Earthquake
la più brutta cosa
radiodramma per voci recitanti,
strumenti e suoni elettronici
Scena 1 (2'30”)
Introduzione elettroacustica.
Compositore: Manuel Ferretti
Montaggio-01
Pedale dell'organo in crescendo fino al fortissimo.
Organo: Gabriele Agrimonti
Scena 2 (1'30”)
Tappeto dell'ensemble, inizia come risonanza del fortissimo dell'organo
Montaggio audio delle testimonianze de L'Aquila.
Scena-02
Montaggio-02
Primo intermezzo musicale (1'30”)
“Terra trema”, canzone per voce e ensemble
Voce: Beatrice Ferrari, Elisa Sandrini
trema terra,
trema il corpo fragile,
gli occhi chiedono quando finirà
scorre l'ansia
corre un tempo inutile
nell'oscurità
Buio, freddo,
nella nuda terra, nel silenzio;
come lame pietre ti circondano.
Corri, scappa,
fuggi col pensiero della vita,
la speranza non abbandonare mai.
Col pensiero fuggi,
corri verso la tua libertà.
Canzone-01
Scena 3 (30”)
Una voce recitante legge i primi versi del “Poema sul disastro di Lisbona” di
Voltaire.
Nessun commento sonoro
Beatrice Ferrari:
“Poveri umani! e povera terra nostra!
Terribile coacervo di disastri!
Consolatori eterni di inutili dolori!
Filosofi che osate gridare tutto è bene,
venite a contemplare queste rovine orrende:
muri a pezzi, carni a brandelli e ceneri.
Donne e infanti ammucchiati uno sull'altro
sotto pezzi di pietre, membra sparse;
centomila feriti che la terra divora,
straziati e insanguinati ma ancor palpitanti,
sepolti dai lor tetti, perdono senza soccorsi,
tra atroci tormenti, le lor misere vite.”
Scena 5 (1.30”)
Luca Benati: “Scala Richter: A differenza della scala Mercalli, che valuta l'intensità del sisma
basandosi sui danni generati dal terremoto e su valutazioni soggettive, la magnitudo Richter tende
a misurare l'energia sprigionata dal fenomeno sismico su base puramente strumentale.”
Due voci recitanti leggono, alternandosi, gli effetti della scala Richter
Crescendo dell'ensemble su ostinato di pianoforte e contrabbassi,
Scena-05
Compositore: Zaccheo Bignami
Luca Benati:
Magnitudo 0- 1,9
Elisabetta
Zanardi:
può essere registrato solo mediante adeguati apparecchi.
L.B
Magnitudo 2- 2,9
E.Z.
solo coloro che si trovano in posizione supina lo avvertono; un pendolo si
muove
L.B
Magnitudo 3- 3,9
E.Z.
poca gente lo avverte come un passaggio di un camion; vibrazione di un
bicchiere
L.B
Magnitudo 4- 4,9
E.Z.
normalmente viene avvertito; un pendolo si muove notevolmente; bicchieri
e piatti tintinnano; piccoli danni
L.B
Magnitudo 5- 5,9
E.Z.
tutti lo avvertono; molte fessurazioni sulle mura; crollo parziale o totale di
poche case; alcuni morti e feriti
L.B
Magnitudo 6- 6,9
E.Z.
tutti lo percepiscono; panico; crollo delle case; morti e feriti; onde alte
L.B
Magnitudo 7- 7,9
E.Z.
panico; pericolo di morte negli edifici; solo alcune costruzioni rimangono
illese; morti e feriti
L.B.
Magnitudo 8- 8,9
E.Z.
ovunque pericolo di morte; edifici inagibili; onde alte sino a 40 metri
L.B.
Magnitudo 9 e superiore
E.Z.
totale allagamento dei territori in questione o spostamento delle terre e
numerosissimi morti. Pochi sopravvissuti, danni letali a tutta la
popolazione, caos, panico, tra la popolazione dell'intero paese e
continente.“
Scena 6 (2')
Una voce recitante legge questa testimonianza del terremoto di Ischia.
Il commento sonoro dell'ensemble é diviso in due parti, nella seconda le
cinque frasi sono recitate sullo stesso giro di la minore, che si ripete ogni
volta con l'aggiunta di una parte strumentale.
Scena-06
Compositore: Dan Donica
Elisabetta Zanardi: “Ischia, 28 luglio 1883, le nove e mezza della sera.
All'improvviso un rombo cupo e profondo; un boato orribile e tremendo come una specie di mina
che esplodendo sotto i piedi volesse sprofondare e inabissare la terra, accompagnata dall’urto
strisciante di vento che tagliava gli arti ed il tronco. Contemporaneamente un moto sussultorio ed
ondulatorio, uniti al vorticoso, produssero rumore assordante che ripercuotendosi risuonava con un
tono metallico speciale, fragoroso; in soli 13 secondi ebbe termine l’opera istantanea di
distruzione, d’inaudito terrore e di generale desolazione.
Nel medesimo tempo si sollevò un polverio denso, opprimente, immenso e la più completa
oscurità sorprese ogni superstite nel luogo ove si trovava..
vagando tra le macerie senza meta ognuno barcollando cadeva e l’isola intera fu coperta in dieci
minuti da un vasto lenzuolo di morte e sepolcrale silenzio...
i tetti, le travi, le mura, le volte ed i lastrichi si aprirono in varie direzioni e tutto fu lanciato in aria
a vari metri d’altezza in guisa di piume lasciando in terra profonde voragini, orrendi spechi...
Precipitavano confusi insieme uomini, donne, fanciulli, fino a raggiungere abbracciati ed
ammonticchiati i pianoterra o le sottostanti cantine restando lì sepolti e coperti dalle macerie..
le macerie formarono monti di rovine che furono la pietra sepolcrale di tanti infelici. Le vie erano
scomparse, i rottami dei fabbricati le avevano ingombrate fino a farne sparire ogni traccia.”
Scena 7 (2')
Le voci recitanti leggono questa testimonianza dei lutti di Benedetto Croce e
Gaetano Salvemini.
Luca Benati:
“Ieri fu trasportato a Napoli anche il figliuolo primogenito del Commendator Croce; egli è
gravemente ferito a una gamba a ad un braccio. Perirono il Comm. Croce, la moglie e la figlioletta.
Il giovinotto superstite di questa ricchissima famiglia foggiana, stabilita da lunghi anni a Napoli,
conserva una memoria precisa dell'accaduto. La madre e la sorella sparirono nel vortice del
crollamento, egli, che era seduto ad un tavolino insieme con il padre, precipitò. Il padre fu coperto
tutto dalle macerie, ma parlò dalle nove e mezzo del sabato fino alle undici antimeridiane del
giorno successivo. Benedetto era sepolto fino al collo dalle pietre, aveva però il capo fuori di esse.
Il giovinotto fu estratto dalle rovine verso mezzogiorno, poco prima che il padre avesse cessato di
parlare. Si racconta che con un gran senso pratico dicesse al figlio “offri centomila lire a chi ti
salva”.
Iniza il commento sonoro (???)
Scena-07
Compositore: Elisabetta Zanardi e Monia Savi (???)
Beatrice Ferrari:
“in quegli anni mi giungevano spesso all'orecchio dei racconti su Croce e su Gaetano Salvemini, in
un certo senso due antagonisti, senza dubbio due tra le personalità più notevoli della vita
intellettuale italiana durante il fascismo. Nel 1883, Croce, che allora era un ragazzino, aveva perso
i genitori e la sorella nel terremoto di Ischia. Nel 1908 Salvemini aveva perso la moglie e tutti i
cinque figli nel terremoto di Messina. Una persona che li conosceva bene tutti e due parlava di una
“strana sensazione” che si insinuava sempre in ogni conversazione prolungata fra di loro: “Come
se, qualsiasi fosse l'argomento della conversazione, dovesse sopraggiungere un breve attimo di
totale smarrimento, durante il quale sia Croce che Salvemini avevano lo stesso identico sguardo
sospeso nel vuoto...”
Secondo intermezzo musicale (30”)
“Terra trema”, solo primo ritornello, per ensemble
Scena 8 (2'30”)
Montaggio delle registrazione di Carpi e registrazione della ragazza di Novi,
riportata senza elaborazioni.
Nessun commento musicale (eventualmente brevi e leggere imrpvvisazioni
del cb. Nella prima parte)
Montaggio-08
Scena 9 (1'30”)
Lettura della testimonianza della ragazza de L'Aquila rimasta sepolta per 23 ore.
Commento musicale dell'organo.
Organo e compositore: Gabriele Agrimonti
Elisabetta Zanardi: “dopo la scossa delle undici assieme alle mie coinquiline che però
purtroppo non ce l'hanno fatta abbiamo parlato tra di noi e abbiamo cercato di tranquillizzarci e poi
ognuno di noi è andato a dormire credendo ovviamente che il mattino dopo ci saremmo dati il
buongiorno...
All'improvviso c'è stato questo boato fortissimo del terremoto e del palazzo che crollavano insieme
e quindi è stato un rumore assordante...
quindi il crollo di questo palazzo inizialmente il mescolarsi delle voci di chi era ancora vivo, le
urla eccetera finché c'è stato il silenzio totale...
poi io alle sette e trenta di mattina ho iniziato a sentire il mio cellulare che squillava era la sveglia
perché avevo il telefono spento e quindi questa sveglia che ogni dieci minuti si ripeteva e che mi
ha dato la cognizione del tempo e mi faceva rimanere sveglia...
Paura di morire l'ho avuta quando ero sotto le macerie perché era più che altro una paura legata
alla solitudine lì sotto, al rimanere lì, alla paura che non arrivasse nessuno a soccorrermi, però poi
per fortuna non è stato così...
Sono stata estratta 23 ore dopo dal gruppo alpino speleologico, loro hanno lavorato di continuo per
estrarmi, hanno lavorato per 15 ore dal momento in cui mi avevano localizzata rischiando anche
loro la vita perché le scosse continuavano...
pensavo che mi dovessi salvare e la certezza che la mia famiglia fosse lì fuori è quello che mi ha
spronata a combattere fino alla fine...
pensavo che questa era una battaglia tra me e la vita e che quindi dovevo vincerla, dovevo fare il
possibile, certo ci sono stati momenti di scoraggiamento, però alla fine il credere e lo sperare di
farcela mi hanno aiutata...”
Fine