COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma, Sez. I, Pres. Lauro, Est. Lunerti - Sent. n. 1133, dell’11 febbraio 2014, dep. il 24 febbraio 2014 Fatto L’A. Coop in liquidazione ricorre contro silenzio su istanza di rimborso di IVA relativa all’esercizio 2001 ed esposta a credito nella dichiarazione sostenendo che l’importo richiesto sia ottenibile nei termini prescrizionale in mancanza di contestazioni da parte dell’Ufficio. La Commissione tributaria provinciale di Roma ha accolto il ricorso considerato che il credito esposto non era stato contestato dall’Ufficio entro i termini per l’accertamento e si era pertanto consolidato applicandosi quindi il termine prescrizionale decennale per la richiesta di rimborso. Propone appello la Direzione provinciale 3 di ROMA dell’Agenzia delle Entrate sostenendo che il credito non si era affatto consolidato, avendo l’ufficio avanzato, in sede istruttoria, richiesta di documentazione giustificativa peraltro mai adempiuta dalla società. Eccepisce inoltre che la società è stata nel frattempo liquidata perdendo soggettività giuridica e che nel bilancio finale di liquidazione il credito non è stato esposto. Chiede quindi la riforma della sentenza impugnata. Si costituisce nel giudizio di appello il liquidatore de L’A. insistendo sulla spettanza del rimborso inserito nel bilancio finale concludendo per la conferma della sentenza di primo grado. Diritto La sentenza impugnata ha fatto applicazione del principio posto dalla Corte di Cassazione, con sentenza 18898 del 16 settembre 2011, secondo cui “qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non occorre, da parte sua, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, ma egli deve solo attendere che l’Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte (... ) per l’effetto di un riconoscimento implicito derivante dal mancato esercizio nei termini del potere di rettifica, l’Amministrazione è tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito del contribuente è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale”. Tale principio non può però trovare applicazione alla specie per due ordini di motivi. Innanzitutto il credito esposto ed oggi oggetto della richiesta di rimborso non risulta affatto pacifico ed incontestato. La sua esistenza e correttezza era infatti in corso di istruttoria avendo l’ufficio chiesto documentazione relativa all’effettiva esistenza dello stesso e alla sua consistenza senza che la società ricorrente abbia mai curato di adempiere alle richieste istruttorie dell’Ufficio. Peraltro la società richiedente è stata nel frattempo liquidata. Con la liquidazione si ha la cessazione assoluta dell’azienda; essa dissolve il vincolo di complementarietà tra gli elementi del patrimonio; le attività vengono convertite in denaro attraverso la vendita o la riscossione; le passività sono estinte con il pagamento dei debiti. Con il verificarsi di una o più cause di scioglimento, previste dall’art. 2484 c.c., dell’azienda gli amministratori della società cessano dalla loro carica e vengono sostituiti da uno o più liquidatori. La nomina dei liquidatori e la determinazione dei poteri loro attribuiti dall’assemblea sono resi pubblici attraverso l’iscrizione nel Registro delle imprese. La società deve obbligatoriamente aggiungere alla denominazione sociale la locuzione «società in liquidazione»; inoltre, successivamente all’iscrizione della delibera di nomina dei liquidatori nel registro delle imprese, gli amministratori devono consegnare i libri sociali, una situazione dei contratti alla data di effetto dello scioglimento ed un rendiconto della gestione relativo al periodo successivo all’ultimo bilancio approvato. La procedura di liquidazione rappresenta quindi l’inizio dell’attività che si conclude con la cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società e comporta un mutamento della soggettività della stessa la cui rappresentanza passa dagli amministratori al liquidatore, il quale solo in questa veste e nell’ambito dei poteri che nella fase liquidatoria gli sono concessi dall’ordinamento, può promuovere o resistere alle liti. La situazione patrimoniale della società al momento dello scioglimento Viene redatta dagli amministratori secondo i criteri previsti dal codice civile. Successivamente i liquidatori devono redigere il loro primo bilancio di liquidazione (cui vanno allegati i prospetti contabili ricevuti dagli amministratori) indicando le variazioni nei criteri di valutazione adottati rispetto all’ultimo bilancio approvato. In questo primo bilancio vanno iscritti anche i criteri di valutazione delle varie voci di bilancio e tutti i beni immateriali (brevetti, Knowhow aziendale, rete di vendita, marchio) nonchè tutti i beni materiali compreso i crediti valutati al presunto valore di realizzo e i debiti. Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione unitamente all’eventuale piano di riparto, indicando la parte spettante a ciascun socio nella suddivisione dell’attivo. Nel bilancio finale di liquidazione, i liquidatori riportano i risultati sia economici sia patrimoniali dell’intera gestione liquidatoria ed espongono la quota di patrimonio netto da destinare ad ogni singolo socio. Trascorsi 90 giorni senza che i soci abbiano proposto reclami, il bilancio finale di liquidazione si intende approvato, ed i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal Registro delle imprese. Dopo la cancellazione dal registro delle imprese, i creditori rimasti insoddisfatti possono rivolgersi solo ai soci ed al liquidatore. Questo significa che l’estinzione è irrevocabile e non può essere rimessa in discussione dai creditori sociali ritenuti non soddisfatti. I creditori possono fare domanda per ottenere quanto loro dovuto, e se tale domanda viene effettuata entro un anno dalla cancellazione, potrà essere notificata presso l’ultima sede sociale. La cancellazione di una società dal registro delle imprese ha, come detto, efficacia costitutiva e ne determina l’immediata estinzione indipendentemente dai rapporti giuridici a essa facenti capo, ne consegue, quindi, che i rapporti pendenti sono a carico dei soci. Si determina in tal modo un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali mentre si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato. È ben possibile che la stessa scelta della società di cancellarsi dal registro senza tener conto di una pendenza non ancora definita, ma della quale il liquidatore aveva (o si può ragionevolmente presumere che avesse) contezza sia da intendere come una tacita manifestazione di volontà di rinunciare alla relativa pretesa; ma ciò può postularsi agevolmente quando si tratti, appunto, di mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, cui ancora non corrisponda la possibilità d’individuare con sicurezza nel patrimonio sociale un diritto o un bene definito, onde un tal diritto o un tal bene non avrebbero neppure perciò potuto ragionevolmente essere iscritti nell’attivo del bilancio finale di liquidazione. Ad analoghe conclusioni può logicamente pervenirsi nel caso in cui un diritto di credito, oltre che magari controverso, non sia neppure liquido: di modo che solo un’attività ulteriore da parte del liquidatore -per lo più consistente nell’esercizio o nella coltivazione di un’apposita azione giudiziaria -avrebbe potuto condurre a renderlo liquido, in vista del riparto tra i soci dopo il soddisfacimento dei debiti sociali. In una simile situazione la scelta del liquidatore di procedere senz’altro alla cancellazione della società dal registro, senza prima svolgere alcuna attività volta a far accertare il credito o farlo liquidare, può ragionevolmente essere interpretata come un’univoca manifestazione di volontà di rinunciare a quel credito (incerto o comunque illiquido) privilegiando una più rapida conclusione del procedimento estintivo. Per quanto attiene più strettamente la materia dei rimborsi oggetto del presente giudizio si deve rilevare che l’amministrazione finanziaria ha dapprima ritenuto che in ipotesi di intervenuta liquidazione della società vantante un credito fiscale fosse necessaria la nomina di un curatore speciale, deputato al completamento delle attività non ultimate dal liquidatore prima della cancellazione, con assimilazione alla situazione dell’eredità giacente e dunque ad un caso di patrimonio alla ricerca di un titolare. Successivamente anche muovendo dalla considerazione, avallata dalla Suprema Corte, che «non può esservi rappresentante legale di un soggetto estinto», cui nel caso di specie erogare le somme in restituzione si è arrivati alla conclusione che ai rimborsi possono applicarsi i principi enunciati per gli elementi patrimoniali attivi, da cui il riconoscimento direttamente ai soci della titolarità del diritto alla restituzione pro quota delle imposte. Quindi nessuna pretesa può essere svolta dal liquidatore rispetto al credito oggetto di questo giudizio e va quindi accolto l’appello dell’Ufficio. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. La commissione accoglie l’appello dell’Ufficio. Spese compensate