Modelli cognitivi, educazione finanziaria e previdenza comportamentale Scelte di investimento e regole di tutela Convegno CONSOB- Associazione Disiano Preite Milano, 30 Novembre 2010 Barbara Alemanni Università degli Studi di Genova e SDA Bocconi Agenda • Modelli cognitivi e preferenze • Educazioni finanziaria e best practices: intenzioni vs azioni • Architettura delle scelte e pensioni L’analfabetismo finanziario • Le decisioni se risparmiare, quanto risparmiare, come allocare i risparmi sono decisioni complesse • La complessità genera ritardo e spesso inerzia Lusardi e Mitchell (2009) mostrano che i soggetti dalla cultura finanziaria più elevata sono, anche controllando per altre variabili socio-demografiche, più propensi alla pianificazione pensionistica • La complessità porta a compiere gravi errori Lusardi e Tufano (2008) mostrano che i soggetti a più bassa cultura finanziaria hanno maggiore probabilità di indebitarti a costi elevati e di incorrere in problemi sul debito contratto Educazione finanziaria e modelli cognitivi • Ci sono oltre cento miliardi di neuroni nel cervello, ciascuno con una intensa connessione con altri neuroni. Schemi di attività neuronale si pensa corrispondano a particolari stati o rappresentazioni mentali. • L’apprendimento dal punto di vista cerebrale avviene attraverso la stimolazione dei neuroni, che processano le informazioni e le trasmettono attraverso gli assoni, sotto forma di stimolazione elettrochimica (sinapsi), ad altri neuroni; questi ultimi le ricevono attraverso i dendriti, che funzionano da ricettori • Un singolo neurone può ricevere e inviare segnali da e a migliaia di altri neuroni. L’apprendimento consiste quindi in una serie di stimoli fisici o nervosi che vengono selezionati dal talamo e inviati ad aree specifiche del cervello; più i neuroni vengono stimolati, più dendriti, e quindi connessioni, si creano. Educazione finanziaria e modelli cognitivi • Secondo Ekwall e Shanker (2003) le persone ricordano: – – – – – – 10% di quello che leggono, 20% di quello che sentono, 30% di quello che vedono, 50% di quello che sentono e insieme vedono, 70% di quello che dicono, 90% di quello che dicono e insieme fanno Modelli cognitivi e rischio • Il modo in cui apprendiamo di rischio modifica le nostre preferenze – Hertwig et al (2004) dimostrano che le decisioni assunte sulla base di informazioni numeriche (probabilità e risultati) differiscono da quelle prese sulla base dell’esperienza – Haisley, Kaufmann e Weber (2010) mostrano che il modo in cui gli agenti economici apprendono in tema di rischio (numericamente, graficamente, attraverso un software simulativo, etc) influenza le loro decisioni in tema di asset allocation Modelli cognitivi e risparmio • Le nostre scelte in fatto di risparmio dipendono anche dalla rappresentazione dei possibili risultati – Benartzi, Iyengar and Previtero (2010) documentano che semplicemente domandando alla gente di immaginare le conseguenze future delle attuali scelte di risparmio è possibile influenzare la decisione di aderire a piani pensionistici o di aumentare il tasso di contribuzione. • All’immagine di indigenza durante la pensione corrisponde un incremento nel tasso di contribuzione del 4% 7 Quali e quanti sè Nei modelli sul ragionamento e sull’apprendimento sviluppati da Epstein (1994), Evans (1984 e 1986), Evans e Over (1996), Sloman (1996) comune denominatore è il ricorso a due sistemi di raccolta e elaborazione degli stimoli Cognitivo / Deliberativo Intuitivo / Affettivo Relativamente lento Relativamente veloce Richiede capacità cognitiva Non necessita di abilità cognitiva Controllato Automatico Analitico Olistico Basato su regole Associativo Fonte: Stanovich and West (2002) 8 Intenzione vs azione Le scelte previdenziali • I piani previdenziali sono strumenti finanziari complessi – Il costo informativo appare superiore al beneficio derivante dalla comprensione dei piani – Le scelte previdenziali (adesione e smobilizzo) sono decisioni una tantum e non beneficiano di un meccanismo di learning by doing – Esiste un costo psicologico nel pensare alla vecchiaia e alla pensione – Manca una chiara comprensione del longevity risk – Mancano incentivi a valutare piani previdenziali a causa di frame cognitivi errati relativi al tasso di sostituzione della previdenza pubblica. Perchè procrastiniamo? • Secondo Laibson (1996), la mancanza di coerenza deriva dal fatto che noi utilizziamo una funzione di utilità basata su un sistema di sconto “iperbolico” – In altre parole il tasso di sconto utilizzato varia e decresce nel tempo – Il consumo più prossimo pesa di più di quello più lontano Perchè procrastiniamo? • McClure, Laibson, Loewenstein, Cohen (2004) in uno studio svolto grazie alla risonanza magnetica funzionale (fRMI) concludono che : – la parte emotiva (sistema limbico) viene attivata solo quando un soggetto è esposto a una gratificazione immediata • L’incoerenza temporale nelle scelte deriva dall’azione congiunta di due sistemi neurali: – Le strutture limbiche sono impazienti – I sistemi fronto-parietale sono pazienti • Questi due sistemi agiscono separatamente sui processi mentali di tipo emotivo e analitico – Il cervello limbico (emotivo) non valuta le gratificazioni differite – Il sistema limbico crea le condizioni per la gratificazione immediata Quanto auto-controllo? • Shiv e Fedorikhin (1999) chiedono a diversi soggetti di memorizzare numeri a due e a sette cifre mentre si trasferiscono da una stanza all’altra • Durante il passaggio viene chiesto loro di scegliere tra un frutto e una fetta di torta Carico cognitivo % di torte scelte Basso ( 2 cifre da memorizzare) 41% Alto (7 cifre da memorizzare) 63% Pensioni in Italia • Nel 2004, dopo alcuni anni dalla riforma, il tasso di partecipazione alla previdenza complementare è ancora basso: circa 3 m di lavoratori (13% della forza lavoro) • Alla fine del 2009, dopo l’introduzione della normativa del “silenzio-assenso” risultano iscritti ai piani previdenziali circa 5 m di lavoratori (20% della forza lavoro) (molti dei quali già iscritti a fine 2007) • Le attività dei fondi pensione rappresentano meno del 2,8 per cento del PIL Pensioni in Italia Fonte: Cesari, Grande, Panetta (2007) Architettura delle scelte • Thaler e Sunstein (2003, 2008) riflettono sull’architettura delle scelte da costruire attraverso – Interventi informativi – Selezione di regole di default – Alterazione di frame decisionali – Imposizione di proibizioni temporanee (cool off rules) Informazioni e pensioni • In Svezia è arancione, in Francia è blu, mentre in Germania è gialla. In tutti i casi contiene indicazioni circa il tasso di sostituzione nella fase pensionistica e una serie di simulazioni in virtù di vari scenari demografici e finanziari • In Italia, l’INPS aveva annunciato per il 2010 la prima busta arancione, ma i tempi sono stati ridimensionato e il contenuto non è ancora stato reso noto Informazioni e pensioni Regole di default • La rilevanze delle opzioni di default è documentata in numerosi e variegati ambiti – Marketing via posta elettronica ( Johnson, Bellman, Lohse, 2003); donazione organi (Johnson, Goldstein, 2003; Abadie e Gay, 2004); acquisto di automobili (Park, Jun, McInnis, 2000); risparmio e investimento previdenziale (Madrian, Shea, 2001; Choi et al 2002 e 2004; Beshears et al, 2008) • Opzioni di default nel settore finanziario sono diffuse – Federal Thrift Savings plan (2009) – Auto-IRA (2010?) – Bureau of Consumer Financial Protection (2010) Automatic enrollment • Pension Protection Act (2006), Kiwisaver Act (2006) Pension Bill (2008), etc – Introduzione del principio di “automatic enrollment” • In Italia, il “silenzio assenso” non è stato un vero automatic enrollment. – Obbligo di compilare un modulo per certificare la “nonazione” – campagna informativa di “adesione consapevole” – l’importanza della scelta – più coerente con un sistema di adesione volontaria. Fonte. Vanguard (2007) Automatic Enrollment • In imprese senza automatic enrollment 2/3 dei lavoratori affermano di volere risparmiare di più • I tassi di opt-out da sistemi di automatic enrollment sono tipicamente inferiori al 15% ( e in ogni caso l’opt-out raramente eccede il 20%) • Nei sistemi con automatic enrollment i datori di lavoro non registrano reclami relativi ai piani • 97% dei lavoratori in sistemi di automatic enrollment approvano lo schema • Circa l’80% di coloro i quali optano fuori dai piani comunque approvano lo schema di automatic enrollment La selezione delle regole di default • Regole di default non sono neutrali per quattro ragioni: 1. Investitori non hanno adeguata conoscenza finanziaria – Beshears et al (2010a) mostrano che i lavoratori a più basso reddito sono meno propensi a optare fuori – Carlin, Gervais e Manso (2010) sostengono che in presenza di opzioni di default si riduce l’incentivo a raccogliere informazioni e si indebolisce il meccanismo di apprendimento sociale 2. Investitori hanno la tendenza a reagire alla complessità in modo avverso – Iyengar, Huberman e Jian (2004) mostrano che ogni 10 fondi addizionali tra cui scegliere si produce una riduzione tra 1,5 e 2% nel tasso di partecipazione – Iyengar e Kamenica (2007 e 2008) mostrano che all’aumentare della numerosità di opzioni offerte, i lavoratori si confrontano con una maggiore complessità decisionale e cercano di evitare il problema concentrandosi sulle soluzioni più semplici (meno rischiose) La selezione delle regole di default 3. Investitori sono propensi a procastinare – Choi et al (2006) mostrano che con l’introduzione dell’automatic enrollment diminuisce il tasso di risparmio di chi si sarebbe iscritto comunque a causa dell’accettazione passiva dell’opzione di default, qualsiasi sia il tasso di contribuzione Fonte: Vanguard (2007) La selezione delle regole di default 4. Investitori mostrano un “endorsement effect” – Beshears et al (2010a) mostrano che anche in presenza di opt out l’asset allocation proposta nel piano viene mantenuta dalla maggioranza dei sottoscrittori Fonte: Vanguard (2007) Regole di default e policy • Le opzioni di default dovrebbero essere disegnate per massimizzare il benessere medio (Korobkin, 2009), cosa diversa dalla preferenza media – Secondo Carroll et al (2009) un sistema basato su opzioni di default può massimizzare il benessere sociale in presenza di agenti con bisogni omogenei e bassa cultura finanziaria, ma resta dubbia la sua utilità in presenza bisogni eterogenei – Un opting out endogeno dovrebbe essere preso in considerazione nel disegno delle opzioni (Laibson, 2010) • Le regole di default hanno due ruoli: – quello di spingere alcuni a optare fuori (generando costi e benefici) – Quello di definire politiche di risparmio per coloro i quali restano con le regole di default Gli altri frame decisionali • La semplificazione e gli automatismi negli schemi decisionali • Default per (auto) escalation nei tassi di contribuzione – SMART (Benartzi Thaler, 2004); Quick escalation (Beshears et al, 2010b) • Defaults con lifecycle rebalancing, con rebalancing annuale, per employer stocks • Defaults per rendita – SPEEDOMETER (Blake, Boardman, 2010) Grazie! 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