400 IL SISTEMA RESPIRATORIO o FIGURA 9.17 Superfici di scambio dei gas respiratori nelle tartarughe marine. Con la testa fuori dall’acqua o durante la deposizione delle uova, le tartarughe marine assumono ossigeno dall’aria attraverso i polmoni. Durante le immersioni, tuttavia, l’ossigeno può essere prelevato dall’acqua, assunta dal naso o dalla bocca, che raggiunge la faringe ricoperta da un epitelio vascolarizzato. Le papille esofagee impediscono che l’acqua assunta per estrarre ossigeno o quella ingerita con gli alimenti entri nell’esofago e nelle vie aeree. In alternativa, per estrarre ossigeno dall’acqua alcune specie di tartarughe possono utilizzare le borse cloacali che, essendo molto vascolarizzate come le branchie, assorbono l’ossigeno contenuto nell’acqua pompata all’interno della cloaca. 9.2.2 Animali a respirazione aerea La colonizzazione dell’ambiente terrestre ha imposto nuove sfide evolutive alla respirazione esterna. Come abbiamo visto nel Capitolo 1, l’aria è molto meno viscosa dell’acqua e quindi è necessario un minore dispendio energetico per portarla alle superfici di scambio respiratorio. Inoltre contiene molto più O2 di qualsiasi massa d’acqua. Queste caratteristiche chimico-fisiche dell’aria hanno due implicazioni molto importanti per il trasporto di massa e la diffusione. Negli animali a respirazione aerea, un efficiente trasporto di massa è meno necessario. Per esempio, negli insetti di piccole dimensioni il rinnovamento dell’aria contenuta nelle loro trachee è demandato alla semplice diffusione e ai normali movimenti del corpo. Inoltre nei vertebrati terrestri, come per esempio i rettili e i mammiferi, è più comune la semplice ventilazione a flusso bidirezionale, che è meno efficiente rispetto a quella a flusso unidirezionale. Queste non sono comunque regole universali in quanto è noto che gli insetti di grosse dimensioni hanno evoluto dei sacchi aerei contrattili che potenziano la ventilazione all’interno delle trachee e negli uccelli, che hanno tassi metabolici più elevati degli altri vertebrati, le strutture respiratorie sono organizzate in modo che il flusso di aria sia parzialmente unidirezionale. Per quanto riguarda la superficie attraverso cui avviene lo scambio dei gas respiratori, essa non deve essere necessariamente così ampia come negli animali a respirazione acquatica. Per esempio, alcuni granchi terrestri appartenenti ai generi Scopimera e Dotilla possono assumere O2 attraverso speciali “finestre” coxali e sternali, aree assottigliate della cuticola. Queste superfici respiratorie hanno un’area mino- re rispetto a quella delle branchie dei granchi acquatici, ma sono altrettanto efficienti nello scambio totale dei gas. Ciò nonostante, come si vedrà, gli animali a respirazione aerea più attivi hanno bisogno di ampie superfici respiratorie. Come detto precedentemente, le superfici respiratorie sono tipicamente sottili per facilitare la diffusione. Il problema è che in ambiente aereo possono collassare a causa della gravità se non sono adeguatamente sostenute, ma soprattutto si disidratano facilmente quando sono esposte all’aria. Di conseguenza, negli animali a respirazione aerea le superfici respiratorie devono essere mantenute umide in modo da preservare la loro integrità e funzionalità. Due sono le strategie generalmente adottate: rimanere in condizioni umide o possedere strutture respiratorie coperte o completamente interne, opportunamente inumidite da secrezioni. Gli animali terrestri che utilizzano la prima strategia hanno caratteristiche respiratorie molto simili a quelle dei piccoli animali acquatici, dipendendo in parte dalla respirazione cutanea. Talvolta, alcune regioni della pelle sono ottimizzate per la respirazione. Per esempio, Alma emini, un anellide che vive nelle paludi ipossiche ricche di H2S dell’Africa orientale, trascorre la stagione secca rintanato nel materiale vegetale in decomposizione dove respira aria umida. Durante la stagione delle piogge, poiché l’ambiente locale diventa anossico, questo verme estrude la sua porzione terminale posteriore, appiattita e abbondantemente vascolarizzata, esponendola all’aria che funge da vero e proprio polmone (o Figura 9.18). Le cellule epiteliali della superficie respiratoria, inoltre, sono in stretto contatto con aggregati di batteri endosimbionti che sono deputati alla rimozione dell’H2S con la stessa strategia adottata da mol-