la Voce del popolo dalmazia www.edit.hr/lavoce Anno 13 • n. 107 sabato, 11 marzo 2017 RUGGIERO BOSCOVICH: MONUMENTO NEL PARCO INDRO MONTANELLI SPORT LETTERATURA STORIA Spalato fu anche la culla dello sci «1202». Romanzo sull’assedio di Zara Puntadura. Lotta contro il nucleare Già negli anni Trenta del secolo scorso nel capoluogo dalmata prese piede la passione per le discipline sportive invernali. I centri sciistici si svilupparono sui monti dell’entroterra e nell’area di Kupres, in Bosnia ed Erzegovina. Il giovane scrittore Frane Herenda ha dedicato un libro molto interessante alla sua città natale. Il volume è incentrato sulla Quarta Crociata, che ebbe inizio con l’attacco a una città cristiana. L’isola situata vicino a Pago oggigiorno è il simbolo della cementificazione selvaggia non soltanto in Dalmazia. Ma in realtà qui all’epoca dell’ex Jugoslavia doveva sorgere una centrale nucleare. 4|5 6|7 8 2 sabato, 11 marzo 2017 eventi M ilano e Zagabria condividono una monumentale opera d’arte dello scultore Ivan Meštrović (1883 – 1962). Si tratta della statua di Ruggiero Boscovich (Ruđer Bošković). Il 13 febbraio scorso, in occasione del 230.esimo anniversario della scomparsa del gesuita e scienziato originario di Ragusa (Dubrovnik), la scultura è stata svelata nel parco del capoluogo lombardo La vita e le opere Il gesuita Ruggero Giuseppe Boscovich, astronomo, geodeta, fisico e matematico nacque a Ragusa (Dubrovnik) nel 1711 e morì a Milano nel 1787. Compiuti i primi studi al Collegium Ragusinum passò al Collegio Romano dove fu poi professore di matematica dal 1740 al 1759. Fu consulente di apprezzata competenza in varie questioni tecniche: stabilità della cupola di S. Pietro e della Biblioteca cesarea a Vienna, bonifica delle paludi pontine, misurazione (con Chr. Maire) dell’arco di meridiano tra Roma e Rimini (De literaria expeditione per pontificiam ditionem ad dimetiendos duos meridiani gradus et corrigendam mappam geographicam, 1755) per la risoluzione del problema newtoniano della figura della Terra e la rettifica della carta dello Stato Pontificio. Dopo viaggi a Vienna (1758), in Francia (1759) e Inghilterra (1760), a Costantinopoli (1761), per osservare il passaggio di Venere dinanzi al Sole) e Pietroburgo, fu professore di matematica all’università di Pavia dal 1764 al 1768 quando passò alle Scuole Palatine di Milano dove aveva intrapreso la costruzione della nuova specola di Brera della quale fu direttore. Soppressa la Compagnia di Gesù (1773), dopo un soggiorno a Venezia, si stabilì in Francia (fu direttore d’ottica della Marina francese) per tornare in Italia nel 1782 risiedendo per lo più a Bassano dove curò l’edizione completa delle sue opere: Opera pertinentia ad opticam et astronomiam (5 voll., 1784-85). Con l’opera Philosophiae naturalis theoria (1758), sintesi originale tra il dinamismo leibniziano e il meccanicismo newtoniano, enunciò una fortunata teoria sulla struttura della materia, secondo la quale, supposta la materia costituita da punti discreti inestesi e indivisibili (“primi elementi della materia”) e la legge di continuità, tutte le proprietà meccaniche della materia possono essere spiegate con l’introduzione di forze che a grandi distanze seguono le legge di gravitazione di Newton mentre a distanze minori sono alternativamente attrattive e repulsive per divenire definitivamente repulsive, con una intensità che cresce illimitatamente al decrescere della distanza tra due “elementi”, sì da renderne impossibile il contatto. Notevoli contributi portò anche all’ottica (eliminazione dell’aberrazione cromatica delle lenti, rilevazione della aberrazione sferica, costruzione del micrometro ottico), alla geodesia e all’astronomia (metodo per la determinazione delle orbite delle comete e dell’orbita di Urano, rilevazione delle perturbazioni nelle orbite di Giove e Saturno); mentre in matematica fornì un metodo grafico per la risoluzione dei triangoli sferici, quattro formule differenziali di geometria sferica, e indagò la possibilità di geometrie non euclidee. dalmazia di Cristiano Barbetti intestato al celebre giornalista Indro Montanelli. L’inaugurazione si è tenuta alla presenza degli assessori meneghini Pierfrancesco Maran (urbanistica, verde e agricoltura) e Filippo Del Corno (cultura), del sindaco di Zagabria, Milan Bandić, del viceministro croato della Cultura, Iva Hraste-Sočo, dell’ambasciatore croato a Roma, Damir Grubiša, e del presidente della Comunità croata di Milano, la Voce del popolo A MILANO L’IMPONENTE SCULTURA REALIZZATA Snježana Susović Hefti. La statua dedicata al gesuita e scienziato dalmata è stata collocata nei giardini Montanelli, come espressamente richiesto dal ministero croato della Cultura, dalla Città di Zagabria e dalla Comunità croata di Milano, che con quest’offerta hanno voluto rendere omaggio allo scienziato vissuto, morto e sepolto a Milano. Risale al 1992 l’atto con cui il Consiglio comunale milanese accettava formalmente la donazione dell’opera. Il mese scorso, dopo una lunga trafila burocratica, la scultura realizzata dal celebre scultore croato, copia fedele dell’opera installata a Zagabria davanti all’Istituto di ricerca Ruđer Bošković, è arrivata a Milano. Come indicato sul sito Internet del Comune di Milano, la donazione comprende il trasporto e la NEI GIARDINI MONTANELLI IL RUGGIERO BOS la Voce del popolo dalmazia A DA IVAN MEŠTROVIĆ RICORDa IL GRANDE SCIENZIATO raguseo posa dell’opera, oltre al collaudo e alla manutenzione ordinaria e straordinaria del monumento per 20 anni. “Accogliamo questo dono con gratitudine – hanno sottolineato gli assessori Maran e Del Corno –. Boscovich incarna la figura di un intellettuale europeo che ha vissuto buona parte della sua vita a Milano, contribuendo ad arricchire la vita culturale cittadina soprattutto grazie al suo impegno per la nascita dell’Osservatorio astronomico di Brera. Siamo quindi lieti che la statua sia finalmente giunta a impreziosire i giardini Montanelli e che si trovi proprio nei pressi di un ‘teatro’ della scienza e dell’astronomia come il Planetario”. Soddisfazione è stata espressa pure dal sindaco di Zagabria. “Lasciamo in eredità ai cittadini di Milano, di tutta l’Italia, IL MONUMENTO A OSCOVICH dell’Europa e del mondo questo grande personaggio”, ha dichiarato Milan Bandić. “Credo che la sua forza, la sua grandezza e la sua personalità espressa dalla magnifica opera d’arte di Meštrović – ha proseguito il primo cittadino della capitale croata – saranno riconosciute da tutti i visitatori del parco Indro Montanelli”. “L’impegno e la volontà di tutti i partecipanti a questo progetto, dopo quasi 30 anni, hanno portato alla posa di questo magnifico monumento. Ringrazio tutti, in particolare la Città di Milano, per aver reso omaggio a Bošković, che vivrà per sempre nei nostri cuori”, ha rilevato Bandić al termine del suo intervento. Snježana Susović Hefti ha affermato che “nonostante gli optanti si siano opposti alla posa del monumento”, il desiderio dei croati d’Italia si è avverato. “Ci rallegra l’inaugurazione della statua a questo grande personaggio croato, una delle ultime menti universali della tradizione europea”, ha affermato il presidente della Comunità croata di Milano. Battute polemiche Il 3 febbraio scorso, in occasione della conferenza stampa convocata a Zagabria per annunciare l’evento, Snježana Susović Hefti aveva sostenuto che gli esuli giuliano dalmati non erano stati gli unici a opporsi alla posa del monumento. In quell’occasione Bandić aveva commentato la questione nel suo caratteristico stile. Nell’esprimere gratitudine a tutti coloro i quali hanno contribuito a realizzare il progetto, a iniziare dal suo omologo milanese, Giuseppe Sala, Bandić aveva rivolto un ringraziamento particolare a chi aveva scelto di osteggiare il medesimo. “È sempre così nella vita. A ‘lagnarsi’ e a lamentarsi sono sempre quelli che nella vita non hanno combinato quasi nulla, ma che quando qualcun altro realizza qualcosa trovano sempre da obiettare”, esclamò Bandić. A quella conferenza stampa aveva partecipato pure lo storico della letteratura Slobodan Prosperov Novak, notando che Milano potrà vantare una statua dedicata a Boscovich/Bošković prima della stessa Ragusa (Dubrovnik). L’intellettuale croato nato a Belgrado e cresciuto a Ragusa (Dubrovnik) aveva auspicato che in futuro una statua di Boscovich/Bošković possa affiancare nella città di San Biagio quelle di Ivan Gundulić (Giovanni Gondola) e Marin Držić (Marino Darsa). Un sollecito al quale Bandić aveva replicato, affermando che “se a Ragusa non si affretteranno a dedicare un monumento a commento a Bošković, Zagabria potrebbe decidere di munirsene di due”. L’idea di dedicare nella metropoli italiana un monumento a Boscovich risale al 1986. La Città di Zagabria si è inclusa nell’iniziativa nel 2011, permettendo, con la collaborazione del ministero croato della Cultura e della Comunità croata di Milano, di portare a termine la stessa. Statua alta 280 centimetri La statua svelata a Milano è un’opera a tutto tondo in bronzo dell’altezza di 280 centimetri, 160 centimetri di larghezza e 185 di profondità. Raffigura lo scienziato in posizione seduta, pensante, mentre appoggia il braccio sinistro su di un globo (simbolo della scienza). L’opera poggia su un basamento, realizzato in calcestruzzo e lastre di granito nero, che rappresenta in modo fedele quello dell’opera originale (forgiata nel 1929). Sul piedistallo è stata incisa la seguente scritta: “RUGGIERO GIUSEPPE BOSCOVICH – FISICO MATEMATICO ASTRONOMO FILOSOFO DIPLOMATICO E POETA – RAGUSA (OGGI DUBROVNIK IN CROAZIA) 1711 – MILANO 1787. Sia la statua zagabrese sia quella milanese sono state realizzate partendo dal modello originale conservato nella collezione privata della famiglia Meštrović. La statua destinata a Milano è stata realizzata negli anni ‘90 del secolo scorso su iniziativa di Marija Meštrović, figlia del Maestro. A causa di un diverbio tra gli eredi all’epoca l’opera non poté giungere in Italia. La scultura venne sistemata in un magazzino nei pressi dell’odierno Aeroporto Franjo Tuđman a Zagabria. Successivamente l’opera fu donata alla Città di Zagabria da Mate e Rumjana Meštrović, rispettivamente il figlio e la nuora dell’artista. sabato, 11 marzo 2017 3 IL COMMENTO La questione del nome di Dario Saftich Alla fine il monumento al grande scienziato raguseo ha trovato il posto che si merita a Milano, ai giardini Montanelli. Non sono mancate le frecciatine polemiche a quanti avrebbero osteggiato la benemerita iniziativa. Ma queste polemiche, in realtà, traggono la loro origine da ben altre ragioni, che con la statua poco hanno a che vedere. Il nocciolo della questione, come spesso accade dalle nostre parti quando si parla dei grandi del passato, sta nella grafia del nome da utilizzare (nel caso dello scienziato – Ruggiero Boscovich o Ruđer Bošković) e nell’identificazione della sua appartenenza nazionale, vera o presunta. Il tutto con il senno di poi, perché nei tempi andati le grafie erano quelle che erano e i concetti di nazionalità non sempre in linea con quelli attuali. Di polemiche il “caso Boscovich” è zeppo. Serbo cattolico!? “I miei amici croati non me ne abbiano, non interpretino male le mie parole, ma Ruđer Bošković era un serbo cattolico”. Era bastata anni fa questa frase dell’allora presidente della Repubblica di Serbia, Boris Tadić per ridare fiato alle infinite diatribe sull’appartenenza nazionale del grande scienziato raguseo. E naturalmente per riaprire in genere il discorso altrettanto infinito sulle identità delle genti di frontiera, vissute a cavallo tra civiltà, lingue e culture diverse. Inutile dire che la sortita di Boris Tadić aveva suscitato una ridda di reazioni in Croazia e in alcuni circoli era stata interpretata come l’ennesimo tentativo di appropriazione dei grandi della storia croata. Sta di fatto che da tantissimo tempo sulla figura di Ruggiero Boscovich si sprecano le interpretazioni di sapore nazionale. Italiani e croati fanno leva su argomentazioni di carattere culturale, linguistico e di scelte di vita. I croati anche sul fatto che il grande scienziato fosse nato a Ragusa (Dubrovnik), oggi chiaramente Croazia. Nel caso dei serbi le motivazioni risiedono innanzitutto nell’origine del padre di Boscovich, che proverrebbe dall’Erzegovina orientale e i cui avi avrebbero radici anche in Montenegro, ossia in zone abitate in buona parte da popolazioni di fede ortodossa. Siccome Ruggiero Boscovich era un gesuita, ecco spiegato il sintagma di Boris Tadić, serbo cattolico. Certo è che il problema della grafia da utilizzare non riguarda soltanto lo scienziato raguseo, ma in genere i personaggi dalmati del passato (e non soltanto loro), in quanto, piaccia o no, la scrittura con i segni diacritici è un qualcosa che allora non esisteva. E comunque nemmeno oggi la grafia utilizzata può indicare con certezza l’identità nazionale o culturale di una persona. Piuttosto che usare i grandi del passato per dividere, sarebbe il caso di richiamarsi alle loro figure e opere per unire le nazioni odierne, per far capire che spesso le radici culturali sono simili e intrecciate. Il monumento a Ruggiero Giuseppe Boscovich a Milano è un bell’esempio della strada da seguire, rispettando la storia, senza imposizioni inutili. 4 lalaVoce Voce del popolo del popolo sabato, 11 marzo 2017 SPORT di Igor Kramarsich INCREDIBILE, MA VERO. LE DISCIPLINE INVERNALI NELLE NOSTRE REGIONI TRAGGONO LE LORO ORIGINI IN DALMAZIA S apete dove sono stati usati per la prima volta gli sci nell’ex Jugoslavia? Il pensiero corre subito alle montagne della Slovenia, o magari a quelle attorno a Sarajevo. Ai monti della Serbia o forse a quelli della Macedonia. Tutto falso, gli inizi sciistici dell’ex Jugoslavia sono legati alla città di Spalato! Sembra una notizia del tutto incredibile, inverosimile. Chi potrebbe mai pensare che una città votata al mare, al caldo, agli sport estivi, abbia dato i “natali” a una disciplina spiccatamente invernale. Eppure è tutto vero: la notizia è stata confermata appena poche settimane fa nel capoluogo dalmata. La rivelazione è il frutto di indagini compiute dagli storici spalatini, legate a una serie di foto che ritraggono attività sciistiche nell’entroterra spalatino e che si rifanno direttamente alla stessa Spalato. Però procediamo con ordine e passiamo in rassegna quanto è collegato alle origini di questo sport nella città più importante della Dalmazia. alla società alpinistica da anni si svolgeva pure l’attivita sciistica, per cui la “scissione” era soltanto questione di tempo. Nella prima dirigenza della nuova società vennero eletti Mirjana Babin, Gojko Boraska, Stipe Božić, Ante Dadas, Dinka Dumanić, Savo Golubović, Robert Kučić, Goran Mudronja, Jakob Palir, Eduard Pavišić, Mane Pavlica, Slavko Stankov, Janez Stor, Vesna, Teklić, Ivan Tartaglia, Mirko Tomšić e Nikša Urlić. Nel consiglio d’amministrazione trovarono posto Ivo Bojić, Nino Janković e Nilka Kukoč. Infine nella commisione disciplinare furono inclusi Ljubo Bogunović, Ana Ivić e Ivo Prebanda. Ci fu una grande discussione sul nome da dare a questa nuova società. Infatti c’erano ben cinque proposte: Split, Marjan, Mladost, Mosor e Dalmacija. Alla fine prevalse il nome Split, che la società porta ancora oggi. Alla fine della prima assemblea ci fu la scelta del presidente. Con voto unanime fu eletto Goran Mudronja. Gli inizi ufficiali nel 1976 Stupore e scetticismo La storia, almeno quella con i crismi dell’ufficialità, ci dice che il primo club sciistico a Spalato venne istituito il 10 maggio del 1976 in via Marmont, in pieno centro città, nella sede della società alpinistica Mosor. Infatti in seno L’enigma Kaliterna La vera grande scoperta relativa agli inizi dello sci a Spalato risale a quest’anno e potrebbe costringerci a ridisegnare la storia di questo sport non soltanto in Dalmazia. Tutto ruota attorno a una foto che dovrebbe risalire al 1875. Come rilevato nel testo che l’accopagna, raffigura Guido Kaliterna Cota sugli sci! Dallo stesso testo si evince che il signore in posa sugli sci risiedeva a Borgo Grande (Veli Varoš) e che gli sci erano di sua produzione, fatti in base a quello che aveva visto in Svizzera. Inoltre Kaliterna sarebbe stato uno dei primi teorici dello sci a Kranjska Gora, con tanto di licenza, e avrebbe organizzato una scuola sciistica il 27 gennaio 1875, con ben 17 partecipanti. Per il momento si stanno seguendo due piste. La prima è di individuare i parenti di Kaliterna e di saperne di più sulla foto. Finora le ricerche non hanno avuto successo. La seconda sta nell’osservare con attenzione gli sci raffigurati nella foto. Secondo gli sloveni la foto sarebbe stata scattata molto anni dopo. Però secondo Robert Kučić, storico sportivo spalatino, non vi sarebbero dubbi sul fatto che gli sci possano risalire al 1875 visto che simili esemplari si possono trovare in svariate foto dell’epoca di Napoleone. Comunque vada l’indagine sarà interessante seguirla dal punto di vista sportivo e potrebbe portare a riscrivere i libri di storia non soltanto spalatini e non soltanto di carattere sciistico. La notizia dello svolgimento di quest’assemblea costitutiva, come pure il fatto stesso che fosse stato fondato un club sciistico in una tipica città di mare, fecero grande scalpore non soltanto nella regione dalmata, ma anche in un contesto più ampio. Non furono pochi i dirigenti sportivi che accolsero con stupore e anche con un pizzico di scetticismo questa notizia; diversi furono coloro che si chiesero se una società del genere servisse davvero a una città come Spalato. All’epoca, ossia poco più di 40 anni fa, erano pochi gli spalatini che andavano nei fine settimana nei centri sciistici più vicini. Però bisogna capire come si fosse arrivati all’idea di fondare una società sciistica in un comprensorio molto lontano dai veri centri sportivi invernali. SPALATO. LA CULLA DELLO SCI la Voce dalmazia del popolo A Spalato, come è noto, la neve cade di rado. Quando questo succede il caos è inevitabile, perché la cittadinanza e i servizi comunali sono impreparati a emergenze del genere. Alle spalle della città ci sono montagne anche importanti e piuttosto alte che ogni inverno sono ricoperte di neve. Mancano però gli impianti sciistici e anche le piste per sciare sono praticamente assenti. I ruggenti anni Trenta Le prime attività sciistiche legate al capoluogo dalmata risalgono agli anni Trenta e fanno capo alla società alpinistica Mosor all’epoca attiva già da parecchi anni, con un numero ragguardevole di tesserati. Per trovare le prime tracce documentate relative allo sci bisogna riandare al 28 gennaio 1934. Infatti quel giorno un gruppo di soci del Mosor insieme a una comitiva slovena, con tre paia di sci, scalò il monte Kamešnica, distante da Spalato nemmeno due ore di macchina. Il tutto fu documentato a dovere in maniera entusiastica dal giornale locale Novo Doba, che arrivò al punto di proporre di realizzare su questo monte un rifugio alpino, per spingere quanta più gente a praticare lo sci, uno sport salutare e utile, come venne definito già allora. Anche se la prima attività sciistica documentata risale al 1934, la sezione dello sci presso il Mosor venne fondata appena nel 1933 su iniziativa di Pavlo Lavrenčić. In quegli anni ci fu un vero e proprio boom in fatto di sport invernali. La passione per la montagna e le nevi arrivò al punto che dopo Zagabria proprio a Spalato venne aperto un negozio specializzato in requisiti sciistici, il Foto Radio Sport di Petar Gjurković.In breve tempo si rese necessario aumentare la capienza del rifugio già esistente sul monte Kamešnica, che di lì a poco potè ospitare ben 50 sciatori. Ben presto i neosciatori. dopo il Kamešnica scoprirono pure il monte Vaganj sabato, 11 marzo 2017 Sul monte Kamešnica Si susseguirono così numerose attività sciistiche fino alla fine degli anni ‘30. L’ultima registrata prima dello scoppio dell’ultimo conflitto mondiale fu quella del 10 marzo 1940 sul monte Kamešnica. Seguì la guerra e tutte le attività ufficiali cessarono. Purtroppo ne rimase “vittima” pure l’archivio del Mosor, in quanto andarono persi tutti i documenti ufficiali. Però per fortuna grazie a Boris Regner si riuscì a ricostruirlo. Infatti questo giornalista spalatino, grande appassionato della montagna, s’impegnò a fondo affinché i dati relativi allo sci spalatino non andassero persi. Grazie a lui sappiamo i risultati delle diverse competizioni. Così troviamo traccia pure della gara del 1940, che non fu una classica gara sciistica come oggi la conosciamo. Infatti si trattò di una combinazione dello sci classico con lo sci di fondo. Le donne e gli juniores disputavano all’epoca gare di 3.000 metri, mentre gli uomini di 5.000. Tra gli juniores a vincere fu Gjorgje Buić con il tempo di 16.13; secondo fu Živko Gattin 17.45 e terzo Petar Dešković 19.15. Tra gli seniores vinse Vasilije Petrošić con il tempo di 23.15; secondo fu Žarko Radica 27.28, e terzo Stipe Vrčan 32.00. Infine nella competizione per le donne vinse Neda Radić con il tempo di 22.40 seguita da Vesna Kaliterna 26.30 e Milka Dešković 28.10. Inoltre sempre per quanto riguarda questi primi anni c’è assolutamente da ricordare il forte contributo dato, oltre ai già citati Pavle Lavrenčić e Petar Gjurković, pure de Drago Ulaga e Miro Zavodnik. Kupres, il regno degli sci Finita la guerra inevitabilmente iniziarono di nuovo le attivita alpinistiche e sciistiche. Le prime furono registrate sul monte Vaganj nel novembre del 1945 e poi nel marzo del 1946. All’inizio, come noto, ci fu soltanto la sezione sciistica in seno al Mosor, ma appena finita la guerra pure nell’ambito della polisportiva Jadran fu organizzata nel 1945 la sezione dedicata allo sci. La passione per gli sport invernali si rafforzò negli anni, ma per arrivare a una vera e proprio società si dovette attendere fino agli anni ‘70. Parallelamente aumentò la passione degli spalatini verso lo sci a livello squisitamente amatoriale. Furono molto gli sciatori che iniziatono ad affollare le piste sui monti attorno a Spalato, ma pure quelle in Bosnia ed Erzegovina, in primis sull’altopiano di Kupres. Visto l’interesse sempre maggiore per lo sci, su iniziativa del centro sportivo di Spalato, ovvero dell’SOFK, si decise di acquistare una vera e propria funivia e di portarla dallo Sljeme di Zagabria ai piedi della montagna di Stožer, a Begovo Selo, nell’area di Kupres, in Bosnia ed Erzegovina. Fu una funivia importante, lunga ben 400 metri, per cui portarla in loco e montarla fu un’impresa non da poco. A occuparsi dell’acquisto della funivia fu in primis Miroslav Delaš, segretario tecnico dell’SFK. Le operazioni di montaggio furono dirette da Savo Golubović, Jakob Palir, Mane Pavlica, Eduard Pavišić, Stipe Božić (oggi famoso alpinista), Ante-Mačo Dadas, Boris Siriščević-Sire e Marijan Pogačnik. Il tutto si concluse con successo e a partire dal 1975 si potè organizzare sul monte Stožer la prima scuola sciistica per i più giovani. A dirigerla furono sciatori esperti della sezione sciistica del Mosor ossia Ante Dadas, Stipe Božić, Boris Siriščević, Mirjana Babin, Nikša Urlić, Nino Grbelja e Idriz Čilić. Il medico della scuola fu Janez Stor. Il tutto fu organizzato e diretto da Robert Kučić. Problemi di spazio Questa prima scuola ebbe un grandissimo successo e con il passare degli anni aumentò a dismisura il numero dei bambini interessati a frequentarla. Il tutto portò pure a dei problemi di alloggio dei bimbi, in quanto il motel locale non era più in grado di ospitarli tutti. Per tale motivo si ricorse persino agli ambienti della scuola locale. Ben presto durante le vacanze invernali furono organizzate due trasferte, ciascuna con ben 150 ragazzini. Alla fine venne organizzata pure una gara, che ben presto fu chiamata Zlatni medvjed Kupresa (Orso d’oro di Kupres). Questa competizione divenne tradizionale, come pure la scuola sciistica. Le attività furono 5 interrotte provvisoriamente soltanto durante i conflitti bellici degli anni Novanta e ripresero subito dopo. Fu proprio grazie a questo clima propizio, ai tanti bambini che andavano a sciare nell’area di Kupres, seguiti nei fine settimana pure da tantissimi genitori, che gli spalatini si appassionarono in massa a questo sport. Alla fin fine possiamo dire che non è poi tanto singolare il fatto che in una città come Spalato, legata al mare e alle discipline tipiche delle Olimpiadi estive, già nel 1976 fosse stata fondata una società di sci. Con il passare degli anni gli impianti sui monti dell’area di Kupres si sono modernizzati e ampliati. Oggi esiste il centro sciistico Čajuša con tanto di alberghi e altri impianti che fanno della regione un importante centro invernale, molto frequentato dai dalmati e non soltanto da loro. Oggi a Spalato esistono due società sciistiche, lo storico Split e il NordisTromont. E proprio questa società più giovane, ha dato i “natali” alla prima sciatrice spalatina che ha partecipato a un’Olimpiade invernale nello sci, Andrea Komšić. Ha partecipato alle Olimpiadi di Soci del 2014. Nata il 4 maggio del 1996 a Kiseljak, in Bosnia ed Erzegovina, fin dall’inizio difende i colori della Croazia. La sua prima competizione importante è stata qualle del 2013 ai mondiali di Schladming dove ha partecipato al superG (non ha terminato la gara), alla supercombinata (31.esimo posto), alla discesa libera (36. esima) e allo slalom speciale (47.esima). Ha fatto seguito la partecipazione alle Olimpiadi del 2014 dove si è piazzata 35.esima nello slalom gigante e 33.esima nello slalom speciale. Ultima importante partecipazione quella ai mondiali del 2015 di Beaver Creek, dove si è piazzata al 36.esimo posto nel superG, 37.esima nella discesa libera e 19.esima nella supercombinata. Vista la giovane età, una cosa è certa. Il suo tempo deve appena venire. 6 sabato, 11 marzo 2017 letteratura dalmazia la Voce del popolo di Dino Saffi «1202» I CROCIATI ALLA CONQUISTA DI Z PRESENTATO IL ROMANZO DI FRANE HERENDA INCEN L’ assedio di Zara da parte del Crociati nel 1202 è una delle pagine sicuramente più interessanti della storia della città dalmata. A quell’evento è dedicato ora un romanzo scritto dal giovane autore zaratino Frane Herenda dal titolo emblematico “1202”. Il volume, edito dalla casa editrice Profil Knjiga, è stato presentato di recente a Zagabria nell’Algoritam MK Megastore. Herenda nel suo intervento ha sottolineato che un romanzo storico non dev’essere necessariamente difficile da leggere. Se si vuole inviare un determinato messaggio al vasto pubblico per farlo riflettere su temi quali le guerre, l’appartenenza etnica o religiosa, si deve farlo con una scrittura vivace, attraente, di facile lettura. Dinamicità, intrighi diplomatici e intrecci amorosi E questo è il caso di “1202”, un romanzo nel quale non mancano, accanto al retroscena storico, la dinamicità, gli intrecci amorosi, gli intrighi diplomatici. Soltanto i lettori più attenti e sensibili potranno riuscire a leggere tra le righe i messaggi reconditi riferiti ai rapporti tra le religioni, gli eserciti, i leader politici. Frane Herenda ha sottolineato che l’assedio di Zara da parte dei Crociati è uno degli Zara. All’inaugurazione anche il premier Andrej Plenković Il Palazzo del Rettore torna a risplendere Dopo due anni di accurato restauro è stato inaugurato di recente a Zara il Palazzo del Rettore, uno degli edifici storici più importanti del centro città. Gli zaratini hanno dovuto però attendere ben 26 anni prima di veder realizzato il progetto di rivitalizzazione del Palazzo situato nel cuore del nucleo storico e che ora ospita tutta una serie di contenuti culturali. Si va dalle sale dedicate alle esposizioni museali, ai concerti, alle iniziative multimediali. La cerimonia d’inaugurazione è stata spettacolare, con tanto di personaggi in costumi storici, giochi di luce, fuochi d’artificio. Per solennizzare l’evento sono arrivati a Zara anche il premier Andrej Plenković e il ministro della Cultura, Nina Obuljen Koržinek. Dopo le allocuzioni di circostanza del primo ministro e del sindaco di Zara, Božidar Kalmeta, i cittadini hanno potuto visitare l’antico Palazzo rimesso a nuovo. Il progetto di rivitalizzazione dello storico edificio è costato complessivamente 44 milioni di kune, di cui ben 37 attinti dai fondi strutturali. La prima menzione del Palazzo del Rettore nelle fonti storiche risale al XIII secolo. Nel 1978 l’edificio è stato inserito nel Registro dei monumenti della Croazia. Fino all’inizio della Guerra patriottica ospitava la Biblioteca civica, nonché la scuola di musica e balletto. Vi avevano sede pure il coro misto “Petar Zoranić” e la corale femminile “Juraj Baraković”. Durante i bombardamenti della città nel conflitto degli anni Novanta l’ala settentrionale e quella occidentale del Palazzo hanno subito ingenti danni. Tre saloni in cui si tenevano i concerti sono andati completamente distrutti. Ora tutto questo appartiene ormai alla storia. Il Palazzo del Rettore si presenta ai visitatori in tutto il suo fulgore ed è destinato a diventare uno dei fulcri della vita culturale di Zara. la Voce del popolo dalmazia sabato, 11 marzo 2017 7 La Quarta Crociata fallì il vero obiettivo, la Terrasanta Da Venezia a Costantinopoli A ZARA NTRATO SULL’ASSEDIO DELLA CITTÀ DALMATA eventi più affascinanti della storia millenaria della città, che all’epoca, tenendo conto naturalmente delle condizioni di quei tempi, era molto ricca e potente. Il romanzo è dunque il frutto di una sapiente combinazione di finzione e realtà, quest’ultima imperniata ovviamente sui documenti disponibili di quell’epoca. La narrazione trae lo spunto dalle testimonianze dei crociati francesi che avevano partecipato all’assedio di Zara. Lo scrittore rileva di essersi attenuto il più possibile alle fonti storiche, ma di aver lasciato pure alla fantasia la possibilità di sbizzarrirsi. Herenda ha impegnato la bellezza di dodici anni per scriverlo, tenendo conto del tempo occorso per consultare gli esperti ed effettuare ricerche negli archivi. Il filo conduttore della narrazione è rappresentato dalle vicende del capitano del bano Kulin, Maj, impegnato nella ricerca della figlia rapita. Dopo un lungo girovagare da Ragusa a Sebenico, il capitano arriva a Zara, dove viene assoldato dalla famiglia patrizia che governa la città. Gli zaratini, nel contempo, vengono a conoscenza del fatto che si sta radunando un grande esercito crociato... La Quarta Crociata o Crociata dei Veneziani venne bandita nel 1198 da papa Innocenzo III. Il suo invito fu raccolto prima dalla feudalità francese e fiamminga, a cui si unirono in seguito i signori tedeschi e dell’Italia settentrionale. A differenza di quanto accaduto nella crociata precedente, questa volta non presero parte alla spedizione re o imperatori, ma soltanto feudatari di diversa importanza; capo riconosciuto ne fu il conte Tibaldo di Champagne, che però morì nel 1201 e venne sostituito dal marchese Bonifacio di Monferrato. I partecipanti si accordarono per raggiungere l’Egitto via mare e, per procurarsi una flotta adeguata, si rivolsero a Venezia. Furono avviate trattative con la repubblica e, nell’aprile del 1201, venne concluso un trattato in forza del quale Venezia avrebbe preso parte all’impresa offrendo le navi e i viveri necessari per un anno contro il pagamento di una forte somma di denaro. In più i Veneziani avrebbero fornito una scorta di cinquanta galere, a condizione di ricevere in cambio metà delle conquiste future. Come data del raduno a Venezia, fu stabilito il giorno di S. Giovanni, cioè il 29 giugno del 1202. I crociati iniziarono ad affluire a Venezia fra l’aprile e il giugno 1202 ma, quando arrivò il momento della partenza, non fu possibile raccogliere tutta la somma necessaria per pagare il trasporto. Il doge Enrico Dandolo propose allora di conquistare per conto del comune la città di Zara, che a questo si era ribellata, e di ottenere così una dilazione nel pagamento. La proposta suscitò molte perplessità, ma i Crociati non poterono fare altro che acconsentire e, l’8 novembre 1202, la flotta prese finalmente il largo alla volta dell’Oriente. Doveva essere composta, secondo i calcoli più accreditati, da 202 navi di diverso genere, che imbarcavano circa diciassettemila veneziani e più di trentaduemila crociati. Prese parte alla spedizione anche l’anziano doge Dandolo, che doveva avere superato i novant’anni ed era quasi cieco, a seguito di un incidente capitatogli circa tre decenni prima quando si era recato in ambasceria a Costantinopoli. Zara venne conquistata senza troppa fatica dopo un assedio di alcuni giorni e le truppe vi si fermarono a svernare. La conquista di questa città cristiana, che per di più venne messa a sacco, fu il primo avvenimento anomalo della Quarta Crociata e lasciò intravvedere un esito assai lontano dagli scopi ufficiali; alla notizia del fatto, papa Innocenzo III scomunicò la spedizione ma poi, rendendosi conto che i crociati erano stati costretti a prendere Zara, li perdonò mantenendo soltanto la scomunica per i Veneziani. Quanto era accaduto a Zara, tuttavia, non faceva altro che anticipare gli avvenimenti futuri. Durante la sosta invernale, infatti, i Crociati furono raggiunti dagli ambasciatori di Alessio Angelo, figlio dell’ex imperatore bizantino Isacco II, che nel 1195 era stato deposto e fatto accecare dal fratello Alessio III e, al momento, si trovava incarcerato a Costantinopoli. Alessio il giovane era stato imprigionato assieme al padre, ma nel 1201 era riuscito a fuggire recandosi in Germania alla corte del cognato Filippo di Svevia. Alessio Angelo, con i buoni uffici del cognato, propose ai crociati di aiutarlo a recuperare il trono, offrendo in cambio condizioni vantaggiosissime. Prometteva una somma enorme di denaro (pari a più del doppio di quanto richiesto dai Veneziani per il traghetto), di rifornire la spedizione e aiutare militarmente la conquista dell’Egitto, di provvedere al mantenimento di un corpo di cinquecento cavalieri in Terrasanta e, infine, la sottomissione della chiesa bizantina a quella romana. La sua proposta venne accolta con particolare favore dal doge e da Bonifacio di Monferrato e trovò molti consensi tra i capi della spedizione. Fu raggiunta rapidamente un’intesa e, nella primavera dell’anno successivo, arrivò anche il principe Alessio, che raggiunse la flotta crociata a Corfù e qui sottoscrisse un trattato con i suoi nuovi alleati. Da Corfù, il 25 maggio, le navi presero il largo alla volta di Costantinopoli dove arrivarono il 23 giugno. La città fu rapidamente conquistata e fu fondato l’Impero latino. Ma questa è già un’altra storia... || Il doge Enrico Dandolo 8 dalmazia sabato, 11 marzo 2017 storia la Voce del popolo di Krsto Babić SULL’ISOLA A NORD DI ZARA DOVEVA SORGERE LA SECONDA CENTRALE ATOMICA JUGOSLAVA A i tempi della Guerra fredda, i Paesi del blocco filosovietico accarezzavano l’idea dell’autarchia, totale o perlomeno parziale. Non faceva eccezione l’ex Jugoslavia. Al fine di raggiungere l’indipendenza energetica il regime jugoslavo progettò di realizzare dodici centrali nucleari da 1.000 megawatt ciascuna. Per varie ragioni l’ambizioso progetto naufragò. L’unico impianto a essere stato realizzato fu quello di Krško in Slovenia. La centrale, finanziata in parti uguali da Zagabria e Lubiana, fu realizzata a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso. Dovrebbe continuare la sua produzione almeno fino al 2023. Negli anni ‘80 la Croazia e la Slovenia avrebbero dovuto intraprendere la costruzione congiunta di un secondo impianto. Il medesimo sarebbe dovuto sorgere in Croazia. All’epoca gli esperti individuarono due siti idonei a ospitare la centrale, infine mai realizzata. Uno si trovava a Prevlaka, una località situata lungo il fiume Sava, distante circa 25 chilometri da Zagabria. L’alternativa era costituita dall’isola di Puntadura (Vir). Gli esperti giudicarono più idonea Puntadura, ma alla fine la scelta cadde su Prevlaka. Ufficialmente tale esito fu dovuto al veto espresso nel 1979 dall’allora Assemblea comunale di Zara (in precedenza dimostratasi incline all’impianto). La centrale di Puntadura sarebbe dovuta sorgere nei pressi del villaggio di Torovi (in italiano Crisizza). Dagli studi compiuti dal Dipartimento di geofisica della Geoexperta OOUR Geotehnika di Zagabria scaturì che dal punto di vista sismico l’area si prestava a ospitare una centrale nucleare. Nonostante ciò, la realizzazione della centrale nucleare non fu mai intrapresa, Puntadura si trasformò comunque in un enorme cantiere edile. Stando a quanto la Voce del popolo Anno 13 / n. 107 / sabato, 11 marzo 2017 IN PIÙ Supplementi è a cura di Errol Superina [email protected] DALMAZIA Edizione Caporedattore responsabile f.f. Roberto Palisca Redattore esecutivo Dario Saftich Impaginazione Teo Superina Collaboratori Igor Kramarsich, Krsto Babić, Cristiano Barbetti e Dino Saffi Foto Pixsell e archivio PUNTADURA. MEGLIO LA CEMENTIFICAZIONE CHE L’INCUBO NUCLEARE si racconta oggi a far desistere le autorità dall’idea di costruire a Puntadura la centrale fu uno stratagemma ideato dagli isolani. Nel 1987 gli abitanti dell’isola iniziarono a vendere in massa, a prezzi vantaggiosi, i loro terreni agricoli e i pascoli ai forestieri. Negli anni successivi sorsero centinaia e poi migliaia di villini. Immobili costruiti tutti, o quasi, abusivamente. Uno dei pionieri di quest’impresa è considerato Joso Gržeta, definito poi il “Re di Puntadura”, che all’epoca si trovava a capo della Cooperativa agricola dell’isola. Piano semplice, ma efficace Quello escogitato dagli isolani era un piano semplice, ma allo stesso tempo diabolico. “Svendendo” i loro terreni erano certi che migliaia di famiglie provenienti da tutta l’ex Jugoslavia avrebbero costruito a Puntadura le loro case per le vacanze. Gli abitanti di Puntadura, all’epoca circa un migliaio di persone, sapevano che le decine di migliaia di vacanzieri, si sarebbero trasformati nei loro più fedeli alleati qualora si fosse arrivati al punto di doversi opporre alla costruzione della centrale nucleare. E probabilmente fu proprio questa la ragione che fece desistere le autorità locali, repubblicane e federali dall’idea di far sorgere l’impianto sull’isola. Puntadura oggi conta una popolazione stabile di circa 2.000 persone. Nei mesi estivi, al culmine della stagione turistica, gli abitanti dell’isola arrivano a essere oltre 70mila. E sebbene l’isola sia uno dei simboli della cementificazione selvaggia avvenuta lungo la costa e del turismo di massa, a poco a poco, sta iniziando a diventare una meta turistica molto apprezzata. Sebbene sull’isola continuino a trascorrere le vacanze i discendenti degli operai che alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli ’80 “colonizzarono” Puntadura, oggi sono sempre più numerose le ville di imprenditori croati facoltosi, influenti e talvolta anche famosi. Puntadura è separata dall’isola di Pago (Pag) dal Canale di Pogliana Nuova (Nova Povljana) e della penisola di Brevilacqua (Privlaka) da un guado (Privlački gaz). Fino ai primi anni del secolo scorso, nei periodi di bassa marea il guado poteva essere attraversato a piedi. Oggi l’isola è collegata alla terraferma da un ponte. L’isola ha una superficie leggermente superiore a 22 chilometri quadrati e uno sviluppo costiero di quasi 32 chilometri. La vetta più alta (116 metri sul livello del mare) è costituita dal monte Barbinjak (monte Bandiera in italiano). Una ventina i potenziali siti Il nome Puntadura deriva dal dalmatico Punta de Ura. Un nome ispirato dal termine “ueru”, ovvero “prato” o “pascolo”. L’attività tradizionale degli abitanti dell’isola erano la pastorizia e l’agricoltura. Ai tempi d’oro sull’isola pascolavano oltre 7.000 pecore. Ormai le greggi sono quasi del tutto scomparse. Un declino iniziato dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Spinti dalla miseria, molti capifamiglia, abbandonarono i campi e i pascoli, e iniziarono a imbarcarsi sulle navi mercantili e a guadagnarsi da vivere solcando i mari. Nel 2008, nel corso del dibattito pubblico che precedette l’approvazione della Strategia nazionale sullo sviluppo energetico, gli esperti avvisarono che il Paese avrebbe fatto bene a prendere in seria considerazione la necessità di dotarsi di due centrali nucleari entro il 2030. Questi impianti sarebbero stati necessari per colmare l’ammanco d’energia legato alla chiusura di una serie di centrali termoelettriche ormai obsolete. I sostenitori di questa tesi puntualizzarono che Puntadura e le altre località rivierasche giudicate in passato potenzialmente idonee a ospitare gli impianti non sarebbero più dovute essere prese in considerazione. Oltre a Puntadura e a Prevlaka, a cavallo tra gli anni ‘70 e ’80, in Croazia venne identificata una ventina di siti adatti a ospitare una centrale nucleare. Oltre a Puntadura le località dalmate incluse nell’elenco erano: Vransko Jezero, Jezera (Gessera) sull’isola di Murter (Morter), Grba e Košljun (Cassione) sull’isola di Pago, Rtina (Retina) nei pressi di Zara, Turski bok e Obinuš veli.