LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA 5. LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA L’economia delle aree agricole e ambientali1 Il sistema ambientale, la rete ecologica e la pianificazione urbanistica 1 Questo contributo si avvale di tre fonti di informazioni principali. La prima è la ricerca ADAPT curata dall’IRES CGIL, che ha fornito la quota più aggiornata di informazioni e di valutazioni sul quadro generale delle attività agricole nel territorio romano, prevalentemente su base dati ISTAT 1981-1991, dati INEA e aggiornamento campione nel 1998 (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali, Strategie per la riconversione produttiva sostenibile delle PMI agricole nell’agro romano, programma ADAPT Ne.R.I.Pro XXI, Collana di Studi e Ricerche, Working paper n.11, Roma, Febbraio 2000. Il documento rappresenta il Rapporto intermedio di ricerca del progetto di iniziativa comunitaria ADAPT “Networking for Regional Innovation towards Agenda XXI” , di cui è responsabile Elena Battaglini dell’IRES e, per il partner italiano ECOMED, Franco La Torre e Carlo Vigevano, nel quale vengono studiati i rapporti fra caratterizzazione ambientale e storico-paesistica dell’agro romano e struttura socio-economica delle sue aziende agricole). La seconda è rappresentata dalle ricerche effettuate dall’Istituto Tagliacarne appositamente per l’Ente RomaNatura, propedeutiche alla redazione dei Piani di assetto delle undici aree protette gestite dall’Ente, interne al Comune di Roma, concluse nel 2000. La terza è rappresentata dai materiali del Comune di Roma (Dip.Ambiente e Dip. Politiche del Territorio) prodotti per la definizione della rete ecologica e per la redazione del nuovo Piano Regolatore Generale. 195 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA La risorsa sistema ambientale ha trovato la sua prima rappresentazione formalizzata nella rete ecologica 2 , nella quale sono compresi tutti gli ecosistemi che, indipendentemente dal ruolo assegnato dalla pianificazione urbanistica, garantiscono, se interconnessi, la funzionalità e le capacità di autorigenerazione del sistema ambie ntale: dalle aree protette, ad alta naturalità, alle aree agricole, al verde urbano, pubblico e privato, al reticolo idrografico, per finire alle alberature delle strade. Ciascuna con un proprio ruolo ecologico (per il clima, il mantenimento della biodiversità, la qualità ambientale ecc..), ma ciascuna con specifici usi e funzioni nell’economia e nella vita della città. Dopo molti decenni di riduzione sistematica a favore dell’espansione urbana (pianificata e abusiva), il sistema ambientale ha raggiunto una configurazione tendenzialmente stabile, per l’effetto combinato della stabilizzazione demografica, e quindi della minor pressione all’edificazione, del maggiore controllo amministrativo sull’edificazione abusiva e delle recenti scelte della pianificazione urbanistica che prendono atto delle mutate condizioni generali di sviluppo e della domanda di un rapporto più sostenibile fra città e natura. A partire dal 1990, l’amministrazione produce una serie di atti di pianificazione che danno concretezza alla strategia complessiva di salvaguardia: l’elaborazione della variante di salvaguardia, appena approvata dalla Regione Lazio (aprile 2002), della variante “verde e servizi”, che confermava la destinazione a verde pubblico di aree strategiche della rete ecologica; poi a partire dal 1994, l’avvio della fase di pianificazione finalizzata alla redazione del nuovo PRG per la città, con la proposta del Poster Plan, manifesto della strategia urbanistica che delinea la ruota verde, sistema di aree agricole e grandi aree verdi urbane che circondano e percorrono in senso radiale l’intera città (i tre grandi cunei dell’Appia, del Tevere Nord-villa Ada e dell’Ovest-Villa Pamphili). Quindi, a seguire, la variante delle Certezze (del 1995, ancora in fase di approvazione regiona le), atto di avvio sostanziale del nuovo PRG, che modifica in agro vincolato o verde ambientale 2.431 ettari di aree edificabili. Poi la perimetrazione di altre undici aree protette 3 , oltre alle 2 Elaborato redatto dal Dipartimento Ambiente, a cura di Mirella Di Giovine, per il nuovo PRG. 3 Con delibera di C.C. n.39/95 vengono perimetrati i seguenti parchi: Veio, Insugherata e Valle dei Casali. L’anno successivo, con deliberazione n.162 altre otto nuove perimetrazione comprendono: Marcigliana, Valle dell’Aniene, Decima Malafede, Monte 196 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA cinque già esistenti, che verranno affidate ad un unico ente di gestione 4 . Infine il nuovo PRG, che è ancora in via di elaborazione ma è ormai giunto alla soglia dell’adozione in consiglio comunale (l’adozione del Piano è prevista entro la fine del 2002). Tabella 1. Estensione del sistema del verde a Roma Destinazione Interno alle Aree Esterno alle Aree Totale di PRG Protette (ha) Protette (ha) Zona agricola 30.950 32.310 63.260 Verde pubblico 11.368 7.814 19.182 Verde privato vincolato (Riserva Presidenziale di Castel Porziano) 4.700 4.700 Totale 47.018 40.120 87.142 Fonte: Documento Preliminare al Piano di Azione Ambientale del Comune di Roma, a cura di Ecomed, 1997. Al termine di questo percorso Roma si troverà ad avere più di 87.000 ettari di aree verdi e non urbanizzabili (agricole, protette, pubbliche e private vincolate), al di fuori cioè anche dell’ulteriore espansione aggiuntiva prevista dal nuovo PRG in via di adozione, corrispondenti a più della metà del territorio comunale. Il nuovo Piano assume la mappa della rete ecologica fra gli elaborati prescrittivi 5 , definisce le azioni da attivare e, nelle norme e regole, la disciplina urbanistica e le norme specifiche per ogni singola componente. Quella primaria è costituita dagli ambienti più delicati, fra i quali sono compresi sia quelli agricoli che possiedono un’alta valenza ambientale, sia il verde urbano e il reticolo idrografico. In questa componente prevale la tutela, ma per le aree agricole sono previste le trasformazioni necessarie alla conduzione delle attività, quando compatibili e accompagnate da misure di miglioramento ambientale (vedi più oltre il PAMA). Quella secondaria è costituita da aree che, seppur parzialmente trasformate dall’edificazione, e ancora trasformabili, danno un contributo Mario, Tenuta dei Massimi, Laurentino Acqua Acetosa, sistema lacuale di BraccianoMartignano. 4 L’Ente regionale RomaNatura viene istituito nel 1997 con L.R. n.29/97. E’ attualmente impegnato nella fase di redazione finale e approvazione dei Piani di assetto per le undici aree protette principali. 5 Vedi il n. 116 della rivista Urbanistica, Gennaio/Giugno 2001, dedicato al nuovo Piano per Roma, e in particolare gli articoli di F. Oliva, Il sistema ambientale e di G. Cafiero, Il paesaggio. 197 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA essenziale alla definizione della rete e richiedono, per questo, interventi di rinaturalizzazione o restauro ambientale. Quella di completamento svolge funzioni di connessione fra le due precedenti (in genere il sistema delle acque e i percorsi verdi). Il Piano in adozione conferma la sostanziale riduzione del consumo di suolo già compiuta con il Piano delle certezze. Le aree non edificabili vengono così definitivamente assegnate all’uso agricolo o alla funzione di risorse ambientali per la città e la relativa normativa assume un ruolo assai rilevante, sia per la gestione del sistema ambientale che, più specificamente, per la gestione delle attività agricole che sono ancora determinanti per il mantenimento della sua funzionalità e biodiversità. Obiettivo specifico dichiarato è quello di “…costituire e sviluppare filiere produttive di beni e servizi nei settori agro-alimentare, turistico, culturale, ambientale e artigianale”. Si distingue, nell’insieme del territorio agricolo, quello a valenza ambientale dove, accanto all’uso prevalentemente agricolo, è necessario prevedere misure di salvaguardia per la difesa idraulica, archeologica, paesistica. Oltre alle prescrizioni relative alle aree della Rete Ecologica, nelle quali le opere comunque consentite (collegamenti infrastrutture a rete, alcune opere idrauliche, fitodepurazione, percorsi ciclo-pedonali) sono sottoposte a Valutazione Ambientale Preventiva, la nuovo disciplina dell’agro romano 6 detta nuove regole sull’uso del suolo, sulle trasformazioni ammesse, sulla silvicoltura, sulle cave, sulle attrezzature per la attività ricreativo-culturali e sportive a cielo aperto e in impianti, sulla nuova edificazione e il recupero o trasformazione di quella esistente, sui nuclei di servizi e sull’edilizia rurale, per arrivare infine al Piano ambientale di miglioramento agricolo (PAMA 7 ). Il rapporto fra attività consentite e impianti ammessi è regolato da un’apposita tabella e da regole specifiche per ciascuna categoria di 6 Ci riferiamo al Titolo III – sistema ambientale - della bozza, ancora in lavorazione all’interno degli uffici del Piano, delle norme di Piano Regolatore, rielaborate rispetto alla prima versione adottata dalla G.C. nel Novembre 2000, della quale mantengono la struttura, i principi ispiratori e buona parte delle indicazioni. 7 Il PAMA, introdotto per permettere un miglioramento delle infrastrutture edilizie e produttive, anche oltre i limiti previsti dalle norme generali, si configura di fatto come un vero e proprio piano aziendale. Le opere edilizie che il conduttore chiede di realizzare con il PAMA devono essere motivate da una descrizione delle attività agricole e/o connesse, delle condizioni di lavoro, delle necessità di potenziamento della produzione, in una prospettiva di almeno dieci anni. 198 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA trasformazione. Si possono realizzare nuclei di servizio alle attività agricole nelle aziende con più di 100 ettari, per 0,003 mq/mq 8 . E’ previsto l’innalzamento del lotto minimo per nuovi insediamenti a 10 ettari (contro i 5 precedenti) nelle aree agricole di alto valore ambientale e paesaggistico, che rappresentano gran parte del territorio agricolo. L’intento è di scoraggiare ulteriori frazionamenti per finalità insediative. La possibilità invece di destinare ad usi abitativi i manufatti già esistenti, facilita l’inserimento nelle aziende delle attività integrative di tipo agrituristico (entro i limiti molto restrittivi della legge regionale) e insieme promuove il recupero dei numerosi manufatti abbandonati di cui è punteggiato l’agro. Sul fronte delle politiche, è indicativo del mutato atteggiamento dell’Amministrazione l’accorpamento, dal 1997, nell’Assessorato all’Ambiente delle competenze relative all’agricoltura. All’approccio unitario seguito dal Piano urbanistico, che ripensa in forma integrata l’organizzazione e le norme d’uso del suolo non urbanizzato, fa da contraltare l’unificazione delle politiche attive che si occupano della sua gestione, come sistema produttivo-ambientale. In questo nuovo scenario si collocano anche quelle aree della rete ecologica che svolgono funzioni di verde pubblico perché interne o contigue alla città costruita, o che devono mantenere le attività produttive agricole, ma in funzione del loro valore sociale e ambientale. Per la realizzazione e gestione delle prime è stato anche attivato, a partire dal 1995, il programma dei Punti Verdi Qualità9 , su aree verdi di proprietà comunale, abbandonate o insufficientemente attrezzate, concesse in uso ai privati, con canone a costo zero, per la realizzazione di attrezzature e servizi. Tutte le strutture realizzate restano acquisite al patrimonio dell'Amministrazione comunale, mentre la loro gestione è affidata alle società private concessionarie dell'area, secondo le modalità approvate dall'Amministrazione. Ai privati spetta inoltre l'obbligo della manutenzione di tutta l'area concessa, sia per quanto riguarda il verde pubblico che i servizi, i manufatti e gli impianti tecnologici. 8 I nuclei di servizi possono ospitare attività di conservazione e lavorazione dei prodotti agricoli e zootecnici, mercati di prodotti agricoli e zootecnici e artigianali connessi alla produzione del fondo, attrezzature e servizi agrituristici per il turismo rurale e per attività didattico-culturali, punti di ristoro collegati a queste attività, strutture per il rimessaggio e la manutenzione delle macchine agricole. 9 Vedi www.comune.roma.it/ambiente/speciali. 199 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Il programma riguarda complessivamente più di 450 ettari. I progetti definitivi attualmente approvati dall’Amministrazione comunale sono 26, quelli esecutivi approvati dall’Ufficio Punti Verdi Qualità sono 11 e le convenzioni firmate 4. In 13 dei 18 cantieri aperti fra il 2000 e il 2001 sono stati occupate 73 persone in part time, 68 in full time e 147 di lavoro autonomo. Tabella 2.- Superficie dei Punti verdi qualità per Municipio Municipio Mq Municipio Mq IV 400.800 XII 951.700 V 987.200 XIII 702.700 VI 23.800 XV 179.625 VII 251.771 XVI 32.000 VIII 346.100 XVIII 100.200 IX 18.000 XIX 181.700 X 321.500 XX 281.600 XI 148.200 Totale 4.566.896 Fonte: Comune di Roma, Dipartimento X, Area Attuazione e Gestione Punti Verdi Qualità Per le seconde aree, quelle da mantenere agricole, sono state confermate le concessioni d’uso alle cooperative che già le occupavano dalla fine degli anni settanta. In particolare il Comune ha acquisito, con un accordo stipulato nel Febbraio 2002, l’area di proprietà della Provincia di Roma limitrofa al S. Maria della Pietà, dove opera dal 1977 la cooperativa Cobragor 10 . La struttura del settore agricolo Nonostante l’ampiezza del suo territorio agricolo, noto come il più vasto d’Italia (e del Lazio in termini di occupati), il comune di Roma fa parte di un Sistema Locale del Lavoro che possiede un grado di ruralità 11 prossimo allo zero, con l’1,1 di occupati nell’agricoltura al 1991. 10 Vedi più avanti il paragrafo sui parchi agricoli. 11 I Sistemi Locali del Lavoro sono unità territoriali intermedie fra i Comuni e le Province, identificate dall’ISTAT (1997, I sistemi locali del lavoro 1991, a cura di F. Sforzi, Argomenti n.10, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma). Il grado di ruralità (da 0 a 1) dipende dalla densità di popolazione del sistema e dalla distribuzione territoriale della popolazione fra i comuni del sistema stesso (vedi Angeli L., Franco S., Senni S. (1999), Riflessioni sulla definizione, misurazione e classificazione della ruralità, atti del XXXVI Convegno di studi SIDEA, Milano, citato in Franco S. e Senni S., (2000), Percorsi di 200 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Le macrotendenze, al di là delle particolari condizioni legate alla storia degli ultimi due secoli, con le grandi opere di bonifica e la formazione delle aziende capitalistiche, sono naturalmente riscontrabili anche nel territorio romano e fanno quindi da sfondo alle dinamiche specifiche dell’area: riduzione dell’occupazione agricola, forte impulso all’innovazione tecnologica e di processo, maggiore domanda di salute ambientale e individuale e quindi di qualità dei modi di produzione e dei prodotti. La ricerca condotta dall’IRES 12 ci permette di collocare in una adeguata prospettiva temporale (1980-90 ed aggiornamento sul campo al 1998) e territoriale (il territorio comunale) queste dinamiche generali. Le aziende agricole romane sono mediamente e tradizionalmente di dimensione territoriale molto più grande di quelle provinciali, regionali e persino nazionali (con una media passata fra il 1990 e il 2000 dai 15 ai 27 ettari circa). E’ l’eredità di secoli di latifondo, di grandi proprietà concentrate nelle mani dell’aristocrazia. Ma l’articolazione di questo dato ci dice che questa media nasconde un tessuto fatto da numerose piccolissime aziende, a conduzione familiare (il 91% delle aziende sul 46% della superficie agricola totale) e una forte concentrazione del suolo (l’8% di aziende è condotto con salariati e detiene il 54% della SAT – dati 1990). Nel decennio 1980-1990 le prime diminuivano di numero e ancora di più di superficie, mentre le seconde erano le sole a crescere fra tutte le classi dimensionali. Abbiamo quindi assistito alla crescita del comparto professionale delle aziende. L’indagine sul campo, effettuata dalla ricerca ADAPT, conferma anche al 1998 questa tendenza all’incremento delle aziende “produttive”, per l’alta percentuale di lavoro dipendente utilizzato (che diminuisce ovunque, ma resta più alto a Roma rispetto alla media regionale e nazionale), per la gestione fatta da conduttori in media più giovani, e quindi si suppone più dinamici di quelli del territorio regionale, per la maggiore (anche se in decremento) utilizzazione di macchinari, sempre rispetto al dato regionale. L’utilizzo a seminativo rimane nettamente prevalente. Al censimento del 1990 rappresenta il 63% della superficie agricola totale. A questa vocazione si aggiunge quella zootecnica nonostante la drastica riduzione di suini nel decennio 1980-1990 e una rilevante riduzione dei capi bovini, in linea con le tendenze nazionali. Rimane rilevante il numero di capi bovini per azienda (56, più del doppio del valore nazionale). Per gli ovini invece, sviluppo locale. Il caso del Lazio, Quaderni di Informazione Socioeconomica n.2, Regione Lazio e Università degli Studi della Tuscia, Viterbo). 12 Vedi nota 1 201 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA che aumentano, la differenza con il dato nazionale è ancora più accentuata, con le aziende romane che contano in media 363 ovini contro i 53 capi in media delle aziende nazionali. Se misurate in termini di Produzione Lorda Vendibile le produzioni più dinamiche si confermano quelle zootecniche 13 . Le altre sono in stagnazione o in regresso. E’ evidente, sulla base della struttura della produzione e delle aziende, la necessità di migliorare il livello manageriale della conduzione delle aziende, tenendo conto anche della presenza nell’agro romano di un sistema di aziende certamente competitive, ma di limitata efficienza economica. Nell’analisi sulle prospettive e le potenzialità della produzione agricola romana non è possibile prescindere dalla valutazione degli effetti dovuti alla contiguità con il grande mercato di consumo costituito dai tre milioni di abitanti della capitale. Quindi dalle azioni che possono migliorare il rapporto fra produzione dell’agro e mercato romano. Il sistema alimentare romano, nella sua articolazione nei comparti della trasformazione dei prodotti, nei consumi e nella distribuzione, occupa una posizione di assoluto rilievo nell’economia della città, in termini di numero e dimensione delle aziende e di occupazione (che raggiungeva nel 1991 il 10% del totale degli addetti nell’industria manifatturiera). Nel settore della carne e del latte le aziende del Comune di Roma sono di dimensioni medie (vedi tab.3) molto superiori sia rispetto a quelle nazionali – 13 e 10 addetti – sia a quelle regionali – 20 e 23. Comprendono ad esempio, per la produzione del latte, due fra le più grandi aziende nazionali (Centrale del latte e Torre in Pietra). La dipendenza del mercato romano dai prodotti extralocali è naturalmente elevata, supera il 90% del consumo totale. Gran parte di essa transita nei canali del mercato all’ingrosso, nel quale sono compresi i due mercati all’ingrosso dell’ortofrutta e delle carni. Con la realizzazione pressoché completata del nuovo Centro Agroalimentare (CAR) 14 , che si prevede in funzione entro quest’anno, si rafforzerà notevolmente la vocazione terziaria, di commercializzazione e di scambio della città, tenendo conto anche delle realizzazioni complementari, come il nuovo mercato dei Fiori, e di prossimo avvio, come il nuovo centro fieristico. Il CAR prevede il mercato ittico accanto all’ortofrutta. Oltre ad 13 Il dato è disponibile soltanto a livello provinciale (fonte Istituto Tagliacarne) Vedi F.M. Pallottini, Il mercato dei prodotti agricoli: il caso del centro agroalimentare di Roma, in “Ortofrutta, politiche e tecniche a confronto per un progetto di sviluppo”, atti del Convegno ARSIAL, 11/12 Dicembre 1997. 14 202 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA una forte infrastrutturazione per l’accesso, la distribuzione e il parcheggio interno, è dotato di diverse funzioni di supporto, per la lavorazione e lo stoccaggio anche refrigerato, per cash and carry. La struttura del mercato al dettaglio è invece rappresentata da tre componenti: i negozi alimentari, i supermercati e i mercati rionali. In questi ultimi, numerosi quasi quanto i supermercati, una quota rilevante dei banchi di vendita (nel caso del più grande, quello Trionfale, raggiunge un quarto del totale dei banchi) vende direttamente frutta e ortaggi della propria azienda a conduzione familiare, che produce esclusivamente per la vendita nel mercato (i cosiddetti vignaroli nella tradizione romana). Tabella 3. Unità locali e addetti per sottoclasse di attività economica nel Comune di Roma Sottoclasse di attività Unità locali % Addetti % Dimensioni economica medie Carne 28 3 1.004 11 36 Pesce 6 1 28 0 5 Frutta 8 1 67 1 8 Oli e grassi 5 0 23 0 5 Latte 29 3 1.036 11 36 Granaglie 10 1 148 2 15 Alimentazione animali 6 1 44 0 7 Altri alimentari 969 88 4.735 51 5 Bevande 36 3 1.072 12 30 Tabacco 9 1 1.089 12 121 Totale alimentari 1.106 100 9.246 100 8 Fonte: Programma ADAPT Ne.R.I. PRO XXI, Rapporto intermedio di ricerca. Elaborazione su dati VII Censimento ISTAT. I dati ad ora disponibili del Censimento 2000 non segnalano inversioni, bensì accelerazioni delle tendenze all’incremento qualitativo imprenditoriale delle aziende di medie dimensioni, alla diminuzione della superficie destinata all’uso agricolo e del patrimonio zootecnico bovino. La gran parte dei dati disponibili dal Censimento generale dell’agricoltura sono su base provinciale 15 . E il territorio comunale di Roma, pur molto ampio, rappresenta soltanto il 24% del territorio provinciale, che inoltre si presenta morfologicamente assai differente. E’ quindi altamente improprio, soprattutto per le attività agricole, attribuire al territorio comunale romano considerazioni derivate dalle analisi provinciali. Vale 15 I dati riportati sono tratti dalle prime elaborazioni del 5° Censimento Generale dell’Agricoltura (ottobre 2000), effettuate a cura dell’Ufficio Statistica della Provincia di Roma, in collaborazione con il Sistema Statistico Regionale, Ro ma, Gennaio 2002. 203 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA però la pena di osservare alcune tendenze del contesto provinciale, e soprattutto utilizzare i dati provinciali per zone altimetriche, tenendo presente che il Comune di Roma rappresenta circa i tre quarti della zona di pianura, ed è possibile operare deduzioni efficaci soprattutto per quel tipo di produzioni che sono nettamente prevalenti nell’area romana. Innanzitutto il forte regresso della Superficie Agricola Utilizzata (SAU), che è passata in dieci anni dal 46,17% al 35,45% della superficie comunale. Poi del numero di aziende, che è diminuito mediamente del 15%, ma in modo molto più accentuato nelle parti di pianura (- 54%), per la maggior parte comprese nel comune di Roma, e di collina litoranea (-21%) della provincia. Dai dati disponibili per Roma queste tendenze negative sono ancora più accentuate: più che dimezzate le aziende, ridotta di un quarto la loro superficie occupata, di un terzo quella utilizzata. Cresce quindi quasi del doppio la superficie media per azienda. Convergono insieme le conseguenze dell’ulteriore espansione dell’urbanizzazione diffusa, che riconverte i piccoli lotti ad uso residenziale (una forte quota va attribuita al recente abusivismo) e dei processi di accorpamento, che sembrano indicare una crescita della professionalizzazione delle aziende. Ancora più accentuata la riduzione del comparto zootecnico: le aziende, dimezzate nel numero a livello provinciale, si riducono dell’80% circa nel Comune di Roma. Tabella 4. Aziende, superficie totale, SAU e superficie media a Roma e in Provincia di Roma – 1990/2000 1990 2000 Variazione % 2000/1999 Roma Provincia Roma Provincia Roma Provincia Aziende 4350 71.540 1897 60.477 - 56,40 - 15,50 Superficie totale 69.430 355.688 51.747 280.904 - 25,50 - 21,00 (ha) S.A.U. (ha) 53.834 247.091 37.017 189.716 - 31,20 - 23,20 Sup. media (ha) 15,96 4,97 27,28 4,64 70,90 - 6,60 Az. con 1974 14.700 407 7.767 - 79,38 - 47,16 allevamenti Fonte: 5° Censimento Generale dell’Agricoltura, 2000 – Ufficio Statistica della Provincia di Roma, in coll. con il Sistema Statistico Regionale. 204 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Tabella 5. Aziende, superficie totale, SAU e superficie media (in ha) nel Comune di Roma Aziende Sup. totale SAU Sup. media 1990 4350 69.430,83 53.834,47 15,96 2000 1.897 51.747,99 37.017,76 27,28 Variazione % 2000/1990 -56,40 -25,50 -31,20 +70,90 Fonte: elaborazione su dati Provincia di Roma, Ufficio di statistica (tratti da: ISTAT – IV Censimento Generale dell’agricoltura, V Censimento Generale dell’agricoltura - dati provvisori) Tabella 6. Aziende in complesso, con SAU e/o allevamenti nel Comune di Roma Aziende totali Aziende Aziende con con SAU allevamenti 1990 4350 4.097 1.974 2000 1.897 1.895 407 Variazione % 2000/1990 -56,40 -53,75 -79,38 Fonte: elaborazione su dati Provincia di Roma, Ufficio di statistica (tratti da: ISTAT – IV Censimento Generale dell’agricoltura, V Censimento Generale dell’agricoltura - dati provvisori) Infine diminuiscono gli occupati nell’agricoltura, che nella provincia sono ormai solo l’1,5% del totale della popolazione occupata, contro il 3,3% della media regionale. Sul piano delle tendenze produttive, la ricerca ADAPT identifica infine, attraverso l’indagine sul campo (1998 16 ), cinque aree di interesse delle aziende presenti nell’agro, come risultato dell’incrocio fra i dati riguardanti la struttura e le dotazioni aziendali, l’orientamento tecnico-economico, gli “atteggiamenti” o la propensione strategica d’impresa. Che sono: • le pratiche biologiche ed ecocompatibili; • l’agriturismo come forma integrativa del reddito; • la partecipazione a forme associative tra aziende; • l’introduzione di innovazioni di processo e/o di prodotto; • l’accesso a redditi extra-agricoli. 16 E’ stato somministrato un questionario ad un campione di 446 aziende romane, poi ridotto a 255 in base alla completezza delle risposte raccolte. Al censimento del 2000 (vedi tab.1), sono risultate 1897 aziende agricole nel territorio comunale. Il campione è perciò piuttosto significativo anche se bisogna notare come probabilmente le aziende che non rispondono possiedono alcune specificità comuni, tali da ridurre la validità del campione. 205 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Dalla correlazione fra le diverse caratteristiche e propensioni vengono identificati alcuni “stili” aziendali 17 che permettono di rendere conto della complessità di questa economia e dare spessore alle osservazioni e alle prospettive fin qui delineate. Il primo “stile”, che comprende il 9% del campione (22 aziende), viene definito delle aziende marginali e pluriattive, che praticano agricoltura biologica e talvolta l’agriturismo ma sono a conduzione diretta, di piccole e medie dimensioni, senza specializzazione e poca produzione venduta. Il secondo è quello delle aziende piccole in espansione (8%), di recente formazione e orientate al biologico, con conduttore di cultura superiore (alta la quota femminile) e conduzione familiare, con specializzazione prevalente verso le coltivazioni permanenti (frutta, vite, olivo) e con il prodotto commercializzato. Il terzo è quello delle aziende estensive e stabili (35%), di dimensioni medio grandi, manodopera familiare, produzione commercializzata e quindi alti redditi, con specializzazione prevalente nella zootecnia (ma anche ortaggi). Poi le piccole e stabili (35%), con conduttori più anziani e basso titolo di studio, familiari, prodotto commercializzato ma reddito medio, in prevalenza orientate all’ortofrutta. Quinto stile, quello delle aziende strutturate in crisi (12%) di grandi dimensioni, con terreni anche in affitto, condotte anche da società di capitali e conduttori di età elevata, con titolo di studio superiore e utilizzo salariati. Il reddito non è alto e viene integrato a livello familiare da altre fonti. Prevalentemente attive nella zootecnia, con disponibilità di spazi utilizzabili per l’agriturismo. Infine una sesta classe, rappresentata da due soli casi, di cooperative di grandi dimensioni, specializzate nell’orticoltura e molto dinamiche. Dall’incrocio fra aree di interesse (propensioni) e stili aziendali emergono alcune indicazioni interessanti sulle prospettive: il forte e diffuso interesse verso le pratiche bio-ecologiche; l’agriturismo e l’accesso a redditi extragricoli come opportunità consistente, soprattutto fra le marginali e pluriattive e le struttur ate in crisi (dove la produzione non produce reddito sufficiente), che però rappresentano una quota numericamente ridotta; lo scarso interesse di tutte verso forme associative aziendali; una significativa attenzione all’innovazione di processo e di prodotto soprattutto fra le estensive stabili e le strutturate in crisi, dunque quelle medio grandi. 17 A questo scopo sono state utilizzate due tecniche di analisi multivariata, quella per componenti principali e la cluster analysis. Le componenti individuate sono: la struttura dell’azienda, la pluriattività, la marginalità, l’età del conduttore, le pratiche ecocompatibili, la stabilità dell’azienda, la struttura fondiaria, la forma giuridica, la forma di conduzione e ricavi. 206 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Le due cooperative del sesto stile si presentano con la massima propensione all’innovazione, praticamente in tutte le aree di interesse considerate. Questi orientamenti strategici sono confermati e meglio definiti nel focus group (una impresa per ogni tipo) organizzato dai ricercatori coordinati dall’IRES. Le poche aziende più dinamiche trovano difficoltà nel dotarsi di figure professionali adeguate ai nuovi compiti gestionali e ad adeguare la produzione alla domanda crescente. Le meno dinamiche invece risentono di carenze istituzionali, come la mancanza di coordinamento con le organizzazioni professionali, le difficoltà burocratiche per accedere agli incentivi sugli investimenti, le difficoltà di commercializzazione per le piccole aziende, e poi il problema del ricambio generazionale per le aziende a conduzione familiare, il mercato del biologico ancora difficile, la mancanza di infrastrutture. Sul piano delle strategie, mentre le dinamiche puntano sulla qualità, sulla efficienza di gestione e sul trattamento del prodotto, le altre chiedono più servizi alle organizzazioni di categoria e alle istituzioni, più informazione, più formazione, soprattutto manageriale, migliore presentazione dei prodotti, marchi di qualità e promozione coordinata, soprattutto per il biologico. L’economia dei Parchi I Parchi rappresentano naturalmente i territori di eccellenza dell’economia sostenibile, per la particolare combinazione fra qualità delle risorse ambientali e modalità innovative di pianificazione e gestione. La legge regionale che ne regola l’istituzione 18 , nel definirne gli obiettivi di integrazione tra uomo e ambiente, indica fra i valori fondamentali da salvaguardare anche le attività agro-pastorali e tradizionali. Il rilevante numero e il peso dimensionale complessivo che hanno assunto negli ultimi sette anni all’interno del sistema ambientale romano, oltre che le finalità istitutive, ne fanno di fatto la componente di punta della nuova economia ambientale. Al di là delle loro caratteristiche naturalistiche, in questa sede se ne analizzano sommariamente le attuali relazioni con gli intorni urbani, i sistemi infrastrutturali (per l’accessibilità ecc.), le tipologie d’uso, le 18 L.R. del 6.10.97 n. 29. 207 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA aspettative degli utenti (anche potenziali), le attività economiche presenti nei contesti ed eventualmente quelle agricole interne (con le modalità di gestione, le potenzialità di integrazione, le relazioni con la gestione naturalistica ecc.), le altre attività di servizio, le prospettive di sviluppo, soprattutto quelle collegate con la ricettività e il turismo romano Si delineano infine le possibili tendenze di sviluppo sulla base dell’offerta di attrezzature e servizi prevista nelle linee guida di assetto dei parchi e della domanda rilevata attraverso indagini sul campo. L’economia agricola nelle aree protette è ormai consolidata e il fenomeno dell’agricoltura d’attesa al loro interno è definitivamente tramontato.Le politiche urbanistiche degli ultimi anni hanno definitivamente escluso la possibilità di trasformare ad uso urbano le aree di maggior pregio della città e i proprietari di queste aree ne sono pienamente consapevoli. Vedono invece nell’istituzione del Parco la precondizione per le altre due potenzialità integrative della propria economia agricola, tra l’altro prevalentemente orientata verso la produzione estensiva di resa non elevata: l’offerta di “natura” e l’offerta di produzioni alimentari di qualità. Il comparto agricolo nei parchi si caratterizza in sostanza per una produzione tradizionale debole e forti potenzialità integrative. Carenze legislative regionali rendono ancora difficile lo sviluppo dei comparti innovativi che affiancano le attività propriamente agricole, come l’agriturismo e il forestale. Vediamo la situazione nelle tre aree protette gestite dall’Ente regionale RomaNatura a più forte caratterizzazione agricola. Nel parco della Marcigliana, 4.969 ettari a nord di Roma, fra la Salaria e la Tiburtina, quasi ¾ della superficie è agricola utilizzata, quella totale rappresenta circa l’80% della superficie totale. La coltivazione di seminativi è nettamente prevalente (80% della SAU), più della metà a cereali, favorita dalle caratteristiche pedoclimatiche, dalla contribuzione pubblica elevata, dalla facilità di coltivazione, da collaudati canali di commercializzazione ecc. Scarsa e decisamente destinata all’autoconsumo è la destinazione a coltivazioni permanenti (3% circa di vite e frutta). Anche la ricerca ADAPT (settembre 1999) conferma la prevalenza del seminativo sulle colture legnose. I dati sul settore zootecnico rivelano una relativa diffusione ma una scarsa consistenza dimensionale degli allevamenti di avicoli e conigli. Anche qui siamo quindi in prevalenza nella dimensione dell’autoconsumo. L’allevamento bovino è invece praticato a livello significativo (in gran parte sopra i 100 ettari) da quattro aziende per la produzione del latte e da due per la carne, misto a seminativo, con le mandrie tenute in semilibertà. L’impatto 208 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA ambientale di questa attività, misurato in termini di numero di capi per unità di superficie 19 , in termini quindi di possibilità di gestione integrata della produzione animale e vegetale per ridurre al minimo l’inquinamento sia del suolo sia delle acque, rientra nelle condizioni di compatibilità della politica comunitaria in tema di produzioni biologiche. 19 UBA/SAF, vale a dire il rapporto fra Unità Bestiame Adulto su Superficie Agricola Foraggiera esprime il carico di bestiame sulla superficie a prato-pascolo e di conseguenza la capacità di rigenerazione naturale di tali colture. 209 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Sistema delle Aree Protette dell'Area Romana Il Sistema delle Aree Protette del Comune di Roma si compone delle seguenti unità:Litorale Romano, Castelporziano, Appia Antica, Sistema lacuale Bracciano, Martignano, Arrone - Castel di Guido, Veio, 210 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Marcigliana, Pineto, Aguzzano, Valle dell'Aniene, Decima - Malafede, Insugherata, Monte Mario, Valle dei Casali, Laurentino - Acqua Acetosa. La Riserva del Litorale Romano interessa anche il territorio comunale di Fiumicino; il Parco di Veio comprende altri nove comuni oltre a Roma. La Riserva è l'unica area istituita come Riserva Naturale Statale. Le altre Aree Protette sono istituite come Parchi o Riserve Naturali Regionali. L'area di Arrone - Castel di Guido, pur essendo stata perimetrata dal Comune di Roma per l' istituzione di un Parco Regionale, non è ancora stata istituita come tale. A questo dato va aggiunto il carico, comunque modesto, dovuto alla pastorizia nomade, che utilizza in affitto il 72% della superficie a pascolo, anche per brevi periodi, attraverso i contratti d’erbe, modalità tipica dell’agro romano. Le aziende sono generalmente accorpate e la superficie aziendale media è piuttosto elevata (79 ha), sia rispetto alla media provinciale (5 ha), regionale e nazionale, e ciò va attribuito alla tradizionale struttura proprietaria dell’agro romano, dominata dal latifondo storico, sia più recentemente ai vincoli ambientali che scoraggiano l’erosione della superficie per usi extragricoli, come avviene del resto mediamente in tutto il territorio regionale durante il decennio di massimo impulso alla istituzione di aree protette. Rispetto al titolo di proprietà, dominano le aziende condotte in proprietà (quasi la metà), ma per le aziende medio- grandi prevale l’affitto o la conduzione mista. La condizione familiare supera l’80% e solo pochissime aziende (5%) si avvalgono di più di tre addetti extrafamiliari. Ma il lavoro irregolare è una realtà diffusa. Ogni azienda in media possiede due/tre fabbricati (tra casali e altri manufatti) di circa 300 mq ciascuno e prevalentemente in buono stato di conservazione, abitati quindi dagli agricoltori. Dall’analisi dei canali di commercializzazione si notato due categorie: la prima, produzione centrale dove domina la vendita all’ingrosso, è rappresentata da cereali e latte vaccino; la seconda, in netta prevalenza destinata all’autoconsumo e alla vendita diretta al pubblico, è costituita dalla produzione orticola, arborea, vitivinicola, olearia e miele e segnala una produzione di carattere familiare, con bassa specializzazione e poca chimica, ma più capace di rappresentare il prodotto tipico e locale dell’agro romano. Sull’agriturismo l’interesse delle aziende, formalmente alto, si scontra qui come altrove nell’agro con tre diverse difficoltà: una legge regionale di 211 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA difficile attuazione, che tiene poco conto della complessità del mondo aziendale agricolo, le complesse procedure amministrative per ottenere i permessi da parte del Comune di Roma, il costo di ristrutturazione degli immobili da destinare a quest’uso. La potenzialità è alta: la metà delle aziende dell’area dichiara di possedere immobili idonei all’attività agrituristica. Da sole, 13 aziende del campione utilizzato dal Tagliacarne potrebbero destinare al ricettivo quasi 6500 mq di superficie. Alla ricezione potrebbero affiancare, sempre potenzialmente, le altre attività tipiche del turismo rurale: la vendita dei propri prodotti, la didattica, e poi le visite guidate, l’equitazione, le attività genericamente ricreative. Dato significativo e preoccupante è la scarsissima partecipazione delle aziende alle politiche agroambientali dell’U.E. In particolare nessuna azienda ha aderito al regime di agricoltura biologica, poche hanno intenzione di farlo nel futuro (solo un terzo), anche se quasi tutte utilizzano sistemi di lotta fitosanitaria integrata o biologica. L’area protetta di Decima Malafede, insieme a quella del Laurentino Acqua Acetosa, raggiunge i 6.297 ettari. Il 58% è rappresentato dalla SAT, sensibilmente inferiore a quella della Marcigliana. La metà del campione di aziende rilevato possiede più corpi fondiari, ma sempre all’interno dell’area. Prevale il seminativo (76%), per metà costituito da cereali, caratterizzante pressoché tutte le aziende. La superficie media è alta (48 ha), vicina alla media delle aree romane di pianura (54 ha) e di molto superiore alla media provinciale, con circa il 10% delle aziende oltre i cento ettari (e il 60% della SAU totale), anch’esse, come alla Marcigliana, eredità di una lunga storia di grandi proprietà fondiarie ed una vocazione da sempre agricola. La conduzione delle aziende nettamente prevalente è quella familiare. L’attività agrituristica è svolta da una sola azienda, anche qui per i problemi amministrativi e finanziari già rilevati. Come alla Marcigliana scarsissima è l’adesione e la propensione al biologico (sta appena concludendo la procedura per la certificazione l’azienda Agricoltura Nuova, vedi anche più avanti il paragrafo su parchi agricoli e terre pubbliche) mentre sono molto praticati i sistemi di lotta integrata e guidata. La terza area protetta con forte vocazione agricola è quella dell’Insugherata, nella quale la SAT rappresenta la metà circa della sua superficie complessiva. La SAU è quasi l’80% della SAT. E’ inoltre relativamente significativa la quota di superficie boscata (13%). La superficie media delle aziende è di 44 ha. e le classi di maggiore concentrazione sono quelle fra i 10-20 e tra i 20-50 ha. Ancora di più è 212 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA prevalente il seminativo (88%), mentre le attività zootecniche principali sono rappresentate dagli allevamenti ovini e avicoli (sei aziende, di cui due per l’autoconsumo), oltre a due aziende equine che si dedicano all’attività di maneggio ed equitazione. L’affitto riguarda la metà delle aziende, a dominante conduzione familiare. Riguardo alle dotazioni infrastrutturali, a differenza della Marcigliana, dove le abitazioni sono diffuse, solo la metà delle aziende possiede immobili rurali destinati all’uso abitativo. La commercializzazione si differenzia anche qui per tipo di prodotti: le colture estensive quasi esclusivamente all’ingrosso, a parte il prodotto destinato all’allevamento locale, per le altre prevale l’autoconsumo e la vendita diretta. E’ completamente assente l’attività agrituristica, praticabile peraltro solo da poche aziende, interessate alla vendita diretta e al modello della fattoria didattica, che trovano però nelle difficoltà amministrative il maggiore ostacolo. Risulta elevata invece, rispetto alle altre due aree, l’adesione ai programmi di riconversione al biologico (50%) e la propensione alle pratiche di riduzione dell’impatto ambientale. Al di fuori delle aree gestite dall’Ente RomaNatura abbiamo altri tre grandi parchi e riserve: Veio, Appia Antica e Riserva del Litorale. Il territorio dell’Appia Antica 20 , 3.296 ettari, è caratterizzato ancora dall'alternarsi di larghi tratti coltivati o adibiti a pascolo con zone seminaturali, grandi residenze signorili e risorse storico archeologiche di rilievo tale da configurare un paesaggio assolutamente unico. L’agricoltura, che pure ha un suo rilievo economico, è un’attività fondamentale soprattutto per il mantenimento di questo paesaggio. L’economia che ruota intorno al parco è però complessivamente legata al turismo culturale e internazionale, in misura non paragonabile a nessuna altra area protetta di tipo naturalistico o agricolo. Il territorio del Parco di Veio 21 è suddiviso fra nove comuni, tutti appartenenti alla provincia di Roma. Roma, e in particolare il XX Municipio, concentra quasi la metà della superficie del Parco (7.174 ha) e circa il 75% della popolazione interessata. Presenta caratteri fortemente condizionati dalla forte urbanizzazione circostante, soprattutto nella porzione compresa all’interno dell’anello del Gra. Il suo paesaggio agrario è fortemente segnato dalle specificità ambientali e strutturalmente legato ad una maglia aziendale basata sulla 20 21 Vedi www.parcoappiaantica.it Vedi www.parcodiveio.it 213 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA grande proprietà. L’analisi delle aziende agricole per classe di superficie evidenzia come le aziende agricole medie e grandi (con più di 20 ettari) ricoprano nel complesso una superficie pari al 50% circa della superficie agricola totale (SAT); le grandi aziende, che rappresentano solo l’1% delle aziende agricole totali, il 37,6% circa della SAT; le aziende piccole e molto piccole (fino a 5 ettari), che costituiscono quasi il 90% delle aziende totali, il 30% circa della SAT; infine le aziende medio-piccole il 20% circa della SAT. L’ordinamento produttivo trainante all’interno del Parco, sotto il profilo strutturale e socio-culturale è quello foraggiero-zootecnico, con elevate caratteristiche di integrità e naturalità (sistema integrato di foraggiere avvicendate, pascoli seminaturali e bosco), con la preminenza dell’allevamento ovino, una attività produttiva tradizionale che maggiormente caratterizza l’area del Parco e che pone problemi di controllo del carico sulle risorse vegetazionali, le acque e il suolo. Un ruolo importante è anche quello rivestito dalle attività di silvicoltura integrata a fini produttivi, ambientali e paesaggistici, per l’equilibrio idrogeologico e per la qualità delle acque. L’estensione degli ordinamenti silvo-pastorali è assolutamente dominante, con il bosco ed il pascolo che occupano nel complesso una superficie di circa 9.000 ha dell’intero parco, pari al 47% della SAT. In particolare, i prati permanenti ed i pascoli, si estendono per circa 6.500 ha, mentre i boschi occupano una superficie di circa 2.500 ha. Abbiamo inoltre i seminativi, che occupano poco meno di un terzo della SAT, e le colture legnose, che si estendono per circa 3.000 ha e sono costituite per due terzi circa da oliveti (di qualità elevata), per il terzo restante da vite ed altri fruttiferi. E’ sostanzialmente assente il segmento di offerta agrituristica, nonostante l’area abbia elevate potenzialità di crescita. Il territorio della Riserva del Litorale Romano, perimetrato alla fine degli anni ottanta 22 , si estende nei Comuni di Roma e Fiumicino, ai quali è 22 Con il Decreto del Ministro dell’Ambiente M. Pavan del 27.7.1987 n. 428 "Individuazione di zone di importanza naturalistica del Litorale Romano", cui seguì nel novembre 1994 il Decreto Ministeriale "Misure provvisorie di salvaguardia dell'area del litorale romano" a seguito dell’annullamento del Decreto della Giunta Regionale del Lazio del 1990 che sanciva le norme di salvaguardia per tale area. Nel frattempo la Giunta della Regione Lazio, con deliberazione 11746 del 28.12.1993 approvava lo schema di Piano Settoriale denominato "Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve Naturali", recepito dal Comune di Roma con Delib. C.C. n. 160/94, che includeva, tra le altre, l’area del Litorale Romano, definendone un ambito molto simile a quello definito dal decreto "Pavan". Infine 214 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA affidata la gestione: la superficie complessiva è pari a 15.900 ha, ed in particolare 8.150 ettari nel Comune di Roma (pari al 51% del totale) e 7.750 ettari nel Comune di Fiumicino 23 . Gli abitanti nel territorio della Riserva risultano circa 4.000. Ben superiore è il numero degli abitanti che "premono" su quest’area, stimabile in oltre 350.000 residenti (tale stima è stata effettuata sul bacino limitrofo all’intero territorio della riserva nel Comune di Roma). Dal punto di vista vegetazionale, l’area della Riserva risulta coperta per il 23% da macchia, pineta e bosco misto, pari a 1.860 ettari, da vegetazione igrofila (17 ha), da vegetazione duna le (48 ha) e da circa 220 ha di prato e pascolo. La gran parte dell’area della Riserva è costituita da terreni coltivati (circa 4.000 ettari). La riserva possiede un grande patrimonio archeologico e storico (basta pensare all’area di Ostia antica) e ambientale (il mare soprattutto) oggetto di turismo di massa. La proprietà delle aree della Riserva è per oltre il 60% pubblica; il rimanente 40% è per una grande parte suddiviso tra grandi proprietà e solo una esigua parte è frazionata in piccole proprietà. Le attività di pianificazione e gestione della Riserva hanno come obiettivo la valorizzazione dell’intera area non solo attraverso la conservazione delle caratteristiche ecologiche, florovegetazionali, faunistiche e idrogeomorfologiche, ma anche attraverso il restauro ambientale e la valorizzazione e promozione, attraverso attività compatibili delle risorse ambientali, storiche, umane e sociali. Il quadro generale che emerge soprattutto dalle ricerche per RomaNatura sulle aree protette riguarda prevalentemente le vere aziende agricole, non da conto quindi dell’insieme del territorio agricolo sottoutilizzato o in abbandono, o marginale dal punto di vista economico. Non può peraltro ancora testimoniare dell’efficacia dell’istituzione dei parchi, troppo vicina nel tempo per produrre effetti significativi. E’ piuttosto un quadro selettivo, perché riguarda aree di pregio che hanno subito, meno di altre, le conseguenze delle attività antropiche urbane, quindi appaiono più vitali dal punto produttivo e con una minore frammentazione fondiaria. Le aziende si collocano prevalentemente entro due classi principali: quelle medio/grandi (40-70 ettari) a forte indirizzo cerealicolo e foraggiero, a seguito della perimetrazione del "Litorale Romano" approvata dal Consiglio Comunale di Roma (Del. 39/95), inviato alla Regione Lazio per i successivi atti, un gruppo di lavoro coordinato dal Ministero dell’Ambiente definiva la perimetrazione della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, che veniva istituita con il Decreto Ministeriale del 29 marzo 1996, pubblicato sulla G.U. del 2 maggio 1996. 23 Cfr. il sito del Dipartimento Ambiente in www.comune.roma.it 215 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA con quote moderate di attività zootecnica; quelle medio/piccole (5/15 ettari) con indirizzo ortofrutticolo e poi foraggiero, spesso per l’autoconsumo zootecnico aziendale, con il prodotto destinato al mercato romano. La conduzione familiare raggiunge il 70% delle aziende, l’uso di manodopera salariata non è facilmente valutabile per il largo e diffuso ricorso al lavoro nero. La SAU risulta pari all’86% della SAT, si configura perciò come moderato lo sfruttamento del suolo, compatibile con gli obiettivi di sostenibilità dei Parchi. Alla complessiva compatibilità delle aziende agricole esis tenti con gli obiettivi dei Parchi, si contrappone una scarsa valorizzazione e tutela delle tipicità, della diffusione dei sistemi produttivi del biologico, della cura del territorio e della diffusione di quelle attività integrative, come l’agriturismo, che garantiscono il reddito e la fruibilità di queste aree. E’ sufficiente ricordare che due sole aziende 24 (e sei iscritte all’albo) svolgono una regolare attività agrituristica all’interno dei Parchi e poche altre forniscono servizi assimilabili (ristorazione, pernotto, maneggi…) anche se, per motivi fiscali o per rigidità normative, non classificate nella categoria. Mentre il 65% delle aziende campionate dichiara di voler fornire servizi di tipo agrituristico e la gran parte possiede manufatti che possono essere adibiti a quest’uso 25 . La difficoltà ad ottenere i permessi amministrativi, anche in relazione alle normative regionali, e il costo di ristrutturazione per adibire gli immobili a quest’uso, sono state indicati come i principali ostacoli. La nuova domanda Le caratteristiche e vocazioni d’uso delle aree protette condizionano le loro economie e in una certa misura il tipo di utenti. Si possono distinguere tre tipi di parchi26 : quelli agricoli (Decima-Malafede, Marcigliana e Insugherata), quelli semiurbani (Tenuta dei Massimi, Pineto, Acquafredda e Valle dei Casali) e quelli urbani (Aniene, Aguzzano, Monte Mario, Laurentino-Acqua Acetosa). 24 Su 137 aziende campionate nella ricerca dell’Istituto Tagliacarne per l’Ente RomaNatura (2000) 25 Si è calcolata una media di 435 mq. disponibili per azienda 26 Questa classificazione viene proposta dalla ricerca dell’Istituto Tagliacarne effettuata nel 2000 per l’Ente regionale RomaNatura, come studio preparatorio per la redazione dei Piani d’assetto dei parchi gestiti dall’Ente. 216 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA I caratteri emergenti dei primi risiedono nella consistente presenza di aziende agricole 27 , nella maggiore lontananza dalle aree urbanizzate e in alcune specifiche condizioni ecologiche (specie a rischio, ricco reticolo idrografico). Alla buona accessibilità dall’esterno (sono attraversati da vie consolari) non corrisponde un altrettanto facile sistema di attraversamento interno. Dal punto di vista della potenziale utenza, dall’indagine campionaria sugli abitanti delle zone urbane limitrofe effettuata dal Tagliacarne 28 , emerge la scarsa conoscenza della loro specifica condizione gestionale di aree protette e l’importanza dell’associazionismo ambientalista locale nella promozione della loro fruizione. I parchi semiurbani si caratterizzano invece per il maggior grado di antropizzazione, oltre che per le dimensioni più ridotte e la vicinanza con i luoghi urbanizzati, che li circondano completamente nel caso del Pineto e della valle dei Casali. Sono spesso percepiti dai cittadini come “Parchi urbani” lasciati allo stato naturale e vengono quindi utilizzati come tali, per svago, verde per i bambini, attività fisica, ecc., molto meno per le loro qualità naturalistiche e quindi per la conoscenza della natura. I parchi urbani sono assimilabili per configurazione alle ville storiche, sono interni ai quartieri e gli aspetti naturalistici sono ovviamente più ridotti. L’uso è frequente e intenso, per via della facilità di accesso, anche con i mezzi pubblici. E’ però ancora più difficile, rispetto ai parchi semiurbani, che vengano percepite come aree naturali protette. Dai risultati dell’indagine effettuata dal Tagliacarne sugli abitanti delle aree urbane limitrofe ai Parchi, emerge un quadro delle caratteristiche qualitative della domanda d’uso. Che si divide innanzitutto per la frequenza d’uso: solo un quinto è un utilizzatore abituale, giornaliero, mentre la tipologia prevalente è quella definita dei frequentatori (il 42%, da una volta alla settimana a una volta al mese). Per le motivazioni: quasi il 40% è spinto da motivazioni generiche, dal passare del tempo in un’area verde, per le sue attrattive genericamente ambientali e paesaggistiche. Gli utilizzatori stabili le usano principalmente come si usa il verde pubblico attrezzato, per i bambini, per i cani, per lo sport all’aria aperta. Le motivazioni di ordine culturale (flora, fauna, archeologia) sono assolutamente marginali (2/5%). Nonostante questo ruolo di servizio di prossimità, la metà degli utenti utilizza l’automobile per visitarle e solo un terzo va a piedi. Sembra ancora 27 Come descritta nel paragrafo precedente. 28 Vedi Rapporto generale dell’Istituto Tagliacarne per l’Ente RomaNatura (2000) 217 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA insufficiente quindi un raccordo “sostenibile” (pedonale, ciclabile, di trasporto pubblico) fra queste aree e i quartieri urbani limitrofi. C’è di fondo una forte propensione ad aumentare il tempo dedicato alla fruizione di questi spazi che si scontra principalmente con la mancanza appunto di tempo. Di fatto i parchi semiurbani e urbani sostituiscono le carenze di dotazione di verde pubblico attrezzato, anche se. Questo ruolo è confermato dall’idea di parco ideale che hanno i cittadini, al di la della loro frequenza d’uso: un luogo più naturale possibile, ma vigilato e pulito, con attrezzature e attività per la fruizione. Anche se, apparentemente in contraddizione, dal focus group di utenti organizzato dal Tagliacarne, emergono come valori che motivano l’uso degli spazi ambientali, le sensazioni evocate dal contatto con la natura, dallo spazio aperto, dall’evasione dalla città, dal riposo mentale, mentre gli aspetti negativi sono legati all’eccessiva antropizzazione e all’affollamento nei giorni festivi. Di minor importanza sono considerate le attività legate alla produzione agricola, come la vendita dei prodotti, la gastronomia e il ristoro, la conoscenza delle attività produttive. La loro presenza è percepita in modo contraddittorio. Rimane ben accetta, ma da sottoporre ad un rigoroso controllo, sulla qualità dei processi produttivi e sulla quantità dello spazio utilizzato. Emerge qualche difficoltà ad associare l’idea di area naturale protetta con le aziende agricole che producono e vendono sul posto, si esprimono dubbi sulla genuinità dei prodotti cresciuti in ambienti urbani, ma contemporaneamente gli aspetti didattici (come si produce, gli animali da allevamento) e la degustazione dei prodotti locali sono apprezzati. I cittadini che hanno frequentato le aree protette, da quando l’ente di gestione RomaNatura ha attivato convenzioni con società cooperative per la gestione di attività didattiche e culturali nei parchi, hanno raggiunto una dimensione considerevole negli ultimi anni e con essi il numero delle cooperative stesse29 . Ciò è dovuto in parte alla qualità dei servizi alla fruizione, in parte alla maggiore conoscenza delle qualità intrinseche di queste aree, anche grazie agli stessi servizi offerti. 29 vedi il “Resoconto sintetico sulla gestione dei servizi obbligatori nelle aree protette di RomaNatura” documento interno dell’Ente redatto da Alessandra Somaschini (anni 2000 e 2001) 218 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Tabella 7. Affluenza secondo il tipo di servizi offerti nelle aree protette gestite dall’Ente RomaNatura 2000 2001 Visitatori complessivi 52.649 52.531 Eventi particolari 32.000 36.000 Visite guidate per le scuole 13.000 11.000 Visite guidate per il pubblico generico durante i week-end 7136 5.777 Fonte: RomaNatura. Complessivamente l'affluenza è stata, sia nel 2000 che nel 2001 di più di 52.000 persone, attratte da eventi particolari, visite guidate per le scuole, le visite guidate per il pubblico generico durante i week-end. La quota di persone più consistente è quella che ha frequentato le riserve in occasione di eventi particolari, anche grazie ad una maggiore pubblicizzazione. In particolare, quasi 16.000 persone (rispetto alle 20.000 dello scorso anno) hanno partecipato alle iniziative organizzate dall'Ente stesso 30 . Circa 20.000 (nel 2001 contro i 12.000 nel 2000) sono, invece, arrivate nei parchi grazie agli eventi ideati e proposti dalle stesse associazioni in stretta collaborazione con RomaNatura31 . Ha molto contato, nel determinare il livello di successo, la comunicazione e la pubblicità sostenuta dall’Ente di gestione stesso. Consistente è anche l’utenza delle scuole ai programmi di educazione ambientale proposti dai gestori, che hanno coinvolto circa 12.000 bambini ogni anno, di età compresa tra 6 e 13 anni, in attività di osservazione della natura ma anche creative e di elaborazione (temi, disegni, sculture…). Queste attività sono in parte sostenute finanziariamente dall’Ente gestore, ma non in misura adeguata alle richieste 32 , che vengono perciò soddisfatte attraverso il pagamento di una tariffa (è stato il caso dei programmi al Pineto, all’Insugherata e a Monte Mario). La disponibilità dimostrata a pagare segnala una domanda evidentemente consistente. I Parchi più frequentati dalle scuole sono risultati quelli del Laurentino, Marcigliana, Aguzzano (dove era in funzione un laboratorio di 30 Citiamo ad esempio Corri RomaNatura, Il Gusto dell'Agro, Il Sapore di Roma, l'Inaugurazione della Casa del Parco della Marcigliana e della Valle dell'Aniene, Sportivi per Natura. 31 Citiamo ad esempio l'Estate al Parco, la Mostra Concorso del Pineto, il Palio al Pineto, la Festa d'autunno, la Festa di Carnevale e la Festa del Cane all'Aniene, le Serate Astronomiche a Monte Mario, la Festa d'Inverno all'Insugherata. 32 Va segnalato come esempio dell’efficacia di un progetto adeguatamente sostenuto dall’Amministrazione, il successo di "Città come scuola" promosso dall'Assessorato alle Politiche Educative 219 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA educazione ambientale presso Casale Podere Rosa) e Tenuta dei Massimi (dove le visite si sono limitate alla primavera). Anche Galeria Antica, proposta per la prima volta, ha avuto un buon livello di fruizione. Messaggi con giudizi più che favorevoli sono pervenuti, su apposite schede preparate dall'Ente e distribuite dagli operatori, sia dagli alunni che dagli insegnanti. All'inizio dell'anno scolastico, inoltre, numerose scuole hanno proposto un programma di attività centrato sull'educazione ambientale, chiedendo in modo esplicito la possibilità di poter realizzare delle attività formative per i ragazzi all'interno delle aree protette di RomaNatura. Le difficoltà segnalate nella fruizione, sono derivate dalla mancata autorizzazione all’accesso da parte delle proprietà private in un caso e dal pericolo dei cani pastore. Ci sono poi le visite domenicali guidate, che coinvolgono 6/7.000 persone all’anno, con un crescente interesse da parte del pubblico, e l’utenza, non quantificata, dei sentieri natura, che possono essere fruiti liberamente dal pubblico. La strategia dei Parchi agricoli e il ruolo delle terre pubbliche La trasformazione delle aree romane a forte vocazione agricola e ambientale in veri e propri Parchi agricoli, richiede tre azioni parallele: restauro ambientale, rilancio dell’uso agricolo diversificato e avvio di attività integrative compatibili. Obiettivo è quello di rimettere a reddito il suolo e gli immobili esistenti, con il loro recupero e riconversione d’uso, garantendo in questo modo il mantenimento dell’uso agricolo e quindi del paesaggio caratteristico dell’agro romano, secondo gli indirizzi definiti dalla pianificazione territoriale (PTC provinciale appena adottato, Piano Paesistico regionale e PRG in via di adozione, piano di bacino del Tevere), di garantire inoltre il mantenimento e, dove necessario, il restauro dei beni naturalistici e storico-architettonici presenti, e di combinare le attività redditizie con la fruizione pubblica delle parti più qualificate del territorio. Molte medio- grandi proprietà fondiarie potrebbero assumere un ruolo territoriale rilevante se trasformate in parchi agricoli con attività produttive agricole e di servizio integrate. La filiera principale dovrà essere quella agroalimentare e di salvaguardia dell'ambiente, diversificata nei settori della coltivazione (cereali, ortaggi, frutta), della silvicoltura, della zootecnia e orientata secondo i criteri del biologico. 220 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA L’obiettivo principale è quello di rendere lineari le fasi di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti in una logica di filiera, inserendo, là dove possibile, attività dirette di trasformazione e di commercializzazione con marchi propri o il collegamento con altre realtà simili per raggiungere un’adeguata dimensione di scala. Sviluppare nuove tecniche, anche coinvolgendo il mondo della ricerca, in modo da sperimentare in queste terre nuove tecnologie a basso impatto ambientale e poi divulgarle alle aziende agricole del territorio è uno degli obiettivi qualificanti che un progetto di parchi agricoli deve avere, anche al fine di non lasciare i parchi agricoli isolati dal contesto agricolo circostante. La seconda filiera è quella dell’uso plurimo del bosco. La risorsa bosco non è solo il legno, è anche fauna, frutti minori, erbe officinali, apicoltura, funghi, zootecnia brada, turismo, attività ricreative ecc. Le attività che possono nascere da un uso intelligente del bosco sono molteplici. Occorre però innanzitutto adottare dei piani di gestione dei beni demaniali che, partendo da una conoscenza approfondita della realtà, programmino gli interventi di selvicoltura, redigano piani faunistici, delimitino aree a diversi gradi di utilizzazione. Nel bosco si possono ben inserire aree ricreative attrezzate che possono rappresentare un modo per rendere fruibile a tutti il patrimonio boschivo. La terza filiera è quella del turismo, della cultura e della socialità. Il turismo naturalistico, la conoscenza delle risorse naturali e l’educazione, soprattutto delle nuove generazioni, al rispetto per la natura, sono strettemente legate al progetto di parco agricolo. Così come i percorsi turistici culturali nelle zone di maggior interesse archeologico o storico, le attività ricettive, di tipo agrituristico, con le necessarie dotazioni infrastrutturali (spazi per convegni, seminari, incontri, per iniziative culturali, didattiche e formative, fino a quelle sportive). L'inserimento in attività produttive di persone con handicap o la realizzazione di comunità di recupero, che non si limitano a curare ma ad inserire queste persone in un contesto realmente produttivo ed a contatto con la natura, può attribuire finalità sociali soprattutto alle terre di proprietà pubblica. Queste attività integrative, oltre a garantire la redditività degli investimenti necessari e la copertura dei costi di gestione, qualificano i parchi come centralità urbane, come luoghi di fruizione e di offerta di servizi d’uso pubblico. In questa prospettiva d’uso, le aree agricole periurbane si possono distinguere, per le loro potenzialità di sviluppo integrato e per il loro rapporto con la città, in due tipologie: 221 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA A - quelle ormai racchiuse dalla crescita della città, dove quindi la pressione esplicita della domanda sociale e della proprietà fondiaria è molto alta, e i problemi di riorganizzazione della città complessi, per quantità, per interessi coinvolti e per delicatezza dell'ecosistema. B - quelle limitrofe ai confini della città costruita, per le quali l'alto valore emerge soltanto quando un progetto di sviluppo ne rende visibili le risorse e le opportunità, oltre che le funzioni di difesa ecologica. Il primo tipo di area richiede necessariamente un forte ruolo di indirizzo e regolazione da parte dell’Amministrazione locale, che deve farsi carico del compito di mediazione fra i diversi interessi già esistenti e potenziali, attraverso strategie chiare e articolate. Strategie di questo tipo si presentano come veri e propri "progetti urbani" in quanto rivolte a territori più vasti di quelli strettamente agricoli, deve comprendere insieme tutti gli insediamenti che hanno o possono avere relazioni con essi. Deve quindi prevedere scenari di riorganizzazione delle periferie secondo sistemi locali a forte grado di integrazione interna fra aree urbanizzate e spazi aperti, agricoli e ambientali. In questi casi: • i luoghi principali del parco produttivo saranno quelli che metteranno in comunicazione e rappresenteranno funzionalmente e simbolicamente le relazioni possibili fra uso agricolo e uso urbano del suolo. • questi luoghi saranno prevalentemente collocati nelle aree di bordo o in luoghi particolarmente significativi del paesaggio urbano (manufatti storici, elementi paesistici di rilievo). • le funzioni che ospiteranno o che saranno localizzate anche all'interno dell'area agricola avranno anche l'obiettivo di rispondere alla domanda di servizi di tipo urbano, nel massimo contenimento dell'occupazione del suolo e con criteri di compatibilità ed esemplarità. Nel secondo tipo di aree il valore delle risorse non è direttamente legato alla domanda di infrastrutture e servizi urbani delle aree limitrofe; è quindi possibile organizzarne le funzioni e l'assetto tenendo conto prevalentemente dei caratteri specifici del territorio agricolo. In questo caso i luoghi principali saranno prevalentemente localizzati nel cuore del parco e ospiteranno funzioni integrative dell'attività agricola. Anche il tipo di funzioni varierà in relazione alle due tipologie. La prima tipologia dovrà prevedere nei luoghi principali di bordo e di accesso alla parte prevalentemente agricola la localizzazione dei servizi urbani carenti negli insediamenti limitrofi (luoghi di incontro, uffici pubblici, servizi sociali e culturali ecc.), ai quali gli spazi destinati a quelle attività di supporto al parco agricolo si affiancherebbero. 222 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA La seconda tipologia ospiterà funzioni leggere limitate all'integrazione dell'attività agricola come l’agriturismo, le attività sportive, la trasformazione dei prodotti agricoli, le attività didattiche e formative. Un ruolo fondamentale in queste due prospettive di valorizzazione territoriale lo giocano le aree agricole di proprietà pubblica, con le potenzialità legate alla loro gestione e storia. Possiamo distinguerne anche qui due tipi fondamentali33 : - le aree pubbliche che sono attualmente gestite direttamente sotto forma di azienda agraria o che comunque rappresentano per quantità e qualità un cospicuo patrimonio che può da solo essere pensato come parco agricolo; - le aree che per natura e storia ben si prestano a divenire parchi agricoli ma dove la pur rilevante presenza di terre pubbliche non è sufficiente ad attivare un piano di sviluppo integrato, dove sono comunque presenti proprietà private che utilizzano in maniera produttiva le loro terre e si possono quindi coinvolgere. La priorità alle grandi estensioni di terre pubbliche gestite in maniera unitaria in forma di "aziende." Si possono così individuate due aree del Comune di Roma di particolare interesse per la presenza di terre pubbliche e private su cui poter realizzare progetti integrati d’area, per realizzare parchi agricoli in importanti realtà urbane e periurbane, secondo la prima tipologia: • l’area del Casale della Perna; • l’area del Casal del Marmo; Si possono poi individuare altre due aziende della seconda tipologia: • l’azienda del Cavaliere (Comune di Roma ex Pio Istituto); • l’azienda di Castel di Guido (Comune di Roma ex Pio Istituto). Vediamo meglio, in questa prospettiva d’uso, le caratteristiche di queste aree e delle aziende che vi lavorano. L’area del Casale della Perna (all’interno del Parco di DecimaMalafede, vedi par. precedente sulle aree protette) dove è attiva l’Azienda cooperativa Agricoltura Nuova, si presenta come territorio di bordo della città edificata e allo stesso tempo come parte essenziale del vasto sistema ambientale del fosso di Malafede, ultimo affluente significativo di sinistra del Tevere, che raccoglie una parte consistente delle acque sud-occidentali del 33 Cfr. il rapporto della Regione Lazio, gruppo di lavoro interassessorile sulle terre pubbliche, Comune di Roma, ARSIAL, Indirizzi per l’utilizzo produttivo delle terre pubbliche, la realizzazione di parchi agricoli-produttivi urbani e regionali, responsabile Matteo Amati, coordinamento tecnico Alberto Clementelli e Roberto Pallottini, Roma, 1998. 223 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA vulcano laziale (Castelli Romani). È inoltre contigua alla grande riserva naturale del Parco di Castel Porziano ed ai limitrofi pianori di macchia mediterranea. Rispetto alla città edificata, l’area si trova in posizione esattamente intermedia fra la grande concentrazione di edilizia pubblica e privata di Spinaceto-Tor dè Cenci (50.000 abitanti circa) e la borgata di origine abusiva di Trigoria (8.000 ab.). Nella dimensione d’area vasta, si colloca fra i due grandi poli di concentrazione di attività: l’EUR, polo terziario della Capitale, e Pomezia, area industriale della Pianura Pontina. Due effetti principali si possono rilevare come conseguenza di questa localizzazione. 1) l’area può svolgere un rilevante ruolo di riconnessione, in quanto comune “luogo centrale” di un bacino di utenza di quasi 60.000 persone, per le funzioni di tipo “urbano” che può ospitare entro un contesto di qualità ambientale; 2) la posizione intermedia fra i due grandi poli di attività di livello metropolitano, la rende facilmente e quotidianamente accessibile ad una utenza molto più ampia di quella locale, verificabile dall’intensità dei flussi di traffico che percorrono via Pontina, strada tangente all’area e suo principale accesso. Il terreno é ora utilizzato prevalentemente ad ortaggi con una superficie di 8.000 mq. di serre e 5 ettari a pieno campo. Altre produzioni significative sono i cereali, le colture foraggiere, il frutteto e vigneto, la floricoltura, l’apicoltura, un molino a pietra e un forno per la produzione di pane, pasta e dolci, l’allevamento di ovini da latte, con circa 1000 capi di razza sarda. Il latte prodotto viene trasformato nel caseificio aziendale in ricotta, formaggio, yogurt. Per la particolare ubicazione e per i servizi che offre l’Azienda é meta settimanale di centinaia di cittadini che singolarmente o attraverso associazioni di tempo libero praticano vari sport: sono attive infatti associazioni per il tiro dell’arco, aereomodellismo, ciclismo, ecc. L’azienda 34 occupa anche alcuni giovani disabili ed ha assunto lo status di cooperativa sociale integrata partecipando in questa veste al COIN (Consorzio delle cooperative integrate). La sede della Cooperativa é stata 34 Nel luglio 1977 un gruppo di contadini, braccianti, giovani disoccupati occupavano 180 ha di terreno di proprietà comunale che fino a quel momento si trovava in stato di completo abbandono. La cooperativa nel corso degli anni ha recuperato a coltivazioni agricole tutto il comprensorio, restaurato e reso abitabili gli immobili, ristrutturato gli impianti, realizzando un’azienda moderna e produttiva. 224 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA anche più volte teatro di mostre e manifestazioni artistiche in collaborazione con varie entità pubbliche e private, ospitando anche le attività dell’ente RomaNatura, da quando è stata istituita l’area protetta di Decima Malafede. L’Ente ha anche avviato il cantiere per il restauro della Torre della Perna, torre medievale limitrofa al centro aziendale, da molti decenni abbandonata. E’ presente anche una sede del WWFF, che promuove attività di tipo naturalistico. Il centro delle tenuta di Casal del Marmo era costituito originariamente, e fino agli anni sessanta, da due aziende 35 . L’area nei decenni successivi si sviluppa in modo casuale, con cubature indifferenti alle preesistenze, senza relazioni fra loro. Contemporaneamente l’abusivismo edilizio chiudeva il cerchio dell’edificato intorno all’area della tenuta, che si trova ora completamente circondata dalla città. Lo stato di abbandono delle aree residuali agricole e naturali ha favorito la moltiplicazione di piccoli orti abusivi, situati dapprima in prossimità di edifici e poi estesi nelle valli e lungo i pendii contigui. Nei primi mesi del 2002 i terreni in concessione alla Cooperativa Cobragor, sono passati dall’Amministrazione Provinciale al Comune di Roma e sono coltivati in un corretto rapporto con le risorse ambientali, secondo i criteri e le tecniche del biologico. La presenza stabile della Cooperativa sul territorio, il costante impegno delle sue risorse per migliorare la qualità degli spazi concessi in uso, sono stati determinanti nel far maturare una domanda di qualità e d’uso delle aree verdi da parte dei cittadini, che utilizzano le sue strutture per attività associative, culturali e ricreative. 35 La prima, di proprietà privata, possedeva due grandi stalle con annessi fienili e silos di conservazione dei foraggi. La seconda era l’azienda dell’ospedale psichiatrico S. Maria della Pietà, che operava in un’area pubblica (60 ha), con finalità produttive ed ergoterapiche, doveva cioè offrire possibilità di lavoro ai degenti dell’ospedale psichiatrico in collaborazione con lavoratori dipendenti e braccianti. Nel 1963 le due aziende interrompono di fatto le attività agricole, probabilmente anche in conseguenza delle destinazioni del PRG del 1962, che prevedeva una destinazione M (attrezzature generali) per l’area pubblica e G4 (ville con giardino) per quella privata. È proprio nel momento di massimo degrado dell’area (1977) che un gruppo di disoccupati, costituiti nella cooperativa Cobragor, occupa ciò che resta del casale dell’area pubblica e riattiva la produzione agricola. 225 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA La parte restante dell’area, di proprietà privata, è coltivata in modo tradizionale con investimenti stagionali per la produzione di cereali. Nell’area di Casal del Marmo coesistono quindi tre tipi di associazioni vegetali: - naturali nella condizione climax; - artificiali nella formazione boscata del S.Maria della Pietà molto discosta dal climax locale del leccio e nel verde presente intorno agli edifici ospedalieri e penitenziali; - agricole nelle alberature frutticole della Cobragor e negli altri appezzamenti utilizzati per colture stagionali. Il suo paesaggio è adatto alla realizzazione di itinerari esplorativi, sentieri e piste, aree di gioco per ogni età, oltre che al rimboschimento. Ha bisogno però di una definizione funzionale chiara, da parco agricolo, centralità per l’ampio settore urbano di Roma nord-ovest, del Municipio XIX, per evitare ulteriore consumo di suolo agricolo in prossimità di aree urbane intensamente abitate. Parti dell’area sono ancora aggredite da edificazioni abusive e da discariche. Le due aziende gestite direttamente dal Comune di Roma, sono quella del Cavaliere e quella di Castel di Guido. Con la deliberazione n. 799 del 21 Dicembre 2001 il Comune ha avviato la completa riconversione al biologico della loro produzione. Le vicende dell’azienda Cavaliere sono legate alle modalità di passaggio della proprietà ai Comuni di Roma e Guidonia, alle conseguenti difficoltà di investimenti infrastrutturali e di ammodernamento, allo scorporo dal patrimonio ospedaliero e alla conseguente necessità di trovare nuovi mercati per i prodotti, ai vincoli burocratici nella gestione. Attualmente l’indirizzo produttivo é volto alla produzione di ortaggi, di latte bovino per uso alimentare fresco, di carne bovina proveniente dai vitelli del bestiame da latte eccedente la rimonta, e bestiame da allevo di pregevole genealogia. Le colture praticate sono in prevalenza quelle foraggiere (medica, mais, erbai) alternate con quelle del grano, del mais da granella e della bietola da zucchero. La produzione media di stalla é di circa 60 q.li di capo il che denota un accurato lavoro di selezione ed una corretta conduzione di allevamento. Il piano di trasformazione dell’azienda, basandosi sull’allargamento della superficie irrigua (da 110 ha a 253 ha), prevede un ampliamento dell’attività zootecnica, portando le attuali 250 vacche in produzione a 500 capi e quindi con una consistenza media di circa 900-950 soggetti. Con tale consistenza l’azienda si pone nelle condizioni di poter produrre, oltre alla rimonta interna, 90-100 giovenche gravide di alta genealogia che potrebbero essere cedute ad aziende indirizzate alla produzione di latte. 226 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA L’avvicendamento a trasformazione avvenuta prevede le seguenti colture: cereali (80 ha), fieno irriguo (60 ha), fieno asciutto (96 ha), insilato mais irriguo (103 ha), insilato mais asciutto (20 ha), foraggio verde (30 ha), bietole (20 ha), orto (40 ha), pascolo (40 ha). A trasformazione avvenuta il piano prevede un maggiore impiego di manodopera di 10 unità (da 51 a 61). Ma l’azienda possiede anche strutture edilizie di pregio storico ed è inserita in un contesto ambientale di alto rilievo come quello del Parco dell’Aniene, che rappresenta anche un corridoio naturalistico in grado di collegare l’azienda ad un bacino di utenza enorme, costituito dai quartieri di Roma nord che riaffacciano sull’asta fluviale. Anche per l’azienda di Castel di Guido vale quanto osservato per quella del Cavaliere, sui motivi di difficoltà gestionale. In particolare lo scorporo dagli Enti Ospedalieri e la conseguente “disaffezione” ai prodotti dell’Azienda hanno comportato, fra l’altro, la cessazione di numerose attività che consentivano un sostanziale pareggio di bilancio. Tra queste la coltivazione degli ortaggi, il vigneto, gli allevamenti bovini ed ovini finalizzati alla consegna di carni alle dispense ospedaliere. La coltivazione dell’orto e la gestione del caseificio a pieno ritmo consentivano notevoli utili su questi singoli capitoli economici, i capitoli che poi rendevano attivo il complessivo bilancio aziendale. Attualmente l’indirizzo produttivo dell’azienda, prevalentemente zootecnico, è impostato sulle vacche da latte, con la trasformazione del latte in azienda e la produzione di mozzarelle e provoloni, sulle vacche da carne e sugli ovini, utilizzati esclusivamente per la produzione di carne. L’azienda di Castel di Guido conduce inoltre una superficie di 106 ha ubicata in località Palidoro utilizzata in parte per la produzione di foraggiere, mentre 40 ha circa vengono investiti ad ortaggi. Il piano aziendale, a compimento, prevede un maggiore impiego di mano d’opera, da 80 a 100 unità. Negli ultimi anni ha avuto notevole impulso anche il programma di forestazione iniziato negli anni ’60 a titolo meramente sperimentale. Creare alla porte di Roma un significativo spazio verde a vantaggio della cittadinanza é uno dei cardini della conversione aziendale: venuto a cessare il mercato chiuso della consegna dei prodotti agli Ospedali, le Direzioni del Dipartimento Ambiente del Comune di Roma e dell’Azienda hanno ritenuto opportuno avviare un processo di trasformazione aziendale che portasse ad una riqualificazione del territorio e ad una più attenta tutela dell’ambiente. 227 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Le tre condizioni generali Il territorio agricolo ai margini della città si presenta come un caso esemplare per comprendere quanto lo sviluppo sostenibile della città richieda una maggiore integrazione delle politiche urbanistiche, economiche, sociali e ambientali. Questo territorio, a Roma, oltre alle conseguenze legate alle tradizionali attese di rendite immobiliari e alla proprietà improduttiva, ha subito i processi più generali di contrazione del suolo agricolo, di estensione e intensificazione delle colture specialistiche, di edificazione sparsa a fini urbani, con la conseguente perdita di valore e banalizzazione del paesaggio agrario storico, e i conseguenti impatti ambientali negativi, sulle acque e sulla continuità dei sistemi ecologici. Pensiamo solo all’intensità di sfruttamento e al conseguente inaridimento e concentrazione di fertilizzanti, o all’abbandono che genera degrado in contesti ambientali che hanno perso le proprie capacità di autoregolazione. La diminuzione delle attese speculative, lo sviluppo di nuove figure imprenditoriali (quelle che il Censis negli anni ottanta chiamava le “guardie ecologiche volontarie”) e di una nuova domanda sociale, sono le tre nuove condizioni che rendono possibile il successo di una politica di salvaguardia e qualificazione del paesaggio agricolo periurbano. Sulla diminuzione delle attese speculative, sicuramente i recenti atti di pianificazione generale (Piano delle Certezze, perimetrazione dei Parchi regionali) hanno dato un contributo decisivo, sanzionando, con la cancellazione di gran parte delle previsioni di edificazione dell’agro romano, il definitivo passaggio dalla fase dell’espansione della città a quella della riconversione e riqualificazione, reinterpretando con la ruota verde (i cunei dei grandi parchi storici e la cintura agricola periurbana) una delle migliori esperienze delle politiche urbanistiche per le aree metropolitane, quella del green belt londinese. Per sradicare questa consolidata cultura della proprietà fondiaria non appaiono sufficienti soltanto politiche strutturali difensive, ma occorrono politiche attive, di promozione e sostegno di alternative di sviluppo. La vera questio ne diventa quella della costruzione dei moderni confini della città, che non è soltanto un problema di natura urbanistica, ma di riorganizzazione socio economica e morfologica dell’intera area metropolitana, per identificare quei contesti entro i quali è possibile costruire nuovi rapporti fra società, territorio urbanizzato e ambiente, e dare una risposta a quella domanda di neoradicamento che si sta sviluppando con la scomparsa dei quartieri tradizionali o delle borgate come luoghi di identità comunitaria. 228 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Possiamo esemplificare in due posizioni, entrambe riduzioniste e solo apparentemente contrapposte, il tradizionale approccio al problema: • le aree agricole periurbane sono riserva per la crescita, lo sviluppo o anche la riqualificazione della città (posizione rappresentata sia dalle attese speculative della proprietà assenteista sia dalla visione urbanocentrica che richiede semplicemente suolo per gli standard funzionali urbani (in questa categoria rischia di rientrare anche la posizione di chi sostiene un’ipotesi di perequazione urbanistica che, per ridistribuire la rendita al fine di non condizionare ad essa la crescita edilizia, vede le aree agricole periurbane come strategiche soltanto in quanto generatrici di “cubatura”); • le aree agricole vanno “protette” dalla città; la città non deve consumare altro suolo quindi va delimitata rigidamente (costruendo nuove “mura” che, al contrario di quelle medievali, non difendono la città dalle insidie nascoste nella campagna - i nemici, i predoni - ma difendono la campagna dalla città aggressiva). Queste due posizioni convergono nel contrapporre città e campagna, nel produrre confini, da non valicare o da violare che siano. Ad esse se ne può sostituire una terza che trova nelle relazioni fra i due ambienti i motivi per il reciproco sviluppo. I vantaggi che l’ambiente agricolo può trarre dalla città sono connessi: - alla presenza di un mercato rilevante, entro il quale anche segmenti di domanda molto selettiva, come quella rivolta agli alimenti biologici, sono sufficientemente consistenti per garantire una produzione specializzata e qualificata; - allo stimolo all’innovazione; - alle opportunità formative, di assistenza tecnica e professionale; - ad una domanda di occasioni ricreative e di benessere che l’ambiente agricolo può accogliere e dalla quale può ricavare reddito aggiuntivo (agriturismo e turismo equestre, trekking, bicicletta, attività sportive che richiedono impianti leggeri). I vantaggi che la città può trarre dall’ambiente agricolo sono in parte speculari: - l’offerta di occasioni ricreative; - spazi per nuovi servizi alla persona, attività sociali e culturali; - il mantenimento dei valori storico-paesistici e della cultura della terra; - la qualità ambientale dell’intero ecosistema locale. Le aree agricole di bordo possono rappresentare un elemento di separazione, di barriera, o essere parte integrante della città, ma soprattutto 229 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA delle parti di città più vicine, partecipare ai sistemi di relazione locali, divenire in alcuni casi la risorsa principale per spazi urbani poveri di qualità e identità, che dà forma a nuove parti di città. Secondo i differenti contesti, possono svolgere la funzione di vere e proprie centralità non edificate, per posizione (spazi aperti circondati da insediamenti), per qualità del paesaggio, per funzioni che già accolgono (vedi ad esempio il S. Maria della Pietà, ma anche la II università di Tor Vergata), oppure di spazi di transizione fra città e campagna. Oppure, semplicemente, possono garantire la funzionalità del sistema ambientale urbano (i corridoi biologici). Laddove non c’è contiguità, si configurano come spazi a servizio dell’ambiente e della vita sociale dell’intera città metropolitana. Si potrebbero definire, nel linguaggio utilizzato dalla proposta di nuovo Piano regolatore, centralità ambientali metropolitane. A determinare il destino di queste aree concorre, quindi, sia la pianificazione strutturale d’area metropolitana, che individua i sistemi ambientali (ed i parchi, spesso assimilabili a parchi agricoli) e i suoi sistemi di accessibilità, sia quella relativa agli spazi locali, che disegna il rapporto con le aree agricole di bordo, interstiziali o intercluse (vedi i Progetti Urbani, i Programmi di riqualificazione e di recupero urbano). Ciascuna di queste situazioni pone problemi funzionali, gestionali (ruolo dei soggetti pubblici e privati, dei cittadini, economie) e progettuali di natura differente, per i diversi gradi di artificialità da garantire, per l’uso degli elementi della natura nella costruzione degli spazi pubblici. Richiedono politiche differenziate e appropriate. Sul fronte dell’economia, tre sono i casi di nuovi produttori emersi spontaneamente negli anni più recenti: • chi gestisce aziende a conduzione diretta e integra il reddito con la commercializzazione in proprio, cogliendo l’opportunità della vicinanza con il grande mercato romano e potendo ritagliarsi un segmento di domanda ridotto ma qualificato; • chi integra, magari a livello familiare, un reddito proveniente da attività urbane; o al contrario il reddito urbano con la produzione agricola per l’autoconsumo; • chi fa della produzione agricola un esperienza “politica”, di socializzazione nel lavoro, e fa della azienda un evento esemplare di integrazione fra produzione agricola, animazione sociale e politicoculturale; 230 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA • chi affianca l’attività dell’azienda con attività produttive e di servizio compatibili (trasformazione dei prodotti, artigianato, agriturismo, turismo...) In tutti i casi è la combinazione fra cultura contadina, cultura urbana e cultura ambientale ad essere vincente, l’integrazione fra attività ne è un risultato. E’ evidente l’importanza di dare un forte impulso a queste nuove forme di imprenditorialità, attraverso politiche pubbliche concordate con le associazioni dei produttori, a garanzia della qualità dei prodotti, attraverso azioni di marketing, di assistenza tecnica e formazione professionale, di apertura del mercato ai prodotti locali, di sostegno e incentivo economico e fiscale. Ovunque possibile, si tratta di rendere lineari le fasi di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti, in una logica di filiera. Sul fronte sociale, queste due condizioni, riduzione delle attese speculative e nuovi soggetti economici, si associano allo sviluppo di una nuova domanda: • di qualità ambientale, consapevole di quanto sia importante la vitalità degli ecosistemi artificiali/naturali dei bordi urbani, ma anche la cultura incorporata nel paesaggio agrario storico che testimonia della ricchezza di quel particolare rapporto che nel tempo si è determinato tra società umana e ambiente naturale; • di salute come problema globale, che va dalla alimentazione alla possibilità di ricreazione in ambienti di qualità, alla qualità formale degli spazi d’uso pubblico; • di spazi per attività emergenti della società post- industriale (ricerca, cultura, informazione, ricreazione collettiva...). Il sostegno dal lato della domanda, di questa domanda, dandogli rappresentanza politica, rilievo nei processi decisionali, è una leva decisiva non solo per stimolare lo sviluppo di una imprenditoria qualificata, che sappia rispondere in termini di offerta di qualità, ma per fare delle politiche urbane uno strumento per rimettere in comunicazione domanda e offerta, produttori e consumatori, erogatori di servizi e utenti, per ristabilire regole di trasformazione condivise fra cittadini, che non interpretino in forma riduttiva il territorio, ma ne comprendano la complessità e ricchezza. Conclusioni La città metropolitana romana si caratterizza per la vastità del territorio coinvolto, anche non urbanizzato, e per la frammentazione della sua periferia. 231 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA Il carattere diffuso della sua struttura insediativa avrebbe potuto garantire un maggior contenimento dei fenomeni di congestione tipici delle aree più dense. Ma gli insediamenti della periferia romana sono nati spesso spontaneamente e comunque senza prevedere sufficienti e ben progettati spazi di relazione, oltre che infrastrutture adeguate. Nel tempo la domanda e complessità di relazioni è cresciuta per quantità e qualità anche nella periferia. La domanda di qualità degli spazi urbani e delle infrastrutture si è fatta pressante ma di difficile soluzione all'interno delle aree edificate. D'altra parte le condizioni ambientali nella città metropolitana sono tali da rendere ogni ulteriore consumo del territorio ancora non edificato difficilmente sostenibile se non strettamente ancorato ad obiettivi di riqualificazione di ciò che già esiste. Le aree non edificate all'interno del territorio urbanizzato, anche oltre i confini comunali, rappresentano una risorsa decisiva per garantire un futuro ambientale più accettabile, non solo in termini di microclima, ma anche in termini di qualità e funzionalità degli ecosistemi e del paesaggio. Ma la pressione all'uso urbano di queste aree, soprattutto di quelle rimaste, circondate dagli insediamenti diffusi, è doppia: da una parte proviene dai cittadini che vivono nei quartiere privi di servizi e infrastrutture, ma anche privi di spazi per realizzarle, dall'altra proviene dalla proprietà fondiaria per le aspettative edificatorie generate dall'incremento del valore di posizione dovuto alla prossimità con le aree edificate. La pressione su di essi è tale da rendere estremamente debole una politica di semplice vincolo e da richiedere invece una politica specifica di salvaguardia attiva. Per tutti questi motivi, il mantenimento del suolo non edificato interno o ai margini della città, attraverso la sua valorizzazione e il suo uso compatibile, deve essere un obiettivo centrale per qualsiasi politica urbana. Si tratta di trasformare i vincoli e gli oneri della gestione di queste aree in opportunità, tenendo conto del loro alto valore ambientale e paesaggistico, fondiario, funzionale, sociale e culturale. La realizzazione in queste aree di parchi produttivi è finalizzata a garantire, attraverso il controllo sull'assetto complessivo, la definizione dei criteri di compatibilità e le forme opportune di gestione, la necessaria integrazione fra l'uso produttivo agricolo e le finalità urbane, sociali e ambientali, così che il primo possa essere preservato come elemento fondamentale di salvaguardia anche dove la sua redditività è inevitabilmente bassa. Qualsiasi scenario locale si deve confrontare con i vincoli e le opportunità offerte delle politiche europee e regionali, che adottano tra l’altro 232 LE RISORSE: AMBIENTE, CULTURA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA la prospettiva della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, in linea quindi con le indicazioni del PAA comunale e del nuovo PRG in via di adozione. Pensiamo alla riduzione dei prezzi sulle due più importanti produzioni del territorio comunale, il seminativo e il lattiero caseario, ma anche alle politiche sulla qualità e di sostegno ai servizi agroambientali. Ed è anche chiaro che un percorso di riconversione e sviluppo, come già sperimentato con il Tavolo Verde attivato dall’Assessorato all’Ambiente, non si potrà attuare senza il pieno coinvolgimento delle imprese. 233