“MICRO INQUINANTI NELLE ACQUE POTABILI: IL CASO DELL’ARSENICO” È di attualità il problema dell’inquinamento delle “acque” nel bacino idrogeologico che comprende l’area sud-ovest dei castelli Romani ed il nord Pontino: è recente il problema dei vermi nelle acque potabili, della Salmonella (famiglia di Bacilli Gram-negativi, asporigeni ed anaerobi) isolata nei fossi, e precedentemente dell’elevato tenore di Arsenico, Fluoruri e Vanadio riscontrato nelle acque pubbliche. È opportuno fare chiarezza sull’argomento. Dal punto di vista della provenienza le acque si distinguono in Acque profonde Queste acque vengono generate in seguito al processo di penetrazione/infiltrazione dell'acqua nel suolo e nelle rocce sottostanti. Le acque che si infiltrano nel suolo penetrano nel sottosuolo attraverso strati superficiali di terreni e rocce permeabili, la cui permeabilità dipende dalla granulometria, dal grado di fratturazione e dalla porosità. Le sottostanti rocce impermeabili e poco porose accolgono e trattengono l'acqua che penetra e scende per gravità negli interstizi fra i loro granuli e nelle piccole fessure senza lasciarla passare, formando una falda freatica, dalla quale si può attingere acqua con pozzi poco profondi. In alcuni casi le acque superficiali penetrano in profondità e si raccolgono in uno strato poroso compreso fra due strati impermeabili. Perforando lo strato impermeabile di copertura è possibile, per effetto delle pressioni autoindotte far risalire l'acqua fino in superficie attraverso i famosi pozzi artesiani. Le acque sotterranee si considerano dal punto di vista della loro origine e si possono distinguere in vadose, cioè poco profonde (acque superficiali originate da fenomeni atmosferici) ed acque giovanili che si originano nell'interno della terra per riscaldamento delle rocce. Nel territorio Apriliano esistono a profondità diverse in funzione dell’altimetria del suolo sacche di acqua vadose (tra 10 e 15 metri) generalmente statiche ed inquinate, vene superficiali (tra 25 e 40 metri), troppo spesso perforate da pozzi privati, e la falda vera e propria tra 50 e 75 metri sotto il piano di calpestio, che alimentano per tramite di pozzi controllati l’acquedotto comunale. Acque sorgive Le acque sorgive possono ritenersi derivate dalle acque meteoriche le quali, penetrando nel terreno, secondo il meccanismo precedentemente illustrato, affluiscono spontaneamente o artificialmente da zone limitate del suolo (sorgenti e pozzi). A seconda della natura delle rocce e della profondità a cui penetrano le acque meteoriche possono mineralizzarsi in modo differente. Le sorgenti sboccano in superficie spontaneamente e possono dare acqua potabile, o acque minerali, termali o termominerali non necessariamente adatte all’uso umano. L'origine delle sorgenti può essere collegata a cause geologiche e topografiche diverse. I casi più frequenti sono dati dalle sorgenti di deflusso, quando uno strato impermeabile inclinato affiora lungo un versante di una valle e fa scolare l'acqua accumulata entro le rocce sovrastanti. Le sorgenti di sbarramento sono dovute ad un ostacolo laterale, quale ad esempio una faglia, che fa accumulare e affiorare l'acqua. Le sorgenti di trabocco sboccano ai lati di un letto concavo che raccoglie più acqua di quanta ne possa contenere. Le sorgenti carsiche lasciano traboccare le acque che sono penetrate in un rilievo attraverso le cavità presenti nelle rocce calcaree erose dal carsismo. Nel territorio Apriliano sono note alcune di queste situazioni. Acque superficiali Per solo diritto di cronaca citiamo tra esse le acque marine, fluviali e lacustri, la cui origine e provenienza è nota ed intuitiva, ma che non sono presenti nel territorio Apriliano I fossi naturali e perenni, presenti in grande abbondanza sul territorio, sono una sottospecie di acque di fiume, acque correnti, e sono costituite da acque sorgive naturali miste a quelle provenienti, nel nostro caso dalle sole acque piovane. Tali acque correnti, oltre a contenere sostanze minerali disciolte, trasportano in sospensione detriti inorganici ed organici di origine naturale, ma sono anche il collettore a mare di ogni tipologia di scarico antropogenico, di derivazione urbana, agricola ed industriale. Dal punto di vista degli usi le acque emunte si classificano in acque industriali, agricole, minerali, termali, oltre che in: Acque potabili Un'acqua si dice potabile (ovvero idonea all’uso umano) quando, oltre a possedere sapore, colore e limpidezza che la rendono grata al gusto e alla vista e a non avere odore spiacevole, abbia composizione adatta a soddisfare i bisogni fisiologici dell'organismo e non possa recare a questo alcun danno o malattia per la presenza in essa di germi patogeni o sali minerali disciolti in dosi superiori alla tollerabilità umana. I parametri che si studiano in questi tipi di acque si distinguono in: organolettici; apprezzabili con i sensi (limpidezza, mancanza di odore e sapore, ecc.); fisici; tra cui il più importante è la temperatura che dovrebbe mantenersi tra 7 e 15°C; chimici, che rivelano la presenza di sostanze minerali che, se presenti in grande quantità, rendono l'acqua non adatta alla sua funzione nell'organismo, tra cui i famosi sali si Arsenico, Vanadio e Fluoro; biologici, che indicano se l'acqua è pura e se contiene germi o batteri patogeni. Non sempre le acque da adibire ad uso potabile possiedono tutti i requisiti necessari, riassunti oggi nel Testo Unico sull’Ambiente, D.Lgs. 152/2006 in recepimento del precedente D.Lgs n° 31 del 02.02.2001, soprattutto se si tratta di acque superficiali o provenienti dal sottosuolo, imponendo al gestore l’impiego di opportuni trattamenti migliorativi. Acque di scarico Un'acqua di scarico è ovviamente ad uso non potabile, e rappresenta il refluo derivante da qualsiasi attività antropogenica. A loro volta le acque di scarico si dividono in "Acque reflue domestiche" se provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano, in "Acque reflue industriali" se scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali, artigianali o industriali, contenenti tenori maggiori di sostanze pericolose. La normativa di riferimento per la gestione delle acque reflue, i cui oneri sono in capo al produttore (pubblico o privato) del refluo (civile o manifatturiero) è ad oggi il D.Lgs. 152/2006 noto come Testo Unico per l’Ambiente, che fissa, tra l’altro, in varie tabelle in allegato 5, i limiti massimi di riferimento per tipologia di scarico. È un grave reato contro l’ambiente, e come tale contro il patrimonio pubblico e la collettività, attivare, anche quali singoli cittadini, scarichi non autorizzati e/o con concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti previsti. La situazione delle nostre acque L’esperienza ormai ventennale condotta personalmente nel settore, per altro nell’azienda di famiglia operante dal lontano 1974, mi permette di affermare liberamente che ancora oggi troppi sono gli scarichi abusivi, principalmente artigianali e civili, che quotidianamente minano alla salute pubblica, generando inquinamento. Anche in questo caso è però opportuno essere precisi, definendo l'inquinamento in generale come “un'alterazione dell'ambiente, di origine antropica o naturale, che produce disagi o danni permanenti per la vita di una zona e che non è in equilibrio con i cicli naturali esistenti”. Di per se non esiste una sostanza inquinante, ma è l'uso di qualsiasi sostanza o un evento che possono essere inquinanti: è inquinamento tutto ciò che è nocivo per la vita o altera in maniera significativa le caratteristiche fisico-chimiche dell'acqua, del suolo o dell'aria, tale da cambiare la struttura e l'abbondanza delle associazioni dei viventi o dei flussi di energia e soprattutto ciò che non viene compensato da una reazione naturale (comunque chimica) o antropica adeguata che ne annulli gli effetti negativi totali. Benché possano esistere cause naturali che possono provocare alterazioni ambientali sfavorevoli alla vita, il termine "inquinamento" si riferisce in genere alle attività antropiche. Generalmente si parla di inquinamento quando l'alterazione ambientale compromette l'ecosistema danneggiando una o più forme di vita. Allo stesso modo, a volte impropriamente, si considerano atti di inquinamento quelli commessi dall'uomo ma non quelli naturali (emissioni gassose naturali, aumento delle concentrazioni di sali disciolti nelle acque di falda per azione del dilavamento delle rocce). Sempre impropriamente e con molta superficialità è facile attribuire all’inquinamento o alle sostanze pericolose l’aggettivo “chimico”, nell’errato significato di “cattivo – pericoloso – dannoso – artefatto”. Quando si parla di sostanze inquinanti solitamente ci si riferisce a prodotti della lavorazione industriale (o dell'agricoltura industriale), ma è bene ricordare che anche sostanze apparentemente innocue possono compromettere seriamente un ecosistema: per esempio latte o sale versati in uno stagno. Inoltre, gli inquinanti possono essere sostanze presenti in natura e non frutto dell'azione umana. Infine ciò che è velenoso per una specie può essere vitale per un'altra: le prime forme di vita immisero nell'atmosfera grandi quantità di ossigeno come prodotto di scarto per esse velenoso. In teoria tutte le attività e l'ambiente costruito dall'uomo costituiscono inquinamento dell'ambiente naturale, in quanto interagiscono con lo stesso, mutandone la sua conformazione originaria. Tuttavia in alcuni casi il costruito può coesistere "in armonia" con la struttura naturale, nel senso che non altera gli equilibri preesistenti nell'ambiente naturale o addirittura può contribuire a preservarli. La definizione di inquinamento dipende dal contesto, ovvero dal sistema naturale preso in considerazione e dal tipo di alterazioni introdotte Basta parlare (e scrivere sulla stampa locale) di “Inquinamento chimico” come una cosa derivata dalla volontà di chissà quale malefico collega, e non come una conseguenza del progresso indiscriminato asservito alla logica degli affari e del profitto, cui proprio i chimici professionisti, al pari di altre professionalità, tentano quotidianamente di porre rimedio. Basta con la “Guerra Chimica” intesa come quella cattiva, a fronte di quella convenzionale (ci si chiede poi se la guerra possa essere buona se non è chimica?). Nell’immaginario collettivo oggi tutto ciò che è “biologico” e buono, ciò che è “medico” è indiscutibile, ciò che “ingegneristico” è tecnicamente avanzato, la Chimica è invece cattiva, pericolosa, inquinante: spiacente di contraddirvi, ma NON è COSì!! Partendo da una celeberrima frase del frate minatore Filippo Aurelio Teofrasto Bombasto von Hohenheim, meglio noto come Paracelso, forse il primo igienista industriale della storia, "Omnia venenum sunt: nec sine venenum quicquam existit. Dosa sola facit, ut venenum non fit“ “Tutto è veleno, non esiste nulla che sia veleno. Solo la dose fa ciò che il veleno non fa” Si deduce che nessuna sostanza chimica, o non chimica (sfido chiunque ad individuare una sostanza in natura che non sia chimica, sulla base dei postulati di Mendeleev) è velenosa di per se, bensì è la dose che ne determina la pericolosità. In questa ottica si inquadra per l’appunto il problema di Arsenico e Fluoruri, entrambi presenti da sempre, ma a nostra insaputa, nelle falde della zona, a seguito del dilavamento delle rocce impermeabili di origine vulcanica. Entrambi sono da qualche anno additati come i maggiori responsabili dell’inquinamento delle nostre acque, ma nessuno ha la responsabilità della loro presenza. Il Fluoro, per altro, è abitualmente usato come additivo terapeutico in alcuni prodotti di largo consumo. Ricorrente, per gli stessi motivi di origine geologica, ma in acque più superficiali, ed in soli pozzi privati, è il superamento dei limiti di tollerabilità per Calcio, Magnesio e più di rado Cloruri. Sempre localmente, e sempre in acque poco profonde è possibile riscontrare pozzi con il superamento dei limiti di concentrazione massima ammissibile per Ammoniaca, Nitriti e Nitrati, indici di un forte inquinamento microbiologico rispettivamente in corso o pregresso. Oltre a ciò non risultano per l’esperienza dello scrivente diffuse tipologie di inquinamento da sostanze chimiche di origine non naturali), benché localmente sia possibile riscontrare concentrazioni limite di Metalli Pesanti, Pesticidi, Sostanze Organiche ad elevato peso molecolare. Si ricordano nel tempo (in Aprilia) i casi di alcuni pozzi di via Genio Civile (es. via Bacchiglione e l’area da via Esimo e via Astura), i terreni limitrofi alla via del commercio, assunti a notorietà a seguito di alcune culture agricole viziate da strani fenomeni cromatici, oltre ai fenomeni di inquinamento delle acque superficiali collegabili alla dismessa e mai bonificata discarica di via della Moletta. Molto più diffusi, e non di origine naturale, sono i casi di inquinamento da agenti biologici presenti in molte acque di falda, generato dal proliferare di scarichi abusivi, fosse a dispersione ed a volte veri e propri pozzi neri. Tale forma di inquinamento mostra un andamento progressivo negli anni, che via via sta recentemente interessando anche le acque di falda, relativamente alle aree più a valle. Più grave sembra essere la situazione dei fossi, dove al di là della Salmonella e di altri inquinanti microbiologici, è possibile la presenza di pesticidi, metalli pesanti, olii ed idrocarburi di ogni specie (alifatici, aromatici, alogenati, ecc..), di comune derivazione industriale, artigianale, agricola e urbana. “IL CASO DELL’ARSENICO” L'arsenico è l'elemento chimico di numero atomico 33. Il suo simbolo è As. È un metalloide (non metallo) che si presenta in tre forme allotropiche diverse: gialla, nera e grigia. L'arsenico elementare si trova in due diverse forme solide; gialla e grigia/metallica, le cui densità relative sono rispettivamente 1,97 e 5,73. L'arsenico può essere trovato naturalmente sulla terra in piccole concentrazioni. Si presenta nel terreno e in minerali e può entrare nell'aria, nell'acqua e nella terra attraverso fenomeni di erosione (nelle falde) o per trasporto delle polvere dal vento e per scorrimento superficiale. L'arsenico nell'atmosfera proviene da varie fonti: i vulcani liberano circa 3.000 tonnellate all'anno ed i microorganismi liberano metilarsine volatili nella misura di 20.000 tonnellate all'anno, 80.000 tonnellate di arsenico all'anno sono liberate dalla combustione dei combustibili fossili. Principali usi dell’arsenico: Vari insetticidi e fitofarmaci agricoli. L'arseniuro di gallio è un importante semiconduttore, usato nei circuiti integrati. I circuiti realizzati in arseniuro di gallio sono molto più veloci (e molto più costosi) di quelli realizzati in silicio. A differenza del silicio, possono essere utilizzati nei diodi laser e nei LED per convertire direttamente l'elettricità in luce. Il triossido di arsenico è stato impiegato per la cura della leucemia promielocitica acuta in pazienti resistenti alla terapia con l'acido trans-retinoico. Il triossido di arsenico è impiegato in Australia come agente per la disinfestazione delle case dalle termiti. È usato in alcune leghe. È usato anche nella realizzazione di fuochi d'artificio. L'arsenico e molti dei suoi composti sono veleni particolarmente potenti. Elementi di Tossicologia L'arsenico uccide danneggiando in modo gravissimo il sistema digestivo ed il sistema nervoso, portando l'intossicato alla morte per shock. Composti contenenti arsenico sono cancerogeni e in particolare, sono implicati nella patogenesi del carcinoma della vescica, del carcinoma mammario di alcune neoplasie dell'apparato tegumentario. Una estesa letteratura scientifica disponibile su prestigiose riviste internazionali ha ormai provato che l'esposizione cronica all'arsenico ha effetti multipli sulla salute: riduce le difese antiossidanti dell'organismo, dato che l'arsenico ha una elevata affinità per i gruppi sulfidrilici delle proteine e di metaboliti endogeni come il glutatione; provoca stress ossidativo direttamente nell'ambiente intracellulare, inattivando diversi enzimi coinvolti nelle reazioni di ossidoriduzione (deidrogenasi, mono-ossigenasi, ecc.); interferisce pesantemente con i meccanismi endocrini regolati dagli estrogeni (da cui il sospetto che possa causare tumori alla mammella); non ultimo, può attaccare direttamente i filamenti di DNA e provocarne lesioni combinate di vario tipo. Non esiste una sostanza di per sé inquinante, ma è l'uso di qualsiasi sostanza o un evento che possono essere inquinanti: è inquinamento tutto ciò che è nocivo per la vita o altera in maniera significativa le caratteristiche fisico-chimiche dell'acqua, del suolo o dell'aria. Generalmente la dose di arsenico considerata letale e' pari a 100 mg. 1 mg = 1.000 mg 100 mg = 100.000 mg Elementi normativi Il Decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001, modificato e integrato con successivo D.Lgs. n. 27/02, disciplina la qualità delle acque potabili destinate al consumo umano garantendone la salubrità e la pulizia. Questo decreto legge, in recepimento della Direttiva europea 98/83/CE, dal dicembre 2003 ha abbassato il limite previsto per l’arsenico nelle acque potabili da 50 a 10 μg/l, proprio in considerazione della sua cancerogenicità e dell’evidente rischio per la salute umana. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) fornisce chiare indicazioni riguardo alla tossicità dell’arsenico nelle acque potabili ed indica come accettabile e solo in via transitoria, il valore da 1 a 10 microgrammi/litro di As nelle acque destinate a consumo umano mentre auspica valori tra lo 0 e i 5 microgrammi/litro come obiettivo realistico, in considerazione delle attuali problematiche di dearsenificazione e dell’incertezza relativa al rischio per la salute umana determinato da esposizioni anche a bassissime concentrazioni di questo elemento La Regione Lazio sin dal 2003 ha fatto ricorso all’istituto della deroga, che ha innalzato il limite previsto dal D.Lgs. n. 31/2001 da 10 a 50 ppb per l’As (ma anche i limiti per altri elementi quali: il Fluoro, il Vanadio, il Selenio) e di fatto ha reso potabili per deroga acque che in realtà non lo sono. I periodi di deroga sono concessi perché i gestori presentino ed attuino piani di rientro mediante idonee tecnologie di trattamento delle acque captate e/o individuando nuove risorse idriche sostitutive che permettano di assicurare acque salubri e pulite. Durante i periodi di deroga dunque devono essere individuate e realizzate le soluzioni definitive per le problematiche per le quali la deroga stessa è concessa. Le popolazioni sul cui territorio ricadano i provvedimenti di deroga devono essere sempre prontamente avvisate ed informate (art. 13 comma 11 del D. Lgs. 31/2001). I rimedi per il nostro rubinetto Le acque possono essere depurate dalla presenza dell’arsenico (come di altre sostanze tossiche). Sono attualmente disponibili molte soluzioni tecnologiche, che, con procedimenti e metodiche diversificate, riescono a riportare nei limiti indicati dal D.Lgs. n. 31/2001 i valori dell’arsenico. Le metodiche più utilizzate sono: la precipitazione, i processi a membrana, i processi di adsorbimento, la rimozione biologica, i processi a scambio ionico. Tutte queste tecniche presentano elevate percentuali di rimozione dell’arsenico che possono arrivare sino al 99% del totale. Dr. Fabrizio Martinelli Presidente dell’Ordine Interregionale dei Chimici Di Lazio – Abruzzo – Umbria - Molise