Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? RIASSUNTO Il gold standard della diagnosi di rigetto nel trapianto di cuore è costituito dalla biopsia endomiocardica. Questo esame è soggetto ad errori di campionamento ed interpretazione, è costoso e ha una sua intrinseca morbilità. Da molti anni si tenta di sviluppare metodi per la diagnosi non invasiva di rigetto cardiaco e la tecnologia dei microarray costituisce un interessante mezzo per analizzare il profilo di espressione genica dell’attivazione del sistema immunitario. Se il quadro di espressione genica espresso dai mononucleati circolanti riflettesse l’entità del rigetto miocardio, avremmo la possibilità di evitare la maggior parte delle biopsie con notevoli vantaggi per i pazienti. Questo lavoro riassume lo stato dell’arte dell’utilizzo della genomica nella diagnosi di rigetto ed affronta possibili future applicazioni di questa tecnica in clinica. Parole chiave Biopsia endomiocardica, profilo di espressione genica, rigetto miocardico, microarray, trapianto cardiaco. Gene expression profile in rejection: toward avoiding myocardial biopsies? SUMMARY The gold standard of rejection surveillance in heart transplantation is endomyocardial biopsy. However, this procedure causes morbidity, is expensive and subject to sampling errors. Non invasive diagnosis of myocardial rejection is clearly needed and gene chips (microarrays) are exciting investigative tools for analyzing gene expression pattern of immune activation and leukocyte trafficking. If the gene expression profile of peripheral blood mononuclear cells reflects the rejection status of the transplanted heart, it would be possibile to avoid most endomyocardial biopsies with obvious advantages for patients. This article reviews the current “state of the art” of microarray use in the diagnosis of myocardial rejection and discusses future application of this technology to clinical heart transplantation. Key words Endomyocardial biopsy, gene expression profile, myocardial rejection, microarray, heart transplantation. 21 1/ 2006 Roberto Fiocchi Roberta Sebastiani Alessandra Fontana Attilio Iacovoni Emanuela Radavelli Amando Gamba USSD Trapianti di Cuore, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedali Riuniti di Bergamo Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? l R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Introduzione Il termine “genomica” definisce la scienza del mappaggio, del sequenziamento e dell’analisi dei genomi, vale a dire dell’intero contenuto di DNA. La genomica si differenzia in “genomica strutturale”, che studia il sequenziamento del genoma umano, e “genomica funzionale”, che indaga se, come e quando i geni si accendono nella cellula e vengono tradotti in proteine. In questo articolo il termine genomica sarà utilizzato per riferirsi alla genomica funzionale. Alla genomica si è affiancata la “proteomica” termine con cui viene definito l’intero complesso di proteine presenti in una cellula in un dato momento. La proteomica punta a determinare l’intero corredo delle proteine espresse in una cellula. Il nostro sistema immunitario produce verso ciò che riconosce come “non-self” una serie di risposte di attivazione genica e di sintesi proteica, per cui l’organo trapiantato viene riconosciuto come estraneo e quindi rigettato. La correlazione dei dati genomici con quelli proteomici potrebbe consentire di stabilire l’effettivo ruolo sia dei geni sia delle proteine coinvolti nell’ambito del rigetto d’organo, e quindi di scoprire nuovi bersagli genici o proteici di interesse farmacologico. Scopo di questo articolo è quello di analizzare lo stato dell’arte delle attuali conoscenze sull’espressione genica del rigetto miocardico e valutare le possibili future applicazioni cliniche. l La biopsia miocardica: abbiamo necessità di altri mezzi diagnostici? Dobbiamo riconoscere che, di fatto, negli ultimi venti anni la biopsia endomiocardica ha contribuito a rivoluzionare e a far progredire le conoscenze nel trapianto cardiaco. Essa ha permesso notevoli avanzamenti nella comprensione dei meccanismi di rigetto ed ha uniformato in tutto il mondo la definizione di rigetto miocardico. Ancora oggi la diagnosi di rigetto si basa sulla biopsia; tuttavia essa non è priva di rischi e costituisce un esame invasivo che può determinare complicanze, morbilità e, raramente, anche mortalità, soprattutto nei pazienti pediatrici1. La diagnostica offerta dalla biopsia miocardica è di tipo istologico: la diagnosi di rigetto si fonda sull’aspetto del tessuto, sul grado e sulla tipologia di infiltrato cellulare. Questa valutazione non permette di distinguere tra rigetti all’apparenza simili aventi differente espressione clinica e prognosi: talvolta il quadro clinico del paziente non corrisponde al risultato bioptico. Infatti, nell’ambito del trapianto cardiaco, alcuni gradi avanzati di rigetto miocardico sono completamente asintomatici, altri rigetti hanno la potenzialità di regredire spontaneamente senza aumento dell’immunosoppressione. Visto che il risultato istologico non è in grado di identificare quali infiltrati andranno incontro a regressione spontanea, la conseguenza pratica è che tutti i pazienti con un certo grado di infiltrato ricevono in- 22 Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? distintamente un trattamento che comporta un notevole aumento dell’immunosoppressione. In altre occasioni assistiamo ad una biopsia miocardica con scarso o assente infiltrato miocardico, mentre il paziente presenta compromissione emodinamica. Anche in questo caso la biopsia mostra i suoi limiti: è possibile definire questo stato un “rigetto miocardico con biopsia silente”. L’imprecisione diagnostica e l’invasività della biopsia costituiscono quindi una limitazione nell’ambito del trapianto cardiaco. In tutti questi anni sono stati sviluppati diversi tentativi per effettuare una diagnosi non invasiva di rigetto miocardico2-7. Purtroppo, le metodiche non invasive non sono mai riuscite a sostituire la biopsia endomiocardica, in quanto gravate da una notevole imprecisione diagnostica, ridotta riproducibilità e da un’incapacità reale di fornire dei risultati confrontabili in diversi centri. Nella comunità scientifica proseguono i tentativi di sviluppare una metodica non invasiva che abbia un’adeguata specificità e predittività nella diagnosi di rigetto di grado avanzato o di deterioramento emodinamico non accompagnato da infiltrato miocardico. In questi ultimi anni, un nuovo metodo per la diagnosi non invasiva apre la strada alla speranza che un giorno si possano evitare la maggior parte delle biopsie oggi effettuate routinariamente. Questo tentativo si basa sulla valutazione del profilo genico espresso nei leucociti circolanti. Basandosi sul presupposto che il rigetto sia un fenomeno che coinvolge non solamente l’organo trapiantato, ma che si esprima anche in un’attivazione immunitaria sistemica, si è ipotizzato che l’espressione genica dell’attivazione del sistema immunitario nei leucociti circolanti possa essere correlata con il grado di rigetto miocardico. Metodiche quali la PCR real time sono in grado di evidenziare l’espressione genica di molteplici geni basandosi semplicemente su un prelievo venoso da cui viene estratto mRNA. È possibile che con lo sviluppo di marker molecolari di rigetto, diversi quadri clinici caratterizzati da identiche risposte bioptiche possano essere differenziati in quanto è assolutamente probabile che alla base di quadri clinici diversi vi siano differenti espressioni genomiche e proteomiche. l Le metodiche per lo studio dell’espressione genica I microarray, o matrici ad alta densità, sono la più recente di una serie di tecniche che sfruttano le caratteristiche peculiari della doppia elica del DNA, ovvero la natura complementare delle due catene e la specificità dell’accoppiamento delle basi. I microarray (o bio-chip) sono costituiti da supporti solidi, quali silicio, plastica o vetro, delle dimensioni di alcuni centimetri, sui quali vengono immobilizzati decine di migliaia di geni. La possibilità di realizzare bio-chip sempre più informativi è una delle conseguenze del sequenziamento del codice genetico umano. Il microarray consente di verificare quali geni siano attivi in un tipo cel- 23 R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? lulare o in un tessuto, di quantizzare il loro livello di attivazione (upregulation o downregulation) e di seguire quali variazioni accadano nel tempo in condizioni patologiche. In tal modo è possibile identificare i geni con potenziale attività nel favorire l’evoluzione di un rigetto miocardico e quelli al contrario coinvolti nello stato di “quiescenza” del sistema immunitario. Dal punto di vista teorico, il microarray potrebbe identificare l’attivazione di un rigetto prima che questo avvenga istologicamente in quanto l’attivazione genica precede l’espressione cellulare. Con l’analisi dell’espressione genica attraverso la tecnica dei microarray può essere quindi definita la firma o il ritratto molecolare del rigetto. I risultati di queste analisi possono permettere di identificare marcatori molecolari predittivi di un particolare comportamento (aggressivo, indolente, a remissione spontanea, ecc.) di differenti rigetti miocardici. l L’attivazione genica e il rigetto La regolazione dell’espressione genica prevede che molteplici meccanismi operino per selezionare quali geni debbano essere espressi nei diversi tipi cellulari o quali debbano rimanere silenti. Questi meccanismi si esplicano nei processi di trascrizione, maturazione, traduzione e folding. La trascrizione costituisce il primo passo nell’espressione di un gene, essa è fondamentale sia nel differenziamento cellulare sia durante lo sviluppo precoce dell’attività di una cellula. In questa fase l’espressione genica è regolata dall’azione coordinata di proteine regolatrici che si legano alle regioni di controllo sul DNA. La trascrizione di un gene produce mRNA, per cui identificare e quantizzare un determinato mRNA da un tessuto o gruppo cellulare, equivale a sapere che quel singolo gene è stato trascritto. Il trovare trascritti alcuni geni che sono indice di attivazione del sistema immunitario e disattivati altri geni che sono dei repressori dell’attivazione del sistema immunitario può permettere di identificare un risveglio del sistema immunitario prima che questo produca dei danni. Si presume che questa attivazione del sistema immunitario, misurata sul sangue periferico, possa essere in correlazione con l’entità dell’infiltrato linfocitario all’interno del miocardio. Appare ragionevole pensare che, quando il sistema immunitario si attiva per rigettare l’organo trapiantato, i linfociti circolanti possiedano un profilo genico potenzialmente differente da quello di un’attivazione aspecifica, antivirale o antibatterica: è quindi presumibile che si possa trovare un certo grado di correlazione tra l’espressione genica dei linfociti circolanti ed il grado di rigetto. Gli studi, utilizzando piastre microarray, possono permettere l’identificazione del profilo di espressione genica all’interno dei linfociti circolanti. Queste metodiche sono analoghe a quelle già utilizzate nell’ambito di studi sull’espressione genica del tessuto tumorale per ricavarne indici prognostici ed eventualmente terapeutici. 24 R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? Le complesse relazioni tra l’espressione dei geni che dirigono il sistema immunitario fanno sì che si possa verificare una enorme varietà di profili di attivazione genica la cui espressione può rappresentare qualsiasi stato immunitario, dalla tolleranza assoluta al più violento dei rigetti. Attualmente, non esiste possibilità di individualizzare la terapia immunosoppressiva in quanto non possiamo identificare momento per momento il grado di attivazione del sistema immunitario nei confronti dell’organo trapiantato. La conseguenza di questa ignoranza è che, affidandoci ad una immunosoppressione “standard”, somministriamo ai nostri pazienti troppa o troppo poca immunosoppressione, provocando diversi outcome clinici con rischio di tumore ed infezioni oppure di rigetto. Il monitoraggio dell’attività “dell’orchestra genica” potrebbe fornire preziose informazioni sulla tendenza di ogni singolo paziente a sviluppare rigetto acuto o cronico, sulla compatibilità tra donatore e ricevente, e potrebbe permettere di stratificare il rischio dei pazienti nei confronti dello sviluppo di tumori, accettazione dell’organo ed infezioni8. Marker genomici e proteomici La genomica e la proteomica, nell’ambito del trapianto cardiaco, potrebbero rappresentare un valido aiuto per la comprensione dei meccanismi molecolari che stanno alla base del rigetto e, a lungo termine, sostituire la biopsia miocardica nella definizione di rigetto cardiaco. L’identificazione di marker genomici e proteomici presumibilmente un giorno permetterà in ambito clinico una maggior definizione dei diversi tipi di infiltrato miocardico oggi definiti come rigetto, e una immunosoppressione più mirata. Per gli esperti di genomica appare sempre più probabile che non esista una singola attivazione genica predittiva di un determinato comportamento cellulare, ma è ipotizzabile l’identificazione di molteplici tipi di profilo d’attivazione genica che corrispondono a differenti rigetti miocardici a prognosi differente e che richiedono trattamenti immunosoppressivi diversi. Il sistema immunitario possiede una notevole ridondanza di meccanismi d’attivazione nei confronti dell’organo trapiantato. Questo fatto presumibilmente giustifica il motivo per cui quadri istologici apparentemente identici abbiano espressione clinica differente: l’espressione genica di questi diversi quadri clinici è diversa8. Come sta già avvenendo nello studio della progressione di un tumore e del comportamento di alcuni tipi di malattie, identificheremo il rigetto descrivendo un “profilo di espressione ed attivazione genica” in cui una quantità notevole di geni potrebbe essere coinvolta. Tale profilo potrebbe essere caratterizzato da una serie di geni attivati, ad esempio “pro infiammatori”, mentre l’attività di altri geni “antinfiammatori” sarà ridotta. Un passo successivo, ma forse non troppo futuribile, potrebbe essere costituito dallo sviluppo di marker proteomici del rigetto miocardico: identificare quali proteine o quale profilo multiproteico caratte- 25 R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? rizzi l’attivazione di tutto il sistema immunitario nei confronti del graft trapiantato potrebbe costituire un enorme vantaggio. Nel contesto del trapianto cardiaco l’espressione delle proteine può essere identificata o dal tessuto prelevato durante una biopsia miocardica o dai linfociti circolanti. Ovviamente, nella maggior parte dei casi, indagare l’espressione proteomica dei linfociti circolanti dovrebbe essere più conveniente perché meno invasivo. Tuttavia i linfociti circolanti potrebbero esprimere un pattern proteico che fornisce risultati potenzialmente aspecifici, in quanto il profilo di espressione proteica potrebbe essere contaminato da altri processi biologici che si attivano contemporaneamente e che contribuiscono all’espressione proteica dei linfociti circolanti. Al momento attuale la possibilità di impiego della proteomica appare ancora lontana. Negli ultimi anni la terapia immunosoppressiva ha avuto a disposizione un più ampio armamentario di farmaci, incrementando le possibilità di prevenzione del rigetto. Con questa aumentata disponibilità incrementiamo presumibilmente il rischio di immunosopprimere troppo i pazienti: probabilmente la genomica ci permetterà un raffinamento delle nostre terapie e una diagnostica più efficace sia della quantità di immunosoppressione sia della necessità in ogni momento di adeguare l’immunosoppressione al reale stato di attivazione del sistema immunitario. Stiamo assistendo in questi anni e parteciperemo nel prossimo futuro ad un periodo particolarmente stimolante nell’ambito della diagnostica del rigetto e probabilmente anche nel trattamento del singolo paziente trapiantato. l Utilizzo dei profili genici nella diagnosi di rigetto Al momento attuale, la letteratura basata sulla tecnologia dei microarray nell’ambito del trapianto d’organi nell’uomo è abbastanza scarna; tuttavia si prevede, nei prossimi anni, una crescita esponenziale delle informazioni ottenute con tali metodiche. Alcuni risultati iniziali provengono dal modello animale, che è di inestimabile valore nella comprensione dei geni coinvolti nello sviluppo di rigetto acuto e cronico8. Christopher et al.9 hanno recentemente identificato nel topo un profilo genico che cambia con lo sviluppo temporale del rigetto acuto. Alcuni autori giapponesi10 hanno indagato, mediante microarray, l’espressione di 9906 geni in ratti affetti da rigetto cronico dopo trapianto cardiaco. Essi hanno dimostrato che in un giorno solo dopo il trapianto, 1067 geni erano espressi in misura differente nei ratti che avrebbero sviluppato rigetto cronico rispetto a quelli che non avrebbero sviluppato vasculopatia cronica del graft. Questi risultati suggeriscono che, sia nel rigetto acuto sia nella vasculopatia cronica del graft, l’espressione genica è mutevole nel tempo. Nella fase tardiva dello sviluppo del rigetto cronico, Kitagawa et al.10 hanno verificato che solamente 26 geni si rivelavano upregolati e di questi la tempistica di regolazione di 16 geni correla- 26 R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? va strettamente con lo sviluppo di vasculopatia cronica del graft. Questi risultati suggeriscono che è possibile identificare i meccanismi genici sottostanti allo sviluppo del rigetto cronico e che, a seconda del tempo in cui viene effettuata l’analisi dopo il trapianto, il profilo genico si modifica esprimendo inizialmente meccanismi di attivazione del processo di rigetto cronico ed in seguito altri meccanismi che, presumibilmente, lo mantengono e perpetuano. La complessità del profilo genico e la differente espressione specie-specifica della regolazione del sistema immunitario, rende difficile formulare una sintesi logica dei risultati ottenuti in ambito umano e correlarli con quelli verificati nell’animale. Uno dei primi studi pubblicati ha fornito dei risultati abbastanza sorprendenti. Analizzando sette campioni ottenuti da pazienti con rigetto acuto di rene, Akalin et al.11 hanno identificato come geni significativamente sovraespressi quelli che regolano l’espressione dell’interferon gamma e delle citochine, mentre non sono stati trovati sovraespressi geni che ci si aspettava di trovare come quelli che codificano per granzima B, perforina e granulisina, noti effettori del rigetto acuto renale. Recentemente è stato utilizzato un differente approccio alla diagnosi non invasiva di rigetto utilizzando una metodica basata su PCR quantitative12. Gadi et al. hanno cercato di identificare i livelli circolanti di HLA del donatore, basandosi sul polimorfismo HLA e sul presupposto che elevati livelli circolanti siano in relazione con la distruzione cellulare del graft. Essi hanno dimostrato, mediante identificazione dell’HLA specifico del donatore, che i livelli circolanti di DNA sono più elevati in pazienti, sottoposti a trapianto di rene e pancreas, affetti da rigetto d’organo rispetto ai pazienti che non rigettavano. Hoffmann et al.13 hanno dimostrato che il profilo del polimorfismo genico del donatore influenza il numero di rigetti acuti e potenzialmente lo sviluppo di rigetto cronico nel trapianto di rene. Da questi studi apprendiamo quindi che anche il profilo HLA del donatore potrebbe aiutarci nella stratificazione del rischio di rigetto nel ricevente. Un esempio concreto di come la tecnologia dei microarray e le conoscenze maturate in ambito animale possano essere trasferite con efficacia nel campo umano appare in un recente articolo pubblicato da un gruppo francese14. Roussoulieres et al. sono partiti dal modello di trapianto cardiaco nel ratto. In questo animale il trapianto cardiaco è sempre eterotopico, cioè viene inserito in addome un secondo cuore prelevato da un donatore. Quindi, questo modello sperimentale è caratterizzato dalla presenza di due cuori, uno, nativo, che appartiene all’animale trapiantato e non viene mai rigettato, e l’altro (allograft) da donatore, che può potenzialmente venire rigettato. In questo modello animale è pertanto possibile paragonare l’espressione genica nel cuore nativo con quella nell’allograft. In caso di rigetto, la differenza di espres- 27 R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? sione genica nei due organi permetterebbe di svelare i meccanismi molecolari alla base del rigetto. Utilizzando la tecnica dei microarray, gli autori hanno trovato che otto geni erano sovraespressi e sette geni erano sottoespressi negli allograft rispetto ai cuori nativi. Di questi geni, hanno scelto i due che ritenevano più predittivi: un gene codifica per una proteina denominata MIP 1 beta e l’altro gene codifica per un’altra proteina che si chiama VE Caderina. Essi hanno trovato che il primo gene era sovraespresso in caso di rigetto e il secondo gene era sottoespresso. In seguito, hanno messo a punto una metodica basata su una PCR quantitativa e hanno verificato i loro risultati nell’uomo. Estraendo dalle biopsie miocardiche di pazienti trapiantati l’mRNA, sono andati ad identificare come questi geni fossero regolati (sovraespressi o sottoespressi) nell’ambito del trapianto cardiaco umano. In questo contesto hanno confermato i risultati ottenuti nell’animale, cioè che il gene del MIP 1 beta era sovraespresso e il gene della VE Caderina era downregolato in caso di rigetto miocardico acuto. Pertanto, nell’ambito delle biopsie miocardiche, sono stati in grado di identificare l’attivazione genica indice della presenza di un rigetto miocardico acuto. La MIP 1 beta (o Macrofage Inflammatory Protein 1 beta) è una proteina infiammatoria che fa parte del gruppo delle chemiochine. Essa ha proprietà chemiocinetiche (stimola il movimento dei leucociti) e di chemiotassi (indirizza il movimento dei leucociti). La VE Caderina (o Caderina vasculo-endoteliale) è una proteina di adesione che tiene letteralmente incollate tra loro le cellule endoteliali che foderano la parete interna dei vasi. Essa è fondamentale nello sviluppo di neoangiogenesi, anche nei tessuti tumorali, e svolge quindi un ruolo nei processi di sviluppo vascolare normale e patologico. Appare pertanto logico che la sovraespressione di MIP 1 beta sia un indice dello stato infiammatorio e della chemiotassi leucocitaria provocata dal rigetto, mentre la sottoespressione della VE Caderina sia conseguenza del fatto che, durante un rigetto, si determina una maggior possibilità di migrazione dei leucociti attraverso la parete dei vasi. La sottoespressione della VE Caderina potrebbe indicare una maggiore permeabilità dei vasi a tutte le cellule che accorrono nel processo infiammatorio. Questo interessante esperimento pubblicato su Circulation nel 200514 dimostra la possibilità concreta di applicare la tecnologia dei microarray e la PCR quantitativa nel campo del trapianto cardiaco nell’uomo. Lo studio CARGO Nel 1991 Stephen Fodor, allora ricercatore della Affymax, pubblicava su Science un articolo in cui descriveva una tecnica di analisi comparativa simultanea dell’espressione di migliaia di geni in tipi cellulari diversi. Questa piattaforma prese il nome di GeneChip in quanto era il prodotto dell’incontro fra la tecnologia dei semiconduttori e quella della sintesi chimica degli oligonucleotidi. Il sistema è compo- 28 R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? sto da un supporto di vetro suddiviso in molteplici aree contenenti ciascuna 107 oligonucleotidi identici (lunghi 20 basi azotate) che costituiscono la sonda per l’identificazione di un determinato gene. Se si tiene conto che un GeneChip può contenere fino a 65.356 oligonucleotidi diversi e che oggi sono disponibili chip che presentano oligonucletidi sonda per quasi tutti i geni umani, si comprende come le potenzialità di questa tecnica siano enormi. Con gli oligonucleotidi presenti sul chip si fa poi reagire l’RNA messaggero estratto dalle cellule, ovvero lo specchio di tutti i geni attivi. L’applicazione più banale del GeneChip appare quindi l’analisi dei geni espressi dalle cellule di un determinato tipo. Uno degli scopi successivi è comunque quello di cercare la correlazione tra cambiamenti dell’espressione genica (misurata dalla quantità di mRNA trascritto) e specifici cambiamenti sia in condizioni fisiologiche sia patologiche. I GeneChip sono alla base di uno studio sull’espressione genica del rigetto miocardico denominato CARGO (Cardiac Allograft Rejection Gene expression Observational study). In un recente lavoro comparso nel 2006 sull’American Journal of Trasplantation15, alcuni ricercatori sono riusciti a dimostrare che l’espressione genica nei mononucleati circolanti correla con l’entità del rigetto. In altre parole, questi autori hanno provato a sviluppare un metodo che riesca ad identificare i gradi più avanzati di rigetto miocardico nell’uomo. Questi autori hanno verificato l’ipotesi che il profilo di espressione genica nei linfociti circolanti potesse differenziare l’assenza di rigetto miocardico (grado 0 della classificazione del rigetto secondo l’ISHLT) dalla presenza di un rigetto di grado moderato-severo (grado ≥ 3A ISHLT). Per validare questa ipotesi si sono basati sul presupposto che il profilo genico dell’attivazione del sistema immunitario e della chemiotassi leucocitaria sia espresso nei mononucleati estratti dal sangue periferico e che questo profilo rifletta il grado di rigetto nell’organo trapiantato. Il lavoro si è svolto in diverse fasi. Nella prima fase, quella dell’identificazione dei geni coinvolti, sono stati selezionati 285 campioni di pazienti che presentavano presenza o assenza di rigetto miocardico. Questi campioni sono stati ibridizzati con dei microarray leucocitari in grado di valutare 7370 geni. Da questi sono stati selezionati 97 geni candidati (a cui ne sono stati aggiunti altri 155 sulla base di dati della letteratura o per somiglianza di funzione) per lo sviluppo di test in PCR. L’analisi dei dati in PCR ha portato ad identificare 62 geni con potere discriminatorio per la presenza di rigetto. Un’ulteriore validazione ha infine selezionato 4 geni singoli e 3 metageni per un totale di 11 geni che avevano un elevatissimo potere predittivo per discriminare la presenza o l’assenza di rigetto miocardico. I “metageni” non sono dei geni presenti fisiologicamente ma, costruiti artificialmente, evidenziano un “profilo” di espressione di diversi geni che hanno in comune l’attivazione quasi simultanea per produrre un determinato effetto: questa tecnologia è utilizzata, ad esempio, per studiare e diagnosticare errori 29 R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? congeniti del metabolismo. L’equazione finale per identificare un rigetto viene definita dall’algoritmo di validazione e fornisce uno score che va da 0 a 40, dove lo score più elevato esprime una maggior probabilità di rigetto. Nella fase di validazione dell’equazione lo score di 20 identificava correttamente l’84% dei campioni con rigetto. Gli autori dello studio CARGO15 hanno anche osser vato che la performance del test migliora con la distanza temporale dal periodo dell’intervento chirurgico, suggerendo che il test possa mostrare la sua principale utilità nella sorveglianza a lungo termine del rigetto miocardico. l Critica dei risultati dello studio CARGO L’espressione genica su piastra microarray, in questo momento storico, non può essere definita una metodica che fornisce dati certi in quanto esiste una notevole variabilità di espressione genica ed è difficile costruire un algoritmo che sia specifico e predittivo di un evento patologico (ad esempio il rigetto miocardico) e le nostre conoscenze nel campo sono ancora rudimentali e scarse. Nell’editoriale comparso sullo stesso numero dell’American Journal of Trasplantation il lavoro di Deng et al. è stato sottoposto ad una notevole critica16. Le accuse principali sul lavoro si basano sul fatto che l’espressione genica dei mononucleati circolanti produce una quantità di dati elevatissima. Gli attuali test statistici non sono in grado di scegliere con sicurezza quale sia il miglior algoritmo identificativo del profilo d’espressione genica dell’attivazione del sistema immunitario. In questo editoriale, viene messo in evidenza come l’analisi del profilo di espressione genica di un tessuto o di un tipo cellulare non sia ancora codificata per quanto riguarda la metodologia statistica che porta a determinati risultati. Recenti evidenze della letteratura sottolineano che gli studi sul polimorfismo della mutazione di un singolo nucleotide hanno prodotto risultati così variabili che delle 166 associazioni studiate almeno 3 volte, soltanto 6 si sono dimostrate riproducibili. Gli autori dell’editoriale definiscono questa situazione “un fiasco” per riviste scientifiche che pubblicano i dati di espressione genica correlati con eventi patologici. Ogni campione analizzato in microarray potrebbe fornire qualcosa come 50.000 risultati numerici e l’approccio bioinformatico non è attualmente in grado di far fronte ad una tale mole di dati per distinguere con adeguata sicurezza tra i risultati cercati e il “rumore di fondo” determinato dalla variabilità individuale, dallo stato fisiologico o patologico intercorrente. Anche nel campo dell’identificazione del profilo di espressione genica dei tumori per identificare pazienti con prognosi differente, alcune strategie hanno prodotto dei risultati “instabili” che dipendono da quali pazienti sono stati selezionati per i test di validazione della metodica. In alcuni lavori, questi test di validazione hanno dimostrato efficacia paragonabile a quella di una pura casualità. In 30 R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Analisi del profilo genico nel rigetto: eviteremo le biopsie endomiocardiche? conclusione gli autori dell’editoriale sostengono che le premesse degli studi di espressione genica sono reali ed eccitanti per il futuro, ma che i tempi non sono maturi per accettare senza adeguata critica i risultati pubblicati. Il titolo dell’editoriale è infatti: “Lies, damn lies, and statistics: the perils of the P value”. R. Fiocchi et al. Trapianti 2006; X: 21-32 Conclusioni Stiamo vivendo una fase storico-scientifica di incertezza ma anche di febbrile attesa nei confronti delle possibilità offerte dalla genomica. Sono veramente necessari ulteriori studi per confermare i risultati preliminari, tuttavia la strada dell’espressione genica dei mononucleati circolanti può aprire una nuova era nella diagnosi di rigetto miocardico nel contesto del trapianto di cuore17. Lo studio del profilo genico permette di poter scrutare con occhio molecolare l’interno dell’intricata rete della cellula e di analizzare i complessi eventi che ne regolano la vita e che se sregolati possono essere alla base dello sviluppo del rigetto sia acuto sia cronico. Con la metodica del microarray, i profili e le espressioni geniche possono essere visti letteralmente quasi come una fotografia, e i singoli componenti della fotografia altro non sono che i geni visti nel loro grado d’espressione in un particolare, determinato e preciso momento della vita cellulare. Tuttavia, se esistesse la possibilità di individuare rigetti simili dal punto di vista bioptico ma con diversi profili genici, potremmo avere indicazioni sulla prognosi di un certo tipo di rigetto e sulla responsività a diverse terapie immunosoppressive. Questo permetterà di scegliere l’approccio terapeutico con maggiori probabilità di successo. Sarà quindi possibile fornire evidenti benefici per il paziente individualizzando la terapia ed utilizzare in modo produttivo le diverse risorse terapeutiche disponibili, altrimenti impiegate in trattamenti che rischiano di essere “troppo” o “troppo poco” immunosoppressivi. BIBLIOGRAFIA 1. Yoshizato T, Edwards WD, Alboliras ET, Hagler DJ, Driscoll DJ. Safety and utility of endomyocardial biopsy in infants, children and adolescents: a review of 66 procedures in 53 patients. J Am Coll Cardiol 1990; 15: 436-42. 4. Pellicelli AM, Cosial JB, Ferranti E, Gomez A, Borgia MC. Alteration of left ventricular filling evaluated by doppler echocardiography as a potential marker of acute rejection in orthotopic heart transplant. Angiology 1996; 47: 35-41. 2. Kemkes BM, Schutz A, Engelhardt M, Brandl U, Breuer M. Noninvasive methods of rejection diagnosis after heart transplantation. J Heart Lung Transplant 1992; 11: S221-S31. 5. Ballester M, Bordes R, Tazelaar HD, et al. 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