1- INTRODUZIONE Pag 3 1.1a) La cellula muscolare e il sarcomero Pag 3 1.1b) Classificazione delle fibre muscolare Pag 5 1.1c) Tipi di attività muscolare Pag 6 1.2) Ipertrofia e forza Pag 9 1.3) Meccanotrasduzione Pag 12 1.4) Danno muscolare indotto da contrazione eccentrica Pag 14 1.5) La teoria del Popping Sarcomere Pag 16 1.6) Gli indicatori di danno Pag 17 1.7) Fattori che contribuiscono al danno Pag 21 2- SCOPO DELLO STUDIO Pag 24 3- MATERIALI E METODI Pag 25 3.1) Selezione del campione Pag 25 3.2) Rispondenza Pag 25 3.3) Protocollo dello studio Pag 25 3.4) Questionario Pag 26 3.5) Valutazione clinica Pag 27 3.6) Valutazione sperimentale Pag 28 3.7) Indicatori di effetto Pag 30 3.8) Strumenti utilizzati Pag 30 3.8.1) Dinamometro Pag 30 3.8.2) Goniometro Pag 33 3.8.3) Metro a nastro Pag 33 3.8.4) Macchina isocinetica Pag 34 Pag5 1 Pag4 Pag Pag Pag 35 4- RISULTATI Pag 35 4.1) Omogeneità del campione 4.1.1) Caratteristiche fisiche dei soggetti Pag 35 4.1.2) Baeke Scale Pag 38 4.1.3) Caratteristiche influenti la forza espressa Pag 39 Pag 41 4.2) Risultati test clinici e sperimentali 4.2.1) Risultati test isometrico e isocinetico a T0 Pag 41 4.2.2) Risultati test isometrico a T1 e T2 Pag 44 4.2.3) Risultati test isocinetico a T1 e T2 Pag 46 Pag 50 5- DISCUSSIONE 5.1) Limiti dello studio Pag 50 5.2) Sviluppi futuri Pag 52 6- CONCLUSIONI Pag 53 7- ALLEGATI Pag 55 8- BIBLIOGRAFIA Pag 60 2 1. INTRODUZIONE Un obiettivo che spesso si prefigge un fisioterapista è l’aumento della forza o del trofismo muscolare in soggetti con disabilità. Usualmente si somministrano esercizi con pesi o a corpo libero per indurre modificazioni del sistema muscolo-scheletrico. Comunque ci sono ancora molti dubbi sullo stimolo biomeccanico che può portare la cellula a ipertrofia e la sua efficacia in termini di aumento di Forza. 1.1a Cenni di fisiologia muscolare Il tessuto muscolare è costituito da fibre, cellule di forma allungata, tra loro separate da una membrana, l’endomisio. Le fibre sono delimitate da una membrana cellulare chiamata sarcolemma che racchiude il sarcoplasma quasi completamente occupato dalle miofibrille indispensabili per la contrazione muscolare e dai mitocondri che producono energia utile alla contrazione stessa. L’insieme di queste fibre avvolte dal perimisio, formano i fascicoli, e l’insieme di quest’ultimi circondati da un ulteriore strato connettivale chiamato epimisio formano il ventre muscolare (fig.1). Figura 1: costituzione di un muscolo scheletrico 3 Figura 2: cellula muscolare Ogni miofibrilla è costituita dal sarcomero, l’unità funzionale del muscolo, lungo circa 4 µm e costituito da molecole coinvolte principalmente nella contrazione muscolare: l’actina e la miosina. Ogni sarcomero è limitato da linee Z alle quali sono connesse i filamenti sottili formati da actina, troponina, tropomiosina; al centro invece è presente la linea M dalla quale partono i filamenti spessi costituiti da miosina. Esistono altre proteine utili all’integrità del sarcomero: la nebulina disposta in prossimità dell’actina che controlla il numero di monomeri dell’actina stessa posti su ogni filamento; la titina che aiuta a mantenere la miosina centrata rispetto alle linee Z; la desmina, responsabile dell’apparenza striata del tessuto muscolare collega le linee Z di ogni sarcomero in parallelo (fig.3). Figura 3: sarcomeri in parallelo e relative strutture 4 1.1b Classificazioni delle fibre muscolari Le fibre muscolari possono differire per caratteristiche morfologiche, metaboliche e proprietà contrattili. Si suddividono principalmente in due gruppi caratterizzati dalla diversa capacità di contrarsi dovuta principalmente ad una diversa attività ATPasica. Le fibre di tipo I sono note anche come rosse, lente o ST (slow twich). Gli impulsi nervosi che arrivano alla cellula posseggono una velocità di conduzione bassa (60-80m/s) e una frequenza di impulsi bassa (5-30 Hz). Sono innervate da un motoneurone piccolo ma che comanda un numero elevato di fibre. Possiedono un rilevante numero di mioglobina (proteina contenente il ferro da qui il nome di fibra rossa, che ha un’alta affinità con l’ossigeno) e una rete capillare per unità di superficie nettamente elevata. La banda Z è più larga rispetto alle fibre di tipo II e il metabolismo è di tipo ossidativo anaerobio. Le fibre di tipo II chiamate anche fibre bianche, veloci o FT (fast twich) si distinguono in IIA e IIB. Le IIA hanno delle peculiarità miste ma con metabolismo glicolitico. Posseggono una velocità di conduzione elevata (80-100 m/s) e una frequenza di eccitazione di circa 60-70 Hz. La contrazione avviene con tensioni elevate e in misura più rapida. Le cellule sono grandi e innervate da motoneuroni di grandi dimensioni ma che controllano un numero limitato di fibre. Le miofibrille sono superiori numericamente rispetto alle fibre di tipo di tipo I ma con una lunghezza delle fibre e dei sarcomeri maggiore. Il contenuto di mioglobina è basso così come il numero dei mitocondri. Queste cellule hanno la possibilità di rilasciare calcio nel citoplasma molto rapidamente permettendo così un “aggancio-sgancio” della 5 miosina-actina molto veloce. Il metabolismo è indirizzato verso un sistema anaerobico. Le fibre di tipo IIB hanno una alta velocità di conduzione (80-130 m/s) e una frequenza di impulsi molto alta (60-100 Hz) si azionano quindi con tensioni elevate. Esse esprimono una potenza elevata e possiedono un metabolismo di tipo anaerobico. 1.1c Tipi di attività muscolari Il muscolo scheletrico può effettuare tre tipi di contrazione: concentrica, isometrica, eccentrica. Nella contrazione concentrica, l’unità muscolo-tendinea si accorcia e genera tensione; il lavoro che viene effettuato è positivo e il movimento provocato è nella stessa direzione della contrazione. Nel lavoro di tipo eccentrico, il muscolo, mantenendo attiva la contrazione, s’allunga a causa di una resistenza esterna che può essere anche maggiore della forza massima. La tensione è generata dalle proprietà elastiche del muscolo e dalla contrazione delle miofibre; Il lavoro espresso è negativo e il movimento è nella direzione opposta della contrazione. Nel lavoro di tipo isometrico, il muscolo genera tensione senza variare la sua lunghezza. La tensione generata dalla contrazione eccentrica è più alta rispetto alle altre due e il picco di tensione è più marcato con la contrazione eccentrica, seguita dall’isometrica e dalla concentrica (Friden et al., 2001) 6 Figura 4: Relazione tra lunghezza muscolare,velocità e forza espressa La contrazione concentrica e quella isometrica seguono il principio per cui vi sia prima il reclutamento delle fibre toniche seguito da quelle fasiche. Nella contrazione eccentrica, le fibre reclutate maggiormente sono quelle fasiche di tipo II B. Inoltre, i due tipi di contrazione consumano ossigeno in modo diverso. Il maggior costo metabolico avviene nella fase concentrica che utilizza una quantità triplice di ossigeno rispetto al lavoro eccentrico (Dudley et al., 1991). In tutti i tipi di contrazione la circolazione sanguigna è compromessa ad alti livelli di tensione prodotta; 10 ripetizioni all’85% della massima contrazione volontaria produce un aumento della pressione intramuscolare che limita il flusso venoso ma non è sufficiente a bloccare il flusso arterioso. Sebbene con l’attività eccentrica si registrano i più alti valori di tensione prodotta, non vi è un aumento della pressione rispetto all’isometrica e alla concentrica (Styf et al., 1995). 7 Il minor costo metabolico della contrazione eccentrica porta a una bassa percezione della fatica e questo ha di sicuro dei benefici psicologici durante un allenamento muscolare. Infatti se si paragona la corsa in discesa (eccentrica) con un lavoro in bicicletta(concentrica), nonostante i valori fisiologici siano più o meno allo stesso livello, la fatica percepita è senza dubbio minore nel gruppo che effettua la corsa in discesa. (Thomas et al., 1994) L’allenamento con differenti lavori comporta risultati diversi in termini di aumento del volume muscolare. Per esempio, un lavoro isometrico eseguito per 16 settimane aumenta il volume muscolare del 20% delle fibre di tipo I, del 27% di tipo II del soleo e del 50% delle fibre di tipo II ma non del tipo I del capo laterale del gastrocnemio. Inoltre, l’aumento del volume muscolare è maggiore in un programma eccentrico-concentrico (fibre di tipo I: 14% di aumento; tipo II 32% di aumento) rispetto a un programma solo concentrico (23% di aumento delle fibre di tipo II) (Enoka Roger M.). 8 1.2 Ipertrofia e forza “Physiological cross section area is direct proportional to the maximum titanic tension that can be generated by muscle.” (Lieber et al., 2002). La forza è direttamente proporzionale alla sezione muscolare fisiologica. La modificazione strutturale che porta all’aumento della massa muscolare, correlato ad un aumento della forza, si chiama ipertrofia. L’ipertrofia è dovuta all’aumento delle dimensioni delle singole cellule muscolari correlato ad un aumento della sintesi proteica che coinvolge tutte le strutture subcellulari ma in particolare le miofibrille contrattili. Infatti vi è un’aggiunta di sarcomeri in parallelo, accompagnata dall’aggiunta di sarcomeri in serie anche se in misura minore (Sahrmann, 2005) oltre che un irrobustimento e inspessimento del connettivo in particolare dei legamenti e dei tendini. Figura 5: Sezione di muscolo in condizione di controllo e in ipertrofia; il diametro medio delle fibre ipertrofiche va dal 34% al 54% rispetto al controllo Esiste un altro fenomeno che porta ad un aumento della massa muscolare chiamato iperplasia: di questo meccanismo sono responsabili le cellule satelliti 9 disposte tra la lamina basale e quella capillare che sono quiescenti ma si attivano e proliferano in caso di lesioni muscolari creando nuove cellule muscolari. Comunque sia, il meccanismo maggiormente responsabile dell’aumento di volume in risposta al potenziamento muscolare è l’ipertrofia, quindi l’aumento di volume delle cellule già esistenti (William D, 1998). In termini generali, si possono identificare diversi fattori che interagiscono nel determinare un aumento della forza; dalla componente genetica, a quella ormonale e nervosa per arrivare, infine, alla modificazione strutturale. Figura 6: il ruolo giocato dall’adattamento nervoso e muscolare nell’allenamento. 10 Di sicuro il rapido miglioramento della forza che si verifica sin dai primi giorni di allenamento è dovuto a un processo di facilitazione a livello nervoso che consente il reclutamento di un maggior numero di unità neuromotorie (William D, 1998). Sono necessari anche fattori ormonali e metabolici come l’insulina, l’ormone della crescita, testosterone che sono la chiave del processo di adattamento muscolare. Il vero “promotore” e il più grande stimolo, senza il quale non vi sarebbe la cascata di eventi che porta poi a una sintesi proteica, è a livello biomeccanico. Ma qual è lo stimolo a livello meccanico, che si traduce in una risposta biochimica? 11 1.3 Meccanotrasduzione Molti studi sono stati intrapresi per capire quale stimolo causa la risposta da parte dell’organismo all’ipertrofia, in quanto il muscolo è una cellula meccanocita che sa promuovere adattamenti e cambiamenti strutturali a seconda degli stimoli meccanici che riceve (Goldspink et al., 1992). Già nel 1992, Vandemburg trovò che l’allungamento intermittente di cellule muscolari in coltura, aumenta la sintesi di differenti prostaglandine che possono modulare la sintesi e la degradazione proteica (Vandemburg et al., 1992). Ad oggi è ormai chiaro che l’allungamento è un potente stimolante della sintesi proteica e della crescita muscolare anche perché influenza l’espressione genetica che determina il fenotipo delle fibre muscolari. (Goldspink et al., 1992, Booth et al., 1998, Zanchi et al., 2007). L’allungamento combinato con la stimolazione elettrica, ha prodotto risultati molto positivi riguardo l’aumento di volume muscolare, tanto che sembrano essere questi due fattori biomeccanici, la chiave per indurre ipertrofia nella cellula muscolare. Infatti, se l’elemento più sensibile all’allungamento si trova in corrispondenza delle linee Z, subirà una tensione molto alta causata dall’allungamento delle componenti in serie e l’attivazione delle strutture contrattili che genereranno una trazione sulla linea Z in direzioni opposte (Goldspink et al., 1999). L’attività muscolare che più si avvicina allo stimolo biomeccanico per indurre ipertrofia, è quella eccentrica; la contrazione concentrica da sola, teoricamente, non può portare a questo stimolo. Durante la contrazione eccentrica, il muscolo è sottoposto a entrambi gli stimoli sia l’allungamento che la contrazione, mentre nella contrazione concentrica, lo stimolo dell’allungamento non avviene o avviene con minor intensità. 12 Negli ultimi anni, molti studi sono stati fatti per cercare di capire quali sono le molecole implicate nella cascata del segnale intracellulare che culmina con l’aumento della sintesi proteica e si è visto che la protein chinasi target of rapamycin (mTOR), gioca un importante ruolo (Bodine et al., 2001; Reynolds et al., 2002; Pallafacchina et al., 2002; Hornberger et al., 2003). L’attivazione di mTor tramite altre chinasi, PI3K e Akt, (Stokoe et al., 1997) induce l’attivazione del suo effettore, ribosomal protein kinase (S6p70s6k) (Bodine et al., 2001). L’attivazione di questa molecola, possibile solo con un sovraccarico, induce la maturazione di mRNA codificanti le proteine ribosomiali. Conseguentemente sia ha un aumento dei ribosomi funzionanti che sono la condizione necessaria per un aumento della sintesi proteica. Eliasson ha condotto studi su modelli umani e ha osservato che la massima contrazione eccentrica, molto probabilmente a causa degli stimoli di allungamento e tensione, era più efficiente nell’attivare la p70s6k rispetto a una contrazione massimale concentrica. Sembra dunque che per attivare questa cascata sia necessaria un’attività muscolare che permetta una sovraccarico e un allungamento delle strutture contrattili. Bisogna però ricordare che quasi sempre, correlato alla contrazione in eccentrica, vi è il danno muscolare che può provocare dolore e disfunzione. Non è ancora chiaro se il danno muscolare da contrazione in eccentrica sia necessario per aumentare la sintesi proteica e quindi portare a ipertrofia e maggior forza. Non è ancora stata studiata una relazione tra danno subito e incremento di forza e trofismo muscolare. 13 1.4 Danno muscolare indotto da contrazione eccentrica Nel sarcomero, come abbiamo visto, la zona più sottoposta alla tensione durante una contrazione eccentrica è la linea Z. Infatti, è la prima struttura che viene colpita nei danni muscolari perché è in una posizione in cui la contrazione attiva causa una trazione nel verso opposto dell’allungamento delle strutture in serie. Nelle biopsie dei sarcomeri analizzati dopo contrazione concentrica, isometrica, eccentrica e allungamento passivo, si è visto che una significativa porzione di fibre allenate con contrazione eccentrica mostravano disturbi delle linee Z. In alcuni casi vi era un disallineamento in altri una vera e propria rottura (Figura 7). Il danno spesso riguarda anche il sarcolemma, i tubuli T, i filamenti di miosina e anche la desmina. (Lieber et al., 2001) Figura 7 Panello A - Fibre allenate isometricamente; panello B- Fibre allenate mediante concentrazione eccentrica. Si può notare che nel panello A, le linee Z sono perpendicolari alle miofibrille mentre nel panello B, in alcuni sarcomeri, si notano linee Z disallineate o addirittura distrutte. 14 L’azione meccanica dell’esercizio eccentrico colpisce principalmente la membrana e i dischi Z. La demolizione della desmina, invece, avviene circa dopo 15 minuti dall’esercizio (Lieber et al., 1996); quindi, si suppone che l’azione meccanica attivi nella cellula vie di trasduzione del segnale che portano alla distruzione di altre strutture, non direttamente colpite dall’azione meccanica. La membrana e specialmente i tubuli T sono esposti a una grande deformazione che può portare a una perdita di ioni Ca++ a causa della rottura dei tubuli o del reticolo sarcoplasmatico. La presenza massiccia di calcio può portare all’attivazione di proteasi endogene che possono degradare la fibra muscolare. In particolare, le proteine più suscettibili all’azione delle proteasi sono la desmina e la α-actinina, mentre la miosina e la actina non subiscono effetti. Le conseguenze sono comunque nefaste per l’integrità della cellula e soprattutto sulla capacità di generare tensione. Quello che non è ancora chiaro è perché non tutti i sarcomeri della fibra muscolare subiscono il danno. Figura 8: Schema di come avviene il danno nel muscolo; gli ioni calcio sono rappresentati da puntini neri ;B:il loro aumento nella cellula porta all’idrolisi di filamenti come la desmina; 15 il risultato è la distruzione dell’apparato strutturale della miofibrilla (C). 1.5 La teoria del “Popping sarcomere” Morgan (1990, 2006) provò a spiegare il diverso danno relativo ai sarcomeri, con la sua teoria del popping Sarcomere. Morgan concentrò i suoi studi sulla contrazione eccentrica e i fattori che inducono maggior danno a livello dei sarcomeri. Postulò che in una fibra muscolare i sarcomeri hanno una variabilità nella loro forza; questo si presenta quando vi sono dei sarcomeri con lunghezza diversa tra loro, o vi è una variazione tra il numero di ponti miosina-actina. Se si immagina una fibra muscolare allungarsi lentamente, tutte le componenti in serie verranno portate a una propria lunghezza soglia, ma esisteranno dei sarcomeri più lunghi e perciò più deboli che raggiungeranno prima degli altri la propria lunghezza soglia. Ciò generera un allungamento non uniforme poiché avviene in maniera più veloce nei sarcomeri più deboli. Quest’ultimi con l’aumentare dell’allungamento non saranno più in grado di mantenere la tensione sviluppata e si allungheranno ancora più rapidamente fino a che solo le strutture passive potranno contrapporsi alle forze in gioco. Il termine popping è usato infatti per descrivere questo incontrollato allungamento istantaneo del sarcomero che lo porta in una situazione in cui solo le strutture in serie contrastano la tensione. Secondo la teoria di Morgan, il danno muscolare indotto da contrazione eccentrica avviene a causa di un allungamento non uniforme della fibra che causa in determinati sarcomeri il danno, portando a una grande deformazione le membrane cellulari e i tubuli T e causando quel meccanismo spiegato in precedenza che compromette l’integrità della cellula la sua funzione contrattile. 16 1.6 Gli indicatori del danno muscolare Finora è stato descritto come avviene il danno, quale è la causa e quali sono le strutture del sarcomero coinvolte. Quali sono però i segni e le caratteristiche di un evidente danno muscolare e quali di questi parametri è il più affidabile come indice di gravità del danno? Nella ricerca vengono utilizzati diversi indicatori di danno. La biopsia è uno di questi ed è il più diretto ma non si può escludere che la biopsia stessa possa causare ulteriori danni e inoltre, non riguarda tutto il muscolo ma solo punti focalizzati per cui si può sovra- o sotto-stimare il danno. Conseguentemente, gli studiosi hanno cercato altri indici indiretti per poter misurare il danno. Warren (1999) riporta che gli indicatori di danno maggiormente usati negli studi sono: il dolore e la dolorabilità, l’analisi di alcune proteine nel sangue e la massima forza volontaria esprimibile Figura 9: Tempo trascorso dopo l’esercizio massimale in eccentrica e variazione degli indicatori di danno. Una freccia minor aumento/decremento; 2 frecce moderato aumento/decremento; 3 frecce largo aumento/decremento. SOR(soreness): dolore. CK(creatin kinasi). STR(strenght):forza. T2( presenza di edema visibile in immagini di risonanza magnetica) 17 Il dolore come schematizzato nella figura 9 con SOR (soreness), non si presenta subito dopo l’esercizio, ma dopo alcune ore fino ad avere il picco massimo dalle 24 alle 48 ore post-esercizio e risolversi entro 7 giorni dall’evento. È possibile che il gonfiore provocato dall’infiammazione aumenti la pressione interna del muscolo provocando la sensazione di dolore. L’istamina e le prostaglandine, attive durante il danno, attivano le vie nervose che trasportano il messaggio del dolore alla corteccia. Il dolore è comunque soggettivo e poco oggettivabile in quanto non può sussistere la relazione per cui il dolore è proporzionale al danno ma la sua positività rimane comunque un indicatore utile (Clarkson 2002). Le analisi delle proteine: nel sangue si è trovato una correlazione indiretta tra il loro aumento e la presenza di danno muscolare. Le proteine indice sono: lattato deidrogenasi, l’ aspartato aminotransferasi, la troponina e la creatin chinasi che è il marker più utilizzato. La CK, rilasciata dal muscolo nel sistema linfatico, viene trasportata nel dotto toracico per poi entrare in circolo. Anche questo indice non aumenta subito dopo il danno, ma dopo un giorno, e il picco è riscontrabile verso il 4° e il 5° giorno. Purtroppo, questo indicatore ha una variabilità elevata: infatti, i valori trovati, utilizzando i protocolli sperimentali in cui si inducevano contrazioni massimali, erano decisamente più alti (10000 U/L) rispetto a quelli trovati dopo un allenamento di corsa in discesa (100 U/L)(Clarkson 1992). Inoltre, esercizi eseguiti una settimana dopo il protocollo di serie in eccentrica, portavano elevati valori di CK nonostante il danno non fosse rilevato da altri indicatori come la biopsia. 18 Sorichter (1995) suggerisce che alti valori di CK trovati nel sangue possano essere dovuti a un drenaggio dell’enzima dal muscolo danneggiato. Elevati livelli di CK nel sangue, sono correlati a danni muscolari, confermati da biopsia, ma bisogna tenere conto del fatto che la presenza di CK può essere influenzata dal sistema linfatico. Lo conferma un altro esperimento eseguito da Havas (1997) dove i soggetti venivano sottoposti a una corsa di 18 km; alla fine un gruppo eseguiva le attività di tutti i giorni mentre un secondo gruppo riposava a letto; in quest’ultimi l’aumento di CK era significativamente basso. Un altro indicatore di danno muscolare molto utile che correla maggiormente il muscolo e le sue strutture è quello della perdita di forza. Il decremento di forza, visibile in seguito a un lavoro, come quello concentrico che non produce danno, è dovuto principalmente alla fatica metabolica e neurofisiologica ed è reversibile entro poche ore. La diminuzione di forza, invece, dopo un lavoro di tipo eccentrico è più marcata e può raggiungere il 50% in meno rispetto al valore di forza massima iniziale. Il deficit di forza può durare fino a una settimana ed è causato da un danno a livello delle strutture contrattili che si sono stirate (strain) in seguito all’allungamento attivo del muscolo. Un’altra causa di questo deficit di forza è, secondo Edward (1997), il fallimento della coppia eccitazione-contrazione dovuto a una dispersione degli ioni calcio fuoriuscite dai reticoli sarcoplasmatici in seguito alla loro rottura. Deschen (2000) studiò la relazione tra tensione sviluppata e valori elettromiografici e trovò che nei 10 giorni post-esercizio si ha una diminuzione dell’efficienza neuromuscolare, intesa come capacità degli elementi contrattili a rispondere all’input neurale. L’idea che il dolore potesse essere una causa di diminuzione di forza, è stata confutata da Newham (1987), 19 che, dopo un protocollo di esercizi in eccentrica, stimolò il muscolo dolente durante una massima contrazione volontaria con una eccitazione elettrica; questo non portava a miglioramenti di produzione di tensione maggiore, suggerendo che sebbene il soggetto provasse dolore non era in grado di reclutare completamente i propri muscoli. 20 1.7 Fattori che influiscono il danno muscolare Durante un esercizio i parametri che si possono modificare sono il carico, le ripetizioni, la velocità di esecuzione e la lunghezza muscolare iniziale. Ovviamente un carico maggiore induce un notevole aumento di tensione a livello delle linee Z ed è proporzionale la relazione maggior carico/maggior rischio di danno muscolare. Meno chiara e conosciuta è invece l’influenza della velocità di esecuzione e la lunghezza muscolare di partenza di un determinato esercizio. In tutti gli studi sul danno muscolare indotto da contrazione eccentrica è stato usato come indicatore il deficit di forza massima esprimibile. Interessanti sono gli studi in situ di un gruppo di ricercatori (Brooks 2000). Essi stimolarono elettricamente delle fibre muscolari ricercando la loro forza massima e nello stesso momento le allungarono al 30, 40, 50% della loro lunghezza iniziale, simulando una contrazione eccentrica. L’allungamento era effettuato a una velocità di 1, 2, 4, 8, 16 Lf (lunghezza della fibra)/s. Il deficit muscolare registrato con una seconda stimolazione, dimostrò che il fattore principalmente implicato nel danno muscolare è l’entità dell’allungamento e non la differente velocità (Fig.10) Figura 10: Il differente deficit di forza in seguito a contrazione eccentrica è dovuto principalmente dallo stiramento e non tanto dalla velocità con cui si effettua l’esercizio. 21 Come si evince dal grafico in Fig.10, la relazione deficit di forza/velocità di allungamento non è forte e piuttosto ad alti stiramenti, la velocità influisce in maniera più consistente. Di ben altra entità e più vicino all’esercizio eccentrico è lo studio effettuato da Butterfield (2006). L’esperimento in - vivo su cavie da laboratorio, entro range fisiologici di movimento, porta l’evidenza scientifica in un contesto più vicino all’esercizio terapeutico. I gruppi erano divisi per lunghezza muscolare di partenza. Un gruppo partiva a 70° di flessione plantare per arrivare a 115°, l’altro a 95° fino a 145°. Il muscolo veniva stimolato e allungato a velocità costante per 5 serie da 10 ripetizioni. La forza pre e post esercizio era valutata isometricamente da 55° a 155°, misurandola ogni 5°. Figura 11: Il grafico mostra il deficit di forza dopo contrazione eccentrica nel gruppo che partiva da lunghezza muscolare minore. I grafici mostrano la relazione tra l’angolo della tibiotarsica e la forza prodotta isometricamente. SOS è il primo gruppo dove l’esercizio partiva a un lunghezza muscolare minore. Si può notare nella Fig.11 un decremento di forza maggiore nel 22 range che va da 55° a 70° che può raggiungere anche il 27% di deficit di forza rispetto ai valori iniziale Figura 12: Il grafico mostra il deficit di forza dopo contrazione eccentrica nel gruppo che partiva da lunghezza muscolare maggiore. SPL è invece il secondo gruppo che partiva da una lunghezza muscolare maggiore. Si può vedere in Fig.12 il notevole decremento dei valori post-esercizio maggiormente tra gli 85° e i 100°. Il picco di decremento di forza può raggiungere il 50% rispetto ai valori pre-esercizio. Butterfield confermò con il suo studio l’idea che la lunghezza muscolare di partenza di un esercizio è il parametro chiave nell’indurre il danno muscolare; i fattori che portano al danno muscolare e a un relativo decremento di forza sono la produzione di tensione molto alta e l’iperestensione dei sarcomeri già allungati. 23 2 SCOPO DELLO STUDIO Prendendo spunto dalle ricerche, effettuate su cavie da laboratorio, sui fattori che inducono il danno muscolare (Butterfield 2006) in seguito a contrazioni in eccentrica è stato proposto uno studio simile sull’uomo. L’obiettivo è quello di capire se esisteva una relazione tra il danno muscolare indotto da contrazione eccentrica e le differenti lunghezze di partenza del muscolo quadricipite. Il campione dello studio è costituito da 2 gruppi di soggetti: A e B. Il gruppo A comprende 11 soggetti che hanno effettuato il protocollo partendo con una lunghezza muscolare maggiore. Il gruppo B include 10 soggetti che sono partiti con il muscolo più accorciato. Gli indicatori di effetto scelti sono: la forza espressa durante un test isometrico e la performance realizzata su una macchina isocinetica I risultati di questo studio potrebbero essere utilizzati in ambito riabilitativo nei programmi di potenziamento o essere importanti nella scelta di determinati allenamenti per l’atleta. Questo studio preliminare si prefigge quindi di indagare se, nell’ambito del rinforzo muscolare utilizzando sovraccarichi in contrazione eccentrica, l’esecuzione di un esercizio con posizioni di partenza diverse, rispetto alla lunghezza muscolare, possa influenzare la quantità di un eventuale deficit di forza. 24 3 MATERIALI E METODI 3.1 Selezione del Campione:criteri di inclusione e di esclusione I soggetti che hanno preso parte allo studio sono stati reclutati durante l’anno accademico 2008/2009. Si è definito di non includere nello studio soggetti di sesso femminile, atleti professionisti e soggetti molto allenati e di applicare dei criteri di selezione per escludere fattori che potessero influenzare il recupero della forza o la risposta adattativa dopo il test in eccentrica. In particolare sono stati esclusi: - soggetti che non appartengono alla fascia di età compresa tra i 18-30 anni - atleti professionisti - persone che s’allenano più di tre volte a settimana 3.2 Rispondenza Tutti i soggetti contattati (n = 41) sono stati disponibili nell’effettuare i test e tornare il giorno seguente per la valutazione. 3.3 Protocollo dello studio I soggetti facenti parte dello studio sono stati valutati presso il Policlinico di Monza (sede di Verano Brianza). La seduta di valutazione è stata divisa su due giornate; in prima giornata i soggetti hanno compilato un questionario e si sono sottoposti a test strumentali tramite i quali è stato possibile raccogliere i dati di base ed identificare il corretto carico da assegnare per il protocollo di sovraccarico (T0). Successivamente ai test strumentali i soggetti sono stati sottoposti al protocollo di sovraccarico ed ad una 25 prima rivalutazione della performance muscolare tramite test strumentali (T1). In seconda giornata i soggetti sono stati rivalutati mediante l’utilizzo di questionari e l’esecuzione di test strumentali (T2). (T0) (T1) (T2) valutazione valutazione valutazione iniziale dopo eccentrica 24 ore dopo Gruppo A = 21 Gruppo A = 21 Gruppo A = 21 Gruppo B = 20 Gruppo B = 20 Gruppo B = 20 Tot = 41 Tot = 41 Tot = 41 Tabella 1 3.4 Questionario A tutti i soggetti è stato somministrato un breve questionario per raccogliere i parametri antropometrici , la raccolta dei dati relativi all’attività fisica e il grado di allenamento dei singoli soggetti è stata effettuata con la somministrazione della Baecke Scale (Baecke et al., 1982); questa comprende una serie di domande riguardanti l’attività fisica abituale, comprendente il lavoro, lo sport e l'attività non sportiva durante il tempo libero. I punteggi finali sono stati ottenuti utilizzando un foglio di lavoro Excel creato e utilizzando il “Baecke Scoring Form”, con i valori necessari. È stata inoltre inserita una scala VAS per l’intensità del dolore; è una linea di dieci cm in cui lo zero corrisponde all’assenza di dolore e dieci al dolore massimo, sulla quale i soggetti dovevano indicare con una x l’intensità del dolore. Per valutare la fatica abbiamo utilizzato la scala Borg modificata su 10 punti in cui lo 0 indicava nessuna sensazione di esaurimento e il 10 il massimo sforzo concepito. 26 La valutazione del dolore e della fatica veniva effettuata: all’inizio, T0a dopo il test isocinetico, T0b 20 minuti dopo il test isocinetico, T0c dopo il protocollo di sovraccarico in eccentrica, T1a dopo la rivalutazione con test isocinetico, T1b Il giorno dopo veniva rivalutata il dolore e la fatica prima (T2a) e dopo (T2b) del test isocinetico. Al fine di poter utilizzare i dati raccolti è stato fatto firmare un consenso volontario per l’autorizzazione al trattamento dei dati, come previsto dal decreto legislativo sulla privacy (Legge 675/96, allegato 2). La raccolta dati è stata effettuata da un operatore che era a conoscenza dell’appartenenza dei soggetti nei due gruppi (studio non in cieco). 3.5 Valutazione clinica Tutti i soggetti sono stati sottoposti a una valutazione clinica da parte di un operatore per meglio osservare le caratteristiche specifiche di ogni soggetto che successivamente verranno relazionate con i dati sperimentali. Il soggetto veniva invitato a mantenere la posizione eretta in una posizione a lui naturale e in questo modo venivano rilevate alcune misure antropometriche al fine di conoscere i parametri corporei della persona valutata. Le rilevazioni eseguite sono state: - Circonferenza coscia:misurata a 10 cm dall’angolo superiore della rotula con un metro a nastro 27 - Lunghezza tibia: misurata dall’apofisi tibiale al malleolo interno con un metro a nastro 3.6 Valutazione sperimentale Per valutare gli effetti di un eventuale danno muscolare ci siamo avvalsi di indicatori come il dolore e la massima forza volontaria esprimibile. La valutazione strumentale della forza constava di due test effettuati a T0, dopo il protocollo di sovraccarico -T1-, e 24 ore dopo -T2-. Misurazione 1: TEST ISOMETRICO. Il soggetto si fa sedere sul lettino con le gambe piegate e i piedi che non poggiano a terra. Il dinamometro è attaccato a una cavigliera e stabilizzato da un operatore;la cavigliera è legata a una corda fissata al lettino. Si richiedeva una spinta massimale in estensione dell’arto dominante partendo con il ginocchio flesso a 90°. Poi si ripeteva la misurazione a 45°. Gli angoli sono stati misurati con goniometro. Saranno effettuate tre prove per angolo e per ottenere la forza isometrica verrà calcolata la media dei 3 valori acquisiti. Misurazione 2: TEST ISOCINETICO Con la macchina isocinetica si ottengono i valori di coppia massima (Nm) per ogni grado dell’estensione a una velocità angolare costante. Il soggetto si sedeva sulla macchina e veniva legato con delle cinture per fissare tronco e bacino ed evitare compensi. Il test era sull’arto dominante. Si eseguivano due prove: una da 5 ripetizioni a 150°/s e l’altra da 10 ripetizioni a 100°/s. Il valore di forza massima esprimibile (peak torque) è stato calcolato con la seguente formula: MCV = Cmax / Lt 28 Dove MCV è la massima contrazione volontaria espresso in newton (N) Cmax la coppia massima acquisita con la macchina isocinetica espressa in newton per metri (Nm) Lt la lunghezza della tibia dall’inserzione del quadricipite sulla tibia ai malleoli espressa in metri (m). PROTOCOLLO DI SOVRACCARICO IN ECCENTRICA L’esercizio si svolgeva sulla leg-extension. I soggetti sono stati istruiti per evitare i compensi che possono effettuare durante la sessione. Al soggetto veniva legata la caviglia dell’arto dominante al manubrio della macchina. Con l’altra gamba e con l’aiuto di un operatore il soggetto alzava la leva della leg extension; con l’arto dominante invece doveva frenare la caduta del peso effettuando così una contrazione eccentrica. I soggetti sono stati divisi in due gruppi random (estrazione casuale), che partivano con due lunghezze muscolari differenti. Un gruppo partirà da 0° di estensione di ginocchio e cercava di tenere il peso fino a 50° di flessione. L’altro gruppo partivà da 30° e arrivava a 80°. Il peso da applicare alla leg extension era l’85% della massima forza volontaria trovata con la Misurazione 2: P = Fp / g 85%P = P *85/100 Dove P è la forza peso espressa in Kg; Fp è la forza peso espressa in newton (N) che corrisponde alla massima contrazione volontaria nel test isocinetico; 29 g è l’accelerazione di gravità espressa in metri al secondo quadro (m/s²); 85%P è il peso da applicare alla leg extension durante la sessione; Sono state effettuate 5 serie con 8 ripetizioni intervallate da 2 min di riposo. 3.7 Indicatori di effetto Per indagare le modificazioni di forza, i soggetti hanno eseguito delle prove isometriche e con la macchina isocinetica. Le prove sono state eseguite a T0, T1 e T2 3.8 STRUMENTI UTILIZZATI 3.8.1 Dinamometro MicroFET2 Microfet 2 è un dispositivo portatile Tester e Valutatore di Forza (Force Evaluation Testing), utilizzato per prendere oggettive, affidabili e quantificabili misurazioni sulla Figura 13:Dinamometro MicroFET2 forza muscolare. Questo dispositivo è alimentato a batteria, pesa meno di 450 grammi (1 pound), e si adatta perfettamente al palmo della mano. I vari elementi di misurazione nel trasduttore reagiscono indipendentemente per misurare forze esterne da vari angoli. Questo sistema permette la misurazione anche di minime variazioni di forza, indipendentemente dalla direzione in cui la forza è applicata. Informazioni sulla misurazione sono visualizzate in due schermi LCD, Peak Force e Duration/Sec. Durante il test lo schermo Peak Force mostra la forza che sta venendo applicata contro il trasduttore, e alla fine del test mostra il valore di 30 massima forza raggiunta in Newton. Il Duration/Sec mostra invece il tempo passato dall'inizio del test sino alla sua conclusione. 3.8.1b Test muscolare con dinamometro Il test muscolare è stato utilizzato per identificare e documentare oggettivamente la forza muscolare del quadricipite a 90° e 45°. I maggiori vantaggi del test muscolare usando un dinamometro a mano, comparati con i metodi tradizionali, sono l'oggettività delle misurazioni e la consistenza dei risultati come misurazione sia per una singola persona che ripete più test che più persone. Senza dinamometro gli operatori normalmente assegnano un valore al risultato dei test (da 1 a 5), che dipende da quanta forza pensa che il paziente abbia esercitato. I problemi tuttavia crescono nell'assegnare punteggi consistenti basandosi esclusivamente sulle proprie sensazioni, specialmente quando il paziente viene testato successivamente. Il dinamometro è stato sviluppato per test classici (forma make) o anche per la forma break. Il test di tipo make è utilizzato dal valutatore posizionando il paziente per isolare e contrarre il muscolo, posizionando attentamente il dispositivo nella giusta posizione e angolo per eseguire il test. Con il test di tipo make, l’operatore deve assumere una posizione di forza stabile che gli consente di mantenere la massima stabilità per resistere alla forza applicata dal paziente e deve anche istruire il paziente di applicare una forza contro il dispositivo mentre lui applica una resistenza. Lo scopo del test, da parte del paziente, è quello di esercitare la massima forza possibile, cercando di utilizzare esclusivamente il muscolo interessato. Il make test dura generalmente circa 4 31 secondi ed ha il suo inizio quando l’operatore dà il “Via” al soggetto e si conclude con l’invito “Rilascia”. Il test di tipo break è anch'esso eseguito posizionando attentamente il paziente e il dispositivo. L'operatore stabilizza il paziente nella posizione isolata con una mano mentre pone il dinamometro in una posizione tale da esercitare forza contro l'arto associato al muscolo interessato. Il test inizia con l'operatore che applica una forza e il paziente cerca di resistervi. Lo scopo del test è quello di superare o meglio “rompere” (break) la resistenza del paziente. Il test da noi utilizzato era quello di tipo make in quanto lo scopo dello studio era quello di rilevare la massima forza possibile del quadricipite sia col ginocchio flesso a 90° che a 45°. 3.8.1c Parti dello strumento apparecchio manuale Microfet2 cuscinetto trasduttore piatto cuscinetto trasduttore ergonomico cuscinetto trasduttore digitale tabella delle posizioni dei test muscolari tabella di registrazione delle forze rilevate per la parte superiore del corpo tabella di registrazione delle forze rilevate per la parte inferiore del corpo manuale di istruzioni scheda di garanzia certificato di calibrazione 32 3.8.2 Goniometro Questo strumento è stato utilizzato nella rilevazione dell’angolo nel test isometrico. Il rilevatore ha nel suo centro una scala graduata circolare posta sotto una superficie di plastica trasparente, segnata da una verticale rossa che in Figura 14: Goniometro posizione di partenza, si trova a zero gradi. Durante il movimento, la linea rossa segue la direzione della cresta tibiale, mentre la scala graduata, grazie a un contrappeso, rimane verticale. Così facendo la linea si troverà ad un valore numerico che corrisponderà al range articolare passivo. 3.8.4 Metro a Nastro Il metro a nastro è una scala graduata con sensibilità di un millimetro costruita per potersi avvolgere su un apposito Figura 15: Metro a nastro arrotolatore, che ne rende più agevole l'uso e il trasporto. Esso viene conservato arrotolato su un rocchetto e quando necessita è possibile srotolarlo tirando il capo libero fino alla lunghezza di interesse. Al termine dell'attività, lo si riarrotola sul rocchetto premendo l'apposito pulsante. La lunghezza del metro usato per questo studio è di 1,5 metri. 33 3.8.5 Macchina Isocinetica La macchina isocinetica è un modello primadoc della Easytech. Il sistema è formato da un PC e la macchina stessa. Figura 16: I componenti della macchina isocinetica L’unità A è usata per configurare le caratteristiche di funzionamento della parte meccanica secondo le modalità dell’esercizio che si desidera svolgere; permette anche di recepire, le misurazioni rilevate dall’esercizio/test in corso e di consentire l’archiviazione e la consultazione dei dati relativi agli esercizi svolti. L’unità B è la macchina vera e propria e quella su cui il soggetto lavora. È costituita da un attuatore idraulico comandato da un’elettrovalvola, controllata da una scheda a microcontrollore. Il sistema A+B reagisce alle sollecitazioni del oggetto in modo da mantenere costante la velocità angolare impostata. Figura 17: Un disegno rappresentativo dell’’esercizio svolto sulla macchina 34 4. RISULTATI 4.1 Omogeneità del Campione L’assegnazione dei soggetti ai gruppi di esercizio è stata casuale e determinata dai criteri di inclusione sopradescritti. Nelle tabelle seguenti è riportata per ogni cella, il numero di casi prevalenti (N) e la prevalenza per cento dei soggetti all’interno dei due gruppi. È stato, inoltre, calcolato il Rapporto di Prevalenza (RP) con i relativi intervalli di confidenza (I.C.) al 95% mentre in altri casi è stato usato il Test T di Student, con il calcolo della significatività. In caso di raggiungimento della significatività statistica, questi ultimi valori sono evidenziati in rosso. 4.1.1 Le caratteristiche fisiche dei soggetti Nel complesso l’età media dei soggetti è risultata essere di 22.5 anni, per quanto riguarda il gruppo A l’età media è di 23.9 anni mentre per il gruppo B è di 21.1 anni (figura 18). Figura 18 35 La figura 19 sottostante mostra la distribuzione delle età: dei 21 soggetti l’età più rappresentata è quella dei 22 anni con 6 casi su 21. Figura 19 Per quanto riguarda il peso dei soggetti, la media è 72.8, con una media del gruppo A (BLU) di 75.3 e una media di 70.3 del gruppo B (ROSSO). La figura 20 (Kg) sotto riportata mostra le medie con gli errori di deviazione standard. Figura 20 36 L’altezza media dei soggetti è di 168 cm. Il gruppo A ha un’altezza media di 183.8 cm mentre l’altezza media di B è di 178,4. La figura 21 sottostante mette a confronto le medie delle altezze e si può notare che per questo parametro i due gruppi risultano essere significativamente differenti * p=0.037* t= 2.247 Figura 21 La figura 22 sottostante, mostra il BMI (Body Mass Index) medio per i due gruppi. Questo indice è il rapporto tra il peso corporeo (Kg) e il quadrato dell'altezza (m). Il valore medio di entrambi i gruppi rientra nella categoria definita come “normopeso” (20-25). Le altre due categorie definite sono: “sottopeso” (<20) e “sovrappeso” (>25) che vengono rappresentate comunque rappresentate nel campione con tre casi (1 soggetto sottopeso e 2 sovrappeso). 37 Figura 22 Nella tabella 2, sono riportati i valori medi di età, peso, altezza e BMI con i risultati dei relativi test statistici. Come è possibile osservare i due gruppi sono risultati differenti significativamente solo per quanto riguarda l’altezza (t=2.247 p=0.037*). Gli altri parametri non risultano essere significativi. GRUPPO ETA PESO ALTEZZA BMI N Media Deviazione standard A 11 23.9000 3.92853 B 10 21.1000 2.37814 A 11 75.3000 7.37940 B 10 70.3000 8.62876 A 11 183.8000 5.18116 B 10 178.4000 5.56177 A 11 22.2974 2.09578 B 10 22.0873 2.57572 t p 1.928 0.070 1.393 0.181 2.247 0.037* 0.200 0.844 Tabella 2 4.1.2 Baeke Scale La tabella 3 riporta l'attività fisica abituale dei due gruppi soggetti, calcolata tramite le quattro variabili finali della scala Baecke: WORKSCORE, che riguarda l'attività lavorativa; SPORTSCORE, che riguarda l'attività sportiva; LEISURESCORE, che riguarda l'attività non sportiva durante il tempo libero; BAECKESCORE, che rappresenta il risultato finale, la somma delle altre tre. 38 GRUPPO N Media BAEKEWORK BAEKESPORT BAEKELEISURE BAEKETOT Deviazione standard A 11 2.4886 0.71251 B 10 2.3500 0.69672 A 11 2.8182 0.40452 B 10 2.6500 0.78351 A 11 2.7045 0.41560 B 10 2.3750 0.63738 A 11 8.0114 0.85596 B 10 7.3750 1.29368 T p 0.450 0.658 0.627 0.538 1.417 0.173 1.342 0.196 Tabella 3 Nella figura 23 sotto, è riportato solo il confronto grafico delle medie del BAECKESCORE dei due gruppi che non risulta essere significativo. Figura 23 4.1.3 Caratteristiche influenti la forza espressa Abbiamo scelto nei soggetti inclusi nello studio, di analizzare due importanti parametri che permettessero di valutarne l’omogeneità funzionalmente alla forza esprimibile. Il primo è il volume medio del ventre muscolare del quadricipite la cui media dei due gruppi è di 46.78, nel gruppo A è di 46.59 mentre il gruppo B è di 47. Il secondo parametro è la lunghezza della tibia il cui valore medio dei 21 soggetti è di 35.85. Il gruppo A ha una lunghezza media della tibia di 36.8, mentre 39 per gruppo B, la media è di 34.9. Per quanto riguarda il volume, i due gruppi non mostrano differenze significative, la lunghezza della tibia è un parametro significativo (t=2.442; p=0.025*) ed è associato alla diversa altezza media dei soggetti presenti nei due gruppi (Tabella 4), figura 24. N Media Deviazione standard A 11 46.5909 3.91675 B 10 47.0000 3.52767 A 10 36.8000 1.68655 B 10 34.9000 1.79196 GRUPPO VOLUME L. TIBIA t p 0.251 0.805 2.442 0.025* Tabella 4 Partendo da queste prime considerazioni abbiamo due gruppi che non sono omogenei sotto certi aspetti. Infatti, il gruppo A ha delle caratteristiche diverse come l’altezza media che è maggiore ed è un parametro, come la lunghezza della tibia, che è risultato significativo. * p=0.025* t= 2.442 Figura 24 40 4.2 Risultati 4.2.1 Test Isometrico e Isocinetico Alla prima valutazione (T0) i soggetti sono stati sottoposti alle misurazioni di forza con il test isometrico e isocinetico. Nella tabella 5 sono riportate la media della forza, registrata durante le prove in isometrica, dei due gruppi e le differenze delle forza. La media del gruppo A a 90° (90_PRE) è di 543.2 N mentre quella del gruppo B è di 481.76 N. Nonostante la differenza tra le medie non sia poca e cioè di 61.4 N, essa non è statisticamente significativa. A 45° (45_PRE) il gruppo A ha una media di 428.8 N contro i 386.8 del gruppo B. Anche questa misura è correlabile alla diversità riscontrata tra i due gruppi. 90_PRE 45_PRE GRUPPO N Media Δ Medie Deviazione t standard A 11 543.20 152.571 B 10 481.76 A 11 428.82 B 10 386.86 61.440 41.958 87.873 118.250 78.707 p 1.115 0.279 0.946 0.356 Tabella 5 Nella figura 25 sono riportate le medie della forza acquisita con il test isometrico a 90° (A) le medie dei due gruppi a 45°(B). A B 41 Figura 25 L’altra misurazione di forza eseguita, è stata effettuata con la macchina isocinetica: i test sull’isocinetica sono stati due; uno consisteva in 5 colpi a 150°/s, mentre l’altro consisteva in 10 ripetizioni a 100°/s. Il computer della macchina acquisiva la media e il picco massimo di ogni serie. Nella figura 26 (Panello A) è riportato il confronto tra le medie dei picchi massimi della serie da 10 ripetizioni. Il gruppo A ha una media dei picchi di 173.82 Nm mentre il gruppo B di 133.50 Nm. La differenza è molta tra i due gruppi e il risultato è statisticamente significativo (p=0.001*; t: 4.492) A * B * Figura 26 Il panello B, invece mostra le differenze tra le medie dei picchi massimi registrati nella serie da 5 ripetizioni. La media del gruppo A è di 199.7 Nm quella del gruppo B 163.2 Nm. Anche questo risultato è statisticamente significativo (p=0.005*; t=3.217) La tabella 6 riassume le diversità dei due gruppi a T0 prima del test di sovraccarico in eccentrica; i due gruppi sono diversi sia come caratteristiche antropometriche che di forza. Questo si nota soprattutto, nei valori acquisiti nel test isocinetico. Il gruppo A risulta essere più forte rispetto a B, per cui il 42 campione risulta ancora una volta essere disomogeneo in partenza. È stata aggiunta in tabella la media delle medie delle serie da 10 ripetizioni (MEAN_COLPI10_PRE) che mostra anch’essa un valore statisticamente significativo (p=0.003*). La differenza tra le medie dei picchi è alta (40.31 Nm nella serie da 10 ripetizioni; 37.07 Nm nella serie da 5 ripetizioni). GRUPPO N Media PEAK_COLPI10_PRE MEAN_COLPI10_PRE PEAK_COLPI5_PRE A 11 173.8182 B 10 133.5000 A 11 79.5455 B 10 63.4444 A 11 199,2727 B 10 162,2000 Δ Medie 40.31 Deviazione std. 24.27269 t p 4.492 0.001* 15.37133 16.10 11.31692 3.460 0.003* 9.00154 37.07 29,05199 3.217 0.005* 23,04488 Tabella 6 43 4.2.2 Test Post-Eccentrica in Isometrica A T1 (in seguito al protocollo di sovraccarico in eccentrica) vi sono delle modificazioni nella forza dei due gruppi. Se si analizzano le prove in isometrica, si può notare (tabella 7) che non ci sono dati significativi per quanto riguarda un eventuale differenza di deficit di forza in seguito ad esercizi in eccentrica, da noi ipotizzato e trovato in altri studi (p>0.05) (Athanasios et al., 2005; Butterfield et al., 2006). GRUPPO N Media 90_POST 45_POST ISOMETRICA@90_PREPOST ISOMETRICA@45_PREPOST A 11 530,82 B 10 486,42 A 11 443.76 B 10 400.48 A 11 -12.38 B 10 4.66 A 11 14.9394 B 10 13.6233 Δ Deviazione Medie standard 44.40 43.27 -17 1.3 135,322 100,007 121.13 74.40 76.42654 57.73762 58.46306 68.31605 t p 0.848 0.407 0.974 0.342 -0.572 0.574 0.048 0.852 Tabella 7 Nella figura 27, sono riportati solo uno dei dati ottenuti (a 90°), in seguito a contrazione eccentrica (T1) mettendo a confronto le due medie. Figura 27 44 La tabella 8 mostra i valori di forza in isometria ottenuti a 24 ore dall’esercizio (T2). A 90° la media del gruppo A è di 536,82 N quella del gruppo B di 466.47 N; mentre a 45° il gruppo A ha una forza media di 459 N rispetto alla media del gruppo B che è di 380 N. Anche dopo 24 ore, in tutti e due i casi, il risultato non può essere considerato significativo (p>0.05). 90_DAYAF 45_DAYAF GRUPPO N Media Δ Medie Deviazione t standard. A 11 536.82 134.755 B 10 466.47 A 11 459.15 B 10 380.45 70.352 78.702 92.090 148.902 71.681 p 1.382 0.183 1.517 0.146 Tabella 8 La tabella 9 mostra, rispetto a T0 e T1, come sono cambiate le medie della forza per ogni gruppo a 90°: il gruppo A, a T1, perde forza ma a T2 la recupera arrivando a una media di 536 N. Il gruppo B, a T1, guadagna forza ma a T2 la perde, con una media di 466 N Gruppo A B N 11 10 Δ Medie T1-T0 Δ Medie T2-T0 T0 Media 543.20 T1 530,82 -12.35 -6.38 T2 536.82 T0 481.76 T1 486,42 4.65 -15 T2 466.47 Fase Tabella 9 45 La tabella 10 mostra rispetto a T0 e T1, come sono cambiate le medie della forza per ogni gruppo a 45°: il gruppo A, a T1, incrementa la forza media e anche a T2 vi è un ulteriore aumento fino a 459.15 N. Il gruppo B, a T1, guadagna forza ma poi perde in T2 con una media di 380 N. Gruppo N A 11 B 10 Fase Media T0 T1 T2 T0 T1 T2 428.82 443.75 459.15 386.86 400.48 380.15 Δ Medie T1-T0 Δ Medie T2-T0 14.93 30.3 13.62 -6.4 Tabella 10 4.2.3 Test Post-Eccentrica in Test Isocinetico a) Risultati serie 10 ripetizioni (media dei picchi) Al tempo T1, si possono analizzare eventuali modificazioni di forza relativi alle misurazioni con la macchina isocinetica. Nella serie da 10 ripetizioni il gruppo A ha fatto registrare una media dei picchi massimi di 165.36 Nm mentre il gruppo B di 133.3 Nm. Questo risultato è statisticamente significativo ( p=0.008*) e la figura 28 mostra la differenza tra i picchi massimi registrati con la macchina isocinetica nelle 10 ripetizioni a T1: Figura 28 46 Se si rapporta con il test a T0, solo il gruppo A perde forza, mentre il gruppo B rimane quasi invariato. Inoltre, se analizziamo il test a T2 quindi a 24 ore dal protocollo di sovraccarico, si scopre che tutti e due i gruppi recuperano forza e il gruppo B registra valori medi più alti rispetto a T0 (Tabella 11). GRUPPO N Media PEAK_COLPI10 A _PRE B 11 173.8182 PEAK_COLPI10 A _POST B 11 165,3636 PEAK_COLPI10 A _DAYAF B 11 167.0000 10 133.5000 10 133,3000 10 136.8000 Δ Medie 40.31818 32.06364 30.20000 Deviazione standard. 24.27269 15.37133 28,58417 19,18362 18.11077 21.39990 t p 4.492 0.001* 2.985 0.008* 3.502 0.002* Tabella 11 b. Risultati serie 5 ripetizioni (media dei picchi) Analizzando la serie da 5 ripetizioni, ci troviamo davanti a un altro quadro. Infatti, a T1, il gruppo A ha una media dei picchi massimi di 185.9 Nm, mentre il gruppo B registra una media di 165 Nm. Nella figura 29, è mostrata la differenza dei due gruppi a T1 che non è diversa statisticamente poiché A e B, a T0, avevano già due medie differenti. Il dato non risulta essere significativo (p=0.158) ma rispetto a T0 il gruppo A perde in media forza, mentre il gruppo B ne guadagna. 47 Figura 29 Inoltre, se si analizza il test a T2 quindi a 24 ore dal protocollo di sovraccarico, mentre il gruppo A torna vicino ai valori di T0 (media 191.5 Nm), B guadagna ancora forza rispetto a T1 e T0 (media 166.7 Nm),(Tabella 12). GRUPPO N Media Δ Medie Deviazione standard. t p PEAK_COLPI5 A _PRE B 11 199,2727 37.07273 29,05199 10 162,2000 23,04488 3.217 0.005 PEAK_COLPI5 A _POST B 11 185.9091 20.50909 37.19800 10 165.4000 24.84262 1.469 0.158 PEAK_COLPI5 A _DAYAF B 11 191.5455 24.84545 32.45724 10 166.7000 20.08897 2.082 0.051 Tabella 12 Nella figura 30 sono messi a confronto le fasi del gruppo A e l’andamento dei singoli picchi di ogni serie. La serie riportata è quella delle 5 ripetizioni in isocinetica: sull’asse delle ascisse sono riportati i colpi, mentre sull’asse delle ordinate, la media dei picchi del gruppo A. Il gruppo A (che partiva con una lunghezza muscolare minore), dopo il protocollo di sovraccarico, perdeva forza e andava via via esaurendosi. Il giorno dopo mostrava un picco più alto e una resistenza maggiore anche se si nota, dopo la 4a ripetizione, un decremento delle performance. 48 Gruppo A T2 T1 T0 Figura 30 Il gruppo B (che partiva con una lunghezza muscolare maggiore di A) con la stessa analisi dei dati mostra (Figura 31) delle leggere differenze rispetto ad A. Infatti, a T1 (post, nel grafico) la forza migliorava per poi esaurirsi rapidamente. A T2 invece (after) quindi 24 ore dopo vi è un incremento della media dei picchi rispetto a T0 che diminuisce dal terzo colpo in poi. Gruppo B T2 T1 T0 49 Figura 31 5. Discussione 5.1 Limiti dello studio Potenza statistica- La numerosità del campione è stata limitata da problematiche tecnico-organizzative e dai tempi ristretti, che hanno prevalso sulla valutazione della potenza statistica necessaria allo studio: ciò non ha permesso di raggiungere una numerosità campionaria sufficiente a garantire potenza statistica. Questo studio dovrà essere ampliato reclutando un numero maggiore di soggetti in modo raggiungere un’adeguata potenza statistica. Omogeneità tra i gruppi -I due gruppi presi in considerazione non sono risultati omogenei dal punto di vista statistico per quanto riguarda il valore medio dell’altezza, della lunghezza della tibia e soprattutto della forza iniziale misurata sia in isometrica che con l’ausilio della macchina isocinetica. I due gruppi a T0 non erano omogenei e questo ha inficiato i risultati ottenuti quindi a volte le differenze trovate non sono risultate diverse significativamente proprio perché si è partiti da due gruppi disomogenei e questo purtroppo non ha permesso di concludere in modo completo lo studio. Rilevazione del dolore- La VNS numerica è una scala, simile alla VAS, largamente utilizzata per rilevare l’intensità del dolore con un valore (compreso tra 0 e 10) espresso verbalmente dal paziente. Nonostante la VNS abbia diversi pregi, tra cui la semplicità, la ripetibilità nel tempo e l’indipendenza dal linguaggio, comporta anche alcuni svantaggi: infatti, è una scala che tratta l'esperienza del dolore come se fosse monodimensionale ed evidenzia l'intensità senza riguardo per altri fattori (ad esempio quelli psicologici); 50 poiché la percezione del dolore si modifica nel tempo, fornisce risultati più attendibili quando è limitata all'esperienza del dolore in corso, piuttosto che al ricordo di un'esperienza precedente. Da ultimo, va sottolineato che la percezione del dolore e della fatica è soggettiva, così come lo sono i limiti che descrivono gli estremi assoluti: sebbene "l'assenza di dolore" o "il sollievo completo" siano una misura assoluta, l'altro estremo, "il peggiore dolore immaginabile", è ancora una volta dipendente dallo stato psicologico momentaneo del soggetto e non lascia spazio a un dolore peggiore in un momento successivo. Studio non in cieco- Uno studio clinico viene solitamente eseguito “in cieco” per ridurre il rischio di “vizi di osservazione”, presenti quando l’investigatore che valuta le misure di effetto, conosce l’intervento somministrato ai soggetti partecipanti. Questo mascheramento può includere sia i partecipanti allo studio sia gli investigatori. In questo caso specifico, i soggetti non sapevano gli effetti che un determinato protocollo avrebbe prodotto; non sono state date indicazioni ai soggetti di diversità di efficacia dei due protocolli. L’operatore invece era a conoscenza dell’effetto che avrebbe potuto dare uno gruppo rispetto all’altro Minor danno agli arti inferiori -Uno studio di Athanasios Z. (2005) mostrava che lo stesso protocollo di esercizio in eccentrica (75% della massima contrazione volontaria) sottoposto ai muscoli estensori del ginocchio e ai flessori del gomito, produceva risultati diversi. I muscoli dell’arto superiore perdevano il 20% di picco di tensione sviluppato in eccentrica rispetto al 5% perso dagli estensori di ginocchio. Il risultato riportato da Athanasios conferma quindi l’ipotesi che il quadricipite è un muscolo più difficile da “stressare” e questo può essere un 51 motivo per cui il deficit muscolare, dopo l’esercizio in eccentrica da noi proposto, non sia risultato così marcato. 5.2 Sviluppi futuri In futuro, sarebbe opportuno aumentare la numerosità del campione per raggiungere un’adeguata potenza statistica e avere un campione omogeneo per quanto riguarda la massima forza esprimibile. Sarebbe opportuno verificare se un tipo di protocollo in eccentrica porta, entro 4 settimane, a delle modificazioni reali sul trofismo, sulla forza e sulla lunghezza muscolare. Sarebbe utile capire se in seguito a contrazione eccentrica, è sempre presente danno muscolare e se il danno indotto è proporzionale alla forza acquisita con un determinato allenamento. Inoltre, capire se, cambiando i parametri del carico sottoposto a 95%, 100%, o 120%, esiste un limite entro al quale vi è un deficit maggiore. 52 6. CONCLUSIONI Lo scopo del presente studio è stato quello di studiare la relazione tra il danno muscolare indotto da contrazione eccentrica e le differenti lunghezze di partenza del muscolo quadricipite. Purtroppo, i due gruppi di studio A e B non sono risultati omogenei, rispetto ai valori medi di forza, compromettendo in parte lo studio. Non è stato possibile infatti, avere dei dati statisticamente significativi per quanto riguarda la diversa lunghezza muscolare di partenza. Il deficit muscolare, che noi ipotizzavamo essere maggiore nel gruppo B, non è stato registrato anzi si è verificato un incremento delle performance sia in isometria che con il test isocinetico. B A Figura 32: Differenza di tendenza delle medie dei picchi nelle tre fasi Nella Figura 32, è possibile analizzare il diverso comportamento dei due gruppi. Il danno muscolare e il relativo deficit muscolare, da noi ipotizzato, non è rilevabile 53 né nel gruppo A né nel gruppo B perché, sebbene vi sia un decremento di forza in A, il giorno dopo la forza non rimane tale ma aumenta. Ciò presuppone che il decremento di forza possa essere dovuto alla fatica e non ad un danno a livello dei sarcomeri. Il gruppo A è risultato in media più forte a T0 e quindi, probabilmente, nonostante la randomizzazione, è quello che ha raccolto soggetti più allenati; quindi è possibile supporre che a T0 sia stato maggiormente pronto ad esprimere maggiore forza. A T1, si ha un decremento, dato verosimilmente dalla fatica, che è evidenziabile dal 3° picco in poi. A T2, però i soggetti hanno recuperato la fatica e spingono di più; questo potrebbe essere dovuto ad una riorganizzazione neuromuscolare che l’esercizio del giorno prima potrebbe avere stimolato. Il gruppo B, invece, è meno forte e probabilmente meno allenato di A e non esprime il massimo della performance a T0, sentendo la fatica visto che al 4° colpo c’è un brusco decremento della performance. Al 5° colpo però si nota un recupero della forza dovuto forse al fatto che i soggetti s’accorgono che possono spingere di più. A T1, dopo il protocollo di eccentrica, i soggetti esprimono una performance migliore data, forse, dal miglior reclutamento ma poi si nota la fatica soprattutto negli ultimi colpi. Il giorno dopo anch’essi molto probabilmente subiscono una possibile riorganizzazione a livello neuromuscolare, che porta a un maggior reclutamento delle fibre come confermato da una media di picchi massimi più alta rispetto a T0. 54 Allegato 1 QUESTIONARIO Soggetto____________________________________ Età__________ Sesso________ Altezza_______ Peso_________ Traumi arti inferiori__________________ Interventi chirurgici arti inferiori___________________ LBP________ Volume muscolare Lunghezza tibia Nota: Protocollo da full ext a 45° flex E da 45 flex a 90 flex Baecke, questionario sull’attività fisica abituale 1) Per favore segnare una sola risposta, quella che è la più adatta alla vostra situazione. ATTIVITA’ LAVORATIVA Qual è la tua principale occupazione?(specificare)_________________________________ a) Basso livello: lavoro d’ufficio o impiegato, autista, negoziante, insegnante, studente... b) Medio livello: operaio, idraulico, carpentiere, artigiano... c) Alto livello: scaricatore di porto, muratore... 2) Al lavoro sto seduto: Mai Raramente Qualche volta Spesso Sempre 3) Al lavoro sto in piedi: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso e) Sempre 4) Al lavoro cammino: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso e) Sempre 5) Al lavoro sollevo carichi pesanti: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso e) Sempre 6) Dopo il lavoro sono stanco: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso 55 e) Sempre 7) Al lavoro sudo: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso e) Sempre 8) Comparandomi con altre persone della mia stessa età, penso che il mio lavoro sia di tipo fisico: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso e) Sempre 9) Pratichi sport? a) Sì b) No ATTIVITA’ SPORTIVA 10) Se sì, per favore specifica lo sport principale praticato:______________________________ a) Come valuteresti il livello di intensità dello sport principale da te praticato? a) Basso b) Moderato c) Alto b) Quante ore ha settimana lo pratichi? a) Meno di 1 b) 1-2 c) 2-3 d) 3-4 e) Più di 4 c) Durante quanti mesi all’anno pratichi questo sport? a) Meno di 1 b) 1-3 c) 4-6 d) 7-9 e) Più di 9 11) Pratichi un secondo sport? (Si/No)_________ 12) Se si per favore specifica quale: ____________________________________________ a) Come valuteresti il livello di intensità della seconda attività sportiva da te praticata? a) Basso b) Moderato c) Alto b) Quante ore a settimana lo pratichi? a) Meno di 1 b) 1-2 c) 2-3 d) 3-4 e) Più di 4 c) Durante quanti mesi all’anno pratichi questo sport? a) Meno di 1 b) 1-3 c) 4-6 d) 7-9 e) Più di 9 56 13) Comparandomi con altre persone della mia stessa età, penso che la mia attività fisica durante il tempo libero sia: a) Di molto maggiore b) Maggiore c) La stessa d) Minore e) Di molto minore 14) Durante il tempo libero sudo: a) Molto spesso b) Spesso c) Qualche volta d) Raramente e) Mai 15) Durante il tempo libero pratico sport: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso e) Molto spesso ATTIVITA’ NON SPORTIVE DURANTE IL TEMPO LIBERO 16) Durante il tempo libero guardo la TV: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso e) Molto spesso 17) Durante il tempo libero cammino: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso e) Molto spesso 18) Durante il tempo libero vado in bicicletta: a) Mai b) Raramente c) Qualche volta d) Spesso e) Molto spesso 19) Quanti minuti cammino e/o pedalo al giorno per recarmi al lavoro, a scuola, e a fare compere? a) Meno di 5 b) 5-15 c) 15-30 d) 30-45 e) Più di 45 Consenso al trattamento dei dati personali e sensibili ai sensi nuovo T.U. Privacy (D.Lgs. 196/03). Il D.Lgs n. 196/2003 in merito al trattamento dei dati personali prevede che gli interessati siano correttamente informati in merito al trattamento dei dati. Pertanto si informa che: 1) I dati vengono raccolti con esclusiva finalità di studio scientifico. 2) I dati raccolti verranno utilizzati solo nell’ambito dello studio in oggetto Acquisite le informazioni fornite dal titolare del trattamento ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003 e consapevole che l’utilizzo dei dati sarà volto ai soli fini dello studio. Presto il mio consenso per il trattamento dei dati necessari allo svolgimento delle operazioni indicate. DATA: ____/_____/2008 FIRMA __________________________ 57 DATI DOLORE E FORZA PREVALUTAZIONE FATICA INIZIO __ 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 3 4 5 6 7 8 9 10 DOLORE INIZIO __ 0 1 2 FORZA 90° PROVA 1 PROVA 2 PROVA3 FORZA 45° PROVA 1 PROVA 2 PROVA3 FATICA DOPO ISOCINETICA__ 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 4 5 6 7 8 9 10 4 5 6 7 8 9 10 4 5 6 7 8 9 10 4 5 6 7 8 9 10 4 5 6 7 8 9 10 DOLORE DOPO ISOCINETICA __ 0 1 2 3 FATICA prima ECCENTRICA __ 0 1 2 3 DOLORE prima ECCENTRICA __ 0 1 2 3 FATICA DOPO ECCENTRICA __ 0 1 2 3 DOLORE DOPO ECCENTRICA __ 0 1 2 3 FORZA 90° PROVA 1 PROVA 2 PROVA3 FORZA 45° PROVA 1 PROVA 2 PROVA3 FATICA DOPO ISOCINETICA 2 __ 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 5 6 7 8 9 10 DOLORE DOPO ISOCINETICA 2 __ 0 1 2 3 4 58 FOLLOW-UP DAY AFTER FATICA INIZIO 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 2 3 4 5 6 7 8 9 10 DOLORE INIZIO 0 1 FORZA 90° PROVA 1 PROVA 2 PROVA3 FORZA 45° PROVA 1 PROVA 2 PROVA3 FATICA DOPO ISOCINETICA 4 __ 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 4 5 6 7 8 9 10 DOLORE DOPO ISOCINETICA 4 0 1 2 3 59 Bibliografia 1. 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