Università degli Studi di Torino Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea Specialistica in Biotecnologie Mediche Tesi di Laurea Magistrale Nuovo approccio metodologico per la produzione di IgG monoclonali umane per impieghi clinici: anticorpi anti-citomegalovirus Relatore: Prof. Ada Funaro Candidato: Nicola Lo Buono A.A. 2005-06 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione © Copyright Nicola Lo Buono 2007 Created with Micosoft ® Word 2007 Università degli Studi di Torino Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea Specialistica in Biotecnologie Mediche Estratto della Tesi Nuovo approccio metodologico per la produzione di IgG monoclonali umane per impieghi clinici: anticorpi anti-citomegalovirus Candidato: Nicola Lo Buono Relatore: Prof. Ada Funaro Gli anticorpi monoclonali (mAb) sono entrati a far parte della ricerca e della pratica clinica. La prima generazione di mAb era costituita da anticorpi murini ottenuti con la tecnica classica di fusione somatica. L’impiego clinico di anticorpi murini è risultato condizionato dalla loro intrinseca immunogenicità. La disponibilità di varie tecniche molecolari ha consentito di ridurre l’immunogenicità e produrre molteplici generazioni di anticorpi ricombinanti nessuno dei quali assimilabile agli anticorpi generati nel contesto naturale della risposta immune, i quali rappresentano lo strumento terapeutico elettivo. Agli inizi degli anni ‘80 è stato impiegato il virus di Epstein-Barr (EBV) per immortalizzare linfociti B umani e ottenere anticorpi monoclonali. Tale tecnica tuttavia era caratterizzata da bassa efficienza di immortalizzazione, difficoltà di crescita clonale delle cellule immortalizzate e prevalente produzione di IgM, che sono difficilmente trasferibili alla pratica clinica, pertanto è stata accantonata. Il presente studio è consistito nel disegno di una metodologia efficiente e riproducibile per immortalizzare linfociti B umani isolati da individui selezionati, allo scopo di isolare anticorpi per impieghi clinici con caratteristiche sovrapponibili a quelle degli anticorpi naturali. La tecnica sviluppata si basa su una serie di fasi successive che consistono nella selezione della popolazione cellulare di interesse da campioni di sangue periferico e successiva espansione in vitro in condizioni controllate, seguita da immortalizzazione con EBV. Tale tecnica è stata utilizzata per la produzione di anticorpi umani specifici per il citomegalovirus (CMV) utilizzando linfociti ottenuti da un donatore sano iperimmune. La selezione degli anticorpi di interesse è stata effettuata analizzando la reattività dell’intero repertorio immunoglobulinico su proteine virali ottenute da estratto totale di CMV. Al fine di selezionare anticorpi dotati di attività neutralizzante l’infezione, lo screening è stato condotto su gB e gH, due glicoproteine dell’envelope virale che mediano l’ingresso del virus nelle cellule bersaglio. Seguendo tale strategia è stato prodotto un pannello di anticorpi monoclonali umani di classe G specifici per CMV; tra questi due neutralizzano l’infezione virale sia di isolati virali sia di isolati clinici. Anticorpi ottenuti con questo metodo possono costituire il punto di partenza per lo sviluppo di anticorpi ingegnerizzati interamente umani per impieghi clinici. Recentemente il metodo descritto è stato coperto da brevetto internazionale (Patent Cooperation Treaty WO 2007/068758/A1) e gli anticopi prodotti mediante tale metodica sono attualmente in corso di brevettazione per lo sviluppo di kit diagnostici e protocolli terapeutici. Gli anticorpi monoclonali | Introduzione INDICE DEGLI ARGOMENTI Elenco delle figure ..................................................................................... iii Elenco delle tabelle ..................................................................................... v Ringraziamenti............................................................................................ vi 1. Introduzione .......................................................................................... 1 1.1 1.2 1.3 Gli anticorpi monoclonali ............................................................. 1 1.1.1 Metodi convenzionali di produzione di mAb .................... 3 1.1.2 Anticorpi chimerici e umanizzati ......................................... 4 Gli anticorpi monoclonali umani ................................................. 6 1.2.1 La tecnologia del phage-display ........................................... 7 1.2.2 I topi umanizzati .................................................................. 10 1.2.3 Anticorpi umani naturali .................................................... 11 1.2.4 Il virus di Epstein-Barr ....................................................... 11 Applicazioni degli anticorpi monoclonali ................................. 16 1.3.1 Applicazioni diagnostiche ................................................... 16 1.3.2 Applicazioni terapeutiche ................................................... 17 2. Scopo del lavoro .................................................................................. 21 3. Materiali e metodi .............................................................................. 22 3.1 Purificazione dei linfociti B umani............................................. 23 3.2 Selezione dei donatori ................................................................. 24 3.3 Stimolazione delle cellule B in coltura....................................... 24 3.4 Saggio di proliferazione cellulare ............................................... 24 3.5 Analisi citofluorimetrica .............................................................. 25 3.6 Preparazione del virus ................................................................. 25 3.7 Immortalizzazione di linfociti B CD22+ IgG+ ......................... 26 i Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione 3.8 Preparazione delle cellule di supporto (feeder layer) .............. 26 3.9 Caratterizzazione dell‟isotipo...................................................... 26 3.10 Analisi della vitalità ...................................................................... 27 3.11 Clonaggio 3.12 Saggi delle cellule per diluizione ........................................ 27 immunoenzimatici ............................................................. 27 3.13 Saggio di microneutralizzazione ................................................ 29 3.14 Clonaggio e sequenziamento delle regioni variabili delle IgG di interesse .................................................................................... 30 4. Risultati ................................................................................................. 31 4.1 Purificazione linfociti B: confronto CD19+/CD22+ ............... 32 4.2 Stimolazione dei linfociti B ......................................................... 33 4.3 Selezione della popolazione IgM− ............................................. 39 4.4 Preparazione del virus EBV ....................................................... 42 4.5 Infezione delle cellule B con EBV ............................................. 43 4.6 Analisi del repertorio immunoglobulinico ................................ 45 4.7 Anticorpi anti-citomegalovirus ................................................... 46 5. Discussione .......................................................................................... 51 Bibliografia .............................................................................................. 59 ii Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione INDICE DELLE FIGURE Numero Pagina Figura 1: Classi immunoglobuliniche. .......................................................................... 2 Figura 2: Struttura di un‟immunoglobulina ................................................................. 2 Figura 3: Produzione di mAb ........................................................................................ 4 Figura 4: Anticorpo chimerico vs anticorpo umanizzato. .......................................... 5 Figura 5: Principali tappe per la selezione di un fago ................................................ 9 Figura 6: Passato, presente e futuro degli anticorpi monoclonali.......................... 10 Figura 7: Genoma di EBV in forma lineare .............................................................. 12 Figura 8: Genoma del virus di Epstein-Barr in forma circolare ............................ 14 Figura 9: Analisi citofluorimetrica delle cellule purificate ....................................... 32 Figura 10: Effetto di stimoli diversi sulla proliferazione di linfociti B CD22+ .... 34 Figura 11: Effetto di stimoli diversi sulla proliferazione di linfociti B CD22+. ... 34 Figura 12: Effetto sulla proliferazione di linfociti B ................................................ 35 Figura 13: Effetto di concentrazioni crescenti di CpG2006 ................................... 35 Figura 14: Analisi citofluorimetrica delle cellule purificate ..................................... 36 Figura 15: Curva di titolazione di IL-2 ....................................................................... 37 Figura 16: Cinetica della proliferazione di cellule B stimolate ................................ 38 Figura 17: Cinetica dell‟espressione di CD21 sulla popolazione CD22+. ............. 38 Figura 18: Espressione di CD21 su linfociti B CD22+ stimolati .......................... 39 Figura 19: Espressione delle sIgM su linfociti B stimolati ..................................... 40 Figura 20: Analisi della purezza delle cellule CD22+ IgG+ ..................................... 40 iii Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione Figura 21: Espressione delle sIgM su cellule CD22+ IgG+..................................... 41 Figura 22: Immunodiffusione radiale ......................................................................... 41 Figura 23: Effetto dell‟immortalizzazione di linfociti B con EBV ........................ 42 Figura 24: Infezione con EBV in diverse condizioni .............................................. 44 Figura 25: Parametri morfologici e fenotipici della popolazione CD22+ IgG+ .. 44 Figura 26: Rappresentazione schematica dei domini gH e gB ................................... 47 Figura 27: Colorazione immunocitochimica di cellule HELF ............................... 48 Figura 28: Reattività di anticorpi su proteine totali estratte da CMV ................... 49 Figura 29: Sequenza amminoacidica delle IgG del clone 9G8. .............................. 50 Figura 30: Schema ipotizzato nell‟infezione da CMV. ............................................ 55 iv Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione INDICE DELLE TABELLE Numero Pagina Tabella 1: Proteine espresse durante la fase di latenza ....................................13 Tabella 2: Alcuni anticorpi monoclonali introdotti nella pratica clinica. ......19 Tabella 3: Schema riassuntivo dei 3 metodi descritti .......................................45 Tabella 4: Schema riassuntivo dei cloni analizzati............................................47 v Gli anticorpi monoclonali | Introduzione RINGRAZIAMENTI È difficile in poche righe ricordare tutte le persone che, a vario titolo, hanno contribuito a rendere "migliori" questi ultimi anni. Un ringraziamento particolare alla prof. Ada Funaro per l'attenzione con cui ha seguito il mio lavoro, i consigli e gli incoraggiamenti offertimi durante lo svolgimento della tesi. Desidero, in particolare, ringraziare la dott.sa Erika Ortolan per aver esteso ben oltre i confini istituzionali del "consigliere scientifico" il suo appoggio al mio lavoro e tutti i membri del laboratorio di Immunogenetica del prof. Fabio Malavasi. Sarebbe troppo lungo, anche se doveroso, ringraziare tutti quelli che hanno contribuito significativamente ad alcuni dei risultati discussi in questa Tesi, dimostrando sempre disponibilità e simpatia nei miei confronti. Voglio ringraziare anche i miei amici nonché "colleghi" di laurea la cui compagnia ha reso più gradevoli questi anni. Un grazie di cuore soprattutto ai miei genitori ed ai miei parenti più stretti, che hanno sempre mostrato per quello che faccio una fiducia cieca e priva di incertezze, spronandomi sempre ad andare avanti per la mia strada. i Gli anticorpi monoclonali | Introduzione 1 INTRODUZIONE 1.1 Gli anticorpi monoclonali Gli anticorpi, o immunoglobuline (Ig), sono proteine coinvolte nel riconoscimento di sostanze esogene, come batteri o virus [1, 2]. La sostanza che viene riconosciuta e legata dall‟anticorpo è definita antigene. La struttura delle immunoglobuline (Figura 1) consiste di due parti (Figura 2): una porzione che riconosce e lega l‟antigene e un‟altra che media le funzioni biologiche ed è caratteristica della classe dell‟anticorpo, chiamata regione costante poiché è pressoché uguale in tutte le classi di anticorpo [3]. 1 Gli anticorpi monoclonali | Introduzione Figura 1: Classi immunoglobuliniche. Figura 2: Struttura di un‟immunoglobulina Gli anticorpi monoclonali (mAb) sono stati descritti per la prima volta nel 1975 da Köhler e Milstein [4]. La scoperta destò grande entusiasmo, generò notevoli aspettative e cinque anni più tardi fu insignita col premio Nobel per la medicina. Da quel momento il progresso ottenuto mediante l'impiego dei mAb nella conoscenza delle molecole espresse sulla membrana delle cellule (prevalentemente del sistema immunitario) fu 2 Gli anticorpi monoclonali | Introduzione rapidissimo e mise in luce le potenzialità dei nuovi reagenti per applicazioni diagnostiche e terapeutiche. L'interesse dei ricercatori e dell'industria biotecnologica si indirizzò subito verso applicazioni in campo oncologico, in quanto i mAb presentavano caratteristiche ideali per quest'impiego. L'idea di base si articola in due fasi: dapprima i mAb dovevano essere usati in vitro per individuare marcatori specifici contro bersagli neoplastici, poi in vivo per veicolare farmaci o radiazioni sui tumori, lasciando intatte tutte le cellule normali mancanti del marcatore di malignità. La previsione di rivoluzionari immediati cambiamenti in terapia oncologica risultò troppo ottimistica e apparve chiaro che il trasferimento della nuova tecnologia alla pratica clinica sarebbe stato lungo e difficile. I limiti del disegno sperimentale erano duplici: da una parte il mAb è una proteina murina di 150 kDa, ingombrante, con tendenza ad aderire a vari recettori ed immunogenica. Dall'altra parte vi era il problema dei bersagli, idealmente costituiti da antigeni tumorali, ma rivelatosi inizialmente aleatorio. Entrambi questi aspetti influenzavano in modo determinante la distribuzione e la farmacocinetica dei mAb in vivo ed erano causa di gravi effetti collaterali. 1.1.1 Metodi convenzionali di produzione di mAb La produzione di anticorpi monoclonali avviene secondo tappe sequenziali, riportate in figura 3. La generazione di cellule secernenti anticorpi monoclonali convenzionali si basa sul modello murino e consente la produzione di cellule immortali (ibridomi) secernenti anticorpi con specificità predeterminata [5]. Uno dei principali limiti per l‟impiego clinico dei monoclonali murini è rappresentato dalla loro intrinseca immunogenicità, infatti il sistema 3 Gli anticorpi monoclonali | Introduzione immune umano riconosce gli anticorpi murini come estranei e scatena una risposta immune specifica che limita somministrazioni ripetute dell‟anticorpo. Figura 3: Produzione di mAb 1.1.2 Anticorpi chimerici e umanizzati Al fine di soddisfare le esigenze cliniche, la naturale evoluzione degli ibridomi murini era la produzione di ibridi somatici umani teoricamente ottenibili con il semplice trasferimento della tecnica da una specie all'altra [6, 7]. Nella realtà il processo non è stato realizzabile per diverse ragioni 4 Gli anticorpi monoclonali | Introduzione tra le quali l'indisponibilità di linee di mieloma umano con caratteristiche idonee. I limiti derivati dalla natura murina dei mAb sono stati superati smontando l'immunologlobulina murina, conservando le regioni variabili murine ma utilizzando sequenze umane per la parte costante, ottenendo così un anticorpo chimerico meno immunogenico, più adatto per impieghi in vivo [8]. A B Figura 4: Anticorpo chimerico (A) vs anticorpo umanizzato (B). La prima generazione di anticorpi umanizzati è rappresentata dai mAb chimerici, costituiti dalla fusione molecolare della regione variabile del mAb murino con la regione costante di una IgG umana [9]. La molecola ibrida è risultata meno immunogenica del mAb di partenza (la porzione murina rappresenta circa il 5% della molecola) e più efficiente nell‟interazione con il sistema immune umano, grazie alla presenza di un dominio Fc di origine umana [10]. Gli impieghi clinici dei mAb chimerici hanno tuttavia evidenziato ancora un effetto antigenico, imputabile alla regione variabile murina. La componente murina è stata ulteriormente ridotta nei reshaped antibodies [11]. La struttura modulare delle Ig ne ha consentito il rimodellamento: soltanto le regioni di complementarietà responsabili della specificità (di derivazione murina) sono stati introdotti nel framework di una Ig umana. 5 Gli anticorpi monoclonali | Introduzione Questa tecnica, pur con l'aggravio di una complessità di fondo, ha permesso di produrre numerosi reagenti impiegati in terapia con risultati soddisfacenti [12]. Il problema maggiore incontrato nella costruzione dei reshaped antibodies ha riguardato la conservazione della corretta specificità. Infatti, non è risultato sufficiente mettere insieme le sequenze murine di complementarietà (complementary-determining regions, CDRs) nel contesto della struttura portante (framework) della Ig umana per mantenere la specificità di legame originaria. È noto infatti che la porzione monomorfica murina contiene alcuni residui che risultano determinanti per il mantenimento della conformazione dei CDRs e conseguentemente della specificità di legame. Sistemi di modellistica molecolare hanno consentito di risolvere questo problema e di disegnare anticorpi con specificità conservata [13]. 1.2 Gli Anticorpi Monoclonali Umani Nel 1985 Smith dimostrò che il genoma del fago filamentoso M13 poteva essere modificato in modo da ottenere particelle fagiche che esprimessero sulla loro superficie sequenze peptidiche esogene [14]. Questa osservazione ha costituito il punto di partenza per lo sviluppo della tecnologia del phage-display [15], impiegata per un‟ampia gamma di ligandi, tra cui peptidi [16], frammenti di anticorpi [17], enzimi [18], inibitori di proteasi [19], fattori di trascrizione [20], librerie di cDNA [21], citochine [22] e domini extra-cellulari di recettori [23]. 6 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione 1.2.1 La tecnologia del phage-display La disponibilità della tecnologia del phage-display ha consentito di ottenere anticorpi monoclonali interamente umani. L'attuale tecnologia si basa sulla costruzione di genoteche combinatoriali (Figura 5) in cui ciascun clone contiene le sequenze codificanti le regioni variabili della catena pesante (H) e della catena leggera (L). Quando la regione variabile della catena H e della catena L sono clonate accoppiate e unite da una sequenza legante, il prodotto che si ottiene è una molecola Fv single chain. Una molecola Fab si può ottenere clonando l'intera catena L e una porzione della catena H, che include la regione variabile e il primo dominio della regione costante. La tecnologia del phage-display è attualmente il metodo più diffuso per selezionare frammenti anticorpali ricombinanti con elevata affinità. Questi possono essere ottenuti utilizzando genoteche provenienti da donatori precedentemente immunizzati, oppure partendo da un repertorio di Ig native (non somaticamente mutate). In quest'ultimo caso è possibile incrementare l'affinità delle molecole ricombinanti impiegando tecniche di biologia molecolare in vitro, quali l'error-prone PCR [24] e l'impiego di particolari ceppi di E. coli che inducono mutazioni, il chain shuffling [25]. Nonostante queste manipolazioni, la Ig ha sempre costituito il paradigma di riferimento per progettare molecole ricombinanti per impiego terapeutico: pertanto il disegno di molecole innovative è stato tracciato mantenendo alcune caratteristiche intrinseche determinanti, quali l'avidità e la flessibilità della molecola originaria. Un'avidità elevata e al tempo stesso ridotte dimensioni si sono ottenute legando chimicamente frammenti Fab a formare dimeri o polimeri. 7 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione I complessi così ottenuti sono caratterizzati da buona capacità di legame e di penetrazione, oltre che da una lenta eliminazione renale. I frammenti Fv hanno caratteristiche ideali per penetrare nei tessuti, ma presentano bassissima avidità in quanto monovalenti. Per migliorare l‟efficacia, frammenti Fv monomerici sono stati complessati in gruppi di due o più attraverso sequenze leganti, in modo da ottenere molecole dimeriche, trimeriche o tetrameriche (diabodies, triabodies o tetrabodies) [26]. I dimeri ottenuti con questa tecnica sono risultati più efficienti di quelli ottenuti con legami disolfuro e capaci di penetrare meglio e più rapidamente nel tessuto tumorale rispetto ai frammenti F(ab)2 [27]. La medesima tecnica consente di legare due o più frammenti Fv specifici per due o più epitopi di una stessa molecola o di molecole diverse, ottenendo molecole ricombinanti bispecifiche (bispecific diabodies) [28]. Anticorpi ricombinanti bispecifici possono essere costituiti dall'unione di un frammento Fv con una proteina di diversa natura (ad esempio, tossine, farmaci, enzimi o altro) giungendo così alla sintesi di nuovi immunofarmaci. 8 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione Figura 5: Principali tappe per la selezione di un fago. Frammenti scFv espressi sulla superficie del fagoM13 come prodotti di fusione con la proteina capsidica pIII. 9 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione 1.2.2 I topi umanizzati Un‟altra tecnologia per la produzione di monoclonali umani, descritta per la prima volta da Nils Lonberg nel 1993, si basa sull‟impiego di topi transgenici, il cui repertorio immunoglobulinico è stato silenziato e sostituito dai geni codificanti le ragioni variabili di IgG umane [29]. La strategia alla base di tale metodo sfrutta la produzione di anticorpi monoclonali umani (HuMAb) mediante la tecnica convenzionale di fusione somatica [30]. Una trentina di anticorpi prodotti con questo sistema sono in fase di sviluppo clinico e 5 in trial clinico di fase III [29]. Figura 6: Passato, presente e futuro degli anticorpi monoclonali 10 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione 1.2.3 Anticorpi umani naturali Gli anticorpi prodotti impiegando topi transgenici sono umani in quanto codificati da geni delle immunoglobuline umane, ma non sono rappresentativi della risposta immune umana bensì della risposta immune murina verso antigeni umani. Uno dei principali limiti del phage-display è che tutte le proteine espresse devono essere processate e trasportate nel periplasma, devono quindi passare la membrana batterica prima dell'assemblaggio e della secrezione. Alcune proteine, date le loro dimensioni molecolari, non sono compatibili con questo processo. Al fine di ottenere anticorpi terapeutici rappresentativi del repertorio immunoglobulinico umano, anticorpi monoclonali umani (HuMAb) sono stati prodotti mediante trasformazione di linfociti B normali in linee cellulari immortalizzate con il virus di Epstein-Barr (EBV). 1.2.4 Il virus di Epstein-Barr L‟EBV, agente eziologico della mononucleosi infettiva [31], ha la capacità di infettare linfociti sia in vitro che in vivo inducendo una trasformazione neoplastica [32, 33]. L‟EBV appartiene alla sottofamiglia dei gamma-herpesviridæ del genere linfocripto-virus ed ha una specificità tissutale ristretta alle cellule B del sistema immunitario e alle cellule epiteliali dei primati. Il suo genoma è costituito da una molecola di DNA lineare a doppio filamento di 172 kb: 5kbp di sequenze ripetute terminali (TR) e numerose sequenze ripetute interne (IRs) separate da tratti unici (Figura 7). Le sequenze ripetute sono utilizzate per identificare i differenti ceppi e si mantengono costanti in ogni ceppo in seguito a passaggi seriali in coltura. 11 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione Esistono due sottotipi di virus di Epstein-Barr A e B, o EBV-1 e EBV-2, che presentano significative differenze nella sequenza e sono caratterizzati da una diversa capacità di trasformare le cellule B. Figura 7: Genoma di EBV in forma lineare Le particelle virali di herpes virus contengono un DNA lineare, che viene rapidamente circolarizzato all‟interno della cellula infettata. La forma circolare del genoma è competente per la replicazione [34]. EBV infetta in maniera latente le cellule B in fase mitotica e il suo genoma viene conservato in episomi a copia multipla. Nell'uomo l'infezione inizia a livello delle cellule epiteliali dell'orofaringe (permissive alla replicazione virale). Successivamente i linfociti B, che migrano attraverso la mucosa, vengono infettati dal virus. L'ingresso del virus nella cellula è mediato dalla molecola CD21, recettore del C3d del sistema del complemento. Il legame è mediato dalla glicoproteina virale gp350/220, espressa sul pericapside di EBV. Molecole gp350/220 multiple determinando l‟aggregazione (patching) di CD21 e in seguito la polarizzazione (capping) dei complessi ligando-recettore consentendo la fusione dell'involucro virale con la membrana plasmatica e conseguente liberazione del genoma virale nel citosol [35]. Studi indipendenti suggeriscono che i linfociti B forniscono fattori specifici necessari all'espressione dei geni di fase latente. L‟EBV induce l‟attivazione dei linfociti B e conseguente differenziamento accompagnato da sintesi di immunoglobuline e proliferazione [36]. Inoltre, le cellule trasformate da EBV possono produrre fattori autocrini che partecipano ad 12 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione un circuito autostimolatorio. LP. La trascrizione dei geni di fase latente inizia dal promotore situato nell‟IR1 del genoma virale. I trascritti risultanti subiscono un ampio splicing e possono essere bi- o policistronici. I trascritti policistronici condividono la capacità di codificare per la proteina “leader” (LP). Proteina Significato EBER1 e EBER2 Brevi RNA non poliadenilati trascritti dalla RNA polimerasi III EBNA1, 2, 3A, 3B e 3C Antigeni nucleari del virus di Epstein-Barr LP Proteina Leader LMP1 Proteina latente di membrana 1 LMP2 (A&B) Proteina terminale Tabella 1: Proteine espresse durante la fase di latenza In alcune cellule che ospitano EBV allo stato latente, come le cellule di linfoma di Burkitt e le cellule di carcinoma nasofaringeo, alcuni di questi geni possono non essere espressi. EBNA1. Questa proteina lunga 641 aminoacidi con massa molecolare di 76 kDa, è associata ai cromosomi mitotici e lega il genoma di EBV in tre siti: riconosce una particolare sequenza di DNA parzialmente palindromica e lega siti localizzati nella regione oriP (origine di replicazione plasmidica). oriP contiene 20 sequenze ripetute di 30bp e una sequenza palindromica 1 kb a valle. Un terzo sito di legame è localizzato nel frammento di restrizione BamA R (Figura 8) . Il legame di EBNA1 a oriP è essenziale per il manteni-mento del DNA di EBV in episomi nelle cellule infettate. EBNA1 può anche 13 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione funzionare come transattivatore, poiché le sequenze ripetute contengono un potente enhancer. Inoltre l‟associazione di EBNA1 con la cromatina cellulare e la sua abbondanza nel nucleo suggeriscono che possa avere ulteriori funzioni [37]. Geni di latenza Figura 8: Genoma del virus di Epstein-Barr in forma circolare EBNA2. È essenziale per la trasformazione cellulare: i ceppi di EBV in cui EBNA2 è deleto non sono più in grado di trasformare cellule B. EBNA2 è un attivatore trascrizionale di geni virali (LMP1 e LMP2) e cellulari (CD23, CD21, c-fgr); esso non può legare il DNA direttamente, ma si associa con proteine cellulari che hanno tale proprietà [38]. 14 Gli anticorpi monoclonali umani | Introduzione EBNA-3A-3B-3C. Si conosce molto poco delle caratteristiche biochimiche o biologiche di queste proteine. Le loro dimensioni variano da 900 a 1.000 aminoacidi. EBNA-LP. È codificata dalla sequenza leader degli RNA EBNA. Varia in lunghezza tra i differenti ceppi a causa del numero variabile di copie di IR1 [39]. LMP1. È una proteina integrale di membrana con sei domini transmembrana. È coinvolta nella trasformazione cellulare. Probabilmente utilizza la via di trasduzione del segnale del TNF [40]. LMP2 (A&B). Sono proteine integrali di membrana con 12 domini transmembrana. Le due proteine differiscono solo per la porzione aminoterminale, essendo una 116 aminoacidi più corta dell‟altra. Queste proteine sono conosciute anche come TP1 eTP2 (proteine terminali) poiché l‟RNA che le codifica comprende gli estremi legati del genoma di EBV [41]. EBERs. Questi piccoli RNA non poliadenilati non codificanti sono sintetizzati dalla RNA polimerasi III. Sono simili agli RNA dell‟adenovirus VA, ma non è noto se vi sia un‟omologia funzionale. Gli EBER sono gli RNA più abbondanti nelle cellule infettate latentemente. Sembra siano complessati con una proteina cellulare (La), che potrebbe essere coinvolta nello splicing dei trascritti primari. È stato proposto che esse possano regolare alcuni degli splicing complessi dei prodotti di infezione latente di EBV. Sfortunatamente la delezione dei geni EBER non influenza la crescita del virus in coltura [42]. 15 Applicazioni degli anticorpi monoclonali | Introduzione 1.3 Applicazioni degli anticorpi monoclonali Dal momento della loro scoperta, i mAb hanno trovato largo impiego nella ricerca di base, come sonde analitiche e nella diagnostica, dove sono diventati rapidamente strumento insostituibile. Il progresso ottenuto mediante l'impiego di anticorpi monoclonali nella conoscenza delle molecole espresse sulla membrana delle cellule (prevalentemente del sistema immune) è stato rapidissimo e ha messo in luce le potenzialità di tali reagenti per applicazioni terapeutiche. 1.3.1 Applicazioni diagnostiche La capacità degli anticorpi di legare selettivamente specifici epitopi, siano questi radicali chimici, carboidrati, proteine o acidi nucleici è stata largamente utilizzata negli anni dimostrando le potenzialità di queste molecole, sia nel campo della ricerca sia nella pratica clinica. Le applicazioni includono analisi quantitative e/o qualitative per: quantificare una sostanza in una soluzione, in una cellula, in un tessuto o in un organismo e definirne la distribuzione purificare antigeni, molecole antigene-associate o cellule che esprimono l‟antigene d‟interesse mediare e/o modulare funzioni cellulari 16 Applicazioni degli anticorpi monoclonali | Introduzione I saggi biologici basati sull‟impiego di anticorpi sono tra i più diffusi strumenti diagnostici e rappresentano un settore in rapido sviluppo nel campo delle tecnologie per l‟analisi delle biomolecole. Uno dei primi saggi diagnostici basati sugli anticorpi è stato il binding competitivo, con l‟impiego di marcature radioattive [43] o, più di recente, enzimatiche [44]. Queste tecniche hanno aperto la strada ad una rapida espansione nel campo della ricerca biomedica e della chimica clinica. In passato, la maggior parte dei saggi di questo tipo era basata sull‟impiego di antisieri ottenuti da animali immunizzati, che, in virtù della loro natura policlonale, erano caratterizzati da elevata specificità. Lo scenario è cambiato radicalmente con la scoperta dei mAb e la concreta possibilità di sviluppare anticorpi per uso terapeutico è diventata una priorità [45]. L‟avvento degli anticorpi monoclonali ha permesso per la prima volta di considerare l‟anticorpo come un reagente chimico e non solo un prodotto biologico. Già negli anni „90 gli anticorpi monoclonali avevano conquistato uno spazio importante del mercato dei prodotti diagnostici, spazio che è andato progressivamente crescendo [46]. 1.3.2 Applicazioni terapeutiche Dalla metà degli anni „90, i mAb costituiscono una nuova classe di farmaci. Attualmente negli Stati Uniti sono stati approvati 18 mAb per impieghi terapeutici in oncologia (soprattutto neoplasie ematologiche), patologie infiammatorie croniche, trapianti, malattie infettive e medicina cardiovascolare (Tabella 2). Di questi anticorpi approvati, 14 sono IgG naturali, 2 immunoconiugati radioattivi, un anticorpo coniugato con un farmaco e 1 frammento monovalente Fab. Più di 150 anticorpi sono attualmente in sviluppo clinico [47]. 17 Applicazioni degli anticorpi monoclonali | Introduzione Gli anticorpi in terapia hanno riscosso un grande successo fin dal primo impiego in vivo nell‟uomo con una rapida approvazione da parte degli organi sanitari; degli anticorpi in commercio, sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) il 29% in forma chimerica e il 5% umanizzati [48]. Generalmente, gli anticorpi di ultima generazione sono tollerati dal sistema immune umano e gli effetti collaterali sono solitamente controllabili. Uno dei principali obbiettivi terapeutici è rappresentato della cura dei tumori. La disponibilità di molecole bersaglio ben caratterizzate ha consentito l‟impiego di anticorpi in radioimmunoterapia. Tale impiego ha messo in luce alcuni limiti fra cui la lunga emivita degli anticorpi marcati in circolo, la difficoltà di penetrare in tutte le lesioni neoplastiche e consentire una irradiazione omogenea del tessuto tumorale, lo sviluppo di autoanticorpi diretti contro quelli di origine murina, problemi che sono stati superati almeno in parte. Ad esempio sono stati impiegati frammenti anticorpali a più rapida clearance e più efficace penetrazione nella sede del tumore, sono stati prodotti anticorpi umanizzati con ridotta immunogenicità [49, 50]) sono state sperimentate vie di somministrazione più favorevoli che consentono una biodistribuzione ottimale, come ad esempio la somministrazione loco-regionale; è stata disegnata la tecnica di pretargeting per ridurre i tempi di clearance ematica ed incrementare l‟irradiazione a livello del bersaglio. 18 Applicazioni degli anticorpi monoclonali | Introduzione Soppressori del sistema immunitario Muromonab-CD3 (OKT3) Lega la molecola CD3 sulla superficie delle cellule T. è utilizzato per la prevenzione dei rigetti acuti d‟organo (ad esempio nel trapianto di rene). La versione umanizzata sembra essere anche un inibitore della distruzione autoimmune delle cellule beta nel diabete mellito. Infliximab (Remicade®) Lega il tumor necrosis factor-alpha (TNF-α). Mostra effetti positivi anche in alcune patologie infiammatorie, come l‟artrite reumatoide Omalizumab (Xolair®) Lega le IgE per evitare il legame con i mastociti. Effetti positivi nella cura dell‟asma allergica. Daclizumab (Zenapax®) Lega una parte del dominio per il recettore dell‟IL-2 prodotto dalle cellule T attivate. Inibisce il rigetto soprattutto nei trapianti di rene e ci sono evidenti effetti positivi contro le cellule T di linfoma. Soppressori e inibitori di cellule cancerose Rituximab (Rituxan®) Lega la molecola CD20 presente sulla maggior parte delle cellule B ed è usato nel trattamento dei linfomi a cellule B Zevalin® Anticorpo diretto contro la proteina CD20 delle cellule B (Linfoma), spesso coniugato con radioisotopi. Tositumomab (Bexxar®) Anticorpo anti-CD20 coniugato con l‟isotopo radioattivo Iodio 131, per la cura dei linfomi. Trastuzumab (Herceptin®) Lega HER2, recettore per l‟epidermal growth factor (EGF) di alcuni carcinomi mammari e linfomi Cetuximab (Erbitux®) Lega HER1, un altro recettore per l‟epidermal growth factor (EGF) Alemtuzumab (MabCampath®) Lega la proteina CD52, molecola presente sulle cellule bianche del sangue. Ha effetti positivi sulla remissione della leucemia linfocitica cronica Lym-1 (Oncolym®) Lega l‟antigene di istocompatibilità HLA-DR-codificato espresso ad alti livelli sulle cellule di linfoma Inibitori dell’angiogenesi Vitaxin Lega una particolare integrina vascolare (α-V/β-3) presente solo nei vasi tumorali. Promettenti effetti sui tumori solidi Bevacizumab (Avastin®) Lega il vascular endothelial growth factor (VEGF) impedendone il legame col suo recettore Altri Abciximab (ReoPro®) Inibisce il clumping delle piastrine legando il loro recettore per il fibrinogeno. Utilizzato sui pazienti sottoposti ad angioplastica per prevenire tombosi coronariche Tabella 2: Alcuni anticorpi monoclonali introdotti nella pratica clinica. 19 Applicazioni degli anticorpi monoclonali | Introduzione Risultati incoraggianti sono stati conseguiti recentemente con la radioimmunoterapia sistemica dei linfomi dando nuovo impulso a questa modalità di trattamento[51-54]. Un altro limite delle terapie con anticorpi è rappresentato dal numero ridotto di bersagli ottimali rappresentati da molecole espresse solo sulla superficie delle cellule bersaglio o, in selezionate situazioni, sulla superficie del patogeno. La possibilità di esprimere anticorpi funzionali all‟interno della cellula (intrabodies) rappresenta un nuovo strumento diagnostico ed eventualmente terapeutico [55-57]. La costruzione di anticorpi specificamente diretti verso cellule bersaglio si sta dimostrando un‟arma efficace e selettiva contro cellule neoplastiche. I risultati ottenuti nel trattamento delle malattie linfoproliferative potranno essere estesi anche a numerosi tumori solidi, tra i quali il tumore della mammella rappresenta un tangibile esempio [58-60]. 20 2 SCOPO DEL LAVORO Lo scopo di questo lavoro è il disegno di una strategia efficiente per la produzione di anticorpi monoclonali umani con specificità di interesse, per applicazioni cliniche. Il metodo descritto è stato utilizzato per la produzione di IgG monoclonali umane con attività neutralizzante, specifiche per il citomegalovirus, un patogeno opportunista che provoca gravi conseguenze in individui immunocompromessi. La metodologia sviluppata ha consentito di ottenere un pannello di anticorpi monoclonali specifici per CMV utilizzando il repertorio immunoglobulinico di individui iperimmuni. 21 3 MATERIALI E METODI 22 Materiali e Metodi | 3 3.1 Purificazione dei linfociti B umani Le cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) sono state purificate mediante centrifugazione su gradiente di densità (Ficoll/Hypaque®) di sangue eparinato. In base all'esperimento condotto, le cellule sono state processate utilizzando PBMC da un singolo donatore o un pool di PBMC da differenti donatori. I linfociti B umani sono stati isolati dal PBMC mediante separazione immunomagnetica sfruttando la tecnica VarioMACS (Mylteni Biotec Inc.). I PBMC sono stati risospesi in PBS (Tampone Salino Fosfato) contenente 0,5% BSA (Albumina Serica Bovina) e 2 mM EDTA (Acido etilendiamminicotetracetico) e incubati con microbiglie coniugate con anticorpi specifici per CD19 o CD22. Le cellule B, IgG positive, sono state ottenute per selezione negativa delle cellule IgM positive mediante sorting cellulare, o per selezione magnetica della popolazione IgG positiva utilizzando la tecnica VarioMACS . Per il sorting le cellule B CD22 positive (quiescenti o precedentemente stimolate) sono state incubate con una concentrazione ottimale di antiIgM marcato con FITC (fluoeresceina isotiocianato, Caltag Laboratories) per 1 ora a 4°C, poi sono state lavate in PBS e selezionate in condizioni di sterilità utilizzando un cell sorter ad alta velocità (MoFlo® HighPerformance Cell Sorter). Le cellule selezionate sono state risospese in RPMI 1640 addizionato con 10% (v/v) siero fetale bovino (FCS Biochrome) inattivato al calore, 1 mM sodio piruvato, 100 g/ml streptomicina, 100 U/ml penicillina e mantenute in coltura in condizioni standard (37 °C e 5% CO2). 23 Materiali e Metodi | 3 3.2 Selezione dei donatori Donatori sani sono stati selezionati in base al titolo sierico di IgG specifiche per CMV. La titolazione anticorpale è stata fatta con saggi immunologici: ELISA, immunoblotting, ELISpot o microarray sull‟antigene (Sorin Biomedica, BioMerieux), in collaborazione con la Banca del Sangue di Milano. 3.3 Stimolazione delle cellule B in coltura La stimolazione delle cellule in coltura è stata effettuata utilizzando stimoli diversi: CpG2006 (5‟-TCGTCGTTTTGTCGTTTTGTCGTT-3‟, Coley Pharmaceutical Group), IL-2 umana ricombinante (Roche), CD40 ligando umano ricombinante (in forma trimerica, R&D Systems), stafilococco aureo del ceppo Cowan I (SAC, Sigma), lipopolisaccaride (LPS, Sigma), IL-4 e IL-6 (Peprotech). 3.4 Saggio di proliferazione cellulare I linfociti B purificati (2x106/ml) sono stati seminati in piastre da 96 pozzetti (50 l/pozzetto) in triplicato in diverse condizioni di coltura e marcati con 3H-Timidina (NET-027X Thymidine, methyl-3H, attività specifica 20 Ci/mmol; PerkinElmer), aggiunta al mezzo di coltura (0,5 Ci/pozzetto) 8-12 ore prima della fine dell‟esperimento. L‟incorporazione di 3H-Timidina è stata misurata con un beta-counter (Wallach Instruments). 24 Materiali e Metodi | 3 3.5 Analisi citofluorimetrica Le cellule (3x105/campione) sono state risospese in PBS con 0,5% FCS e incubate per 30 minuti a 4 °C con l‟anticorpo di interesse marcato con PE (Ficoeritrina, Caltag Laboratories) o FITC. Dopo lavaggio, i campioni sono stati analizzati con citofluorimetro FACSCalibur e il software CellQuest (Becton Dickinson). La stima del rumore di fondo è stata effettuata per mezzo di un anticorpo monoclonale irrilevante. Per ogni campione sono state analizzante 10.000 cellule. 3.6 Preparazione del virus La linea cellulare B95-8 di scimmia trasformata con EBV è stata utilizzata come sorgente di particelle virali, seguendo due metodi. Metodo 1: le cellule B95-8 sono state coltivate in RPMI 1640 addizionato con 10% FCS per 12-15 giorni. Il surnatante della coltura è stato raccolto, centrifugato a 1.200 rpm, filtrato, aliquotato e conservato a -20 °C. Metodo 2: le cellule B95-8, in fase esponenziale di crescita (5x105/ml), sono state stimolate con acetato di forbolo miristato (PMA) 100 nM per 2 ore, poi lavate estensivamente con Hank‟s balanced salt solution (HBSS) per rimuovere l‟eccesso di PMA e mantenute in condizioni standard di coltura. Dopo 48 ore di coltura, il surnatante è stato preparato come descritto nel metodo 1. 25 Materiali e Metodi | 3 3.7 Immortalizzazione dei linfociti B CD22+ IgG + I linfociti (3-10 x 106/ml) sono stati incubati con il supernatante contenente il virus (50% v/v in RPMI 1640 addizionato con 10% FCS) per un tempo variabile da 4 a 18 ore; successivamente sono stati lavati in RPMI 1640 e piastrati. Dopo l‟infezione, le cellule sono state seminate in piastre da 24 pozzetti alla concentrazione di 105/ml (in RPMI addizionato con 10% FCS) su PBMC (PBMC 0,5x105/pozzetto) allogenico irradiato (30 Gy) utilizzato come supporto per la crescita. 3.8 Preparazione delle cellule di supporto (feeder layer) Per supportare la crescita dei linfociti trasformati, sono stati utilizzati PBMC allogenici ottenuti da donatori sani, irradiati con dosaggi sub letali (30 Gy). 3.9 Caratterizzazione dell’isotipo La valutazione dell‟isotipo è stata effettuata con il saggio di immunodiffusione radiale (di Ouchterlony). L‟isotipo è stato confermato utilizzando un kit commerciale ELISA (Human IgG ELISA kit, ZeptoMetrix Corporation). 26 Materiali e Metodi | 3 3.10 Analisi della vitalità La valutazione delle cellule vive è stata effettuata tramite colorazione con ioduro di propidio (PI, Invitrogen): le cellule (2x105 cellule) sono state lavate e risospese in 1 ml di PBS; alla sospensione cellulare è stato aggiunto ioduro di propidio (0,002 µg/ml) per 5 minuti a temperatura ambiente e dopo lavaggio il campione è stato analizzato con citofluorimetro FACSCalibur. 3.11 Clonaggio delle cellule per diluizione I linfociti B purificati e immortalizzati, sono stati clonati per diluizione progressiva in piastre da 96 pozzetti a fondo tondo alla concentrazione di 20 cellule/pozzetto in ISCOVE addizionato con 10% FCS e IL-2 su feeder layer allogenico irradiato. 3.12 Saggi immunoenzimatici Saggi immunoenzimatici sono stati condotti utilizzando un kit commerciale per l‟identificazione di IgG umane specifiche per CMV presenti nel siero, opportunamente adattato; inoltre sono stati allestiti saggi ELISA impiegando le proteine virali gB e gH ricombinanti, immobilizzate su fase solida. Il kit commerciale (BEIA CMV IgG Quant kit, Bouty) è stato utilizzato secondo le specifiche del produttore e come controllo positivo sono state utilizzate IgG commerciali anti-CMV (Cytotect, Biotest). In breve, le piastre contenenti proteine totali estratte da CMV del ceppo AD169, sono state incubate per 30 minuti a temperatura ambiente con i 27 Materiali e Metodi | 3 campioni di interesse. Dopo i lavaggi, la piastra è stata incubata per 30 minuti a temperatura ambiente con anticorpo anti-IgG umane, marcato con perossidasi di rafano (100 l). Dopo un secondo ciclo di lavaggi, è stato aggiunto il substrato, TMB (3,3‟ 5,5‟-Tetrametilbenzidina, Sigma) precedentemente diluito e la piastra è stata incubata per 15 minuti a temperatura ambiente. La reazione enzimatica è stata bloccata e la densità ottica misurata in bicromatismo a 450/620 nm. I saggi ELISA sulle proteine virali gB e gH sono stati messi a punto in laboratorio. Come proteine bersaglio sono state impiegate la regione antigenica 2 (AD2) della proteina gB (amminoacidi 70-81 del ceppo AD169 e Towne) e la regione immunodominante dell‟antigene gH (amminoacidi 16-144 del ceppo VR1814) in associazione con la glutationeS-transferasi (GST). Entrambe le proteine di fusione sono state impiegate alla concentrazione di 2 µg/ml. Ogni pozzetto è stato trattato con 50 l di proteina. Dopo incubazione per una notte a 4°C, la proteina è stata allontanata e la piastra lavata per 4 volte con 100 l di tampone di lavaggio (PBS contenente 0,05% di Tween 20). Le piastre sono state saturate con 100 µl/pozzetto di PBS contenente 1% di latte per 1 ora a 37°C e utilizzate per lo screening dei cloni impiegando 50 l di surnatante per pozzetto (2 ore a 37°C). Come controllo negativo sono stati utilizzati 50 l del mezzo di coltura. Dopo lavaggio con 150 l di tampone di lavaggio, le piastre sono state incubate per 1 h a 20°C con 50 l di anticorpo anti-IgG umane marcato (Fc-specific goat anti-human IgG, Sigma) con perossidasi di rafano, alla diluizione di 1:30.000 e successivamente lavate. Infine sono stati aggiunti 50 l di substrato, TMB, in ogni pozzetto per 30 minuti. La reazione è stata fermata con l‟aggiunta di 100 l di acido solforico 1N e la densità ottica misurata a 450 nm. 28 Materiali e Metodi | 3 3.13 Saggio di microneutralizzazione Fibroblasti embrionali umani di polmone (HELF cells) sono stati seminati (2-2,5x104/pozzetto) in piastre da 96 pozzetti a fondo piatto in 100 l di Eagle‟s minimal essential Medium (MEM, Eurogene) addizionato con 10% FCS, 1 mM sodio piruvato, 2 mM glutammina, 100 U/ml penicillina, 100 g/ml streptomicina e mantenute in coltura in condizioni standard (37 °C e 5% CO2). 50 l del surnatante con reattività di interesse sono stati incubati con un isolato di laboratorio di CMV (AD169), 500 pfu in 50 l di MEM addizionato con 5% FCS per un‟ora a 37°C e successivamente trasferiti su cellule HELF. Le piastre sono state centrifugate a 2000 g per 30 minuti e incubate per 90 minuti in condizioni standard (37°C e 5% CO2). Il surnatante è stato sostituito con terreno di coltura fresco e l‟incubazione è stata protratta per 72 ore. La capacità dei surnatanti di interferire con l‟infezione con CMV è stata misurata con colorazione delle cellule HELF con immunoperossidasi per l‟antigene Intermediate Early Antigen (IEA) del CMV umano. Le cellule sono state fissate con 50% acetone e 50% metanolo (a -20°C) per 1 minuto, poi lavate con PBS, permeabilizzate con 0,1% Triton X-100 (Sigma) e 1% H2O2 per 5 minuti in ghiaccio e lavate in PBS. La perossidasi endogena è stata bloccata con 50% PBS addizionato con 50% metanolo e 0,6% H2O2 per 30 minuti al buio a temperatura ambiente. 15 l di soluzione bloccante (Ultra Tech HRP 500-600 Test, Streptavidin-Biotin Universal Detection System) sono stati aggiunti per 10 minuti a temperatura ambiente, poi lavati con PBS. Ad ogni pozzetto sono stati aggiunti l‟anticorpo primario (anti-human CMV IEA, Argene Biosoft) per 60 minuti a temperatura ambiente e successivamente 50 l di anticorpo secondario biotinilato (Ultra Tech HRP 500-600 Test, Streptavidin-Biotin Universal Detection System) per 10 minuti a temperatura ambiente. Le cellule sono state lavate con PBS e incubate al 29 Materiali e Metodi | 3 buio con il substrato DAB (3,3'-Diaminobenzidina, MERCK) addizionato con 0,1% di H2O2 per 30-45 minuti a temperatura ambiente. I nuclei positivi per IEA sono stati contati al microscopio. In selezionati esperimenti, i reagenti di interesse sono stati testati utilizzando come bersaglio cellule endoteliali di cordone ombelicale (HUVEC) e un isolato clinico di CMV (VR1814). Come controllo negativo sono stati utilizzati i surnatanti delle cellule B contenenti IgG irrilevanti e come controllo positivo, una miscela di IgG umane commerciali (Cytotect, Biotest) specifiche per il CMV (in diluizione progressiva). 3.14 Clonaggio e sequenziamento delle regioni variabili delle IgG di interesse Le cellule dei cloni postivi (105 cellule) sono state lavate in PBS e i pellet ottenuti sono stati rapidamente congelati per essere processati. La sequenza è stata analizzata con ABI 3730 DNA Analyzer presso ditta specializzata. 30 4 RISULTATI Risultati | 4 1023 1023 Purificazione dei linfociti B: confronto CD19+/CD22+ 4.1 CD19+ SSC SSC CD22+ R1 0 0 R1 1023 0 102 FL2-Height 103 104 104 101 102 FL1-Height 103 104 104 101 102 FL2-Height 103 104 104 Events 101 102 FL2-Height 103 104 Events CD10 102 FL1-Height 104 100 101 102 FL1-Height 103 104 90 103 CD21 HLA Cl II 100 101 102 FL1-Height 103 104 101 102 FL1-Height 103 104 69 100 CD3 Events Events 100 100 CD23 Events 103 0 102 FL1-Height 101 CD23 Events 0 101 100 0 100 CD3 100 104 136 104 103 Events HLA Cl II 103 Events 103 Events 103 102 FL1-Height Events 102 FL1-Height 0 101 113 102 FL1-Height 136 101 0 0 Events CD21 100 101 113 100 102 FL2-Height CD25 Events 0 104 136 103 101 CD69 69 69 Events 0 102 FL1-Height 100 CD10 69 101 100 90 101 CD25 100 104 Events 100 0 Events 104 0 103 103 CD38 136 102 FL1-Height 102 FL1-Height 69 69 0 101 101 CD69 Events CD38 100 100 0 104 0 103 0 102 FL2-Height 0 101 Events Events 100 113 104 0 103 0 Events 102 FL1-Height CD26 IgM 113 101 0 0 100 69 118 69 CD26 Events IgM 1023 FSC 113 FSC 100 101 102 FL1-Height 103 104 0 0 100 101 102 FL2-Height 103 104 Figura 9: Analisi citofluorimetrica della vitalità e dell’espressione di marcatori di attivazione delle cellule purificate per selezione magnetica via CD22 e CD19. Le cellule B vive sono racchiuse nella regione R1. 32 Risultati | 4 La purificazione delle cellule B è stata effettuata mediante selezione immunomagnetica con biglie armate con anticorpi anti-CD19 o anti-CD22 (marcatori caratteristici della popolazione linfocitaria B circolante) al fine di stabilire se le popolazioni purificate risultanti fossero del tutto sovrapponibili o mostrassero caratteristiche diverse. L'analisi citofluorimetrica delle due popolazioni ha evidenziato che le cellule B purificate mediante CD22 presentano caratteristiche morfologiche diverse dalla popolazione selezionata mediante CD19. Infatti, dalla valutazione dei parametri morfologici emerge che la popolazione CD22+ si presenta più omogenea e vitale della popolazione CD19+, che al contrario presenta segni di sofferenza cellulare e ridotta vitalità (Figura 9). La valutazione del fenotipo delle cellule B purificate mediante selezione guidata da CD22 o CD19, ha dimostrato che le due popolazioni sono del tutto sovrapponibili, come atteso. Una trascurabile contaminazione di linfociti T è apprezzabile nella popolazione selezionata via CD19 ma non in quella selezionata via CD22. 4.2 Stimolazione dei linfociti B Al fine di individuare le condizioni di cultura ottimali per espandere in vitro la popolazione di cellule B ottenute mediante selezione positiva via CD22, sono stati confrontati stimoli di natura diversa. Per ottenere risultati non influenzati dalle caratteristiche intrinseche di ogni singolo donatore, gli esperimenti di stimolazione sono stati condotti su linfociti B ottenuti da un pool di 5 donatori sani. Un primo confronto è stato fatto utilizzando i seguenti stimoli: CpG2006+IL-2, CD40L+IL-2, CD40L+IL-4, IL-2 e IL-4 a concentrazioni differenti (Figura 10). Dopo 96 ore di coltura è stata valutata la proliferazione nelle diverse condizioni mediante saggio di incorporazione di 3H-timidina. 33 Rissultati | 4 Incorporazione Timidina (cpm x 103) 5 (µg/ml) 2,5 (µg/ml) 1,25 (µg/ml) 0,5 (µg/ml) 30 25 20 15 10 5 0 CpG+IL‐2 CD40L+IL‐2 C CD D40L+IL‐4 I IL‐2 IL‐‐4 Mediu um Fig gura 10: Effe fetto di stimo oli diversi sullla proliferaziione di linfociti B + CD D22 . I risultatii ottenuti hanno h dim mostrato ch he lo stimo olo prolifeerativo più potente per p le celluule B è il CD40L in n associazio one con IL L-4, come dimostrato o dai dati della letterratura [61],, almeno nelle n primee fasi della stimolazio one. Tuttav avia l’effettto non perdura p nell tempo (dati non presentati) i). Un secon ndo confro onto è statto condottto utilizzan ndo: CpG22006+IL-2, Incorporazione Timidina (cpm x 103) oppure SA AC+IL-2 e IL-2 (1.0000 U/ml). 8 7 6 5 4 3 2 1 0 5 2,5 1,25 CpG (μg/ml) + IL‐2 SAC C (%)+ IL‐2 IL‐2 Mediium Figura 11: Efffetto di stim F moli diversi suulla proliferazzione di linfo ociti B +. C CD22 34 Rissultati | 4 I risultati hanno dim mostrato ch he la stimollazione indotta da SA AC+IL-2 si traduce in n una moddesta prolifeerazione deelle cellule B, significaativamente inferiore alla a proliferrazione indo otta da CpG G2006+IL--2. Analoggamente la stimolazio one mediataa da LPS in n combinaziione sia con n IL-2 che con IL-4 è Incorporazione Timidina (cpm x 103) risultata esssere meno o efficace dii quella indo otta da CpG G2006 e IL--2. 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 5 22,5 1,25 CpG+IIL‐2 10 5 2 2,5 10 5 2,5 LPS+IL‐2 LPS+ILL‐4 IL‐2 Medium Figura 12: Efffetto sulla proliferazione F p e di linfociti B con IL-2 ((1.000 U U/ml) in asseenza o in preesenza di CpG G2006 e di LPS L in assenzaa o in presenza di IL L-4 (1,25 µg/m ml). I dati otttenuti han nno dimosstrato che nelle con ndizioni sp perimentali adottate, CpG2006 C i associaziione con IL in L-2 risulta essere il p più efficace stimolo proliferativo p o per i linffociti B. La L tappa suuccessiva è consistita nell'ottimiizzazione della d conceentrazione di CpG2006 e di IL L-2 per la stimolazio one della po opolazione purificata. Numero di cellule x 105/ml 14 12 10 8 6 4 2 0 0 0,15 0,3 0,6 CpG2006 (μgg/ml) 1 1,25 2,5 5 Figu ura 13: Effe fetto di con ncentrazioni crescenti dii CpG2006 sulla proliiferazione di linfociti l B. 35 Risultati | 4 CpG2006 risultata efficace a basse concentrazioni (0,15-0,3 µg/ml) come dimostrato in termini di proliferazione e di induzione di marcatori di 1023 1023 attivazione. CD19+ SSC SSC CD22+ 0 R2 0 R1 1023 0 102 FL2-Height 103 104 100 102 FL2-Height 103 102 FL1-Height 103 104 101 102 FL1-Height 103 102 FL1-Height 103 101 102 FL1-Height 103 104 36 101 102 FL2-Height 103 104 36 100 104 101 102 FL1-Height 104 103 104 HLA cl II 100 101 102 FL1-Height 103 104 CD23 Events CD25 Events 100 103 Events 100 0 104 102 FL2-Height Events 101 CD38 104 Events 103 0 102 FL1-Height 101 CD10 36 100 CD23 Events 0 101 100 36 100 CD25 100 104 Events 0 104 112 103 103 IgM 0 Events Events 0 102 FL1-Height 102 FL1-Height HLA cl II 122 101 CD69 0 101 104 122 100 CD38 100 101 Events Events 0 104 103 Events 100 104 122 103 102 FL2-Height 36 36 Events 0 102 FL1-Height 101 36 36 101 CD10 122 101 100 104 Events 100 IgM 100 103 122 104 0 103 102 FL1-Height CD21 0 Events 102 FL1-Height 120 101 0 0 100 101 CD69 Events CD21 CD26 Events 0 101 0 100 0 104 Events Events 103 CD71 112 102 FL1-Height 0 0 101 122 100 1023 FSC 122 CD26 Events CD71 0 36 116 FSC 100 101 102 FL1-Height 103 104 0 0 100 101 102 FL2-Height 103 104 Figura 14: Analisi citofluorimetrica dell’espressione di marcatori di interesse su cellule purificate per selezione magnetica via CD22 e CD19, stimolate con CpG2006 e IL-2 per 4 giorni. Le cellule B vive sono incluse nelle regioni R1 e R2. 36 Rissultati | 4 Lo stesso approccio è stato seguuito per definire la con ncentrazion ne ottimale c di fornire f uno o stimolo additivo alla a proliferrazione, in di IL-2 capace associazio one con CpG G2006. Incorporazione Timidina (cpm) 35000 30000 25000 20000 15000 10000 5000 0 CpG Cp pG+IL‐2 CpG+IIL‐2 CpG+IL‐2 CpG+IL‐2 C CpG++IL‐2 CpG+IL‐2 2 CpG+IL‐2 ( (500 0) (250) (60) (30) (125) (15) (1μg/ml) (1000) (U/ml) Figu ura 15: Curvaa di titolazion ne di IL-2 Elevate concentrazioni di IL-2 I hanno un efffetto negativo sulla proliferaziione dei lin nfociti B mentre m l'effeetto stimolaante aumen nta a basse concentraazioni di IL L-2. L'effettto della combinazionee CpG20066 e IL-2 è stato valuttato in cineetica monito orando a 2, 4 e 6 giorn ni la proliferrazione e il fenotipo dei d linfocitti B, con particolare p riferimento r alla moleccola CD21 (recettore per il virus v EBV) V). I risulttati hanno dimostratto che la combinazzione di quuesti stimo oli induce la massim ma incorporrazione di timidina dopo d 2-4 gio orni. 37 Rissultati | 4 Incorporazione Timidina (cpm x 103) 30 M Medium Cp pG (1 μg/ml) 25 Cp pG+IL‐2 (200 U U/ml) 20 15 10 5 0 2 4 6 Giorrni Figu ura 16: Cineetica della proliferazione p e di cellule B stimolatee con CpG G2006 e IL-2. Parallelam mente è statta valutata l’espressione di CD21,, indispensaabile per la successivaa fase di in nfezione e costitutivaamente esp presso sui linfociti B maturi, ma m assente nelle fasi term minali del differenziam d mento. 14 Cellulle B Cellulle B CD21 + Numero di cellule x 105/ml 12 10 8 6 4 2 0 0 1 2 3 5 6 Giorni Figu ura 17: Cinetiica dell’espresssione di CD21 sulla popo olazione CD222+. L’espressiione di CD D21 si manttiene presso oché inalterrata fino a 4 giorni di stimolazio one, come dimostrato dall’analisi citofluorim metrica. 38 Risultati | 4 0 1023 FSC 10 4 10 3 0 10 1 1023 FSC + CD21 1023 35% 103 120 h SSC SSC FSC FL1-Height 102 55% FL1-Height 102 103 + CD21 1023 1023 72 h 0 104 1023 104 FSC 0 0 0 70% FL1-Height 10 2 SSC R1 100 R1 CD21+ 48 h 101 SSC FL1-Height 102 103 60% 10 0 CD21+ 24 h 1023 1023 104 101 0 1023 FSC 0 10 4 1023 1023 FSC 0 100 0 0 100 101 R1 R1 CD21+ 0 FSC 1023 30% SSC FL1-Height 10 2 10 3 144 h 1023 FSC 0 FSC 1023 10 0 0 10 1 R1 0 FSC 1023 Figura 18: Espressione di CD21 su linfociti B CD22+ stimolati con CpG2006 e IL-2. La regione R1 delimita le cellule B vitali. A 48 ore, le cellule B trattate con CpG2006 e IL-2 si presentano omogenee e vitali, con un buon numero di cellule blastizzate. L’espressione del CD21 è massima (circa il 70%) dopo 48 h. 4.3 Selezione della popolazione IgM− Il virus di Epstein-Barr presenta un particolare tropismo per le cellule che esprimono IgM e che nel sangue periferico sono in percentuale prevalente (circa il 70%, Figura 20). Tuttavia la produzione di anticorpi monoclonali di isotipo M presenta molti limiti per eventuali impieghi clinici. Per questo motivo le cellule precedentemente selezionate via CD22 sono state sottoposte ad una seconda selezione basata sull’espressione delle immunoglobuline di superficie. È stato possibile selezionare le cellule 39 Risultati | 4 CD22+ IgG+ sia mediante selezione positiva (IgG+), con il metodo immunomagnetico, che mediante selezione negativa per sottrazione della 64 popolazione esprimente IgM, per mezzo del cell sorter (IgM−). Gm: 99.13 CV: 22.85 [291-1023] 6956 (69.4 %) 0 Events M1 10 0 101 10 2 IgM FL1-Height 10 3 10 4 Figura 19: Espressione delle sIgM su linfociti B stimolati con CpG2006, dopo la selezione con CD22. Sia le cellule isolate con doppia selezione magnetica positiva (CD22+ IgG+) che quelle selezionate in negativo (cell sorter) sono risultate 128 suscettibili all’infezione con EBV. Gm: 19.59 CV: 9.73 [291-1023] 740 (7.3 %) 0 Events M1 10 0 10 1 10 2 IgM FL1-Height 10 3 10 4 Figura 20: Analisi della purezza delle cellule CD22+ IgG+ ottenute mediante selezione negativa (cell-sorter). La purezza della popolazione ottenuta è superiore al 93%, inoltre l’analisi fenotipica della popolazione purificata ha dimostrato che l’espressione di IgM di superficie (sIgM) è irrilevante anche dopo immortalizzazione con EBV a dimostrazione del fatto che non vi è espansione della piccola percentuale IgM+ residua. 40 Rissultati | 4 190 Gm: 36.63 CV: 21.09 [303-1023] 635 (3.7 %) Events M1 10 1 SSC FL1-Height 10 2 10 3 1023 10 4 9.0% 0 FSC 1023 10 0 0 0 R2 0 FS SC 1023 100 101 102 IgM FL1-Height 103 104 Figura 21: Esspressione deelle sIgM su cellule CD222+ IgG+, 10 ggiorni F d dopo infezion ne con EBV V. A. Parameetri morfologgici. B. paraametri feenotipici (10.000 eventi, FL1-Height= F αHIgM-FITC). La secrezzione di IgG I è statta conferm mata nel suurnatante di coltura mediante immunodiffusione radiale r (test di Ouch hterlony, Fiigura 22) e mmunoenzzimatico. metodo im Figura 22: 2 Immunod diffusione raadiale. L’anallisi è stata + IgG+ 10 giorni condotta su surnatantte di cellule CD22 C dopo in nfezione con n EBV. Il surnatante è stato concentraato 5 volte prima p del test. 1: Immuno oglobuline anti-Ig to otali. 2: Immuunoglobuline anti-IgG. 3: Immunoglobuline anti-IgM. Sulla basee dei dati ottenuti, tutti gli essperimenti sono stati ti condotti utilizzando la popolaazione CD222+ IgG+. 41 Risultati | 4 4.4 Preparazione del virus EBV La popolazione selezionata (CD22+ IgG+) è stata trasformata seguendo due protocolli differenti basati sull’impiego di due lotti di virus ottenuti da cellule B95-8 in assenza (metodo 1) o in presenza di PMA (metodo 2). La capacità infettante dei due lotti di virus è stata analizzata dopo 4 e 7 giorni dall’infezione in termini di aggregazione cellulare, attivazione e proliferazione. I segni caratteristici di trasformazione (aggregazione cellulare, incremento delle dimensioni e della proliferazione cellulare, ecc.) sono apprezzabili dopo 1-3 settimane [62]. I risultati hanno dimostrato che il virus preparato secondo il metodo 2 (Figura 23, B e D) risulta essere più efficiente in termini di infezione e i parametri della trasformazione sono apprezzabili già dopo 4 giorni dall’esposizione al virus, mentre meno efficiente è risultata l’infezione ottenuta con il metodo 1 (Figura 23, A e C). 4 giorni 7 giorni Figura 23: Effetto dell’immortalizzazione di linfociti B con EBV preparato secondo i due metodi descritti: metodo 1, A e C, metodo 2, B e D, dopo 4 (A e B) e 7 (C e D) giorni. La differenza fra i due metodi non è dovuta alla presenza di tracce di PMA, infatti il PMA da solo o in combinazione con EBV non influisce sull’efficienza di trasformazione. 42 Risultati | 4 4.5 Infezione delle cellule B con EBV Sono stati confrontati tre metodi di immortalizzazione con EBV. A. linfociti CD22+ IgG+ sono stati incubati con EBV per 14 h a 37°C. B. linfociti CD22+ IgG+ sono stati incubati con EBV in presenza di CpG2006 (1 µg/ml) e IL-2 (200 U/ml). C. linfociti CD22+ sono stati stimolati per 4 giorni con CpG2006 (1 µg/ml) e IL-2 (200 U/ml); successivamente è stata ottenuta la popolazione CD22+ IgG+ mediante selezione magnetica, la quale è stata infettata con EBV per 14 h a 37°C. Nel metodo convenzionale (A) i linfociti B CD22+ IgG+ sono stati esposti al virus per un tempo relativamente breve; successivamente il virus è stato allontanato e le cellule sono state coltivate su PBMC allogenico irradiato. Nel metodo B i linfociti CD22+ IgG+ sono stati simultaneamente esposti alla stimolazione con CpG2006 e IL-2 e all’infezione virale, analogamente a quanto recentemente descritto [63]. Nel metodo C i linfociti CD22+ sono stati stimolati per 4 giorni con CpG2006 e IL-2, lo stimolo è stato allontanato, le cellule esprimenti IgG di superficie sono state arricchite e la popolazione risultante è stata immortalizzata ed espansa come in A. Dopo 10 giorni di coltura le diverse popolazioni sono state confrontate in termini quantitativi e qualitativi. Il numero assoluto delle cellule CD22+ IgG+ è stato normalizzato per tutte le condizioni prima dell’esposizione al virus affinché i risultati dell’analisi fossero confrontabili. I risultati hanno evidenziato che con il metodo A e C c’è un incremento del numero delle cellule più significativo di quello osservabile con il metodo B. Inoltre, la valutazione della vitalità delle cellule ha dimostrato che il metodo C fornisce i risultati migliori. 43 Rissultati | 4 L’analisi quantitativa q a delle celluule mantenuute nelle 3 condizioni di coltura cellule/ml x 104 ha preso in i consideraazione più parametri. p 120 Giorno 0 100 Giorno 10 80 60 40 20 0 A B C Figura 24: In F nfezione con n EBV in diiverse condizzioni. A: celllule a co ontatto con il virus (30% % V/V); B: cellule c a contratto con il virus (330% V/V) e CpG2006+IL L-2; C: cellulle a contatto con il virus p per 14 h (50% V/V) precedentem mente stimolate con CpG22006 e IL-2. L’analisi citofluorim metrica ha dimostraato che tuutte le popolazioni o livelli confrontabili di IgG in n membrana, tuttavia esse sono esprimono caratterizzzate da paraametri morrfologici divversi. Le ceellule del metodo C si presentan no come un na popolazio one omogeenea di celluule proliferaanti (Figura CD23 96 IgG Events Events 101 R2 0 0 A FL2-Height 102 103 PI− 57.9% 80 104 25) con un n numero trrascurabile di cellule positive al prropidio. 100 100 FSC 101 102 FL1-Height 103 104 101 102 FL1-Height 103 104 101 102 FL1-Height 103 1023 100 101 102 FL2-Height 103 104 101 102 FL2-Height 103 104 101 102 FL2-Height 103 81 Events Events 101 0 R2 100 100 1023 100 10 4 80 Events FL2-Height 10 2 Events 10 3 PI− 77 7.6% R2 10 0 100 0 FSC 1023 104 0 0 10 1 C FSC 90 0 0 B FL2-Height 102 103 PI− 2 26% 64 104 0 100 104 Figu ura 25: Param metri morfolo ogici e fenotiipici della po opolazione CD22+ − IgG+ nelle condizzioni A, B e C. Le cellule B PI , delim mitate dalla reegione R2, sono s state an nalizzate per l’espressione l di IgG e CD D23 (FL1-Heiight e FL2--Height, rispeettivamente). 44 Risultati | 4 Le cellule immortalizzate con il metodo convenzionale si presentano meno omogenee e con ridotta vitalità. La qualità delle cellule risulta significativamente peggiore nella popolazione B in cui è presente una elevata percentuale di cellule positive al propidio. Un altro parametro preso in considerazione nel presente esperimento è l’espressione di CD23. CD23 è una molecola di superficie espressa costitutivamente dalla maggior parte dei linfociti B circolanti, la cui espressione è incrementata in seguito ad attivazione. Inoltre, l’aumentata espressione di CD23 correla con uno stadio differenziativo più avanzato e un’aumentata secrezione di IgG [64]. L’analisi citofluorimetrica ha dimostrato che il metodo A e C inducono alti livelli di espressione di CD23 in una percentuale di cellule maggiore di quella apprezzabile in B (Tabella 3). A B C % cells + MFI % cells + MFI % cells + MFI sIgG 34,4 2,2 37 2.4 36 2.6 CD23 67 12,6 37 2,4 50 6,7 % cellule vive ( PI− ) 57,9 26 77,6 Tabella 3: Schema riassuntivo dei risultati ottenuti con i 3 metodi descritti. Sono riportate le percentuali di espressione delle due molecole di interesse, con le rispettive intensità di fluorescenza media (MFI) e la percentuale di cellule vive ( PI− ). 4.6 Analisi del repertorio immunoglobulinico Una volta ottenuta la linea linfoblastoide policlonale rappresentativa dell’intero repertorio anticorpale dell’individuo, la fase finale è consistita nell’analisi delle diverse specificità e nella selezione delle specificità di 45 Risultati | 4 interesse. A tal fine è stato effettuato il clonaggio per diluizione progressiva delle cellule immortalizzate utilizzando piastre da 96 pozzetti contenenti PBMC allogenico irradiato come supporto. Le cellule sono state seminate a 20 cellule/pozzetto. In tali condizioni è possibile ottenere un’efficienza di clonaggio variabile dal 20 al 40% in relazione al donatore. 4.7 Anticorpi anti­citomegalovirus Il metodo descritto è stato utilizzato per produrre anticorpi monoclonali umani specifici per il citomegalovirus umano (HCMV). I linfociti di un donatore sano scelto in base alla presenza di un alto titolo sierico di Ig specifiche per il CMV, sono stati processati seguendo il protocollo descritto. La linea linfoblastoide ottenuta dall’espansione delle cellule infettate è stata seminata in 40 piastre da 96 pozzetti alla concentrazione di 20 cellule/pozzetto, su PBMC allogenico irradiato. Dopo 4 settimane di coltura, i surnatanti dei pozzetti che presentavano crescita del clone EBV sono stati analizzati mediante saggio ELISA su proteine totali estratte da CMV e sulle regioni immunodominanti delle proteine ricombinanti gB e gH (Figura 26) scelte in quanto coinvolte nel processo infettivo delle cellule umane da parte del virus e bersagli principali degli anticorpi neutralizzanti di origine murina [65, 66]. Nel complesso sono stati analizzati i surnatanti di 1366 pozzetti (il 36% circa dei pozzetti seminati), di questi 81 sono risultati positivi per il CMV. In particolare 42 sono risultati reattivi contro gB e 15 contro gH (Tabella 4). 46 Risultati | 4 A 1 16 144 743 gH − ceppo VR1814 LLSHLPSQRYGADAASEALDPHAFHLLLNTYGRPIRFLRENTTQCTYNSSLRNSTVVRENAISFN FFQSYNQYYVFHMPRCLFAGPLAEQFLNQVDLTETLERYQQRLNTYALVSKDLASYRSFPQQLK B 1 27 84 906 1 27 84 gB − ceppo AD169 906 gB − ceppo Towne AD2 AD2 STSHATSSTHNGSHTSRTTSAQTRSVYS QVTSSEAVSHRANETIYNTTLKYGDVVGV STRGTSATHRSHSSRTTSAAHSRSGSVS QRVTQTVSHCVNETIYNTTLKYGDVVGV Figura 26: A. Rappresentazione schematica del dominio gH della proteina di fusione gH-GST. L’antigene ricombinante gH-GST corrisponde alla fusione in frame fra la regione aminoterminale (aa 16-144) dell’antigene gH del CMV umano del ceppo VR1814 e GST. La porzione aminoterminale di gH contiene un sito di legame lineare (aa 34-43) riconosciuto da anticorpi neutralizzanti. B. Rappresentazione schematica dell’epitopo gB presente nella proteina di fusione gB-GST. L’antigene corrisponde alla combinazione della regione antigenica 2 di gB (AD2) dai ceppi AD169 e Towne. Le regioni AD2 contengono un sito conservato (aa 70-81) nei due differenti ceppi e sono riconosciute da anticorpi neutralizzanti. N° pozzetti seminati N° pozzetti con crescita N° cloni positivi gB+ gH+ CMV + lisato Neutralizzanti 3840 1366 (35,7%) 81 (6%) 42 15 15 9 Tabella 4: Schema riassuntivo dei cloni analizzati e delle rispettive specificità. I surnatanti positivi sono stati analizzati per attività neutralizzante mediante saggio biologico in vitro. 47 Risultati | 4 In breve, fibroblasti umani fetali di polmone (suscettibili all’infezione da CMV) sono stati coltivati in piastre da 96 pozzetti ed esposti ad infezione con HCMV AD169 (un isolato virale di laboratorio). Prima dell’infezione, il virus (500 pfu) è stato cimentato con 50 µl dei surnatanti di interesse e degli opportuni controlli. L’efficienza dell’infezione è stata valutata dopo la colorazione immunocitochimica dei campioni con anticorpo specifico per IEA, un antigene specifico del CMV espresso precocemente nelle cellule infettate. A B C D Figura 27: Colorazione immunocitochimica con anticorpi anti-IEA di cellule HELF infettate con CMV. A. Controllo negativo (cellule non infettate); B. Controllo positivo (cellule infettate); C. Cellule infettate con CMV pre-trattato con siero da donatore iperimmune; D. cellule infettate con CMV pre-trattato con l’anticorpo monoclonale 8C10. Ingrandimento 200X (per gentile concessione di Anna Luganini). I risultati hanno dimostrato che, nelle condizioni analizzate, 9 surnatanti hanno attività neutralizzante l’infezione. 48 Rissultati | 4 Per confr frontare l’aattività neuutralizzante dei clonii di interesse in un sistema di d maggiorr rilevanza fisiologicaa, due surrnatanti dii interesse rispettivam mente speccifici per gB g e gH, sono s stati impiegati i in saggi di neutralizzzazione delll’infezionee virale con un isolaato clinico di CMV (VR1814)). Come bersaglio b deell’infezione sono staate impiegaate cellule endotelialli umane otttenute dallaa vena del cordone c om mbelicale (H HUVEC). I risultati hanno con nfermato che c entramb bi i reagen nti interferisscono con l’ingresso del virrus neutrralizzando l’infezion ne con efficienza boratorio. confrontaabile con quuella osservvata con l’issolato di lab 1,8 1,6 O.D. (450nm) 1,4 1,2 1 0,8 0,6 0,4 0,2 0 Figura 28: Reeattività di allcuni anticorp F pi su proteine totali estrattte da C CMV. Dei 9 surrnatanti neuutralizzanti,, 5 sono sp pecifici per gB o per ggH mentre 4 riconosscono protteine virali attualmente in fase di caratterrizzazione. Tutti i reagenti speccifici per ill CMV iden ntificati sono risultatii essere di G come dimostratto median nte determ minazione immunoisotipo G, enzimatica. Una coltuura secernen nte IgG speecifiche perr CMV, maa non per ggli antigeni gB o gH (CMV5/9G ( G8) è stata scelta per ill clonaggio delle regioni variabili 49 Risultati | 4 delle IgG e il successivo sequenziamento. Questo processo ha consentito di identificare un’unica sequenza non nota sia per le regioni variabili delle catene pesanti che per quelle leggere, indicando che la coltura d’origine è monoclonale. A 10 20 30 40 50 60 .........|.........|.........|.........|.........|.........| MGSTAILALLLAVLQGVCAEVQLVQSGAEVKKPGESLKISCKGSGYTFDSYWIGWVRQMP HCDR1 70 80 90 100 110 120 .........|.........|.........|.........|.........|.........| GKGLEWMGIIYPGDSDTRYSPSFQGQVTISADKSISTASLQWSSLRASDTAMYYCARHTY HCDR2 130 140 150 160 170 180 .........|.........|.........|.........|.........|.........| PGPNSGYDYFEYWGQGTLVTVSSASTKGPSVFPLAPSSKSTSGGTAALGCLVKDYF HCDR3 B 10 20 30 40 50 60 .........|.........|.........|.........|.........|.........| FLLLLWLPDTTGEIVLTQSPATLSLSPGERVTLSCRASQSVYNYLAWYQQKPGQAPRLLI LCDR1 70 80 90 100 110 120 .........|.........|.........|.........|.........|.........| YDASNRATGIPARFSGSGSGTDFTLTISSLEPDEFAVYYCQLRRGTFGQGTKVEIKRTVA LCDR3 130 140 150 .........|.........|.........| APSVFIFPPSDEQLKSGTASV Figura 29: Sequenza amminoacidica delle regioni variabili delle catene pesanti (A) e leggere (B) del clone CMV5/9G8. 50 5 DISCUSSIONE Gli anticorpi monoclonali murini sono entrati a far parte della ricerca e della pratica clinica e un repertorio pressoché illimitato di anticorpi con specificità diverse è stato prodotto sfruttando la tecnica classica di fusione somatica [4]. Il trasferimento della tecnica al modello umano era idealmente il sistema elettivo per la produzione di monoclonali umani. Tuttavia la difficoltà di ottenere linfociti B specifici per antigeni predeterminati e la mancanza di partners di fusione ottimali, hanno reso impossibile la produzione di monoclonali umani mediante fusione somatica. Come approccio alternativo, fin dagli anni „80 è stato impiegato l‟EBV per immortalizzare linfociti B secernenti anticorpi [67]. Ciò nonostante, questo metodo presenta molti limiti inclusi una bassa efficienza di Discussione | 5 immortalizzazione, la difficoltà di ottenere clonalità e generalmente la produzione di anticorpi prevalentemente di isotipo M. Molti diversi approcci sono stati tentati per migliorare le caratteristiche di questi anticorpi, ad esempio producendo ibridi somatici utilizzando cellule di eteromieloma (uomo-topo) per aumentare la sintesi di Ig, o addizionando fattori di crescita al sistema di coltura per aumentare il potenziale clonogenico[68]. Nonostante i numerosi tentativi di ottimizzazione, il metodo di immortalizzazione con EBV non ha raggiunto livelli di efficienza e riproducibilità sufficienti e quindi non è stato utilizzato in modo sistematico; la scelta per la produzione di anticorpi umani si è indirizzata verso tecniche di ingegneria genetica. Anticorpi umanizzati ed umani prodotti mediante tecnologie molecolari presentano notevoli limiti per applicazioni cliniche: anticorpi ricombinanti ottenuti da librerie provenienti da cellule B naive o dopo stimolazione antigenica hanno bassa affinità, mentre anticorpi provenienti da topi ingegnerizzati rappresentano la risposta del topo ad un antigene umano. Entrambe le strategie, quindi, non consentono di ottenere anticorpi con caratteristiche uguali a quelli prodotti naturalmente nel corso della risposta immune fisiologica. Questo aspetto è particolarmente importante nel contesto della risposta contro virus patogeni (quali HIV, CMV, etc.), contro allergeni, contro antigeni tumorali generati nel paziente neoplastico e contro auto-antigeni in pazienti affetti da malattie autoimmuni. Rimane quindi l‟esigenza di un metodo efficiente e riproducibile per la produzione di anticorpi monoclonali selezionati nel corso della risposta immune. Il presente lavoro è consistito nella messa a punto di un metodo efficiente e riproducibile por l‟immortalizzazione di linfociti B umani e la selezione di anticorpi monoclonali con specificità per antigeni di interesse clinico. 52 Discussione | 5 Il primo aspetto considerato è stata la selezione della popolazione di interesse. L‟attenzione è stata rivolta a CD19 e CD22 [69]. L‟analisi citofluorimetrica ha mostrato differenze sostanziali nelle due popolazioni separate utilizzando CD19 o CD22 come marcatore. Immediatamente dopo la purificazione, le cellule CD22+ sono risultate morfologicamente più omogenee delle CD19+, inoltre dopo quattro giorni di stimolazione la popolazione CD22+ presentava un numero maggiore di cellule vive e attivate, rispetto alla popolazione CD19+. È verosimile che la migliore vitalità associata alla selezione positiva con microbiglie anti-CD22 sia dovuta ai diversi effetti che il legame delle molecole ha sulla cellula: è probabile che il legame della molecola CD19 induca la trasduzione di segnali pro-apoptotici nei linfociti B [70-72]. La selezione immunomagnetica dei linfociti B da un campione di sangue periferico da paziente consente di ottenere un numero limitato di cellule, pertanto per espandere le cellule e ottimizzare la fase di infezione, sono stati confrontati stimoli policlonali diversi. Tra le diverse condizioni di coltura analizzate, gli effetti migliori in termini di espansione della popolazione di partenza sono stati ottenuti attivando le cellule con CpG2006+IL-2. Le cellule dell'immunità naturale esprimono recettori (Pathogen Recognition Receptors: PRRs) in grado di riconoscere strutture caratteristiche di gruppi di microrganismi [73]. I "Toll-like receptors" (TLR) rappresentano una delle classi più studiate di PRR [74-78]. Utilizzando specifiche combinazioni di TLR le cellule dell'immunità naturale sono capaci di discriminare tra le varie classi di patogeni e, quindi, di reagire attivando direttamente una risposta in grado di contenere la diffusione del patogeno oppure stimolando e/o indirizzando la risposta immunitaria acquisita. TLR3 e TLR9 sono recettori intracellulari specifici per l'RNA a doppia elica (dsRNA) e per oligodeossinucleotidi ricchi in 53 Discussione | 5 sequenze CpG non metilate (CpG ODN), prodotti comuni del metabolismo di diversi agenti microbici. CpG2006 è un oligonucleotide di sintesi che attiva specificamente il TLR9, un recettore della famiglia TLR espresso preferenzialmente sui linfociti B memoria [63]. Recenti dati della letteratura hanno descritto l‟impiego di attivatori policlonali, quali GpG2006, durante il processo di immortalizzazione [79]; tuttavia i risultati ottenuti hanno dimostrato che la successione delle fasi di purificazione, stimolazione e infezione è cruciale. Infatti la stimolazione dei linfociti B in fase disgiunta e precedente a quella di infezione con EBV è risultata ottimale in termini di efficienza di infezione e di capacità di sintesi delle IgG. Al contrario, l‟attivazione mediata da TLR9 ottenuta contemporaneamente all‟infezione provoca una considerevole riduzione della vitalità e un limitato differenziamento, come dimostrato dall‟analisi citofluorimetrica dell‟espressione di CD23, un marcatore B la cui espressione aumenta in seguito ad attivazione e correla con l‟efficienza di sintesi di IgG [64]. L‟ottimizzazione della fase di infezione è stata ottenuta confrontando il metodo convenzionale di preparazione del virus della linea B95-8 con un metodo che include la stimolazione della protein chinasi C (PKC) mediante un estere del forbolo (PMA) [62]. È noto che solo una ridotta frazione (1-3%) delle cellule B95-8 entra nella fase litica virale e che la PKC gioca un ruolo essenziale nell‟attivazione della cascata litica promossa da EBV [62, 80]. Di conseguenza l‟impiego del PMA, un potente agonista della PKC, provoca l‟attivazione del ciclo litico di EBV [81]. La stimolazione con PMA ha permesso di generare un numero maggiore di particelle virali attive rispetto ai metodi classici utilizzati per il processo di immortalizzazione. Una volta ottenuta la linea linfoblastoide policlonale rappresentativa dell‟intero repertorio immunologlobulinico del paziente, per poter identificare ed isolare la specificità di interesse è necessario effettuare il 54 Discussione | 5 clonaggio delle cellule. Poiché le cellule trasformate con EBV hanno una intrinseca difficoltà di crescita clonale [82], è stato necessario eseguire semine a 20 cellule per pozzetto in presenza di cellule di supporto allogeniche irradiate. L‟intero processo di produzione di anticorpi monoclonali umani è stato applicato con successo per la produzione di mAb diretti contro il citomegalovirus umano (HCMV). Il citomegalovirus, appartenente alla famiglia degli herpesvirus, è ubiquitario, altamente specie-specifico e riconosce l‟uomo come unico ospite. Il suo ciclo replicativo è diviso in tre fasi: molto precoce, precoce e tardiva. L‟infezione da CMV (schematicamente riassunta nella Figura 30) è endemica in tutto il mondo [83]. gH/gL/gO gB gM/gN HSPGs EGFR o altri? Integrine TLRs Figura 30: Schema ipotizzato nell‟infezione da CMV; gB e gH sono coinvolte nel riconoscimento da parte del virus dei recettori per l‟ingresso nella cellula. La prevalenza degli anticorpi aumenta con l‟età con differenze legate in massima parte all‟area geografica ed alla razza: in genere la prevalenza di sieropositività è maggiore nei paesi in via di sviluppo e nei ceti a più basso livello socioeconomico. Il primo contatto con il virus provoca un‟infezione primaria, mentre l‟infezione ricorrente si verifica in soggetti 55 Discussione | 5 già infettati o per riattivazione di ceppi endogeni latenti o per reinfezione con un nuovo ceppo [84]. Generalmente l‟infezione da CMV non ha rilevanza clinica, mentre riveste notevole interesse clinico in particolari contesti: Nello sviluppo intrauterino durante il quale feti le cui madri abbiano contratto l‟infezione in gravidanza possono sviluppare patologie da CMV talora fatali o avere gravi complicazioni durante la gravidanza [85]. Il CMV è la più diffusa causa di infezione virale nei pazienti trapiantati. La frequenza di infezione è molto elevata in seguito a trapianto di rene [86], fegato [87, 88], cuore [89] e midollo [90]. Una delle più gravi manifestazioni cliniche è la polmonite interstiziale che si verifica inseguito a trapianto di midollo [91]. Il CMV costituisce la più frequente causa di infezione congenita del neonato. La sua incidenza varia dallo 0.2 al 2.5%; negli USA si calcola un‟incidenza di infezione dell‟1%, corrispondente a 40.000 casi/anno. In Italia una stima approssimativa indica un‟incidenza di 1.000 casi/anno. L‟infezione congenita può essere la conseguenza sia di un‟infezione primaria che di un‟infezione ricorrente, tuttavia la trasmissione verticale conseguente ad infezione primaria è molto più frequente (40-50%) di quella conseguente ad infezione ricorrente (<1%) e comporta maggiori rischi di danno feto-neonatale. Si ha inoltre un ulteriore 3-5% di casi di infezione conseguente a trasmissione perinatale, più in particolare l‟infezione si verifica nel 25-50% dei neonati che vengono in contatto con le secrezioni vaginali infette al momento del parto e nel 30% dei nati da madre infetta allattati al seno [92]. 56 Discussione | 5 Il 90% dei neonati con infezione congenita da CMV sono asintomatici alla nascita, tuttavia di questi il 10-15% presenterà effetti a distanza. Tra le manifestazioni più importanti ricordiamo la sordità neurosensoriale che può comparire dopo il primo anno di vita in forma moderata o grave, spesso bilaterale [93]. Il rischio di infezione sintomatica correla con la precocità dell‟infezione materna in corso di gravidanza. Frequentemente si ha iposviluppo endouterino e prematurità, altrettanto frequenti sono microcefalia e calcificazioni endocraniche. Alla nascita è presente epatomegalia con alterazione degli indici di funzionalità epatica, a cui si può associare splenomegalia, spesso persistente. In genere alla nascita è presente piastrinopenia con petecchie e porpora, che persiste anche per settimane. La metà dei bambini sintomatici alla nascita presenterà sordità, il 70% microcefalia, il 61% deficit mentale, il 35% problemi neuromuscolari, il 22% corioretinite o atrofia ottica, 1% calcificazioni celebrali che quando presenti si accompagnano a ritardo mentale ed occasionalmente ad idrocefalo, difetti nella dentizione e carie nel 40%. L‟interesse clinico per l‟infezione da CMV e la mancanza di terapie specifiche efficaci, ci hanno indotti ad applicare la metodologia sviluppata per produrre anticorpi monoclonali specifici per CMV e dotati di attività neutralizzante. Poiché il 60% della popolazione presenta anticorpi specifici per CMV, non è stato necessario ricorrere all‟impiego di sangue da individui infetti, ma è stato possibile selezionare un individuo fra i donatori di sangue. La scelta del donatore si è basata sulla valutazione del titolo anticorpale CMV-specifico e sulla valutazione della frequenza di cellule antigenespecifiche mediante ELISpot. L‟analisi del repertorio immunoglobulinico del donatore è stata effettuata su 1366 cloni cresciuti in 40 piastre da 96 pozzetti seminate a 20 cellule per pozzetto. Lo screening è stato condotto valutando la reattività dei surnatanti di coltura su proteine totali estratte da CMV e sugli antigeni virali 57 Discussione | 5 ricombinanti gB e gH, che rappresentano 2 delle 4 glicoproteine espresse sull‟envelope virale e che mediano l‟ingresso del virus in cellule permissive [94]. I risultati dello screening hanno dimostrato che il 6% dei cloni analizzati sono CMV-specifici e tra questi circa il 50% riconosce gB, il 15% riconosce gH e la frazione restante riconosce antigeni virali attualmente in corso di caratterizzazione. Gli anticorpi CMV-specifici sono stati utilizzati in un saggio di neutralizzazione in vitro, tra questi, 9 sono risultati neutralizzanti l‟infezione virale prodotta da un isolato di laboratorio di CMV (AD169). La valutazione del potenziale neutralizzante verso l‟infezione virale di un isolato clinico di CMV (VR1814) ha evidenziato che due anticorpi neutralizzano con la stessa efficienza (>70%) l‟infezione virale dell‟isolato di laboratorio e di quello clinico. Tutti gli anticorpi selezionati sono risultati essere di isotipo G. Al fine di determinare la clonalità dei reagenti di interesse, le regioni variabili di due anticorpi specifici per gB e gH sono state clonate e sequenziate. I risultati hanno confermato che le IgG prodotte sono clonali. In conclusione, la metodologia sviluppata consente di produrre anticorpi monoclonali umani dal repertorio delle cellule B e quindi dotati di caratteristiche identiche a quelli prodotti naturalmente nel corso della risposta immune. Il metodo è efficiente e può essere applicato anche disponendo di un numero limitato di cellule di partenza. Gli anticorpi ottenuti con questo metodo possono costituire il punto di partenza per lo sviluppo di anticorpi ingegnerizzati interamente umani per impieghi clinici. 58 BIBLIOGRAFIA 1. Nicholls, E.M., The evolution of an immune system. Med Hypotheses, 1979. 5(2): p. 225-35. 2. Lowell, G.H., et al., Antibody-dependent cell-mediated antibacterial activity of human mononuclear cells. I. K lymphocytes and monocytes are effective against meningococi in cooperation with human imune sera. J Exp Med, 1979. 150(1): p. 127-37. 3. Heiner, D.C., IgG subclass composition of intravenous immunoglobulin preparations: clinical relevance. Rev Infect Dis, 1986. 8 Suppl 4: p. S391-5. 4. Kohler, G. and C. Milstein, Continuous cultures of fused cells secreting antibody of predefined specificity. Nature, 1975. 256(5517): p. 495-7. 5. Antczak, D.F., Monoclonal antibodies: technology and potential use. J Am Vet Med Assoc, 1982. 181(10): p. 1005-10. 6. Van Meurs, G.J. and M. 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