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IL SISTEMA RESPIRATORIO
o FIGURA 9.17 Superfici di scambio dei gas respiratori nelle tartarughe marine. Con la testa fuori
dall’acqua o durante la deposizione
delle uova, le tartarughe marine assumono ossigeno dall’aria attraverso
i polmoni. Durante le immersioni,
tuttavia, l’ossigeno può essere prelevato dall’acqua, assunta dal naso o
dalla bocca, che raggiunge la faringe
ricoperta da un epitelio vascolarizzato. Le papille esofagee impediscono
che l’acqua assunta per estrarre ossigeno o quella ingerita con gli alimenti entri nell’esofago e nelle vie
aeree. In alternativa, per estrarre
ossigeno dall’acqua alcune specie di
tartarughe possono utilizzare le borse cloacali che, essendo molto vascolarizzate come le branchie, assorbono l’ossigeno contenuto nell’acqua
pompata all’interno della cloaca.
9.2.2 Animali a respirazione aerea
La colonizzazione dell’ambiente terrestre ha imposto nuove sfide evolutive alla respirazione esterna. Come abbiamo
visto nel Capitolo 1, l’aria è molto meno viscosa dell’acqua
e quindi è necessario un minore dispendio energetico per
portarla alle superfici di scambio respiratorio. Inoltre contiene molto più O2 di qualsiasi massa d’acqua. Queste caratteristiche chimico-fisiche dell’aria hanno due implicazioni
molto importanti per il trasporto di massa e la diffusione.
Negli animali a respirazione aerea, un efficiente trasporto di massa è meno necessario. Per esempio, negli insetti
di piccole dimensioni il rinnovamento dell’aria contenuta
nelle loro trachee è demandato alla semplice diffusione e ai
normali movimenti del corpo. Inoltre nei vertebrati terrestri, come per esempio i rettili e i mammiferi, è più comune
la semplice ventilazione a flusso bidirezionale, che è meno
efficiente rispetto a quella a flusso unidirezionale. Queste
non sono comunque regole universali in quanto è noto che
gli insetti di grosse dimensioni hanno evoluto dei sacchi
aerei contrattili che potenziano la ventilazione all’interno
delle trachee e negli uccelli, che hanno tassi metabolici più
elevati degli altri vertebrati, le strutture respiratorie sono
organizzate in modo che il flusso di aria sia parzialmente
unidirezionale.
Per quanto riguarda la superficie attraverso cui avviene
lo scambio dei gas respiratori, essa non deve essere necessariamente così ampia come negli animali a respirazione acquatica. Per esempio, alcuni granchi terrestri appartenenti
ai generi Scopimera e Dotilla possono assumere O2 attraverso speciali “finestre” coxali e sternali, aree assottigliate della
cuticola. Queste superfici respiratorie hanno un’area mino-
re rispetto a quella delle branchie dei granchi acquatici, ma
sono altrettanto efficienti nello scambio totale dei gas. Ciò
nonostante, come si vedrà, gli animali a respirazione aerea
più attivi hanno bisogno di ampie superfici respiratorie.
Come detto precedentemente, le superfici respiratorie
sono tipicamente sottili per facilitare la diffusione. Il problema è che in ambiente aereo possono collassare a causa
della gravità se non sono adeguatamente sostenute, ma
soprattutto si disidratano facilmente quando sono esposte
all’aria. Di conseguenza, negli animali a respirazione aerea
le superfici respiratorie devono essere mantenute umide
in modo da preservare la loro integrità e funzionalità. Due
sono le strategie generalmente adottate: rimanere in condizioni umide o possedere strutture respiratorie coperte o
completamente interne, opportunamente inumidite da secrezioni.
Gli animali terrestri che utilizzano la prima strategia
hanno caratteristiche respiratorie molto simili a quelle dei
piccoli animali acquatici, dipendendo in parte dalla respirazione cutanea. Talvolta, alcune regioni della pelle sono
ottimizzate per la respirazione. Per esempio, Alma emini,
un anellide che vive nelle paludi ipossiche ricche di H2S
dell’Africa orientale, trascorre la stagione secca rintanato
nel materiale vegetale in decomposizione dove respira aria
umida. Durante la stagione delle piogge, poiché l’ambiente
locale diventa anossico, questo verme estrude la sua porzione terminale posteriore, appiattita e abbondantemente vascolarizzata, esponendola all’aria che funge da vero e
proprio polmone (o Figura 9.18). Le cellule epiteliali della
superficie respiratoria, inoltre, sono in stretto contatto con
aggregati di batteri endosimbionti che sono deputati alla
rimozione dell’H2S con la stessa strategia adottata da mol-
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