40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 1
la ricerca
opere, autori e problemi
di filosofia e di scienze umane
SCIENZA E FILOSOFIA
NEL NOVECENTO
a cura di Mario Quaranta
CANOVA
Edizioni di Scuola e Cultura
1
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 2
© Copyright 2012 by
Edizioni di Scuola e Cultura
via S. Speroni, 43 - Padova
I edizione Gennaio 2012
Cod. 9788873300595
Stampa: Areagrafica - Pordenone
2
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 3
Presentazione
Il rapporto (di incontro-scontro) tra filosofia e scienza è il tema forse
dominante del ’900. I testi che abbiamo scelto per illustrarlo sono stati
disposti secondo un ordine cronologico, per documentare il suo sviluppo, e, all’interno di quest’ordine, per aree culturali, per documentare i
temi di dibattito caratteristici per ogni Paese, in quanto ogni Paese li
discute in riferimento alle tendenze filosofiche e culturali prevalenti, e
con riferimento allo sviluppo delle scienze, diverso da Paese a Paese.
Bisogna segnalare che alcune tematiche di natura filosofica sono sviluppate proprio da alcuni dei maggiori scienziati: tra essi Mach diffonde un’immagine “economica” della scienza che sarà spesso utilizzata
dagli avversari per negarne il valore conoscitivo; Einstein corregge le
posizioni convenzionalistiche di molti suoi colleghi (e di molti filosofi)
accentuando il presupposto realistico dell’impresa scientifica
Nel primo Novecento la polemica antiscientistica in Francia (paese
del positivismo comtiano) riprende la tradizione spiritualistica, innestandola nella visione convenzionalistica aperta da Mach, e su una
linea analoga si muove il tomismo, che nell’area francofona ebbe tra i
rappresentanti maggiori (Maritain, Gilson). In Germania il rapporto è
più frastagliato, perché molteplici sono gli orientamenti filosofici (storicismo, neocriticismo soprattutto) e diversa (più aperta) la loro concezione della scienza (in particolare in Weber e Cassirer), caratterizzato
comunque dalla volontà di sottrarre al determinismo positivistico
l’ambito degli studi sull’uomo.
Diverso, in quanto fondato su una tradizione empiristica solo rafforzata dal positivismo, il pensiero di area inglese, che vede proposte di
convergenza tra scienza e metafisica (ad es. Whitehead), ma soprattutto le posizioni di Russell e Wittgenstein, da cui negli anni Trenta prenderà spunto, in Austria e poi in tutta Europa il neopositivismo. A parte,
oltre l’Italia di cui diremo, lo sviluppo del problema in paesi opposti nel
loro sviluppo sociale e politico – gli Stati Uniti l’Unione sovietica –
accomunati peraltro da un orientamento di fondo realistico e pratico,
attento alla scienza per il suo valore sociale (soprattutto con Dewey).
Un mutamento di prospettive, rispetto agli approcci testé delineati,
si matura a partire proprio dalla metà degli anni Trenta: accanto agli
indirizzi precedenti, e via via predominanti su di essi, si sviluppa una
“revisione” del neopositivismo, di cui successivamente si è visto l’esponente massimo in Popper, e a cui si può accostare un pensatore “anomalo” come Bachelard in Francia; anche l’influenza del “secondo
3
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 4
Wittgenstein” sposta l’attenzione, dal discorso scientifico, al discorso
comune.
Contemporaneamente, si afferma, un po’ in tutti i paesi d’Europa
(con l’esclusione dell’area anglosassone) l’esistenzialismo, preoccupato
di sottrarre l’esistenza all’approccio “oggettivante” (e perciò “disumanizzante”) della scienza, pur mantenendo coscienza del suo valore culturale (in particolare Jaspers), ridotto peraltro a dominio, e visto come
causa di un decadere della vera conoscenza (Heidegger). A questa si
affianca, nel secondo dopoguerra, la visione critica della scienza elaborata alla fine degli anni Trenta da Husserl. Nel contempo, una visione
di ispirazione marxista, di critica della società e della cultura (e quindi
della scienza) capitalistiche, viene sviluppata con originalità dalla scuola di Francoforte (Horkheimer, Adorno), mentre si diffonde in tutta
Europa la visione di Husserl sulla “crisi della scienza”.
La matrice di tutti questi atteggiamenti, in buona parte culminati nel
Sessantotto, è con evidenza la tradizione umanistica (letteraria) dell’Europa, presente in modo particolare negli sviluppi del dibattito in
Italia nel primo Novecento. Visioni innovative come quella di Enriques
e di Vailati vengono vinte dall’idealismo di Croce e Gentile, che o nega
alla scienza addirittura valore conoscitivo, o la subordina al pensiero
filosofico; e pochi pensatori si dimostrano interessati, o anche solo
informati, della scienza e dei suoi problemi interni.
Solo negli anni successivi si sviluppano atteggiamenti più articolati
e maturi: da un lato il dibattito sull’epistemologia degli anni Settanta
sfocia in una visione più duttile e più libera della scienza, di cui fu vista
espressione ancora in Popper e soprattutto in Feyerabend, per certi
aspetti “anticipata” proprio dal alcuni pensatori italiani, come
Geymonat e Abbagnano. Ma anche oggi, in un periodo di crisi non
della ricerca scientifica, ma dell’ideologia, il problema di fondo della
filosofia rimane quello di una “conciliazione” tra scienza e umanesimo,
ben visto anche da numerosi scienziati, che ad es. nel campo delle
scienze umane preconizzano un ritorno alla “saggezza” (Piaget).
Una impostazione teorica comprensiva e significativa della vasta
problematica relativa al rapporto scienza-filosofia si trova in pensatori
sensibili al valore della scienza ma consapevoli anche dei suoi limiti,
come Jaspers, dalle cui pagine abbiamo tratto il saggio introduttivo.
Analoga consapevolezza è presente in pensatori italiani come
Abbagnano e Geymonat. Dal maturo storicismo di quest’ultimo abbiamo tratto il saggio conclusivo, preceduto da alcune pagine puntuali e
attuali di Abbagnano.
4
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 5
2
Saggio introduttivo
KARL JASPERS
SCIENZA E FILOSOFIA
UN RAPPORTO DA RIFONDARE
[Karl Jaspers (1883-1969) si laureò in medicina e dopo il lavoro nell’ospedale psichiatrico di Heidelberg, ove si impegnò a migliorare la
pratica clinica, si dedicò alla psicologia e infine alla filosofia; è considerato tra i maggiori rappresentanti dell’esistenzialismo europeo. Il suo
manuale Psicopatologia generale (1913) costituisce uno dei primi tentativi di fornire un fondamento metodologico rigoroso della psichiatria.
Con Psicologia delle visioni del mondo (1931) Jaspers va oltre la psicologia e la psichiatria, e traccia la sua “filosofia dell’esistenza” o esistenzialismo nei tre volumi di Filosofia (1932) e in Filosofia dell’esistenza (1938).
Il suo obiettivo è quello di delineare uno studio dell’uomo attraverso
l’analisi della totalità delle sue manifestazioni. Egli considera la “spiegazione” e la “comprensione” due procedure complementari, anche se
attribuisce alla comprensione un ruolo primario nello studio dei fenomeni psichici. L’uomo, afferma, non è solo un animale o un angelo; “è
unico, egli ha la sua parte nella serie dei viventi ed in quella degli angeli, appartiene ad entrambi e differisce da entrambi”. È, insomma, irriducibile all’analisi scientifica; da ciò l’esigenza, contro l’immagine
“naturalistica” dell’uomo data dal positivismo, di una ricerca volta individuare i caratteri di una singolarità che sfugge ad ogni tentativo di
generalizzazione. La filosofia non per Jaspers, come per Husserl, una
“scienza rigorosa”; essa si orienta verso una continua interrogazione
dell’esistenza umana.
Jaspers afferma che all’origine del processo conoscitivo c’è una
distinzione fra mondo dell’uomo (mondo vissuto) e mondo oggettivo; il
primo è indagato dalla filosofia, il secondo dalla scienza. La scienza ha
un linguaggio rigoroso, la filosofia usa un linguaggio evocativo perchè
deve comprendere l’uomo che è un unicum. La conoscenza scientifica è
fondata sull’intelletto, quella filosofica sulla ragione; la prima raggiunge l’esattezza mentre la seconda va oltre, perchè “la verità è qualche
cosa di infinitamente più dell’esattezza”.
Tra scienza e filosofia non c’è un rapporto tra un sapere inferiore e
uno superiore; non c’è un rapporto conflittuale se la scienza “sa riconoscere i propri limiti”, e la filosofia stimola la scienza a non fermarsi ai
risultati raggiunti. La conoscenza scientifica è conoscenza dei fenomeni ed è circoscritta al mondo naturale; essa pertanto non potrà mai raggiungere la totalità del reale, mentre la filosofia ‘chiarifica’ l’esperienza,
la singolarità dell’uomo e trova al fondo della sua analisi che la libertà
è il suo carattere costitutivo. L’uomo è sì libero, ma in una situazione
storicamente data, dove vive situazioni-limite – la malattia, la colpa, la
morte –; e queste aprono la via verso la trascendenza.]
5
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 6
3

1.- Sin da quando ebbe inizio, la filosofia, si è presentata come
scienza, come la scienza senz’altro. La meta, verso cui presero il
volo coloro che si dedicarono al suo servizio, fu la conoscenza più
alta e più certa. Il problema se la filosofia sia scienza ha potuto porsi
soltanto a partire dallo sviluppo delle scienze, in senso specifico,
moderne. Le quali hanno compiuto, nel secolo XIX, la loro evoluzione per lo più senza filosofia, spesso in opposizione alla filosofia,
insomma in atteggiamento di indifferenza di fronte a essa. Se ora si
chiede che la filosofia sia scienza, ciò significa qualcosa di nuovo, e
cioè: che essa, la filosofia, debba essere scienza allo stesso modo di
queste scienze moderne, così convincenti per l’opera loro. [...]
Di fronte a questa domanda si ebbero due diverse reazioni. In
primo luogo: si riconobbe giusta l’offensiva contro la filosofìa. I rappresentanti della filosofia si ritirarono quindi su posizioni più
ristrette. Se è vero che la filosofia è giunta alla sua fine per aver
ceduto tutti i propri oggetti alla scienza, rimane tuttavia da conoscere la sua storia, prima di tutto come un fattore della storia delle
scienze stesse, in secondo luogo come un evento della storia dello
spirito, intesa questa storia come la storia degli errori, delle anticipazioni, dei processi di liberazione, attraverso i quali la filosofia si è
resa da se stessa superflua. La storiografia filosofica ha infine il
compito di custodire la conoscenza degli scritti filosofici e sia pure
soltanto come se si trattasse di manifestazioni interessanti dal
punto di vista estetico, le quali, sebbene sprovviste di valore scientifico rilevante, sono ancor meritevoli di essere lette per il loro stile
e per lo stato d’animo che vi si esprime.
Altri invece seguirono l’orientamento scientifico del tempo, rifiutando la filosofia passata e proponendosi di fondare la filosofia come
scienza rigorosa. Così assunsero un compito che continuava a essere riservato alla filosofia, essendo comune a tutte le scienze: ad
esempio i problemi della logica, della teoria della conoscenza, della
fenomenologia. La filosofia, per riacquistare la sua reputazione,
doveva, fattasi imitativa e servile, diventare ancella delle scienze.
Come tale essa diede un fondamento gnoseologico alla validità
scientifica che anche senza ciò era egualmente incontrovertibile:
fece, cioè, cosa assolutamente superflua. Come logica, però, diede
sviluppo ad una scienza speciale che, in virtù della universalità del
suo oggetto, identificato con la forma di ogni pensare valido in
generale, di una mathesis universalis, apparve adatta a prendere il
posto della filosofia precedente.
Questa prima reazione sembra aver condotto, oggi, al seguente
risultato: la filosofia è una scienza tra le altre, una sfera particolare
di conoscenza accanto alle altre. Come queste, essa viene promossa
da specialisti, ha la sua cerchia ristretta di competenti, i suoi congressi e le sue riviste specializzate. Contro questo troppo zelante
atteggiamento scientifico si è formata una seconda reazione.
6
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 7



L’offensiva contro l’esistenza della filosofia fu respinta per il fatto
che si rifiutò in generale la sua pretesa ad essere scienza. Si disse
che la filosofia non era di fatto una scienza, ma riposava sul sentimento e sulla intuizione, sulla fantasia e sul genio. Essa è una evocazione in concetti, non una conoscenza del mondo. Essa significa
lo slancio del sentimento o la morte invocata con occhi desti. E altri
andarono ancora più innanzi: il darsi pena per la scienza non è affare della filosofia, perché essa penetra nel profondo della problematicità di ogni verità scientifica. Le scienze moderne sono del resto
una strada sbagliata, soprattutto per le conseguenze rovinose che la
vita razionale ha per l’anima e l’esistenza in generale. La filosofia
non è una scienza, ma appunto perciò sta accanto alla autentica
verità.
Entrambe le reazioni – tanto la sottomissione alla scienza quanto il rifiuto della scienza, concepita come una conoscenza vincolante, metodica e universale – sembrano essere la fine della filosofia.
Sia che essa sia sacrificata alla scienza, sia che neghi ogni scienza,
in nessuno dei due casi essa è ancora filosofìa.
2.- L’apparente trionfo delle scienze sulla filosofia ha prodotto da
alcuni decenni una situazione, in cui si cerca partendo da diverse
origini ancora una volta il vero filosofare. Se un siffatto filosofare
esiste, il problema del rapporto tra filosofia e scienza deve pur trovare una risposta, così in via di principio come nell’azione concreta.
È un problema reale di prim’ordine. Tale problema reale viene compreso in tutto il suo peso, se ci si richiama alla mente la sua origine
storica. Esso è sorto dal confuso intrecciarsi di tre motivi. Eccoli:
primo, il senso della scienza moderna; secondo, il vecchio e sempre
ripetuto tentativo di elaborare un sapere filosofico totale; terzo, il
concetto filosofico di verità, quale si rivela con chiarezza per la
prima volta e per sempre in Platone.
In primo luogo: le scienze moderne, sviluppatesi soltanto negli ultimi secoli, hanno introdotto nel mondo una nuova idea della scienza, che non esisteva né in Asia né nell’antichità né nel medioevo.
Certamente, già i Greci possedevano una scienza come conoscenza
metodica, che era certa e universale in modo vincolante. Ma le
scienze moderne non hanno soltanto portato a una forma più pura
questo senso fondamentale d’ogni scienza (compito ancor sempre
incompiuto), ma hanno formato e fondato in forma nuova il senso,
l’àmbito, l’unità della ricerca scientifica. [...]
Appartiene alla scienza moderna pure un secondo motivo, l’antichissimo impulso verso il sapere filosofico totale. La filosofia si è presentata sin dai tempi più remoti come scienza che conosce la totalità delle cose, non come una conoscenza di fatto in continuo sviluppo, ma come una dottrina compiuta. Ora la filosofia moderna dopo
Descartes si è identificata con la scienza moderna, ma in modo tale
7
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 8

che ha continuato a mantener fede al vecchio concetto filosofico di
un sapere totale. Tuttavia occorre rilevare come Descartes, proprio
per questa ragione, non abbia affatto compreso la scienza moderna,
per esempio la ricerca di Galileo, e come la sua opera abbia per il
suo significato ben poco da fare con la scienza moderna, per quanto poi egli stesso come matematico di grande capacità creativa
abbia contribuito al progresso di questa scienza. I filosofi successivi, e persino entro certi limiti un filosofo come Kant, rimasero prigionieri di questa idea del totalismo. Hegel credette di aver portato ancora una volta a totale compimento la vera scienza e di possedere nel suo mondo spirituale tutte le scienze.
Questa identificazione della scienza moderna e della filosofia
moderna con la loro vecchia pretesa al sapere totale fu fatale ad
entrambe. Le scienze moderne che, a causa di una comune illusione, videro nelle grandi filosofìe del XVII secolo e in altre posteriori la possibilità di trovare i pilastri per appoggiarvi il proprio edificio, furono viziate dalle pretese di un sapere che si poneva come
assoluto. Ma la nuova filosofìa ha potuto edificare la propria grandezza, per così dire soltanto “ad onta di se stessa”, in un costante
misconoscimento di se medesima
3.- Vi è ancora un terzo motivo. Né il concetto moderno della
scienza né l’idea di una scienza che si risolva nel sapere filosofico
totale di un sistema, coincidono con l’idea più propriamente filosofica della scienza, idea che troviamo in forma insuperabile in
Platone. La verità, la cui rivelazione nel processo del nostro conoscere ci viene indicata da Platone nel mito della caverna e toccata
nel gioco della sua dialettica, questa verità che concerne l’Essere e
ciò che è al di sopra di ogni Essere, quanto lontana, quanto originariamente diversa è dalla verità delle scienze che si muovono sempre soltanto nella sfera delle apparenze, senza mai attingere
l’Essere; e quanto è diversa dalla verità del sistema, che ritiene di
avere in suo possesso la totalità dell’essere! Quale distanza tra la
verità che non può essere scritta in nessun luogo, ma, secondo la
Lettera Settima [di Platone],si accende soltanto nel pensiero, se pur
tra individui che la comprendono nel momento propizio della
comunicazione, e la verità che esiste scritta, vincolante per tutti,
universalmente intellegibile, accessibile a tutti gli esseri intelligenti!
Tre concetti così diversi – quello della scienza moderna, quello
del sapere filosofico totale, quello della verità di fede che si rivela
nel pensiero (di cui abbiamo un esempio in Platone) – sono confluiti l’uno nell’altro sino alla presente confusione. Un esempio: il marxismo è diventato un momento importante dello sviluppo scientifico nei problemi e nelle ricerche economiche, ma ciò non lo distingue a sufficienza da altre correnti di pensiero, né determina l’importanza del suo influsso. Esso è piuttosto una teoria di filosofia
8
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 9


della storia, l’affermazione cioè del corso dialettico della storia considerata come un evento totale, che si presume di potere scrutare
sino in fondo. [...]
Analoghe forme di pensiero in cui una ricerca, che ha il suo pieno
significato solo se è limitata, viene assolutizzata acriticamente in un
sapere totale, e quindi si congiunge con un atteggiamento fideistico, si possono constatare sul terreno della dottrina razzistica, della
psicoanalisi e in molti altri casi. Le conseguenze di questo reciproco intrecciarsi di cose eterogenee sono, in grande, quelle stesse che
vediamo così diffuse, in piccolo, nella vita d’ogni giorno: le pose del
competente, l’essere soddisfatti della mera plausibilità, la boria di
chi guarda e giudica senz’ombra di critica, l’incapacità di condurre
una ricerca effettiva, di ascoltare, ponderare, sperimentare, di riflettere sino in fondo su se stessi.
È davvero irritante che in nome della scienza ci venga presentato ciò che è proprio l’opposto dello spirito scientifico. La scienza
infatti ci porta a sapere in qual modo e per quali motivi ed entro
quali limiti ed in qual senso sappiamo quel che sappiamo. Essa c’insegna a sapere con la consapevolezza metodologica nei confronti di
qualsiasi sapere. Essa porta a compimento una certezza, la cui relatività, cioè la riferibilità a certi presupposti e a certi metodi di ricerca, è la sua caratteristica più netta.
4.- In questa situazione di confusione per i concetti di scienza, si
pongono ora tre compiti che corrispondono ai tre motivi su esposti.
In primo luogo bisogna superare l’idea che il sapere filosofico totale sia un sapere presuntivamente scientifico. Partendo dalle stesse
scienze, questo falso sapere totale è stato criticamente dissolto. Qui
ha la sua origine l’opposizione contro la filosofìa, qui il disprezzo
della filosofia trova la sua giustificazione.
In secondo luogo bisogna conquistare la purezza delle scienze. Tale
compito può essere adempiuto solo nella prassi della ricerca in una
lotta incessante. Una fondamentale chiarezza sopra la scienza e i
suoi limiti è generalmente e facilmente riconosciuta anche da coloro che sbagliano continuamente nei particolari. Quel che importa è
di realizzare questa purezza nella concretezza delle singole scienze.
Il che avviene essenzialmente mediante lo stesso spirito critico
degli scienziati.
In terzo luogo bisogna ricostituire completamente la filosofìa
tenendo conto delle nuove condizioni che le scienze moderne hanno
imposto. Il che, già per le stesse scienze, è inevitabile. Infatti la filosofia è sempre viva nelle scienze, e tanto da esse inseparabile che
solo con un’opera comune può essere raggiunta la purezza di
entrambe. La negazione della filosofia suole far crescere inavvertitamente una cattiva filosofia. Lo scienziato, quando filosofa, ne sia
9
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 10



o non ne sia cosciente, trova in se stesso la guida della propria visione concreta, che egli non può riconoscere come vincolante dal
punto di vista scientifico. [...]
La scienza, abbandonata a se stessa come pura e semplice scienza, va a finire in azioni incontrollate. [...] Nelle stesse scienze reali
la filosofia costituisce la sostanza di cui lo scienziato vive, tanto da
dare serietà alla sua opera, la sostanza che guida il suo lavoro metodico. Colui che rafforza questa guida riflettendoci sopra e acquistando piena consapevolezza di sé, fa già espressamente della filosofia. Se questa guida fallisce, la scienza si degrada nella inesauribilità dell’arbitrario e dell’esattezza indifferente, nell’irrequietezza
di un’attività senza senso, in una compiacente prosternazione.
La purezza della scienza richiede la purezza della filosofia. Ma
come può la filosofia diventar pura? Non ha essa avuto sin dai tempi
più antichi valore di scienza, non ha essa voluto essere scienza? Noi
rispondiamo: essa è scienza, ma in tale modo che secondo il senso
della ricerca scientifica moderna è ad un tempo meno che scienza e
più che scienza. La filosofia si può chiamar scienza in quanto le
scienze siano il suo presupposto. Non vi è nessuna filosofia sostenibile
al di fuori delle scienze. La filosofia si lega incondizionatamente alla
scienza nella coscienza che essa ha della sua differenza da quella.
Essa non deve cozzare contro la conoscenza vincolante. Chi fa della
filosofia, deve esser versato nei metodi scientifici. [...]
La filosofia perciò si oppone agli spregiatori delle scienze, ai falsi
profeti, che mettono in sospetto la ricerca scientifica, che fan passare per scienza gli errori della scienza e vorrebbero rendere responsabile la scienza, la scienza “moderna”, dell’infelicità e della disumanità del nostro tempo. Contro il mito della scienza e contro il
disprezzo della scienza la filosofia si comporta dunque di fronte alla
scienza moderna senza condizioni. La scienza è per la filosofia il
meraviglioso avvenimento, a cui incomparabilmente ci si può affidare, è la più profonda incisione che abbia intaccato la storia del
mondo, l’origine di grandi pericoli come di ancora più grandi possibilità, e condizione d’ora in avanti di ogni dignità dell’uomo.
Senza questa scienza, il filosofo sa bene che la sua propria opera
cade nel nulla.
5.- Quest’opera del filosofo si può ben chiamare scientifica, perché
la filosofìa procede metodicamente ed è consapevole dei propri metodi. Ma questi metodi, a paragone di tutti i metodi scientifici, sono
diversi per il fatto che non hanno un oggetto della ricerca. Ciò che
costituisce un oggetto determinato, è per ciò stesso oggetto di una
scienza determinata. Se io considero, ad esempio, come oggetto
della filosofia, il “tutto”, il “mondo”, l’“essere”, son parole queste
che, come mostra la critica filosofica, non si riferiscono a nessun
oggetto. I metodi filosofici sono metodi per il trascendimento al di
10
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 11
là di ciò che è oggettivo. Filosofare vuol dire trascendere. [...]
In questo pensiero del trascendimento, ch’è proprio della filosofia
e ha qualche analogia con le forme scientifiche, la filosofia è meno
che scienza. Essa, infatti, non raggiunge risultati dimostrabili, né
una conoscenza vincolante per ogni intelletto. Non è da trascurare
il semplice fatto che la conoscenza scientifica si diffonde nella stessa forma in tutto il mondo, mentre la filosofia, nonostante tutte le
sue pretese ad una validità universale, non diventa effettivamente
universale in nessuna delle sue forme. Questo fatto è il segno esteriore della caratteristica essenziale della verità scientifica e di quella filosofica: la verità scientifica, è, sì, universale, ma relativa ai
metodi di cui si vale e ai presupposti su cui si fonda; la verità filosofica è incondizionata per colui che la realizza nella realtà storica,
ma nelle affermazioni che essa fa non è universale. La verità scientifica è eguale per tutti; quella filosofica è molteplice nei suoi successivi travestimenti storici, che sono sempre manifestazioni di una
singolarità e hanno, tutti quanti, egual diritto, ma non sono allo
stesso modo trasferibili.
L’unica filosofia è la philosophia perennis intorno alla quale stanno
in circolo tutte le filosofie, se pur nessuno la possieda; a essa partecipa qualsiasi filosofo autentico, per quanto essa non possa mai conquistare la configurazione di un edificio del pensiero che sia valido
per tutti, e sia, esso soltanto, il vero. Ma con ciò la filosofia non è
soltanto qualcosa di meno, ma anche qualcosa di più della scienza,
in quanto è la fonte di una verità che è inaccessibile al sapere vincolante della scienza. A questa filosofia corrispondono affermazioni come le seguenti; il filosofare insegna a morire; è slancio verso il
divino; è conoscenza dell’Essere in quanto Essere. [...]

E ora riassumo ciò che ho voluto dire: le scienze non abbracciano
tutta la verità, ma soltanto il rigore che è vincolante per ogni intelletto e valido universalmente. La verità è più ampia. Essa si deve
mostrare alla ragione che è propria del filosofare. Col titolo De veritate molte opere filosofiche sono state scritte dal primo medioevo
lungo tutti i secoli; oggi sta dinanzi a noi lo stesso compito urgente di acquistare una chiara visione dell’essenza della verità in tutto
il suo àmbito, nelle attuali condizioni del sapere scientifico e della
esperienza storica. Tale meditazione implica pure il rapporto tra
filosofia e scienza. Soltanto scindendo rigorosamente l’una dall’altra, si realizza in modo puro e vero la insolubile connessione di
entrambe.
L’Università cerca l’unità pratica tra le Scienze e la filosofia, nell’indagine scientifica e nell’insegnamento. Nelle Università hanno
pur sempre trovato il loro luogo di diffusione, con gli stessi mezzi
della scienza, le diverse concezioni del mondo. L’Università è la
sede in cui tutte le scienze s’incontrano. Nella misura in cui le scien11
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 12

ze rimangono un aggregato, l’Università assomiglia a una bottega
spirituale; ma nella misura in cui queste tendono a una unità del
sapere, essa assomiglia all’impresa di una costruzione, non mai finita, d’un tempio.
Un secolo e mezzo fa tutto questo era ovvio: ciò che gli scienziati recavano in sé di filosofia, era stato portato alla più lucida consapevolezza dagli stessi filosofi. Le cose ora vanno altrimenti. Le
scienze si sono frantumate in tanti rami specializzati. E la conoscenza scientifica, fondandosi sulla nitidezza delle singole nozioni a
carattere vincolante, ha creduto di potersi liberare della filosofia.
È forse questa dispersione delle scienze l’ultima e inevitabile fase?
Si desiderò pure una filosofia che recasse dentro di sé, già elaborata, tutta intera la tradizione, e fosse emersa dalla situazione spirituale del nostro tempo, e rivelasse una sostanza comune a noi tutti,
e tutto ciò fosse in grado di esprimere, a un tempo, in sublimi
costruzioni del pensiero e in proposizioni semplici tali da trovare
facile risonanza in ciascuno. Ma una cosiffatta filosofia oggi non la
possediamo.
[Karl Jaspers, Filosofia e scienza, “Die Wandlung”, III, 1948, pp. 721-734, traduzione di Norberto Bobbio, “Rivista di filosofia”, XLI, 3, 1950, pp. 245-259. La
divisione del testo in punti è nostra.]
12
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 124
TEMI DI VERIFICA E RICERCA
Quali sono le argomentazioni usate da Bergson e da altri nella critica del
determinismo? E perché Bergson ritiene la filosofia superiore alla scienza?
Che tipo di conoscenza è quella che Dilthey chiama “comprensione”, e in che
cosa differisce dalla spiegazione scientifica?
In che cosa la comprensione storico-sociale per Weber differisce da quella
di Dilthey? E per quali ragioni la scienza non ci dice nulla sui fini dell’agire?
In che senso Cassirer definisce l’uomo “animale simbolico”, e quali sono per
lui le espressioni più importanti dell’attitudine a elaborare simboli?
Quali esigenze accomunano, secondo Dewey, Russell e Whitehead, la ricerca scientifica e la ricerca filosofica?. E quali atteggiamenti le differenziano?
Quando, secondo Wittgenstein, gli enunciati del linguaggio sono dotati di
senso? E che valore hanno altri tipi di enunciato?
Quale è, secondo i neopositivisti, il principio di demarcazione tra una proposizione fornita di senso e una proposizione priva di senso?
Quali limiti indica Popper nel principio di verificazione, e perché ritiene più
decisivo per la scienza il principio di falsificazione?
Quali sono le differenze fra “ragione soggettiva” e “ragione oggettiva” in
Horkheimer? In quali altri pensatori si può ritrovare una analoga prospettiva?
In che senso Husserl parla della “crisi” delle scienze europee? Quali altri
pensatori hanno approfondito il tema del valore ideologico della scienza?
Il “mondo della vita” su cui per Husserl dovrebbe rifondarsi la scienza,.quali
convergenze e divergenze presenta con il concetto di vita dello storicismo.
In che senso, per Heidegger, “la scienza non pensa”? Su che cosa si fonda,
per altri pensatori, la superiorità/inferiorità della scienza o della filosofia?.
Quali sono i limiti di qualsiasi metodo scientifico secondo Fayerabend? E
quale valore positivo può avere il riconoscimento di questi limiti?
Che forma di relazione indica Piaget tra sapere scientifico e “saggezza”?
Con quali posizioni gli altri pensatori del ‘900 affrontano tale tema?
Qual è il rapporto scienza-filosofia individuato dai principali pensatori italiani del ‘900, e in rapporto a quali concezioni filosofiche e politiche?
Quali differenze si registrano, nella valutazione della scienza e dei suoi rapporti con la filosofia, tra Croce e Gentile?
La scienza ha un fondamento che le dà valore assoluto, o elabora semplici
modelli ipotetici? Quali epistemologi sostengono l’una o l’altra tesi?.
124
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 125
C’è continuità tra linguaggio comune e linguaggio scientifico? Con quali
argomentazioni scienziati e filosofi sostengono l’una o l’altra tesi?
Quali proposte di unificazione sostengono le varie correnti della filosofia del
Novecento tra scienza e filosofia?
La discussione sul valore della scienza in rapporto alla filosofia ha come presupposto la tradizione metafisica. Dove si trova attestata questo presupposto?
La discussione sul valore della scienza in rapporto alla filosofia ha come presupposto la tradizione religiosa. Dove si trova attestato questo presupposto?
La scienza ha una portata sociale e civile che sottostà a tutte le discussioni
sul suo valore conoscitivo e culturale. In che misura e in che forme questo riferimento si trova nei filosofi presenti in questa antologia?
Quali ambiti e quali funzioni riservano alla filosofia i pensatori che privilegiano la scienza? E quali funzioni riservano alla scienza i pensatori che privilegiano la filosofia?
125
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 126
NOTA BIBLIOGRAFICA
Indichiamo alcune opere di noti filosofi ed epistemologi, insieme ad altri contributi storici più recenti sui rapporti tra filosofia e scienza.
F. Waismann, in Analisi linguistica e filosofia. Una nuova prospettiva (Ubaldini, Roma
1970), affronta il problema del determinismo, cruciale nell’epistemologia e in filosofia. La sua tesi è che “il determinismo è piuttosto una idealizzazione che un’asserzione di fatti, valida solo nell’ipotesi che una precisione illimitata sia nelle nostre
possibilità, ipotesi che, data la struttura atomica dei nostri strumenti di misura, è
tutt’altro che realistica. È principalmente nell’astronomia, il dominio più avanzato
della precisione, che possiamo almeno avvicinarci all’ideale classico”.
Il neopositivista Hans Reichenbach, in L’analisi filosofica della conoscenza scientifica
(Marsilio, Padova 1968), afferma che “lo stato della scienza è di stabilire delle proposizioni che abbiano validità reale. Ma questo è possibile, per l’appunto, solo se si
fa uso del principio d’induzione, perché solo questo principio consente di discriminare le arbitrarie costruzioni fantastiche delle teorie aventi validità oggettiva”.
Anche R. B. Braithwait, in La spiegazione scientifica (Feltrinelli, Milano 1966), sostiene la validità di una versione aggiornata dell’induzione.
Il fisico Max Planck in La conoscenza del mondo fisico (Boringhieri, Torino 1964),
ha assegnato un posto centrale alla categoria della causalità nella scienza e nell’epistemologia. “La legge di causalità, afferma, non è né vera né falsa, è piuttosto un
principio euristico, un punto fisso – e a mio parere, il nostro punto fisso più utile –
per aiutarci a trovare relazioni in un ammasso stupefacente di avvenimenti, e per
mostrarci la direzione in cui deve avanzare la ricerca scientifica per ottenere risultati fecondi”. La filosofia ha il compito di collegare fra loro le varie scienze.
Antonello Pierpaolo, in Il ménage a quattro. Scienza, filosofia, tecnica nella letteratura
italiana del Novecento (Mondadori Education, Milano 2005), analizza in che modo
letteratura, scienza, filosofia e tecnica si confrontino e mettano in discussione a
vicenda, esplicitando il rapporto fra i saperi che è all’opera nella narrativa di quattro fra i più importanti scrittori del Novecento italiano (Calvino, Gadda, Primo Levi
e Sinisgalli). Scienza, filosofia e tecnica sono viste come discorsi, linguaggi e pratiche fondamentali per la costituzione e comprensione delle opere di questi autori.
Elena Gagliasso in Verso un’epistemologia del mondo vivente (Guerini, Milano 2001),
attraverso un’analisi filosofica e storica della biologia evoluzionistica del xx secolo,
delinea le diverse idee e immagini della natura che sono state via via elaborate,
ponendo in evidenza il ruolo che le metafisiche hanno avuto nella costruzione di
nuove teorie e tecniche.
John D. Barrow, in Dall’io al cosmo. Arte, scienza, filosofia (Cortina, Milano 2000),
presenta e discute i risultati raggiunti dall’astronomia, dalla fisica e dalla matematica nell’analisi e nell’approfondimento di alcuni concetti-chiave nella filosofia e nella
scienza, come quelli di tempo, complessità, caso. Inoltre, discute i rapporti che oggi
si sono instaurati tra filosofia, scienza, religione.
Paolo Musso, in La scienza e l’idea di Ragione (Mimesis, Milano 2011), parte dall’esame dei rapporti fra Galileo e Cartesio (il primo, rispetto al secondo, un autentico scienziato), prosegue con una analisi della meccanica newtoniana giungendo ad
Einstein e oltre, infine sviluppa una critica dell’epistemologia moderna; in particolare dell’approdo filosofico cui giunge, ossia il relativismo.
Mario Alloni dialoga con Giulio Giorello, in Se ti spiegassi la scienza? (Aliberti,
Roma 2011). Giulio Giorello rifiuta il preconcetto disciplinare e accademico di filosofia, nella persuasione che chiunque sia in grado di affrontare i problemi filosofici
scaturenti dalla scienza. Non retrocede, perciò, all’avanzata della fisica e della mate-
126
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 127
matica nei territori della speculazione, ma riconosce che oggi “la filosofia si annida
proprio nelle pieghe della scienza”.
Ludovico Geymonat, in Filosofia e filosofia della scienza (Feltrinelli, Milano 1960),
indica ai filosofi i problemi fondamentali dell’epistemologia, e agli scienziati quelli
filosofici emergenti da una seria analisi della scienza. Geymonat individua sette problemi centrali che emergono entro la razionalità scientifica e che interessano, per
motivi diversi, scienziati e filosofi. Essi sono: (1) i criteri di scientificità delle scienze; (2) l’unità del pensiero scientifico; (3) la funzione del convenzionalismo; (4) il
ruolo dell’assiomatizzazione e della formalizzazione); (5) l’apertura e la storicità
delle teorie scientifiche; (6) il concetto di progresso, (7) i rapporti tra tecnica e scienza. Tutti temi tra loro strettamente connessi e confluenti nell’indicazione di un’integrazione filosofica rappresentata dal realismo.
In Sapere scientifico e sapere filosofico (Sansoni, Firenze 1961) tre filosofi italiani, L.
Geymonat, P. Filiasi Carcano, A. Guzzo, affrontano il problema da prospettive filosofiche diverse, su cui intervengono oltre venti filosofi italiani.
Paolo Facchi, in Descrizione e spiegazione (Edizioni Università di Trieste, 2002),
attraverso una fine analisi logico-linguistica, dipana i diversi significati e usi che questa coppia di concetti ha avuto nella storia della filosofia.
Due ampi saggi esaminano i filosofi e gli epistemologi del Novecento in una innovativa lettura storiografica in cui l’idea-guida è appunto il rapporto scienza-filosofia;
vi si trovano molti degli autori presenti nella nostra antologia: G. Furnari Lavarà e
F. Rizzo (a cura di), Filosofi del Novecento (A. Siciliano editore, Messina 2004); G.
Gembillo e G. Giordano (a cura di), Epistemologi del Novecento (A. Siciliano editore,
Messina 2004).
Alfredo Marcos, Filosofia dell’agire scientifico. Le nuove dimensioni, pref. di E.
Agazzi, Academia Universa press, Milano 2010. L’autore considera la scienza non
solo come un insieme di enunciati, ma anche come una presenza essenziale all’interno della vita umana, nel suo significato politico, filosofico, culturale.
Infine, segnaliamo alcuni libri di storia e filosofia della scienza in cui è affrontato
il rapporto tra scienza e filosofia. John Losee (1972), Introduzione alla Filosofia della
scienza, Il Saggiatore, Milano 1972; AA.VV., ‘Atti del convegno internazionale sul
tema Storia, Pedagogia e Filosofia della scienza’, Ed. Accademia Nazionale Lincei,
Roma 1973; Harold Brown, La nuova filosofia della scienza, Laterza, Bari-Roma 1977;
Karel Lambert - Gordon Brittain, Introduzione alla filosofia della scienza, Boringhieri,
Torino 1979; David Oldroyd, Storia della filosofia della scienza, Il Saggiatore, Milano
1986; Giulio Preti, Lezioni di filosofia della scienza, Angeli, Milano 1989; Peter Kosso,
Leggere il libro della natura. Introduzione alla filosofia della scienza, Il Mulino, Bologna
1992; Donald Gilles - Giulio Giorello, La filosofia della scienza nel XX secolo, Laterza,
Bari-Roma 1993; John Losee, Filosofia della scienza. Un’introduzione, Il Saggiatore,
Milano 1993; Giulio Giorello, Introduzione alla filosofia della scienza, Bompiani,
Milano 1994; Bruno Marilena, Filosofia e filosofia della scienza, Compagnia dei Librai,
Genova 1997; Mario Alai, Filosofia della scienza del Novecento, Armando, Roma 1998;
Giovanni Boniolo - Paolo Vidali, Filosofia della scienza, Bruno Mondadori, Milano
1999; Maria Luisa Dalla Chiara - Giuliano Toraldo di Francia, Introduzione alla filosofia della scienza, Cortina, Milano 1999; Marino Centrone, La filosofia della scienza
nel Novecento, Levante, Bari 2002; Francesco Coniglione, Introduzione alla filosofia
della scienza. Un approccio storico, Bonanno, Roma 2004; James Ladyman, Filosofia
della scienza, Carocci, Roma 2007; Marco Buzzoni, Filosofia della scienza, La Scuola,
Brescia 2008.
127
40:40.qxd 21/04/2012 15.08 Pagina 128
INDICE
Presentazione
Saggio introduttivo
Karl Jaspers: Scienza e filosofia, un rapporto da rifondare
Ernst Mach: Pensiero scientifico e pensiero filosofico
Albert Einstein: Presupposti filosofici della scienza
Henri Bergson: Intelligenza scientifica e intuizione filosofica
Jacques Maritain: Scienze particolari e sapienza filosofica
Wilhelm Dilthey: Scienze della natura e scienze dello spirito
Max Weber: Conoscenza scientifica e scelta dei valori
Ernst Cassirer: Scienza e filosofia, sistemi simbolici
John Dewey: Scienza, filosofia e sviluppo civile
Lenin: Idealismo “fisico” e materialismo dialettico
Alfred N. Whitehead: Conoscenza scientifica e visione filosofica
Bertrand Russell: Metodo scientifico e ricerca filosofica
Ludwig Wittgenstein: Compiti della scienza e della filosofia
Moritz Schlick: Scienza, filosofia e ricerca dei significati
Rudolf Carnap: Scienza, filosofia e analisi logica
Karl Popper: Metodo della scienza e funzione della filosofia
Gaston Bachelard: Pensiero filosofico e spirito scientifico
Edmund Husserl: Crisi delle scienze e rifondazione filosofica
Martin Heidegger: Scienza, tecnica e conoscenza dell’“essere”
Max Horkheimer: Ragione scientifica e ragione filosofica
0
Paul K. Feyerabend: Scienza, metodo e società “aperta”
Jean Piaget: Sviluppo della scienza e ricerca della saggezza
Federigo Enriques: Scienza, filosofia e unità del sapere
Giovanni Vailati: Scienza, filosofia e sviluppo della ricerca
Benedetto Croce: Concetti scientifici e concetto filosofico
Giovanni Gentile: Scienza e filosofia nella vita dello spirito
Nicola Abbagnano: Scienza e filosofia nell’esistenza umana
Saggio conclusivo
Ludovico Geymonat: Sapere scientifico e sapere filosofico
Temi di ricerca
Nota bibliografica
128
003
005
013
017
021
025
029
033
037
041
045
049
053
057
061
065
069
073
077
081
085
089
093
097
101
105
109
113
118
124
126