I CORPUSCOLI DI VIRCHOW
DALLA PATOLOGIA GENERALE ALLA PATOLOGIA MOLECOLARE

Direttore
Massimo C
Università degli Studi di Foggia
Comitato scientifico
Giuseppe P
Università degli Studi di Torino
Bruno M
Università degli Studi del Molise
I CORPUSCOLI DI VIRCHOW
DALLA PATOLOGIA GENERALE ALLA PATOLOGIA MOLECOLARE
La Patologia generale, come disciplina a sé stante, viene concepita
come tale a partire principalmente dagli studi di Rudolf Virchow e
di Ilie Metchnikoff nella seconda metà del XIX secolo. Dalla scoperta
dei “corpuscoli del pus” e dei “macrofagi” molta strada è stata fatta
e, oltre l’infiammazione, essa oggi copre molti settori delle moderne
Medicina e Biologia: il danno cellulare e l’adattamento dei tessuti,
l’invecchiamento, la rigenerazione e la riparazione tessutale, le cellule
staminali, la tumorigenesi e l’Oncologia. Ma non solo, perché questa
disciplina si è sempre di più correlata ad altre discipline come per esempio l’Endocrinologia e l’Immunologia, ed ha fondato la conoscenza
della fisiopatologia delle malattie dei vari apparati e sistemi. Infine, la
rivoluzione biotecnologica che caratterizza la fine del XX e l’inizio del
XXI secolo ha arricchito la Patologia generale di nuove conoscenze a
livello molecolare, permettendo di approfondire a livello sempre più
fine i meccanismi alla base delle malattie.
Questa collana mira a presentare nella maniera più vasta e comprensiva
possibile tutti gli aspetti più moderni ed aggiornati della Patologia
generale, considerata sotto i suoi più diversi approcci metodologici.
Silvia Lepore, Teresa Trotta, Sante Di Gioia,
Angela Bruna Maffione, Massimo Conese
Espressione di molecole di adesione in cellule
staminali/progenitrici ematopoietiche
Correlazione con lo stato infiammatorio acuto polmonare
indotto da endotossina batterica
Copyright © MMXV
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: aprile 
Indice

Prefazione
di Emilio Jirillo

Prefazione
di Mario Romano

Capitolo I
Introduzione
.. Midollo osseo e cellule staminali,  – ... Composizione e funzione del
midollo osseo,  – ... Struttura del midollo osseo,  – ... Biologia delle
cellule staminali,  – ... Modelli di struttura del sistema emopoietico,  –
... Compartimentalizzazione della staminalità nel sistema emopoietico, 
– ... Le cellule staminali midollari,  – .. Regolazione del sistema
emopoietico,  – ... Il concetto di “nicchia”,  – ... Interfaccia cellula staminale–nicchia,  – .. Migrazione cellulare,  – ... Principi
dinamici della migrazione cellulare,  – ... Meccanismi di migrazione cellulare,  – ... Network chemochinico,  – ... I recettori chemochinici,  –
... Molecole di adesione,  – .. Mobilizzazione, homing e attecchimento di cellule staminali emopoietiche,  – ... Interazione tra CD e acido
ialuronico,  – ... Interazione tra CXCR e CXCL,  – ... Ritenzione
dei progenitori emopoietici a livello midollare,  – ... Mobilizzazione di
progenitori emopoietici,  – .. Infiammazione,  – ... L’infiammazione cronica,  – ... L’infiammazione acuta,  – ... Lipopolisaccaride
(LPS),  – ... Mediatori chimici dell’infiammazione,  – ... Citochine,  – .. Apparato respiratorio,  – ... Struttura della mucosa respiratoria,  – ... Bronchi principali intrapolmonari,  – ... Polmoni,  –
... Compartimento staminale dell’apparato respiratorio, .

Capitolo II
Obiettivi

Indice


Capitolo III
Materiali e metodi
.. Animali e trattamento,  – .. Lavaggio broncoalveolare (BAL),  –
.. Elisa Multi–array,  – .. Istopatologia polmonare,  – .. Estrazione del midollo osseo da topi,  – .. Selezione positiva di cellule
SCA–+,  – .. Marcatura con anticorpi anti–molecole d’adesione, .

Capitolo IV
Risultati
.. Valutazione dell’infiammazione polmonare nel modello murino,  –
... Cellularità del BAL,  – ... Citocentrifugati,  – ... Grading istologico,  – ... Livelli di citochine e chemochine nel BAL,  – .. Molecole
di adesione su cellule staminali ematopoietiche, .

Capitolo V
Discussione

Bibliografia
Prefazione
di E J
Le vie respiratorie sono notevolmente esposte ad insulti ambientali
di vario tipo, ivi inclusi microorganismi e/o loro prodotti tossici. Il
polmone è dotato di un robusto sistema di difesa immunitaria a livello
di mucosa respiratoria in quanto possiede un armamentario cellulare
completo che comprende cellule presentanti l’antigene (cellule dendritiche e macrofagi), T e B linfociti e cellule innate quali granulociti
e macrofagi alveolari. Tale sistema di difesa può risultare deficitario in
concomitanza di eventi esterni quali inalazione di polveri sottili, fumo
di sigaretta, esposizione a sostanze chimiche e ad allergeni. Tale stato
di deficit apre le porte all’ingresso di svariati patogeni dell’ambiente
esterno tra cui si segnalano i batteri gram–negativi. Essi sono dotati
nella loro parete esterna di una molecola complessa, le endotossine
o lipopolisaccaridi (LPS), la cui frazione lipidica è responsabile della
attività tossica dell’intera molecola. L’inalazione degli LPS scatena una
robusta reazione infiammatoria a livello di vie aeree con richiamo di
neutrofili dalla periferia e stimolo di macrofagi alveolari attraverso
il legame al Toll–Like receptor , che porta, a sua volta, al rilascio di
citochine e chemochine pro–infiammatorie in loco. Il continuo ingresso di LPS conduce poi ad un processo infiammatorio cronico che
tende a coinvolgere anche l’immunità adattativa con l’intervento di
linfociti T helper (h)  e linfociti Th che aggravano lo stato flogistico
dell’organo. Il quadro infiammatorio succitato rappresenta quanto
descritto fino ad oggi dalla letteratura corrente.
L’originalità della presente tesi consiste nel fatto che in topi CBl/
gli effetti acuti della instillazione endotracheale di LPS sono stati monitorati a livello di cellule staminali progenitrici ematopoietiche(CSPE).
Il midollo osseo costituisce la riserva principale di tali cellule che comprendono le linee mielocitaria, monocitaria e linfocitaria per quanto
attiene ai globuli bianchi. Di norma, in studi sperimentali, che utilizzano gli LPS si valutano gli infiltrati infiammatori di cellule mature


Prefazione
(granulociti, monociti e linfociti) a livello di applicazione dello stimolo (ad esempio, polmone) e/ o a livello sistemico con particolare
riguardo ad organi come il fegato e la milza che sono deputati alla
neutralizzazione di tali endotossine. Nel presente elaborato, il rilascio
di citochine e di chemochine è stato determinato su liquido di lavaggio
broncoalveolare (BAL) dove prevalentemente si accumulano cellule
infiammatorie. L’espressione di molecole di adesione è stato invece
determinato su CSPE ottenute da midollo osseo. Inoltre la presenza di
CSPE è stata anche ricercata a livello di sangue periferico per verificare
gli effetti sistemici di un stimolo applicato a livello delle vie aeree.
L’innescarsi della risposta infiammatoria polmonare corrisponde ad
un aumento di CSPE midollari esprimenti elevati livelli di molecole
di adesione e tale risposta perdura fino a  ore. Tra le potenziali applicazioni di tale modello, si segnala che l’isolamento di CSPE a livello
di sangue periferico avrebbe anche il vantaggio di potere coltivare
in vitro tali cellule e valutarne quindi la loro evoluzione maturativa
verso citotipi differenti che potrebbero condizionare l’esito del processo infiammatorio. Infatti, in una evoluzione di tipo cronico di un
processo infiammatorio vanno valutate sottopopolazioni linfocitarie
come i linfociti T regolatori (TREG) che attraverso la produzione di
interleuchina (IL)– tendono a svolgere attività antiinfiammatoria. Al
contrario, le cellule Th– attraverso il rilascio di IL–, Il– e IL–
tendono ad aggravare il processo infiammatorio. In sintesi, il rapporto tra TREG e Th consente di poter prevedere l’andamento di un
processo infiammatorio nel senso di una tendenza al suo spegnimento
o piuttosto ad una sua esacerbazione.
La coltura di CSPE nel modello succitato potrebbe anche servire
per studi di drug targeting utilizzando, ad esempio, sostanze naturali
(polifenoli, acido retinoico e vitamina D) che agendo sui progenitori
favorirebbero l’evoluzione dei vari citotipi verso cellule dendritiche
tollerogene e/o cellule TREG.
La tesi si è basata su un disegno sperimentale molto chiaro.
La sperimentazione è stata condotta con rigore metodologico attraverso l’utilizzo di metodiche ben standardizzate. I risultati sono descritti con chiarezza di termini e ben evidenziati attraverso
una iconografia ben intellegibile. La discussione si snoda attraverso un una sequenza logica di eventi che chiarisce ed amplifica il
significato dei dati ottenuti.
Prefazione

In conclusione, l’effetto degli LPS a livello respiratorio attiva cellule
staminali progenitrici ematopoietiche che costituiscono un serbatoio permanente di globuli bianchi che nella fase acuta sono prevalentemente di tipo granulocitario. Tale modello è pertanto molto
importante in quanto potrebbe anche essere utilizzato in corso di
instillazione endotracheale cronica di LPS. Tale fatto consentirebbe
anche di apprezzare la evoluzione delle CSPE nella direzione di cellule
dendritiche e sottopopolazioni di T linfociti utile sia per comprendere
lo status infiammatorio che per studi di drug targeting.
Emilio Jirillo
Dipartimento di Scienze mediche di base,
neuroscienze e organi di senso.
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Prefazione
di M R
Con l’affinamento delle tecniche di indagine stiamo oggi cominciando
a comprendere la complessità e le potenzialità delle cellule staminali
ematopoietiche. Inizialmente ritenute deputate all’auto mantenimento e al differenzamento nelle cellule ematiche circolanti, queste cellule
stanno mostrando invece notevole plasticità, potendo dare origine
anche a cellule non ematopoietiche, ma soprattutto grande etereogeneità e capacità di variare programma di auto mantenimento e
differenziamento. Le nostre conoscenze di questi fenomeni sono attualmente limitate, ma alcuni punti di grande rilevanza cominciano
ad essere definiti.
Lo studio di Lepore e collaboratori, riportato in questo volume affronta un argomento chiave della fisiopatologia delle cellule staminali
ematopoietiche: l’influenza che fenomeni che coinvolgono organi e
tessuti distanti dal midollo possono avere sui programmi di differenziamento e l’immissione nel torrente circolatorio di cellule mature. Ad
esempio, noi tutti sappiamo che a seguito di una infezione batterica il
numero dei globuli bianchi circolanti, soprattutto i polimorfonucleati
neutrofili, aumenta e sappiamo che questo avviene in parte per mobilizzazione di cellule già mature, in parte per accelerata produzione
di nuove cellule. I meccanismi alla base di questi fenomeni sono però
solo parzialmente noti.
Lepore e collaboratori dimostrano come in un modello murino di danno acuto polmonare esista una relazione temporale
tra un incremento nella produzione di citochine e chemochine
infiammatorie da parte dei tessuti colpiti e l’espressione di molecole di adesione e loro recettori, centrali dei meccanismi di ritenzione/mobilizzazione, nei precursori ematopoietici. Gli autori
concludono che la mobilizzazione di cellule staminali a seguito di
danno acuto polmonare potrebbe rappresentare un meccanismo di
riparazione e rigenerazione tissutale.


Prefazione
È questa una informazione rilevante poiché integra quanto già
conosciuto riguardo all’influenza che stimoli infiammatori periferici
possono esercitare sulle cellule staminali midollari. È infatti noto che
citochine infiammatorie sono in grado di alterare il microambiente
midollare all’interno del quale le cellule staminali emopoietiche risiedono, la così detta “nicchia” anatomicamente localizzabile a livello
dell’endostio e delle areee perivascolari. Questo favorirebbe la loro
fuoriuscita dal midollo. Le osservazioni di Lepore ci dicono che citochine infiammatorie prodotte in periferia alterano anche il fenotipo
delle cellule staminali emopietiche, rendendole più prone alla mobilizzazione e alla successiva migrazione nei tessuti. Questa osservazione
aggiunge un tassello ad un quadro già abbastanza complesso se si considera che è stato recentemente riportato che in condizioni di stress
nelle cellule staminali ematopietiche viene attivato un programma
integrato genetico/epigenetico che porta queste cellule a secernere
citochine, le quali possono esercitare attività biologiche localmente,
all’interno della stessa nicchia così come a distanza.
Questi dati sono perfettamente in linea con quanto sta emergendo
da studi condotti su cellule staminali di varia origine, ad esempio le
staminali mesenchimali midollari, le cellule della gelatina di Warthon
del cordone ombelicale o quelle da membrana o liquido amniotico.
Questi studi sembrano indicare che aldilà di eventuali meccanismi
riparatori correlati alla migrazione di cellule staminali in sede di danno
e al loro eventuale differenziamento in cellule specifiche della sede di
migrazione, evento il cui valore biologico viene messo in dubbio a
causa della sua scarsa efficienza, le cellule staminali possano esercitare
effetti paracrini, inviando ai tessuti danneggiati “messaggi di riparazione” e alle cellule immunocompetenti “messaggi immunomodulatori”.
Questo spiegherebbe perchè la maggior parte degli effetti benefici
esercitati dalle cellule staminali in una varietà di condizioni patologiche
siano riprodotti dai terreni di coltura di queste cellule.
Questo aspetto però non toglie rilevanza allo studio dei meccanismi
regolatori della mobilizzazione delle cellule staminali emopoietiche,
che rappresenta l’evento iniziale di un processo che porterebbe queste
cellule nelle sedi presso le quali potranno esercitare attività regolatorie,
sia attraverso il contatto con altre cellule che con meccanismi paracrini.
In questo senso molto resta ancora da comprendere riguardo ai fini
meccanismi che regolano la mobilizzazione di queste cellule, ad es.
Prefazione

quali citochine/chemochine e loro recettori entrino in gioco in diverse
condizioni patologiche, e quali sottotipi di cellule staminali, quelle a
dimensioni maggiori o a dimensioni minori descritte nello studio di
Lepore et al., siano di volta in volta coinvolti in questi processi.
Nel caso specifico del danno respiratorio, nonostante lo studio di
Lepore e coll. riproduca una condizione di patologia acuta, è verosimile che meccanismi simili possano verificarsi in patologie respiratorie
croniche come la broncopatia cronoca ostruttiva o la fibrosi cistica, patologie caratterizzate da infezioni batteriche ricorrenti delle vie aeree.
L’obiettivo primario di questi studi è naturalmente quello di comprendere, attraverso l’analisi dei meccanismi di azione, con quali tempi
e modalità sia possibile utilizzare cellule staminali midollari (emopoietiche o mesenchimali) o da altra fonte a fini terapeutici. In questo
senso, gli studi delle relazioni tra quanto avviene a livello midollare in
reazione ad eventi tissutali periferici, come quello condotto da Lepore
e collaboratori, rappresenta una fonte preziosa di informazioni.
Mario Romano
Head Molecular Medicine
Dipartimento di Scienze Sperimentali e Cliniche
Università “G. D’Annunzio” Chieti–Pescara
Capitolo I
Introduzione
.. Midollo osseo e cellule staminali
... Composizione e funzione del midollo osseo
La principale funzione del midollo osseo è quella di fornire elementi
cellulari maturi al sangue periferico in condizioni normali e nei periodi
di aumentata richiesta. Il controllo e la regolazione della produzione
di cellule vengono esercitati a livello delle cellule progenitrici.
Fin verso la fine del diciannovesimo secolo, si pensava che la sintesi
delle cellule del sangue fosse prerogativa dei linfonodi o del fegato e
della milza. Nel , sia Neuman () che Bizzozero () osservarono
globuli rossi nucleati nel materiale spremuto dalle coste di cadaveri
umani e proposero che il midollo osseo fosse la principale fonte delle
cellule del sangue. Questo concetto fu molto contrastato da molti ematologi contemporanei e fu accettato per la prima volta solo dopo che
il famoso fisiologo Claude Bernad presentò e confermò le scoperte
di Neuman all’Accademia delle Scienze di Parigi (). Nel decennio
successivo, le osservazioni del midollo osseo post mortem fruttarono un gran numero di informazioni sulla morfologia dei precursori
immaturi delle cellule del sangue, ma una comprensione dinamica
della loro maturazione, proliferazione e relazione con le malattie dovette attendere il prelievo midollare in vivo e migliori tecniche di
colorazione.
Negli ultimi trent’anni, gli studi sulla cinetica delle cellule midollari hanno confermato l’esistenza di una gerarchia cellulare che era
stata immaginata vagamente dai grandi morfologi alla fine del secolo
scorso. Questi studi hanno dimostrato che le linee cellulari sono costituite da cellule terminali differenziate con sopravvivenza funzionale
limitata, in grado di proliferare durante i primi stadi dello sviluppo,


Espressione di molecole di adesione in cellule staminali/progenitrici [...]
ma senza capacità di autorinnovamento. D’altro canto una cospicua
proliferazione cellulare è in relazione alla presenza di un pool di cellule primordiali in grado sia di differenziarsi che di autoreplicarsi ().
Il pool più primitivo consiste di cellule staminali multipotenti con
capacità di continuo autorinnovamento mentre i pool più maturi sono
costituiti da progenitori cellulari uni– o bi–potenziali, con capacità
di differenziazione ristretta ad una singola linea cellulare e con limitata capacità di autorinnovamento. L’attività proliferativa di queste
cellule comprende meccanismi di controllo retroattivo (feedback) dai
tessuti periferici bersaglio () e interazioni intercellulari all’interno del
microambiente midollare ().
... Struttura del midollo osseo
La struttura del midollo osseo è costituita da cellule emopoietiche
adagiate su di una trama di vasi e fibroblasti ramificati. Il nutrimento
da parte del sangue deriva da due fonti principali: l’arteria nutritiva
e l’arteria periostale (, ). L’arteria nutritiva attraversa la corticale
attraverso il canale nutritivo; giunta nella cavità midollare, si divide
nelle arterie midollari ascendente e discendente, da cui si dipartono
radialmente dei rami diretti verso la superficie interna della corticale.
Dopo essere penetrate nell’endostio, le arterie radiali diminuiscono
di calibro fino alle dimensioni di capillari, che decorrono all’interno
del sistema canalicolare della corticale. Qui il sangue arterioso dell’arteria nutritiva si mescola con il sangue proveniente dal sistema
corticale dei capillari del periostio, derivati dalle arterie che irrorano
i muscoli. Dopo essere ritornate nella cavità midollare, le arterie si
suddividono in una rete di sinusoidi di sostegno per le cellule emopoietiche. Questi sinusoidi confluiscono in un grosso sinusoide centrale
da cui il sangue entra nel circolo venoso sistemico attraverso le vene
emissarie. Nei mammiferi l’emopoiesi si verifica negli spazi extravascolari tra i sinusoidi midollari. La parete dei sinusoidi è costituita da
uno strato di cellule endoteliali a livello del lume vascolare e da uno
strato periluminale di cellule reticolari avventiziali che formano un
rivestimento esterno incompleto. Tra questi strati di cellule è presente
una sottile lamina basale discontinua. Le cellule endoteliali formano
un rivestimento completo della superficie più interna del sinusoide
(–). La superficie avventiziale dei sinusoidi vascolari è costituita
. Introduzione

da cellule reticolari; i corpi di tali cellule sono contigui ai sinusoidi, formando parte del loro rivestimento avventiziale (–). I loro
processi citoplasmatici molto ramificati, avvolgono la parete esterna
del sinusoide formando una guaina avventizia. Le cellule reticolari
sintetizzano le fibre reticolari che insieme ai processi citoplasmatici
ed ai corpi cellulari costituiscono la trama reticolare del midollo. Da
evidenze sperimentali si ritiene che le cellule reticolari siano un tipo
di fibroblasti che possono trasformarsi in cellule adipose midollari
(). Nelle guaine periarteriose nel midollo sono presenti fibre nervose mieliniche e amielinche; il parere prevalente è che queste fibre
nervose abbiano una funzione di regolazione del tono arterioso ().
I fibroblasti producono e sono rinforzati da collagene e da proteine
adesive come la laminina, fibronectina e proteoglicani ().
Le fibre collagene di tipo I e III prodotte dai fibroblasti costituiscono la struttura dei compartimenti o delle nicchie in cui sono situate
le cellule ematopoietiche (). Tali cellule giacciono in cordoni tra i
sinusoidi vascolari. Gli eritroblasti si trovano prossimi alla superficie
esterna dei sinusoidi vascolari in aggregati ben distinti, gli isolotti
eritroblastici (). Gli isolotti sono costituiti da uno o più strati concentrici di eritroblasti stretti intorno ad un macrofago. Lo strato più
interno di eritroblasti è costituito da cellule meno mature dello strato
esterno. Il macrofago centrale invia all’esterno sottili processi membranosi che avvolgono ogni eritroblasto e che possono fagogitare
gli eritroblasti difettosi ed i nuclei espulsi. Anche i megacariociti, i
linfociti e i macrofagi si concentrano intorno ai vasi arteriosi, mentre
i granulociti maturano lontano dai sinusoidi vascolari (, ).
... Biologia delle cellule staminali
Le cellule staminali rappresentano una popolazione di cellule precursori tissutali immature capaci di autorinnovamento o proliferazione
ma anche capaci di differenziazione in uno spettro di vari tipi cellulari
in appropriate condizioni. In generale, esse posseggono le seguenti
caratteristiche:
) alta capacità di auto–rigenerazione;
) la potenzialità per una differenziazione multipotente;
Espressione di molecole di adesione in cellule staminali/progenitrici [...]

) possibilità, di essere utilizzate per l’ingegneria tissutale (riprogrammazione);
) plasticità (ossia capacità di transdifferenziazione) ().
Sulla base del potenziale differenziativo, le cellule staminali possono
essere attualmente classificate in quattro categorie:
)
)
)
)
totipotenti;
pluripotenti;
multipotenti;
monopotenti o oligopotenti.
Le cellule staminali totipotenti hanno la potenzialità di differenziarsi in cellule di tutti e tre i foglietti embrionali (ectodermico, mesodermico ed endodermico). Una cellula totipotente può differenziarsi in
un organismo intero con un sistema nervoso centrale e periferico se
impiantata in un utero funzionale.
Le cellule pluripotenti possono specializzarsi in tutti i tipi di cellule
che troviamo in un individuo, senza però poter dar luogo ad un
organismo intero. Le cellule multipotenti possono differenziarsi in
alcuni tipi cellulari all’interno di un dato organo. Per esempio le cellule
staminali ematiche multipotenti o cellule staminali ematopoietiche
possono differenziarsi in globuli rossi, globuli bianchi o piastrine. Le
cellule staminali monopotenti od oligopotenti, infine, possono solo
dare origine ad uno o a pochi tipi di cellule specializzate. Le cellule
mesenchimali, per esempio, possono differenziarsi in midollo osseo,
tessuto adiposo, muscolo ed altro connettivo (). Sulla base della loro
origine e delle proprietà biologiche, le cellule staminali possono essere
classificate anche in:
) cellule staminali embrionali;
) cellule staminali adulte.
Le cellule staminali embrionali derivano dal foglietto cellulare interno della blastocisti. Avendo una potente capacità differenziativa,
una singola cellula staminale embrionale può svilupparsi in più di 
tipi cellulari e, quindi, in diversi tessuti od organi. Tali cellule posseggono la capacità di proliferare in uno stato indifferenziato per periodi
. Introduzione

prolungati in coltura e la capacità di differenziarsi in qualunque tipo
tissutale in condizioni favorevoli (). Le cellule staminali embrionali
possono essere raccolte da tre fonti: feti abortiti, embrioni scartati
dopo fecondazione in vitro ed embrioni creati in laboratorio esclusivamente con lo scopo di produrre cellule staminali. Le cellule staminali
adulte sono le cellule non differenziate che esistono in un tessuto od
organo differenziato e che sono capaci di specializzarsi in cellule del
tessuto od organo dal quale esse originano. La loro capacità di auto–
rigenerazione permette ai tessuti ed organi di mantenere stabilità e
funzione. Fonti di cellule staminali adulte includono non soltanto i
tessuti di rigenerazione come il midollo osseo, il sangue e l’epidermide, ma anche tessuti come il cervello o il fegato. La loro capacità
di proliferazione e di differenziazione è meno potente di quella delle
cellule embrionali: esse sono spesso difficili da identificare, isolare e
purificare e spesso non sono abbastanza numerose nell’uso clinico per
trapianto cellulare senza una espansione in vitro. Infine occorre ricordare che le cellule staminali adulte non si replicano indefinitamente in
coltura.
... Modelli di struttura del sistema emopoietico
I meccanismi alla base della regolazione del sistema emopoietico sono
ancora controversi e vedono opporsi due principali scuole di pensiero:
una a favore di un modello di regolazione stocastica e, la seconda,
basata su una visione piu deterministica del processo che porta alla
generazione delle diverse filiere emopoietiche ().
Il modello stocastico è stato per per la prima volta formulato da
Till et al. (), i quali nel  formularono l’ipotesi in base alla quale i
processi di proliferazione e turnover della popolazione staminale sono
guidati da fenomeni stocastici e probabilistici. Pertanto, ogni cellula si
può pensare caratterizzata da un certo valore di probabilità statistica di
andare incontro ad auto–rinnovamento o differenziamento.
Tale modello è stato successivamente rielaborato ed ampliato da
Ogawa (–) con l’ipotesi che, all’interno dell’emopoiesi si possano
distinguere diverse gerarchie di staminalità, caratterizzate da cellule
con diverso potenziale di autorinnovamento. Questo nuovo modello
prevede inoltre la possibilita che fattori umorali (quali i fattori di crescita emopoietici) possano influire sul destino differenziativo delle cellule

Espressione di molecole di adesione in cellule staminali/progenitrici [...]
staminali o, in termini statistici, modulare la curva di distribuzione
delle probabilità di una cellula di acquisire, ad esempio, un fenotipo
mieloide, piuttosto che linfoide.
Due modelli distinti fanno riferimento al modello deterministico.
Il modello del potenziale predeterminato vede nel differenziamento
staminale un fenomeno programmato a priori a livello genetico. Il
destino, cui una cellula staminale andrà incontro una volta abbandonata la “nicchia” midollare, sarebbe pertanto prevedibile e l’azione di
fattori di crescita ed altre citochine sarebbe limitata al controllo del
ciclo cellulare o della sopravvivenza. In quest’ottica, i fattori umorali,
pur perdendo il potere di guidare la direzione della via differenziativa,
aggiungerebbero flessibilità alle risposte biologiche di cellule il cui
destino è tuttavia in gran parte già deciso (, ). Il modello del controllo extracellulare suggerisce al contrario che il destino delle cellule
staminali sia determinato principalmente dall’effetto induttivo del microambiente midollare, vale a dire dal peculiare ambiente citochinico
in cui le cellule si vengono a trovare durante il loro sviluppo (, ).
Qualunque sia la teoria che meglio descrive il destino delle cellule staminali emopoeitiche, è tuttavia bene ricordare che entrambe
le scuole di pensiero si basano sui concetti fondamentali di auto–
rinnovamento e potenziale differenziativo, che sono alla base dell’organizzazione gerarchica (o“piramidale”) dell’emopoiesi (Fig. .). Al
vertice di questa piramide si trova una ristretta popolazione di cellule
primitive, con caratteristiche di auto–rinnovamento e multipotenzialità, da cui si dipartono compartimenti sequenziali all’interno della
gerarchia emopoietica. Tali compartimenti si caratterizzano per la
progressiva perdita di potenziale autoreplicativo, accompagnata da un
aumento consensuale della specificità differenziativa.
... Compartimentalizzazione della staminalità nel sistema emopoietico
Sebbene la diversità funzionale dei progenitori emopoietici sia stata
ormai appurata, rimangono invece poco chiari i meccanismi attraverso cui tale variabilità si genera nel sistema emopoietico. Il modello
attualmente più accettato vuole che l’eterogeneità del compartimento staminale sia il risultato dell’integrazione di segnali intrinseci ed
estrinseci.
. Introduzione

Per fattori estrinseci si intendono prevalentemente stimoli ambientali (quali fattori umorali, chemochine, molecole di adesione e fattori
di crescita), prodotti dallo stroma midollare per generare il mielieu
della “nicchia” staminale. In quest’ottica, la localizzazione di cellule
staminali in “nicchie” di diversa composizione citochinica sarebbe, ad
esempio, un meccanismo in grado di generare di per sé eterogeneità
nella popolazione staminale.
In aggiunta a tali fattori estrinseci, vi sono poi meccanismi intrinseci
alla cellula staminale stessa, in grado di generare variabilità attraverso
diversi programmi genici, generati in modo casuale, ad ogni divisione
cellulare. Ad esempio, ogni cellula può, ad ogni momento, decidere
tra diversi destini: auto–rinnovamento, differenziamento, apoptosi o
migrazione.
Nel corso degli ultimi anni sono emerse tuttavia evidenze della
Figura .. Schema rappresentativo del sistema emopoietico e della sua
caratteristica struttura ad “albero”.

Espressione di molecole di adesione in cellule staminali/progenitrici [...]
“non” casualità di tali decisioni: vale a dire, che la genesi di questi
fattori intrinseci potrebbe non essere totalmente stocastica, come ritenuto in passato, ma che essi siano (almeno in parte) frutto di una
programmazione a priori. Ad esempio, le dimensioni del compartimento staminale e la sua evoluzione nel corso dell’invecchiamento
sembrano dipendere da meccanismi intrinseci, determinati già a livello germinale. In questo modo, alcuni dei meccanismi di regolazione
intrinseca costituirebbero un limite alla generazione incontrollata di
eterogeneità, determinando a priori un numero ristretto di destini
evolutivi possibili (). L’idea che il compartimento staminale sia regolato da fattori estrinseci ed intrinseci generati stocasticamente rende
plausibile l’ipotesi formulata da Quesenberry (), secondo la quale la
generazione di eterogeneità sia un continuum di stati intermedi non
prevedibili a priori. A questa visione si oppone tuttavia l’idea che il
destino delle cellule staminali sia in gran parte pre–determinato, come
sembrano indicare gli studi pubblicati dal gruppo di Sieburg (, ,
).
Ovunque risieda il “vero” modello dell’emopoiesi, è plausibile
pensare che fattori di crescita, chemochine e molecole di adesione giochino un ruolo importante nella modulazione delle funzioni staminali,
sia in vivo che ex–vivo. Rimane perciò di fondamentale importanza
poter identificare nuovi fattori umorali coinvolti nella generazione di
un medium in grado di guidare le cellule staminali verso l’autorinnovamento, il differenziamento terminale o la migrazione verso diversi
microambienti.
... Le cellule staminali midollari
È noto che il midollo osseo sia una notevole riserva di cellule staminali
adulte, le quali sono state usate per trattare disordini ematologici da
molto tempo. Recenti studi hanno dimostrato che tali cellule sono capaci di attraversare i confini delle linee cellulari e ditransdifferenziarsi
in epatociti, cellule endoteliali, muscolo scheletrico, e neuroni sotto
opportuna stimolazione ().
Le cellule staminali ematopoietiche possono essere isolate dalle
cellule del midollo osseo, ma sono estremamente rare ( su .–
. cellule); inoltre, la morfologia tipica di cellule immature ed
indifferenziate ne rende particolarmente difficile l’isolamento. Soltan-
. Introduzione

to grazie all’analisi combinata di caratteristiche immunofenotipiche
e funzionali è stato possibile, negli ultimi anni, l’identificazione e
caratterizzazione dei progenitori emopoietici più immaturi ().
Per quanto riguarda l’emopoiesi umana, il fenotipo staminale è
principalmente associato all’antigene CD (–), o Sca– nel topo,
insieme all’assenza di espressione dell’antigene CD e di quei markers
che identificano cellule che abbiano già maturato lungo le diverse
filiere differenziative. Un’altra caratteristica fondamentale delle cellule
staminali emopoietiche consiste nella loro quiescenza; pertanto, la
popolazione staminale può essere isolata anche in funzione del basso
contenuto di DNA o del basso livello di attività metabolica.
All’interno dello stroma del midollo osseo risiede anche una sottopopolazione di cellule non ematopoietiche, le cellule stromali mesenchimali; tali cellule rappresentano circa lo .% –.% della
popolazione totale cellulare nucleata midollare, una concentrazione 
volte inferiore a quella delle cellule ematopoietiche. Le cellule staminali mesenchimali sono autorigeneranti e immunofenotipicamente,
tali cellule non esprimono i tipici markers antigenici ematopoietici,
ad es. CD, ma esprimono invece specifiche molecole di adesione (ALCAM/CD) ed altri antigeni (SH, SH, SH, STRO–) ().
All’inizio, si riteneva che le cellule staminali mesenchimali contribuissero soltanto alla formazione del microambiente stromale del
midollo osseo e che mantenessero la sopravvivenza e la funzione
delle cellule staminali ematopoietiche. Successivamente, altri studi
hanno suggerito che le cellule mesenchimali sono capaci esse stesse di
multipotenzialità, differenziandosi in condrociti, osteoblasti, astrociti,
neuroni, muscolo scheletrico e cardiomiociti (–). Infine le cellule
staminali progenitrici endoteliali rappresentano una sottopopolazione
di cellule staminali ematopoietiche che sono capaci di acquisire un
fenotipo endoteliale in vitro (). Le cellule progenitrici endoteliali
esprimono i markers cellulari staminali ematopoietici CD e CD ed
il marker endoteliale VEGFR– (). Tali cellule possono essere isolate
direttamente dal midollo osseo oppure dal sangue periferico e quindi
espanse in vitro.