Rassegna Cinema per le Scuole
presenta
NO – I GIORNI DELL’ARCOBALENO
(Pablo Larraìn, Cile/Fr/Usa 2012)
Un discorso su media, pubblicità e comunicazione politica
a partire dal film di Pablo Larraín.
materiali di approfondimento
a cura di
Paolo Fossati e Emanuele Galesi
Nota:
Una versione multimediale della dispensa
è disponibile online all’indirizzo: http://storify.com/paolofossati/no-i-giorni-dell-arcobaleno
in tale variante i testi sono arricchiti da scene del film, video, immagini e link.
Per ulteriori spunti sui temi trattati: www.paolofossati.com
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:: INTRODUZIONE ::
Vance Packard nel suo pamphlet sulla pubblicità I Persuasori Occulti (1957) si occupava di
denunciare "l'alleanza tra scienza e pubblicità per orientare i gusti del pubblico".
I colori e l'allegria studiati per i cileni fanno tornare in mente l'esperimento delle 3 scatole
colorate:
“I venditori compresero che è molto pericoloso basarsi sull’assunto che il pubblico si comporti in
modo razionale.
Il Color Research Institute ebbe una prova stupefacente di questa tendenza del consumatore ad
agire in modo irrazionale allorché dovette condurre un test per scegliere la confezione di un nuovo
detersivo.
L’esperimento mirava a stabilire se, nel giudicare un prodotto, la clientela sia influenzata più di
quanto non si renda conto dal colore della scatola.
Vennero consegnate a un gruppo di massaie tre diverse scatole di detersivo, con la preghiera di
sperimentarle per qualche settimana e riferire poi quale desse migliori risultati per gli indumenti
delicati. Si fece credere alle interessate che si trattava di tre diversi tipi di polvere, ma in realtà
soltanto le scatole erano diverse: il contenuto era assolutamente identico.
Il colore base della prima scatola era il giallo, e questo perchè secondo alcuni venditori il giallo,
data la sua vistosità, era il colore più efficace per i prodotti destinati ad essere esposti nelle vetrine
e sugli scaffali degli empori. Un’altra scatola era in prevalenza blu, e priva affatto di giallo; la terza
era blu con chiazze di giallo.
Nei loro rapporti le massaie asserirono che il detersivo contenuto nella scatola giallo vivo era
troppo forte; alcune sostennero addirittura che aveva rovinato i loro indumenti.
Quanto alla polvere contenuta nella scatola blu, la maggioranza delle interpellate espresse una
netta insoddisfazione, dichiarando che gli indumenti, una volta lavati, sembravano ancora sporchi.
La terza scatola, nella quale, secondo l’istituto, i due colori si armonizzavano perfettamente,
ricevette di gran lunga l’accoglienza più favorevole. Le signore si servirono di aggettivi come
“straordinario” e “meraviglioso” per descrivere l’effetto del detersivo contenuto in quella scatola."
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:: IL FILM ::
Nel 1988 in Sudamerica, si verifica un evento epocale grazie alla partecipazione popolare: il Cile
vota contro la dittatura militare di Pinochet al referendum indetto dal regime, che confida sia un
modo per legittimarsi sotto il profilo democratico.
Dopo 15 anni si chiude il capitolo di violenza e soprusi iniziato nel 1973 con il colpo di stato contro
Salvador Allende.
Un ruolo assolutamente non trascurabile per l'esito delle votazioni viene giocato dalla
comunicazione pubblicitaria.
Gli audiovisivi realizzati per suggerire alla popolazione di votare
“NO”, promuovere il cambiamento e deporre Pinochet inizialmente perseguono l'obiettivo di
informare e denunciare i crimini perpetrati dal regime.
Finchè non arriva il giovane pubblicitario René Saavedra (nel film interpretato da Gael Garcia
Bernal) che ha una visione innovativa, talmente moderna e "leggera" da sembrare fuori luogo ai
stessi sostenitori del NO che lo ingaggiano. Perfettamente in linea con la televisione americana (e
italiana) degli anni Ottanta. E scientificamente efficace, perchè pensata per emozionare il target di
riferimento (tra l'altro complesso e variegato).
Il film No - I giorni dell'arcobaleno (Pablo Larraìn, Cile/Fr/Usa 2012) ripercorre il lavoro svolto per
la campagna promozionale e il clima teso del periodo.
Ispirato a un’opera teatrale, El plebiscito, che l’autore Antonio Skármeta ha poi tradotto in
romanzo, No. I giorni dell’arcobaleno ricostruisce le fasi preparatorie del referendum cileno del
1988 e le sue contraddittorie problematiche: il rifiuto degli oppositori più duri del regime di
accettare che una militanza costata lacrime e sangue sia ridotta a stregua di prodotto
commerciale, il violento contrattacco del regime allarmato dai sondaggi in calo.
In primo piano le riunioni, dello staff di creativi e dei politici, dove si dibatte la strategia di
“mercato” più adatta ad abbattere la dittatura.
La scelta stilistica del regista è spiazzante e coraggiosa: ha realizzato il film con un'estetica vintage
(formato 4:3, fotografia da videocamera), sia per recuperare l’atmosfera d’epoca, sia per integrare
il nuovo girato ai materiali d’archivio.
Il giovane regista Pablo Larraín (classe 1976) aveva già raccontato la dittatura cilena in Tony
Manero (2008) e Post Mortem (2010), film che, a questo punto, con No vanno a costituire una
trilogia sugli anni del regime. Nel cast di tutte le pellicole compare l'attore Alfredo Castro.
Le idee di René Saavedra scaturiscono dal contesto culturale di riferimento, che si nutre di modelli
televisivi americani.
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Anche in Italia, negli anni Ottanta, avevano esordito le televisioni private e la pubblicità era
diventata il normale contrappunto di ogni visione sul piccolo schermo. Ogni programma televisivo
era interrotto più volte da spot.
Un flusso inarrestabile di colori e musica. Uno spettacolo che, con l'intento di promuovere
l'acquisto, raccontava un mondo immaginario abitato da gente sempre allegra.
:: TESTIMONIARE UN’IDEOLOGIA ::
Per quanto riguarda l'idea di far partecipare le celebrità alla campagna elettorale, come
"testimonial di un'ideologia" sono imprescindibili i precedenti storici. Quelli cronologicamente più
vicini ai fatti cileni sono di certo rappresentati da Do they Know it's Christmas? (1984) e We are
the World(1985). Si tratta di due canzoni scritte e cantate da artisti di grande successo per
sensibilizzare l'opinione pubblica rispetto a temi sociali (la carestia in Etiopia, la fame e la povertà
nel continente Africano). L'intento non è direttamente elettorale, ma politico nel senso profondo
del termine: si partecipa attivamente alla vita pubblica.
Di certo questo tipo approccio di affonda le proprie radici nelle sperimentazioni comunicative di
John Lennon e Yoko Ono, che durante la guerra del Vietnam per anni utilizzarono la propria
celebrità per veicolare il pacifismo.
Lennon affermava: "Marciare andava bene per gli anni Trenta. Oggi bisogna usare metodi diversi.
Tutto ruota intorno a una sola cosa: vendere, vendere, vendere. Se vuoi promuovere la pace, devi
venderla come se fosse sapone. I media ci sbattono continuamente la guerra in faccia: non
soltanto nelle notizie ma anche nei vecchi film di John Wayne e in qualsiasi altro dannato film;
sempre e continuamente guerra, guerra, guerra, uccidere, uccidere, uccidere. Così ci siamo detti
"Mettiamo in prima pagina un po' di pace, pace, pace, tanto per cambiare"... Per ragioni note
soltanto a loro, i media riportano quello che dico. E ora sto dicendo "Pace".
(Philip Norman, John Lennon, La Biografia; 2009, Arnoldo Mondadori Editore).
Il 20 marzo 1969, in occasione del loro matrimonio, s'inventarono la performace del bed-in per
promuovere la pace: si sposarono e trascorsero la loro luna di miele restando confinati nel letto
matrimoniale della loro stanza d'albergo, dove invitarono i giornalisti incuriositi.
Dopo il primo bed-in, avvenuto in marzo ad Amsterdam, ne organizzarono un secondo nel maggio
dello stesso anno, a Montreal.
L'hotel divenne meta di operatori dei media, fan e vari artisti. Improvvisando John scrisse la
canzone Give Peace a Chance che divenne inno del movimento pacifista.
Per il Natale 1969, John Lennon e Yoko Ono, augurarono la pace a tutti a proprie spese attraverso
un uso consapevole della pubblicità: costruirono la campagna di sensibilizzazione contro la guerra
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nel Vietnam con lo slogan WAR IS OVER! (if you want it) già evocata dalla canzone Give peace a
chance, scritta con lo stesso intento.
Per il Natale 1971, gli auguri di John e Yoko e il loro messaggio di pace vennero cantati nella
canzone: Happy Xmas (War is Over).
Nel film NO il pubblicitario René Saavedra, per presentare i suoi spot, ripete la frase: "oggi il Cile
pensa al suo futuro". La sua consapevolezza e la sua determinazione sono figlie dell’esperienza.
:: SCENARI ATTUALI: COMUNICAZIONE, POLITICA, CAMPAGNE ELETTORALI ::
Obama e la politica dell'era di internet, della celebrità e dei social network:
Fin dai primi anni Duemila i media sono stati i veri detonatori dell'esplosione dell'interesse per
Barack Obama (su tutti internet). Il cinema stesso non è mai stato assente nell'immaginario di
chiunque pensasse ad Obama come nuovo presidente degli Stati Uniti, durante i mesi della
campagna elettorale e dopo la vittoria.
Sia i sostenitori che i detrattori non possono fare a meno di pensare alla sua storia mettendola in
relazione con quella delle star giunte alla celebrità dal nulla. Si è detto che Obama viene percepito
dai giovani come una rockstar e anche la rivista Rolling Stone è stata artefice di quest'idea,
inserendo il senatore dell’Illinois tra le personalità dell’anno fin dal 2004, mettendo l’accento sul
suo fascino e sostenendo che si attendeva un candidato di tale magnetismo, eloquenza,
intelligenza e sex appeal ormai dai tempi di Robert Kennedy.
L’investitura di Obama si è così palesata, consentendone l’ascesa attraverso il riconoscimento di
appartenenza ad un élite: non per nascita, ma per meriti. E’ entrato a far parte dell’universo delle
celebrità, un gruppo sociale selezionato, trasversale ed eterogeneo che si offre alla
contemplazione e all’imitazione di tutti gli altri. I nuovi politici, qualsiasi opinione abbiano e a
prescindere dall’esperienza politica, non possono fingere di non doversi confrontare con il culto
della celebrità, ormai dominante nel mondo occidentale.
Il libro Obama. La politica nell'era di Facebook di Giuliano Da Empoli ricostruisce il clima della
prima campagna elettorale di Barack Obama, in corsa alla Presidenza degli Stati Uniti per la prima
volta nel 2008.
Nell’ironico capitolo GlamObama e Starkozy appare chiaro che i vecchi meccanismi gerarchici della
politica non reggono più: basti pensare a chi ha rivestito recentemente le più importanti cariche
dello stato in Italia, Francia e Inghilterra. Berlusconi, Sarkozy e Boris Johnson – l’enfant terrible
della stampa anglosassone divenuto sindaco di Londra – hanno rappresentato l’attuale tendenza
dell’elettorato verso “l’outsider”, come risposta alla speranza di cambiamento e miglioramento
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dei consolidati turn over messi in atto dai partiti. Gli elettori desiderano più controllo e possibilità
di sperimentazione. Sono abituati ad una società dove il singolo, grazie all’interattività consentita
dalle tecnologie digitali, si sente determinante. La risposta – vincente – di Obama a questa
tendenza è stata mettere al centro della propria campagna elettorale internet, ed utilizzare
Facebook.
In tempi di web 2.0 e di celebrità riconosciuta come valore assoluto dell’esistenza le grandi masse,
oltre che di sogni, hanno bisogno di sentirsi in corsa per la vittoria. Devono partecipare, non solo
come comparse, ma sentirsi coinvolte. Non solo spettatori, ma sostenitori. Facebook, oltre a
servire per la logistica della campagna elettorale di Obama, è uno strumento appagante per il
singolo individuo, che nell’utilizzare il mezzo vede sancita la propria partecipazione ad un grande
progetto, ad una manifestazione di piazza senza fine, un evento che già mentre si svolge viene
raccontato e si storicizza (si pensi al processo di autostoricizzazione teorizzato dall’artista
contemporaneo Achille Cavellini).
L’iscrizione al network è un urlo di presenza, il primo vagito di un’identità già esistente nella vita
reale, ma al grado zero della celebrità: l’accesso nella rete del social network rappresenta invece
già il primo passo verso un personale ingresso nell’arena. Ogni persona aggiunta alla lista degli
amici è un ipotetico sostenitore, o comunque uno spettatore della propria vicenda biografica. Si
diventa fan dei prodotti, attraverso Facebook, costruendo la propria identità collezionando
marchi, autodefinendosi attraverso loghi che colorano il nostro esistere “su Facebook” vestendolo
di un abito simile alla maschera di Arlecchino.
Le elezioni italiane del 2013 e il ruolo dei social network:
Il progetto web Italia2013 (realizzato in collaborazione con Scuola Walter Tobagi - Università
statale di Milano, Università IULM, Università di Siena) ha rappresentato il racconto collettivo della
prima campagna elettorale social.
12 giornalisti hanno raccontato il mese precedente alle elezioni attraverso la "voce" degli utenti
dei social, partendo dall'assunto: l’obiettivo di raccontare la campagna elettorale attraverso la
vostra voce, le vostre foto, i vostri video.
"Viviamo in una società caratterizzata da un’abbondanza di informazioni e da una scarsità di
tempo. Ricostruire una storia, un evento attraverso la rete può richiedere ore di lavoro e ricerca. E
il lettore non sempre ha questa disponibilità. Proveremo a fare noi questo lavoro, da oggi e fino
alla fine della campagna elettorale, con una redazione di giovani giornalisti che analizzando i flussi
di informazioni dai social media ricostruiranno in tempo reale il valore, la qualità, la rilevanza
attraverso “il racconto della rete”.
"Quello che facciamo si chiama “content curation”, una frontiera nuova per il giornalismo che si
misura con la capacità di raccontare il mondo attraverso fonti diverse. Ecco, le nostre fonti non
sono le agenzie di stampa, non i giornali, non le televisioni o i palazzi della politica. Le nostre fonti
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siete voi, le “conversazioni” dei cittadini, ma anche quelle dei candidati che per la prima volta
sembrano aver capito l’importanza di essere presenti sui social media (anche se, nel loro caso, non
proprio per conversare e confrontarsi con gli elettori)".
E' già trascorso un anno, ma ancora oggi resta in rete un archivio di dati statistici significativi. Dati
che riguardano la partecipazione pubblica alla vita politica, che possono essere analizzati e
confrontati con il passato e... con il futuro.
:: UNA SCHEDA STORICA SULLA DITTATURA DI PINOCHET ::
"È l'altro 11 settembre, il colpo di Stato del 1973, con 1.823 persone fucilate nei primi 100 giorni.
Il golpe che quarant'anni fa segnò la storia del Cile, e non solo, iniziò alle 6 della mattina, quando
la marina cilena occupò il porto di Valparaiso. Appena informato, l'allora presidente socialista
Salvador Allende corse al palazzo presidenziale della Moneda, dove lo raggiunse un ultimatum dei
militari che gli imponevano di arrendersi e abbandonare il Paese. Allende rifiutò e tentò di
difendere il palazzo assieme ai suoi collaboratori. Ma sulla piazza avanzavano i carri armati del
comandante in capo dell'esercito, generale Augusto Pinochet, e l'aviazione bombardò la Moneda.
Allende chiese a tutti i suoi collaboratori di lasciare il palazzo, e registrò un ultimo discorso alla
nazione. Secondo la versione più accreditata si uccise prima dell'arrivo dei golpisti. Si chiuse così
l'avventura politica dell'Unidad Popular, iniziata tre anni prima.
A capo di un composito cartello di partiti di sinistra, Allende si era proposto di costruire il
socialismo in Cile attraverso la via pacifica e democratica. Venne avviata la nazionalizzazione delle
miniere di rame, carbone e ferro controllate da imprese straniere, latifondi furono espropriati e
distribuiti ai contadini. Ma il governo non aveva una solida maggioranza e il Paese era
profondamente diviso, complice la crisi economica. I militari scatenarono il golpe dopo mesi di
crescente tensione, fra scioperi dei camionisti e dei commercianti. L'operazione ebbe il sostegno
degli Stati Uniti, attraverso la Cia, che temevano i possibili effetti di contagio che avrebbe potuto
avere sul resto dell’America latina l’esempio di un governo socialista democratico e autonomo nei
confronti di Washington.
Il colpo di stato diede inizio ad una dittatura violenta. Nei cento giorni che seguirono il golpe
vennero fucilate 1.823 persone in caserme e postazioni militari vicino Santiago. I militari
rastrellarono gli oppositori, molti dei quali vennero rinchiusi nello stadio, dove vi furono centinaia
di casi di tortura. Centinaia di persone si salvarono grazie all'ambasciata italiana, che offrì loro
asilo procurandogli poi salvacondotti per l'estero.
Il 14 settembre, venne sciolto il Parlamento e i partiti politici furono sospesi. Nel giugno dell'anno
successivo Pinochet fu nominato "capo supremo della Nazione". L'11 settembre del 1980 il regime
approvò una nuova costituzione che prolungò di altri otto anni il mandato di Pinochet.
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Sul piano economico, il governo attuò una politica neoliberista, che da una parte stimolò
l'iniziativa privata e rallentò l'inflazione, dall'altra fece piombare una cospicua parte della
popolazione nell'indigenza. Con la fase economica assai critica partita dal 1982, dovuta alla
recessione mondiale e a un nuovo ribasso nei prezzi del rame, peggiorarono anche le condizioni
della classe media, che tolse il sostegno al regime. La crisi economica finì così con il favorire la
ricostituzione di un fronte di opposizione, alla quale nel novembre del 1984 Pinochet oppose il
ripristino dello stato d'assedio. Nel 1986, in seguito a un attentato contro la sua persona, il
dittatore impose misure ancor più repressive; ma il suo regime era ormai debole e isolato.
Allo scadere del termine del mandato, il 5 ottobre 1988, i cileni bocciarono con il 55,4% il
referendum per estendere ulteriormente il suo mandato, com'è raccontato nel film No.
Il 14 dicembre 1989 vinse le elezioni il democristiano Patricio Aylwin. Il Cile tornò alla democrazia,
ma Pinochet rimase comandante in capo dell'esercito fino al 1998 e poi fu nominato senatore a
vita. Il 16 ottobre, su richiesta del giudice spagnolo Baltasar Garzon, che indagava sui
desaparecidos di nazionalità spagnola in Cile, Pinochet venne posto agli arresti domiciliari in Gran
Bretagna dove si trovava per cure mediche. Iniziò una lunga battaglia legale, al termine della quale
il generale venne rimandato in patria nel gennaio 2000 per ragioni di salute. Ma anche il Cile
decise di giudicare il suo passato e nell'agosto 2000 Pinochet fu privato dell'immunità. La Corte
Suprema decise però successivamente che il generale soffriva di demenza senile e non era in
grado di sostenere un processo.
Pinochet morì di morte naturale all'età di 91 anni, il 10 dicembre 2006. Alla notizia del suo
decesso, migliaia di persone scesero in piazza in tutto il paese, sia per festeggiare che mostrare il
loro lutto. Vi furono anche scontri con la polizia con una cinquantina di feriti e un centinaio di
arresti. Non vi fu nessun funerale di Stato, ma una cerimonia funebre consona al rango di ex
comandante delle forze armate di cui godeva Pinochet. Migliaia di persone vi parteciparono o
resero omaggio alla salma. Il corpo venne cremato.
Secondo un sondaggio Cerc pubblicato alla vigilia del 40esimo anniversario del golpe, due terzi dei
cileni considerano Pinochet un dittatore, mentre il 9% lo rietiene uno dei grandi leader della storia
del paese. Il 55% esprime un giudizio negativo o molto negativo dei 17 anni di regime, il 9%
positivo o molto positivo, mentre il resto non ha opinione o dà un giudizio misto.
Durante gli anni del regime, si calcola che le vittime della repressione violenta furono 40.000, con
600.000 sequestri legati a motivi politici." (adnkronos)
Il regista di origine cilena Ken Loach, chiamato a partecipare al film collettivo 11/9 (11
cortometraggi d'autore di 11 minuti e 9 secondi ciascuno, realizzato per celebrare il primo
anniversario dell'attentato alle Twin Tower del World Trade Centre di New York dell' 11 settembre
2001) ha realizzato un cortometraggio che ricorda il golpe cileno, avvenuto nello stesso giorno
dell'anno 1973.
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Gli autori della dispensa:
Paolo Fossati
Docente delle cattedre di Etica della Comunicazione e Psicosociologia dei Consumi Culturali
dell'Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Laureato in Filmologia, svolgeattività didattica
presso l'Università Cattolica, collaborando con gli insegnamenti di Storia e Critica del Cinema e
Storia della Radio e della Televisione. Si occupa della progettazione e dell'organizzazione di eventi
culturali, conferenze e laboratori legati agli audiovisivi.
Nel 2013 ha inaugurato il blog futuri perfetti www.paolofossati.com.
Emanuele Galesi
Da sette anni organizza rassegne cinematografiche per le scuole, attività che ha affiancato a quella
di cronista. Laureato in Filmologia, è giornalista professionista dal 2012. Scrive per Il Giornale di
Brescia. Tra gli argomenti che segue vi sono la cronaca nera e giudiziaria, ma anche temi
amministrativi e culturali.
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