SISTEMA NERVOSO Questo capitolo è necessario per avere una idea di massima delle strutture nervose, ai fini della comprensione del danno che si instaura nelle diverse patologie trattate, è chiaramente un livello di base per un pubblico di non addetti, ma può tornare utile anche agli addetti ai lavori. Come si evince dalla citazione fu Ippocrate (460-379 a.C.) ad avanzare le prime ipotesi sul funzionamento del cervello, in un epoca dove il centro dell’intelletto era considerato il cuore, ma fu Galeno nel secondo secolo d.C. a riprendere le concezioni di Ippocrate. Aveva molta esperienza perché curava i gladiatori, e avanzo l’ipotesi che il cervello fosse la sede delle sensazioni e il cervelletto il centro che sovraintendeva al controllo dei muscoli. Le congetture di Galeno sono rimaste in piedi per circa 1.500 anni fino al Rinascimento, quando furono aggiunte nuove scoperte da grandi scienziati del calibro di Andrea Vesalio, Cartesio e altri che si discostarono dalla visione di Galeno che incentrava tutto sui ventricoli; ma si iniziò a Ippocrate, sul male sacro - IV secolo a. C. valutare la sostanza bianca e la sostanza grigia. Gli uomini dovrebbero sapere che da nient’altro, se Nel XIX secolo si sa qualcosa in più sulla non dal cervello, derivano la gioia, i pensieri, il riso traumatologia del cervello, sulla connessione e gli sport, i piaceri e i dolori, l’angoscia, lo attraverso i nervi, fu Franklin nel 1751 a scrivere sconforto e il lamento. Ed è mediante il cervello, Esperimenti e osservazioni sull’elettricità, sulla soprattutto, che noi acquisiamo saggezza e funzione delle diverse aree cerebrali grazie conoscenza, e che possiamo vedere e sentire e a scienziati del calibro di Charles Bell, Francois riconoscere ciò che è illecito e ciò che è giusto, ciò Magendie, Franz Gall, Paul Broca. La storia che è cattivo e ciò che è buono, quello che è dolce e insegna che la comprensione del SNC è una quello che è insipido… ed è sempre a causa dello grande sfida, attualmente siamo di fronte a quella stesso organo che noi diventiamo pazzi e deliranti, del XXI secolo. Da quando Golgi e Cajal e che ci viene paura e ci assale il panico... tutte condivisero il Nobel nel 1906 per il lavoro sul queste cose dobbiamo sopportare da parete del neurone, sono stati fatti passi da gigante e siamo nostro cervello quando questo non è in salute... in in piena era post-genomica, conosciamo i geni questo senso, sono del parere che sia il cervello a espressi nelle nostre diverse cellule e questo è esercitare sull’uomo il più grande potere. utile per comprendere le basi biologiche delle malattie, anche in ambito neurologico e psichiatrico. Il razionale è il seguente, se il SNC è il prodotto dei geni in esso espressi, le differenze nell’espressione genica tra un cervello sano e uno malato possono essere utilizzate per evidenziare le basi molecolari che stanno alla base della patologia. Il livello di espressione genica è definito dal numero dei trascritti di mRNA sintetizzato dalle cellule, in questo caso da quelle nervose, per ottimizzare la sintesi di specifiche Il cervello è il pezzo di proteine, comprese quelle che costellano a membrana neuronale. materia più complesso dell’universo CENNI DI ANATOMIA Comprendere il funzionamento della membrana neuronale e delle proteine ad essa associate, è fondamentale perché il neurone ha delle peculiarità nel trasferimento dei segnali elettrici. Immaginiamo la membrana neuronale come il telo disteso su un ombrellone, i cui sostegni sono equiparabili al citoscheletro, che è l’impalcatura del neurone insieme ai microtubuli, microfilamenti e neurofilamenti, il citoscheletro non è una struttura statica. La membrana cellulare è una struttura fondamentale, è importante anche il tipo e la distribuzione delle proteine sulla sua superficie che differenziano il neurone da altri tipi di cellule, per esempio i recettori per i neurotrasmettitori, i canali sono anch’essi strutture proteiche. 1 I canali e le pompe ioniche da cui dipende il funzionamento del neurone, sono importanti strutture proteiche che attraversano la membrana, un canale è costituito da 4 a 6 molecole proteiche che formano una specie di cilindro che in base al diametro e alla natura dei gruppi R viene definita la selettività ionica. I canali hanno selettività specifica, in altre parole alcuni di essi sono selettivamente permeabili agli ioni K+, altri agli ioni Ca2+, dai canali ionici dipende la neurofisiologia cellulare, senza addentrarsi nella fisiologia cellulare ricordo solo che il potenziale di membrana (Vm) nel neurone è di estrema importanza. Il potenziale di riposo di un neurone è all’incirca -65 millivolt, 1 millivolt corrisponde a 0.001 volt, questo potenziale negativo all’interno del neurone a riposo è necessario per il suo funzionamento e di conseguenza per quello del sistema nervoso, il tutto è regolato dalla regolazione del potassio al di fuori della cellula. La membrana a riposo è permeabile al potassio con potenziale prossimo a E K, il potenziale è molto sensibile ai cambiamenti di concentrazione del potassio extracellulare, se ad esempio tale concentrazione aumentasse di 10 volte (da 5 a 50 mM), il potenziale aumenterebbe da -65 millivolt a -17 millivolt; in altre parole l’incremento di potassio extracellulare depolarizza i neuroni. Sono le pompe sodio – potassio che mantengono alto il gradiente extracellulare di K+ attraverso la membrana, giocano un ruolo chiave gli astrociti, che operano quando la concentrazione di potassio nel cervello aumenta in alcune aree a causa dell’attività neurale, facendo entrare il potassio al loro interno attraverso i canali di membrana; il tutto rapportato all’estesa rete formata dagli astrociti possiamo comprendere l’importanza che hanno su tutto il SNC. Da quanto su esposto è fondamentale preservare la membrana da qualsiasi tipo di insulto. Potenziale d’azione La depolarizzazione del neurone è causata dall’ingresso di ioni sodio attraverso la membrana, la ripolarizzazione dall’uscita degli ioni potassio, quindi il potenziale d’azione può essere definito una redistribuzione della carica elettrica lungo la membrana. Una volta generatosi il potenziale d’azione si propaga lungo l’assone e porta l’informazione da un punto all’altro del sistema nervoso, quando l’assone è depolarizzato al punto di raggiungere il livello di soglia, c’è l’apertura dei canali per il sodio e il potenziale d’azione ha inizio. Un importante fattore che influenza la velocità di conduzione è il diametro dell’assone, maggiore è il diametro maggiore sarà la velocità di conduzione del potenziale d’azione, le dimensioni dell’assone e il numero dei canali voltaggio dipendenti della membrana ne influenzano l’eccitabilità. NEURONI Sappiamo che i neuroni che contribuiscono a formare il SNC sono miliardi, la sfida ancora aperta è quella di capire come ognuno di essi contribuisce alla fisiologia cerebrale, in un certo qual modo possiamo suddividerli in gruppi e ogni gruppo ha le sue peculiarità. In base al numero dei neuriti, la somma di dendriti e assoni, se ha un solo neurite è un neurone unipolare, se ne ha due è bipolare, se ne possiede almeno tre è un neurone multipolare che rappresenta la maggior parte dei neuroni. In base al numero dei dendriti, gli alberi dendritici variano molto per esempio le cellule piramidali e le cellule stellate, che ritroviamo nella corteccia cerebrale che si trova subito al di sotto la superficie esterna del proencefalo. Si possono classificare anche in base alla presenza di spine, avremo così gli spinosi e non spinosi; possiamo basarci sulle connessioni per esempio i neuroni sensitivi primari che sono quelli che fanno afferire lo stimolo al SNC dalla cute e dalla retina. Si possono differenziare anche in base al tipo di neurotrasmettitore; per completezza citiamo anche i motoneuroni, gli interneuroni, e i neuroni di tipo I e II del Golgi. Una ulteriore differenziazione va fatta in base alla attività elettrica, infatti da questo punto di vista i neuroni non sono tutti uguali, ad esempio la corteccia cerebrale ha due tipi di neuroni: 2 Cellule stellate senza spine, rispondono con una scarica di potenziali d’azione a una frequenza più o meno costante, durante tutto il periodo in cui sono stimolate. Cellule piramidali con le spine, non possono sostenere il ritmo delle stellate, rispondono rapidamente nella fase iniziale, ma poi rallentano anche se lo stimolo è costante, l’ultima fase descritta va sotto il nome di adattamento ed è comune nei neuroni. Altri neuroni compresi i grandi neuroni piramidali della corteccia rispondono con un pattern di scarica detto burst, se lo stimolo è continuo i piramidali rispondono con burst ripetitivi e ritmici; la fisiologia dei neuroni è determinata dalle proprietà e dal numero dei canali ionici di membrana. L’esame autoptico nei pazienti con depressione, ha evidenziato che nelle aree corticali prefrontali c’è un’anormale densità di neuroni piramidali, neuroni GABAergici e cellule gliali; i neuroni piramidali di medie e grandi dimensioni hanno minori dimensioni del soma e bassa densità nell’area studiata. Anche la densità delle cellule gliali è ridotta in questi pazienti. Distinguiamo i neuroni colinergici, i neuroni catecolaminergici , catecolamine sono la dopamina, la noradrenalina e l’adrenalina, i neuroni serotoninergici il neurotrasmettitore è la serotonina che gioca un ruolo importante nella regolazione del tono dell’umore e del sonno. Ci sono inoltre i neuroni aminoacidici, i neurotrasmettitori sono il glutammato, la glicina e il GABA, glutammato e glicina vengono sintetizzati a partire dal glucosio, ci sono altri presumibili neurotrasmettitori e messaggeri intercellulari, degno di essere menzionato è il monossido di azoto (NO) Tirosina tirosin idrossilasi (TH) L-Diidrossi fenilalanina (dopa) Dopa decarbos silasi Dopamina Dopamina Β- idrossilasi Noradrenalina Fentolamina Nmetiltransferasi Adrenalina DENDRITI (dal greco “ albero”) ASSONE Lunghi da 1 millimetro a 1 metro, largo da 1 μm a 25 μm, spesso si ramificano in assoni collaterali e in, qualche più raro, collaterale ricorrente; la larghezza dell’assone è importante per la velocità di trasmissione elettrica, infatti, l’impulso nervoso viaggia più velocemente in un assone più largo. L’assone è una parte importante del neurone inizia con il cono d’integrazione, non contiene Reticolo Endoplasmatico rugoso, la membrana dell’assone è diversa da quella somatica, queste diversità strutturali si ripercuotono a livello funzionale. La parte finale dell’assone è detta terminale dell’assone o bottone terminale, tramite questa formazione l’assone viene in contatto con altre cellule e si ha la formazione della sinapsi, dal greco “legare insieme”. Quando l’impulso arriva all’assone terminale presinaptico, vengono rilasciate le molecole del neurotramettitore, che vanno dalle vescicole sinaptiche allo spazio intersinaptico, si lega ai recettori e innescano il segnale nella cellula postsinaptica. Gli assoni possono avere parecchie ramificazioni nella parte finale, formando le cosiddette arborizzazioni dendritiche, che hanno una notevole importanza a livello funzionale per l’innesco dei potenziali d’azione. I dendriti di un neurone sono detti albero dendritico, e ogni ramo di questo “albero” si chiama ramo dendritico, ne esistono di diversa forma e grandezza e caratterizzano il tipo di neurone, permettendone la classificazione. Possiamo considerare i dendriti come le antenne del neurone, hanno migliaia di sinapsi, in alcuni neuroni i dendriti sono ricoperti dalle spine dendritiche, che sono strutture specializzate, e sono proprio le spine dendritiche che vanno incontro a modificazioni nel cervello di individui con danni cognitivi. I dendriti hanno il citoplasma simile a quello dell’assone, contiene elementi del citoscheletro e mitocondri, ma con la differenza che i ribosomi sono situati, a volte, appena sotto la spina e questo ci autorizza a pensare che 3 la trasmissione sinaptica in alcuni neuroni dirige la sintesi proteica localmente; sappiamo che la sintesi proteica è fondamentale per memorizzare l’informazione. Le spine dendritiche sono molto sensibili e il loro numero dipende dall’ambiente in cui si sviluppano, lo conferma con i suoi studi William Greenough che ha rilevato la presenza di poliribosomi in corrispondenza delle sinapsi nelle spine dendritiche. Greenough si è chiesto il perché di questa presenza al di fuori del soma e dove l’mRNA è tradotto, probabilmente per sintetizzare particolari proteine coinvolte nel rimodellamento delle sinapsi. Dal rilevamento di qualche mRNA associato ai poliribosomi che indicava che c’era sintesi proteica, si osservava un forte aumento della stessa in presenza di glutammato, questo neurotrasmettitore è in grado di stimolare i sinaptoneurosomi, quindi è chiaro che c’è il coinvolgimento del suo recettore. Gli sforzi dei ricercatori oggi sono incentrati a comprendere i meccanismi che sono alla base del rimodellamento sinaptico, si è partiti dall’individuazione della FMRP (fragile X-mental retardation protein) che è legata al ritardo mentale della sindrome dell’X fragile; ma la FMRP non può essere considerata proteina della memoria perché non è strutturale, lega solo l’mRNA. La funzionalità cerebrale dipende dall’architettura dell’albero dendritico e dalle loro connessioni che si sviluppano e modellano nel periodo fetale (fetal programming), nel periodo neonatale e nella prima infanzia, questo processo è molto sensibile ad alterazioni indotte dall’ambiente. Marin –Padilla e Purpura studiando il cervello dei bambini con ritardo mentale hanno evidenziato importanti modificazioni della struttura dendritica, i dendriti di questi bambini presentavano un numero notevolmente inferiore di spine dendritiche ed erano più sottili e lunghe. La corposa documentazione di questi ultimi decenni evidenzia che il normale sviluppo sinaptico, comprendente la maturazione delle spine dendritiche è strettamente correlato dall’ambiente nella vita uterina, nella fase perinatale e nella prima infanzia. A B A: dendrite di un bambino normale; B: dendrite di un bambino con ritardo mentale. (disegno) LE SINAPSI Le sinapsi sono importanti perché sono il punto di contatto tra le cellule nervose, ma anche altri tipi di cellule, è una giunzione specializzata, esistono diversi tipi di sinapsi: chimiche ed elettriche. Sinapsi elettricheSemplici come struttura, permettono il trasferimento di correnti ioniche direttamente da una cellula all’altra, si ritrovano in siti specializzati e formano le giunzioni comunicanti, la distanza tra le due cellule è di 3 nanometri e in questo spazio che le connessine formano il connessone, canale formato da 6 connessine. 4 Ogni cellula mette in comune un connessone per formare il canale della giunzione comunicante, che permette il passaggio agli ioni che vanno direttamente da una cellula all’altra, il poro della giunzione comunicante ha un diametro di 1 o 2 nanometri, in grado di garantire il passaggio a ioni e macromolecole. Sono sinapsi bidirezionali, la trasmissione dell’impulso è velocissima, queste sinapsi si ritrovano ovunque nel SNC dei mammiferi, ma la funzione di questo tipo di sinapsi varia da regione a regione, per lo più si trovano in aree dove è richiesta una elevata sincronizzazione dell’attività di neuroni vicini. Sinapsi elettrica Sinapsi chimiche Rappresentano la maggior parte delle sinapsi del SNC umano maturo, quindi sono molto importanti, la membrana presinaptica e postsinaptica delimitano lo spazio intersinaptico o fessura sinaptica, tale spazio misura dai 20 ai 50 nanometri. La membrana presinaptica in genere è la parte terminale di un assone, che contiene sferette di 50 nanometri di diametro, le vescicole sinaptiche, che contengono il neurotrasmettitore. Ci sono diversi tipi di sinapsi nel SNC : assodendritica, assosomatica, assoassonica e dendrodendritiche sono chiamate così in dipendenza della parte del neurone che va a costituire la parte postsinaptica e il contatto con la postsinaptica, solo per citarle ricordo le sinapsi del I e II tipo di Gray. NEUROTRASMETTITORI Possiamo far rientrare i neurotrasmettitori in tre categorie: Aminoacidi Amine Peptidi in dipendenza del tipo di neurone viene rilasciato un neurotrasmettitore diverso, nella trasmissione sinaptica veloce sono coinvolti il glutammato, il GABA e la glicina; l’acetilcolina media la trasmissioni sinaptiche veloci delle giunzioni neuromuscolari. Tutti le altre classi di neurotrasmettitori mediano le forme di trasmissione più lente. 5 AMINOACIDI AMINE GABA (acido gamma-amino butirrico) Acetilcolina Glutammato Dopamina Glicina Adrenalina Istamina Noradrenalina Serotonina PEPTIDI Colecistochinina Dinorfina Encefaline Ormone per il rilascio della tireotropina NAAG (N-acetilaspartilglutammato) Neuropeptide Y PVI (Polipetide vasoattivo intestinale) Sostanza P Un importante meccanismo per il rilascio del neurotrasmettitore è la fusione della vescicola che li contiene con la membrana del terminale postsinaptico, fusione possibile grazie alla famiglia delle proteine integrali di membrana SNARE. I peptidi SNARE hanno un terminale lipofilo che si ancora nella membrana e l’altro più lungo che penetra nel citoplasma, in questo modo “agganciano” l’altra membrana; le vescicole hanno le v-SNARE, mentre la membrana a cui si va ad ancorare ha le t-SNARE (t= target). Ancora non è del tutto chiarito il meccanismo della connessione-SNARE e di tutte le proteine che sono coinvolte, ma sembra che una proteina vescicolare, la sinaptotagmina sia il sensore in grado di attivare la fusione delle vescicole, in questo meccanismo c’è il coinvolgimento degli ioni Ca 2+. I neurotrasmettitori estrinsecano la loro azione grazie ai recettori, ce ne sono oltre cento tipi ma si possono racchiudere in due categorie: 1. i canali ionici trasmettitore dipendenti 2. i recettori accoppiati alla proteina G In parole povere lo stesso neurotrasmettitore può avere un differente effetto su recettori diversi, è un esempio l’effetto che ha l’acetilcolina sul cuore e sul muscolo scheletrico, nel primo caso provoca una lenta iperpolarizzazione delle cellule cardiache, facendo rallentare la frequenza; nel secondo caso induce una depolarizzazione delle fibre muscolari e il muscolo si contrae. I neurotrasmettitori sono il trait d’union tra i neuroni e anche con altri tipi di cellule come le muscolari, epiteli ghiandolari etc, e contribuiscono al funzionamento del network neuronale. IMPORTANZA DELLA MIELINA Abbiamo avuto modo di vedere che più è grande il diametro dell’assone, maggiore sarà la velocità di conduzione dei potenziali d’azione, ma se fossero grandi come quelli del calamaro (usato per molti esperimenti in ambito neurologico) avremmo una testa enorme, per questo la natura per i vertebrati ha previsto un altro tipo di evoluzione per aumentare la velocità di conduzione dei potenziali. La guaina di mielina che riveste l’assone e lo isola elettricamente favorisce la velocità di conduzione dei potenziali d’azione da un nodo di Ranvier all’altro, dove sono concentrati nella membrana assonica i canali voltaggiodipendenti per il sodio; in corrispondenza dei nodi di Ranvier la guaina si interrompe. Per avere un idea dell’ordine di grandezza, la distanza tra i nodi di Ranvier va da 0.2 a 2 mm, in dipendenza della grandezza dell’assone, pertanto la distanza tra i nodi è direttamente proporzionale al diametro dell’assone. La Sclerosi Multipla (SM) è un esempio di patologia dove è coinvolta la mielina, non ancora tutto è chiarito per quanto concerne l’eziologia, ma di certo sappiamo che ci sono lesioni a carico della guaina mielinica degli assoni del cervello, del midollo spinale e dei nervi ottici, altra malattia che manifesta lesioni a carico della mielina è la Guillain Barré. In entrambe le patologie c’è un marcato rallentamento dei tempi di risposta perché la conduzione saltatoria viene impedita, inoltre è da ricordare che sono malattie autoimmunitarie, e da più parti si invoca la causa virale. 6 IL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO (SNP) Si distingue in sistema nervoso periferico somatico e viscerale. SNP somatico, vi fanno parte i nervi spinali che innervano la cute, le articolazioni e i muscoli sottoposti al controllo volontario. La contrazione muscolare è sotto il controllo degli assoni motori somatici dei motoneuroni del midollo spinale, mentre gli assoni somato-sensitivi provenienti dalla cute articolazioni e formazioni muscolo-tendinee entrano nel midollo attraverso le radici dorsali SNP viscerale, detto anche sistema nervoso autonomo (SNA) o involontario, o vegetativo comprende i neuroni deputati all’innervazione degli organi interni, gli assoni sensitivi viscerali informano il SNC; le fibre viscerali motorie controllano la contrazione. Il SISTEMA NERVOSO CENTRALE (SNC) L’encefalo è la parte più rostrale (posta più avanti) del cervello si suddivide in due emisferi, il cervelletto è posto caudalmente ( posteriormente), il tronco encefalico situato tra encefalo e midollo allungato, che prosegue con il midollo spinale. L’emisfero cerebrale destro controlla il lato sinistro del corpo, viceversa il sinistro, scambiano informazioni anche tra di loro. Il cervelletto può essere considerato un centro di controllo del movimento, ha numerose connessioni con l’encefalo e il midollo, contrariamente all’encefalo la parte sinistra del cervelletto controlla la parte sinistra del corpo e la destra l’omolaterale. Il tronco encefalico può essere considerato un centro di smistamento delle informazioni che vanno dall’encefalo al cervelletto, al midollo spinale e viceversa, nel tronco avviene la regolazione delle funzioni vitali, la regolazione della temperatura corporea ed è fondamentale per la vita. Dal tronco encefalico si dipartono i 12 paia di nervi cranici, che sono deputati principalmente all’innervazione della testa, ogni paio è numerato e conservano la numerazione romana attribuita da Galeno quasi due millenni fa. Alcuni appartengono al SNC, altri al SNP somatico e altri al SNP viscerale, alcuni sono composti da tipi diversi di neuroni che hanno funzioni diverse. I cervello è protetto da tre tipi di membrane dette meningi: dura madre, è la parte più esterna è robusta e anelastica aracnoide, si trova subito al di sotto della dura madre adesa ad essa, si chiama aracnoide perché ha l’aspetto di una tela di ragno, è la zona dove si formano gli ematomi subdurali pia madre, è aderente al cervello, è una membrana sottile separata dall’aracnoide dallo spazio subaracnoideo dove è contenuto il liquido cerebrospinale (LCS) Il liquido cerebrospinale (liquor) è prodotto da una formazione particolare, il plesso coroideo situato nei ventricoli cerebrali che sono cavità che con i canali costituiscono il sistema ventricolare dove scorre il liquor, lo stesso che ritroviamo nello spazio subaracnoideo dove viene assorbito dai villi aracnoidei. 7 SOSTANZA GRIGIA È l’insieme dei corpi cellulari dei neuroni nel sistema nervoso centrale. CORTECCIA È il sottile strato della superficie cerebrale compost dai neuroni. NUCLEO Appartengono al sistema ventricolare cerebrale, i ventricoli laterali, il Area di neuroni raggruppati in una terzo ventricolo, l’acquedotto cerebrale e il quarto ventricolo, le parte più in profondità, per strutture ad essi correlate sono rispettivamente: Il cervello: la più esempio tronco encefalico. telencefalo basale; talamo e ipotalamo; alta conquista tegmento del mesencefalo; cervelletto, ponte e dell’evoluzione midollo allungato. Il cervello umano si caratterizza per le dimensioni e per la grande quantità di circonvoluzioni, separate dai solchi, le protuberanze sono chiamate circonvoluzioni o giri; il sottile strato di neuroni sotto la superficie è la corteccia cerebrale. Solchi e circonvoluzioni si formano durante lo sviluppo embrionale e alla luce delle più attuali conoscenze è la risultante di giochi di forze di trazione. La cervello sviluppa una superficie di circa 1.100 cm2 e per essere contenuta all’interno del cranio deve ripiegarsi più volte su se stessa, nonostante la crescita sproporzionata il cervello umano conserva ancora la sua organizzazione arcaica e i ventricoli sono la chiave di lettura, nonostante che il sistema ventricolare si è modificato a causa della crescita dei lobi temporali. In parole semplici il rapporto tra ventricoli e cervello restano. CARATTERISTICHE DELLA CORTECCIA CEREBRALE La corteccia cerebrale può essere considerata la parte più importante del sistema nervoso dell’uomo, da essa dipendono le sensazioni, il movimento, il linguaggio, il pensiero e molto altro. I corpi cellulari sono organizzati in strati . IL GIGANTE ADDORMENTATO DELLE NEUROSCIENZE: LA GLIA La glia (dal greco clèa, «colla») contribuisce al funzionamento del SNC più di quanto pensassimo fino a qualche tempo fa, contribuisce ai processi di analisi dell’informazione e a sostenere i neuroni nella loro fisiologica funzione cerebrale e il cervello non sarebbe in grado di funzionare se non ci fosse. Gli astrociti sono le cellule più rappresentate tra le gliali, sovraintendono alla crescita e al mantenimento funzionale del neurite, quest’ultimo potrebbe degenerare nel caso l’astrocita non dovesse attendere in maniera ottimale alla sua funzione. Il compito dell’astrocita è quello di avvolgere le giunzioni sinaptiche per il controllo della diffusione dei neurotrasmettitori, della loro rimozione e della regolazione biochimica dello spazio extracellulare, in particolare la regolazione della concentrazione degli ioni K+. Recentemente sono stati scoperti recettori sulla superficie di queste particolari cellule. Nevroglia o neuroglia o glia, termini che 8 indicano lo stroma interstiziale del cervello e del midollo spinale sono cellule del sistema nervoso molto più numerose dei neuroni, hanno funzione trofica, di difesa e di riparazione; ma oggi ci sono evidenze che indicano un ruolo più importante, infatti, sono coinvolte in funzioni neurologiche più specifiche. Esistono due tipologie di glia: macroglia, di origine neuro ectodermica con elementi cellulari più grandi rispetto alla microglia, vi fanno parte gli astrociti, gli oligodendrociti, gli ependimociti e le cellule di Schwann. microglia, circa il 10% delle cellule del sistema nervoso, di derivazione mesodermica, è una popolazione di cellule immunocompetenti del sistema nervoso centrale, composta da macrofagi di derivazione monocitaria, con compito di proteggere i neuroni nel SNC. Deriva da precursori mieloidi che migrano nel SNC nelle prime settimane di crescita fetale che si differenzieranno nella vita adulta in microglia parenchimale e perivascolare, la prima è stabile la seconda va incontro a turnover, entrano in azione in caso di lesioni cerebrali. La morfologia della microglia nelle prime fasi di vita extrauterina è di tipo ameboide, per poi cambiare col passare dei mesi fino ad assumere la classica forma ramificata tipica del fenotipo funzionale in quiescenza (resting). È importante il ruolo della barriera ematoencefalica che mette al riparo il sistema nervoso centrale da insulti di vario genere, garantendo la quiescienza delle suddette cellule che interagiscono con gli astrociti e i neuroni, anche questi ultimi elementi cellulari interagendo con la microglia ne garantiscono la stabilità. Questa condizione di quiescenza non deve indurci a pensare alla sua totale inattività, perché conserva il suo importante ruolo di “sorveglianza” mediante i suoi processi citoplasmatici, e in caso di necessità reagisce riacquistando la forma ameboide e le funzioni macrofagiche, passa allo stato attivato, tipico delle patologie neurologiche, anche se i meccanismi non sono del tutto chiariti. Le cellule della microglia sono maggiormente rappresentate nella substantia nigra, nell’ippocampo e nei gangli basali, Microglia ramifica MICROGLIA E SNC Il “Sistema Immunitario” è un “Organo Diffuso” che si integra con l’organismo e in particolare, con il Sistema Nervoso con il quale condivide i mediatori chimici, le cellule del Sistema Immunitario costituiscono il tessuto di sostegno di molti organi e tessuti, come le: cellule di Kupfer nel fegato glia nel cervello osteoblasti/osteoclasti nel tessuto osseo sono tutti Macrofagi “specializzati”. 9 Nell’autismo sono di comune riscontro le modifiche della struttura e della funzione delle sinapsi e dei dendriti, perché sembra che i fattori ambientali possano interagire con il profilo genetico e favorire l'eterogeneità clinica di comune osservazione nei disturbi dello spettro autistico. Molti sono stati gli studi che hanno cercato di far luce sulla pathway molecolare che caratterizza la malattia, in particolar modo molecole di segnalazione quali: neurotrofina, reelin, fattori di crescita, neurotrasmettitori come la serotonina e glutammato e altre proteine sinaptiche. Morgan nel 2010 ha rilevato in bambini autistici una precoce attivazione della microglia, che può essere importante nella patogenesi dell'autismo, tale fenomeno può rappresentare una risposta del sistema innato neuroimmune ai disturbi della rete sinaptica, neuronale, o del network neuronale. L’attivazione della microglia, in risposta ad alcuni tossici ambientali e proteine endogene, contribuisce al danno neuronale nelle malattie neurodegenerative, perché è sovrattivata e avvia il rilascio di radicali liberi; svolgono un ruolo chiave i pattern recognition receptors (PRRs) espressi sulle cellule della microglia che sono coinvolti nella trasduzione del segnale, indotto dalle tossine. La microglia non attivata non esprime citochine, CD45, molecole MHC di classe I, MHC di classe II e altri recettori necessari per presentare l'antigene ai linfociti che sono espressi normalmente sui macrofagi. Astroglia: costituita dagli astrociti, che sono cellule di 10 µm di diametro con forma stellata, da cui deriva il nome, sono le cellule più rappresentate della neuroglia dal 25 al 50% del volume complessivo del SNC, hanno estroflessioni che ne consentono la connessione con i neuroni. Esistono due tipi astrociti: protoplasmatici, maggiormente rappresentati nella materia grigia, hanno estroflessioni corte e ramificate, sottili che permettono loro di circondare i neuroni, gli assoni, i dendriti e le sinapsi, regolando l’ambiente chimico extracellulare rimuovendo i neurotrasmettitori rilasciati nell’attività di trasmissione dell’impulso, tra i quali il glutammato ad opera di trasportatori ad alta affinità, facendone cessare l’azione preservando i neuroni da una eccessiva stimolazione recettoriale e quindi dall’eccitotossicità. fibrosi, maggiormente rappresentati nella materia bianca, devono il loro nome per la presenza della proteina gliale fibrillare acida (GFAP - Glial Fibrillary Acidic Protein), che le caratterizza, infatti i protoplasmatici ne hanno meno. Gli “end feet” astrocitari (estremità di alcuni di questi prolungamenti), si estendono e si “adagiano” sulla superficie del cervello proteggendolo, questa specie di guscio protettivo è noto come “glia limitans”; altri prolungamenti prendono contatto con i vasi cerebrali interconnettendosi e interagendo con l’endotelio contribuiscono a formare la barriera ematoencefalica. Gli astrociti sono dislocati nel parenchima cerebrale in maniera strategica, affinché possano prendere contatto con i neuroni, con gli altri elementi costitutivi della glia e con i vasi sanguigni. Gli astrociti comunicano tra di loro utilizzando il calcio, sono in grado di controllare il flusso ematico nel cervello, facilitano il neurone nell’assorbimento del glucosio, mantengono concentrazioni ottimali di K+ durante l’attività di firing, e sembra essere sempre più chiaro il loro ruolo di terzo elemento della trasmissione sinaptica: sinapsi tripartita Astrociti quali fornitori di energia dei neuroni. All’incirca l’80 % dell’energia necessaria al sistema nervoso è utilizzata per la trasmissione eccitatoria glutammatergica, la fonte energetica è rappresentata dal glucosio che utilizza il suo trasportatore GLUT1 per essere infine utilizzato dalla cellula. Il GLUT1 è presente anche sugli end feet astrocitari che rivestono i vasi sanguigni, questo posizionamento facilita l’assorbimento di glucosio dal torrente circolatorio, negli astrociti il glucosio avvia il processo di glicolisi o viene trasformato in glicogeno. Il GLUT3 è un altro trasportatore che permette ai neuroni l’assorbimento del glucosio, che però non sono in grado di formare glicogeno a differenza degli astrociti che lo utilizzano mobilizzandolo dai depositi per far fronte alle esigenze energetiche 10 dei neuroni. Gli astrociti rimuovono gli ioni K + e il glutammato dallo spazio extracellulare utilizzando ATP proveniente dalla glicolisi, il glutammato viene convertito in glutammina che viene trasformata di nuovo in glutammato, questo processo è detto ciclo del glutammato-glutammina. I neuroni e i globuli rossi hanno come unico substrato nutrizionale il glucosio, diversamente dalle altre cellule che possono utilizzare gli aminoacidi o gli acidi grassi. Galattosio Le cellule nervose si nutrono esclusivamente di glucosio, circa 150 grammi al giorno nell’adulto, per poterlo metabolizzare c’è bisogno dei recettori per l’insulina, la quantità di glucosio plasmatico libero è di appena 5 grammi pertanto è importante l’apporto alimentare per poter mantenere un’omeostasi efficiente. Se a questo aggiungiamo che solo il fegato è in grado di effettuare la neoglucogenesi, comprendiamo l’importanza di un’alimentazione adeguata e la necessità di avere un fegato e i recettori per l’insulina in piena efficienza. Il galattosio, anch’esso un monosaccaride, diversamente dal glucosio può entrare all’interno della cellula nervosa tramite il GLUT3 indipendentemente dai recettori dell’insulina, e viene trasformato in glucosio, la via di Leloir. Sono necessari adeguati livelli di galattosio nel sangue affinché si possa creare il giusto gradiente di concentrazione, una parte di galattosio proviene dalla scissione del lattosio, che ci fornisce anche il glucosio, ma in presenza di una disbiosi o un deficit di lattasi tale processo non è garantito. Nei bambini con ASD viene meno la capacità di scindere i disaccaridi in monosaccaridi, è importante quindi, eliminare dalla dieta i disaccaridi come il saccarosio, alcune diete prevedono anche l’eliminazione dei polisaccaridi, infatti, uno dei punti più importanti e difficili nella dieta del bambino autistico è proprio l’uso degli “zuccheri”. Diventa perciò importante la scelta degli “zuccheri “da somministrare senza che si creino problemi, ecco perché consiglio l’uso del galattosio, del mannosio e del glucosio, in dipendenza della fase della dieta. Tra i monosaccaridi il più conosciuto è il fruttosio, bisogna però distinguere la provenienza, quello della frutta, della verdura e del miele sono salutari, a meno che non ci si trovi in presenza di deficit della fruttosio-1-fosfato-aldolasi, meglio conosciuta come “intolleranza al fruttosio”. Ritengo che non si debba essere schematici e rigidi, perché non esiste la patologia, esiste il malato e poiché ogni malato è diverso, va valutato caso per caso il tipo di dieta da applicare; ci sono troppe variabili in gioco che spesso non coincidono in tutti i pazienti. Ho avuto pazienti che hanno risolto la loro problematica senza grandi sconvolgimenti alimentari, al contrario pazienti che prima di conseguire qualche risultato hanno dovuto combattere con la patologia intestinale; mi riferisco soprattutto a disbiosi e permeabilità intestinale. Premettendo che i carboidrati sono fondamentali nella dieta dobbiamo bilanciarla e non incorrere nell’errore di spostarla sul versante proteico, soprattutto se ci sono mutazioni, mi riferisco ai polimorfismi che non lo consentono, perché uno dei problemi potrebbe essere l’elevazione dei livelli di ammoniemia. È stato dimostrato che la contemporanea somministrazione di enzimi proteolitici e galattosio, hanno una duplice funzione: indurre l’espressione genica per la Dipeptidil-peptidasi IV favorire lo sviluppo di una normale microflora intestinale Il tutto si traduce in un miglioramento clinico, a cui segue il miglioramento dell’iperattività e una migliore socializzazione, sono diverse le sostanze usate, una di queste è il PeptizydeTM che è un mix di enzimi proteolitici derivati da tre piante e permette una dieta più varia nei bambini con ASD. Il galattosio si rivela un utile monosaccaride perché non ha bisogno dell’intervento degli enzimi come per i disaccaridi e i polisaccaridi (DPPIV). 11 OLIGODENDROCITI Gli oligodendrociti originano da precursori derivanti dalle cellule neuroepiteliali del tubo neurale, che migrano per raggiungere la loro sede finale, dove continuano a proliferare e maturare. Sono cellule più piccole degli astrociti e hanno meno prolungamenti e sono più sottili, la loro funzione principale è la mielinizzazione, possono svolgere il loro compito su più assoni contrariamente alle cellule di Schwann. Nel midollo spinale gli oligodendrociti derivano da cellule progenitrici nella zona ventrale che proliferando si spostano nella zona dorsale e laterale, giunte nella sede di destinazione iniziano a differenziarsi e down-regolano alcune proteine come l’NG2 (chondroitin sulfate proteoglycan) e la PDGFaR (platelet-derived growth factor-a receptor). In questo stadio le cellule sovraregolano l’espressione dei geni per le proteine della mielina ed iniziano la formazione della membrana. Se l’oligodendrocita muore la conseguenza è la demielinizzazione dell’assone, con ripercussioni negative sulla conduzione dello stimolo nervoso, fenomeno osservabile nella sclerosi multipla. Gli oligodendrociti sono metabolicamente attivi e provvedono anche al supporto trofico del soma neuronale, oltre a sintetizzare fattori di crescita come il CNTF (ciliary neurotrophic factor), l’IGF-1 (insulin-like growth factor-1) ed altri fattori neurotrofici con ruolo neuroprotettivo.Anche nel cervello dell’adulto è conservata una buona riserva di tali precursori, in grado di migrare, proliferare e rimielinizzazione, ma quest’ultimo aspetto è condizionato da molti fattori non ancora del tutto conosciuti. Sembra di notevole importanza la compartecipazione della proteina Notch, espressa dagli oligodendrociti, e del ligando Jagged espresso sulla membrana dell’assone, nell’attivazione degli oligodendrociti; infatti una sotto-regolazione del ligando Jagged fa sì che ci sia un ritardo di maturazione dei precursori oligodendrocitari. Funzioni di controllo sono state attribuite anche al sistema microtubulare oligodendrocitario, che sembra avere funzione di controllo sulla mielinizzazione. Anche gli astrociti sono coinvolti nel rilascio di fattori di crescita e differenziazione oligodendrocitaria, contribuendo al processo della mielinizzazione. L’esistenza di una unica linea di astrociti lungo il decorso dell’assone, che si interpongono a tre o quattro oligodendrociti in sequenza e la presenza di giunzioni intercellulari, sembra essere un network funzionale. Inoltre gli alti livelli di glial fibrillar acidic protein (GFAP) durante il processo di mielinizzazione e la presenza del complesso citoscheletrico GFAP-vimentina all’inizio del processo, conferma l’importanza degli astrociti nella mielinizzazione. C’è anche la compartecipazione di altri fattori in questo processo, e sono: Fattori di crescita, come per es. PDGF Neurotrasmettirori come per es. GABA Ormoni Tiroidei Gap junction fra oligodendrociti e astrociti Ependimociti Gli ependimociti sono cellule che rivestono le cavità del sistema nervoso centrale, sono provviste di ciglia, sono in grado di produrre e riassorbire il liquor cerebrospinale, ne favoriscono la circolazione. Sono prive di membrana basale e questo permette loro di avere connessioni con gli astrociti, si pensa che possano avere funzione di cellule staminali neuronali. 12 “ L’attivazione delle cellule della microglia è una reazione di difesa dell’organismo che pu e che il ripristino dell’omeostasi tissutale dipende dal delicato equilibrio tra le funzioni pro-infiammatorie potenzialmente dannose e quelle più propriamente neuroprotettive. alla degenerazione dei motoneuroni, attraverso diversi meccanismi che coinvolgono il rilascio di radicali liberi e di sostanze neurotossiche. Inoltre, in questa patologia gli astrociti hanno una ridotta espressione del trasportatore per il glutammato EAAT-1 e una diminuita capacità di rimuovere glutammato dallo spazio extracellulare, favorendo l’instaurarsi di fenomeni di eccitotossicità e di morte neuronale. Infine, il danno e la morte degli oligodendrociti, e la conseguente perdita della guaina mielinica, sono eventi tipici di importanti patologie demielinizzanti come la sclerosi multipla, Tuttavia, la perdita di oligodendrociti mielinizzanti o dei loro precursori immaturi sta emergendo come tratto comune a molte altre patologie, per es. traumi cerebrali o del midollo spinale, malattia di Alzheimer e corea di Huntington. Oligodendrociti distrofici e alterazioni della guaina mielinica sono stati riscontrati anche in malattie psichiatriche come la schizofrenia. “ Fonte:Treccani Neurotrofine e fattori di crescita. Le neurotrofine sono strutturalmente correlate e legano due classi di recettori: i Trk, della famiglia dei recettori tirosinchinasi, e i p75, della superfamiglia dei recettori del TNF (Tumor Necrosis Factor o fattore di necrosi tumorale). Attraverso l’interazione e l’attivazione di questi recettori, le neurotrofine regolano la crescita e la sopravvivenza di specifiche popolazioni di neuroni durante lo sviluppo e nel cervello adulto. Le neurotrofine sono inoltre in grado di influenzare importanti funzioni neuronali come eccitabilità e sinaptogenesi. La glia è un’abbondante fonte di neurotrofine sia in condizioni fisiologiche sia in seguito a vari tipi di danno neuronale. In partic., NGF e BDNF sono prodotti da tutti tre i principali tipi di glia (astrociti, oligodendrociti e microglia) del sistema nervoso centrale e dalle cellule di Schwann nel sistema nervoso periferico. L’espressione di questi fattori è aumentata in caso di danno neuronale, soprattutto in astrociti e cellule di Schwann, ed è stato suggerito che l’aumento dei livelli di neurotrofine promuove la rigenerazione delle fibre nervose. Anche l’NT-3 è ampiamente espressa dalle cellule gliali, mentre la 13 sintesi di NT-4 sembra limitata ad astrociti e cellule di Schwann. Nella microglia, l’espressione di NT-3 è regolata dallo stato di attivazione e limitata a sottopopolazioni microgliali in determinate aree cerebrali, per es. la corteccia. Oltre che dagli oligodendrociti maturi, NT-3 è espressa dai loro precursori, sui quali agisce regolandone proliferazione e sopravvivenza, con un meccanismo autocrino. La glia produce anche altre sostanze, o fattori di crescita, in grado di promuovere la sopravvivenza dei neuroni, soprattutto in seguito alla loro attivazione in caso eventi patologici. Tra questi il TGF-B (Transforming Growth Factor B) e il GDNF (Glial cell line-Derived Neurotrophic Factor). L’espressione di questi fattori aumenta durante la fase di degenerazione neuronale in seguito a una lesione, per ritornare a livelli di normalità dopo la rigenerazione dell’assone. Altri fattori importanti sono CNTF (Ciliary NeuroTrophic Factor) e IGF-1 (Insulin-like Growth Factor-1). Queste proteine potrebbero mediare l’azione neuroprotettiva degli oligodendrociti e di altri tipi gliali, nei confronti di neuroni corticali e cerebellari. Le cellule della microglia, sono cellule del sistema immunitario innato molto attive, sono i macrofagi del sistema nervoso centrale, in movimento costante, interagiscono con le sinapsi e giocano un ruolo importante nella funzione sinaptica, nell’eliminazione del glutammato extracellulare in eccesso in modo da ridurre il danno eccitotossico. Ci sono diversi tipi di microglia, la sua attivazione non implica un fenotipo distruttivo, può esserci soprattutto una funzione neuroprotettiva che si estrinseca tramite la fagocitosi di residui di neuroni, cellule morenti e dal rilascio di neurotrofine come fattore di crescita nervosa. Pio del Rio-Hortega nel 1932 descrisse per la prima volta delle funzioni della microglia con molta precisione, fu anche il primo a dire che queste cellule possono migrare all'interno del cervello verso aree lesionate, e che potrebbe proliferare ed effettuare la fagocitosi. Pubblicò le sue scoperte in un testo molto importante: Cytology and Cellular Pathology of the Nervous system, anticipando di quasi mezzo secolo molte cose in ambito immunologico; per esempio che la microglia si ritrova nel cervello già nelle fasi precoci dello sviluppo. La microglia deriva da tessuti di origine mesodermica/mesenchimali, principalmente da cellule mieloidi del midollo osseo, che migrano nel cervello fetale durante il primo trimestre e parte del secondo, attraverso i vasi sanguigni e le vie nervose; raggiunte le aree cerebrali di destinazione si trasformano in fenotipi microgliali quiescenti. Fu il primo a dire che la microglia se non ha influenze ambientali negative conserva un aspetto ramificato (resting), dopo stimolo da parte di noxae esterne o di una patologia cerebrale assume un aspetto ameboide, possono migrare nelle aree cerebrali danneggiate, possono moltiplicarsi e assumere il ruolo di fagociti. La microglia ha una distribuzione eterogenea, con le più alte concentrazioni nella materia grigia e in particolare nell’amigdala, corteccia entorinale (giro ippocampale), ippocampo e nella substantia nigra, in quest’ultima raggiunge la più alta concentrazione rispetto alle altre aree cerebrali. La microglia sta assumendo un ruolo importante tant’è che negli ultimi anni la ricerca sta concentrando risorse ed energie per studiarla, per esempio si pensava che il fenotipo a riposo (resting phenotype) fosse una fase di inattività, mentre con l’avvento di nuove tecniche è stato evidenziato che è molto attiva, estende e ritrae le sue estensioni intorno alle sinapsi. La microglia è in grado di attivare la fagocitosi anche nei confronti di sostanze chimiche, questo fa pensare a uno stato di controllo continuo del microambiente, ha un ruolo importante nel mantenere bassi i livelli di glutammato extracellulare, evitando il fenomeno dell’eccitotossicità. Sappiamo che è distribuita lungo i vasi sanguigni cerebrali e si trova spesso in uno stato attivato e forma una particolare barriera immunologica per il cervello in combinazione con la barriera emato-encefalica. In presenza di patologia la microglia residente non solo prolifera, ma può anche migrare, e anche a grandi distanze accumulandosi nel sito della lesione e nei suoi dintorni. Anche se non è del tutto chiaro il meccanismo, ma sembra che la microglia non si trova mai in uno “stato di riposo", e che esistono molti stati intermedi di transizione in base alla funzione e alla morfologia, in dipendenza di trigger che portano al cambiamento da uno a un altro stato. 14 Sembra che in dipendenza del tipo di stimolo ambientale varia lo stato di attivazione della microglia, in altre parole se cambia il tipo di stimolazione di pari passo cambia lo stato della microglia. È importante rilevare che la microglia è maggiormente presente dove non c’è la barriera ematoencefalica, per esempio nelle zone circumventricolari che sono i punti critici da cui possono entrare sostanze che normalmente non si trovano nel cervello. Origine cellulare della microglia Nonostante gli studi intensi non è del tutto chiaro da dove deriva la microglia, infatti a differenza di questa e dei neuroni, di derivazione neuroectodermica, i progenitori microgliali provengono dal mesoderma e colonizzano il sistema nervoso, soprattutto durante il periodo embrionale e lo sviluppo fetale. Ci sono evidenze che la microglia derivi da progenitori mesodermici distinti dai monociti, inoltre, inizialmente i progenitori microgliali colonizzano il sistema nervoso attraverso percorsi extra vascolari, pertanto va messo in discussione il concetto che la microglia residente nel sistema nervoso derivi da monociti circolanti nel sangue. Il lavoro per stabilire l’origine dei progenitori microgliali di ricerca è ancora in corso Cellule microgliali ameboidi si osservano durante la fase finale dell'embriogenesi, e sembrano avere importanza nella “synaptic pruning”, e sullo sviluppo del cervello dell’embrione, in un articolo del 2011 Paolicelli correla la sorveglianza della microglia alla maturazione sinaptica, ed evidenzia che deficit funzionali della microglia possono indurre anomalie sinaptiche che si osservano in alcuni disturbi dello sviluppo neurologico. La proteina fractalkine, chemochina CX3CL1 codificata dal gene CX3CL1, modula le citochine proinfiammatorie che possono attivare la microglia, agendo sul suo recettore localizzato sulla membrana delle cellule microgliali. Questa proteina è importante perché modula la “synaptic pruning ” durante lo sviluppo neurale; una sua carenza o quella del suo recettore porta a un aumento delle connessioni sinaptiche con conseguenti anomalie dello sviluppo cerebrale. Per esempio nell’epilessia, si ha un eccessiva sensibilità della trasmissione eccitatoria e quindi si hanno i disturbi correlati a questa condizione. 15 Le vie di segnalazione cellulare e i secondi messaggeri rivestono una importanza particolare nelle cellule della microglia, sembra che per il gran numero di recettori sulla membrana, queste cellule non agiscono semplicemente e solamente con un meccanismo di tipo “on” “off”, ma modulano la risposta all’ambiente. Esistono molte vie di segnalazione che collegano i recettori di membrana ai geni, ciò è reso possibile da molecole di origine organica e non, che sovraintendono alla regolazione di pathways biochimici essenziali per la fisiologia cellulare. Tali sostanze vanno sotto il nome di “secondo messaggero”, attivate o rilasciate dopo che si è instaurato il legame recettore/ligando. Le cellule della microglia possono essere attivate dalle citochine pro infiammatorie e dal glutammato, assumono un ruolo citotossico e iniziano a danneggiare le sinapsi, i dendriti e se il processo non si arresta portano alla distruzione del neurone. Lo fa attraverso il rilascio di citochine pro infiammatorie come TNF-α, IL-1β e IL-6; chemochine come MAP-1 e MCP-1; eccitotossine come aspartato, glutammato e acido quinolinico. La La chemochina CX3CL1 può riportare le cellule della microglia a uno stato di riposo, e metterle in condizioni di non portare nocumento al neurone, le citochine anti infiammatorie come il transforming growth factor beta (TGF-β) e l’IL-10; i fattori neurotrofici come il brain derived neurotrophic factor (BDNF) e il nerve growth factor (NGF). Il danno a carico delle sinapsi, dei dendriti ma anche dei neuroni, che si osserva nelle malattie neurodegenerative, si ha sia per l’attivazione cronica delle componenti del sistema immunitario innato, sia nel caso che i fattori deputati al ripristino della normale omeostasi non funzionino. Osserviamo l’attivazione microgliale cronica in patologie dove si ha attivazione immunitaria sistemica cronica, come nelle malattie autoimmuni e nelle infezioni croniche di tipo virale, malattia di Lyme etc., anche i metalli pesanti quali alluminio, piombo e mercurio creano le condizioni per un attivazione cronica delle cellule della microglia. Anche i metalli pesanti, come i virus, possono fungere da stimoli neurotossici persistenti e poiché non possono essere rimossi costituiscono una noxa costante sul sistema immunitario, abbiamo visto come è coinvolta la microglia. L’alluminio è il metallo tossico particolarmente dannoso per la microglia, perché si accumula in essa raggiungendo concentrazioni importanti, mantenendola in costante stato di pro-attivazione infiammatoria con conseguente immuno-eccitotossicità cronica che esiterà in neurodegenerazione. Ormai c’è una robusta documentazione che l’iperresponsività a certi vaccini è la causa di complicanze associate alla immunizzazione, tali complicanze sono l’encefalomielite, l’epilessia e l’autismo. Sebbene ci siano numerosi studi che indicano quali responsabili dell’accumulo e dell’attivazione della microglia e la sua attivazione, l’alluminio e il mercurio contenuto nei vaccini, sono del parere che potrebbero non essere questi metalli a creare il problema, le motivazioni per pensarlo sono diverse: 16 1. Molti bambini già nei primissimi anni di vita mostrano elevati livelli di mercurio e alluminio, se fossero i metalli tossici a creare il problema sulla microglia basterebbero quelli introdotti attraverso la catena alimentare o per inalazione. 2. Il vaccino potrebbe creare attivazione delle cellule della microglia per mimetismo molecolare e per infezioni concomitanti. 3. Non mi risulta che siano stati effettuati studi che tengano conto della tipizzazione HLA, vaccinazione e adiuvanti. Ad ogni buon conto concordo con gli autori (vedi riferimenti bibliografici) che dicono che la pratica vaccinale debba essere rivista, nel numero e nei modi. Anche la microglia e i macrofagi sono coinvolti nella cascata del complemento, infatti i patogeni sovra regolano i recettori Fc, favorendo la fagocitosi attraverso l’opsonizzazione dell’antigene. Quando si attivano questi processi infiammatori sono da tener presenti i danni che si instaurano a carico delle cellule nervose, infatti i “detriti” delle cellule danneggiate o morte innescano una risposta fagocitarie anche senza il rilascio di citochine pro infiammatorie. Le cellule della microglia riconoscono i microrganismi patogeni virali, batterici, fungini etc.utilizzando i TLRs 1-9 situati sulla membrana cellulare delle microglia, mostrando similitudine nella specificità di legame con i macrofagi periferici. Le cellule microgliali sono in grado di legare i lipopolisaccaridi (LPS), costituenti la parete dei gram -, che hanno specificità per il TRL4; il TRL2 lega il peptidoglicano dei batteri gram +; il TRL9 lega le isole CpG virali non metilate (CpG -islands). Nel legame del TLR4 con i lipopolisaccaridi è coinvolto anche il CD14 con funzione di corecettore, LPS sono stati trovati nei vaccini, sono recettori coinvolti nell’infiammazione cerebrale e nelle endotossiemie, in questi casi c’è sempre una sovra regolazione dei TRL4. I damage associated molecular patterns (DAMPs), come dice il nome, sono prodotti in conseguenza di un danno neuronale e possono interagire con specifici pattern recognition receptors (PRRs) sulla superficie delle cellule della microglia attivandone le funzioni immunitarie. 17 Riferimenti Immunology primer for neurosurgeons and neurologists part 2: Innate brain immunity The multifaceted profile of activated microglia. Microglial physiology: unique stimuli, specialized responses The origin and cell lineage of microglia: new concepts Synaptic pruning by microglia is necessary for normal brain development Central nervous system disease in patients with macrophagic myofascitis. A possible central mechanism in autism spectrum disorders, Part I A possible central mechanism in autism spectrum disorders, Part 2 Macrophagic myofascitis lesions assess long-term persistence of vaccine-derived aluminum hydroxide in muscle Aging-related hyperinflammation in endotoxemia is mediated by the α2A-adrenoceptor and CD14/TLR4 pathways Blaylock RL. Immunoexcitotoxicity as a central mechanism of autism spectrum disorders. In: Strunecka A, editor. Cellular and Molecular Biology of Autism Spectrum Disorders. Bentham Science Publishers, ebook; 2012. pp. 47–72. 18