Microsoft Business Intelligence Framework: Analysis - Figure B

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CP pensare–progettare–programmare — n. 137 — luglio-agosto 2004
Microsoft Business Intelligence
Framework: Analysis Services
di Lorenzo Braidi
La visione della Business Intelligence secondo Microsoft ha come cuore i servizi per l’analisi dei dati di SQL Server, che rappresentano il principale strumento per la gestione di database di grandi dimensioni.
Lorenzo Braidi
È responsabile dell’area
Progetti presso la Data
Service Technologies
di Parma. Si occupa
della progettazione e
realizzazione di software Data Based. Tiene
corsi di formazione
professionale sulle problematiche legate ai
database ed alla loro
gestione. Partecipa ai
Beta Test Program delle
nuove funzionalità di
Microsoft SQL Server.
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database
Microsoft Business
Intelligence Framework:
Analysis Services
La visione della Business Intelligence secondo Microsoft ha come cuore i servizi per l’analisi dei dati di
SQL Server, che rappresentano il principale strumento per la gestione di database di grandi dimensioni
di Lorenzo Braidi
A
bbiamo visto nella precedente puntata [3]
come far confluire tutte le informazioni aziendali verso un unico punto di aggregazione e
come creare una base dati sicura ed integrata; di
solito, tuttavia, una base dati contenente tutte le informazioni di cui si necessita è estremamente ricca e complessa e
l’approccio tradizionale risulta essere troppo lento rispetto
alle esigenze di utilizzo.
Se si aggiunge il fatto che un’eventuale applicazione analitica che agisse sulla base dati porterebbe di fatto ad un rallentamento significativo delle altre applicazioni, ci si rende
conto che è necessario trovare una strada alternativa.
Questa strada è rappresentata dai database multidimensionali.
▼ FIGURA 1
Cube editor
Database multidimensionali
Il primo scopo dei database multidimensionali è quello di
semplificare la struttura dei dati per facilitarne la fruizione
da parte degli utenti finali. Possiamo pensare che un ipotetico database relazionale in cui un’azienda tenga traccia
delle sue vendite avrà un certo livello di complessità e non
sarà di facile comprensione, se non da parte del personale
tecnico specializzato.
Sappiamo anche, però, che all’ufficio marketing non
interessa tanto sapere che il database è così complesso perché è stato studiato per garantire la “non ridondanza” delle
informazioni o per ottenere prestazioni di un certo tipo per
applicazioni specifiche; a quell’ufficio serve semplicemente
sapere cosa si è venduto, quando, e a chi! Lo scopo del
nostro database sarà quindi quello di rendere disponibili
all’utente le informazioni relative alle vendite aggregate
per tre semplici informazioni:
• Tempo
• Cliente
• Prodotto
Lorenzo Braidi
[email protected]
È responsabile dell’area Progetti presso la Data Service Technologies
di Parma. Si occupa della progettazione e realizzazione di software
“Data Based”. Tiene corsi di formazione professionale sulle problematiche legate ai database ed alla loro gestione. Partecipa ai Beta
Test Program delle nuove funzionalità di Microsoft SQL Server.
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Il secondo scopo di questo tipo di database è quello di
garantire prestazioni accettabili su moli significative di
dati. Il raggiungimento di questo obiettivo è possibile grazie al fatto che il database multidimensionale provvederà a
calcolare in anticipo tutta una serie di informazioni aggregate, che saranno così immediatamente disponibili nel
momento in cui verranno richieste.
Un database multidimensionale (o OLAP: On Line
Analytical Processing) si compone di Cubi. I Cubi rappresentano per i database OLAP quello che le tabelle sono per
i database relazionali. Un cubo si compone di tre fondamentali elementi:
• Fatti: si tratta delle informazioni che si intende monitorare. I Fatti sono rappresentati da una tabella o da
una vista del database relazionale da cui si parte.
• Misure: sono i dati che si vogliono analizzare ed aggregare. Esse sono rappresentate da una o più colonne
della tabella dei fatti.
• Dimensioni: specificano le modalità di aggregazione
delle informazioni e determinano i criteri con cui sarà
possibile consultare i dati presenti nel database. Le
dimensioni sono di differenti tipologie e sono costituite ciascuna da una o più tabelle (o viste) del database
relazionale di partenza.
Computer Programming • n. 137 - Luglio/Agosto 2004
PROGRAMMING
▼ FIGURA 2
Wizard per l’ottimizzazione dei cubi
conterrà il codice del prodotto venduto che farà riferimento al codice presente sulla tabella “tbAnagProdotti” che
rappresenta la dimensione Prodotti.
Un caso particolare delle dimensioni a stella è rappresentato dalle dimensioni temporali: queste, infatti, sono rappresentate da una sola colonna di una tabella (che può
essere anche quella dei fatti) che deve essere di tipo DATE.
In questo modo la dimensione assumerà automaticamente
tutti i livelli tipici di una data:
•
•
•
•
Il database che si andrà a creare sarà, quindi, una copia
di quello di partenza con le informazioni distribuite in
maniera da garantirne la fruibilità in termini di semplicità
e di prestazioni.
Utilizzando Analysis Services, un cubo può essere creato
utilizzando il Cube Editor (Figura 1) o mediante l’apposito
Wizard. In entrambi i casi le informazioni che si devono
identificare sono le medesime.
• Tabella dei Fatti: Come abbiamo detto, si tratta di una
tabella o di una vista del database di partenza ed è quella su cui risiedono le informazioni che si vogliono analizzare ed aggregare per l’analisi che si sta costruendo. Il
fatto che si possa indicare anche una vista è molto
utile, perché consente di trattare in modo omogeneo
informazioni che risiedono su differenti tabelle, rendendo così possibile confronti più complessi.
• Misure: Le colonne che possono essere scelte come
misure del cubo sono ovviamente solo quelle di tipo
numerico. Il cubo che si crea conterrà i valori di tali
colonne sia in forma di dettaglio, sia in forma già aggregata rispetto alle dimensioni definite.
• Dimensioni: Come detto, le dimensioni rappresentano
i “punti di vista” del cubo ed influenzano le logiche di
aggregazione dei dati. Se per esempio si è scelta come
misura il venduto del giorno e come dimensione il
tempo, il cubo risultante conterrà tutti i dati del venduto dei giorni presenti nel database ed i totali per
mese, per trimestre e così via.
La definizione di una dimensione richiede, oltre all’identificazione della o delle tabelle che la rappresentano, di
specificare i livelli di profondità della stessa. Se per esempio stiamo definendo la dimensione “Prodotto”, dovremo
stabilire che tale dimensione è rappresentata dalla tabella
“tbAnagProdotti” e che i suoi livelli di profondità saranno
rappresentati in ordine dalle colonne “MacroCategoriaProdotto”, “SubCategoriaProdotto” e “Nome prodotto”.
Questo significa che poi potremo accedere ai dati sia a
livello di singolo prodotto, ma anche aggregando per categorie (Sub e Macro).
Le dimensioni possono essere di differenti tipologie, ciascuna delle quali ha caratteristiche che derivano dalla sua
stessa struttura.
Una dimensione a stella è rappresentata da una sola tabella (o vista) che ha un collegamento diretto con la tabella
dei fatti. Tornando al nostro esempio, la tabella dei fatti
Computer Programming • n. 137 - Luglio/Agosto 2004
Anno
Trimestre
Mese
Giorno
Una dimensione a fiocco di neve coinvolge più tabelle legate tra loro. Viene utilizzata quando i dati che identificano i
livelli di profondità della dimensione ed i codici che la
legano alla tabella dei fatti non risiedono sulla stessa tabella. È possibile, mediante la creazione di apposite viste,
ricondurre questo tipo di dimensione alla categoria precedente.
Le dimensioni ricorsive, invece, sono rappresentate da una
sola tabella che ha un riferimento verso se stessa di tipo
ricorsivo. Questo tipo di dimensione è utile per rappresentare strutture gerarchiche tipo “organigramma aziendale” o
situazioni analoghe.
Le dimensioni sono sì una caratteristica dei cubi, ma
mantengono comunque una loro indipendenza: vale a dire
che una dimensione può essere associata ad un numero illimitato di cubi differenti senza che le informazioni in essa
contenute siano duplicate o che sia necessario ripeterne la
definizione.
Gestione di un database OLAP
Come abbiamo detto, i database multidimensionali rappresentano di fatto una copia delle informazioni contenute in un database OLTP (On Line Transactional
Processing).
Per questa ragione è necessario che ogni singolo cubo ed
ogni singola dimensione sia periodicamente “ricalcolata”,
così da acquisire le variazioni che nel frattempo sono state
apportate al database di origine. Se nel momento in cui si
termina la definizione di un cubo e delle sue dimensioni si
tenta di interrogarne il contenuto, si riceverà una segnalazione che riporterà che non è presente alcun dato. Per far
sì che il cubo sia effettivamente utilizzabile è necessario
elaborarlo. Quando si effettua questa operazione per la
prima volta, l’utente è chiamato a definire anche la tipologia di storage che si vuole dare alla struttura appena definita. I cubi possono essere di tre differenti tipologie:
▼ FIGURA 3
DTS: elaborazione dei cubi
49
database
▼ FIGURA 4
Visione tridimensionale dei dati
• MOLAP: database OLAP Multidimensionale. Ha la
caratteristica di duplicare tutte le informazioni presenti nel database relazionale all’interno della propria
struttura e di arricchirle con tutte le possibili aggregazioni già precalcolate. Questo tipo di soluzione garantisce le prestazioni ottimali in termini di tempi di risposta a scapito, però, dell’utilizzo di spazio disco.
• ROLAP: database OLAP Relazionale. Questo tipo di
struttura, non fa altro che definire l’interfaccia di utilizzo per l’utente finale, mentre tutte le informazioni
rimangono nel database di origine. È applicabile esclusivamente a piccolissime moli di informazioni, dal
momento che tutte le aggregazioni vengono calcolate
nell’istante della richiesta da parte dell’utente.
• HOLAP: database OLAP Ibrido. È di fatto la sintesi
dei primi due: tutte le informazioni di dettaglio risiedono nel database relazione di origine, mentre le aggregazioni sono state precalcolate. Rispetto ai database
MOLAP consente un notevole guadagno in termini di
utilizzo dello spazio disco, ma porta un deterioramento
delle prestazioni.
Nelle versioni precedenti a SQL Server 2000, i cubi
MOLAP presentavano grossi inconvenienti con l’aumentare delle informazioni immagazzinate. Tali inconvenienti erano dovuti al fatto che si assisteva ad una progressione geometrica del numero di dati presenti, così da determinare il fenomeno noto con il nome di “Data
Explosion”.
La versione 2000, invece, risolve il problema introducendo la funzionalità di calcolo parziale delle aggregazioni. Questa funzione prevede che non tutte le aggregazioni siano calcolate nel momento dell’elaborazione del
cubo, ma solo quelle ritenute di più comune utilizzo, a
seconda di alcuni parametri richiesti all’utente. In questo
modo, se l’utente finale richiede le aggregazioni che sono
presenti nel cubo, queste gli saranno restituite immediatamente; in caso contrario saranno calcolate al momento
ed aggiunte a quelle presenti.
A parte l’elaborazione iniziale, è anche possibile effettuare una messa a punto delle prestazioni, che consiste nel
ricalcolare il cubo inserendovi le aggregazioni a seconda
delle statistiche di utilizzo della struttura stessa (Figura 2).
La funzione “Ottimizzazione guidata basata sulle statistiche
di utilizzo” permette di:
• Agire su query che hanno tempi di esecuzione superiori ad un valore stabilito;
• Agire su query che vengono richieste con una frequenza superiore alla soglia indicata.
La necessità di ricalcolare periodicamente ed automaticamente i cubi e le dimensioni è risolta dai DTS di SQL
Server (Figura 3).
In essi, infatti, sono presenti due attività specifiche per
l’elaborazione dei database OLAP. È bene specificare che
se si procede al ricalcolo di un cubo, questa operazione non
necessariamente richiede che siano ricalcolate anche tutte
le sue dimensioni.
Nel caso, però, che siano intervenute variazioni anche a
livello di dimensione, questo sarà necessario. Se per esempio, nel ricalcolo del cubo vengono rilevate informazioni
relative ad un cliente che non è presente nella dimensione
apposita, questo determinerà un errore e farà fallire il processo.
Per questo motivo è consigliabile procedere prima al
ricalcolo delle dimensioni e solo successivamente a quello
dei cubi. Nei DTS è anche presente un’attività relativa
all’elaborazione dei modelli di Data Mining. Descriveremo
in seguito il loro utilizzo e significato, per ora basti sapere
che essi sono subordinati ai cubi, pertanto devono essere
ricalcolati solo dopo aver eseguito l’elaborazione dei cubi
stessi.
L’ordine da utilizzare per l’elaborazione degli oggetti dei
DB OLAP risulta quindi essere:
• Dimensioni
• Cubi
• Modelli di Data Mining
Il linguaggio MDX
Per usare un’espressione matematica, l’MDX sta ai database OLAP come l’SQL sta a quelli relazionali. Il linguaggio MDX (Multi Dimensional extension), infatti, è lo strumento da utilizzare per la consultazione delle strutture di
questo tipo di database.
Le query MDX hanno una struttura del tutto simile a
quelle SQL anche se presentano caratteristiche inesistenti
nelle loro “cugine relazionali”.
Per prima cosa l’MDX consente di estrarre le informazioni dandone una visione non solo vettoriale o tabellare, ma
anche tridimensionale o multidimensionale.
▼ FIGURA 5
Editor per le query MDX
• Valutare l’utilizzo di un certo range temporale;
• Valutare l’utilizzo di un determinato utente o gruppo di
utenti;
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Computer Programming • n. 137 - Luglio/Agosto 2004
PROGRAMMING
▼ FIGURA 6
Modelli di Data Mining
L’istruzione
SELECT Venduto ON AXIS (0),
Cliente ON AXIS (1),
Prodotto ON AXIS (2)
FROM NomeCubo
WHERE Anno.2004
estrae una visione tridimensionale (Figura 4) delle informazioni richieste. Le query possono estrarre le informazioni su un numero di assi che può arrivare fino a 256. Al fine
di aumentare la leggibilità delle query che andiamo a scrivere, è possibile nominare i primi 5 assi con la codifica che
il linguaggio offre:
•
•
•
•
•
Asse 0 = COLUMNS
Asse 1 = ROWS
Asse 2 = PAGES
Asse 3 = SECTIONS
Asse 4 = CHAPTER
numero di informazioni che si vogliono estrarre, mentre
nel linguaggio MDX essa assume un significato per certi
aspetti differente. Inserendo una o più restrizioni alla
nostra query, infatti, non andremo ad agire sul numero di
righe, colonne o pagine da estrarre, ma semplicemente sul
numero di aggregazioni che verranno calcolate per la creazione della visione multidimensionale.
Se per esempio estraiamo il venduto (ON COLUMNS)
ed i prodotti (ON ROWS), anche mettendo come clausola restrittiva il fatto che vogliamo solo il venduto del 2004,
otterremo sempre una griglia che riporta come colonna gli
importi e come righe tutti i prodotti presenti nella dimensione apposita.
Le query MDX possono essere specializzate grazie all’utilizzo delle numerosissime funzioni che il linguaggio offre.
Le principali e più utilizzate sono:
SELECT NomeMembro ON COLUMNS...
• Members: estrae tutti i membri di una dimensione;
• Children: estrae tutti i membri figli di un membro di
partenza;
• Crossjoin: estrae tutte le combinazioni tra due dimensioni date;
• Union: somma i valori di due dimensioni;
• Intersect: estrae solo i valori comuni a due dimensioni
date;
• Expect: estrae solo i valori che non trovano corrispondenza in due dimensioni (funzione contraria di
Intersect).
hanno esattamente lo stesso significato. La clausola
WHERE nelle istruzioni SQL ha lo scopo di limitare il
È possibile utilizzare l’MDX editor (Figura 5) per scrivere, validare ed eseguire le query con questo linguaggio. Lo
pertanto le query
SELECT NomeMembro ON AXIS (0)...
e
Computer Programming • n. 137 - Luglio/Agosto 2004
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database
strumento mette a disposizione una serie di facilitazioni
che guidano nella scrittura delle istruzioni, ma mostra limiti tutt’altro che trascurabili. La rappresentazione grafica di
una query con più di 2 dimensioni non è per niente banale, per questo l’MDX editor non esegue questo tipo di
interrogazioni. Tutte le istruzioni che generano risultati a 2
assi vengono eseguite e vengono riportati i risultati in
forma tabellare, mentre quando si superano le 2 dimensioni, l’editor si limita a validare la correttezza sintattica e formale dell’istruzione, ma non è in grado di eseguirla.
Oltre alle interrogazioni, il linguaggio MDX è in grado di
gestire anche le operazioni di DDL (operazioni di definizione della struttura del database) quali la creazione, la
distruzione o la modifica delle dimensioni, dei cubi e degli
altri oggetti del database OLAP. Tenuto conto, però, della
complessità del linguaggio e dell’estrema semplicità di utilizzo delle interfacce di Analysis Manager e dei suoi
Wizard, questa seconda strada è sicuramente preferibile per
la gestione delle strutture OLAP.
Data Mining
Quando la mole di informazioni diventa estremamente
elevata, anche le strutture di tipo OLAP possono risultare
insufficienti per l’individuazione di determinate informazioni. A questo scopo nascono i modelli di Data Mining
(scavare/scovare i dati) che hanno l’obiettivo di analizzare
in maniera sistematica le informazioni per determinarne le
tendenze intriseche.
Analysis Services mette a disposizione dell’utente due
diversi modelli di Data Mining:
• Decision tree: che costruisce un albero su cui suddivide le informazioni presenti nel cubo di partenza;
• Cluster: che suddivide le informazioni in fasce.
La definizione di un modello di DM (anche questa
mediante un semplicissimo Wizard da Analysis Manager)
richiede di selezionare il cubo su cui applicare il modello
stesso e di identificare il dato che si vuole monitorare. Una
volta fatto ciò, sarà il motore analitico dello strumento ad
individuare quali siano le informazioni che influenzano i
diversi valori di tale dato ed a costruire conseguentemente
una struttura ad albero in cui suddividere tutte le informazioni presenti.
L’esempio di Figura 6 riporta un modello Decision Tree
applicato al cubo Sales del database FoodMart2000 (il
“Northwind” di Analysis Services). Tale modello è stato
definito sul dato che identifica la tipologia di carta di credito utilizzata dal cliente per il pagamento.
In prima battuta il motore ha stabilito che il dato che più
di ogni altro ha influenza sulla scelta della carta di credito
è il reddito annuo del cliente (Figura 6.A), ed ha quindi
proceduto a suddividere la totalità dei clienti in fasce. Il
colore dei rettangoli che rappresentano le fasce di reddito
è indicativo della densità della fascia stessa: più il rettangolo è scuro, più la percentuale che vi appartiene è alta.
Se si seleziona una fascia di reddito vengono visualizzate
le percentuali relative alle diverse tipologie di carte utilizzate dal sottoinsieme di clienti rappresentati, così come, se
si seleziona una determinata tipologia di carta, vengono
rielaborate le fasce di reddito a seconda della densità che
hanno in merito a quella singola carta (Figura 6.B).
L’esempio di cui parliamo evidenzia il fatto che i clienti
che appartengono alla fascia di reddito massimo (oltre i
150.000 dollari all’anno) preferiscono la carta Golden. La
cosa interessante è che se si analizza questa fascia reddituale, si nota che essa può essere “esplosa” ad un ulteriore
52
PROGRAMMING
livello di dettaglio che evidenzia due nuove fasce: i clienti
sposati e quelli single (Figura 6.C). L’algoritmo di DM si è
accorto che la scelta della carta di credito dei clienti di
questa fascia è di fatto influenzata dal loro stato civile: i
clienti sposati preferiscono la carta Golden, mentre i single
quella Silver.
Se si esegue la stessa analisi per la fascia di reddito da
10.000 a 30.000 dollari all’anno si nota che questo livello
di dettaglio non è presente in quanto non vi sono altre
informazioni che influiscono in maniera significativa sulla
scelta delle carte.
Come si può intuire dall’esempio riportato, i modelli di
DM sono uno strumento interessantissimo per l’analisi di
grandi moli di dati. Si deve, però, fare particolare attenzione al numero di informazioni su cui essi operano: un
modello Decision Tree applicato ad un numero esiguo di
dati può determinare tendenze che non hanno riscontro
nella realtà, ma che sono il risultato esclusivamente dalla
cattiva scelta del campione. È quindi necessario che il
numero di informazioni a disposizione sia sufficientemente
elevato da garantire un adeguato campione statistico.
L’esempio di cui abbiamo parlato vede la fascia di reddito
“Oltre 150.000 dollari all’anno” composta da un centinaio
di clienti. Questo significa che ogni singolo cliente influisce per l’1% sul risultato. Tale percentuale è troppo elevata perché si possa essere certi dell’analisi effettuata e possiamo dire che se il campione fosse stato composto da 1000
clienti, probabilmente il modello avrebbe dato risultati
diversi e – siamo sul piano delle ipotesi – non avrebbe evidenziato l’ulteriore suddivisione per “stato civile”.
Conclusioni
Analysis Services di Microsoft SQL Server 2000 rappresenta senza dubbio un buon punto di riferimento per la
costruzione di applicazioni per la Business Intelligence: è al
tempo stesso efficace e facile da utilizzare e garantisce sempre solidità e prestazioni soddisfacenti. Nel corso degli anni
questo strumento è maturato notevolmente (abbiamo parlato del performance tuning dei cubi) ed è arrivato ad un
livello di maturità tale da collocarlo come punto di riferimento per le applicazioni del settore.
Microsoft annuncia grosse novità su questo fronte a partire dalla prossima versione di SQL Server (Yukon) che
verrà rilasciata probabilmente a fine 2004 e che porterà un
ulteriore potenziamento delle funzionalità di Business
Intelligence ([4]). Già dalla versione attuale di SQL
Server, però, Microsoft affianca alla potenza di back-end di
Analysis Services la versatilità di Reporting Services che
analizzeremo nella prossima puntata.
BIBLIOGRAFIA & RIFERIMENTI
[1] Robert Vieira, “Professional SQL Server 2000
Programming”, Wrox Press
[2] “Microsoft SQL Server Books on line”, Microsoft
Corporate
[3] Lorenzo Braidi, “Microsoft Business Intelligence
Framework: Data Transformation Services”, Computer
Programming n. 136
[4] Lorenzo Braidi, “Aspettando Yukon…”, Computer
Programming n. 129
CODICE ALLEGATO
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Computer Programming • n. 137 - Luglio/Agosto 2004
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