la Voce
del popolo
dalmazia
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Anno 13 • n. 107
sabato, 11 marzo 2017
RUGGIERO BOSCOVICH:
MONUMENTO NEL PARCO
INDRO MONTANELLI
SPORT
LETTERATURA
STORIA
Spalato fu anche la culla dello sci
«1202». Romanzo sull’assedio di Zara
Puntadura. Lotta contro il nucleare
Già negli anni Trenta del secolo scorso nel
capoluogo dalmata prese piede la passione per
le discipline sportive invernali. I centri sciistici si
svilupparono sui monti dell’entroterra e nell’area
di Kupres, in Bosnia ed Erzegovina.
Il giovane scrittore Frane Herenda ha dedicato
un libro molto interessante alla sua città natale.
Il volume è incentrato sulla Quarta Crociata,
che ebbe inizio con l’attacco a una città
cristiana.
L’isola situata vicino a Pago oggigiorno è
il simbolo della cementificazione selvaggia
non soltanto in Dalmazia. Ma in realtà qui
all’epoca dell’ex Jugoslavia doveva sorgere
una centrale nucleare.
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sabato, 11 marzo 2017
eventi
M
ilano e Zagabria condividono
una monumentale opera d’arte
dello scultore Ivan Meštrović
(1883 – 1962). Si tratta della statua di
Ruggiero Boscovich (Ruđer Bošković).
Il 13 febbraio scorso, in occasione del
230.esimo anniversario della scomparsa
del gesuita e scienziato originario di
Ragusa (Dubrovnik), la scultura è stata
svelata nel parco del capoluogo lombardo
La vita e
le opere
Il gesuita Ruggero Giuseppe
Boscovich, astronomo, geodeta,
fisico e matematico nacque a Ragusa
(Dubrovnik) nel 1711 e morì a
Milano nel 1787. Compiuti i primi
studi al Collegium Ragusinum
passò al Collegio Romano dove fu
poi professore di matematica dal
1740 al 1759. Fu consulente di
apprezzata competenza in varie
questioni tecniche: stabilità della
cupola di S. Pietro e della Biblioteca
cesarea a Vienna, bonifica delle
paludi pontine, misurazione (con
Chr. Maire) dell’arco di meridiano
tra Roma e Rimini (De literaria
expeditione per pontificiam
ditionem ad dimetiendos duos
meridiani gradus et corrigendam
mappam geographicam, 1755)
per la risoluzione del problema
newtoniano della figura della
Terra e la rettifica della carta
dello Stato Pontificio. Dopo viaggi
a Vienna (1758), in Francia
(1759) e Inghilterra (1760), a
Costantinopoli (1761), per osservare
il passaggio di Venere dinanzi al
Sole) e Pietroburgo, fu professore
di matematica all’università di Pavia
dal 1764 al 1768 quando passò
alle Scuole Palatine di Milano dove
aveva intrapreso la costruzione
della nuova specola di Brera della
quale fu direttore. Soppressa la
Compagnia di Gesù (1773), dopo
un soggiorno a Venezia, si stabilì
in Francia (fu direttore d’ottica
della Marina francese) per tornare
in Italia nel 1782 risiedendo
per lo più a Bassano dove curò
l’edizione completa delle sue opere:
Opera pertinentia ad opticam et
astronomiam (5 voll., 1784-85).
Con l’opera Philosophiae naturalis
theoria (1758), sintesi originale
tra il dinamismo leibniziano e il
meccanicismo newtoniano, enunciò
una fortunata teoria sulla struttura
della materia, secondo la quale,
supposta la materia costituita da
punti discreti inestesi e indivisibili
(“primi elementi della materia”) e la
legge di continuità, tutte le proprietà
meccaniche della materia possono
essere spiegate con l’introduzione
di forze che a grandi distanze
seguono le legge di gravitazione
di Newton mentre a distanze
minori sono alternativamente
attrattive e repulsive per divenire
definitivamente repulsive, con una
intensità che cresce illimitatamente
al decrescere della distanza tra
due “elementi”, sì da renderne
impossibile il contatto. Notevoli
contributi portò anche all’ottica
(eliminazione dell’aberrazione
cromatica delle lenti, rilevazione
della aberrazione sferica,
costruzione del micrometro ottico),
alla geodesia e all’astronomia
(metodo per la determinazione
delle orbite delle comete e
dell’orbita di Urano, rilevazione
delle perturbazioni nelle orbite
di Giove e Saturno); mentre in
matematica fornì un metodo grafico
per la risoluzione dei triangoli
sferici, quattro formule differenziali
di geometria sferica, e indagò
la possibilità di geometrie non
euclidee.
dalmazia
di Cristiano Barbetti
intestato al celebre giornalista Indro
Montanelli. L’inaugurazione si è tenuta
alla presenza degli assessori meneghini
Pierfrancesco Maran (urbanistica, verde e
agricoltura) e Filippo Del Corno (cultura),
del sindaco di Zagabria, Milan Bandić,
del viceministro croato della Cultura, Iva
Hraste-Sočo, dell’ambasciatore croato a
Roma, Damir Grubiša, e del presidente
della Comunità croata di Milano,
la Voce
del popolo
A MILANO L’IMPONENTE SCULTURA REALIZZATA
Snježana Susović Hefti.
La statua dedicata al gesuita e scienziato
dalmata è stata collocata nei giardini
Montanelli, come espressamente richiesto
dal ministero croato della Cultura, dalla
Città di Zagabria e dalla Comunità
croata di Milano, che con quest’offerta
hanno voluto rendere omaggio allo
scienziato vissuto, morto e sepolto a
Milano. Risale al 1992 l’atto con cui il
Consiglio comunale milanese accettava
formalmente la donazione dell’opera.
Il mese scorso, dopo una lunga trafila
burocratica, la scultura realizzata dal
celebre scultore croato, copia fedele
dell’opera installata a Zagabria davanti
all’Istituto di ricerca Ruđer Bošković,
è arrivata a Milano. Come indicato sul
sito Internet del Comune di Milano, la
donazione comprende il trasporto e la
NEI GIARDINI MONTANELLI IL
RUGGIERO BOS
la Voce
del popolo
dalmazia
A DA IVAN MEŠTROVIĆ RICORDa IL GRANDE SCIENZIATO raguseo
posa dell’opera, oltre al collaudo e alla
manutenzione ordinaria e straordinaria
del monumento per 20 anni. “Accogliamo
questo dono con gratitudine – hanno
sottolineato gli assessori Maran e Del
Corno –. Boscovich incarna la figura
di un intellettuale europeo che ha
vissuto buona parte della sua vita a
Milano, contribuendo ad arricchire
la vita culturale cittadina soprattutto
grazie al suo impegno per la nascita
dell’Osservatorio astronomico di Brera.
Siamo quindi lieti che la statua sia
finalmente giunta a impreziosire i
giardini Montanelli e che si trovi proprio
nei pressi di un ‘teatro’ della scienza e
dell’astronomia come il Planetario”.
Soddisfazione è stata espressa pure dal
sindaco di Zagabria. “Lasciamo in eredità
ai cittadini di Milano, di tutta l’Italia,
IL MONUMENTO A
OSCOVICH
dell’Europa e del mondo questo grande
personaggio”, ha dichiarato Milan Bandić.
“Credo che la sua forza, la sua grandezza
e la sua personalità espressa dalla
magnifica opera d’arte di Meštrović – ha
proseguito il primo cittadino della capitale
croata – saranno riconosciute da tutti i
visitatori del parco Indro Montanelli”.
“L’impegno e la volontà di tutti i
partecipanti a questo progetto, dopo
quasi 30 anni, hanno portato alla posa di
questo magnifico monumento. Ringrazio
tutti, in particolare la Città di Milano, per
aver reso omaggio a Bošković, che vivrà
per sempre nei nostri cuori”, ha rilevato
Bandić al termine del suo intervento.
Snježana Susović Hefti ha affermato che
“nonostante gli optanti si siano opposti
alla posa del monumento”, il desiderio dei
croati d’Italia si è avverato. “Ci rallegra
l’inaugurazione della statua a questo
grande personaggio croato, una delle
ultime menti universali della tradizione
europea”, ha affermato il presidente della
Comunità croata di Milano.
Battute polemiche
Il 3 febbraio scorso, in occasione della
conferenza stampa convocata a Zagabria
per annunciare l’evento, Snježana Susović
Hefti aveva sostenuto che gli esuli
giuliano dalmati non erano stati gli unici
a opporsi alla posa del monumento. In
quell’occasione Bandić aveva commentato
la questione nel suo caratteristico stile.
Nell’esprimere gratitudine a tutti coloro
i quali hanno contribuito a realizzare
il progetto, a iniziare dal suo omologo
milanese, Giuseppe Sala, Bandić aveva
rivolto un ringraziamento particolare a chi
aveva scelto di osteggiare il medesimo.
“È sempre così nella vita. A ‘lagnarsi’ e a
lamentarsi sono sempre quelli che nella
vita non hanno combinato quasi nulla,
ma che quando qualcun altro realizza
qualcosa trovano sempre da obiettare”,
esclamò Bandić. A quella conferenza
stampa aveva partecipato pure lo storico
della letteratura Slobodan Prosperov
Novak, notando che Milano potrà vantare
una statua dedicata a Boscovich/Bošković
prima della stessa Ragusa (Dubrovnik).
L’intellettuale croato nato a Belgrado e
cresciuto a Ragusa (Dubrovnik) aveva
auspicato che in futuro una statua di
Boscovich/Bošković possa affiancare
nella città di San Biagio quelle di Ivan
Gundulić (Giovanni Gondola) e Marin
Držić (Marino Darsa). Un sollecito al
quale Bandić aveva replicato, affermando
che “se a Ragusa non si affretteranno a
dedicare un monumento a commento a
Bošković, Zagabria potrebbe decidere di
munirsene di due”.
L’idea di dedicare nella metropoli italiana
un monumento a Boscovich risale al
1986. La Città di Zagabria si è inclusa
nell’iniziativa nel 2011, permettendo, con
la collaborazione del ministero croato
della Cultura e della Comunità croata di
Milano, di portare a termine la stessa.
Statua alta 280 centimetri
La statua svelata a Milano è un’opera a
tutto tondo in bronzo dell’altezza di 280
centimetri, 160 centimetri di larghezza e
185 di profondità. Raffigura lo scienziato
in posizione seduta, pensante, mentre
appoggia il braccio sinistro su di un globo
(simbolo della scienza). L’opera poggia su
un basamento, realizzato in calcestruzzo
e lastre di granito nero, che rappresenta
in modo fedele quello dell’opera originale
(forgiata nel 1929). Sul piedistallo è stata
incisa la seguente scritta: “RUGGIERO
GIUSEPPE BOSCOVICH – FISICO
MATEMATICO ASTRONOMO FILOSOFO
DIPLOMATICO E POETA – RAGUSA
(OGGI DUBROVNIK IN CROAZIA) 1711
– MILANO 1787. Sia la statua zagabrese
sia quella milanese sono state realizzate
partendo dal modello originale conservato
nella collezione privata della famiglia
Meštrović. La statua destinata a Milano è
stata realizzata negli anni ‘90 del secolo
scorso su iniziativa di Marija Meštrović,
figlia del Maestro. A causa di un diverbio
tra gli eredi all’epoca l’opera non poté
giungere in Italia. La scultura venne
sistemata in un magazzino nei pressi
dell’odierno Aeroporto Franjo Tuđman
a Zagabria. Successivamente l’opera fu
donata alla Città di Zagabria da Mate e
Rumjana Meštrović, rispettivamente il
figlio e la nuora dell’artista.
sabato, 11 marzo 2017
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IL COMMENTO
La questione
del nome
di Dario Saftich
Alla fine il monumento al grande
scienziato raguseo ha trovato il
posto che si merita a Milano, ai
giardini Montanelli. Non sono
mancate le frecciatine polemiche
a quanti avrebbero osteggiato la
benemerita iniziativa. Ma queste
polemiche, in realtà, traggono la
loro origine da ben altre ragioni,
che con la statua poco hanno
a che vedere. Il nocciolo della
questione, come spesso accade
dalle nostre parti quando si parla
dei grandi del passato, sta nella
grafia del nome da utilizzare (nel
caso dello scienziato – Ruggiero
Boscovich o Ruđer Bošković)
e nell’identificazione della sua
appartenenza nazionale, vera o
presunta. Il tutto con il senno
di poi, perché nei tempi andati
le grafie erano quelle che erano
e i concetti di nazionalità non
sempre in linea con quelli attuali.
Di polemiche il “caso Boscovich”
è zeppo. Serbo cattolico!? “I miei
amici croati non me ne abbiano,
non interpretino male le mie
parole, ma Ruđer Bošković era
un serbo cattolico”. Era bastata
anni fa questa frase dell’allora
presidente della Repubblica di
Serbia, Boris Tadić per ridare
fiato alle infinite diatribe
sull’appartenenza nazionale
del grande scienziato raguseo.
E naturalmente per riaprire in
genere il discorso altrettanto
infinito sulle identità delle genti
di frontiera, vissute a cavallo tra
civiltà, lingue e culture diverse.
Inutile dire che la sortita di Boris
Tadić aveva suscitato una ridda
di reazioni in Croazia e in alcuni
circoli era stata interpretata
come l’ennesimo tentativo di
appropriazione dei grandi della
storia croata.
Sta di fatto che da tantissimo
tempo sulla figura di Ruggiero
Boscovich si sprecano le
interpretazioni di sapore
nazionale. Italiani e croati
fanno leva su argomentazioni di
carattere culturale, linguistico e
di scelte di vita. I croati anche
sul fatto che il grande scienziato
fosse nato a Ragusa (Dubrovnik),
oggi chiaramente Croazia. Nel
caso dei serbi le motivazioni
risiedono innanzitutto
nell’origine del padre di
Boscovich, che proverrebbe
dall’Erzegovina orientale e i cui
avi avrebbero radici anche in
Montenegro, ossia in zone abitate
in buona parte da popolazioni di
fede ortodossa. Siccome Ruggiero
Boscovich era un gesuita, ecco
spiegato il sintagma di Boris
Tadić, serbo cattolico.
Certo è che il problema della
grafia da utilizzare non riguarda
soltanto lo scienziato raguseo,
ma in genere i personaggi
dalmati del passato (e non
soltanto loro), in quanto,
piaccia o no, la scrittura con i
segni diacritici è un qualcosa
che allora non esisteva. E
comunque nemmeno oggi la
grafia utilizzata può indicare
con certezza l’identità nazionale
o culturale di una persona.
Piuttosto che usare i grandi del
passato per dividere, sarebbe
il caso di richiamarsi alle loro
figure e opere per unire le
nazioni odierne, per far capire
che spesso le radici culturali
sono simili e intrecciate.
Il monumento a Ruggiero
Giuseppe Boscovich a Milano è
un bell’esempio della strada da
seguire, rispettando la storia,
senza imposizioni inutili.
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lalaVoce
Voce
del popolo
del popolo
sabato, 11 marzo 2017
SPORT
di Igor Kramarsich
INCREDIBILE, MA VERO. LE DISCIPLINE
INVERNALI NELLE NOSTRE REGIONI
TRAGGONO LE LORO ORIGINI IN
DALMAZIA
S
apete dove sono stati usati per
la prima volta gli sci nell’ex
Jugoslavia? Il pensiero corre subito
alle montagne della Slovenia, o magari a
quelle attorno a Sarajevo. Ai monti della
Serbia o forse a quelli della Macedonia.
Tutto falso, gli inizi sciistici dell’ex
Jugoslavia sono legati alla città di Spalato!
Sembra una notizia del tutto incredibile,
inverosimile. Chi potrebbe mai pensare
che una città votata al mare, al caldo,
agli sport estivi, abbia dato i “natali” a
una disciplina spiccatamente invernale.
Eppure è tutto vero: la notizia è stata
confermata appena poche settimane fa
nel capoluogo dalmata. La rivelazione è
il frutto di indagini compiute dagli storici
spalatini, legate a una serie di foto che
ritraggono attività sciistiche nell’entroterra
spalatino e che si rifanno direttamente
alla stessa Spalato. Però procediamo con
ordine e passiamo in rassegna quanto è
collegato alle origini di questo sport nella
città più importante della Dalmazia.
alla società alpinistica da anni si
svolgeva pure l’attivita sciistica, per cui
la “scissione” era soltanto questione
di tempo. Nella prima dirigenza della
nuova società vennero eletti Mirjana
Babin, Gojko Boraska, Stipe Božić, Ante
Dadas, Dinka Dumanić, Savo Golubović,
Robert Kučić, Goran Mudronja, Jakob
Palir, Eduard Pavišić, Mane Pavlica,
Slavko Stankov, Janez Stor, Vesna, Teklić,
Ivan Tartaglia, Mirko Tomšić e Nikša
Urlić. Nel consiglio d’amministrazione
trovarono posto Ivo Bojić, Nino Janković
e Nilka Kukoč. Infine nella commisione
disciplinare furono inclusi Ljubo
Bogunović, Ana Ivić e Ivo Prebanda. Ci fu
una grande discussione sul nome da dare
a questa nuova società. Infatti c’erano ben
cinque proposte: Split, Marjan, Mladost,
Mosor e Dalmacija. Alla fine prevalse il
nome Split, che la società porta ancora
oggi. Alla fine della prima assemblea
ci fu la scelta del presidente. Con voto
unanime fu eletto Goran Mudronja.
Gli inizi ufficiali nel 1976
Stupore e scetticismo
La storia, almeno quella con i crismi
dell’ufficialità, ci dice che il primo
club sciistico a Spalato venne
istituito il 10 maggio del 1976
in via Marmont, in pieno
centro città, nella
sede della società
alpinistica
Mosor.
Infatti in
seno
L’enigma Kaliterna
La vera grande scoperta relativa agli inizi dello sci a Spalato risale a
quest’anno e potrebbe costringerci a ridisegnare la storia di questo
sport non soltanto in Dalmazia. Tutto ruota attorno a una foto che
dovrebbe risalire al 1875. Come rilevato nel testo che l’accopagna,
raffigura Guido Kaliterna Cota sugli sci! Dallo stesso testo si evince
che il signore in posa sugli sci risiedeva a Borgo Grande (Veli Varoš)
e che gli sci erano di sua produzione, fatti in base a quello che aveva
visto in Svizzera. Inoltre Kaliterna sarebbe stato uno dei primi teorici
dello sci a Kranjska Gora, con tanto di licenza, e avrebbe organizzato
una scuola sciistica il 27 gennaio 1875, con ben 17 partecipanti. Per
il momento si stanno seguendo due piste. La prima è di individuare
i parenti di Kaliterna e di saperne di più sulla foto. Finora le ricerche
non hanno avuto successo. La seconda sta nell’osservare con
attenzione gli sci raffigurati nella foto. Secondo gli sloveni la foto
sarebbe stata scattata molto anni dopo. Però secondo Robert Kučić,
storico sportivo spalatino, non vi sarebbero dubbi sul fatto che gli sci
possano risalire al 1875 visto che simili esemplari si possono trovare in
svariate foto dell’epoca di Napoleone. Comunque vada l’indagine sarà
interessante seguirla dal punto di vista sportivo e potrebbe portare
a riscrivere i libri di storia non soltanto spalatini e non soltanto di
carattere sciistico.
La notizia dello svolgimento di
quest’assemblea costitutiva, come pure
il fatto stesso che fosse stato fondato un
club sciistico in una tipica città di mare,
fecero grande scalpore non soltanto nella
regione dalmata, ma anche in un contesto
più ampio. Non furono pochi i dirigenti
sportivi che accolsero con stupore e
anche con un pizzico di scetticismo
questa notizia; diversi furono coloro
che si chiesero se una società del genere
servisse davvero a una città come Spalato.
All’epoca, ossia poco più di 40 anni fa,
erano pochi gli spalatini che andavano nei
fine settimana nei centri sciistici più
vicini. Però bisogna capire come si
fosse arrivati all’idea di fondare
una società sciistica in un
comprensorio molto
lontano dai veri
centri sportivi
invernali.
SPALATO.
LA CULLA
DELLO SCI
la Voce
dalmazia
del popolo
A Spalato, come è noto, la neve cade
di rado. Quando questo succede il caos
è inevitabile, perché la cittadinanza e
i servizi comunali sono impreparati a
emergenze del genere. Alle spalle della
città ci sono montagne anche importanti
e piuttosto alte che ogni inverno sono
ricoperte di neve. Mancano però gli
impianti sciistici e anche le piste per
sciare sono praticamente assenti.
I ruggenti anni Trenta
Le prime attività sciistiche legate al
capoluogo dalmata risalgono agli
anni Trenta e fanno capo alla società
alpinistica Mosor all’epoca attiva già
da parecchi anni, con un numero
ragguardevole di tesserati. Per trovare
le prime tracce documentate relative
allo sci bisogna riandare al 28 gennaio
1934. Infatti quel giorno un gruppo di
soci del Mosor insieme a una comitiva
slovena, con tre paia di sci, scalò il
monte Kamešnica, distante da Spalato
nemmeno due ore di macchina.
Il tutto fu documentato a dovere in
maniera entusiastica dal giornale locale
Novo Doba, che arrivò al punto di
proporre di realizzare su questo monte
un rifugio alpino, per spingere quanta
più gente a praticare lo sci, uno sport
salutare e utile, come venne definito già
allora.
Anche se la prima attività sciistica
documentata risale al 1934, la sezione
dello sci presso il Mosor venne fondata
appena nel 1933 su iniziativa di
Pavlo Lavrenčić. In quegli anni ci fu
un vero e proprio boom in fatto di
sport invernali. La passione per la
montagna e le nevi arrivò al punto
che dopo Zagabria proprio a Spalato
venne aperto un negozio specializzato
in requisiti sciistici, il Foto Radio
Sport di Petar Gjurković.In breve
tempo si rese necessario aumentare
la capienza del rifugio già esistente
sul monte Kamešnica, che di lì a poco
potè ospitare ben 50 sciatori. Ben
presto i neosciatori. dopo il Kamešnica
scoprirono pure il monte Vaganj
sabato, 11 marzo 2017
Sul monte Kamešnica
Si susseguirono così numerose attività
sciistiche fino alla fine degli anni ‘30. L’ultima
registrata prima dello scoppio dell’ultimo
conflitto mondiale fu quella del 10 marzo
1940 sul monte Kamešnica. Seguì la
guerra e tutte le attività ufficiali cessarono.
Purtroppo ne rimase “vittima” pure l’archivio
del Mosor, in quanto andarono persi tutti
i documenti ufficiali. Però per fortuna
grazie a Boris Regner si riuscì a ricostruirlo.
Infatti questo giornalista spalatino, grande
appassionato della montagna, s’impegnò a
fondo affinché i dati relativi allo sci spalatino
non andassero persi. Grazie a lui sappiamo
i risultati delle diverse competizioni. Così
troviamo traccia pure della gara del 1940,
che non fu una classica gara sciistica come
oggi la conosciamo. Infatti si trattò di una
combinazione dello sci classico con lo sci di
fondo. Le donne e gli juniores disputavano
all’epoca gare di 3.000 metri, mentre gli
uomini di 5.000. Tra gli juniores a vincere fu
Gjorgje Buić con il tempo di 16.13; secondo
fu Živko Gattin 17.45 e terzo Petar Dešković
19.15. Tra gli seniores vinse Vasilije Petrošić
con il tempo di 23.15; secondo fu Žarko
Radica 27.28, e terzo Stipe Vrčan 32.00.
Infine nella competizione per le donne vinse
Neda Radić con il tempo di 22.40 seguita
da Vesna Kaliterna 26.30 e Milka Dešković
28.10.
Inoltre sempre per quanto riguarda questi
primi anni c’è assolutamente da ricordare il
forte contributo dato, oltre ai già citati Pavle
Lavrenčić e Petar Gjurković, pure de Drago
Ulaga e Miro Zavodnik.
Kupres, il regno degli sci
Finita la guerra inevitabilmente iniziarono
di nuovo le attivita alpinistiche e sciistiche.
Le prime furono registrate sul monte Vaganj
nel novembre del 1945 e poi nel marzo del
1946. All’inizio, come noto, ci fu soltanto
la sezione sciistica in seno al Mosor, ma
appena finita la guerra pure nell’ambito della
polisportiva Jadran fu organizzata nel 1945
la sezione dedicata allo sci. La passione per
gli sport invernali si rafforzò negli anni, ma
per arrivare a una vera e proprio società
si dovette attendere fino agli anni ‘70.
Parallelamente aumentò la passione degli
spalatini verso lo sci a livello squisitamente
amatoriale. Furono molto gli sciatori che
iniziatono ad affollare le piste sui monti
attorno a Spalato, ma pure quelle in Bosnia
ed Erzegovina, in primis sull’altopiano di
Kupres. Visto l’interesse sempre maggiore
per lo sci, su iniziativa del centro sportivo
di Spalato, ovvero dell’SOFK, si decise
di acquistare una vera e propria funivia
e di portarla dallo Sljeme di Zagabria ai
piedi della montagna di Stožer, a Begovo
Selo, nell’area di Kupres, in Bosnia ed
Erzegovina. Fu una funivia importante,
lunga ben 400 metri, per cui portarla in
loco e montarla fu un’impresa non da poco.
A occuparsi dell’acquisto della funivia fu in
primis Miroslav Delaš, segretario tecnico
dell’SFK. Le operazioni di montaggio
furono dirette da Savo Golubović, Jakob
Palir, Mane Pavlica, Eduard Pavišić, Stipe
Božić (oggi famoso alpinista), Ante-Mačo
Dadas, Boris Siriščević-Sire e Marijan
Pogačnik. Il tutto si concluse con successo
e a partire dal 1975 si potè organizzare
sul monte Stožer la prima scuola sciistica
per i più giovani. A dirigerla furono
sciatori esperti della sezione sciistica del
Mosor ossia Ante Dadas, Stipe Božić, Boris
Siriščević, Mirjana Babin, Nikša Urlić, Nino
Grbelja e Idriz Čilić. Il medico della scuola
fu Janez Stor. Il tutto fu organizzato e
diretto da Robert Kučić.
Problemi di spazio
Questa prima scuola ebbe un grandissimo
successo e con il passare degli anni
aumentò a dismisura il numero dei
bambini interessati a frequentarla. Il tutto
portò pure a dei problemi di alloggio dei
bimbi, in quanto il motel locale non era
più in grado di ospitarli tutti. Per tale
motivo si ricorse persino agli ambienti
della scuola locale. Ben presto durante le
vacanze invernali furono organizzate due
trasferte, ciascuna con ben 150 ragazzini.
Alla fine venne organizzata pure una gara,
che ben presto fu chiamata Zlatni medvjed
Kupresa (Orso d’oro di Kupres). Questa
competizione divenne tradizionale, come
pure la scuola sciistica. Le attività furono
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interrotte provvisoriamente soltanto
durante i conflitti bellici degli anni
Novanta e ripresero subito dopo.
Fu proprio grazie a questo clima
propizio, ai tanti bambini che
andavano a sciare nell’area di Kupres,
seguiti nei fine settimana pure da
tantissimi genitori, che gli spalatini
si appassionarono in massa a questo
sport. Alla fin fine possiamo dire che
non è poi tanto singolare il fatto che in
una città come Spalato, legata al mare
e alle discipline tipiche delle Olimpiadi
estive, già nel 1976 fosse stata fondata
una società di sci.
Con il passare degli anni gli impianti
sui monti dell’area di Kupres si sono
modernizzati e ampliati. Oggi esiste
il centro sciistico Čajuša con tanto di
alberghi e altri impianti che fanno della
regione un importante centro invernale,
molto frequentato dai dalmati e non
soltanto da loro.
Oggi a Spalato esistono due società
sciistiche, lo storico Split e il NordisTromont. E proprio questa società più
giovane, ha dato i “natali” alla prima
sciatrice spalatina che ha partecipato
a un’Olimpiade invernale nello sci,
Andrea Komšić. Ha partecipato alle
Olimpiadi di Soci del 2014. Nata il 4
maggio del 1996 a Kiseljak, in Bosnia
ed Erzegovina, fin dall’inizio difende
i colori della Croazia. La sua prima
competizione importante è stata qualle
del 2013 ai mondiali di Schladming
dove ha partecipato al superG (non ha
terminato la gara), alla supercombinata
(31.esimo posto), alla discesa libera (36.
esima) e allo slalom speciale (47.esima).
Ha fatto seguito la partecipazione alle
Olimpiadi del 2014 dove si è piazzata
35.esima nello slalom gigante e
33.esima nello slalom speciale. Ultima
importante partecipazione quella ai
mondiali del 2015 di Beaver Creek,
dove si è piazzata al 36.esimo posto nel
superG, 37.esima nella discesa libera e
19.esima nella supercombinata. Vista
la giovane età, una cosa è certa. Il suo
tempo deve appena venire.
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sabato, 11 marzo 2017
letteratura
dalmazia
la Voce
del popolo
di Dino Saffi
«1202»
I CROCIATI ALLA
CONQUISTA DI Z
PRESENTATO IL ROMANZO DI FRANE HERENDA INCEN
L’
assedio di Zara da parte del Crociati
nel 1202 è una delle pagine
sicuramente più interessanti della
storia della città dalmata. A quell’evento è
dedicato ora un romanzo scritto dal giovane
autore zaratino Frane Herenda dal titolo
emblematico “1202”. Il volume, edito dalla
casa editrice Profil Knjiga, è stato presentato
di recente a Zagabria nell’Algoritam MK
Megastore. Herenda nel suo intervento
ha sottolineato che un romanzo storico
non dev’essere necessariamente difficile
da leggere. Se si vuole inviare un
determinato messaggio al vasto pubblico
per farlo riflettere su temi quali le guerre,
l’appartenenza etnica o religiosa, si deve
farlo con una scrittura vivace, attraente, di
facile lettura.
Dinamicità, intrighi diplomatici e intrecci amorosi
E questo è il caso di “1202”, un romanzo nel
quale non mancano, accanto al retroscena
storico, la dinamicità, gli intrecci amorosi,
gli intrighi diplomatici. Soltanto i lettori più
attenti e sensibili potranno riuscire a leggere
tra le righe i messaggi reconditi riferiti ai
rapporti tra le religioni, gli eserciti, i leader
politici.
Frane Herenda ha sottolineato che l’assedio
di Zara da parte dei Crociati è uno degli
Zara. All’inaugurazione anche il premier Andrej Plenković
Il Palazzo del Rettore
torna a risplendere
Dopo due anni di accurato restauro è stato inaugurato di recente a Zara il Palazzo
del Rettore, uno degli edifici storici più importanti del centro città. Gli zaratini
hanno dovuto però attendere ben 26 anni prima di veder realizzato il progetto di
rivitalizzazione del Palazzo situato nel cuore del nucleo storico e che ora ospita tutta
una serie di contenuti culturali. Si va dalle sale dedicate alle esposizioni museali, ai
concerti, alle iniziative multimediali. La cerimonia d’inaugurazione è stata spettacolare,
con tanto di personaggi in costumi storici, giochi di luce, fuochi d’artificio. Per
solennizzare l’evento sono arrivati a Zara anche il premier Andrej Plenković e il ministro
della Cultura, Nina Obuljen Koržinek. Dopo le allocuzioni di circostanza del primo
ministro e del sindaco di Zara, Božidar Kalmeta, i cittadini hanno potuto visitare l’antico
Palazzo rimesso a nuovo. Il progetto di rivitalizzazione dello storico edificio è costato
complessivamente 44 milioni di kune, di cui ben 37 attinti dai fondi strutturali.
La prima menzione del Palazzo del Rettore nelle fonti storiche risale al XIII secolo. Nel
1978 l’edificio è stato inserito nel Registro dei monumenti della Croazia. Fino all’inizio
della Guerra patriottica ospitava la Biblioteca civica, nonché la scuola di musica e
balletto. Vi avevano sede pure il coro misto “Petar Zoranić” e la corale femminile “Juraj
Baraković”. Durante i bombardamenti della città nel conflitto degli anni Novanta l’ala
settentrionale e quella occidentale del Palazzo hanno subito ingenti danni. Tre saloni
in cui si tenevano i concerti sono andati completamente distrutti. Ora tutto questo
appartiene ormai alla storia. Il Palazzo del Rettore si presenta ai visitatori in tutto il suo
fulgore ed è destinato a diventare uno dei fulcri della vita culturale di Zara.
la Voce
del popolo
dalmazia
sabato, 11 marzo 2017
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La Quarta Crociata fallì il vero obiettivo, la Terrasanta
Da Venezia a Costantinopoli
A
ZARA
NTRATO SULL’ASSEDIO DELLA CITTÀ DALMATA
eventi più affascinanti della storia
millenaria della città, che all’epoca,
tenendo conto naturalmente delle
condizioni di quei tempi, era molto
ricca e potente. Il romanzo è dunque il
frutto di una sapiente combinazione di
finzione e realtà, quest’ultima imperniata
ovviamente sui documenti disponibili
di quell’epoca. La narrazione trae lo
spunto dalle testimonianze dei crociati
francesi che avevano partecipato
all’assedio di Zara. Lo scrittore rileva
di essersi attenuto il più possibile alle
fonti storiche, ma di aver lasciato
pure alla fantasia la possibilità di
sbizzarrirsi. Herenda ha impegnato la
bellezza di dodici anni per scriverlo,
tenendo conto del tempo occorso per
consultare gli esperti ed effettuare
ricerche negli archivi. Il filo conduttore
della narrazione è rappresentato dalle
vicende del capitano del bano Kulin,
Maj, impegnato nella ricerca della figlia
rapita. Dopo un lungo girovagare da
Ragusa a Sebenico, il capitano arriva a
Zara, dove viene assoldato dalla famiglia
patrizia che governa la città. Gli zaratini,
nel contempo, vengono a conoscenza
del fatto che si sta radunando un grande
esercito crociato...
La Quarta Crociata o Crociata dei
Veneziani venne bandita nel 1198
da papa Innocenzo III. Il suo invito
fu raccolto prima dalla feudalità
francese e fiamminga, a cui si
unirono in seguito i signori tedeschi e
dell’Italia settentrionale. A differenza
di quanto accaduto nella crociata
precedente, questa volta non presero
parte alla spedizione re o imperatori,
ma soltanto feudatari di diversa
importanza; capo riconosciuto ne
fu il conte Tibaldo di Champagne,
che però morì nel 1201 e venne
sostituito dal marchese Bonifacio
di Monferrato. I partecipanti si
accordarono per raggiungere l’Egitto
via mare e, per procurarsi una flotta
adeguata, si rivolsero a Venezia.
Furono avviate trattative con la
repubblica e, nell’aprile del 1201,
venne concluso un trattato in forza
del quale Venezia avrebbe preso
parte all’impresa offrendo le navi e i
viveri necessari per un anno contro
il pagamento di una forte somma di
denaro. In più i Veneziani avrebbero
fornito una scorta di cinquanta
galere, a condizione di ricevere in
cambio metà delle conquiste future.
Come data del raduno a Venezia, fu
stabilito il giorno di S. Giovanni, cioè
il 29 giugno del 1202.
I crociati iniziarono ad affluire a
Venezia fra l’aprile e il giugno 1202
ma, quando arrivò il momento della
partenza, non fu possibile raccogliere
tutta la somma necessaria per pagare
il trasporto. Il doge Enrico Dandolo
propose allora di conquistare per
conto del comune la città di Zara, che
a questo si era ribellata, e di ottenere
così una dilazione nel pagamento. La
proposta suscitò molte perplessità,
ma i Crociati non poterono fare altro
che acconsentire e, l’8 novembre
1202, la flotta prese finalmente il
largo alla volta dell’Oriente. Doveva
essere composta, secondo i calcoli
più accreditati, da 202 navi di
diverso genere, che imbarcavano
circa diciassettemila veneziani e
più di trentaduemila crociati. Prese
parte alla spedizione anche l’anziano
doge Dandolo, che doveva avere
superato i novant’anni ed era quasi
cieco, a seguito di un incidente
capitatogli circa tre decenni prima
quando si era recato in ambasceria a
Costantinopoli.
Zara venne conquistata senza troppa
fatica dopo un assedio di alcuni
giorni e le truppe vi si fermarono a
svernare. La conquista di questa città
cristiana, che per di più venne messa
a sacco, fu il primo avvenimento
anomalo della Quarta Crociata e
lasciò intravvedere un esito assai
lontano dagli scopi ufficiali; alla
notizia del fatto, papa Innocenzo
III scomunicò la spedizione ma poi,
rendendosi conto che i crociati erano
stati costretti a prendere Zara, li
perdonò mantenendo soltanto la
scomunica per i Veneziani.
Quanto era accaduto a Zara,
tuttavia, non faceva altro che
anticipare gli avvenimenti futuri.
Durante la sosta invernale, infatti,
i Crociati furono raggiunti dagli
ambasciatori di Alessio Angelo, figlio
dell’ex imperatore bizantino Isacco
II, che nel 1195 era stato deposto e
fatto accecare dal fratello Alessio III e,
al momento, si trovava incarcerato a
Costantinopoli. Alessio il giovane era
stato imprigionato assieme al padre, ma
nel 1201 era riuscito a fuggire recandosi
in Germania alla corte del cognato
Filippo di Svevia.
Alessio Angelo, con i buoni uffici del
cognato, propose ai crociati di aiutarlo a
recuperare il trono, offrendo in cambio
condizioni vantaggiosissime. Prometteva
una somma enorme di denaro (pari a
più del doppio di quanto richiesto dai
Veneziani per il traghetto), di rifornire
la spedizione e aiutare militarmente
la conquista dell’Egitto, di provvedere
al mantenimento di un corpo di
cinquecento cavalieri in Terrasanta e,
infine, la sottomissione della chiesa
bizantina a quella romana. La sua
proposta venne accolta con particolare
favore dal doge e da Bonifacio di
Monferrato e trovò molti consensi tra i
capi della spedizione.
Fu raggiunta rapidamente un’intesa e,
nella primavera dell’anno successivo,
arrivò anche il principe Alessio, che
raggiunse la flotta crociata a Corfù e
qui sottoscrisse un trattato con i suoi
nuovi alleati. Da Corfù, il 25 maggio,
le navi presero il largo alla volta di
Costantinopoli dove arrivarono il
23 giugno. La città fu rapidamente
conquistata e fu fondato l’Impero latino.
Ma questa è già un’altra storia...
|| Il doge Enrico Dandolo
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dalmazia
sabato, 11 marzo 2017
storia
la Voce
del popolo
di Krsto Babić
SULL’ISOLA A NORD DI ZARA DOVEVA SORGERE LA SECONDA CENTRALE ATOMICA JUGOSLAVA
A
i tempi della Guerra fredda, i
Paesi del blocco filosovietico
accarezzavano l’idea dell’autarchia,
totale o perlomeno parziale. Non faceva
eccezione l’ex Jugoslavia. Al fine di
raggiungere l’indipendenza energetica il
regime jugoslavo progettò di realizzare
dodici centrali nucleari da 1.000
megawatt ciascuna. Per varie ragioni
l’ambizioso progetto naufragò. L’unico
impianto a essere stato realizzato fu
quello di Krško in Slovenia. La centrale,
finanziata in parti uguali da Zagabria e
Lubiana, fu realizzata a cavallo tra gli
anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso. Dovrebbe
continuare la sua produzione almeno fino
al 2023. Negli anni ‘80 la Croazia e la
Slovenia avrebbero dovuto intraprendere
la costruzione congiunta di un secondo
impianto.
Il medesimo sarebbe dovuto sorgere
in Croazia. All’epoca gli esperti
individuarono due siti idonei a ospitare
la centrale, infine mai realizzata. Uno si
trovava a Prevlaka, una località situata
lungo il fiume Sava, distante circa 25
chilometri da Zagabria. L’alternativa
era costituita dall’isola di Puntadura
(Vir). Gli esperti giudicarono più idonea
Puntadura, ma alla fine la scelta cadde
su Prevlaka. Ufficialmente tale esito
fu dovuto al veto espresso nel 1979
dall’allora Assemblea comunale di Zara
(in precedenza dimostratasi incline
all’impianto). La centrale di Puntadura
sarebbe dovuta sorgere nei pressi del
villaggio di Torovi (in italiano Crisizza).
Dagli studi compiuti dal Dipartimento
di geofisica della Geoexperta OOUR
Geotehnika di Zagabria scaturì che dal
punto di vista sismico l’area si prestava a
ospitare una centrale nucleare.
Nonostante ciò, la realizzazione della
centrale nucleare non fu mai intrapresa,
Puntadura si trasformò comunque in un
enorme cantiere edile. Stando a quanto
la Voce
del popolo
Anno 13 / n. 107 / sabato, 11 marzo 2017
IN PIÙ Supplementi è a cura di Errol Superina
[email protected]
DALMAZIA
Edizione
Caporedattore responsabile f.f.
Roberto Palisca
Redattore esecutivo
Dario Saftich
Impaginazione
Teo Superina
Collaboratori
Igor Kramarsich, Krsto Babić, Cristiano Barbetti e Dino Saffi
Foto
Pixsell e archivio
PUNTADURA.
MEGLIO LA CEMENTIFICAZIONE
CHE L’INCUBO NUCLEARE
si racconta oggi a far desistere le autorità
dall’idea di costruire a Puntadura la
centrale fu uno stratagemma ideato
dagli isolani. Nel 1987 gli abitanti
dell’isola iniziarono a vendere in massa,
a prezzi vantaggiosi, i loro terreni
agricoli e i pascoli ai forestieri. Negli
anni successivi sorsero centinaia e poi
migliaia di villini. Immobili costruiti tutti,
o quasi, abusivamente. Uno dei pionieri
di quest’impresa è considerato Joso
Gržeta, definito poi il “Re di Puntadura”,
che all’epoca si trovava a capo della
Cooperativa agricola dell’isola.
Piano semplice, ma efficace
Quello escogitato dagli isolani era un
piano semplice, ma allo stesso tempo
diabolico. “Svendendo” i loro terreni
erano certi che migliaia di famiglie
provenienti da tutta l’ex Jugoslavia
avrebbero costruito a Puntadura le
loro case per le vacanze. Gli abitanti di
Puntadura, all’epoca circa un migliaio
di persone, sapevano che le decine di
migliaia di vacanzieri, si sarebbero
trasformati nei loro più fedeli alleati
qualora si fosse arrivati al punto di
doversi opporre alla costruzione della
centrale nucleare. E probabilmente
fu proprio questa la ragione che fece
desistere le autorità locali, repubblicane e
federali dall’idea di far sorgere l’impianto
sull’isola.
Puntadura oggi conta una popolazione
stabile di circa 2.000 persone. Nei mesi
estivi, al culmine della stagione turistica,
gli abitanti dell’isola arrivano a essere
oltre 70mila. E sebbene l’isola sia uno dei
simboli della cementificazione selvaggia
avvenuta lungo la costa e del turismo
di massa, a poco a poco, sta iniziando
a diventare una meta turistica molto
apprezzata. Sebbene sull’isola continuino
a trascorrere le vacanze i discendenti
degli operai che alla fine degli anni ’70
e all’inizio degli ’80 “colonizzarono”
Puntadura, oggi sono sempre più
numerose le ville di imprenditori croati
facoltosi, influenti e talvolta anche
famosi.
Puntadura è separata dall’isola di Pago
(Pag) dal Canale di Pogliana Nuova
(Nova Povljana) e della penisola di
Brevilacqua (Privlaka) da un guado
(Privlački gaz). Fino ai primi anni del
secolo scorso, nei periodi di bassa marea
il guado poteva essere attraversato
a piedi. Oggi l’isola è collegata alla
terraferma da un ponte. L’isola ha una
superficie leggermente superiore a 22
chilometri quadrati e uno sviluppo
costiero di quasi 32 chilometri. La vetta
più alta (116 metri sul livello del mare)
è costituita dal monte Barbinjak (monte
Bandiera in italiano).
Una ventina i potenziali siti
Il nome Puntadura deriva dal dalmatico
Punta de Ura. Un nome ispirato dal
termine “ueru”, ovvero “prato” o
“pascolo”. L’attività tradizionale degli
abitanti dell’isola erano la pastorizia e
l’agricoltura. Ai tempi d’oro sull’isola
pascolavano oltre 7.000 pecore.
Ormai le greggi sono quasi del tutto
scomparse. Un declino iniziato dopo
la fine della Seconda guerra mondiale.
Spinti dalla miseria, molti capifamiglia,
abbandonarono i campi e i pascoli,
e iniziarono a imbarcarsi sulle navi
mercantili e a guadagnarsi da vivere
solcando i mari.
Nel 2008, nel corso del dibattito
pubblico che precedette l’approvazione
della Strategia nazionale sullo sviluppo
energetico, gli esperti avvisarono che
il Paese avrebbe fatto bene a prendere
in seria considerazione la necessità di
dotarsi di due centrali nucleari entro
il 2030. Questi impianti sarebbero
stati necessari per colmare l’ammanco
d’energia legato alla chiusura di una
serie di centrali termoelettriche ormai
obsolete. I sostenitori di questa tesi
puntualizzarono che Puntadura e le
altre località rivierasche giudicate
in passato potenzialmente idonee a
ospitare gli impianti non sarebbero più
dovute essere prese in considerazione.
Oltre a Puntadura e a Prevlaka, a
cavallo tra gli anni ‘70 e ’80, in Croazia
venne identificata una ventina di siti
adatti a ospitare una centrale nucleare.
Oltre a Puntadura le località dalmate
incluse nell’elenco erano: Vransko
Jezero, Jezera (Gessera) sull’isola
di Murter (Morter), Grba e Košljun
(Cassione) sull’isola di Pago, Rtina
(Retina) nei pressi di Zara, Turski bok e
Obinuš veli.