Versione settembre 2012 Factsheet Amine aromatiche e cancro della vescica Dr. med. Dr. sc. nat. Michael Koller, Dr. med. Claudia Pletscher, Dr. med. Marcel Jost 1. Premessa Il cancro della vescica rappresenta una delle più frequenti patologie neoplastiche ed è la più importante patologia urologica a genesi professionale. Nella maggior parte dei casi la causa del cancro vescicale non è chiara e ciò è tra l'altro dovuto al tempo di latenza di decine di anni tra l'effetto di un agente e la manifestazione della malattia. Dal punto di vista della medicina del lavoro è rilevante soprattutto l'esposizione alle amine aromatiche (sinonimo di arilamine) che possono causare il cancro della vescica. Per questo motivo le misure di protezione vengono prese precocemente e i lavoratori esposti vengono visitati nell'ambito della prevenzione in medicina del lavoro. 2. Epidemiologia Il cancro della vescica è la quinta neoplasia più frequente in Europa e gli uomini sono colpiti tre volte più frequentemente rispetto alle donne [1]. In Svizzera, nel periodo 2004-2008 ogni anno si sono ammalati di cancro della vescica circa 900 uomini e 300 donne (ovvero 12/100'000 e 4/100'000) e rispettivamente 90 e 50 di neoplasie maligne di altri organi delle vie urinarie esclusi i reni (circa 1,2 e 0,7/100'000) [2]. La mortalità è del 33% circa negli uomini e del 50% circa nelle donne [3]. L'incidenza aumenta notevolmente a partire dalla quarta decade di vita e raggiunge un picco tra i 70 e 75 anni di età. I tassi di incidenza a partire dagli anni novanta dell'ultimo secolo si sono nettamente ridotti. Tra le patologie neoplastiche professionali il cancro della vescica è al secondo posto dopo le neoplasie causate dall'amianto [4]. Ogni anno la Suva ne riconosce in media 2-3 casi come malattia professionale. www.suva.ch/medicina-del-lavoro-factsheets -2- 3. Eziologia Nell'80% dei casi l'eziologia di un tumore della vescica rimane ignota. La più frequente causa nota è il tabagismo. Il rischio dei fumatori rispetto ai non fumatori può aumentare fino a cinque volte [5], a seconda della frequenza e della durata dell'abitudine al fumo e del contenuto di catrame delle sigarette. Il catrame, tra l'altro, contiene amine aromatiche e idrocarburi aromatici policiclici cancerogeni. Dopo la cessazione del fumo il rischio si riduce rapidamente nei primi 3 anni e più lentamente in seguito; esso però rimane per tutta la vita più alto rispetto a quello di un non fumatore [6]. Altre rare cause di cancro della vescica sono le infezioni croniche delle vie urinarie, come per esempio i calcoli vescicali, i disturbi di svuotamento della vescica in seguito a un'iperplasia prostatica, la bilarziosi o le neoplasie vescicali a distribuzione familiare. Importante dal punto di vista della medicina del lavoro è soprattutto l'esposizione alle amine aromatiche e agli idrocarburi policiclici aromatici (PAH o IPA), e raramente a derivati di oli fossili o arsenico. Amine aromatiche (arilamine) Le amine sono composti organici dell'azoto, nei quali l'atomo N è legato a un residuo organico da R1 a R3. Si parla di amine primarie, secondarie o terziarie a seconda del numero di residui sull'atomo N. Fig. 1: Formula di struttura di un'amina terziaria con residui R1, R2 e R3 Se uno dei residui è un anello aromatico si parla di amina aromatica. Il rappresentante più semplice di un'amina aromatica è l'anilina monociclica; altri esempi sono illustrati in Figura 2. Fig. 2: Formule strutturali di alcune semplici amine aromatiche: anilina (sinistra), 2-naftilamina (in mezzo) e benzidina (destra) www.suva.ch/medicina-del-lavoro-factsheets -3Le amine aromatiche sono precursori per la produzione di azocomposti. Un noto azocomposto è per esempio il rosso congo già noto dal 1883 che anche oggi viene utilizzato, per esempio per la colorazione istologica dell'amiloide. Gli azocomposti posseggono un doppio legame N=N, il cosiddetto gruppo azotato, sul quale sono uniti uno all'altro due anelli aromatici. Fig. 3: Formula strutturale dell'azocomposto Direct red 28 Alcuni azocomposti possono nuovamente essere trasformati in amine aromatiche tramite lisi enzimatica, chimica o batterica del gruppo azotato (vedi figura 4), motivo per cui questi azocomposti sono cancerogeni. Il loro uso oggigiorno, a seconda dell'area di utilizzo, in molte nazioni è limitato o proibito. Fig. 4: Degradazione dell'azocomposto Direct Blue 231 tramite lisi riduttiva del legame azotato [modificata da 7] Nel 1895 il chirurgo Ludwig Rehn ha descritto per la prima volta l'associazione tra il cancro della vescica e l'azocomposto anilina ("cancro da anilina"). Oggi è noto che numerose amine aromatiche possono causare il cancro della vescica e, raramente, anche il cancro di pelvi renale, uretere e uretra [8]. Il tempo di latenza tra esposizione e comparsa della malattia può essere di decenni; nei casi riconosciuti dalla Suva tra il 1924 e 1988 questo era di circa vent'anni [9]. Un'anamnesi lavorativa accurata è quindi particolarmente importante. Le amine aromatiche vengono assunte principalmente attraverso la cute o l'inalazione di vapori e polveri; l'ingestione dal punto di vista della medicina del lavoro non è significativa [8]. www.suva.ch/medicina-del-lavoro-factsheets -4Alla categoria dei cancerogeni umani accertati appartengono: 2-naftilamina, benzidina, 4amino-difenile (sinonimo 4-aminobifenile) e come unica amina aromatica monociclica la 4cloro-orto-toluidina (4-COT) (sinonimo 2-amino-5-clorotoluolo o 5-CAT). Nella lista svizzera dei valori limite essi sono classificati nella categoria delle sostanze cancerogene C1. Nella lista svizzera dei valori limite, inoltre, sono inserite diverse amine aromatiche nella categoria C2 (sostanze che dovrebbero essere considerate cancerogene per gli esseri umani; esistono diversi indizi per supporre che l'esposizione di una persona alla sostanza possa provocare il cancro) oppure C3 (sostanze che fanno temere un possibile effetto cancerogeno sugli esseri umani, sul quale tuttavia non ci sono ancora informazioni sufficienti per una valutazione soddisfacente). La tabella che segue dà una visione di insieme sulle amine aromatiche cancerogene inserite nella lista svizzera dei valori limite [10] (aggiornamento 12): Categoria C1 Categoria C2 Categoria C3 4-amino-difenile auramina anilina benzidina p-cloranilina 3,3'-diaminobenzidina 4-cloro-orto-toluidina (4-COT o 5-CAT) 4,4'-diaminodifenilmetano N,N-dimetilanilina 2-naftilamina 3,3'-diclorbenzidina p-toluidina 3,3'-dimetossibenzidina 3,3'-dimetilbenzidina 3,3'-dimetil-4,4'diaminodifenilmetano p-cresidina 2-metossianilina 4,4'-Metilen-bis(2-cloranilina) 4,4'-Metilen-bis(N,N'dimetilanilina) o-toluidina 2,4-toluilendiamina Nella valutazione del rischio non bisogna considerare soltanto la sostanza finale, ma anche i metaboliti. Come esempio si può citare l'insetticida clordimeform, che dopo l'assunzione nell'organismo viene metabolizzato a 4-COT, un cancerogeno di classe C1. Esiste una diversa sensibilità congenita verso l'effetto cancerogenetico delle amine aromatiche, le quali vengono metabolizzate dall'enzima N-acetiltransferasi 2 (NAT2). Esiste un polimorfismo genetico di questo enzima che si esprime in una diversa velocità di acetilazione. Le persone che acetilano lentamente le amine aromatiche hanno un rischio di cancro della vescica maggiore rispetto a coloro che posseggono una NAT2 più rapida. [11] Le amine aromatiche sono utilizzate, o lo sono state in passato, per esempio come precursori per la produzione di azocomposti, isocianati o poliuretani e come indurenti per resine epossiwww.suva.ch/medicina-del-lavoro-factsheets -5diche. Esse inoltre si trovano nel catrame e nella pece o nei prodotti delle fonderie. Alle amine aromatiche, inoltre, erano esposti anche i lavoratori occupati nell'industria dei colori e della gomma, i pittori, i verniciatori, i parrucchieri, i lavoratori impiegati nella colorazione di cuoio e tessuti o nella produzione di catrame, pece e bitume. Le amine aromatiche cancerogene sono state sostituite già da tempo in diversi utilizzi. A norma dell'allegato 1.10 dell'ORRPChim le sostanze cancerogene non possono essere fornite al pubblico (questo divieto tuttavia non comprende gli scopi professionali o commerciali). 2-naftilamina, 4-aminobifenile, benzidina e 4-nitrobifenile vengono espressamente elencate nell'allegato 1.13 dell'ORRPChim come amine aromatiche proibite. I parrucchieri, secondo una metanalisi pubblicata nel 2010, [12] presentano un rischio di cancro della vescica leggermente aumentato con un fattore di 1.3. Se il contatto lavorativo con azocomposti contenuti nelle tinture dei capelli supera i 10 anni, il rischio relativo arriva a 1.7. Si deve presumere un rischio di cancro della vescica aumentato nei/nelle parrucchieri/e che in passato, cioè negli anni '60 e parte degli anni '70, hanno manipolato senza guanti di protezione tinture per capelli contenenti amine aromatiche. L'utilizzo delle odierne tinture per capelli non è più associato a un aumento del rischio di cancro della vescica nei/nelle parrucchieri/e. Anche i pittori erano esposti ad amine aromatiche cancerogene fino agli anni '60, per esempio nella preparazione delle tinture, nel trattamento delle superfici di legno o durante la rimozione di vecchie tinte con azocomposti. In uno studio ginevrino del 1988 il rischio di cancro alla vescica nei pittori risultava aumentato del 70% [13]. Questa ricerca è stata effettuata negli anni '70 e '80; considerando un tempo di latenza del cancro da cause professionali di 20-40 anni, questo maggior rischio esprime le condizioni lavorative presenti negli anni '40-'60. Uno studio dell'IARC del 2010 ha concluso che nei pittori il rischio relativo di ammalarsi di cancro della vescica era rispettivamente di 1.4 (<10 anni di esposizione) e 1.8 (>10 anni di esposizione) [14], e un rapporto dell'OMS del 2007 afferma che esiste un aumento del 20-25% della probabilità di comparsa di un cancro della vescica nei pittori [15]. Nei pittori, quindi, va verificata l'associazione di un cancro della vescica con la professione, in caso possa essersi verificata un'esposizione ad azocomposti prima della loro sostituzione, cioè di regola prima degli anni '60. 4. Diagnosi e clinica Nei carcinomi primari della vescica si distinguono i seguenti tipi istologici [1]: Tipo di cancro Percentuale di tutti i cancri della vescica Carcinoma uroteliale (papillare, solido) 90% Carcinoma a epitelio pavimentoso 4% Adenocarcinoma 0,5 - 2% Altre forme <6% www.suva.ch/medicina-del-lavoro-factsheets -6Oltre ai tipi di carcinoma elencati possono verificarsi carcinomi benigni della vescica (papillomi, miomi, ecc.) e tumori secondari della vescica, per esempio provenienti dalla prostata o dal colon. Il carcinoma uroteliale ha solitamente una distribuzione multifocale. Al momento della diagnosi spesso non è ancora presente nessuna metastatizzazione e nessuna crescita nella muscolatura circostante. I tumori della vescica, secondo le norme internazionali, vengono classificati in diversi gradi di differenziazione (G1 per quelli altamente differenziati o low grade, G2 per quelli cosiddetti intermediate grade, G3 per quelli scarsamente differenziati o high grade) Sintomi Il più frequente sintomo di esordio di un carcinoma della vescica è la comparsa indolore di sangue nelle urine (macroematuria). Altri sintomi sono le irritazioni della vescica, i disturbi della minzione (disuria, pollachiuria, eccetera) e infezioni associate. Sintomi tardivi sono ritenzione urinaria, dolori al fianco e anemia causata dall'ematuria. Procedure diagnostiche con particolare attenzione alla citologia Tra le misure diagnostiche si possono citare la visita manuale, l'esame delle urine su strisce reattive per la dimostrazione dell'ematuria, la citologia urinaria, la cistoscopia e la cistoscopia a fluorescenza, l'ecografia, l'urografia endovenosa, la TC, la RM e la PET con colina C11. Nella prevenzione in medicina del lavoro, come anche nel follow-up oncologico, è importante la citologia. Essa viene utilizzata nei lavoratori precedentemente esposti ad amine aromatiche cancerogene. In questo caso viene utilizzato il sedimento urinario o il liquido di lavaggio di una cistoscopia (citologia da lavaggio vescicale). Se possibile non dovrebbe essere utilizzata l'urina del mattino, in quanto è presente una maggior quantità di cellule disgregate. Non è necessaria una visita medica, il lavoratore può autonomamente spedire per posta le urine al laboratorio di analisi. È importante che questo avvenga rapidamente in quanto altrimenti la qualità delle urine ne patisce. Quanto maggiore è il grado di malignità, ovvero quanto minore è la differenziazione del tumore, tanto più facilmente possono essere scoperte e classificate le cellule tumorali nel sedimento. La specificità, dell'85-100% è molto buona [16], mentre la sensibilità dipende dal grado del tumore e varia tra il 13 e il 75%; nei tumori low-grade sono riportati dal 40 al 60% di risultati falsi negativi [17]. Una citologia negativa, quindi, non significa che non è presente un tumore della vescica. Al contrario, in caso di infezioni si può trovare fino al 15% di falsi positivi [17]. Queste cifre dipendono fortemente dall'esperienza del citopatologo. Una speranza di miglioramento della diagnostica è dato dall'utilizzo delle nuove tecniche e dall'impiego di nuovi esami come per esempio la FISH con il kit Urovysion per dimostrare i cromosomi aneuploidi o la determinazione dei marker tumorali NMP22 (Nuclear Matrix Protein 22), survivina o BTA (Bladder Tumor Antigen) [18]. Questi nuovi metodi, tuttavia, hanno risultati falsi positivi più frequenti e sono costosi [19]. Inoltre è necessaria una visita medica www.suva.ch/medicina-del-lavoro-factsheets -7in quanto deve essere effettuato un esame delle urine. La sensibilità va dal 51 al 100%, la specificità è tra il 40 e il 98%. Nello studio UroScreen effettuato in Germania dal 2003 al 2010 la sensibilità è stata notevolmente aumentata con l'uso combinato di UroVysion e NMP22, ottenendo tuttavia un gran numero di falsi positivi [20]. Nella prevenzione in medicina del lavoro per la valutazione di assicurati asintomatici la combinazione utilizzata nello studio UroScreen non rappresenta, perlomeno al momento, un'alternativa all'esame citologico. Se la citologia fornisce un reperto sospetto o se il paziente ha ematuria il passaggio successivo consiste nell'effettuare una cistoscopia. La cistoscopia è l'esame gold standard nella diagnosi del cancro della vescica e viene anche utilizzata di routine, insieme alla citologia, nel follow-up successivo. Una cistoscopia è un esame che può essere percepito come sgradevole, pertanto l'indicazione deve essere posta con scrupolo. Terapia e prognosi A seconda del tipo e dell'estensione del tumore la terapia consiste in una resezione chirurgica transuretrale del tumore o nell'asportazione di tutta la vescica urinaria (cistectomia). In base all'estensione del tumore, in certi casi devono essere anche asportati altri organi o linfonodi. Altre opzioni terapeutiche sono l'instillazione postoperatoria di un farmaco chemioterapico, come per esempio la mitomicina, un'immunoterapia locale con il vaccino antitubercolare BCG oppure una polichemioterapia. In base al tipo di intervento chirurgico scelto devono essere confezionate una nuova derivazione urinaria o una vescica sostitutiva. Quando il cancro della vescica viene diagnosticato in uno stadio precoce e non si è ancora esteso dalla vescica verso l'esterno, la prognosi è buona e il tasso di sopravvivenza a 5 anni e dell'80% [21]. Di regola in questi stadi precoci il tumore può essere completamente rimosso. In caso di diagnosi di tumori già disseminati, nonostante estesi interventi chirurgici, nella maggior parte dei casi non è più possibile un'exeresi completa. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni nel cosiddetto stadio T4 è del 20%. 5. Visite profilattiche in medicina del lavoro Negli anni '60, in seguito al riconoscimento dell'associazione tra il cancro della vescica ed esposizione ad amine aromatiche, sono iniziate le visite regolari dei lavoratori esposti nell'ambito della prevenzione in medicina del lavoro. All'inizio la sorveglianza in medicina del lavoro è stata effettuata con cistoscopie semestrali; queste, a partire dal 1981, sono state completamente sostituite con una citologia urinaria annuale. Questi esami vengono proseguiti per tutta la vita anche dopo l'uscita dalla ditta a norma dell'art. 74 OPI (Ordinanza sulla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali). Questo articolo di legge stabilisce che la Suva, dopo la cessazione dell'attività nociva alla salute, può ordinare controlli medici se lo esigono motivi di natura medica. Per quanto riguarda i lavoratori sottoposti a visita si tratta pressoché esclusivamente di persone, che in precedenza sono state esposte ad amine aromatiche cance- www.suva.ch/medicina-del-lavoro-factsheets -8rogene note della categoria C1 (2-naftilamina, benzidina, 4-aminobifenile, 4-cloro-ortotoluidina) o C2. Oggi queste sostanze sono state sostituite in molti settori. Altri metodi che possono essere utilizzati per il monitoraggio biologico sono: - Misurazione nell'urina delle amine aromatiche e/o particolari prodotti del metabolismo, i cosiddetti coniugati di fase II - Misurazione nel sangue degli addotti all'emoglobina delle amine aromatiche Le amine aromatiche e/o i loro coniugati di fase II nell'urina sono marker a breve termine per determinare l'esposizione nei turni di lavoro precedenti; gli addotti dell'emoglobina sono marker a lungo termine per determinare l'esposizione media negli ultimi quattro mesi [7]. Questi metodi vengono utilizzati nella prevenzione in medicina del lavoro in Svizzera quando debba essere dimostrato o escluso il carico interno dei lavoratori per la valutazione delle misure di protezione in caso di esposizione attuali, come i lavori di risanamento di discariche contaminate da amine aromatiche. 6. Aspetti di medicina delle assicurazioni Le malattie contratte dal contatto professionale con le amine aromatiche vengono riconosciute dalla Suva, secondo le disposizioni di legge contenute nella Legge federale sull'assicurazione contro gli infortuni (LAINF), come malattie professionali, purché l'associazione causale venga stabilita con preponderante probabilità secondo il dettato dell'art. 9.1 LAINF. Le amine aromatiche (arilamine) appartengono alle cosiddette sostanze in lista, che a norma dell'art. 9.1 LAINF sono state elencate dal Consiglio Federale nell'allegato 1 OAINF. Per quanto riguarda le sostanze in lista, una malattia per essere riconosciuta come malattia professionale deve essere stata causata dal lavoro con preponderante probabilità, ovvero >50%. L'attuale situazione degli studi epidemiologici, tuttavia, non consente di derivare rapporti dose-rischio per il calcolo della frazione eziologica. Tra gli specialisti non vi è accordo [23] sui tentativi di stabilire questi rapporti con osservazioni per analogia dalle conoscenze sperimentali sugli animali [22]. Nell'apprezzamento di una malattia tumorale maligna delle vie urinarie viene perciò verificato nel singolo caso se questa può essere riconosciuta come malattia professionale sulla base dell'esposizione ad amine aromatiche cancerogene e del tempo di latenza [4]. Le prestazioni dopo il riconoscimento di una malattia professionale corrispondono a quelle degli infortuni; le malattie professionali sono quindi assimilate a questi a norma di legge (LAINF art. 9 cpv. 3). www.suva.ch/medicina-del-lavoro-factsheets -9- 7. Bibliografia 1. Domnitz F. et al.: Blasenkrebs - Aktuelles zu Ätiologie, Diagnostik und Therapie; Zbl Arbeitsmedizin 2012; 62: 10 - 20 2. National Institute for Cancer Epidemiology and Registration: Switzerland. Statistics of Cancer Incidence 1984 - 2008. Zurich, February 2011 3. 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