso a causa di un fallimento della memoria. • errori non commessi durante l’esecuzione pratica dell’azione (mistakes). Si tratta di errori pregressi che si sviluppano durante i processi di pianificazione di strategie. Possono essere di due tipi: 1. rule-based: si è scelto di applicare una regola o una procedura che non permette il conseguimento dell’obiettivo; 2. knowledge-based: sono errori che riguardano la conoscenza che porta a ideare percorsi che non permettono di raggiungere l’obiettivo. È evidente che questa analisi ci richiama ad un nostro preciso ambito 47 Rasmussen, 1987; Runcinan et al., 1993. 48 James Reason: professore emerito dell'Università di Manchester dove è stato docente di psicologia dal. 1976 al 2001. 45 di competenza, responsabilità ed autonomia.49 La competenza, la perfetta conoscenza del proprio campo e delle leggi proprie di ciascuna disciplina, costituisce il primo indiscutibile obbligo morale. In ambito sanitario l’errore dovuto a incompetenza può recare grave danno alla salute. Esercitare la professione infermieristica oggi richiede la necessità di dominare un ampio orizzonte di conoscenze, di competenze e di abilità. Il livello di competenza raggiunto richiama alla responsabilità che l’infermiere deve/può assumere. Il termine responsabilità include il concetto deontologico di impegno: è responsabile chi risponde delle proprie azioni, ossia colui che possiede la capacità, raggiungibile da parte di ogni essere umano, di prendere coscienza delle proprie azioni e di non rinnegarle. Nessuna persona nasce già in possesso di quel bagaglio di conoscenze 49 “L' errore umano” J.Reason, 1990 46 teoriche e pratiche che lo renderanno un individuo maturo e quindi responsabile di riconoscere i propri limiti e quindi richiedere l’intervento di esperti. Dal punto di vista giuridico, il richiamo al livello di competenza raggiunto fa propria una tendenza irreversibile nell’attuale analisi della responsabilità professionale: la “critica al mansionismo”; il parametro prevalente cui è rapportata l’azione professionale nelle aule di giustizia è l’efficacia dell’azione verso il raggiungimento del risultato più che un piano operativo definito da un preciso ed omogeneo ambito di competenze e mansioni. Dentro tale approccio, la conoscenza dei propri limiti risulta indispensabile per l’infermiere che deve sviluppare capacità di autovalutazione.50 Un’indagine condotta da nove State Boards ofNursing51 (Il Kansas State Board of Nursing (KSBN) è l'agenzia di Stato di infermieristica regolamentazione Kansas '. La sua missione dichiarata è quella di "proteggere la salute pubblica, sicurezza e benessere dei cittadini del Kansas attraverso il processo di Licensure e regolamento.")ha permesso di identificare gli errori più frequenti, classificati poi in una tassonomia che racchiude otto categorie. Le otto categorie di errori infermieristici che rappresentano un largo 50 IPASVI professione e responsabilità. 51 agenzia di Stato di infermieristica regolamentazione Kansas 47 range di possibili errori e fattori contributivi o causativi sono le seguenti: • Mancanza di attenzione • Mancanza di interesse fiduciario • Giudizio inappropriato • Mancanza di interventi nell’interesse del paziente • Errori terapeutici • Mancanza di prevenzione • Sbagli o equivoci di altri operatori • Errori di documentazione Vediamoli brevemente52. Per prima cosa la mancanza di attenzione è un buon esempio di una categoria di errori particolarmente rilevante nell’assistenza infermieristica perché la sicurezza del paziente dipende dal livello di attenzione degli infermieri alle condizioni cliniche del paziente e alla risposta alla terapia. La mancanza di attenzione può essere causata da problemi a livello di sistema quali livelli di organico insufficienti, elevato turnover, improvvisa modifica delle condizioni dei pazienti senza incremento 52 IPASVI professione e responsabilità. 48 dello “nursing staff”. La mancanza di interesse fiduciario è legata al fatto che ogni infermiere sviluppa un rapporto di fiducia con il paziente ed i familiari che si fidano delle conoscenze, delle abilità e dell’assistenza data.53 L’agente morale di riferimento è l’infermiera. È comunemente riconosciuto che una buona pratica assistenziale è quella che vede le azioni infermieristiche a difesa del paziente. Così l’agente morale si può considerare mancante quando non persegue l’interesse del paziente (l’infermiera non chiama il medico se i segni vitali del paziente sono critici).54 Il giudizio inappropriato richiama alla competenza infermieristica di identificare la natura della situazione clinica e perseguire il processo di assistenza infermieristica utilizzando la conoscenza della situazione clinica. Gli errori si verificano quando ad esempio si mal interpretano segni e sintomi del paziente. La mancanza di interventi nell’interesse del paziente richiama al concetto della colpa specifica di negligenza. Il venir meno del concetto di prendersi cura delle persone affidate. Per quanto riguarda gli errori terapeutici, si identificano sette tipologie di errori:55 53 Benner P., Individual, Practice, and System Causes of Errors in Nursing, Jona, 2002, 32:509523. 54 Martini M., Aspetti medico-legali nelle scienze infermieristiche, Utet, Torino, 1992. 55 Benner P., Individual, Practice, and System Causes of Errors in Nursing, Jona, 2002, 32:509-523 49 • Sbagliare la dose del farmaco • Sbagliare gli orari di somministrazione sia aumentandone che riducendone la frequenza • Incremento di velocità di somministrazione • Sbagliare concentrazione o dosaggio di somministrazione • Sbagliare via di somministrazione • Sbagliare farmaco • Sbagliare paziente La prevenzione del potenziale errore terapeutico è l’aspetto che maggiormente implica il ruolo degli infermieri. L’azione infermieristica è intermediaria tra il paziente e gli altri operatori sanitari, infine, l’infermiera è l’ultima persona che arriva il paziente e che può prevenire e riconoscere il potenziale errore terapeutico. La Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations (è un settore privato sede negli Stati Uniti senza fini di lucro. La Commissione mista gestisce programmi di accreditamento per un 50 canone di abbonamento ospedali e ad altre organizzazioni di assistenza sanitaria. La Commissione mista accredita più di 17.000 organizzazioni sanitarie e programmi negli Stati Uniti. )56La missione dichiarata di questa organizzazione è: " Per migliorare costantemente l'assistenza sanitaria per il pubblico, in collaborazione con altri soggetti interessati, valutando le organizzazioni sanitarie e stimolandolo a eccellere nel fornire cure sicure ed efficaci di altissima qualità e valore”57. Perciò in base alla loro missione hanno identificato le seguenti fonti di errori 58terapeutici: • Farmaci con nomi simili • Farmaci con confezione simile • Farmaci che non sono comunemente usati o prescritti • Farmaci di uso comune a cui alcuni pazienti sono allergici dove impera ancora l’eccessiva variabili • Farmaci che richiedono test per assicurare che vengano mantenuti livelli appropriati. La mancanza di prevenzione identifica la prevenzione di complicanze, di errori, di minacce alla sicurezza del paziente (prevenzione delle infezioni e delle complicanze da allettamento) quali significativi obiettivi di una buona assistenza infermieristica.59 Per quanto riguarda gli sbagli o gli equivoci di altri operatori, questa 56 57 58 59 "American Society for Healthcare Engineering" http://www.jointcommission.org/AboutUs/Fact_Sheets/joint_commission_facts.htm Facts About The Joint Commission, The Joint Commission Web site Ufficio di Presidenza A.N.I.N. Assistenza infermieristica specialistica. Procedure, protocolli e linee guida a cura di Ufficio di Presidenza A.N.I.N. 51 categoria include tutti gli sbagli creati da confusione o errori di altri operatori che producono un intervento errato. Tipico è la prescrizione verbale del medico; inutile richiamare alla responsabilità condivisa tra le due professioni perché, così come richiamato dal magistrato nella sentenza della Cassazione Penale n.60 1878/2000 dove a seguito del decesso di una paziente per una prescrizione sostitutiva di un farmaco non corretta (verbale, errata nel dosaggio essendo questo diverso da quello del farmaco sostituito), ha stabilito che oltre ai precisi obblighi di garanzia del medico, nei confronti del paziente, l’infermiere è tenuto a chiedere chiarimenti al medico, essendo esigibile da parte dell’infermiere che l’attività di preparazione del flacone non sia prestata in modo meccanicistico, ma in modo collaborativo con il medico non per sindacare circa l’efficacia ma per richiamare i dubbi avanzati circa il dosaggio in presenza di variazione dello stesso. 60 Assistenza infermieristica specialistica. Procedure, protocolli e linee guida a cura di Ufficio di Presidenza A.N.I.N 52 Infine, per quanto riguarda gli errori di documentazione, l’articolo richiama alla cancellazione di procedure e trattamenti prima che questi siano completati; documentare azioni non effettuate (falso ideologico in atto pubblico)61, documentare in modo erroneo e alterare la documentazione (falso materiale in atto pubblico). Quanto detto ci deve stimolare ad acquisire un approccio metodologico nuovo per gestire gli errori professionali, per evitare di nasconderli e banalizzarli ma per apprendere dall’errore. 62 Solo così gli infermieri nel loro agire quotidiano mantengono un comportamento eticamente responsabile orientato a garantire la miglior assistenza possibile; in secondo luogo emerge come una buona pratica clinica ci impone di standardizzare e omogeneizzare i comportamenti al fine di ridurre quelle aree grigie dell’assistenza infermieristica dove impera ancora l’eccessiva variabilità professionale: anche i codici penale e civile prevedono, tra gli obblighi delle professioni sanitarie, quello di dominare e contribuire 61 62 Benci L., Manuale giuridico professionale per l’esercizio del nursing, Mc Graw-Hill, Milano, 1998. Collegio IPASVI Professione e responsabilità 4 2° parte Errori professionali e profili di responsabilità degli infermieri 53 a diffondere le informazioni rispetto al proprio patrimonio conoscitivo tra cui ad esempio i protocolli e le linee guida. Per quanto riguarda invece gli errori basati su mancanza o minore abilità e conoscenze, si deve fare appello all’impegno morale di ogni singolo professionista rispetto alla manutenzione della propria formazione e del proprio patrimonio conoscitivo oltre che definire percorsi di accoglimento e inserimento dei neoprofessionisti.63 Ancora, tali riflessioni sono state possibili perché era disponibile una bibliografia ampia a cui fare riferimento: come professione sanitaria non possiamo più esimerci dal raccogliere dati, catalogarli, classificarli, analizzarli e divulgarli. Solo così contribuiamo, oltre che alla nostra crescita, anche al consolidamento del nostro patrimonio disciplinare.64 63 Vanzetta M, Valicella F., Errori e assistenza infermieristica, in Management Infermieristico 2003; 3: 28-35. 64 Collegio IPASVI Professione e responsabilità 4 2° parte Errori professionali e profili di responsabilità degli infermieri 54 CAPITOLO TERZO Farmaco e sue somministrazione 3.1. Farmaco, farmacocinetica ed i loro effetti. Una volta che il medico ha prescritto il farmaco, il responsabile della sua corretta somministrazione, come definito dal DM 739/9465, è l' infermiere. Il profilo professionale dell’infermiere, individuato dal D.M. 14 settembre 1994, n. 738 prevede, tra le altre, che l’infermiere “garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico terapeutiche” (cfr. art. 1, n. 3, lettera d), d.m. 739/94). E’ opportuno sottolineare come tale funzione sia l’unica che non viene svolta in assoluta autonomia ma è riconducibile a prescrizione medica. L’autonomia e la responsabilità dell’infermiere circa questa funzione consistono nello svolgimento delle procedure e nelle valutazioni necessarie per garantire la correttezza dell’applicazione, laddove l’abrogato mansionario in termini del tutto diversi attribuiva all’infermiere un ruolo (apparentemente) esecutivo; si parlava infatti di “somministrazione dei medicinali prescritti ed esecuzione dei seguenti trattamenti diagnostici e curativi ordinati dal medico” 65 Dal D.M. 739/94 www.ministerodella salute.gov 55 Sono indicati in letteratura infermieristica una serie di controlli generali da effettuarsi al fine di eliminare o ridurre al minimo la possibilità di insorgenza di errori nel corso del processo di somministrazione della terapia. Questi controlli comprendono: la registrazione della prescrizione; la regola delle 7G. Per registrazione della prescrizione si intende la necessità di avere una prescrizione medica (scritta) reperibile nella cartella clinica e/o nella cartella infermieristica. Nella prescrizione di un farmaco devono comparire sette elementi che garantiscono un’adeguata completezza di informazioni rispetto a ciò che si sta somministrando e alla persona a cui lo si somministra: 1) il nome della persona; 2) la data della prescrizione; 3) il nome del farmaco; 4) il dosaggio; 5) la via di somministrazione; 6) la frequenza di assunzione; 7) la firma di chi ha prescritto la terapia.66 Con il termine "farmaco" si indica: una sostanza o un composto che viene usato per la prevenzione, la cura o la diagnosi di 66 Pearce Evelyn, Manuale di Nursing, Utet, 1985. 56 una determinata malattia67. Quando somministra i farmaci, l’infermiere deve essere consapevole che il farmaco, a causa della sua composizione chimica e della sua azione fisiologica, può dare luogo a più effetti. Quindi l' atto della terapia ha come scopo quello di portare all’interno dell’organismo una sostanza curativa attraverso le diverse vie utilizzabili affinché possa agire e dare il risultato terapeutico desiderato. La terapia farmacologia si basa sulla somministrazione di principi attivi che agiscono con diversi meccanismi sul sintomo e/o sulla causa della malattia; tali principi attivi sono in genere addizionati ad eccipienti che ne modificano le caratteristiche organolettiche, rendendoli il più gradevoli possibili alla persona e favorendone l’assorbimento e la distribuzione nell’organismo. Perché sia efficace il farmaco viene somministrato in dosi adeguate e idonee a raggiungere determinate concentrazioni nel sangue e nei tessuti. Tali concentrazioni devono essere mantenute costanti nelle 24 ore ricorrendo, se necessario, a più somministrazioni nel corso della 67 Definizione data dal sito: http://www.galenotech.org/biofarm1.htm 57 giornata.68 L’infermiere non deve stabilire il dosaggio dei farmaci per i pazienti (compito del medico), ma deve essere consapevole delle dosi normali, nonché dei criteri per stabilirle. Infatti la corretta somministrazione del farmaco dipende dalla capacità dell’infermiere di calcolare e misurare accuratamente il dosaggio. Chi prescrive il farmaco e il paziente si affidano all’infermiere per il controllo del dosaggio prima della somministrazione del farmaco.69 Il sistema più frequentemente usato nella misura dei farmaci è quello metrico. I farmaci però, non sono sempre commercializzati nell’unità di misura in cui vengono poi prescritte. Esempio : vancomicina 1g. La farmacia fornisce fiale da 500 mg. Quindi: 1,0 g. corrisponde a 68 TERAPIA, FARMACI, LORO SOMMINISTRAZIONE E SMALTIMENTO Avvocato Giannantonio Barbieri su Professione Infermiere, periodico del Collegio IPASVI della Provincia di Bologna, n. 1/2006 69 “Errore clinico e gestione del farmaco: il ruolo dell’infermiere nella gestione del rischio.” Di: Francesco Falli e Massimo Cariolato. 58 1000 mg. Quindi 1000mg/500mg.=2fiale. Per quanto riguarda i bambini, essi metabolizzano ed eliminano i farmaci in modo differente dagli adulti. Per cui sono state concepite varie formule che riguardano il peso, l’età, superficie del corpo. Per stabilire il dosaggio adatto ai bambini si può usare il monogramma di West raramente usato e consiste nel calcolare: Dose del bambino= area di superficie corporea del bambino (mq)/1,75 mq x dose dell’adulto. Il più usato in pediatria è dose pediatrica= superficie corporea (SC) m² x dose/m².70 Un' altro esempio di una differente metabolizzazione ed eliminazione dei farmaci riguarda la grande popolazione rappresentata dalle persone anziane. Infatti non esistono formule speciali per calcolare i dosaggi dei farmaci destinati agli anziani. Va ricordato che il metabolismo e il grado di eliminazione nell’anziano sono molto alterati e quindi il rischio di sovra dosaggi è molto alto.71 Dopo la somministrazione, il farmaco viene assorbito, distribuito, metabolizzato ed eliminato. Da tali processi dipende quale percentuale della dose somministrata raggiunge il sito d’azione. Essi sono influenzati da diversi fattori quali l’area della superficie corporea, il contenuto in acqua e grasso del corpo e le riserve proteiche. 70 “Elementi di pediatria per infermieri” di Teresa De Toni 71 fattori determinanti le modificazioni nella farmacocinetica http://www.galenotech.org/farmcodin6.htm 59 Quando si prescrivono i farmaci, come esempio gli antibiotici, lo scopo è quello di raggiungere un livello ematico costante del farmaco entro un range di tempo terapeutico sicuro. Il paziente e l’infermiere devono seguire uno schema di dosaggio regolare e le dosi prescritte vanno somministrate a intervalli corretti (giusto orario)72. Anche la conoscenza degli intervalli temporali relativi al farmaco è utile per prevederne gli effetti. L' azione di un farmaco all' interno di un' organismo si divide in quattro fasi: 4. Esordio dell’azione - periodo di tempo trascorso dopo la somministrazione del farmaco prima che questo dia origine a una risposta; 5. Picco dell’azione – tempo che occorre affinché il farmaco raggiunga la sua più alta concentrazione e quindi la sua 72 Ripreso dalla regola delle 7G 60 massima efficacia. 6. Durata dell’azione – arco temporale durante il quale il farmaco è presente in concentrazione ancora sufficiente elevata da dare luogo a una risposta; 7. Plateau – concentrazione sierica nel sangue raggiunta e mantenuta dopo dosi ripetute e fisse. Finito di esaminare anche la farmacocinetica, adesso prendiamo in considerazione gli effetti che può avere un qualsiasi farmaco introdotto nell' organismo. Tali effetti sono suddivisi in: EFFETTI TERAPEUTICI L’effetto terapeutico è la risposta fisiologica, voluta o prevista, prodotta dal farmaco. Esempio se somministro un diuretico, mi aspetto che la diuresi oraria e totale del paziente aumenti, creando di conseguenza un abbassamento della pressione sanguigna. Ciascun farmaco possiede un dato effetto terapeutico per il quale viene prescritto. Uno stesso farmaco può avere più effetti terapeutici (x es. l’aspirina che oltre ad avere un effetto anti-aggregante, viene usata per le nevralgie e per gli stati febbrili). EFFETTI COLLATERALI C' è la possibilità, inoltre che un farmaco causi effetti secondari non voluti. Gli effetti collaterali possono essere innocui oppure dannosi . 61 Se gli effetti collaterali del farmaco sono superiori ai suoi effetti terapeutici, chi lo prescrive può decidere di far sospendere al paziente l’assunzione. EFFETTI TOSSICI Dopo l’assunzione prolungata di un farmaco ad alte dosi, dopo l’ingestione di farmaci per applicazione esterna o quando un farmaco si accumula nel sangue a seguito di compromissione del metabolismo o dell’eliminazione, può comparire un effetto tossico ( che può anche portare alla morte) . REAZIONI IDIOSINCRASICHE I farmaci possono causare effetti imprevedibili, il paziente reagisce eccessivamente a un farmaco o presenta reazione diversa da quella normale. A volte è possibile prevedere quali pazienti possono presentare una risposta idiosincrasia. Per esempio nell’anziano alcuni tranquillanti portano ad agitazione e delirio. REAZIONI ALLERGICHE La reazione allergica è una risposta imprevedibile al farmaco somministrato. L’esposizione alla dose iniziale di un farmaco può provocare una risposta di sensibilizzazione immunologica. Il farmaco agisce in questo caso come un antigene e induce la produzione di 62 anticorpi. In caso di somministrazione ripetuta, il paziente va incontro a una risposta allergica verso il farmaco, verso i suoi eccipienti o verso un suo metabolita. La reazione allergica può essere lieve o grave. I sintomi allergici variano secondo il paziente e il farmaco. Tra i vari farmaci gli antibiotici hanno un’elevata incidenza di reazioni allergiche. Le reazioni gravi, ovvero l’anafilassi (shock anafilattico), sono caratterizzate da un’improvvisa costrizione dei muscoli bronchiolari, da edema della laringe, da spiccati sibili, dispnea. Può manifestarsi grave ipotensione e necessità di ricorrere a misure di rianimazione . se un paziente conosce la sua allergia a qualche farmaco deve segnalarlo e, ciò deve essere annotato in cartella in apposito spazio ben evidente a tutte le persone coinvolte nell’assistenza. I pazienti con evidente conoscenza di allergia a un determinato farmaco dovrebbero portare un cartellino identificativo. Solitamente individui che sanno di andare in schok anafilattico per diversi fattori, portano con se una siringa precaricata, simile a quelle penne per auto somministrarsi l' insulina, ma carica di adrenalina. TOLLERANZA E DIPENDENZA DA FARMACI La tolleranza ai farmaci si verifica quando il paziente assume lo stesso farmaco per un lungo periodo di tempo e necessita di dosi più 63 alte per ottenere lo stesso effetto. Con il trascorrere del tempo il paziente che usa sempre lo stesso farmaco va incontro a tolleranza (esempio della morfina, un antidolorifico oppiaceo). La dipendenza da farmaci invece può essere psicologica o fisiologica. 1) psicologica: avviene quando il paziente desidera il farmaco perché pensa di trarne beneficio. 2) Fisiologica: invece avviene quando il paziente presenta reazioni negative se non assume il farmaco (astinenza) . INTERAZIONE FRA FARMACI Quando un farmaco modifica l’azione di un altro farmaco si verifica un’interazione tra farmaci. Le interazioni sono frequenti nei pazienti che assumono più farmaci. Un farmaco può potenziare o diminuire l’azione di un altro farmaco, può alterare le modalità di metabolizzazione o eliminazione. Due farmaci se somministrati simultaneamente possono avere un effetto sinergico o additivo. Nella reazione sinergica l’azione dei due farmaci è maggiore rispetto all’assunzione separata (alcool più antidepressivi). A volte l’effetto sinergico è voluto dal medico (diuretici e vasodilatatori). 3.2. Assorbimento e vie di somministrazione (pregi e difetti). La via di somministrazione scelta per un farmaco dipende dalle sue 64 proprietà, dall’effetto desiderato e dalle condizioni fisiche e mentali del paziente. L’infermiere è la persona più adatta per giudicare quale sia la via migliore e preferita dal paziente. Le vie di somministrazione sono: orale (boccale sottolinguale), sottocutanea, intramuscolo ed endovena. Si può somministrare farmaci attraverso la cute ( topica o transdermica). Si possono somministrati attraverso le mucose (naso, occhi, vagina, retto ecc.), oppure per via inalatoria (aerosol,nebulizzatori). Solitamente la via di somministrazione più pratica e comoda è quella orale (capsule, compresse, confetti, sciroppi, emulsioni, sospensioni, soluzioni) che richiede soltanto la disponibilità del paziente. Non mancano tuttavia possibili inconvenienti. Alcuni farmaci, spesso di uso molto comune, determinano irritazioni della mucosa gastrointestinale: i salicitati (aspirina®), ad esempio, a dosi elevate, possono aumentare i sintomi di un'ulcera, provocare 65 emorragie gastrointestinali e gastriti erosive; altri farmaci non possono essere assunti per via orale in quanto verrebbero inattivati o distrutti dagli enzimi del succo gastrico e/o dalla forte acidità (per esempio l' insulina che essendo una proteina verrebbe smantellata dagli enzimi gastrici); altri ancora, infine, non sono assorbibili dalla mucosa gastro-intestinale. Infatti, la maggior parte dei farmaci vengono assorbiti dalla mucosa gastrointestinale per semplice diffusione, però questo processo è ampiamente legato allo stato elettrico delle molecole dei farmaci introdotti, a sua volta notevolmente influenzato dal succo gastrico. Per esempio, la chinidina, molto usata nella terapia delle aritmie cardiache, nell'ambiente acido dello stomaco assume una forte carica elettrica che ne riduce sensibilmente l'assorbimento73; il farmaco sarà assorbito e potrà svolgere la sua azione terapeutica solo quando entrerà in circolo transitando per l'intestino. Ora passiamo ad elaborare una ad una le vie di accesso di un farmaco nell' organismo: assorbimento gastrointestinale: il fatto che la velocità di assorbimento attraverso la mucosa gastrointestinale dipenda dal tempo di dissoluzione delle compresse (o delle altre forme farmaceutiche solide utilizzare nella somministrazione orale dei farmaci), ha consentito di realizzare preparazioni ad azione 73 www.galenotech.org/biofarm1.htm 66 prolungata che consentono un lento ed uniforme assorbimento delle sostanze attive per periodi di otto e più ore, con intuitivi vantaggi non solo verso il paziente ma anche per l' infermiere, come : somministrazioni distanziate nel tempo ed eliminazione degli inconvenienti sempre possibili quando un farmaco raggiunge troppo rapidamente un'alta concentrazione nell'organismo. assorbimento per via cutanea: la somministrazione per via cutanea è indicata per azioni locali; comunque, il controllo dell'assorbimento attraverso gli strati più interni della pelle, permette di ottenere anche effetti sistemici via iniettiva: la somministrazione di farmaci per via iniettiva (endovenosa, sottocutanea, intramuscolare, flebo, ecc.) presenta, rispetto a quella orale, alcuni vantaggi fondamentali. Innanzitutto, il farmaco iniettato evita il filtro epatico (passaggio obbligato dopo l'assorbimento gastrointestinale) dove può subire trasformazioni tali che lo possono inattivare. Inoltre, il dosaggio può essere stabilito più accuratamente, ottenendo effetti terapeutici più rapidi e controllabili; infine, le vie iniettive costituiscono l'unica alternativa possibile quando il paziente non vuole o non può assumere farmaci per via orale. Le vie iniettive presentano tuttavia svantaggi notevoli che non devono essere trascurati. Le iniezioni endovenose, pur permettendo dosaggi accuratissimi ed 67 effetti immediati, possono dare, più di qualsiasi altra via di somministrazione, reazioni sfavorevoli ed imprevedibili. Per questo, la somministrazione di farmaci per via endovenosa deve essere evitata a meno che vi siano motivi particolari per preferirla, come ad esempio nell'anestesia chirurgica, dove le sostanze iniettate devono essere accuratamente dosate e la somministrazione avviene nel corso dell'intervento in funzione della risposta del paziente; oppure quando è necessaria la somministrazione di volumi elevati di farmaco (fleboclisi). Le iniezioni sottocutanee sono spesso utilizzate per la somministrazione di farmaci e garantiscono un assorbimento abbastanza uniforme, ma la via parenterale più frequente è indubbiamente quella intramuscolare che consente un rapido assorbimento dei farmaci in soluzione acquosa; d'altra parte, quando i farmaci sono in soluzione oleosa o in particolari forme deposito, possono essere ottenuti assorbimenti lenti ed uniformi. via rettale: la somministrazione per via rettale offre buone possibilità alternative quando il paziente non può utilizzare la via orale; tuttavia, l'assorbimento rettale dei farmaci è spesso troppo irregolare ed incompleto per garantire una adeguata affidabilità quando la terapia esige regolarità ed accuratezza nei dosaggi. via inalatoria: la grande superficie di assorbimento sviluppata dal letto vasale polmonare costituisce un'ottima sede per i rapido assorbimento dei farmaci allo stato gassoso o per soluzioni 68 atomizzate di farmaci che possono essere inalate come aerosol ed entrare facilmente in circolo, oppure per svolgere la loro azione localmente, come avviene per l'epinefrina nel trattamento dell'asma bronchiale. Gli svantaggi di questa via di somministrazione sono tuttavia rilevanti, essenzialmente per l'azione irritante di molti farmaci sugli epiteli polmonari. Ecco di seguito una tabella riassuntiva dove vengono menzionati tutti i pregi e difetti dal punto di vista infermieristico delle varie vie di somministrazione dei farmaci. Tabella riassuntiva74 Via di somministrazione Svantaggi /controindicazioni/accorgiment i Orale/ boccale/ Evitare di usarla nei pazienti con sottolinguale Facile e alterazioni comoda somministrare, della da gastrointestinale economica, nausea, vomito) può provocare effetti locali o motilità (dopo sistemici. infiammazione resezione funzione (per esempio, riduzione anestesia dell’intestino) della o e gastrointestinale chirurgica. Alcuni farmaci vengono 74 Tabella elaborata e modificata su base della tabella riportata sul sito http://www.galenotech.org/biofarm1.htm 69 distrutti dalle secrezioni gastriche, pazienti con difficoltà a deglutire disfagia, i farmaci per os non possono essere somministrati a pazienti in aspirazione gastrica e sono controindicati prima di taluni esami o dell’intervento chirurgico. Il paziente confuso o privo di coscienza può non volere o non essere capace di inghiottire il farmaco o di tenerlo sotto la lingua. I farmaci orali possono irritare il rivestimento del tratto gastrointestinale, cambiare colore ai denti o avere un gusto sgradevole. Via sottocutanea (s.c.), Rischio di infezioni, farmaci costosi: intramuscolare endovenosa (i.m.), queste vie si evitano in pazienti con (e.v.) intradermica assorbimento .Si più e tendenza a sanguinare. ha un Rischio di danno tissutale con le rapido iniezioni s.c. rispetto alla via orale o topica. Le vie i.m. ed e.v. possono essere L’infusione e.v. è utile in pericolose perché l’assorbimento del situazioni critiche. Se la farmaco è rapido. Possono indurre perfusione periferica è scarsa nei pazienti ansia. 70 la via e.v. viene preferita a quella i.m. Cute : topica e transdermica. Le applicazioni estese possono L’applicazione topica procura essere voluminose, i pazienti con principalmente un effetto abrasioni cutanee corrono il rischio di locale. È indolore, gli effetti rapido assorbimento del farmaco e di collaterali sono limitati. La effetti sistemici. transdermica fornisce un La transdermica la scia una sostanza prolungato effetto sistemico oleosa con limitati effetti collaterali. Mucose : occhi, naso, vagina, Dalle mucose retto, boccale e sottolinguale Le soluzioni acquose le sostanze vengono assorbite rapidamente (sono molto si irrorate di capillari) assorbono con molta facilità e L’introduzione per via rettale o sono in grado di provocare vaginale a volte è fonte di disagio. effetti sistemici. Le mucose Vi sono controindicazioni in casi di sono un alternativa se vi sono interventi chirurgici rettali o vaginali, controindicazioni orali. Inalazione: l’inalazione Alcune sostanze a uso locale assicura un rapido sollievo ai provocano gravi effetti sistemici e problemi respiratori Rapido accesso di locali. locali. (irritazione polmonare). gas anestetici. 71 Dischi intraoculari. Non Reazioni locali (lacrimazione ecc) necessita di frequenti Ansia per il paziente. somministrazioni(come i colliri), si può portare mentre si dorme. 3.3 La terapia. Abbiamo approfondito gli aspetti principali che l' infermiere deve conoscere per effettuare una corretta somministrazione dei farmaci; ora andiamo ad somministrazione esaminare il vero e proprio atto della del farmaco. L' infermiere per portare a termine correttamente il suo compito di somministrazione della terapia deve ricordarsi un metodo semplice e specifico che facilita di netto questa funzione molto delicata, ed è la 72 famosa e sopracitata regola delle 7G: 1 Giusto farmaco: il farmaco che si sta somministrando deve essere quello effettivamente prescritto. 2 Giusta dose: il farmaco deve essere somministrato nella dose prescritta. 3 Giusta via di somministrazione: il farmaco deve essere somministrato per la via prescritta 4 Giusto orario: il farmaco deve essere somministrato con la frequenza prescritta e all' ora indicata dai protocolli in uso. 5 Giusto Paziente: il farmaco deve essere somministrato alla persona alla quale è stato prescritto 6 Giusta registrazione: si registra nella documentazione clinica dell' avvenuta somministrazione ( o non avvenuta con le relative motivazioni) 7 Giusto controllo: sia su tutte le fasi di gestione della terapia, ovvero dalla lettura della prescrizione alla somministrazione, sia in merito all' esecuzione di eventuali controlli successivi (per esempio, la rilevazione della pressione arteriosa nel caso di somministrazione di un anti ipertensivo).75 Perciò l'infermiere trascrive la prescrizione sulla scheda della somministrazione di farmaci (Meglio sarebbe se il medico scrivesse direttamente la somministrazione del farmaco con le indicazioni sulla 75 Tratto da: “responsabilità infermieristiche nella somministrazione dei farmaci capitolo 1 pag 3 73 scheda della terapia del paziente ).da un punto di vista giuridico l’atto della somministrazione si distingue in due momenti: 1) L’atto della prescrizione, di competenza medica, 2) L’atto della somministrazione di competenza infermieristica. Se questi due momenti vengono tenuti distinti, l’infermiere risponderà solo degli errori legati alla somministrazione. La trascrizione della prescrizione comprende; nome e cognome del paziente, numero di stanza e letto, la data di inizio e fine della terapia, nome e dosaggio del farmaco, orario e via di somministrazione. L’infermiere deve somministrare terapie prescritte dal medico e controllare se è scritto il dosaggio e se è presente la firma del medico prescrivente. Se manca anche solo una di questi due fattori andate dal medico per chiarire oppure rifiutatevi di fare la terapia. Comunque non è così semplice, per questa fase di ricezione della prescrizione, esistono diversi punti che l' infermiere deve osservare per garantire una successiva somministrazione del farmaco in maniera idonea. Andiamoli ad esaminare: 1. per ogni farmaco che l’infermiere somministra è necessaria una prescrizione farmaceutica. 74 2. controllare con attenzione tutte le prescrizioni trascritte, confrontandole con quelle di chi ha prescritto il farmaco. Qualsiasi trascrizione macchiata illeggibile va nuovamente controllata con il prescrivente. 3. assicurarsi che la prescrizione contenga i seguenti elementi: la data in cui è stata scritta, il nome e il dosaggio del farmaco da somministrare , la via di somministrazione e la firma di chi ha prescritto il farmaco. 4. valutare l’anamnesi di allergia del paziente. Se il farmaco è controindicato, avvisare chi lo ha prescritto. 5. occorre conoscere dei farmaci l’azione e lo scopo, il dosaggio e via di somministrazione indicata, intervallo di tempo prima della comparsa dell’azione, effetti collaterali e implicazioni relative alla somministrazione e al controllo richiesto all’infermiere . 6. somministrare il farmaco negli orari stabiliti in base al frazionamento della posologia. La premedicazione prima dell’intervento va somministrata entro un tempo specifico. L’insulina va somministrata a distanza opportuna prima del pasto. 7. la prescrizione verbale consiste in un farmaco o in una prescrizione terapeutica ricevuti dall’infermiere in presenza di chi prescrive il farmaco. Vanno comunque riportate in cartella con il nome di chi le ha prescritte. 75 3.4. La terapia orale Specificamente, dato che l' obbiettivo della mia tesi è quello di creare un vademecum farmaceutico per abbassare il rischio clinico nella somministrazione dei farmaci per via orale, descriverò il modo corretto per garantire al paziente una corretta assunzione del farmaco. Tenendo conto anche delle specifiche linee guida. Con somministrazione per via orale si intende: l’assunzione per bocca e la successiva deglutizione di un farmaco. Questa modalità di somministrazione richiede normalmente che il paziente sia cosciente, collaborante e con riflesso della deglutizione presente. I farmaci impiegati si presentano sotto forma solida (compresse, capsule, confetti, polveri ecc.) o fluida (sciroppi, gocce, gel ecc.) L’assorbimento del farmaco somministrato per via orale è molto variabile in quanto dipende da quattro punti fondamentali: 1) proprietà fisiche e chimiche del farmaco; 2) velocità di svuotamento gastrico (è maggiore con il paziente in posizione laterale dx); 3) variazioni del ph nelle varie porzioni del tratto digerente; 4) irrorazione ematica della superficie d’assorbimento. In particolare, a livello gastrico l’assorbimento è influenzato dalla presenza di cibo nello stomaco (migliore quando è vuoto ma allo stesso tempo più pericoloso per la possibile irritazione della 76 parete dello stomaco), mentre a livello intestinale è influenzato dalla velocità di transito (migliore quando il transito non è accelerato, se il paziente presenta diarrea ricordiamoci che il transito è accelerato).la somministrazione per via orale può avere effetti gastrointestinali indesiderati come nausea, vomito , irritazione gastrica che può causare anche ulcere. L’infermiere deve controllare la capacità del paziente di deglutire in condizioni di sicurezza: Valutazione della capacità del paziente di deglutire. • Chiedere al paziente di ripetere alcuni suoni che richiedono gli stessi movimenti muscolari della deglutizione: “mi-mi-mi-(per le labbra) ; “le-le-le” (per la lingua); “ga-ga-ga” (per il palato molle e la faringe). • Valutare il riflesso della deglutizione inducendo il paziente a far scivolare la lingua all’indietro lungo il palato. • Sistemare pollice e indice sulla laringe del paziente e chiedergli di deglutire: in condizioni normali la laringe si eleva. Allutazione della tosse del paziente Fare due respiri lenti e profondi inspirando attraverso il naso ed espirando attraverso la bocca. Inspirare per una terza volta e trattenere il fiato contando fino a tre. Tossire con forza per due o tre volte consecutive senza 77 inspirare tra un colpo di tosse e l’altro (in questa fase bisogna far uscire tutta l’aria dai polmoni). Valutazione del riflesso faringeo del paziente • Valutare il riflesso faringeo colpendo la parete posteriore della faringe con un abbassalingua. • Non ricercare mai il riflesso faringeo ij un paziente con tosse o deglutizione compromesse. Per proteggere le vie aeree controllare che il paziente presenti tutti e tre i riflessi: faringeo, della deglutizione e della tosse. Tutto questo è documentato da linee guida create specificamente per valutare le funzioni sensoriali di un paziente. LINEE GUIDA 1. Valutare le funzioni sensoriali del paziente, compresa la vista, l’udito, tatto, e la coordinazione fisica. I deficit sensoriali e della coordinazione possono compromettere, infatti, la capacità del paziente di vedere i farmaci, di aprire i flaconi e di leggere le etichette. 2. Spesso il paziente assume per bocca più di un farmaco contemporaneamente. L’infermiere deve valutare le potenziali interazioni di ciascun farmaco con il cibo o altri farmaci. Se sorge qualche dubbio, consultarsi sempre con il farmacista. 3. Valutare quali farmaci possono essere assunti con il cibo; 78 alcuni infatti vanno assunti a stomaco vuoto per potenziarne l’assorbimento;altri invece possono irritare il rivestimento gastrico e vanno sempre assunti assieme al cibo. 4. Per ogni farmaco per bocca o per via topica raccogliere le informazioni che riguardano: azione, scopo, dosaggio normale e via di somministrazione, effetti collaterali frequenti, tempo di comparsa dell’effetto ed effetto massimo, implicazioni per l’assistenza infermieristica. 5. Per ogni farmaco somministrato per bocca o per via topica rivedere nella prescrizione il nome del paziente, quello del farmaco, la sua concentrazione, il momento della somministrazione e la zona di applicazione. 6. Prima di applicare un farmaco topico, lavare qualsiasi superficie che possa essere contaminata da sangue, liquidi corporei, secreti o escreti. 7. Usare guanti puliti monouso quando si applicano i farmaci topici per prevenire il rischio che la cute dell’infermiere li assorba. (Non solo con il rischio dello stesso di creare una sensibilizzazione al farmaco: ma assorbendo una parte del principio attivo, il paziente assorbirà il farmaco con una dose sbagliata). 8. Seguire i consigli della casa farmaceutica produttrice per applicare correttamente il farmaco. 9. Quando si usano farmaci topici, controllare prima della somministrazione le allergie del paziente, in particolare ai 79 conservanti e ai profumi. 10. Se il paziente è mentalmente e fisicamente capace, prepararlo alla dimissione istruendolo sulle tecniche di auto somministrazione. 80 CAPITOLO QUARTO Governo clinico e clinical pathways 4.1 Il Governo clinico. “Il governo clinico non è né un’innovazione né un déjà vu”.76 Cos' è il governo clinico? Per Governo Clinico si intende un “approccio integrato per l’ammodernamento del SSN, che pone al centro della programmazione e gestione dei servizi sanitari i bisogni dei cittadini e valorizza il ruolo e la responsabilità dei medici e degli altri operatori sanitari per la promozione della qualità”77. In altre parole il governo clinico rappresenta una politica sanitaria che mette al centro della propria attenzione l’efficacia e l’appropriatezza clinica delle prestazioni, creando le condizioni necessarie per fare in modo che la valutazione della qualità di queste ultime diventi parte integrante dell’attività istituzionale dei servizi e non, com’è stato solitamente, un fatto occasionale, episodico e volontaristico. 76 Frase di Roberto Grillo direttore asl 77 Definizione del ministero della salute http://www.salute.gov.it/qualita/paginaInternaQualita.jsp?id=232& menu=qualita 81 Potremmo pensare che questa definizione sia stata coniata ai giorni nostri; per porre rimedio ad un' idea generale formatasi nella mente delle persone che ormai negli ospedali, non si pensi più a curare la salute dei pazienti, ma piuttosto, a far quadrare un bilancio economico. Infatti, ho notato che sempre più pazienti, parlando con loro in corsia, ascoltando le loro storie e raccogliendo le loro critiche, sono al corrente della situazione economica negli ospedali, cercando di rivolgersi di conseguenza (almeno ché non siamo costretti a rimanere vicino ai familiari), alle ASL che non sono in “rosso” (come l' ASL ligure)78. I pazienti hanno l' enorme paura che nelle ASL in deficit, medici ed infermieri, abbiano a propria disposizione per risparmiare, materiale scadente per diagnosticare e curare malattie. Oppure che non ricevano un adeguato livello di assistenza. Forse tutto questo è anche nato dal fatto che le cose sono cambiate: i pazienti di oggi, per la maggior parte anziani, erano abituati ad un sistema di erogazione di assistenza sanitaria diverso, la mutua, ovvero: dove le spese delle prestazioni sanitarie, da parte delle vecchie USL (unità sanitaria locale), venivano pagate non dallo stato, ma dalla classe di lavoratori e quindi, venivano fornite prestazioni qualitativamente migliori79. 78 Dato elaborato dallo studio e visione dei grafici Istat sul debito delle Asl. 79 “Argomenti di economia per le professioni sanitarie” di: Marinella D’Innocenzo, Stefano 82 Parlando di USL, un' altra fonte di preoccupazione che ha portato le persone, ( allo stesso tempo i pazienti), a consolidare nella loro mente l' ideologia sopracitata, è stato proprio il successivo cambiamento del nome USL, con il d.lg. 502/92 in aziende sanitarie locali (ASL)80. Il termine “Azienda”, potrebbe far intuire alla gente che non ci si stà più rivolgendo ad una struttura sanitaria, incentrata sui bisogni della persona, dove un futuro paziente potrà trovare qualità sia nei più semplici strumenti diagnostici; ma anche nei processi assistenziali. Ma che si rivolga ad una azienda vera e propria, dove uno degli obiettivi fondamentali è arrivare a fine anno, presentando un bilancio positivo, applicando la regola economica che con il minimo spreco di risorse (denaro), bisogna erogare il massimo delle prestazioni. Ed anche il vecchio “paziente” che una volta era ricoverato in reparto ora viene chiamato “utente” o “cliente”81. In realtà gia più di un secolo fa, Florence Nightingale indicava, con una consapevolezza che all’epoca non era certamente di molti, questa affermazione: “It may seem a strange principle to enunciate as the very first requirement in a hospital that it should do the sick no harm”.82 Trippetti casa editrice Mc grow-hill 80 DECRETO LEGISLATIVO 30 dicembre 1992, n.502 81 “Argomenti di economia per le professioni sanitarie” di: Marinella D’Innocenzo, Stefano Trippetti casa editrice Mc grow-hill 82 Florence Nightingale, Notes on Hospitals (1863). 83 Tradotto letteralmente significa: “Può sembrare strano un principio di enunciare l'esigenza prima in un ospedale che deve fare i malati del male”. Già in quell’epoca la Nightingale reclamava la necessità di garantire ai pazienti di non trovarsi a dover soffrire per le indesiderate conseguenze dell’assistenza loro prestata, in aggiunta a quelle dovute alla loro malattia. L’affermazione della Nightingale indica il problema, oggi quanto mai al centro dell’attenzione, della “gestione del rischio”. Ovvero come garantire la sicurezza inevitabilmente dei “pericolosi” pazienti quali all’interno possono essere di gli contesti ambiti assistenziali83. Mai come ora queste affermazioni ritrovano un riscontro in questa realtà moderna dove, ricollegandoci alle precedenti affermazioni, l’attenzione principale dei sistemi sanitari sembra essere concentrata principalmente sulla necessità di contenere i costi operando sugli assetti gestionali e organizzativi, con l’esplicito intento di recuperare margini di efficienza operativa. Via via stà cambiando ideologia basandosi sulla consapevolezza che l’efficacia clinica delle prestazioni e l’appropriatezza del loro utilizzo nella pratica, debbano rappresentare un interesse primario. Si è visto, infatti, come fosse trascurata una dimensione assolutamente rilevante ed essenziale della qualità dell’assistenza, 83 Marco Rossi, infermiere affermazione elaborata dal suo articolo sulla rivista on-line ?Infermieristica e scoperte in campo medico Infermieri ...Scoperte Scientifiche e 84 vale a dire, la capacità dei servizi e degli operatori di mantenere performance professionali su standard accettabili in termini di risultati clinici ottenuti e di appropriatezza nell’uso degli interventi. Ed è per questo che si presta maggiore attenzione a come realmente vengono assistiti i pazienti, attenzione che nel mondo anglosassone viene definita “clinical governance”, sottolineando, in questo modo, l’importanza della funzione clinico-assistenziale dell’attività dei servizi, e quindi delle diverse figure professionali che ne sono responsabili direttamente. La qualità non può essere promossa attraverso l’applicazione di norme o sanzioni; può fondarsi solo su un patto con i professionisti sanitari che li veda protagonisti e responsabili delle azioni ma anche della definizione delle strategie e della valutazione dei risultati. Il termine governo clinico compare per la prima volta in un documento inglese intitolato “ A first class service84 : Quality in the new national healt service “, in cui viene introdotto il concetto di “clinical governance”, ovvero di un contesto in cui i servizi sanitari si rendono responsabili del miglioramento continuo della qualità dell’assistenza e mantengono elevati livelli di prestazioni creando un ambiente che favorisce l’espressione dell’eccellenza clinica nel limite delle risorse disponibili. 84 da “A first Class Service”, 1998 di Donalds 85 Nel particolare Donaldson85 lo definisce: “ “il sistema attraverso il quale le organizzazioni sanitarie si rendono responsabili per il miglioramento continuo dei loro servizi e garantiscono elevati standards di performance assistenziale, assicurando le condizioni ottimali nelle quali viene favorita l’eccellenza clinica”. D.B. Freedman86 ci fornisce un' altra definizione di governo clinico: “può essere considerato un cambiamento generale della cultura del sistema che fornisce i mezzi per lo sviluppo delle capacità organizzative necessarie a erogare un servizio di assistenza sostenibile, responsabile, centrato sui pazienti e di qualità”.87 85 Donaldson: Chief Medical Officeron. 86 D.B. Freedman 87 D.B. Freedman dall' articolo “analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” 86 L’OMS (organizzazione mondiale della sanità) “The principles of quality assurance” del 1983 divide la qualità in 4 aspetti principali: • qualità tecnica dei professionisti • uso delle risorse - efficienza • gestione del rischio • soddisfazione dei pazienti88 .Cioè parlare di governo clinico oggi, si intende assicurare la qualità,efficacia, sicurezza, centralità del paziente, tempestività, efficienza delle prestazioni. Per erogare i migliori risultati possibili in salute e l’uso efficiente delle risorse, vengono impiegate metodologie e strumenti quali: 1)Formazione continua 2)le linee guida ed i profili di assistenza basati su prove di efficacia, 3)la gestione del rischio clinico, 4)Audit clinici 5)Medicina basata sull’Evidenza: EBM, EBHC e EBN 6)Gestione dei Reclami e dei contenziosi 7) Comunicazione e gestione della documentazione. 8) Ricerca e sviluppo 9)Esiti 10)Collaborazione multidisciplinare www.salute.gov.it 88 ripreso dall' articolo dell' OMS “The principles of quality assurance” 87 11)Coinvolgimento dei pazienti 12)Valutazione del personale89 Tutto ciò costruito a partire dalla cartella clinica integrata informatizzata, la valorizzazione del personale e la relativa formazione, la integrazione disciplinare e multiprofessionale, la valutazione sistematica delle performance per introdurre innovazioni appropriate ed con il coinvolgimento di tutti i soggetti, compresi i volontari e la comunità. In questa ottica, il ministro della Salute Livia Turco, in una audizione alla Camera dei Deputati del 23 gennaio 200790, parla del Governo clinico come di “un importante elemento che può contribuire ad integrare una serie di elementi e questioni ormai giunte a maturazione: • l’esigenza di assicurare omogeneità, per qualità e quantità, nonché per requisiti minimi di sicurezza e garanzie di efficacia, alle prestazioni erogate su tutto il territorio nazionale; • la necessità di passare speditamente a percorsi diagnosticoterapeutico-assistenziali costruiti sulla appropriatezza e sulla centralità del paziente; • il dovere di procedere con rapidità all’innalzamento dei livelli di sicurezza delle prestazioni attraverso la introduzione di tecnologie di prevenzione del rischio di malpractice; 89 90 Piano d’indirizzo per la Riabilitazione del Ministero della salute "Governo clinico, qualità e sicurezza delle cure” del Ministero della Salute 88 • l’urgenza di cominciare a costruire il secondo pilastro della sanità pubblica, quello della medicina del territorio, a partire dalla riorganizzazione e promozione delle cure primarie e della integrazione socio-sanitaria, con particolare riferimento alla presa in carico e alla continuità della assistenza nell’arco delle 24 ore e sette giorni su sette; • la opportunità di aprire il sistema, nella sua interezza, alla cultura della valutazione, puntando con decisione sulla utilizzazione di indicatori di esito e valutazione in termini di obiettivi di salute conseguiti, più che di mera sommatoria di prestazioni erogate; • l’esigenza di aumentare la trasparenza del sistema, a cominciare dalla rivalutazione del merito professionale, e dalla ridefinizione delle norme sul reclutamento della dirigenza e sulla progressione delle carriere. Si tratta di una condizione imprescindibile per assicurare alla sanità pubblica le migliori competenze, rilanciare le politiche del personale, incidere sul rapporto perverso tra sanità e cattiva politica, ridare fiducia ai cittadini; • l’urgenza di dare effettività alla tanto declamata centralità del paziente, nella consapevolezza che il sistema è chiamato ad un impegno che va la di la della corretta informazione nei suoi confronti.”91 91 ripreso dal ministero della salute http://www.salute.gov.it/qualita/ 89 Per ottenere i risultati desiderati, occorre che le capacità tecnicocliniche siano adeguatamente supportate da un ambiente funzionale al raggiungimento degli obiettivi clinici dei servizi. Si tratta di un impegno multidisciplinare, che deve trovare la clinica, sia tra chi nei servizi ha responsabilità cliniche e chi ha in collaborazione sia tra operatori clinici, sia tra chi nei servizi ha responsabilità cliniche e chi ha invece responsabilità organizzative e manageriali. E’ proprio in questa specifica connotazione culturale che le linee guida possono trovare nel governo clinico il contesto idoneo alla realizzazione delle loro potenzialità come strumenti per la promozione dell’efficacia e dell’appropriatezza clinica. Per essere utilizzate come strumento di valutazione della qualità delle prestazioni erogate, le linee guida devono poter fornire indicatori misurabili degli aspetti rilevanti e critici dei processi assistenziali. A tal fine, devono presentare specifiche caratteristiche e requisiti: devono essere valide dal punto di vista scientifico, condivise dai destinatari ed esplicitamente orientate ad affrontare problemi assistenziali nel loro insieme. Proprio perché il governo clinico ha come obiettivo il miglioramento della qualità dell’assistenza, non si può, in questo caso, non parlare dell’uso delle informazioni scientifiche92 come riferimento per le 92 Evidence-based medicine dall' articolo di Marco Rossi 90 decisioni cliniche, al fine di orientarle verso una maggiore efficacia ed appropriatezza clinica. Tuttavia il governo clinico non si limita solo ad applicare praticamente i principi dell’ ”Evidence-Based Medicine”, ma fa in modo che il riferimento alle informazioni scientifiche disponibili diventi parte integrante delle modalità operative dell’intera organizzazione. L' Evidence-Based Medicine ( EBM) è un movimento culturale che si è progressivamente diffuso a livello internazionale, favorito da alcuni fenomeni che hanno contribuito ad una crisi dei modelli tradizionali della medicina.93 E’ in questo contesto che s’inserisce il principio di “imparare dall’esperienza”94, il quale implica non solo un’analisi dei processi assistenziali sulla base delle evidenze scientifiche nell’ambito della valutazione dell’efficacia degli interventi sanitari, ma implica anche 93 94 Definizione del GIMBE: grupo Italiano per la medicina basata sulle evidenze. Articolo Marco Rossi su: Infermieri ...Scoperte Scientifiche e ? Infermieristica e scoperte in campo medico 91 l’adozione di meccanismi e strumenti d’identificazione ed analisi degli errori e delle loro cause, attraverso una politica di sorveglianza per identificare quei fattori che inducono a commettere errori. Imparare dalle esperienze significa anche porsi nella condizione di poter apprendere da quelle altrui, mediante una comparazione tra le prestazioni erogate da team di operatori e da servizi così da raggiungere migliori risultati clinici. E’ proprio in questo contesto che possiamo introdurre il concetto di “responsabilizzazione”, verso la qualità come dovere istituzionale, che il governo clinico richiede ai professionisti. Parlare di responsabilizzazione significa: “porsi l’obiettivo di una buona qualità dell’assistenza nei confronti del sistema all’interno del quale si opera, non come generico compito professionale del singolo operatore, ma come impegno dei team nel loro insieme, attraverso la scelta responsabile di sottoporsi a forme di controllo e monitoraggio delle proprie prestazioni secondo principi di valutazione professionalmente condivisi.”95 Infine, un altro importante aspetto che caratterizza il concetto di “governo della pratica clinica” è quello della partecipazione: un processo di condivisione e partecipazione attiva degli utenti all’attività dei servizi corrisponde non solo a un generico diritto del paziente, ma soprattutto ad una delle condizioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi clinici desiderati. 95 Definizione data da Marco Rossi 92 Partecipazione dell’utenza significa, in concreto avviare una politica di comunicazione e informazione con il pubblico, affinché migliori la consapevolezza rispetto a quanto può aspettarsi dagli interventi sanitari disponibili e dalla tipologia di offerta dei servizi; significa anche migliore comunicazione con il paziente per una maggiore collaborazione con gli operatori; significa, infine, mettere il paziente in grado di operare delle scelte, laddove varie opzioni diagnosticoterapeutiche siano possibili e il problema sia trovare quella più adatta alle esigenze e alle preferenze del singolo. Come definito dal ministero della salute Le linee guida vengono definite dall’Institute of Medicine che (IOM) che “è un'organizzazione indipendente senza scopo di lucro che opera al di fuori del governo o di enti pubblici.” 96“raccomandazioni, elaborate in modo sistematico, con lo scopo di supportare ed orientare medici e pazienti nelle decisioni concernenti le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche”.97 Esse rappresentano uno strumento essenziale del governo clinico finalizzato alla promozione della buona pratica clinica e a favorire l’approccio multidisciplinare e la collaborazione interprofessionale nel processo di miglioramento continuo della qualità. I principali fattori che hanno favorito la produzione di linee guida, sono: • il fenomeno della variabilità nella pratica clinica, 96 Da: “About the IOM” The Institute of Medicine (IOM) of the national academis. http://www.iom.edu/About-IOM.aspx 97 “Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute 93 • gli ampi periodi di tempo necessari per ottenere l’evidenza su aspetti clinici specifici, • la necessità di sintetizzare l’evidenza, • la necessità di supporto alle decisioni clinico assistenziali.98 Un aspetto particolarmente rilevante, però, è quello relativo alla qualità delle linee guida; infatti se è vero che negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una vasta proliferazione di linee guida, è anche vero che solo una piccola parte di esse risulta di qualità; non è raro, per esempio, riscontrare su una specifica condizione clinica raccomandazioni discordanti che disorientano l’operatore sanitario. Pertanto, il processo di produzione di linee guida richiede un approccio metodologico particolarmente complesso e rigoroso, che tiene conto di precisi criteri che ne determinano la qualità. A tal proposito esistono diversi strumenti per l’elaborazione e la valutazione delle linee guida. Tra questi ricordiamo AGREE che è “una collaborazione internazionale di ricercatori e responsabili politici che cercano di migliorare la qualità e l'efficacia delle linee guida di pratica clinica attraverso la definizione di un quadro condiviso per il loro sviluppo, comunicazione e valutazione.”99 98 99 “Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute Da: “Introduction What is AGREE? Dal sito ufficiale: http://www.agreecollaboration.org/intro/” 94 Esso costituisce un metodo di elaborazione - valutazione- aggiornamento delle linee guida applicabile a tutte le aree cliniche (promozione della salute, diagnosi, terapia) e ai diversi livelli di contesto (nazionale, regionale, locale).100 La qualità delle linee guida, inoltre, è condizionata dal livello di evidenza disponibile sullo specifico argomento clinico. Infatti, il livello di evidenza per le raccomandazioni di una linea guida viene classificato nel seguente modo: A. Basato su studi randomizzati controllati o sistematic reviews B. Basato su “robusti” studi sperimentali o osservazionali C. Basato sul consenso e l’opinione di esperti a livello nazionale D. Basato sul consenso e l’opinione di esperti a livello locale Le linee guida dovranno altresì possedere i seguenti requisiti:101 1. Chiare indicazioni dell’obiettivo, della popolazione target e del contesto clinico necessario per la loro applicazione 100 101 “Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute “Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute 95 2. Chiare indicazioni su chi ha formulato le linee guida 3. Appropriata rappresentazione delle diverse discipline coinvolte nel gruppo tecnico di lavoro 4. Chiare metodologie di come l’evidenza è stata ricercata e valutata 5. Chiare indicazioni su come sono state formulate le linee guida dal gruppo di lavoro 6. Il livello di evidenza a supporto delle raccomandazioni 7. Indicazioni sui tempi di aggiornamento delle linee guida 8. Considerazioni di tipo costo-efficacia e dell’efficacia clinica delle raccomandazioni Altro strumento fondamentale del governo clinico è rappresentato dai percorsi assistenziali o percorsi assistenziali integrati, che possono essere definiti “i piani assistenziali integrati che delineano il processo di assistenza per una particolare condizione dall’ammissione sino alla dimissione”.102 Essi includono anche gli aspetti organizzativi legati al processo assistenziale, e sono adattati alla realtà locale. Essi, quindi incorporano le linee guida, fanno riferimento ad espliciti standard, coinvolgono differenti figure professionali, migliorando la comunicazione interdisciplinare, evitando duplicazioni di informazioni e trattamenti, riducendo la variabilità nella pratica clinica. 102 Definizione data dal ministero della salute www.ministerodellasalute.gov 96 Abbiamo parlato ampiamente del governo clinico, dalla sua nascita, su cosa si basa e abbiamo accurato che pone al centro del processo sanitario assistenziale il paziente. Per concludere voglio proporre una visione pratica di come è formato un governo clinico in Italia riportando un discorso del Ministro della Salute Girolamo Sirchia scritto nel 2004103: “L’attuazione del governo clinico è responsabilità del Capo Dipartimento che, con l’aiuto di personale amministrativo, predispone e sottopone all’Amministrazione dell’Ente (Ospedale o ASL) un piano d’azione triennale che miri, nell’ambito di un budget assegnato con ampia facoltà di spesa, a trattare il maggior numero di casi e a garantire l’out come del trattamento. Nel caso, ad esempio di una cardiochirurgia, è responsabilità del Capo Dipartimento assicurare all’Amministrazione dell’Ospedale un numero minimo di interventi (ad esempio by-pass aorto-coronarico) con mortalità a 30 giorni inferiore al 2%, nel rispetto delle risorse economiche disponibili. Perché questo obiettivo possa essere conseguito, è necessario che il Capo Dipartimento mantenga con azione sistematica le Linee guida razionalmente e internazionalmente validate e utilizzi appieno le possibilità correttive offerte dal controllo di gestione, di cui il dipartimento deve essere dotato. Il programma di Clinical Governance non può prescindere da una 103 http://documenti.camera.it/Leg14/dossier/Testi/AS0302b.htm 97 sistematica azione di aggiornamento del personale in tutte le sue forme, da un sistematico sostegno della cultura della qualità, da incentivi che premino la partecipazione del personale ai programmi di miglioramento delle qualità e che premino il conseguimento degli obiettivi prefissati. I vantaggi di un buon sistema di governo sono numerosi, sia in termini di indicatori di salute, sia in termini economici. Si pensi solo ai vantaggi di evitare le conseguenze della non-qualità, la quale infatti genera costi aggiuntivi, mentre la qualità genera risparmi.104 Il conferimento del governo clinico ai poteri e alla responsabilità del Capo Dipartimento ha l’innegabile vantaggio di riportare la decisione in capo ai medici, pur nel rispetto dei vincoli di bilancio e quindi di ridurre l’atteggiamento economicistico oggi ampiamente lamentato in sanità e dovuto al fatto che la decisione è nelle mani del potere amministrativo. E’ perciò opportuno ricordare che, contrariamente a quanto alcuni pensano, il governo clinico non si contrappone alla norma ISO 9000, ma la integra utilmente negli ambiti medici. Infatti la norma ISO non ha l’ambizione di determinare la qualità del prodotto o del servizio, ma solo di creare le premesse operative perché, operando in un sistema organizzato con regole ben precise, il raggiungimento della qualità dei prodotti o servizi sia possibile; il 104 “governo clinico” di Girolamo Sirchia tratto dal sito www.salute.gov.it/rassegna/ilPunto.jsp?id=3 98 governo clinico aggiunge alla macchina basata sulla norma ISO la finalizzazione e la competenza clinica necessaria all’obiettivo specifico”105. 4.2 Clinical pathways I percorsi assistenziali (in inglese per lo più clinical o critical pathways) possono essere definiti come piani multidisciplinari ed interprofessionali relativi ad una specifica categoria di pazienti in uno specifico contesto locale e la cui attuazione è valutata mediante indicatori di processo e di esito.106 Ovvero: I critical pathways sono strumenti fondamentali usati nei sistemi managed care e case management. Essi si costruiscono con la collaborazione di tutto il team assistenziale di un ospedale. Sono la versione abbreviata del percorso ospedaliero del cliente in base al DRG o al caso tipo. Forniscono le informazioni necessarie per erogare un assistenza di qualità con un buon rapporto costo efficacia. Ciascun reparto ospedaliero sviluppa i propri critical pathways107. 105 (Girolamo Sirchia Ministro della Salute – Roma, 13 maggio2004) 106 1998 Woolf, 1990; Canadian Medical Association, 1995; Pearson et al, 1995; Wall e Proyect, 107 Wieczorek P., Developing Critical Pathways for Operating Room, Aorn Journal December, 2(6), 1995. 99 Un critical pathway è un piano scritto che funziona come guida per un’assistenza del paziente efficiente e puntuale, essi possono essere comparati ad una cartina stradale che orienta ogni disciplina sugli interventi essenziali e sui risultati che debbono essere raggiunti in un determinato giorno o in un determinato periodo di tempo108. I critical pathways aiutano il team assistenziale a raggiungere i risultati attesi in un appropriato numero di giorni di degenza e vengono costruiti per pazienti o popolazioni di pazienti che andranno incontro a esperienze cliniche simili e che richiederanno trattamenti, servizi e risorse simili. Essi sono sviluppati in base alle esperienze e conoscenze dei membri team assistenziale. Li si potrebbe anche considerare linee guida clinico-organizzative. Un percorso assistenziale è il macro processo 108 Byron Smith G., Danforth D.A.,Owens P.J., Role restructuring: nurse, case manager ad educator, Nursing administration Quarterly, 19(1), 1994. 100 che corrisponde alla intera gestione di un problema di salute. Si può considerare un sinonimo di percorso diagnostico-terapeutico, ma la parola assistenziale include anche l’assistenza alla persona per la cura di sé e per eventuali disabilità e il sostegno psico-emozionale e sociale. Idealmente la gestione dei percorsi assistenziali dovrebbe riguardare sia la componente territoriale, sia quella ospedaliera.109 Infatti dovrebbe. Ma con le risorse a disposizione e le scelte di allocazione delle stesse; portano comunque la maggior parte delle volte a focalizzarci solo sul contesto ospedaliero o solo sul territorio. Migliorandone una a discapito di un' altro. Si parla di linee guida perché i clinical pathways si basano su: 11. standard di assistenza di specifiche popolazioni di pazienti, sulle migliori evidenze scientifiche e su dati di benchmarking; 12. specificano il periodo di riferimento e il flusso temporale con date e tempi per il raggiungimento dei risultati attesi (giorni, nei reparti per acuti; ore, minuti, nelle aree critiche; visite, per l’assistenza domiciliare; periodi, per pazienti cronici); 13. usano i DRG per diagnosi mediche, insieme alle diagnosi infermieristiche e alle linee guida; 109 Definizione tratta dalla rivista Siryo rivista specializzata in scienze infermieristiche ostertiche, dall' articolo “i percorsi assistenziali midwifery Clinical pathways” di Freancesca Franchi 101 I DRG o: Diagnosi s-related group o più semplicemente DRG, è l'equivalente in italiano Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi oppure ROD. Esso è un sistema che permette di classificare tutti i pazienti dimessi da un ospedale (ricoverati in regime ordinario o day hospital) in gruppi omogenei per assorbimento di risorse impegnate. Tale aspetto permette di quantificare economicamente tale assorbimento di risorse e quindi di remunerare ciascun episodio di ricovero. Una delle finalità del sistema è quella di controllare e contenere la spesa sanitaria.110 I critical pathways prevedono in dettaglio tutte le attività previste per trattare quel caso specifico secondo la migliore sequenza 110 Definizione data dal libro “Argomenti di economia per le professioni sanitarie” Marinella D’Innocenzo, Stefano Trippetti casa editrice Mc Grow-Hill 102 temporale in relazione agli esiti da conseguire; in questo modo è possibile verificare quotidianamente gli scostamenti e assumere le decisioni necessarie per correggerle. Si tratta di strumenti secondo cui per ogni singola diagnosi sono formulati degli out comes, (cioè prestazioni sanitarie che sono il risultato degli output che sono rappresentati dai ricoveri, visite prevenzioni e gli in put che sono le risorse dedicate alla sanità.)111, ai quali corrispondono degli interventi chiave relativi ad una serie di elementi assistenziali generali (consulenze, accertamenti, trattamenti, nutrizione, farmaci, attività, sicurezza, educazione e pianificazione della dimissione) (Zander 1992)112 quindi i percorsi assistenziali, (clinical pathways), hanno lo scopo di eliminare il più possibile i ritardi e gli sprechi, contenere le variazioni non necessarie nei trattamenti, assicurare la continuità e il coordinamento dell’assistenza, ridurre al minimo i rischi per i pazienti, (prevenzione del rischio) e migliorare gli esiti. Per un buon percorso assistenziale è necessario che:113 1) vi sia un approccio interprofessionale, multidisciplinare e talvolta anche possibile basate sulle evidenze scientifiche ; 2) vi sia l ’ adattamento e la condivisione locale delpiano ; 111 Definizione tratta da “Il processo di produzione di salute” del dipartimento di Economia e Metodi Quantitativi dell' università degli Studi di Genova. 112 Definizione di Zander 1992. tratta da IL CASE MANAGEMENT Newsletter Collegio Ipasvi della Spezia, marzo 2007 A cura di Patrizia Nunziante 113 I punti a susseguirsi sono trattis dall' articolo del collegio IPASVI di Gorizia: “I percorsi clinico-assistenziali: quali evidenze per un’assistenza di qualità?” redatto dalla Dott.ssa Gloria MORETTO 103 3) il percorso sia suddiviso in fasi di durata definita; 4) sia specificata la sequenza degli atti dei professionisti coinvolti (chi deve fare che cosa quando ) nelle diverse fasi ; 5)sia valutata l ’ attuazione del percorso mediante validi indicatori di processo e possibilmente anche di esito ; 6) sia promosso il coinvolgimento degli utenti. Essendo strumenti coincisi e generali che includono dei piani standardizzati, non tutti i pazienti seguono meticolosamente il piano. Per questo si utilizzano i copathways che permettono di affrontare una comorbilità e gli algoritmi per il trattamento di varianze frequenti. I critical pathways migliorano e facilitano la comunicazione con il paziente e coordinano il processo di cura e sono un valido mezzo per esaminare e valutare il processo di assistenza e le sue conseguenze. Per ottimizzare la comunicazione alcune istituzioni forniscono al paziente una copia semplificata del critical pathways; ciò stimola il paziente a porre delle domande e quindi a stabilire un dialogo con l’equipe assistenziale114. I critical pathways possono essere un potente strumento per prevenire le cause di “malpractice” (cura sbagliata), perché testimoniano la conduzione degli interventi secondo gli standard assistenziali. 114 June Forkner, Clinical Pathways: benefits and liabilities, Nursing Management, novembre 1996. 104 Con i critical pathways e con l’uso delle mappe di cura, nei paesi in cui sono stati adottati, si è superato il processo di nursing, non come metodo scientifico, ma come metodo mono disciplinare ridondante nella prospettiva di una presa in carico globale della persona115. Tutto questo non è nato per caso e anche se è una strategia nata da poco, il clinical pathways ha una storia precisa che è indispensabile per comprenderne l' evoluzione. Dunque: L’opportunità dello sviluppo e dell’applicazione di percorsi assistenziali è stato sostenuta anche dal comitato di esperti116 convocato dal prestigioso Institute of Medicine americano. I percorsi assistenziali sono comparsi in un periodo relativamente recente, insieme all’affermarsi della managed care. La managed care nasce negli Stati Uniti intorno agli anni trenta del secolo scorso, quando le compagnie petrolifere, le società per la realizzazione di opere pubbliche, l’industria estrattiva mineraria, ecc. cominciarono ad avvertire la necessità di contrattare con le organizzazioni sanitarie pacchetti predefiniti di prestazioni per i propri dipendenti117. I primi percorsi assistenziali si ispirarono alla tecnica dei critical pathways 115 (percorsi critici)usata nel mondo industriale per Antullo A., Case Management, in Benci L. Manuale giuridico professionale per l’esercizio del nursing, edizione McGraw-Hill, Milano 2001. 116 Commettee on the Quality of Health Care in America 117 Fairfield et al, 1997; Robinson e Steiner, 1998. 105 ottimizzare i tempi di lavoro. Il percorso critico è la sequenza di attività, dall’ordine dei materiali ai fornitori alla consegna del prodotto, che dà luogo ad una durata minima del processo produttivo Ci si è resi presto conto che i percorsi assistenziali potevano servire non solo a migliorare l’efficienza e la continuità delle cure e a ridurre la variabilità, ma anche a favorire l’applicazione delle conoscenze scientifiche sull’efficacia degli interventi. Approfondito il quadro storico voglio concludere esaminando gli aspetti positivi (vantaggi) e negativi (svantaggi) che hanno i clinical pathways. Hanno il vantaggio di favorire la continuità degli interventi e l’integrazione tra unità organizzative ed anche talvolta tra organizzazioni diverse e di diminuire così gli inconvenienti per i pazienti alle interfacce. La ricostruzione ed analisi dei percorsi assistenziali, come di qualunque processo, permette di identificare lentezze e attese riducibili, attività poco utili o troppo costose, ripetizioni, rischi evitabili. La scomposizione dell’intero percorso assistenziale in fasi obbliga a chiarire i criteri clinici e organizzativi applicati per inserire o “arruolare” l’utente in una fase e per “trasferirlo” alla fase successiva. Rispetto ad altre forme di gestione per processi, i percorsi assistenziali hanno il vantaggio di dare importanza fondamentale ai criteri di appropriatezza professionale degli 106 interventi e agli esiti di salute e quindi di richiamare l’attenzione sul fatto che il vero prodotto di una organizzazione sanitaria non sono le prestazioni (i prodotti o out put), ma gli esiti (gli out come). In effetti la diffusione dei percorsi assistenziali è stata favorita dall’ “ondata della EBM” che ha reso più disponibili e più accettabili rassegne sistematiche e linee guida che tengono conto delle evidenze scientifiche. Non sono pochi poi i vantaggi dei percorsi assistenziali per gli utenti, anche se di solito non sono realizzati completamente. I percorsi assistenziali rendono più facile l’omogeneità delle informazioni che i professionisti sanitari offrono agli utenti sull’iter del piano di cura. Dall’applicazione dei percorsi assistenziali ci si può ragionevolmente attendere una rilevante diminuzione della variabilità ingiustificata nei comportamenti dei professionisti sanitari, un aumento della produttività, ed anche un miglioramento della sicurezza per i pazienti (diminuzione delle complicazioni) e degli esiti. In conclusione, i percorsi assistenziali possono essere considerati uno strumento per migliorare l’efficienza nell’uso di risorse scarse senza compromettere la qualità professionale dell’assistenza, che anzi può migliorare118 Va detto che un buon percorso assistenziale va continuamente 118 Wall e Proyect, 1998. 107 ripensato alla luce delle difficoltà di applicazione, dei risultati ottenuti e di nuove eventuali acquisizioni e quindi implica il suo continuo aggiornamento. Il principale svantaggio è che i professionisti sanitari considerino che i percorsi assistenziali portino ad una perdita di flessibilità ed autonomia e ad una medicina tipo “libro di ricette di cucina” poco sensibile alle caratteristiche individuali del singolo paziente. In realtà, come si è già accennato, le raccomandazioni professionali di un buon percorso assistenziale dovrebbero sì essere quelle più accreditate alla luce delle evidenze scientifiche ma: professionista è comunque autorizzato a Il singolo scostarsi dalle raccomandazioni, quando pensa non adatte al caso particolare. Basta che lo dichiari e ne spieghi i motivi, anche per contribuire all’aggiornamento e alla maggiore articolazione del percorso; i percorsi devono in certo qual senso essere considerati sempre provvisori, soggetti a verifiche e a continui aggiornamenti, in dipendenza dai risultati della loro applicazione e di eventuali nuove acquisizioni conoscitive o tecnologiche. La possibilità di dare luogo ad un confronto (di fare bench marking) degli esiti può portare i professionisti insicuri a non impegnarsi. Altri ostacoli dipendono da carenze organizzative: limitatezza delle risorse disponibili al momento (ma occorrerebbe essere capaci di progettare a lungo termine), difficoltà di adeguare i sistemi informativi, ritardi nell’“allineare” gli incentivi economici e di 108 carriera in modo che favoriscano l’applicazione dei percorsi. Inoltre talvolta i percorsi possono comportare per la singola organizzazione notevoli cambiamenti ed anche costi aggiuntivi, almeno inizialmente. 109 CAPITOLO QUINTO Educazione terapeutica nella somministrazione dei farmaci Educare deriva dal latino. educare, intensivo di educere ‘trarre fuori, allevare’, comp. di ex- ‘fuori’ e ducere ‘trarre’.119 cioè specifica l' educazione come un processo interattivo dove il messaggio educativo non passa in maniera passiva da insegnante ad allievo; ma l' educazione è un processo attivo che porta ad una collaborazione tra insegnante e allievo. Solo in questo modo il messaggio educativo può trasferirsi in maniera impeccabile e rimanere immagazzinata nella mente. Esistono due tipi di educazione: La pedagogia è “l’arte e la scienza di insegnare ai bambini” e L’andragogia “l’arte e la scienza di aiutare gli adulti ad apprendere”120 . Entrambe hanno i soliti obbiettivi, ma pertanto, avendo a che fare con due tipologie diverse di persone con diverso bagaglio di esperienza il processo educativo sarà differente per raggiungere gli obbiettivi prefissati. L' educazione è una parte integrante del processo infermieristico e l' infermiere per attuarla deve avere dei requisiti fondamentali, e sono sono: 119 definizione data dal vocabolario on-line di sapere.it 120 M.Knowles psicologo 110 essere, saper essere e saper fare. V. Henderson afferma che: “l’infermiere deve avere una base teorica di conoscenza per mettere in pratica un’assistenza individualizzata e umana ed essere capace di risolvere problemi su base scientifica”121. L' educazione terapeutica è un compito prettamente infermieristico ed esistono varie definizioni per descrivere in cosa consiste per esempio: “Educazione terapeutica non è insegnare, istruire, informare, consigliare, persuadere... è l’arte di aiutare gli adulti ad apprendere” , oppure: “è l’arte di aiutare gli adulti ad apprendere”, “è motivare la persona a cambiare”122 Queste affermazioni sono molto importanti e devono essere impresse nella mente dell' operatore sanitario e sono regolate nello specifico, come definito dal Codice Deontologico Art.1.2 : “l’assistenza infermieristica è servizio alla persona e alla collettività. Si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e complementari, di natura 121 George J.B., “Le teorie del nursing” 122 definizione data da Knowles e K.King. 111 tecnica, relazionale ed educativa.”123 Tutto il processo di nursing formato dalle fasi di Accertamento, diagnosi infermieristica, pianificazione obbiettivi , attuazione degli obbiettivi e valutazione, sono incentrate a riportare il paziente in una fase autonoma, dove lo stesso, ha imparato a conoscere la malattia e le potenziali complicanze, riesce a gestire i presidi sanitari e la terapia domiciliare. Tutto questo riportato ovviamente in un contesto sociale, poiché, il paziente non deve essere solo educato all' auto cura: ma deve essere in grado di vivere in armonia con le persone nel contesto sociale di tutti i giorni. Perciò l' infermiere educa e rassicura il paziente rispondendo ai suoi dubbi e vanificando le paure di essere “diverso” dalle altre persone, oppure che sia di “peso” ai suoi parenti che in caso di emergenza dovrebbero gestire tutta la sua vita. Nonostante ciò Assal , ci da una definizione realistica di come avvenga l' educazione terapeutica: mettendo in risalto la leggerezza del personale sanitario quando si parla di mettere in pratica l' educazione terapeutica: “...l’esperienza attuale mostra costantemente come gli operatori sanitari tendano a informare che 123 Codice deontologico Art.1.2 112 cosa è la malattia, quali sono i metodi terapeutici, quale comportamento bisogna adottare, piuttosto che aiutare i pazienti ad acquisire le appropriate capacità necessarie alla gestione quotidiana della loro malattia...”.124 L’organizzazione mondiale della sanità (OMS), invece, definisce così l' educazione terapeutica (ETP): “L’educazione terapeutica deve permettere al paziente di acquisire e mantenere le capacità che gli permettono di realizzare una gestione ottimale della propria malattia.” 125 L’ETP è pertanto un processo continuo integrato nell’assistenza sanitaria. Essa è centrata sul paziente... include l’informazione l’apprendimento dell’autogestione della cura... Essa è finalizzata ad aiutare i pazienti e le loro famiglie a comprendere la malattia e il suo trattamento, a cooperare con gli operatori sanitari....” In realtà dobbiamo distinguere che l' educazione terapeutica oggi è effettuata a tutti i pazienti sia con patologie acute che patologie croniche. Proprio questa distinzione permette di capire le difficoltà per un infermiere di eseguire una corretta educazione terapeutica e riconoscerne attraverso la valutazione i punti critici e gli errori che effettua il paziente o l' infermiere stesso. 124 Assal et al. Docente universitario, diabetologo e consulente dell' OMS. Dalle sue riflessioni nacque la Educazione terapeutica. 125 Definizione dell' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) 113 La gestione della diagnosi e della terapia delle malattie acute e la cura del paziente affetto da malattia cronica richiedono due impostazioni cliniche molto differenti... Gli operatori sanitari che se ne occupano devono pertanto possedere due identità professionali ben distinte. Mentre il modello assistenziale della medicina acuta è notevolmente efficace, la qualità delle malattie croniche lascia molto a desiderare... 126 JP Assal nel 1999 riporta una statistica molto importante per quanto riguarda l' assunzione dei farmaci da parte dei pazienti cronici. Ovviamente si prendono in considerazione molto di più i pazienti cronici perché hanno bisogno tutta la vita di determinati farmaci e quindi l' educazione terapeutica va modellata per l' arco di una vita intera. Una percentuale che varia da 30-80% dei pazienti con malattia cronica manifesta una scarsa compliance o non segue affatto il trattamento prescritto. A questo punto, sorge una domanda: Perché il paziente non dovrebbe seguire una prescrizione data dal medico e che gli serve per vivere? Sempre Assal ci regala una risposta molto interessante e che fa riflettere molto sull' argomento “... al paziente cronico il medico proibisce mille attività, ne impone cento altre. 126 “Considerazioni sui metodi della medicina convenzionale” Jean-Philippe Assal, Alain Golay, 114 Chiede di prendere a orari definiti decine di pillole al giorno. Ci sono patologie la cui terapia richiede al paziente tre ore di impegno al giorno. Altre, come il diabete, chiedono una decina di atti fra misurazioni e iniezioni. E questo ogni giorno per tutta la vita. Il medico fa bene, ma fa presto a scrivere su un foglio: faccia quattro controlli della glicemia e tre insuline al giorno”.127 Questo tipo di stress del paziente lo porta inevitabilmente a non seguire in maniera corretta o addirittura nulla, la terapia prescritta, creandosi non solo danni alla salute con il rischio di acutizzare una patologia gia cronica; ma danneggia inevitabilmente la fase educativa che l' infermiere attua su di lui. Il risultato è che lo stress del paziente si trasferisce anche sull infermiere e sull' equipe che lo sta educando. Infatti: Le équipes degli operatori sanitari che si occupano dell’assistenza a lungo termine sono molto spesso vittime della sindrome del burn-out.128 127 Articolo “Parla il professor Assal” della rivista modus 128 Freudenberger, 1980; Pines et al., 1981; Maslach, 1979 115 Una ricerca infermieristica svoltasi in quest'anno (2010), condotta da: Patrizia Fabbri e Angela Sartini dal titolo:”le strategie per migliorare l' aderenza terapeutica nella popolazione adulta” mettono in evidenza alcune conclusioni basandosi su: una revisione della letteratura scientifica per verificare se ci sono evidenze che supportino metodologie mirate all’educazione terapeutica e in particolare a migliorare l’aderenza dei pazienti verso la terapia farmacologica, e ricercare eventuali strategie per il miglioramento della non adesione”.129 Quindi hanno tratto queste conclusioni: “Per anni si è sempre ricercata la perfetta soluzione al problema, ma sembra che nessun intervento sia migliore dell’altro, forse perché molte variabili possono influire sulla decisione di assumere farmaci. Intuitivamente si può ritenere che un intervento combinato 129 Articolo del centro studi EBN redatto da Patrizia Fabbri e Angela Sartini dal titolo “LE STRATEGIE PER MIGLIORARE L’ADERENZA TERAPEUTICA NELLA POPOLAZIONE ADULTA” 116 (comportamentale ed educativo), possa essere di maggior aiuto per migliorare le modalità e l’aderenza di assunzione, e di conseguenza migliorare lo stato di salute, ma più dati devono essere studiati attraverso metodi di ricerca standardizzati, per confermare questa ipotesi. Interventi per migliorare l’aderenza di assunzione dei farmaci, basati sulle evidenze scientifiche, potrebbero inoltre ritardare lo sviluppo di complicanze e contribuire a ridurre i costi sanitari.”130 Ora vediamo nello specifico l' applicazione della farmacologia nella educazione del paziente. “Il processo infermieristico è una cornice concettuale che gli infermieri impiegano per guidare le prestazioni sanitarie. Noi considereremo come il processo infermieristico si può applicare alla terapia farmacologica. Prima di discutere come il processo infermieristico si applica alla terapia farmacologica, occorre riassumere i punti chiave del processo stesso. Nella sua forma più semplice, il processo infermieristico può essere visto come una procedura circolare con cinque momenti fondamentali: 1)valutazione iniziale, 2) analisi (che include la diagnosi infermieristica), 130 Conclusioni tratte dall' articolodi Patrizia Fabbri e Angela Sartini dal titolo “LE STRATEGIE PER MIGLIORARE L’ADERENZA TERAPEUTICA NELLA POPOLAZIONE ADULTA” centro studi EBN 117 3) pianificazione, 4) attuazione 5) valutazione dei risultati. 1)Valutazione iniziale. La valutazione iniziale consiste nella raccolta dei dati sul paziente. Questi dati servono per identificare problemi medici reali o potenziali. Il database prodotto durante la valutazione iniziale rappresenta le fondamenta per passare alle fasi successive. Metodologie importanti per la valutazione iniziale sono le domande al paziente, la storia medica e sull’utilizzo di farmaci, l’esame fisico, l’osservazione del paziente e gli esami di laboratorio. Analisi: la diagnosi infermieristica. In questa fase, l’infermiere analizza i dati raccolti per scoprire problemi medici reali o potenziali. Questi problemi possono essere fisiologici, psicologici, o sociali. Ciascun problema è categorizzato nella forma di una diagnosi infermieristica, che può essere definita come un problema medico reale o potenziale verso il quale l’infermiere è qualificato e autorizzato al trattamento. Una diagnosi infermieristica completa è costituita da due affermazioni: 8 una affermazione sul problema medico reale o potenziale del paziente, seguita da: 9 una affermazione sulla probabile causa o sui fattori di rischio del problema. 118 Tipicamente, le due affermazioni sono separate dall’allocuzione correlato a , come nel seguente esempio di diagnosi infermieristica su un farmaco: “mancata aderenza al regime prescritto (problema) correlato a incapacità alla auto-somministrazione del farmaco (la causa).” 2)Pianificazione. Nella fase di pianificazione, l’infermiere delinea interventi specifici diretti a risolvere o a prevenire i problemi identificati nella fase precedente. Il piano deve essere individualizzato per ciascun paziente. Quando si fa un piano di cura, l’infermiere deve definire gli obiettivi, evidenziare le priorità, identificare gli interventi infermieristici e stabilire i criteri per valutare il successo finale. In aggiunta agli interventi infermieristici, il piano dovrebbe includere anche interventi di altri professionisti sanitari. La pianificazione è un processo in divenire che può essere cambiato con la conoscenza di nuovi dati. 3)Attuazione (intervento). L’attuazione del piano inizia applicando gli interventi pianificati. Alcuni interventi si attuano in collaborazione mentre altri sono indipendenti. Gli interventi collaborativi richiedono un ordine da parte del medico, mentre ciò non è necessario per gli interventi indipendenti. Oltre ad attuare gli interventi, questa fase coinvolge l’azione coordinata di altri membri dello staff sanitario. L’attuazione è completa con l’osservazione e la registrazione dei risultati. La registrazione dovrebbe essere scrupolosa e precisa. 119 4)Valutazione dei risultati. Questa fase serve per determinare il grado di successo del trattamento. La valutazione si fa analizzando i dati raccolti durante l’attuazione. La valutazione dovrebbe identificare gli interventi che devono continuare, quelli che invece devono cessare e nuovi potenziali interventi da attuare. La valutazione completa il primo ciclo del processo infermieristico e pone le basi per l’inizio di un eventuale nuovo ciclo. Applicazione del processo infermieristico nella terapia farmacologica Avendo descritto il processo infermieristico, possiamo adesso vedere come esso si applica alla terapia farmacologica. Bisogna ricordare che l’obiettivo finale in terapia farmacologica è di ottenere il massimo beneficio con il minimo danno. Per ottenere ciò, dobbiamo tenere in considerazione le caratteristiche uniche di ciascun paziente. Cioè dobbiamo individualizzare la terapia. Il processo infermieristico si adatta bene a questo scopo. Per applicare il processo infermieristico in terapia farmacologica, per prima cosa bisogna avere solide basi conoscitive di farmacologia. Inoltre, si può vedere che applicare il processo infermieristico alla terapia farmacologica è, in gran parte, un esercizio di buon senso. Valutazione pre-somministrazione La valutazione pre-somministrazione stabilisce i dati di base che occorrono per tagliare la terapia farmacologica su misura del singolo 120 paziente. Attraverso l’identificazione delle variabili che possono influenzare la risposta individuale ai farmaci, possiamo adattare il trattamento per massimizzare i benefici e minimizzare i danni. La valutazione pre-somministrazione ha quattro obiettivi fondamentali: 5 - Raccolta dei dati di base che occorrono per valutare le risposte terapeutiche 6 - Raccolta dei dati di base che occorrono per valutare gli effetti avversi 7 - Identificazione dei pazienti ad alto rischio 8 - Valutazione della capacità del paziente alla auto-cura. I primi tre obiettivi sono specifici del particolare farmaco che deve essere utilizzato. Quindi, per raggiungere questo obiettivo, l’infermiere deve conoscere la farmacologia del farmaco in questione. Il quarto obiettivo si applica più o meno ugualmente a tutti i farmaci – anche se può essere più importante per alcuni farmaci rispetto ad altri. Metodologie importanti per la raccolta dati includono l’intervista al paziente e ai suoi familiari, osservazione del paziente, esame fisico, analisi di laboratorio, la storia medica del paziente e la storia farmacologica del paziente. La storia farmacologica dovrebbe includere i farmaci prescritti, i farmaci da banco, le medicazioni vegetali, e farmaci presi per obiettivi non medici (alcool, nicotina, caffeina, droghe illegali). Dovrebbero essere annotate anche precedenti reazioni avverse a 121 farmaci, tra cui reazioni allergiche ed di idiosincrasia. Dati di base che servono per valutare l’effetto terapeutico. I farmaci vengono somministrati per ottenere una risposta desiderata. Per sapere se abbiamo ottenuto quella risposta, occorre stabilire misurazioni di base dei parametri che la terapia vuole cambiare. Per esempio, se stiamo somministrando un farmaco per abbassare la pressione sanguigna, dobbiamo conoscere la pressione prima del trattamento. Senza questa informazione, non abbiamo nessun riferimento per sapere se il farmaco ha fatto effetto oppure no. E se non sappiamo se il farmaco ha agito, non c’è nessuna giustificazione alla sua utilizzazione. Da questo esempio, dovrebbe essere ovvio che, per sapere quali misurazioni di base fare, bisogna conoscere il motivo dell’uso del farmaco. 122 Questa conoscenza deriva dalla farmacologia. Dati di base che servono per valutare gli effetti avversi. Tutti i farmaci producono effetti avversi. Nella maggioranza dei casi, gli effetti avversi che un determinato farmaco può produrre sono noti. In molti casi, lo sviluppo di un effetto avverso sarà totalmente ovvio anche in assenza di dati di base. Per esempio, non ci serve nessun dato di base speciale per sapere che la perdita di capelli che segue la chemioterapia antitumorale è stata causata dai farmaci. Comunque, in altri casi, i dati di base servono per capire se un effetto avverso c’è stato oppure no. Per esempio, alcuni farmaci possono alterare la funzionalità epatica. Per sapere se un farmaco ha compromesso la funzione epatica, dobbiamo conoscere tale funzione prima dell’utilizzazione del farmaco. Senza questa informazione, non potremo mai sapere da misurazioni successive se una disfunzione epatica era preesistente o è stata causata dal farmaco. Chiaramente, in casi come questo, è necessario raccogliere i dati di base. Come già evidenziato, conoscere quali sono i dati da raccogliere ci deriva direttamente dalla conoscenza del farmaco da utilizzare. Identificazione dei pazienti ad alto rischio. A causa delle sue caratteristiche individuali, un determinato paziente può essere ad alto rischio di sviluppo di risposte avverse ad un determinato farmaco. Quali sono le caratteristiche individuali che predispongono un paziente ad una reazione avversa dipende dal farmaco preso in 123 considerazione. Per esempio, se un farmaco è eliminato dal corpo soprattutto per escrezione renale, un individuo con funzione renale alterata sarà a rischio di accumulo di questo farmaco a livelli tossici. Allo stesso modo, se un farmaco è eliminato attraverso il fegato, un individuo con alterata funzione epatica sarà a rischio di accumulo del farmaco a livelli tossici. Il messaggio è che, per identificare un paziente a rischio, bisogna conoscere la farmacologia del farmaco somministrato. Molteplici fattori possono aumentare il rischio del paziente per effetti avversi verso un determinato farmaco. Sono state appena citate l’alterata funzione epatica e renale. Altri fattori sono età, composizione corporea, gravidanza, dieta, eredità genetica, uso contemporaneo di altri farmaci, e praticamente qualsiasi altra condizione fisiopatologica. Quando vengono identificati fattori che mettono a rischio il paziente, bisognerebbe distinguere tra fattori che mettono il paziente a rischio estremamente elevato da fattori di rischio moderato o basso. Dovrebbero essere usati i termini controindicazione e precauzione per fare questa distinzione. Una controindicazione è definita come una condizione preesistente che preclude l’uso di un determinato farmaco a meno di circostanze disperate. Per esempio, una grave reazione allergica alla penicillina avvenuta precedentemente (che può mettere in pericolo la vita del paziente) 124 rappresenta una controindicazione all’ulteriore uso della penicillina – a meno che il paziente non abbia una infezione che può essere fatale e che non possa essere controllata con altro antibiotico. Una precauzione, al contrario, può essere definita come una condizione preesistente che aumenta significativamente il rischio di una reazione avversa ad un determinato farmaco, ma non fino al punto da mettere a rischio la vita del paziente. Per esempio, una precedente reazione allergica blanda alla penicillina porterà all’uso ulteriore della penicillina con precauzione. Quindi, in un caso come quello riportato, il farmaco potrà essere usato, ma deve essere esercitata una attenzione maggiore che in un caso normale. Preferibilmente dovrebbe essere usato qualche altro farmaco. Valutazione della capacità del paziente alla cura di se stesso. Qualora la terapia ha successo, il paziente deve essere capace di auto somministrarsi le medicazioni prescritte a domicilio. Quindi deve essere valutata la sua capacità per la cura di se stesso. Se il paziente si rivela incapace a fare ciò, devono essere prese delle misure alternative. Molteplici fattori possono influenzare la capacità di auto-cura e la probabilità di aderenza al regime prescritto. Paziente con una diminuzione della acuità visiva o con una limitata destrezza manuale possono essere incapaci di auto-medicarsi, soprattutto se la tecnica di somministrazione è complessa. Pazienti con una limitata abilità intellettuale possono essere incapaci di 125 comprendere o di ricordare cosa devono fare. Pazienti con gravi malattie mentali (per es. depressione, schizofrenia) possono non comprendere o non avere le motivazioni necessarie per l’automedicazione. Alcuni pazienti possono non avere i soldi necessari per comprare i farmaci. Altri possono non riuscire a prendere farmaci a causa di avversione individuale o culturale verso di essi. Tra i pazienti geriatrici una ragione comune di fallimento è la convinzione che i farmaci a quella determinata dose non sono necessari. Una valutazione seria consentirà di identificare tutti questi fattori, consentendo all’infermiere di tenerne conto nella formulazione della diagnosi infermieristica e del piano di cura per quel paziente. Analisi e diagnosi infermieristica Con riguardo alla terapia farmacologica, la fase di analisi del processo infermieristico si pone tre obiettivi. 1) Bisogna giudicare l’appropriatezza del regime prescritto. 2) Bisogna identificare i potenziali problemi di salute che il farmaco può causare. 3) Bisogna capire la capacità del paziente alla propria cura. Come ultimo anello nella catena della difesa del paziente contro una terapia inappropriata, l’infermiere deve analizzare i dati raccolti durante la valutazione per capire se il trattamento 126 proposto ha una ragionevole probabilità di essere efficace e sicuro. Questo giudizio viene effettuato considerando la diagnosi medica, le azioni conosciute del farmaco prescritto, una eventuale risposta precedente del paziente al farmaco e la presenza di controindicazioni. L’infermiere dovrebbe discutere l’appropriatezza del farmaco se: 1) il farmaco no ha delle azioni risapute che possano far beneficiare il paziente con una determinata diagnosi medica, 2) il paziente non ha risposto in passato allo stesso farmaco, 3) il paziente ha avuto in passato una grave reazione avversa a quel farmaco e 4) il paziente è affetto da una condizione o sta usando un farmaco che controindica il farmaco prescritto. Se qualcuna di queste condizioni sono presenti, l’infermiere si dovrebbe consultare con il medico per capire se il farmaco debba essere somministrato. 127 L’analisi deve identificare potenziali effetti avversi e interazioni farmacologiche. Ciò si ottiene sintetizzando le conoscenze del farmaco in questione ed i dati raccolti durante la fase di valutazione. Le conoscenze sul farmaco indicheranno gli effetti avversi che è probabile tutti i pazienti possano sviluppare. I dati individuali del paziente potranno indicare ulteriori effetti avversi ed interazioni a cui quel particolare paziente è predisposto. Una volta che gli effetti avversi e le interazioni potenziali sono stati identificati, può essere formulata una diagnosi infermieristica pertinente. Per esempio, se è probabile che il trattamento causi una depressione respiratoria, una appropriata diagnosi infermieristica sarebbe “alterato scambio gassoso correlato alla terapia farmacologica”. L’analisi deve caratterizzare la capacità del paziente ad auto curarsi. L’analisi dovrebbe indicare i potenziali impedimenti alla auto-cura (per es. alterazione visiva, ridotta destrezza manuale, alterata funzione cognitiva, insufficiente comprensione del regime prescritto) in modo che questi fattori vengano citati nel piano di cura. In grado variabile, quasi tutti i pazienti non avranno familiarità con l’automedicazione e con il regime terapeutico. Quindi, una diagnosi infermieristica applicabile a quasi tutti i pazienti sarà “insufficiente conoscenze in relazione al regime farmacologico”. 128 Pianificazione La pianificazione consiste nel definire gli obiettivi, stabilire le priorità, identificare gli interventi specifici e stabilire i criteri per valutare il successo. Una buona pianificazione consentirà di promuovere effetti farmacologici benefici. Di importanza anche maggiore, una buona pianificazione consentirà di prevenire gli effetti avversi – invece che di reagire dopo che si sono sviluppati. Definire gli obiettivi. In tutti i casi, l’obiettivo della terapia farmacologica è di ottenere il massimo beneficio con il minimo danno. Cioè si vuole utilizzare i farmaci in modo da massimizzare le risposte terapeutiche prevenendo o minimizzando le reazioni e le interazioni avverse. L’obiettivo della pianificazione è di formulare le vie per raggiungere questo scopo. Stabilire le priorità. Ciò richiede la conoscenza del farmaco e delle caratteristiche uniche del paziente – e nonostante queste conoscenze stabilire le priorità può essere difficile. La priorità più elevata viene data alle condizioni che mettono in pericolo la vita (per es., shock anafilattico, fibrillazione ventricolare). Tali condizioni possono essere indotte dai farmaci oppure possono essere il risultato di una malattia. Una alta priorità è data anche a reazioni che causano un grave disagio acuto ed a reazioni che determinano danni a lungo termine. Dal momento che non è possibile gestire tutti i problemi 129 contemporaneamente, quelli meno gravi devono aspettare finché il paziente e lo staff sanitario non abbiano il tempo e la possibilità di dedicarsi ad essi. Identificare gli interventi. Il cuore della pianificazione è l’identificazione degli interventi infermieristici. Questi possono essere divisi in quattro gruppi principali: 14. somministrazione dei farmaci, 2) interventi per migliorare gli effetti terapeutici, 3) interventi per minimizzare gli effetti e le interazioni avverse e 4) l’educazione del paziente. Quando si pianifica la somministrazione dei farmaci, l’infermiere deve considerare il dosaggio e la via di somministrazione ed anche fattori meno ovvi come il tempo di somministrazione in relazione ai pasti e alla somministrazione di altri farmaci. E’ anche importante il tempo in relazione agli effetti collaterali. Per esempio, se un farmaco causa sedazione, può essere desiderabile dare il farmaco la sera prima di andare a dormire, invece che al mattino o durante il giorno. Misure non farmacologiche possono contribuire agli effetti terapeutici e dovrebbero essere inclusi nella pianificazione. Per esempio, la terapia farmacologica dell’ipertensione dovrebbe essere associata con la perdita di peso (nei pazienti obesi), la restrizione salina, e la cessazione del fumo. 130 Gli interventi per prevenire o minimizzare gli effetti avversi sono di importanza ovvia. Quando si pianificano questi interventi, bisognerebbe distinguere tra le reazioni che si sviluppano prontamente e quelle che si sviluppano in un secondo momento. Alcuni farmaci possono causare reazioni avverse gravi (per es., shock anafilattico) subito dopo la somministrazione. Quando si devono somministrare questi farmaci, bisogna accertarsi che i mezzi per gestire queste reazioni siano prontamente disponibili. Le reazioni ritardate possono essere spesso minimizzate, o addirittura evitate. La pianificazione dovrebbe includere degli interventi a questo scopo. Una educazione del paziente ben pianificata è fondamentale per il successo. Il piano dovrebbe considerare la capacità del paziente all’apprendimento, e dovrebbe rispondere a ciò che segue: tecniche di somministrazione, dosaggio e tempi, durata del trattamento, metodo di conservazione dei farmaci, misure per promuovere l’effetto terapeutico e misure per minimizzare gli effetti avversi. Stabilire i criteri di valutazione. E’ ovvio il bisogno di stabilire i criteri per misurare le risposte farmacologiche desiderate. Senza questi criteri no si può stabilire se i farmaci sono stati utili. E quindi, non si hanno basi razionali per cambiare il dosaggio o per decidere 131 quanto deve durare il trattamento. Se il farmaco deve essere utilizzato a domicilio dal paziente, devono essere pianificate delle visite di controllo. Attuazione L’attuazione del piano di cura in terapia farmacologica ha quattro componenti principali: • somministrazione dei farmaci, • educazione del paziente, 3) interventi per promuovere gli effetti terapeutici 4) interventi per minimizzare gli effetti avversi. Valutazione Lungo il corso della terapia farmacologica, il paziente deve essere valutato per: • le risposte terapeutiche, 2) le reazioni e le interazioni avverse del farmaco, 3) l’aderenza al regime prescritto, 4) soddisfazione verso il trattamento. La frequenza della valutazione dipende dalla durata della terapia e dagli effetti avversi. Così come la valutazione iniziale, anche quella finale si basa su esami di laboratorio, osservazione del paziente, esame fisico e intervista del paziente. 132 Le conclusioni che si traggono dalla valutazione servono per modificare gli interventi infermieristici ed il regime farmacologico. Le risposte terapeutiche sono valutate paragonando lo stato attuale del paziente con i dati di partenza. Per valutare il trattamento, bisogna conoscere il motivo della utilizzazione del farmaco, i criteri di successo (definiti dalla pianificazione), e i tempi attendibili della risposta (alcuni farmaci agiscono in minuti, mentre per altri occorrono settimane per vedere effetti positivi). La necessità di anticipare e valutare gli effetti avversi è evidente. Per fare queste valutazioni, bisogna conoscere i probabili effetti avversi, come si manifestano, e i tempi probabili. Il metodo di monitoraggio dipende dall’effetto avverso atteso. Per esempio, se ci si attende l’ipotensione, verrà monitorata la pressione sanguigna; se ci si attende una costipazione, verrà monitorata la funzione intestinale; e così via. Dal momento che alcuni effetti indesiderati potrebbero essere fatali se non presi in tempo, è inutile enfatizzare ulteriormente l’importanza del loro monitoraggio e dell’essere preparati a trattarli rapidamente. La valutazione dell’aderenza è desiderabile in tutti i pazienti – ed è di valore speciale quando la terapia fallisce o quando gli effetti avversi sono inaspettatamente gravi. Tra i metodi per valutare l’aderenza ci sono la misurazione della 133 concentrazione plasmatica del farmaco, l’intervista del paziente, ed il conteggio delle pillole. La valutazione dovrebbe consentire di sapere se il paziente ha compreso quando deve prendere i farmaci, il dosaggio da assumere, e la tecnica di somministrazione. La soddisfazione del paziente per la terapia farmacologica migliora la qualità di vita e l’aderenza del paziente. Se il paziente non è soddisfatto, un regime che altrimenti sarebbe stato efficace non viene preso come da prescrizione. Tra i fattori di insoddisfazione ci sono effetti collaterali inaccettabili, posologia scomoda, somministrazione difficoltosa e costo elevato. Quando la valutazione mette in evidenza insoddisfazione, dovrebbe essere attuato un tentativi di cambiamento del regime per renderlo più accettabile”131. Durante gli studi universitari ci si occupa molto di questa fase, riguardante l' educazione del paziente. Riassumendo, ogni forma di cambiamento, problema o abitudine del paziente è preso in considerazione e valutato per creare il miglior piano assistenziale personalizzato dove l' ammalato è il centro di questo lavoro non solo infermieristico ma che può spesso riguardare un' equipe di professionisti. 131 Tratto da “Pharmacology for nursing care”, Richard A. Lehne, Ed. Sanders Elsevier 134 Leggendo sui libri di nurse cosa vuol dire essere infermiere, con le relative responsabilità giuridiche e soffermandomi sulle frasi come l' infermiere è il responsabile oppure che l' infermiere educa alla salute, mi sorge spontanea una domanda: “ L' infermiere che adesso è in corsia conosce tutto questo? Effettua l' educazione terapeutica?” queste domande le ho applicate esaminando punto per punto un turno “tipo” in una corsia di ospedale. Effettivamente ho notato che qualcosa non andava sempre per il verso giusto. Non c' è da stupirsi perché in un reparto succedono tante cose in una volta che possono avere la priorità e che portano via molto tempo perciò nonostante la volontà poi di eseguire correttamente alcune prestazioni, un po' per lo stress, un po' per la disorganizzazione generale i servizi infermieristici non sono erogati in maniera piuttosto idonea. Comunque non bisogna neanche nascondersi dietro questa idea, quindi, ho deciso di trarre dalle domande precedentemente citate, un questionario applicato su un punto cardine che apporta sull' infermiere molta responsabilità: la somministrazione del farmaco per via orale. Per la parte del questionario riguardante la conoscenza sui farmaci, ho scelto quelli che sono maggiormente somministrati per via orale in corsia. Quindi ho preso in esame: l’ acido acetilsalicilico (cardioaspirina/ 135 aspirina). Un ACE inibitore: ramipril (triatec). Un beta-bloccante: bisoprorolo (cardicor). anticoagulante: farfari Diuretico: sodico furosemide (coumadin). Un (Lasix). Un tranquillante: bromazepam (lexotan). Due antidiabetici (metformina-glicazide). Un antidolorifico Ketorolac trometamina (lixidol). Ho messo anche una domanda che mi incuriosiva molto: il luan gel è applicato in maniera sterile sul catetere vescicale? La domanda in questione mi destava una certa curiosità, in quanto, si parla spesso di procedure sterili e volevo sapere come la pensavano gli infermieri di corsia. Poi ho proposto una serie di domande riguardanti la legislazione infermieristica. Ecco il questionario che ho proposto di compilare agli infermieri di corsia: Luangel: secondo Lei è applicato in maniera sterile sul catetere vescicale? NO 20% SI 80,00% 136 Non conosce dopo quanto compare l'esordio dell'azione Trometamina Metformina Tavor Eutirox Coumadin Lasi x Cardicor Triatec As pirina 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Non conosce a quale categoria di farmaco appartiene Trometamina Metformina Tavor Eutirox Coumadi n Lasi x Cardicor Triatec As pirina 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Non conosce gli effetti collaterali Trometamina Metformina Tavor Eutirox Coumadin Lasix Cardicor Tri atec Aspi rina 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 137 Non conosce le interazioni con gli altri farmaci Trometamina Metformina Tavor Euti rox Coumadin Lasix Cardi cor Triatec Aspirina 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 70% 80% 90% 100% 70% 80% 90% 100% Non conosce le interazioni con gli alimenti Trometamina Metformina Tavor Eutirox Coumadin Lasix Cardicor Tri atec Aspi rina 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% Non conosce se provoca effetti tossici Trometamina Metformina Tavor Eutirox Coumadin Lasix Cardicor Triatec Aspirina 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 138 Non sa se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza Trometami na Metformina Tavor Eutirox Coumadin Lasix Cardicor Triatec Aspiri na 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Non conosce dopo quanto si manifesta il picco d'azione Trometamina Metformina Tavor Eutirox Coumadin Lasix Cardicor Triatec Aspirina 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Chi è il responsabile della detenzione dei campioni farmaceutici? Infermiere 20% Nessuna risposta 20% Caposala 40% Medico 30% 139 La somministrazione e la detenzione di farmaci guasti o imperfetti è regolamentata da: Art 443 C.p 40% Nessuna risposta 30% D.P.R. 261/94 20% Art 54 C.p 10% La legge 42/99: non ha risposto 20% Abolisce il mansionario e regola la competenza e la responsabilità professionale 50% È il profilo professionale infermieristico 10% Costituisce il mansionario infermieristico 20% La somministrazione dei farmaci deve seguire: Nessuna risposta 20% La regola delle 7G 60% il prontuario farmaceutico 20% 140 L'art 54 C.p.: Ci permette di somministrare farmaci in caso di necessità/pericolo imminente di vita. 10% Nessuna risposta 20% Ci permette di diluire i farmaci per il turno successivo. 20% Non ci consente di somministrare farmaci per nessun motivo. 50% 141 CONCLUSIONI I risultati del questionario compilato dagli infermieri di reparto, hanno evidenziato la loro parziale conoscenza sui farmaci e sulla loro gestione. In particolare metto in evidenza le alte percentuali che in media sfiorano il 80%, riguardanti il non riconoscimento delle potenziali complicanze, riguardanti l'assorbimento del farmaco nell' organismo; come l' interazione con altri farmaci o alimenti. Oppure, altre alte percentuali di operatori che non sono in grado (come dichiarato nel test), di riconoscere gli effetti tossici e collaterali che potrebbe avere il principio attivo. Legato all' argomento “somministrazione” gli operatori sanitari sono stati chiamati a rispondere a delle domande sulla legislazione infermieristica. Questo argomento ha dato paradossalmente dei risultati migliori. Infatti una scarsa maggioranza ha risposto correttamente alle domande sulle leggi. Malgrado questo, una fetta grande di minoranza, è convinta che la 142 legge 42/99 costituisca il mansionario (20%). un timido 10% mi ha risposto che è il profilo professionale. Un' altro 20% non ha risposto. Un 40% è convinto che il caposala sia il responsabile della detenzione dei farmaci campione. Un operatore, nonostante sia ben espresso nel questionario, che i farmaci sono tutti somministrati per via orale, alla domanda: “l esordio dell' azione del farmaco dopo quanto tempo compare?” mi ha risposto testuali parole “dipende dalla via di somministrazione”. Dopo aver letto questo ho pensato che una possibile origine a tutti questi errori sia anche lo scarso interesse in quello che si sta facendo o nel leggere le cose. Ho pensato che se questo/a infermiere/a, invece che il questionario, avesse avuto tra le mani una prescrizione medica e avesse letto come spesso accade con svogliatezza: cosa sarebbe successo? Avrebbe potuto capire male la via di somministrazione di un kcl o di insulina. C' è un dato che risalta molto: il 60% degli infermieri riconosce giustamente che la terapia deve seguire la regola delle 7G. Ma allora perchè non sanno gli effetti collaterali legati ad ognuna di queste 7 voci? Un' alta percentuale (80%), degli operatori sanitari, dichiara che il farmaco Luan gel è applicato in maniera sterile per effettuare il cateterismo vescicale. Questo non è assolutamente vero e porta l' infermiere a commettere errori di giudizio clinico che alzano la percentuale di infezioni 143 nosocomiali annue. Un paziente rischia di entrare in Pronto soccorso per una patologia e uscirne fuori con una in più, molto probabilmente che aggrava il quadro clinico della malattia di base: come le infezioni delle vie urinarie, causata dalla scorretta manovra di inserimento del catetere. Questo sembra non avere relazione con la somministrazione dei farmaci orali. Invece è ben correlato ed è un chiaro esempio di come vengano eseguite le operazioni infermieristiche in reparto; come per il cateterismo così per la somministrazione dei farmaci. Per questo mi è venuta l' idea di proporre uno strumento economico e di facile consulto che riesca a diminuire il rischio clinico sulla somministrazione dei farmaci. Infatti fino ad oggi i reparti più avanzati sono dotati di computer collegati alla farmacia dove l' infermiere deve solo rilevare il codice a barre del paziente, tramite un' apposita pistola che legge i codici a barre. Dopo di che il computer che ha elaborato il codice del paziente, si collega alla prescrizione medica che dalla farmacia fa arrivare direttamente in reparto la terapia. Tutto ciò per dimezzare il rischio clinico. Questo potrebbe risultare molto bello e utile ma non toglie all' infermiere la responsabilità sulla gestione del paziente dopo la somministrazione, con le relative complicanze. Senza togliere che questo metodo porta ad un oneroso dispendio di 144 budget. In questo mio elaborato, per questioni di tempistica ho concluso di basarmi solamente sui maggiori farmaci somministrati per via orale, ho preso in considerazione i farmaci orali più usati e realizzando un vademecum infermieristico di facile consultazione (lettura a griglia) che esamini il farmaco in toto sotto i punti di vista della gestione e responsabilità giuridica infermieristica. 145 Di seguito ho riportato un' esempio di pagina del vademecum che prende in considerazione il farmaco Lasix 30 cpr da 25mg Principio attivo Farmaco alternativo Forma farmaco Assunzione Furosemide Furosemide, diuremid diuresix, torasemide, tauzil. Compresse Orali Stomaco vuoto Periodo di validità e conservazione Effetti terapeutici Interazioni farmaci e alimenti Effetti collaterali 5 anni a confezionamento integro. Proteggere dalla luce. Diuretico dell' ansa Farmaci: La somministrazione orale di furosemide e di sucralfato devono essere distanziate di almeno 2 ore, in quanto il sucralfato riduce l´assorbimento intestinale della furosemide, riducendone di conseguenza l´effetto.La concomitante somministrazione di antinfiammatori non steroidei, incluso l´acido acetilsalicilico, può ridurre l´effetto della furosemide. Disidratazione, squilibrio idroelettrolitico, ipopotassemia, ipovolemia, sete, cefalea, stato confusionale alterazioni ritmo cardiaco tetania, miastenia, disturbi gastrointestinali Alimanti: La possibilità e l´eventuale grado di alterazione dell´assorbimento della furosemide somministrata insieme al cibo sembrano dipendere dalla sua formulazione farmaceutica. Sovradosaggio Antidoto Tolleranza ipovolemia, disidratazione, emoconcentrazione, aritmie cardiache (comprendendo blocco A-V e fibrillazione ventricolare). I sintomi di questi disturbi sono costituiti da ipotensione grave (fino allo shock), insufficienza renale acuta, trombosi, stati di delirio, paralisi flaccida, apatia e stato confusionale. Non è noto alcun antidoto / specifico per la furosemide. Tuttavia si può tentare di limitare l´assorbimento sistemico del principio attivo mediante provvedimenti come la lavanda gastrica o tali da ridurre l´assorbimento (ad es. carbone attivo). Devono essere corretti gli squilibri clinicamente rilevanti del bilancio idroelettrolitico. dipendenza / 146 ALLEGATI QUESTIONARIO DI CONOSCENZA SULE IMPLICAZIONI NELLA SOMMINISTRAZIONE DELLA TERAPIA ORALE IN OSPEDALE Università degli studi di Genova Studente del terzo anno CL: Daniele Bilotti Il seguente questionario verrà compilato in forma anonima. Bisogna solo indicare l' età, il sesso, gli anni di servizio e la propria U.O. Tenete conto che le domande sono relative ai maggiori farmaci usati in ambito ospedaliero espressi non solo con il nome commerciale ma anche con il principio attivo e somministrati PER VIA ORALE. Le modalità di compilazione del seguente questionario è semplice: bisogna segnare con la penna una sola delle risposte e giustificarla se richiesto. Vi ringrazio in anticipo per la vostra collaborazione. Cordiali saluti. ETÀ SESSO M ANNI DI ANZIANITÀ DI SERVIZIO UNITÀ OPERATIVA F 147 FARMACO: (cardioaspirina/aspirina) acido acetilsalicilico QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no 148 FARMACO: ramipril (Triatec) QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no 149 FARMACO: bisoprololo (Cardicor) QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no 150 FARMACO: furosemide ( Lasix) QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no 151 FARMACO: warfarin sodico (Coumadin) QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no 152 FARMACO: Levotiroxina sodica (Eutirox) QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no FARMACO: lorazepam (Tavor) QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no FARMACO: bromazepam (Lexotan) QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no FARMACO: metformina QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no FARMACO: Glicazide QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no FARMACO: Ketorolac Trometamina (Lixidol) QUESITO RISPOSTE 1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene? Si no 2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no 3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no 4 Conosce le interazioni con gli Si altri farmaci? no 5 Conosce le interazioni con gli Si alimenti? no 6 Sa dirmi se provoca effetti Si tossici? no 7 Sa dirmi se può avere effetti Si sulla tolleranza e dare dipendenza? no 8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere? 30' 45' 60' 120' 180' no 9 L' esordio dell' azione dopo 30' quanto tempo compare? 45' 60' 120' 180' no 10 Secondo Lei il Luan gel: è applicato in maniera sterile sul catetere vescicale? SI NO Domande sulla legislazione. 1 Secondo il D.Lgs. n. 541/1992 richiamano l'art. 201 del T.U. delle leggi sanitarie del 1934, n. 1265, chi è il responsabile della detenzione dei campioni farmaceutici? Infermiere 2 Art. 443 C.p. La somministrazione e la detenzione di farmaci guasti o imperfetti è regolamentata: 3 La legge 42/99 4 La somministrazione farmaci deve seguire: 5 Art 54 C.p: Abolisce mansionario regola competenza e responsabilità professionale medico Art. 54 C.p. caposala D.P.R. 261/94 il Costituisce il È il profilo e mansionario professionale la infermieristico infermieristico la dei La regola delle Il mansionario 7G Ci permette di somministrare farmaci in caso di necessità/pericol o imminente di vita. Non ci consente di somministrare farmaci per nessun motivo. Il prontuario farmaceutico Ci permette di diluire i farmaci per il turno successivo. Bibliografia 1. TERAPIA, FARMACI, LORO SOMMINISTRAZIONE E SMALTIMENTO Avvocato Giannantonio Barbieri su Professione Infermiere, periodico del Collegio IPASVI della Provincia di Bologna, n. 1/2006 2. teoria, metodi” – NIS 1993 3. Antullo A., Case Management, in Benci L. 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