Dispensa HRM N 1 - Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali

Università della Calabria
Dipartimento di Scienze
politiche e sociali
DISPENSA n° 1
ad uso degli Studenti del Corso di
“Gestione delle risorse umane e leadership"
A.A. 2012/2013
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Premessa
Il management delle risorse umane si propone come vera e propria disciplina sociale, come
ambito del sapere costituito da conoscenze professionalmente necessarie che, afferenti a una
pluralità di aree, si integrano all'interno di un sistema applicativo finalizzato. La gestione del
personale mutua infatti componenti importanti dal diritto, dalla sociologia, dalla psicologia,
dalle scienze della comunicazione e dell'educazione, dall'economia e dalle dottrine
manageriali, insieme alle prassi operative consolidate dalle imprese.
Le competenze di base di quanti gestiscono le persone nelle organizzazioni, grandi o piccole,
consistono sia in conoscenze e capacità tecnico specialistiche e trasversali, sia in valori e
qualità professionali che formano il «collante» del processo e della sua affidabilità.
Attraverso l'illustrazione delle varie tessere di questo mosaico si delinea un nuovo equilibrio
tra buon senso tradizionale e nuova professionalità.
La presente dispensa tratta gli aspetti più istituzionali e consolidati della gestione delle
risorse umane con le innovazioni che pervadono l'organizzazione e il funzionamento delle
imprese. Innovazioni che richiedono un'attenzione crescente all'apprendimento (life long
learning) e alla qualità della leadership e delle relazioni interpersonali.
Lo studio della presente dispensa a supporto delle lezioni di aula, va integrato con la
dispensa sulle competenze trasversali (competenze relazionali e manageriali indispensabili
per un buon manager delle risorse umane), e con lo studio dell’area occupazionale sulla
gestione risorse umane realizzata dall’Isfol.
Introduzione
Nel nuovo scenario economico e sociale sempre più globalizzato, interessato da un processo
di profondo mutamento tecnologico, organizzativo e produttivo, è un fatto ormai assodato
che il successo dei processi di innovazione e miglioramento di una moderna organizzazione
dipenda sempre di più da una “intelligente” gestione delle sue risorse, e il vero vantaggio
competitivo per il sistema impresa risiede sempre più nell'adozione di politiche integrate e
nella piena valorizzazione delle risorse umane.
Una valorizzazione da ricercare attraverso investimenti mirati alla crescita delle loro
caratteristiche di qualità e mediante politiche gestionali orientate a raggiungere un
coinvolgimento consapevole e un livello adeguato di partecipazione responsabile nei
confronti degli obiettivi aziendali. In quest'ambito un'efficace gestione delle relazioni di
lavoro assume un ruolo fondamentale nelle politiche aziendali, perché a seguito del
mutamento in atto, la risorsa umana ha smesso di essere considerata esclusivamente un
"costo" ed è diventata una "risorsa strategica" indispensabile, sia ai fini dell'incremento del
valore per il cliente, sia per un efficace perseguimento degli obiettivi connessi con la mission
istituzionale.
Le persone come risorsa strategica nell'impresa
Dagli inizi degli anni Ottanta, si è andata sempre più diffondendo la consapevolezza che il
lavoratore nell'impresa rappresenta una variabile strategica, che non deve essere considerato
un costo quanto piuttosto una risorsa attiva su cui investire e su cui poter contare alla pari (o
di più) del capitale finanziario e dell'apporto delle tecnologie.
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Il lavoratore tende ad essere considerato come una persona, con un suo sistema di valori e
aspettative, ma anche un patrimonio di competenze e di esperienze: una risorsa per
l’organizzazione.
Una risorsa da valorizzare, potenzialmente decisiva per la sopravvivenza e la crescita delle
imprese, fondamentale nell'acquisizione, nel mantenimento e nello sviluppo del vantaggio
competitivo nei confronti dei competitors. Una risorsa da non prendere in esame solo nella
fase attuativa delle strategie aziendali, ma che, al contrario, deve essere considerata già nella
fase di elaborazione delle strategie. In questo nuovo paradigma direzionale, le relazioni tra le
varie componenti del sistema sono di tipo bidirezionale, di natura non deterministica e non
finalistica (Fonbrun, Tichy, Dewanna, 1984).
In questo modo si pongono le basi per l'elaborazione di una strategia integrata di direzione
delle risorse umane, poiché finalmente le politiche del personale non sono distinte e
separate da quelle organizzative e produttive, ma interagiscono con esse in modo sinergico
ed interattivo.
In realtà, come suggerisce Beer (1984) questo è il frutto delle critiche di chi rilevava che
erano diffusi nelle aziende approcci alla gestione delle risorse umane come somma di attività
specialistiche fra loro separate e non inserite in un sistema coerente e collegato alle principali
scelte strategiche dell'azienda.
Sulla base delle sollecitazioni poste da queste ultime considerazioni negli ultimi decenni la
letteratura ha rivolto la sua attenzione a studiare una serie di variabili ritenute di
fondamentale importanza per il successo strategico dell'impresa:
• le connessioni fra attività e strumenti di gestione delle risorse umane e
strategie/strutture aziendali;
• il coordinamento fra le più tipiche attività (selezione, valutazione, sviluppo,
ricompensa ecc.) e fra strutture/ruoli che hanno la responsabilità della gestione delle
risorse umane;
• le logiche e i criteri per la definizione di politiche e la progettazione di strumenti per
la valorizzazione e lo sviluppo delle risorse umane.
Una delle risposte più accreditate all'esigenza da un lato di perseguire una più stretta
connessione fra strategie, strutture aziendali e risorse umane, dall’altro di ottenere una
gestione delle risorse umane integrata, è l'approccio della gestione strategica delle risorse
umane noto come strategie human remanagement, SHRM.
La prima elaborazione teorica che nobilita la gestione delle risorse umane e la inserisce nel
quadro delle decisioni strategiche, risale al 1978, ed è stata realizzata da Galbraith e
Nathanson. Anche se è utile chiarire che già negli Autori che hanno elaborato il paradigma
denominato sistemico-situazionale o di contingency approach si possono trovare riflessioni
sull'adeguatezza dei sistemi di gestione delle risorse umane alla realizzazione della strategia
d'impresa. L'assunto fondamentale proprio di tali ultime teorie posto alla base della
letteratura in tema di gestione strategica delle risorse umane è che non solo la strategia e la
struttura organizzativa, per essere efficiente, deve essere correlata al tipo di ambiente in cui
opera l'azienda, ma che ad ogni situazione ambientale e alla correlata strategia corrisponda
una specifica politica e particolari strumenti di gestione delle risorse umane.
Secondo questo schema teorico il capitale umano ha una rilevanza fondamentale nel
raggiungimento degli obiettivi aziendali di business: di conseguenza il sistema di gestione
delle risorse umane riveste un ruolo fondamentale nella strategia d'impresa.
La matrice teorica di quest'impostazione si può individuare nella resource based view. Il
vantaggio competitivo che l'impresa raggiunge, in questa teoria, sarebbe determinato da una
combinazione (irripetibile) di risorse "inimitabili" che dunque conferirebbero unicità al
comportamento dell'impresa medesima; il capitale umano rappresenta potenzialmente una di
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queste risorse poiché non è trasferibile tout court in altre organizzazioni e quindi è
difficilmente imitabile.
In questa logica si può affermare che le risorse umane rientrano a pieno titolo in quelli che
sono stati definiti gli invisibili assets.
Si tratta di quelle risorse intangibili come il sapere tecnologico, l'immagine aziendale, le
conoscenze sul mercato e sui concorrenti, che non sono facilmente quantificabili, trasferibili
e acquisibili sul mercato e, pur non risultando esplicitamente come variabili strategiche dal
bilancio economico-finanziario, hanno un enorme valore per l'impresa. Questa
considerazione ci porta ad affermare che lo stesso sistema di gestione delle risorse umane è
una risorsa non acquisibile sul mercato dalla concorrenza, ma il frutto di un accorta politica
perseguita dall'impresa, sviluppata e perfezionata nel tempo.
È necessario, dunque, un rapporto d'integrazione tra business idea (strategia, approccio
strategico aziendale e struttura) e personnel idea (insieme degli orientamenti qualificanti il
profilo di gestione delle risorse umane). Come sostiene efficacemente Costa: "non può
esistere una business idea che non ha in sé anche una coerente personnel idea".
A questo proposito, si possono distinguere due tipologie d'integrazione delle politiche delle
risorse umane, quella interna e quella esterna:
• la prima (horizontal fìt o internal fìt) fa riferimento alla modalità con la quale le
diverse politiche ed azioni di gestione delle risorse umane interagiscono generando
sinergie e rafforzandosi reciprocamente. L' internal fìt è rilevante se l'impatto
combinato delle politiche e delle pratiche di gestione delle risorse umane è superiore
alla somma degli impatti che le singole politiche e pratiche hanno sulla performance;
• la seconda (vertical fit o external fìt) si riferisce invece al grado con cui il sistema di
gestione delle risorse umane è integrato e allineato con la strategia d'impresa,
supportando più o meno efficacemente la sua realizzazione. Il concetto duale di
integrazione, merita di essere analizzato più a fondo delineando meglio cosa si
intende per integrazione esterna e interna.
L' integrazione esterna può essere intesa in più sensi. La strategia può essere il risultato di
un'azione unilaterale del vertice (approccio lineare) dalla cui decisione scaturisce la struttura
organizzativa e gestione delle risorse umane, che di tale strategia sono la conseguenza.
Il secondo tipo d' approccio al problema dei rapporti fra gli elementi del sistema è quello
interdipendente, in cui le variabili del sistema (strategie, strutture, risorse umane) sono
collegate da una relazione non più lineare ma d'interdipendenza. Secondo questo schema,
l'azione manageriale consiste nella definizione di obiettivi e strategie ampi e flessibili capaci
di reagire ed adattarsi alle condizioni ambientali.
Più convincente l'approccio evolutivo in cui l'aspetto creativo e razionale delle strategie
diviene una caratteristica potenzialmente attribuita a tutti gli attori che interagiscono con i
cambiamenti esterni, legando insieme in modo interattivo con l'ambiente esterno, la strategia,
la struttura e la gestione delle risorse umane. Spingendosi lungo questo filone di indagine, si
può sostenere che collegare più strettamente le politiche di risorse umane con le decisioni
strategiche e organizzative aziendali significa tener conto delle specificità culturali e dei
valori che guidano l'azione del management.
Inoltre, elaborare i sistemi per acquisire, valutare, retribuire, sviluppare le risorse umane
indispensabili per realizzare gli obiettivi strategici non è esclusiva prerogativa dell'attività di
strategia direzionale. Per perseguire l'integrazione verticale, è necessario cambiare il modo
d’individuazione delle priorità e di presa delle decisioni. La strategia deve essere il risultato
dell'insieme delle diverse decisioni adottate dai diversi livelli organizzativi. Non basta
definire le politiche ed azioni del personale: le innovazioni di maggiore portata vanno
realizzate al livello dei manager operativi di line, cui spetta prendere in esame
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contestualmente alla scelta delle strategie all'individuazione dei percorsi d'implementazione
anche le problematiche delle risorse umane, adottando quegli strumenti utili a stimolare la
capacità di apprendimento e innovazione e a fornire un aiuto efficace alla soluzione dei
problemi aziendali.
L'integrazione interna, invece, può essere definita come il coordinamento fra attività,
strutture e ruoli di gestione delle risorse umane. L'integrazione è reale se il valore aggiunto
della gestione integrata delle risorse umane è superiore alla mera somma del valore prodotto
dalle singole attività prese in considerazione separatamente.
Per altri autori Delery e Doty (1996) l'approccio al tema dell'integrazione oscilla fra diversi
orientamenti che in modo diverso pongono alternativamente l'accento proprio su questi due
tipi di integrazione e su quale tra loro sia quello più efficace. Tali orientamenti possono
essere esemplificati nella seguente classificazione: universalistico, contingente,
confìgurazionale.
II primo approccio il cui focus è certamente rivolto a privilegiare l'integrazione interna può
essere definito universalistico, e propone una serie coordinata di politiche del personale
(opportunità di carriera interna, sistema formativo, valutazione delle prestazioni, programmi
di profìt sharing, stabilità del posto del lavoro, partecipazione e coinvolgimento dei
dipendenti) che, a prescindere dall'ambiente organizzativo e dal mercato in cui l'impresa
opera, è in grado di influire positivamente sulla competitività dell'azienda.
L'approccio contingente, invece, ritiene che l'esame dei fattori relativi all'ambiente, tra cui
sicuramente la strategia d'impresa ma anche le politiche prodotto, servizio e innovazione,
siano il punto di riferimento per la definizione del piano di gestione delle risorse umane, e
che quindi non si possa generalizzare un modello valido per tutte le situazioni. Questo
secondo modello evidentemente è maggiormente coerente con il concetto di integrazione
esterna.
L'ultimo approccio, definito come configurazionale, racchiude al proprio interno sia
l'integrazione verticale sia quella orizzontale. Esso propugna la necessità di progettare in
modo congiunto (configurazione) le politiche e le azioni concrete volte alla gestione del
personale. Una configurazione, che deve tener conto del contesto d'impresa e di mercato in
cui si opera, non essendo possibile definire a priori un modello valido per tutte le situazioni.
A seconda del tipo di analisi dell'integrazione proposta (interna o esterna, oppure
universalistica, contingente, configurazionale), si pone in ogni modo il problema di come
giungere ad un'adeguata integrazione delle politiche aziendali.
Infatti, l'approccio integrato alla direzione strategica delle risorse umane è indispensabile
perché i diversi elementi del sistema di gestione (selezione, formazione, politiche di
valutazione e di retribuzione) possano concorrere ad aumentare il fattore critico di successo
rappresentato dal capitale intellettuale, costituito dalle conoscenze, capacità e abilità
(knowledge, skills, ability, KSA) Elementi fondamentali che, insieme alla motivazione e
all’empowerment - e tramite esso - determinano le potenziali performance d'impresa.
In altre parole, solo un'efficace integrazione fra le varie azioni di gestione delle risorse
umane, e non le singole pratiche attuate indipendentemente, l’una dall’altra, sono in grado
di generare il processo di accumulo del valore del capitale umano.
Del resto, come è noto, i problemi di integrazione e funzionamento delle direzioni risorse
umane, e di conseguenza di efficacia generale della sua azione sono spesso causati da tre
particolari fenomeni:
- dallo scarso (o inesistente) grado di coordinamento strategico delle politiche del
personale con quelle produttive ed organizzative;
- dall'elevata specializzazione funzionale delle varie strutture della direzione (selezione,
formazione, politiche di valutazione e di retribuzione, relazioni industriali) che
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genera scarso coordinamento sia all'interno della direzione stessa, sia nell'attività
gestionale dei manager di line;
- la propensione delle strutture all'elevata specializzazione tende a produrre risultati
funzionali ad obiettivi interni, per certi versi autoreferenziali, e non sempre
congruenti con i problemi posti dalle politiche produttive e da quelle organizzative.
Chiarito il bisogno di promuovere una politica di direzioni delle risorse umane integrata,
forse è giunto il momento di chiederci quali sono le differenze nei contenuti e nei destinatari
di questo nuovo approccio, rispetto alle precedenti politiche e pratiche di risorse umane?
Come rileva Legge, due sono gli aspetti rilevanti (1995): il fatto che la gestione strategica
delle risorse umane privilegia lo sviluppo dei quadri manageriali e delle alte professionalità
dell'impresa, piuttosto che la generalità dei dipendenti; il rilevante spostamento della
responsabilità della gestione e della valorizzazione delle risorse umane dalle mani degli
specialisti della funzione del personale a quelle dei manager di linea.
Quest'ultimi rivestono un ruolo diverso rispetto al passato, di notevole importanza, poiché
sono investiti direttamente della responsabilità non solo di applicare, ma anche di contribuire
a definire le politiche del personale, e attraverso queste, tendere a valorizzare i propri
collaboratori. Una valorizzazione che deve far convergere le persone verso un sistema
unitario condiviso, rappresentato da: obiettivi, strategie e modalità organizzative.
La gestione delle risorse umane in una visione sistemica
Uno degli elementi comuni alla maggior parte dei modelli di gestione delle risorse umane è
l'adesione più o meno esplicita a un paradigma di teoria dei sistemi. La teoria dei sistemi è lo
studio interdisciplinare dell'organizzazione astratta dei fenomeni, indipendentemente dalla
loro sostanza, tipo scala temporale o spaziale di esistenza che analizza sia i principi comuni a
tutte le entità complesse sia i modelli utilizzati per descriverli. Un sistema è un insieme di
parti tra loro collegate o interfacciate in una struttura complessiva per la quale sono
riconoscibili un input e un output, ovvero condizioni di ingresso e di uscita.
Quando nei modelli di gestione delle risorse umane si utilizza il concetto di sistema aperto è
si ritiene opportuno osservare un insieme di oggetti/pratiche/sottosistemi in relazione tra loro
e con un ambiente esterno. Inoltre, si considera che all'evoluzione nel tempo degli stati del
sistema corrisponda il generarsi variabile di output, inteso come "performance" del sistema.
Questa breve introduzione teorica serve a comprendere come la gestione delle risorse umane
nella visione funzionalista attribuisca particolare rilevanza all'interazione tra pratiche e
politiche di gestione delle risorse umane, da un lato, e altri elementi quali:
1. fattori di contesto (interno ed esterno all'impresa): elementi variabili che
interagiscono con i sistemi;
2. obiettivi/performance dei sistemi;
3. processi intercorrenti: modalità con le quali i destinatari delle politiche di gestione
delle risorse umane (in primis i lavoratori, ma anche altri stakeholder) interagiscono
con le condizioni determinate dall'operare della gestione.
Quanto appena scritto conferma che vi è bisogno di definire la descrizione del campo di
forze nel quale opera la gestione delle risorse umane.
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II contesto
Si distinguono due gruppi di fattori di contesto che influenzano l'operare della gestione delle
risorse umane: i fattori interni e i fattori esterni (all'impresa o all'organizzazione).
Nella tabella sinottica si può vedere come i diversi fattori influenzano la gestione delle
risorse umane:
I fattori di contesto che influenzano la gestione delle risorse umane
Interni
Esterni
Tecnologia
Imprese che utilizzano
tecnologie tradizionali
investono meno in GRU
Imprese con tecnologie
avanzate utilizzano di più
la valutazione delle
performance
Ambiente legale,
sociale e politico
Struttura
I sistemi si sviluppano
lungo le linee della
divisione del lavoro
L'adozione di strutture per
team richiede la modifica
dei sistemi di GRU
Dimensioni
Le grandi organizzazioni
adottano con maggiore
probabilità procedure
formali; pratiche di
coinvolgimento dei
dipendenti; processi di
reclutamento e di
formazione sofisticati;
strutture di ricompensa
generose e legate ai
risultati, mercati interni
del lavoro e con minore
probabilità forme
temporanee di relazione di
lavoro
Sindacalizzazione Negli Stati Uniti la presenza
del sindacato ha aumentato
del 33% le retribuzioni dei
suoi membri
La presenza dei sindacati
spinge le imprese non
sindacalizzate a concedere
alcuni miglioramenti
Mercato del
Le strategie di reclutamento
variano al variare del tasso di
lavoro
disoccupazione
La diversità etnica, di genere
e di età ha un impatto sulle
politiche di gestione anche se
mancano studi empirici
Stadi del
I criteri di selezione e di
ciclo di vita valutazione dei top
manager devono cambiare
in relazione alle fasi del
ciclo di vita
Settore
La diffusione di politiche di
supporto al child care è
influenzata dal quadro
normativo e dall’azione di
altri attori
Leggi civili e religiose che
convivono in alcuni paesi
influenzano la gestione delle
risorse umane
Vi sono differenziazioni
legate alla natura del
processo produttivo
(industria vs servizi), della
struttura di governance
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f
Strategia
Nelle fasi iniziali è
dominante il
reclutamento, in quelle
mature la creazione di
mercati interni del lavoro
Le strategie di
innovazione richiedono
politiche volte a dare
continuità e sicurezza
Le strategie competitive
(leadership di costo,
differenziazione e
focalizza-zione) hanno un
impatto sulle politiche di
gestione
Strategie di qualità sono
associate a strutture
retributive più egualitarie
(pubblico vs privato),
dinamismo (alto vs basso)
Cultura nazionale
Esistono studi che
documentano la variazione
delle politiche di gestione a
livello internazionale, ma
mancano analisi dirette del
rapporto tra culture nazionali
e sistemi
Fonte: Solari, 1996.
Poiché alcuni dei fattori interni sono già stati analizzati (come nel caso della strategia) e altri
saranno variamente ripresi nell'analisi delle singole pratiche di gestione, in questa sede ci
soffermiamo sulle dimensioni e sui fattori del contesto esterno.
Le dimensioni
Le dimensioni sono storicamente considerate una delle variabili di maggiore rilevanza nel
rapporto con le scelte organizzative e tradizionalmente misurate nei termini di numero di
addetti.
La crescita dimensionale è stata collegata, tra le altre, con la strutturazione e formalizzazione
delle pratiche organizzative, con l'istituzionalizzazione di ruoli di tecnostruttura, con la
centralizzazione decisionale e con l'emergere di mercati interni del lavoro. Le dimensioni
hanno un impatto anche sulla stratificazione del lavoro e delle posizioni all'interno delle
imprese e sulla presenza di funzioni aziendali dedicate esplicitamente alla gestione delle
persone. A questo proposito, Kalleberg e Van Buren (1996) nella loro analisi di un campione
rappresentativo delle imprese statunitensi hanno rilevato che nelle imprese di maggior
dimensioni si riscontrano retribuzioni più elevate, più fringe benefit e maggiori possibilità di
carriera, ma meno autonomia sul lavoro.
Il mercato di sbocco
Le relazioni di lavoro all'interno di un'impresa risentono delle caratteristiche del contesto
competitivo in cui essa opera. La dinamica del mercato di sbocco o dei mercati di sbocco nel
caso di imprese multibusiness influenza diversi aspetti della gestione, quali ad esempio la
prevedibilità dei flussi di lavoro, la diversità della forza lavoro, l'orientamento strategico
prevalente (efficienza, qualità o innovazione; cfr. Schuler, Jackson, 1987) e l'entità delle
risorse economiche che si rendono disponibili. Questi aspetti, tuttavia, prima di influenzare
direttamente la gestione delle risorse umane sono filtrati dai modelli strategici prescelti
dall'impresa.
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La tecnologia
La tecnologia influenza la natura delle attività elementari o task che vengono svolte
all'interno di un'impresa e le modalità con le quali esse sono raggruppate. Intesa in questo
senso, essa opera direttamente sui modelli di organizzazione del lavoro e indirettamente sulla
natura delle conoscenze richieste ai lavoratori. Numerosi studi di economia del lavoro, di
sociologia e di organizzazione hanno analizzato le conseguenze dell'innovazione tecnologica
nelle imprese, sottolineandone i caratteri destrutturanti e differenzianti. La gestione delle
risorse umane ne risente prima di tutto indirettamente, poiché deve adattare il suo
funzionamento ai fabbisogni creati dal cambiamento tecnologico e accompagnare il processo
di loro diffusione. L'influenza diretta è invece a oggi limitata, benché le nuove tecnologie di
coordinamento (altrimenti definite ICT acronimo di Information and Communication
Technology) abbiano potenziato alcuni sistemi tradizionali, tra i quali soprattutto la
valutazione, la formazione, la comunicazione interna e la pianificazione. In molti di questi
casi, infatti, le tecnologie sono per ora adottate all'interno di un paradigma di progettazione
delle attività di gestione delle risorse umane che non si è modificato, conducendo a operare
in affiancamento più che creando nuovi modelli di gestione.
Il contesto istituzionale e culturale
Secondo Marsden (1999) esiste una relazione tra modelli di gestione delle risorse umane e
modello di regolazione delle relazioni di lavoro istituzionalizzato in un dato ambito.
L'ambito di riferimento può essere definito da confini diversi, ma certamente una delle
modalità più classiche è rappresentata dai confini nazionali e/o dai confini tra aree a diversa
omogeneità culturale (un'analogia può essere rappresentata dalla pluralità di modelli di
impresa di cui spesso si discute: modello anglosassone, modello renano, modello giapponese
ecc.).
I modelli di gestione delle risorse umane operano in un contesto definito da:
norme formali, norme culturali (ritualità, miti, simboli ecc.) e norme consuetudinarie
di regolazione dell'interazione tra attori;
attori diversi, con prerogative e influenza diversa (lavoratori, sindacati, associazioni,
Stato, imprese, professioni ecc.);
una dinamica temporale di norme e attori che risente di fenomeni di dipendenza dalle
condizioni di partenza, dipendenza dalla storia e path-dependence.
In tale contesto, essendo essi stessi oggetto in parte di scelta deliberata dalle imprese
(agency), in parte di pressione istituzionale (isomorfismo) si sviluppano in una sorta di
campo di forze localmente determinato.
Questo spiega la difficoltà di poter individuare modelli di gestione delle risorse umane
universali, a meno di non considerare l'interazione con partizioni del contesto esterno simili
a quelle di riferimento. Un esempio di quest'ultimo aspetto è dato dalle politiche di gestione
del lavoro negli stabilimenti giapponesi negli Stati Uniti, rese possibili dall'adozione di un
processo di selezione volto a reclutare persone con valori simili a quelli adottati dagli
operatori in Giappone.
La differenza ha radici metodologiche più che reali ed è innegabile che, anche qualora
fossero legate a divergenze culturali di fondo, le differenziazioni rilevanti per l'agire
organizzativo e soprattutto per la gestione delle risorse umane avvengono rispetto a
comportamenti istituzionalizzati o pratiche.
Costa (1997) collega lo sviluppo della gestione delle risorse umane a una più ampia
concezione del valore del capitale umano nelle imprese. A tale fine sottolinea come sia
possibile identificare una o mappa del valore della risorsa umana che distingue quattro
componenti: competenza, relazioni, performance e valorizzazione. Queste quattro
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componenti derivano dall'interazione fra tre dimensioni, ovvero il lavoratore, l'impresa e il
più ampio contesto istituzionale all’interno del quale si crea il rapporto tra lavoratore e
impresa. I contributi e i ruoli relativi alle quattro dimensioni sono diversi come illustrato
nella seguente tabella.
Attori e contesto istituzionale nella mappa del valore della risorsa umana e inazione
Lavoratore
Impresa
Contesto istituzionale
Training on the job;
formazione; programmi di
sviluppo; ricerca e sviluppo
competenze distintive
d'impresa e sua cultura
Acculturazione e
socializzazione operate dalla
famiglia e dalla comunità;
scuola; ricerca scientifica;
mass media
Costituzione delle competenze
Socializzazione e
acculturazione;
scolarizzazione
professionalizzazione
Costituzione e gestione delle relazioni
Contratto di lavoro; contratto
psicologico; coinvolgimento;
rapporti sociali; integrazione
in gruppi professionali
Contratto di lavoro;
contratto psicologico;
politiche di reclutamento e
selezione; leverage
relazionale
Quadro giuridico e culturale;
sistema di relazioni
industriali; politiche attive
mercato del lavoro;
segmentazione dei mercati
del lavoro
Contesto organizzativo e
tecnologico; sistema di
controllo sulla prestazione
Aspettative
Erogazione della prestazione
Qualità e intensità della
prestazione; grado di
cooperazione
Valorizzazione della prestazione
Ricompense intrinseche ed
estrinseche; esperienza;
rinforzo della relazione
Fonte: Costa, 1997.
Catena del valore
dell’azienda e dei clienti;
sistema di ricompensa;
esperienza; informazioni;
potere
Regolazione dei mercati e
grado di protezione
dell’innovazione
Il contesto sociopolitico ed economico
I modelli di gestione delle risorse umane sono stati spesso oggetto di analisi politica
poiché posti a presidio della relazione tra impresa/organizzazione e lavoratori. Il contesto
sociopolitico influenza direttamente la sostenibilità di determinati modelli di organizzazione
del lavoro ed esercita talvolta pressione per la modifica di pratiche non considerate più
legittime, come ad esempio la discriminazione. Più in particolare tali condizionamenti
possono raggiungere livelli di rigidità diversi, culminando in azioni specifiche da parte di
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organi regolativi o legislativi che impongono norme di condotta non derogabili. Adottando
una visione di fondo istituzionale, questi processi possono quindi tradursi in interventi ai tre
livelli identificati: regolativo (influenza diretta dello Stato), normativo (influenza dei valori)
e cognitivo (influenza delle prassi).
L'evoluzione della società nel suo complesso esercita influenza sulla gestione delle risorse
umane anche attraverso la modifica dei modelli di comportamento e dei valori dei suoi
componenti che rappresentano nel tempo il bacino dal quale l'impresa trae la forza lavoro.
La gestione delle risorse umane risente anche del più ampio contesto economico, poiché
diverse variabili (quali ad esempio le retribuzioni) sono collegate potenzialmente alle
condizioni complessive dell'economia globale e/o locale. L'influenza più immediata
scaturisce dalle condizioni economiche di un singolo paese che determinano diverse variabili
critiche per la sopravvivenza e il fiorire dell'impresa (quali ad esempio i tassi di interesse, il
livello di inflazione ecc.). Indirettamente, poi, la congiuntura economica è responsabile di
diversi livelli di tensione nei mercati di approvvigionamento e anche nel mercato del lavoro.
Il mercato del lavoro
La natura del mercato del lavoro influenza le politiche di gestione delle risorse umane, anche
se è da esse a sua volta condizionata attraverso processi di co-evoluzione e di diffusione di
pratiche legittimate e istituzionalizzate. Mentre è facile identificare un esempio del primo
tipo (variare delle scelte di governo delle relazioni in presenza di livelli più o meno elevati di
regolazione del mercato da parte dello Stato), il secondo aspetto è più sottile, opera su archi
temporali di medio-lungo termine e spesso coinvolge non la sola funzione di gestione delle
risorse umane, ma anche le strategie delle imprese nel loro complesso. In questo senso,
possiamo ritenere che le pressioni per la riduzione della regolazione del mercato del lavoro
rappresentino un esempio di influenza dall'impresa al mercato.
Alcune dimensioni di analisi del mercato del lavoro presenti nella letteratura e nella pratica
gestionale sono:
1.
la struttura del mercato del lavoro, ovvero la sua articolazione in mercati primari e
secondari o comunque segmentati;
la dimensione del mercato del lavoro, ovvero l'ampiezza numerica e l'estensione
2.
geografica;
la composizione del mercato del lavoro, ovvero la distribuzione per variabili salienti
3.
(ad esempio demografiche, professionali ecc.) dei lavoratori;
il livello di regolazione formale, ovvero l'assetto complessivo di norme volte a
4.
regolare gli aspetti dello scambio del tutto particolare che viene attuato;
il livello di regolazione istituzionale, ovvero la natura e l'evoluzione delle norme
5.
consuetudinarie che agiscono come supplemento di quelle formali (ad esempio
norme implicite di non concorrenza nel mercato del lavoro tra imprese dello stesso
settore per evitare inflazioni salariali di determinati profili critici).
Un limite di questo elenco è la presunzione di indipendenza delle dimensioni citate. La realtà
è più complessa perché ad esempio dalle dimensioni del mercato del lavoro dipende anche la
sua composizione. Come abbiamo visto sono numerosi i fattori esterni all'impresa che
operano condizionamenti di natura diversa sulle scelte di gestione delle risorse umane. È
evidente come sia impossibile identificare modelli sintetici di descrizione dell'insieme di
relazioni tra di essi, se non mappe descrittive prive di indicazioni specifiche. Questa
difficoltà è duplice, poiché da un lato pur nella stabilità dei contesti è impossibile identificare
configurazioni interamente coerenti e dall'altro, la dinamica di ognuna di queste componenti
rende la stabilità un dato estremamente fuggevole.
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Poiché, tuttavia, la gestione delle risorse umane si occupa essenzialmente di comportamenti
e di relazioni, può essere utile a mio avviso un approccio di natura istituzionale che evidenzi
la stabilità come legittimazione di alcuni elementi relativamente duraturi (ad esempio i
sistemi di regole formali) a fianco di dinamiche nelle quali conta la comprensione degli attori
e dei loro interessi.
In ogni caso, non si può avere gestione delle risorse umane senza attenzione e sensibilità al
quadro ampio di forze che circondano l'impresa.
Gli obiettivi e le performance
La gestione delle risorse umane in una visione funzionalista si pone diversi obiettivi declinati
a livello di impresa e a livello di individuo. A livello di impresa un ruolo centrale è assegnato
alle performance economico-finanziarie. Tuttavia, vi sono diversi altri obiettivi di
performance che hanno significato a livello collettivo come indicatori di una corretta
gestione delle risorse umane.
La balanced scorecard per il personale
Produttività
Persone
Processi
Rapporto output/input
Sentire, fare, sapere
Come si fanno le cose
Risultato per dipendente
Costo per dipendente
Unità prodotte per
dipendente
Profitto per dipendente
Soddisfazione
Commitment
Competenza
Turnover
Lamentele
Assenteismo
Leadership
Innovazione
Velocità/tempi di ciclo
Fonte: Ulrich, 1997b.
Apprendimento
Unità/cultura comune
Equità
Ulrich (1997) affronta il problema della misurazione dell'efficacia dei risultati della gestione
delle risorse umane, che interpreta come uno dei principali ostacoli alla reale diffusione di
questa funzione nelle scelte strategiche di impresa. Dopo avere ripreso la letteratura empirica
sulla relazione tra gestione e performance e aver identificato nella balanced scorecard una
delle applicazioni più interessanti (TAB. precedente), propone anche una visione di audit dei
sistemi di gestione delle risorse umane.
Vi sono tre tipi di audit di una funzione di gestione delle risorse umane: sulle pratiche, sulle
competenze e sulla funzione. L'analisi delle pratiche richiede di documentare le attività della
gestione delle risorse umane, il valore che hanno per il cliente, il rapporto costo/ benefici e di
effettuare ricerche e approfondimenti ad hoc, utilizzando insiemi di indicatori e misure come
quelli riportati nella tabella seguente.
Esempi di misure di efficacia delle pratiche di GRU
Area di GRU
Misure possibili
Staffing
Numero di processi di ricerca
Rapporto tra proposte e accettazioni
Numero di contatti/numero di candidati che si sono presentati
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Tempo medio di copertura
Costo medio di copertura
Tenure media
Percentuale di posizioni coperte internamente
Percentuale di posizioni coperte con candidati inseriti in piani di
successione
Performance degli assunti per fonti diverse
Percentuale di unità globali coperte localmente
Percentuale di dipendenti bilingui
Rapporto tra posizioni top e numero di backup
Performance a seconda delle diverse tecniche di selezione
Formazione e sviluppo Numero di giorni di formazione
Numero di programmi di formazione
Costo per ora per formato
Percentuale di dipendenti coinvolti
Numero di corsi effettuati per soggetto
Percentuale di dipendenti con piani di sviluppo
Percentuale del costo del lavoro che deriva dalla formazione
Costo del personale per dipendente
Confronti tra formati e non formati
Percentuale di personale con titoli di studio elevati
Tempo di progettazione di nuovi programmi
Percentuale di materiale nuovo nei programmi
Efficienza dell'amministrazione e gestione operativa
Sistemi di valutazione e Accettazione dei sistemi da parte dei dipendenti
Efficacia dei sistemi nel gestire i poor performer
ricompensa
Percentuale di valutati
Percentuale di lavoratori con retribuzione variabile
Percentuale del monte salari variabile
Velocità di gestione amministrativa del payroll
Incremento medio di merito per classe di posizioni
Rapporto tra retribuzione interna e retribuzione di mercato
Credibilità dei sistemi di misura
Costo del lavoro per unità di ricavo
Sicurezza e benessere
Giorni di lavoro persi
Costo degli infortuni
Incidenza degli infortuni
Percentuale di fumatori
Percentuale di lavoratori coinvolti in programmi di salute
Trend nelle malattie
Relazioni
Percentuale di iscritti al sindacato coinvolti in progetti di lavoro
Numero di team congiunti
Frequenza di interazioni tra sindacato e direzione
Eterogeneità dei contratti
Numero di accordi locali
Numero di occasioni di coinvolgimento del sindacato di tipo
non tradizionale
Comunicazione interna Coerenza e chiarezza dei messaggi
Comprensione dei messaggi
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Diversità
Fonte: Ulrich, 1997b.
Accettazione dei messaggi
Efficacia della condivisione di informazioni tra unità
organizzative
Efficacia della mediazione della funzione GRU tra management e
lavoratori
Velocità ed efficacia delle risposte alle lamentele dei lavoratori
Tempo medio per la soluzione delle dispute
Percentuale di lavoratori che fanno suggerimenti
Percentuale di suggerimenti implementati
Percezione di trattamento coerente e giusto
Assegnazione di lavori significativi a non normodotati
Rispetto di normative riguardanti la tutela delle minoranze
Oggettività e neutralità nelle decisioni di assunzione e carriera
Percentuale di lavoratori non tradizionali nel pool di applicanti
Tasso di promozione dei lavoratori non tradizionali
Turnover dei lavoratori non tradizionali
Età media dei lavoratori
L'analisi delle competenze richiede di definire le competenze critiche, valutarne la presenza,
creare dei piani di azione e concentrarsi su uno sviluppo continuo.
L'analisi a livello di intera funzione, invece, può seguire l'approccio delle competenze
raggruppate a livello di funzione, utilizzare indicatori di sintesi (ad esempio, rapporto tra
personale totale e personale della funzione GRU, rapporto tra costo della funzione e totale
ricavi, rispetto dei piani e dei budget ecc.), oppure analisi di benchmark.
Quest'ultimo approccio si concentra sull’utilizzo di schede di audit e valutazione che
comparano diverse pratiche su un continuum definito dal livello di evoluzione.
Guest (1997) si pone il problema di identificare quale sia il concetto di performance adatto
per valutare il contributo dei sistemi di gestione delle risorse umane. Propone una
differenziazione tra i risultati (gli outcome) di un'organizzazione e la performance intesa
come risposta alle attese di diversi stakeholder.
La performance come outcome è una definizione eccessivamente ristretta che esclude
elementi quali la soddisfazione, il rapporto con l'ambiente naturale, il contributo alle
attività della comunità ecc. Il modello implicito è quello che ritiene che i migliori risultati
derivino dall'utilizzo adeguato delle persone rispetto allo sfruttamento, nonostante vi siano
diversi riscontri empirici di senso diverso (ad esempio, l'assenza di relazione tra risultati
economici e soddisfazione dei lavoratori).
Guest si orienta verso una definizione di performance allargata con alcuni legami al
concetto di balance scorecard, ritenendo che non sia corretto ottimizzare una sola
dimensione a spese delle altre. Per questo propone una struttura a più livelli di
comprensione della relazione tra strategia, pratiche di gestione delle risorse umane e misure
di performance.
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In seguito si propone una lista di obiettivi della gestione delle risorse umane, articolati su tre
aree:
1. efficienza:
a)
costo del lavoro;
b)
produttività del lavoro intesa come risultante:
dalle caratteristiche innate e acquisite dei lavoratori;
dalle motivazioni dei dipendenti e dall'idoneità del sistema di ricompense
monetarie, organizzative e sociali di rispondere alle loro attese;
- dall'adattabilità operativa dei lavoratori;
- dal contesto organizzativo e tecnico;
2.
efficacia:
a)
capacità di raggiungere determinati risultati;
b)
supporto alle politiche e alla strategia dell'impresa;
3.
innovazione e clima (efficacia di lungo termine):
a)
flessibilità di impiego delle risorse;
b)
capacità di innovazione e imprenditorialità:
clima aziendale (integrazione e coinvolgimento dei lavoratori nell'azienda e fiducia
nella sua struttura, nei suoi valori, nelle persone che la dirigono);
immagine sociale interna ed esterna.
Se i precedenti modelli identificano obiettivi generali, la pratica aziendale ha anche
sviluppato degli indicatori di sintesi. Tra di essi, un ruolo chiave è giocato da due indicatori
di particolare rilievo.
a) Il tasso di turnover è l'indicatore di base della dinamica nel tempo dell'organico
dell'impresa. È rappresentato da una percentuale relativa al rapporto tra le somme di entrati e
usciti in un determinato periodo temporale sul totale dell'organico a inizio periodo.
Un certo livello di turnover è sempre presente e considerato fisiologico perché coerente con
le esigenze di flessibilità dell'impresa e dei lavoratori. La valutazione del turnover richiede
un confronto:
temporale, ovvero un anno rispetto allo storico;
con il mercato, ovvero rispetto al comportamento dei concorrenti;
tra categorie, ovvero disaggregato per raggruppamenti di posizioni;
tra aree aziendali, ovvero disaggregato per aree funzionali e unità organizzative.
Anche se in parte fisiologico, il turnover genera costi per l'impresa. Per questa ragione è
importante collegare alla valutazione dei flussi di turnover anche quella dei costi che in
generale sono legati ai costi di reclutamento e successivo inserimento e ai costi di
interruzione del rapporto di lavoro.
b) Gli indicatori di produttività. Tra gli obiettivi economici della gestione delle risorse
umane, l'efficienza e il contenimento del costo assumono un ruolo centrale. Un indicatore di
base è dato dal costo medio del personale (costo complessivo annuo/organico medio),
talvolta con articolazione per unità temporale invece che per lavoratore (costo complessivo
annuo/ore lavorate).
Una valutazione relativa dell'onere per il personale consente di apprezzare in modo più
adeguato la natura del contributo dato dalla funzione agli obiettivi aziendali. Per questo sono
utilizzati altri indicatori, quali:
incidenza sul valore aggiunto (costo complessivo annuo/valore aggiunto);
fatturato per addetto (fatturato/organico medio);
valore aggiunto per addetto (valore aggiunto/organico medio);
15
-
produttività per ora lavorata (unità prodotte/ore lavorate).
A livello individuale, la gestione delle risorse umane si occupa della creazione e
manutenzione della relazione tra lavoratore e impresa. Questa relazione è tipicamente
incorporata nel concetto di contratto psicologico che verrà descritto successivamente. Una
corretta gestione si traduce quindi in primo luogo nella soddisfazione del contratto
psicologico, ma anche in una serie di altri obiettivi di performance. Ma anche in questo caso
non esiste un unico modello di interpretazione.
Il contratto giuridico
Alla base del rapporto individuo-azienda c'è innanzitutto un contratto di tipo giuridico.
In base a questo contratto due soggetti si scambiano la promessa di prestazioni corrispettive
che sono, da parte dell'individuo verso l'impresa, quella di prestare il lavoro richiesto e, da
parte dell'impresa nei confronti dell'individuo, quella di corrispondere la retribuzione pattuita.
Il riferimento normativo è costituito dall'articolo 2094 del codice civile che recita: «È
prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare
nell'impresa alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore prestando il proprio lavoro,
intellettuale o manuale».
Fermo restando l'aspetto giuridico del rapporto individuo-azienda -che come si vedrà in
seguito è comunque molto articolato e definito è vero però che esso non esaurisce la gestione
del personale; infatti, nel rapporto fra persona e azienda, non è importante solo il contratto di
natura giuridica ma anche, e con particolare rilevanza, il contratto di natura psicologica. In
altre parole, la relazione è basata certamente sul rispetto reciproco delle norme e delle regole,
ma è anche caratterizzata dall'aspettativa di qualcosa d'altro oltre alla retribuzione e al lavoro
puri e semplici.
Il contratto psicologico
La relazione tra persona e organizzazione può essere considerata un rapporto di scambio
reciproco che si può tradurre in tre differenti relazioni a seconda dei punti di vista adottati:
uno scambio economico, se, ad esempio, ci si riferisce al lavoro prestato in cambio di
una remunerazione;
un rapporto di appartenenza, in seguito al quale gli individui fanno parte
dell'organizzazione;
uno scambio di tipo psicologico, che nasce dalle aspettative reciproche tra lavoratore
e datore di lavoro e che trova una sua spiegazione proprio in quello che viene chiamato:
contratto psicologico.
L'espressione «psychological contract», introdotta per la prima volta negli anni sessanta, non
identifica un contratto in senso legale, ma un accordo che nasce nella mente del dipendente.
Esso rappresenta:
una componente necessaria della relazione di impiego;
una serie di reciproche aspettative e bisogni derivanti da una relazione tra
organizzazione e individuo;
l'insieme di promesse, accolte da un dipendente, riguardano i termini dell'accordo di
scambio tra il lavoratore e la sua organizzazione;
una convinzione - credenza - circa l'esistenza di una relazione di scambio tra due
parti;
16
una componente -dinamica- del rapporto tra persona e organizzazione, i cui
cambiamenti si verificano con il passare del tempo;
un fattore di fondamentale importanza nella determinazione del comportamento
organizzativo.
Il contratto psicologico esiste quindi a livello individuale sotto forma di percezioni di una
persona riguardanti i termini della sua relazione di scambio con un'altra e riguarda
obbligazioni reciproche: è un contratto che si basa sulla percezione che esiste uno scambio
reciproco, uno scambio, cioè, che è compreso reciprocamente.
Il contratto psicologico, può essere inteso come un tipo di "contratto promissorio" e, in
quanto tale, composto da tre elementi fondamentali:
- la promessa, cioè l'impegno che riguarda azioni future. Il contratto psicologico si basa sulle
percezioni delle reciproche promesse da parte dell'individuo. Le promesse possono essere
comunicate direttamente (attraverso, per esempio, i manager), oppure possono essere
percepite dai dipendenti in base ai comportamenti passati dell'organizzazione;
- la ricompensa, intesa come una qualche forma di riconoscimento che un soggetto si aspetta
di ricevere in cambio del contributo fornito. L'adempimento delle obbligazioni assunte, e
quindi anche del contratto psicologico, avviene quando tali aspettative vengono soddisfatte;
- l'accettazione rappresenta l'accordo volontario, da parte dell'organizzazione e del
dipendente, di accettare i termini del contratto. Con l'accettazione entrambe le parti sono
coinvolte nelle obbligazioni reciproche e sono responsabili dell'adempimento del contratto
stesso; rimane comunque la libertà di decidere di violare o di rompere l'accordo,
assumendosi le rispettive responsabilità e sopportandone le relative conseguenze.
Secondo alcuni, la principale funzione del contratto psicologico potrebbe essere quella di
supplire alla mancanza di una qualche forma di contratto formalizzato. Questa affermazione,
però, viene ben presto smentita dal fatto che le persone, anche in presenza di contratti
formalizzati, sviluppano lo stesso un contratto psicologico. Infatti, i lavoratori "stipulano" il
contratto psicologico per ragioni che possono essere diverse:
- il contratto psicologico contribuisce a ridurre l'incertezza. Nonostante i contratti di
impiego siano piuttosto completi, non è possibile riuscire a disciplinare ogni
eventuale aspetto del rapporto lavorativo e il contratto psicologico interviene proprio
per dare ai lavoratori un senso di sicurezza. In particolare, con riferimento alla
motivazione, si è visto che le esperienze passate rivestono un ruolo fondamentale
nella creazione dei comportamenti e quindi nella formazione di particolari schemi
mentali che aiutano l'individuo a prendere le proprie decisioni e, conseguentemente, a
ridurre l'incertezza. Il contratto psicologico può essere interpretato proprio come uno
schema mentale legato alle obbligazioni reciproche tra persona e organizzazione;
- il contratto psicologico riduce la necessità di supervisione organizzativa. Sono gli
stessi dipendenti che, attendendosi delle ricompense nel breve o nel lungo periodo,
esercitano autocontrollo sui propri comportamenti;
- attraverso il contratto psicologico i dipendenti hanno l'impressione di riuscire a
influenzare il proprio destino all'interno dell'organizzazione. Il sentirsi parte di un
contratto i cui termini sono stati compresi e accettati e l'avere la consapevolezza di
poter decidere di rispettare o no tale accordo, crea nei lavoratori la percezione di
poter esercitare una "certa influenza" sul loro rapporto con l'organizzazione.
Il processo
Al fine di comprendere bene i passi che conducono alla creazione del contratto psicologico,
è opportuno identificare in modo chiaro i soggetti coinvolti.
17
Il dipendente è colui il quale, attraverso la stipulazione di un contratto di impiego, svolge
un'attività lavorativa alle dipendenze di un datore di lavoro.
Il datore di lavoro è l'organizzazione. Quest'ultima affermazione cosa vuol dire?
Ha senso parlare di reciprocità della relazione solo se si personifica l'organizzazione; i
dipendenti, infatti, vedono le azioni compiute dagli agenti o dai rappresentanti
dell'organizzazione come azioni intraprese dall'organizzazione stessa. Conseguentemente,
uno studio del contratto psicologico deve fare riferimento a soggetti quali gli specialisti di
risorse umane, i supervisori diretti, i manager ecc. in quanto si trovano nella posizione di
comunicare ai dipendenti promesse riguardanti futuri impegni.
Il contratto psicologico sorge dall’ interazione dell'individuo con il proprio ambiente
organizzativo; in particolare, si sviluppa in seguito a:
l'interazione del dipendente con i rappresentanti dell'organizzazione;
la percezione del dipendente riguardo a procedure e cultura organizzative.
Nello stabilire il contratto psicologico, individuo e organizzazione sono guidati dalla
convinzione di ciò che è giusto ed equo. Il contratto psicologico si sviluppa all'interno di un
ambiente dinamico le organizzazioni sono composte da una molteplicità di individui, con
vari ruoli e prospettive e può originarsi sia in seguito a una discussione che in assenza di essa
(come, ad esempio, tramite le percezioni personali dell'individuo che osserva il linguaggio
del corpo del datore di lavoro oppure le caratteristiche dell'organizzazione).
Gli obiettivi organizzativi possono incoraggiare lo sviluppo di un contratto psicologico con
talune caratteristiche piuttosto che altre e questo può avvenire attraverso:
la comunicazione di brevi messaggi, come, per esempio, "noi valutiamo la
performance" o "noi valutiamo la lealtà";
i tipi di incentivi offerti, per esempio, pagamenti legati al mercato piuttosto che
attenzione verso la sicurezza del lavoro.
In particolare, il contratto psicologico prende forma da:
1. uno schema o modello mentale relativamente stabile e durevole. Attraverso questo
contratto gli individui sono convinti dell'esistenza di un accordo reciproco e, quindi, di una
condizione comune attraverso cui le parti sono implicate in un particolare corso di azioni;
2. norme sociali che "spingono" i lavoratori a creare un particolare accordo idoneo a
rappresentare il loro rapporto con l'organizzazione.
I dipendenti raccolgono delle informazioni che interpretano sulla base di particolari strutture
mentali chiamate schemi.
Dato che gli individui pongono in essere l'attività di ricerca delle informazioni sulla base dei
propri fini lavorativi (ad esempio, avanzamenti di carriera, rapporti di amicizia in ambiente
lavorativo ecc.), lo sviluppo del contratto psicologico può essere visto come un processo
intenzionale attraverso cui il soggetto tenta di raggiungere un accordo con il datore di lavoro
per conseguire i propri obiettivi. Gli obiettivi che motivano le persone verso la ricerca di
informazioni possono essere sia di tipo transazionale basati su aspetti economici che di tipo
relazionale riferiti ad aspetti sociali e il diverso grado di importanza ricoperto dalle due
tipologie, varia da individuo a individuo e dipende dalla soggettività dei fini stessi.
Durante la ricerca delle informazioni, assumono un ruolo di fondamentale importanza:
- le domande dirette. Sono molto utilizzate soprattutto per conoscere gli aspetti
transazionali del rapporto lavorativo, ma non va dimenticato che vi sono delle
questioni che difficilmente entrano nel bagaglio conoscitivo degli individui e questo
avviene sia perché gli stessi attori esitano a raccogliere informazioni a riguardo, sia
perché tali problematiche vengono percepite come non negoziabili;
18
-
il processo di controllo, per mezzo del quale gli individui, attraverso un'attività di
interpretazione e di deduzione, identificano le informazioni che sono per loro
rilevanti;
- il processo di negoziazione che interviene al momento della stipulazione del contratto
di impiego tramite il quale gli individui ottengono un accordo coerente con i propri
obiettivi e il contratto psicologico viene influenzato in via indiretta. Attraverso la
negoziazione, infatti, vengono stabiliti direttamente gli elementi del contratto formale
di impiego, i quali in via indiretta incidono su quelli del contratto psicologico.
Durante tutto il processo di ricerca delle informazioni, gli individui ottengono solo
informazioni parziali che vengono sottoposte a una loro interpretazione e dalle quali
traggono i relativi significati; questo è il fattore fondamentale che determina la formazione di
contratti psicologici diversi da soggetto a soggetto. Durante la fase di interpretazione
intervengono soprattutto:
le percezioni riguardanti la cultura organizzativa o i modi di operare
dell'organizzazione;
le aspettative personali spesso idealizzate e configurate durante le fasi precedenti di
formazione del contratto psicologico che, oltre a influire sull'attività di analisi delle
informazioni, possono venire da queste e dalle eventuali nuove esperienze modificate.
Il contratto psicologico prende forma da due elementi di base che vengono percepiti dal
dipendente durante il processo interpretativo.
1. La promessa. Il contratto psicologico si basa sulla percezione, da parte del dipendente,
dell'esistenza di una promessa tra sé e il datore di lavoro. In assenza di una qualunque forma
di promessa il rapporto lavorativo non esisterebbe. Una promessa può essere definita come
un'assicurazione detta o scritta, come un impegno che un soggetto si prende nei confronti di
un altro, oppure come una condizione che fa sorgere delle aspettative tra una parte e
un'altra. Le promesse, generalmente, indicano l'intenzione di far percepire dei benefici a
colui che le riceve e aumentano la probabilità che all'interno del contratto psicologico venga
raggiunto un accordo. Le promesse non comunicano solo impegni ed obblighi, ma possono
trasmettere anche sentimenti di fiducia, e di fondamentale importanza è il grado di
credibilità che una promessa può raggiungere. Le promesse costituiscono dei meccanismi
attraverso i quali i soggetti autoregolano i propri comportamenti per raggiungere determinati
obiettivi; il contratto psicologico, in quanto meccanismo di autoregolamentazione, motiva gli
individui ad adempiere alle condizioni in esso racchiuse e determinate dall'accordo con altri
soggetti. Esistono due differenti tipi di promesse:
a) Promesse comunicate attraverso parole. Possono essere scritte o dette, esistono due
forme di promesse comunicate attraverso il linguaggio: le garanzie, cioè promesse che
dichiarano che certi fatti sono sicuramente veri; le promesse esplicite che impegnano il
soggetto verso un particolare corso di azioni. Perché una promessa tramite le parole venga
fatta non è indispensabile che venga esplicitata la parola "promessa" o "prometto" ma sono
necessarie alcune particolari condizioni:
il contesto, cioè una particolare situazione idonea a conferire significati a determinati
eventi; il contesto in questo caso deve conferire alla comunicazione il significato di
promessa;
la risposta di colui che riceve la comunicazione; tale risposta deve far capire la sua
accettazione alla promessa fatta;
l'intenzione di un individuo a impegnarsi;
le competenze necessarie affinché l'impegno venga mantenuto;
la chiara identificazione di colui nei confronti del quale la promessa viene fatta.
19
b) Promesse che vengono trasmesse tramite azioni, attraverso, cioè, l'interpretazione di
azioni. In questo caso una notevole importanza viene assunta dal contesto all'interno del
quale determinate azioni assumono il significato di promesse.
2. Raccordo. Il contratto psicologico si basa sulla percezione, da parte del dipendente,
dell'esistenza di un accordo tra sé e l'organizzazione. Si è in presenza di accordo quando le
parti coinvolte possiedono le medesime credenze circa le obbligazioni che hanno tra loro e si
verifica con maggior probabilità quando:
a) le percezioni individuali sono obiettivamente precise, vale a dire che sono esenti da
elementi che possano modificare in modo errato percezioni ed informazioni; tale condizione
è più facilmente ottenibile tra soggetti aventi stretti rapporti di parentela o aventi esperienze
precedenti maturate in ambienti simili;
b) le informazioni sono condivise, quanto più le parti sono disposte a condividere le
informazioni, tanto meno probabile è che informazioni importanti vengano tralasciate; la
condivisione delle informazioni si rivela maggiore se le parti interagiscono frequentemente,
possiedono informazioni attinenti con la relazione lavorativa e se conoscono bene il contesto
all'interno del quale avviene lo scambio.
Ma il contratto psicologico è esso stesso un tipo di schema cognitivo e per questo è spesso
incompleto nella fase iniziale della sua formazione. Questa incompletezza, assieme alla
necessità di meglio comprendere il loro rapporto lavorativo, motiva gli individui nella
ricerca di informazioni. Una volta formato, il contratto psicologico diventa molto solido e
durevole e, anche se eventuali cambiamenti avverrebbero in tempi tendenzialmente lunghi, si
può affermare che il processo attraverso cui il dipendente ricerca le informazioni necessarie
e fornisce una propria interpretazione personale alle informazioni raccolte continua a
ripetersi per tutta la durata del rapporto lavorativo; ne deriva che la qualità delle fonti di
informazione disponibili e la coerenza delle informazioni provenienti da fonti differenti sono
elementi che vanno fortemente a incidere sulla formazione del contratto psicologico.
Si possono individuare due differenti forme di contratto psicologico.
1. Contratto psicologico transazionale. Si fonda su uno scambio economico; la relazione
lavorativa è solitamente di breve periodo, statica e basata sull'interesse individuale del
dipendente cui appartiene. I dipendenti possiedono obiettivi rivolti all'ottenimento di
guadagni economici immediati e di alternative e flessibilità relative al posto di lavoro; le loro
aspettative riguardano elementi quali: il salario, la formazione professionale, rapidi
avanzamenti di carriera, lo status e l'ottenimento di retribuzioni accessorie. L'organizzazione
rappresenta il luogo in cui gli individui lavorano, nei confronti del quale investono un
piccolo attaccamento emozionale: una loro identificazione deriva, eventualmente, dai
compiti e dalle relative competenze, cioè dagli elementi si cui è basata la relazione di
scambio. L'organizzazione, d'altro canto, mira a ottenere elevati livelli di flessibilità e un
modo per raggiungerli è il poter disporre di conoscenze e capacità in base alle necessità. I
contratti di questo tipo riportano, generalmente, una buona descrizione dei termini dello
scambio.
2. Contratto psicologico relazionale. Si fonda su uno scambio sociale, il rapporto di impiego
tende ad essere di lungo periodo, dinamico e basato su interessi collettivi e su aspetti di tipo
socioemozionale. Gli elementi oggetto dello scambio possono essere sia di tipo monetario
che non monetario in particolare, però, i lavoratori puntano a una riduzione dell'incertezza e
dello stress legati al posto di lavoro, si aspettano un posto di lavoro sicuro, interessante,
stimolante e che permetta loro di fare ampie esperienze. Le persone tendono a interiorizzare
completamente i valori e gli obiettivi dell'organizzazione e si identificano con essa.
L'organizzazione punta a una riduzione delle tecniche di supervisione intensive, vuole
ottenere un impegno proporzionale alle attitudini di ciascun lavoratore e da una notevole
20
importanza al capitale sociale; si aspetta impegno, lealtà, qualità, uso di conoscenze
professionali e specializzazione. I termini dello scambio sono, di solito, poco definiti ed
astratti.
Ricerca, Selezione, Inserimento ed Outplacement di risorse umane.
Fra le attività di gestione delle risorse umane riveste particolare importanza il tema della
ricerca e selezione del personale. Indipendentemente dal fatto che la ricerca e selezione
avvenga internamente all’azienda oppure avvalendosi di servizi esterni tutte le informazioni
rilevate durante la fase di ricerca e selezione possono essere un importante archivio di
informazioni da collegare all’anagrafica della risorsa umana per valutare nel tempo lo
sviluppo del rapporto fra azienda e persona, per funzioni quali ad esempio: valutazione di
sentieri di carriera, valutazione di sostituzioni, ecc.
Non si deve infine sottovalutare che la corretta e completa archiviazione e storicizzazione di
tutte le informazioni pertinenti la vita di ogni risorsa umana in azienda assieme ad una buona
procedura di gestione dell’outplacement sono la migliore garanzia per una rapida, efficace e
“non problematica” gestione della delicata fase di uscita di una risorsa dall’organizzazione.
Tra gli strumenti d’intervento, che permettono di rispondere alle esigenze dell’azienda,
nell’ambito di una gestione pianificata delle persone vi sono:
-
Analisi del clima aziendale
Analisi e valutazione delle posizioni professionali
Analisi delle competenze espresse
Valutazione del potenziale
Analisi delle performances
I sistemi premianti
In questa prima parte si descriveranno le diverse pratiche di gestione delle risorse umane
utilizzate dalle imprese: i sistemi di flusso, ovvero quei sistemi di pratiche che movimentano
le persone (la pianificazione, il reclutamento e la selezione, la carriera e la valutazione del
potenziale, lo sviluppo e la formazione); gli strumenti connessi verranno trattati di seguito.
La pianificazione
Qualsiasi considerazione relativa alle modalità di gestione del flusso in ingresso,
attraversamento e uscita delle persone dall'organizzazione va collocata all'interno di tre
visuali:
individuale: la carriera e lo sviluppo sono frutto di un processo organico che gli
individui cercano di controllare per orientarlo in modo coerente con i propri desideri e valori;
sociale: la dinamica delle persone dentro l'organizzazione è influenzata da fattori
sociali di natura ampia, tra i quali i valori dei lavoratori, l'operare delle istituzioni di
formazione e l'intervento regolativo e normativo;
organizzativa: sebbene le considerazioni relative alla disponibilità delle persone nelle
organizzazioni siano spesso trascurate, producono effetti rilevanti per il funzionamento e per
il raggiungimento degli obiettivi strategici.
La pianificazione del personale si è evoluta in relazione a contesti stabili e di crescita,
quando era necessario anticipare la natura di domanda e offerta di lavoro e sviluppare piani
per riconciliarle. L'attività procedeva dall'analisi dell'organico e della sua composizione che
21
unitamente alla comprensione della strategia e dell'ambiente esterno consentivano di
prevedere i flussi in ingresso e uscita.
La natura del processo era considerata lineare e scomposta in fasi:
1.
previsione dei fabbisogni in relazione a piani e obiettivi;
2.
previsione delle modalità di copertura dei fabbisogni e analisi dell'ambiente interno
ed esterno;
3.
identificazione dei gap e sviluppo di piani di azione che coinvolgono il reclutamento,
la valutazione, la compensation e lo sviluppo;
4. attuazione e controllo dei piani di azione con periodiche verifiche a livello di direzione.
A questa visione sequenziale, si può aggiungere l'evoluzione proposta da Hendry (1995) che
pur mantenendo fasi separate suggerisce un processo circolare che può essere attivato da una
qualsiasi delle fasi:
analisi degli organici;
valutazione del livello di utilizzazione del lavoro;
previsione della domanda di lavoro;
previsione dell'offerta;
sviluppo di un piano del personale.
Lo sviluppo delle tecniche di supporto alla pianificazione del personale è ampio, ma è
possibile identificare due approcci. Il primo considera la struttura organizzativa come un
dato e le posizioni come slot da occupare. Man mano che le persone lasciano
l'organizzazione si creano delle posizioni vacanti che devono essere occupate. La copertura
delle posizioni vacanti consente il processo di carriera interna. L'analisi nel tempo di questi
andamenti può consentire di modellare statisticamente l'occorrenza di questi processi. Il
modello alternativo attribuisce il cambiamento più alla dinamica delle persone che nel tempo
raggiungono diversi livelli di maturazione professionale e quindi originano flussi interni e/o
esterni.
Le conseguenze di un'adeguata pianificazione dei flussi del personale sono numerose e
auspicabili:
disponibilità del numero adeguato di persone con il giusto mix di competenze nel
breve e nel lungo periodo;
viluppo delle persone richieste per coprire i fabbisogni del futuro;
percezione da parte dei lavoratori dell'esistenza di opportunità di crescita e sviluppo;
percezione da parte dei lavoratori di un livello adeguato di sicurezza del posto di
lavoro;
percezione da parte dei lavoratori che i processi di selezione, mobilità, promozione e
conclusione sono equi;
minimizzazione dei costi del personale e dei costi di gestione delle politiche del
personale, a condizione di conseguire gli obiettivi precedenti.
Le politiche di gestione del flusso del personale possono essere scomposte in tre componenti
logicamente concatenate:
1.
gestione dei flussi in ingresso;
2.
gestione della mobilità interna;
3.
gestione dei flussi in uscita.
1.
Per quanto riguarda la gestione dei flussi in ingresso, va ricordata l'importanza di
un'adeguata definizione del contratto psicologico sin dalle prime fasi della costruzione della
relazione di lavoro.
2.
La gestione della mobilità interna comprende decisioni relative all'assegnazione dei
ruoli, trasferimenti, promozioni e rimozioni. Questi processi hanno un'importanza critica per
22
le percezioni di equità interna al sistema. Pertanto debbono essere progettati e attivati con
grande attenzione alla chiarezza e trasparenza dei criteri adottati dall'organizzazione. In
termini generali e nella visione classica della gestione delle risorse umane, tali criteri
dovrebbero essere ricondotti alla valutazione delle performance e dei comportamenti attuali
e prospettici degli individui. Vi è poi una scelta di base che riguarda la velocità di
movimento complessivo del sistema che ha un impatto su aree critiche della gestione delle
persone, quali:
soddisfazione e commitment;
competenza;
motivazione;
coerenza;
costi.
Non sempre una maggiore velocità ha un effetto positivo su queste dimensioni di
risultato.
Coaching e
counselling
Workshop di
sviluppo delle
carriere
Arricchimento
delle posizioni
Assegnazioni
temporanee
Sviluppo
individuale
Relazioni
efficaci capocollaboratore
Assessment
center
Formazione e
istruzione
Esperienza di
differenti
posizioni
FIGURA: Gli strumenti dello sviluppo individuale. Beer et a., 1985.
Ad esempio, competenza e motivazione dimostrano una relazione curvilineare con la
velocità. Anche la coerenza può soffrire per velocità eccessive che causano stress nelle
persone e si estendono alla vita personale.
23
L'insieme nel tempo delle decisioni relative a un individuo ha importanti conseguenze per lo
sviluppo e per la carriera. Per quanto riguarda lo sviluppo, la sfida da affrontare è di
stimolare e guidare i processi in modo coerente con le necessità dell'organizzazione. Vi sono
approcci diversi che possono essere seguiti, collocati su un continuum che va da una
pianificazione centralizzata a una totale delega di responsabilità all'individuo (implicita nei
modelli che fanno riferimento al Temployability). In generale, è però opportuno che
l'organizzazione abbia una chiara visione delle diverse componenti che interagiscono nel
processo di sviluppo individuale (FIG. 5.1).
Anche la carriera ha un ruolo rilevante nel determinare i flussi interni all'organizzazione.
3. La gestione dei flussi in uscita è spesso trascurata, poiché considerata o fisiologica
(quando termina per raggiungimento di limiti di età) o patologica (in situazioni di crisi e di
ristrutturazione o per specifiche problematiche individuali). Tuttavia, essa assume un ruolo
importante poiché oltre a consentire di operare sulla natura degli organici, influenza le
percezioni dei lavoratori. Questo sistema si trova a operare nel bilanciamento tra le legittime
esigenze di sicurezza dei lavoratori e le esigenze di cambiamento dell'impresa adottando
diverse strategie quali ad esempio:
impiego a vita e licenziamento individuale per motivi soggettivi;
impiego a vita per una parte del personale;
mobilità laterale e "all'indietro";
rinnovamento professionale;
prepensionamenti;
riduzione per attrito (spesso trascurata, ma in realtà una delle modalità meno costose
e più efficaci);
outplacement;
critical point review (incontri periodici di revisione delle prospettive individuali);
licenziamento collettivo.
L'articolazione della gestione dei flussi del personale in fasi non deve mettere in secondo
piano il fatto che è dall'integrazione strategica che deriva la loro efficacia. Beer e colleghi
(1985) propongono un modello descrittivo di riferimento ed evidenziano come possano
presentarsi diversi modelli strategici di base.
Secondo Beer e colleghi (1985) sono tre le strategie base di gestione dei flussi del personale:
1.
sistemi ad impiego a vita: le persone entrano dal basso (al limite con una
stratificazione diversa per operai e impiegati) e rimangono per tutta la vita professionale
nell'organizzazione. Nel caso di performance inadeguate, la loro progressione viene fermata
oppure si procede a licenziamenti individuali in genere molto rari;
2.
sistemi Up-or-out: le persone entrano dal basso e progrediscono verticalmente, ma se
non raggiungono il vertice sono incoraggiate a lasciare l'organizzazione (è il sistema classico
delle società di consulenza);
3.
sistemi In-and-out instabili: entrata ed uscita avvengono con grande facilità e a
diversi livelli dell'organizzazione;
4.
sistemi misti.
24
Requisiti organizzativi
Esigenze individuali
Obiettivi e piani di business
Pianificazione dei flussi del
personale
Obiettivi personali e piani di
vita e carriera
Piani individuali di sviluppo
e carriera
Sistemi e politiche
Ingresso
Reclutamento
Assessment e selezione
Orientamento e socializzazione
Flusso interno
Valutazione delle performance e del
potenziale
Sviluppo di carriera
Collaborazione interna, promozione,
rimozione
Formazione
Uscita
Licenziamento, outplacement,
pensionamento
Istituzioni sociali
Legislazione
Agenzie governative
Istituzioni formative
Sindacati
Valori sociali
Politiche pubbliche
FIGURA. I flussi del personale. Beer at al., 1985.
25
L'insieme di queste decisioni richiede nell'operatività la disponibilità di un sistema
informativo del personale che raccolga e renda disponibili dati diversi sulle consistenze e
sull'andamento dell'organico,
quali ad esempio:
a)
sull'organico:
sesso;
classi di età;
posizione familiare;
residenza;
scolarità e formazione successiva;
conoscenze, attitudini, capacità e competenze;
livello di inquadramento e qualifica;
posizione lavorativa;
posizione retributiva e costo;
anzianità nell'azienda, nella qualifica, nella posizione;
tassi di assenteismo;
turni, trasferte, ore straordinarie;
valutazioni sulle prestazioni e sul potenziale;
b)
specificamente per la pianificazione:
numero di rimpiazzi per ogni singola posizione;
tassi di turnover (volontario e non volontario);
anzianità media per posizione;
numero medio di esperienze precedenti dei top manager e degli alti potenziali.
Su questa base, vengono a svilupparsi le tre fasi logiche della pianificazione, ovvero
previsione, programmazione, valutazione. La previsione ha un ruolo importante e richiede
abitualmente l'uso di tecniche miste qualitative e quantitative come illustra l'esempio in
tabella:
TABELLA Un esempio di pianificazione del personale
Perdite
Categoria
Consistenza
di
Pens.nti
Uscite
iniziale
posizioni
Altro
1
2
3
4
136
255
291
357
1.039
4
2
1
0
0
18
29
36
Entrate
Trasferimenti
11
0
0
0
3
3
8
0
Mobilità
interna
Promoz.
Rimoz.
0/13
13/26
26/39
39/0
0/0
0/0
0/0
0/0
Offerta
interna
prevista
137
251
282
282
952
Fonte: Beer at al., 1985.
Ovviamente esistono livelli diversi di disaggregazione della pianificazione. Per le posizioni
di natura operativa e non critiche tendono a prevalere analisi quantitative basate sullo storico,
mentre per le posizioni manageriali e critiche è opportuno sviluppare sistemi di successione
che coinvolgano i titolari delle posizioni in un processo condiviso.
26
II reclutamento e la selezione
II reclutamento comprende una serie di pratiche e attività svolte con l'obiettivo di identificare
e attrarre potenziali dipendenti e include diversi sottoprocessi spesso denominati ricerca,
screening, selezione e inserimento. Le attività che rientrano nel reclutamento governano
quindi le modalità di accesso all'impresa. La natura specialistica che le caratterizza si deve
comporre all'interno di una visione unitaria del processo, poiché le fasi a monte determinano
le condizioni nelle quali opereranno quelle a valle. La gestione dei processi di entrata del
personale nell'impresa rappresenta un'area critica da diversi punti di vista:
dal punto di vista economico-gestionale, ha un impatto sul costo del lavoro
complessivo per l'impresa, sia perché determina l'incremento dell'organico sia perché
conduce alla definizione della retribuzione di ingresso, talvolta dopo una
negoziazione con il candidato;
dal punto di vista tecnico, determina la qualità delle persone inserite nell'organico
certificando la presenza di determinate competenze individuali, considerate rilevanti
per l'esecuzione del job;
dal punto di vista sociale, ha un impatto su variabili quali il clima organizzativo o il
funzionamento dei gruppi di lavoro.
Non stupisce quindi che abbia generato un grande interesse di ricerca, testimoniato da diversi
contributi di sistematizzazione del campo che confermano tuttavia l'esistenza di numerosi
limiti: la debolezza delle strategie empiriche, la tendenza ad affrontare il tema segmentando
il processo e privilegiando alcune aree (le fonti di reclutamento, le caratteristiche dei
selezionatori e le descrizioni del job), la mancanza di riscontri su altre aree del processo.
Altri contributi si sono concentrati sull'impatto delle decisioni di reclutamento su alcuni
processi sociali. Ad esempio, Petersen e Saporta (2004) hanno rilevato che è la selezione il
processo nel quale maturano le condizioni per una discriminazione di genere interessando tre
aspetti: le procedure di reclutamento, la scelta del candidato e la qualità dell'offerta. Le
condizioni alla selezione presentano il gap di genere più rilevante: in media mezzo livello
gerarchico e il 15% di salario in meno per le donne. Nel tempo poi il gap tende a ridarsi.
Breaugh e Starke (2000) considerano nella loro rassegna della letteratura l'intero sviluppo
del processo di reclutamento, soffermandosi sui principali risultati empirici come si può
notare del modello presentato nella seguente figura.
27
Obiettivi del reclutamento
• Tasso di permanenza
• Performance nel job
• Soddisfacimento del
controllo psicologico
• Soddisfazione del lavoro
• Costo di reclutamento
• Velocità di reclutamento
• Numero di posizione
coperte
• Diversità dei processi di
selezione
Sviluppo delle strategie
•
•
•
•
•
Chi reclutare?
Dove reclutare?
Quali fonti di ricerca?
Quando reclutare?
Quale messaggio comunicare?
• Numero di candidati
• Qualità dei candidati
• Diversità dei candidati
• Rapporto tra offerte e
accettazioni
Attività di reclutamento
• Fonti di ricerca
• Selezionatori
• Messaggio di ricerca: realismo,
completezza e tempestività
Variabilità di processo
Risultati
• Attenzione del candidato
• Comprensione del candidato
• Credibilità del messaggio
• Interesse del candidato: attività del lavoro e dell’organizzazione,
aspettativa rispetto all’offerta
• Accuratezza delle aspettative del candidato
• Comprensione di sé, conoscenza, skill, abilità, bisogni
• Confronto
tra autcome e
obiettivi
FIGURA. Un modello del processo di reclutamento. Braughe Starke, 2000.
Gli obiettivi del reclutamento
La configurazione del processo di reclutamento può variare notevolmente in relazione alla
natura degli obiettivi che l'organizzazione gli assegna. Il processo di reclutamento è
caratterizzato da interdipendenze accentuate, pertanto le decisioni prese a ogni fase sono
strettamente legate alle altre.
Questa considerazione spiega perché assuma una massima importanza l'individuazione degli
obiettivi dell'azione di reclutamento. Se in passato la definizione di tali obiettivi poteva
essere circoscritta all'ampliamento dei possibili candidati, oggi l'importanza dei processi di
reclutamento porta a considerare un ventaglio più ampio di opzioni:
28
obiettivi di medio-lungo: fanno riferimento alla qualità del rapporto tra persona e
organizzazione. Tra di essi si segnalano la soddisfazione dei lavoratori, la performance, la
soddisfazione del contratto psicologico e il tasso di permanenza a un anno;
obiettivi di breve: sono misurabili non appena la persona inizia a lavorare
nell'organizzazione. Tra di essi annoveriamo il costo del reclutamento, la velocità del
reclutamento, il numero di selezionati e la diversità dei processi di selezione;
- obiettivi di processo: riguardano tipicamente outcome che precedono il processo di
selezione, ma sono spesso attentamente monitorati dalle imprese. Tra di essi possiamo
ricordare il numero di candidati, la loro qualità, la diversità dei loro profili e il rapporto tra
posizioni offerte e posizioni accettate.
Le strategie di reclutamento e la selezione
Nell'insieme le attività di reclutamento si occupano della previsione del comportamento
futuro dei candidati e richiedono una sistematica attività di analisi sia dei requisiti
organizzativi sia delle caratteristiche dei potenziali candidati. Gli approcci comunemente
adottati sono due. L'approccio psicometrico definisce i requisiti di una determinata posizione
e attraverso un processo sistematico identifica la persona che meglio si sovrappone a tali
requisiti. La trattazione sistematica che segue fa riferimento a questo approccio che è
generalmente il più diffuso. Ma vi sono dei limiti di tale approccio.
In primo luogo, le imprese necessitano sempre più di profili generalisti, più che specialisti
per assicurarsi una sufficiente flessibilità funzionale e di lavoratori che siano in grado di
innovare e prendere nuove iniziative. In secondo luogo, le imprese si trovano a operare in
un'area sempre più globale o comunque caratterizzata da specificità geografiche, di cultura e
del mercato del lavoro rilevanti. Infine, la qualità dei processi di lavoro richiede maggiore
coinvolgimento del personale e un'integrazione diretta della selezione con le altre leve
gestionali e con il contratto psicologico che l'impresa è in grado di sostenere. L'insieme di
questi elementi spiega perché basarsi sulle caratteristiche della posizione e delle persone che
l'hanno ricoperta in passato possa produrre delle conseguenze non efficaci. Un'alternativa è
la prospettiva dello scambio che identifica due attori (il candidato e l'organizzazione) che
hanno aspettative definite e che attraverso una serie di incontri riducono l'asimmetria
informativa e negoziano la creazione di un rapporto. La negoziazione è possibile perché né
l'uno né l'altra hanno caratteristiche immutabili. L'esito del processo è la costruzione di un
contratto psicologico ben compreso e chiaro a entrambi i contraenti. Se l'esito è negativo,
questo rappresenta in sé un valore del processo perché evita la creazione di una relazione
altrimenti non stabile.
Le attività di reclutamento
Le attività di reclutamento coinvolgono una sequenza di azioni e fasi sistematiche di analisi
dei requisiti e definizione dei profili di reclutamento, ricerca, preselezione, selezione e
inserimento di candidati all'interno dell'organizzazione, che saranno descritte di seguito.
Analisi dei requisiti
In molti casi, il processo di copertura di una posizione vacante viene risolto ipotizzando
come un dato le caratteristiche della persona che ricopriva con successo la posizione in
precedenza. In realtà, un approccio più sistematico richiederebbe di rivedere con attenzione i
potenziali requisiti, inserendoli nel contesto allargato dell'organizzazione e dell'ambiente
esterno. Questo richiede ad esempio di valutare se l'esigenza di copertura non possa essere
risolta con un intervento di progettazione delle mansioni o di automazione. In ogni caso, è
determinante l'analisi della posizione, ovvero dell'insieme di task assegnati attraverso
29
strumenti diversi: interviste, questionari o diari. Accanto a questi strumenti che raccolgono la
prospettiva del detentore della posizione, sono utili attività di osservazione diretta e il
coinvolgimento di altri attori, certamente del superiore diretto, ma anche di colleghi,
subordinati e altri interlocutori (ad esempio clienti).
Su questa base viene redatta una descrizione della posizione che contiene le finalità, le
attività, le responsabilità e le relazioni gerarchiche. Spesso dalla descrizione delle posizioni
può essere generata una scheda di requisiti, ovvero la declinazione della posizione in skill,
conoscenze, esperienze, capacità ritenute chiave. Da questo documento si parte per definire
il profilo di selezione, ovvero la descrizione delle caratteristiche psicosociali derivante da
inferenze.
Vi sono due approcci alla definizione delle caratteristiche psicosociali richieste da una
posizione.
Il primo è il Seven Point Plan, che identifica sette caratteristiche:
• Aspetto fisico;
• Risultati passati;
• Intelligenza generale;
• Attitudini speciali;
• Interessi;
• Disposizioni;
• Circostanze specifiche.
Il secondo consiste di cinque categorie:
• Impatto sugl’altri;
• Qualificazione e conoscenza acquisite;
• Abilità innate;
• Motivazione;
• Equilibrio emotivo.
Fonte: Solari, 1996.
Il problema di questo processo è che non è scevro da distorsioni, in quanto considera fattori
non universalmente determinabili. Anche le evoluzioni derivanti dall'applicazione di sistemi
basati sulle competenze tendono a ripetere questo limite, perché pur partendo da descrizioni
comportamentali sono poi declinate in caratteristiche individuali assimilabili ai sistemi qui
descritti.
L'importanza della chiara definizione dei requisiti non ha una valenza solo interna
all'organizzazione, ma anche nel rapporto con i candidati. Una descrizione accurata del
processo di formazione delle aspettative è il seguente:
30
Impressione iniziale della posizione
• Favorevole/non favorevole
• Non consapevole delle della posizione
• Percezioni non accurate
Il candidato inizia a cercare
informazioni
L’organizzazione fornisce
informazioni
Aspettative sul lavoro sull’organizzazione più
accurate e complete
Bisogni della persona
rispetto alla posizione
Abilità della persona rispetto
alla posizione
Il candidato percepisce
l’organizzazione come
onesta
Autoselezione
Congruenza persona-posizione
Il candidato percepisce
commitment per la
decisione presa
Congruenza tra
abilità e requisiti
Performance positiva
Congruenza tra
bisogni e ricompense
Valore
Soddisfazione
Longevità del
rapporto
FIGURA. La formazione delle aspettative. Breaugh, Starke, 2000.
31
Ricerca
Una volta definito il profilo ricercato, il problema diviene quello di assicurarsi che
l'informazione relativa raggiunga il maggior numero di potenziali candidati interessanti. Una
prima decisione riguarda la scelta tra una ricerca interna all'impresa o sul mercato del lavoro.
La ricerca interna ha numerosi vantaggi quali ad esempio la disponibilità di informazioni, il
minor costo di ricerca, la presenza di alcuni elementi di socializzazione. Non vanno
dimenticati i limiti che sono di non riuscire a portare nell'organizzazione persone con idee e
modelli cognitivi diversi e di discriminare indirettamente favorendo una forza lavoro interna
che ha una composizione storicamente determinata.
In tempi recenti, tuttavia, la ricerca interna è ulteriormente favorita dalla diffusione delle
tecnologie che consentono di attivare processi di job posting, ovvero di segnalazione di
posizioni da ricoprire e di richiesta di candidatura spontanea all'interno dell'organizzazione.
In generale, anche se i dati sul fenomeno non sono facilmente reperibili, è opinione comune
che nella maggior parte dei casi la strada interna sia preferita e comunque percorsa. In alcune
organizzazioni, le procedure di selezione la impongono definendo un limite temporale per il
job posting prima di poter istruire un processo di selezione esterna.
I canali Un primo aspetto dei processi di ricerca del personale riguarda la scelta dei canali da
utilizzare. Convenzionalmente i canali sono suddivisi tra canali informali (segnalazioni,
autocandidature ecc.) e canali formali (società di ricerca, società di lavoro interinale, centri
per l'impiego ecc.). In alcuni casi, questi canali sono non solo utilizzati, ma fortemente
incentivati, prevedendo premi per i dipendenti che segnalino un candidato che risulti poi
assunto al termine del processo di selezione. Le ragioni per il diffuso uso dei canali informali
sono in primo luogo di costo. Tuttavia non va dimenticato che questi canali possono
consentire una preselezione e scrematura, che considera le caratteristiche culturali e
organizzative dell'impresa, e favorire una migliore circolazione di informazioni anche a
favore del candidato con una definizione delle aspettative più realistica. Per questo motivo,
sono spesso considerate positivamente anche nella prospettiva dello scambio che enfatizza,
appunto, la descrizione realistica del contesto organizzativo e della posizione. Per quanto
riguarda i canali formali, va detto che hanno natura molto eterogenea. Accanto ad attività di
semplice gestione amministrativa e fisica della ricerca, favorite dalla costruzione di ampi
database, possono esserci imprese che seguono anche il processo di selezione con livelli
diversi di professionalità e coinvolgimento. Infine, le agenzie di lavoro interinale, pur
svolgendo un servizio di reperimento di personale diverso (che comprende l'assunzione a
proprio carico del personale) di fatto possono rappresentare un canale di ricerca indiretto.
Accanto ai canali in senso stretto, vi sono poi una serie di azioni e iniziative volte a dare
visibilità e pubblicità al processo di ricerca del personale che talvolta vengono considerate in
sé dei canali (ad esempio, l'annuncio sul quotidiano). Distinguiamo quindi i canali in senso
stretto che sono:
segnalazioni dei dipendenti/di altri attori;
database delle segnalazioni spontanee;
agenzie di ricerca (anche siti internet);
istituzioni educative e formative.
Rientrano invece nelle forme di pubblicità, alcuni dei media comunemente utilizzati:
stampa (quotidiani locali, quotidiani nazionali, riviste specifiche di settore);
siti web;
radio e televisione, meno utilizzate perché più onerose.
Mentre una buona parte delle attività di sollecitazione dei canali di ricerca è di solito gestita
direttamente dalle imprese, le azioni pubblicitarie sono talvolta esternalizzate a società
32
specializzate che gestiscono anche il contatto con i diversi media. L'efficacia dei diversi
canali è stata oggetto di diversi studi empirici che tuttavia non hanno portato a conclusioni
definitive, nonostante le fonti informali (segnalazioni spontanee o segnalazioni interne) siano
apparse spesso collegate a bassi tassi di turnover.
Un altro limite rilevante è la mancanza di informazioni e ricerche sulle modalità con le quali
i diversi canali possono interagire e come potrebbe essere possibile costruire vere e proprie
"campagne" di ricerca su media usati in parallelo. Esistono invece alcune teorie sulle
relazioni tra canale e natura dei contatti più probabili.
Nell'utilizzo di diversi canali di ricerca è implicita l'assunzione che a canali diversi
corrispondano potenziali candidati e possibili esiti del reclutamento diversi. Questa
assunzione è supportata da due teorie: l'ipotesi dell'informazione realistica e l'ipotesi della
differenza individuale.
L'ipotesi dell'informazione realistica sostiene che le persone contattate attraverso determinati
canali differiscono per l'accuratezza delle informazioni possedute. Le segnalazioni interne ed
esterne, ad esempio, dovrebbero essere in grado di migliorare le informazioni, poiché il
segnalante ha tutto l'interesse ad esplicitare bene le caratteristiche del lavoro offerto. Anche
le segnalazioni spontanee potrebbero assumere caratteristiche di accuratezza perché
implicano un'attività di analisi e ricerca da parte del candidato.
L'ipotesi della differenza individuale ritiene che i canali differiscano nella loro abilità di
raggiungere persone differenti per caratteristiche di personalità e competenze. Anche se
alcune ipotesi sono emerse, la letteratura non è in grado di identificare, tuttavia, delle
relazioni sistematiche.
Selezione
La selezione è la parte del processo di reclutamento e selezione che si occupa della scelta dei
candidati tra quelli che sono stati raggiunti e che sono disponibili a entrare in contatto con
l'organizzazione.
La selezione prevede una fase preliminare di preselezione ovvero di screening dei candidati.
Questo processo ha come oggetto la documentazione richiesta e ricevuta, tipicamente, quindi,
il curriculum vitae o la lettera di presentazione. L'importanza di questa fase è spesso
sottaciuta, tuttavia va ricordato che la preselezione produce una riduzione del pool di
candidati attraverso un'analisi di un'informazione che non consente feedback e che può avere
una relazione non così lineare con le reali caratteristiche dei candidati.
Ovviamente, questo non è vero per quei requisiti che sono necessari, oggettivi e accettabili,
quali l'età, eventuali titoli di studio ecc. (a condizione che la loro necessità sia giustificata ex
ante da un'accurata analisi della posizione). Rimangono, tuttavia, anche dopo aver
considerato questi elementi più generali, delle esigenze di riduzione del pool (anche in
funzione di una maggior’ efficienza del processo di selezione) che possono essere soddisfatte
con l'applicazione di euristiche e regole del pollice più o meno giustificabili. Come
ricordavamo, il problema è che queste assunzioni implicite non sono facilmente verificabili,
dato che producono l'esclusione da qualsiasi ulteriore analisi dei candidati.
I metodi di selezione sono numerosi e vari, tuttavia, un ruolo cardine è giocato dall'intervista.
L'intervista. Nonostante numerosi risultati di ricerche empiriche abbiano seriamente messo
in dubbio la qualità dell'intervista nei processi di selezione, essa rappresenta il metodo più
diffuso e spesso anche il più difeso dai selezionatori. In alcuni contesti, tuttavia, le imprese
dimostrano di aver compreso i limiti di questo strumento e lo affiancano con altri strumenti
almeno per alcune categorie di lavoratori.
33
Numerosi approfondimenti hanno riguardato il ruolo dei selezionatori nei processi di
reclutamento e selezione. Nella maggior parte dei casi, l'oggetto di analisi ha riguardato le
distorsioni sistematiche nel giudizio soprattutto all'interno di processi di intervista non
strutturati. I risultati delle ricerche hanno evidenziato la bassa coerenza dei giudizi di diversi
selezionatori sugli stessi candidati, la presenza di stereotipi, la definizione del giudizio nei
primi momenti del colloquio, l'eccessivo peso attribuito alle informazioni e ai segnali
negativi rispetto a quelli positivi. Queste distorsioni sono considerate non eliminabili, per cui
l'atteggiamento si è spostato verso il miglioramento dell'intervista in sé attraverso una sua
maggiore strutturazione e standardizzazione.
Gli esempi più noti in questo senso sono tre:
1.
le interviste situazionali: ai candidati viene chiesto di descrivere come si
comporterebbero in una serie di situazioni ipotetiche, sulla base dell'ipotesi che le
intenzioni siano un buon predittore dei comportamenti. Le situazioni utilizzate sono
generate sulla base di una descrizione di momenti critici della posizione. Le risposte
sono poi analizzate sulla base di una scala di comportamenti definiti da esperti e
distribuiti in relazione alla loro appropriatezza;
2.
le Patterned Behavioral Description Interviews: ai candidati vengono richiesti degli
esempi specifici di comportamenti messi in atto nel passato rispetto a dei temi critici
della posizione. L'intervista procede poi approfondendo i dettagli delle situazioni
descritte;
3.
le Content Analytical Interviews: questo approccio ha alla sua base l'ipotesi che i
candidati di talento si esprimano in modo diverso. Sulla base delle caratteristiche
della posizione vengono identificate una serie di domande, ognuna delle quali è di
fatto un item di un questionario. Al termine, si valutano le risposte in dettaglio, con
l'ausilio solitamente di una registrazione, motivo per il quale spesso queste interviste
vengono svolte al telefono.
Anche se i risultati delle ricerche confermano che l'adozione di una modalità di intervista
strutturata migliora la validità delle previsioni che se ne traggono, oltre un dato livello di
strutturazione non si hanno incrementi apprezzabili, anzi si corre il rischio di perdere la
possibilità di trasferire informazioni al candidato e di aiutarlo a comprendere meglio le
caratteristiche dell'organizzazione. Anche se questo aspetto non è al cuore dell'approccio
psicometrico, è opportuno considerare che un'intervista eccessivamente strutturata non
consente di contribuire alla chiarificazione del contratto psicologico reciproco. Questo
spiega perché nella prospettiva dello scambio, al contrario, prevalgano le interviste non
strutturate.
Le caratteristiche dei selezionatori hanno un impatto sul reclutamento non solo perché dalla
loro professionalità dipende la raccolta di informazioni sui candidati, ma anche perché le
modalità con le quali gestiscono la relazione possono influenzare la decisione del candidato.
Da questo secondo punto di vista, la ricerca ha evidenziato che caratteristiche come l'abilità
informativa, la credibilità, la personalità e le modalità relazionali possono giocare un ruolo
importante nella selezione. Vi è accordo sull'importanza dei selezionatori perché hanno un
ruolo diretto nella comunicazione delle informazioni relative alla posizione e agiscono come
un segnale di alcune caratteristiche non osservabili dell'organizzazione. Per questa ragione si
sottolinea l'importanza dell'abilità comunicativa e soprattutto della credibilità che appare più
spesso collegata dai candidati a persone che ricoprano il ruolo o siano in posizioni di
supervisione rispetto a selezionatori full time.
I test psicologici. L'utilizzo dei test nei processi di selezione è generalmente in aumento,
poiché da tempo anche la ricerca empirica ha rivelato come abbiano in generale una buona
34
validità predittiva. Sebbene esistano numerosi tipi di test, le due famiglie più comunemente
utilizzate sono:
i test di personalità: vi sono opinioni contrastanti sull'uso di questi test, di solito
sviluppati in altri ambiti, all'interno dei processi di selezione; certamente è consolidata
l'opinione che l'utilizzo corretto richiede l'identificazione di una relazione specifica con le
competenze di ruolo. La maggior parte delle ricerche ha utilizzato il modello della
personalità Big Pive (riquadro 5.2)
i test di abilità cognitive: misurano l'intelligenza generale (o "fattore g") e diverse
analisi empiriche hanno dimostrato la relazione con dimensioni importanti del contesto
lavorativo, anche se va considerato come il range dei candidati nel punteggio di g sia legato
alla natura della posizione e come alcuni di questi test siano distorti sistematicamente a
danno di alcuni gruppi sociali ed etnici.
RIQUADRO
L'atteggiamento prevalente e tradizionale considera la selezione un'attività volta
all'allineamento preciso di profili di conoscenze, abilità e skill, quasi come trovare la
corrispondenza tra una chiave (il candidato) e la serratura (la posizione).
Un atteggiamento alternativo ritiene che si possano identificare top performer
concentrandosi su alcune caratteristiche chiave che conducono al successo in una qualsiasi
posizione. Un esempio è dato da Microsoft che segue la predilezione di Bill Gates per
l'intelligenza a ogni costo anche rispetto all'esperienza.
Il dibattito tra le due prospettive si interseca con il dibattito sulla natura dell'intelligenza che
vede opporsi da un lato fautori del concetto di intelligenza multipla (con una grande varietà
di modelli di definizione alternativi), dall'altro chi ritiene che esista una meta-abilità,
chiamata intelligenza generale o "fattore g". I risultati delle ricerche empiriche riportati da
Behling (1998) sostengono l'importanza di g rispetto ad altre forme di intelligenza nel
prevedere la performance nella formazione e in misura più limitata nel lavoro.
La relazione con la performance sarebbe mediata dal fatto che g prevede molto bene la
conoscenza relativa alla posizione. Accanto al concetto di intelligenza generale, la selezione
è stata fortemente influenzata dall'evoluzione delle interpretazioni del carattere, delle
attitudini, in una parola della personalità, che definisce strutture di comportamento stabili in
circostanze diverse e nel tempo. Dagli anni sessanta si è andato diffondendo uno schema che
riconduce a cinque fattori (Big Pive, ognuno caratterizzato da due sottodimensioni), le
caratteristiche individuali rilevanti che sono:
1.
energia: è inerente a un orientamento fiducioso ed entusiasta nei confronti delle varie
circostanze della vita, la maggior parte delle quali è interpersonale (DI: dinamismo;
DO: dominanza);
amicalità: include, a un polo, caratteristiche come l'altruismo, il prendersi cura, il dare
2.
supporto emotivo, e, al polo opposto, caratteristiche come l'ostilità, l'indifferenza
verso gli altri, l'egoismo (CP: cooperatività; co: cordialità);
coscienziosità: fa riferimento a caratteristiche come la precisione e l'accuratezza,
3.
l'affidabilità, la responsabilità, la volontà di avere successo e la perseveranza (se:
scrupolosità; PE: perseveranza);
stabilità emotiva: è una dimensione molto ampia comprendente una varietà di
4.
caratteristiche collegate all'ansietà e alla presenza di problemi di tipo emotivo, quali la
depressione, l'instabilità di umore, l'irritabilità ecc. (CE: controllo dell'emozione; ci:
controllo degli impulsi);
35
5.
apertura mentale: fa riferimento all'apertura verso nuove idee, verso i valori degli
altri e verso i propri sentimenti (AG: apertura alla cultura; AE: apertura all'esperienza);
Diverse ricerche empiriche hanno rilevato che la coscienziosità è la dimensione che gioca il
ruolo principale nel determinare le performance.
Behling (1998) propone alcune indicazioni su come misurare e rilevare l'intelligenza
generale e la coscienziosità:
test specifici;
curriculum vitae e colloqui per analizzare la presenza di intelligenza generale: si sono
rivelati buoni predittori il voto conseguito nei percorsi di studio, l'abilità linguistica e
le esperienze di problem solving di successo;
Curriculum vitae e colloqui per analizzare la presenza di coscienziosità: si suggerisce
di osservare il grado di preparazione per il colloquio, il modo di presentarsi e vestirsi
e l'attenzione alla pianificazione attenta dei propri percorsi di crescita passati e
potenziali.
Fonte: Solari, 1996.
Vi sono alcune riserve sull'utilizzo dei test nella selezione. Una prima rilevante osservazione
riguarda il fatto che le situazioni lavorative sono normalmente caratterizzate da forti
pressioni contingenti e questo riduce la varianza dei comportamenti individuali. In secondo
luogo, lo stesso ruolo può essere interpretato in modi diversi, a parità di risultati, da parte di
individui con personalità diverse. Ciò propone il problema del modo con il quale utilizzare le
misure di personalità, più che negarne l'utilità. Una soluzione è quella di abbandonare
l'illusione di una relazione univoca e diretta tra profili di personalità e performance in un
determinato ruolo e utilizzare i test come base per una discussione con il candidato volta a
rendere più trasparenti le condizioni lavorative e le aspettative reciproche.
Gli assessment center. L'assessment center fa riferimento all'utilizzo di diversi strumenti di
selezione su un arco temporale prolungato per consentire a valutatori differenti di esprimere
un giudizio su un numero ampio di candidati. Gli assessment center non sono solo un
insieme di prove, ma un sistema strutturato di prove costruite con attenzione alle
interdipendenze con le dimensioni da valutare e tra le diverse prove. Accanto alle interviste e
ai test, gli assessment center adottano simulazioni di attività lavorativa con l'obiettivo di
consentire un'osservazione diretta dei comportamenti da valutare. Tra i diversi esempi si
possono citare:
in basket: in questa prova il candidato è posto davanti a un numero rilevante di
diverse informazioni cartacee e in condizioni di pressione temporale deve prendere una
decisione;
decisioni di gruppo: le persone devono discutere e risolvere un problema in gruppo;
simulazioni a ruoli fissi: le persone si trovano a dover interagire tra loro e con
osservatori esterni sulla base di una descrizione dei comportamenti vincolante;
simulazioni a moli aperti: come le precedenti, ma senza elementi di vincolo e
costrizione comportamentale e/o negli obiettivi da perseguire;
simulazioni di organizzazione: si tratta di veri e propri contesti organizzativi che
vengono ricostruiti con attori e osservatori che interagiscono con i valutati.
Diversi autori hanno criticato la validità degli assessment center, evidenziando distorsioni
nella valutazione, derivanti dall'effetto del risultato ottenuto rispetto al comportamento in sé
Questi risultati sono ricondotti alla natura dei valutatori che se non professionali (psicologi
invece che manager) rischiano di non cogliere l'importanza dell'oggetto reale da osservare
ovvero alla progettazione approssimativa.
36
La selezione è un'attività di discriminazione controllata basata su assunzioni di validità e
affidabilità degli strumenti che non possono essere assolute. Parte integrante di una corretta
progettazione è quindi l'attenzione al controllo del sistema e delle sue conseguenze,
attraverso controprove, analisi retrospettive e vere e proprie attività di audit. In assenza di
questa attenzione che è certamente costosa e gravosa, il rischio è di costruire un sistema che
non assolve alla sua funzione e che non è in grado di apprendere dalla sua stessa storia e dal
contesto nel quale è inserito.
Le variabili di processo
Numerosi studi hanno approfondito la relazione tra le attività di reclutamento e i risultati. È
indubbio che il ruolo principale sia da attribuire all'oggetto, ovvero alla qualità e all'interesse
della posizione per la quale si recluta, che può dipendere anche dalle caratteristiche percepite
dell'organizzazione e dalla sua immagine sul mercato del lavoro. Accanto al contenuto della
posizione, numerosi studi hanno sottolineato l'importanza di variabili di processo che fanno
riferimento sia alle azioni di comunicazione sia al candidato e che come tali non sono
sempre sotto il controllo dell'organizzazione.
Per quanto riguarda la comunicazione, è essenziale che l'organizzazione sappia attrarre il
candidato. Per questo motivo, diverse ricerche hanno evidenziato le caratteristiche che
devono avere le attività di ricerca. In particolare si sono rivelati particolarmente efficaci
messaggi che:
siano vividi, includendo anche immagini e facendo uso di forme espressive concrete;
trasferiscano informazioni non attese;
forniscano informazioni rilevanti in modo personale;
siano trasferiti sulla base di interazioni dirette faccia a faccia;
siano completi, dettagliati e specifici nei contenuti.
Al di là del contenuto, alcune ricerche hanno evidenziato che le modalità di costruzione del
messaggio possono influenzare le aspettative dei candidati e orientare i loro processi
decisionali.
Accanto all'abilità nell'attrarre, la comunicazione è influenzata anche dalla comprensione del
messaggio (contenuto e media) e dalla credibilità della fonte. La credibilità è incrementata
quando il messaggio ricevuto da fonti diverse appare coerente, quando la fonte del
messaggio ha esperienza ed è vicina al contesto lavorativo di cui si tratta, quando le
informazioni trasferite non sono attese, ad esempio in parte dialettiche e in parte critiche.
Per quanto riguarda il candidato, la chiarezza delle aspettative rispetto al lavoro e
all'organizzazione e un'adeguata autoconsapevolezza apportano un contributo positivo alla
qualità del reclutamento. Questo sottolinea l'importanza di una descrizione realistica della
posizione da parte dell'organizzazione per consentire al candidato una valutazione corretta
dell'interesse e della possibilità reale di coprire la posizione al meglio. Se è vero che l'attore
principale della selezione è spesso l'organizzazione, è indubbio che anche il candidato
sceglie e che un'accurata percezione potrebbe consentire di limitare le situazioni di non
coerenza.
Un ruolo critico, infine è giocato dalla tempestività e scansione temporale del processo di
selezione. Alcune indicazioni rilevanti sono:
lunghi ritardi tra le diverse fasi del processo sono comuni;
i candidati di solito associano a questi ritardi conseguenze negative;
i ritardi influenzano la volontà dei candidati di accettare l'offerta;
i candidati più interessanti associano al ritardo un segnale negativo nei riguardi
dell'organizzazione.
37
La valutazione del potenziale e la carriera
Il significato della carriera
La carriera è la sequenza in evoluzione delle esperienze di una persona nel tempo. La
carriera è stata sempre considerata un elemento fondamentale nel processo di sviluppo
professionale, ma anche un'esperienza centrale nella vita delle persone per la sua valenza
extraorganizzativa.
La carriera è un evento che riguarda un individuo e che comporta numerose conseguenze di
rilievo, tra le quali:
un incremento della retribuzione;
una modifica almeno parziale dei contenuti del lavoro;
una conferma e un riconoscimento sociali (status);
la possibile gratificazione di un motivo profondo individuale.
La carriera va sempre considerata all'interno di una relazione nella quale sia il lavoratore sia
l'impresa hanno un ruolo importante. L'impresa fornisce opportunità e crea barriere, mentre
il lavoratore ha aspettative e speranze di sviluppo.
Il sistema di carriera
II sistema di carriera è basato su filosofie che determinano la natura dei processi e delle
risorse ad esso dedicate. In generale, si ritiene che il sistema di carriera debba essere
caratterizzato da un'ampia diffusione delle informazioni per consentire alle persone di
comprendere le scelte. Accanto alle informazioni relative al quadro corrente, sarebbe
opportuno che le organizzazioni si impegnassero a fornire informazioni sulla proiezione
futura attesa.
I sentieri di carriera sono una delle variabili di differenziazione delle carriere. Sebbene
risentano in misura rilevante di contingenze diverse, legate ad esempio alla natura del
mercato del lavoro o alle istituzioni nazionali, essi sono anche il frutto di scelte strategiche.
Una prima differenziazione è tra sentieri funzionali e sentieri trasversali. I sentieri funzionali
prevedono una progressione di carriera all'interno di un'unica funzione ed enfatizzano la
profondità di conoscenze tecnico-specialistiche. I sentieri trasversali consentono di
sviluppare competenze di business complete e una migliore conoscenza del processo di
trasformazione critico di ogni organizzazione. Una seconda differenziazione riguarda il
diverso rilievo dei percorsi di carriera presenti in un'organizzazione. Alcuni sentieri di
carriera sono privilegiati e conducono con maggiore velocità e/o facilità a posizioni di
vertice. Una terza differenziazione riguarda i percorsi di carriera verticale e orizzontale,
percorsi che sono stati inseriti a partire dal riconoscimento che un sistema di carriera solo per
ruoli manageriali era fortemente discriminante nei confronti dei professional.
Questo portò alla costruzione di architetture basate sulla cosiddetta doppia scala (dual
ladder) che prevede una dinamica individuale a parità di ruolo per i professional di elevato
valore.
La valutazione del potenziale
La valutazione del potenziale è un insieme di tecniche di analisi della persona che hanno
l'obiettivo di verificare l'adeguatezza a ricoprire un determinato ruolo, ovvero di identificare
possibili lacune da colmare con percorsi di sviluppo progettati ad hoc.
Le tecniche utilizzate nella valutazione del potenziale fanno riferimento agli strumenti di
analisi della persona sviluppati originalmente in ambito psicologico e declinati rispetto alle
esigenze delle imprese.
38
Una tradizionale modalità di svolgimento della valutazione del potenziale è attraverso
l'utilizzo di un assessment center o development center, dove la differenza non è solo
semantica ma sta a indicare nel primo caso una finalità prevalente di scelta tra diversi
candidati e nel secondo un obiettivo di definizione di un quadro completo dei punti di forza e
debolezza dei candidati riservandosi poi la possibilità di effettuare investimenti di sviluppo e
formazione.
Un elemento basilare comune a tutte le modalità di intervento sulla valutazione del
potenziale è rappresentato dalla collocazione dell'analisi all'interno di un più ampio processo
che ha valenze organizzative. Tale processo prevede una serie di fasi:
1.
identificazione dell'obiettivo della valutazione (selezione, sviluppo, carriera,
formazione ecc.);
analisi delle posizioni e delle situazioni comportamentali che chiamano in causa;
2.
identificazione dei criteri comportamentali e personali, ovvero delle caratteristiche
3.
collegate casualmente alle performance attese dai ruoli, caratteristiche che tuttavia
attengono a elementi personali e/o alla messa in atto di specifici comportamenti;
progettazione del programma e degli esercizi/strumenti di analisi ritenuti necessari;
4.
selezione e formazione delle figure dei valutatori o assessor coinvolti nel processo;
5.
preparazione fisica del programma e degli strumenti di analisi e di codifica delle
6.
informazioni raccolte;
gestione dell' assessment;
7.
incontro di valutazione, scrittura del report finale, feedback ai candidati ed eventuale
8.
definizione dei piani di sviluppo e formazione.
L' assessment richiede lo sviluppo di un programma di esercizi e strumenti di analisi della
persona ampio, l'utilizzo su un gruppo definito di candidati in una sequenza precisa e con la
presenza di più valutatori, tipicamente in una condizione temporale definita e in un luogo
separato dal contesto lavorativo (per evitare condizionamenti esterni al processo).
Gli strumenti per la valutazione del potenziale rientrano in tre ampie categorie, ovvero
simulazioni, interviste e test. I principali sono:
in-basket (o in-tray) in cui il candidato affronta in un tempo definito un problema
facendo riferimento a informazioni disponibili su supporto scritto in condizioni di
overload e ambiguità;
interviste criteria-based, ovvero condotte a partire da una lista di criteri
comportamentali da analizzare attraverso la descrizione da parte dei candidati di
comportamenti messi in atto;
discussioni di gruppo che possono essere diverse per natura, prevedendo un compito
di gruppo o una simulazione a ruoli fissi (modalità comportamentali e obiettivi
definiti) o liberi (senza alcuna indicazione vincolante);
esercizi di raccolta di informazioni, nei quali al partecipante viene chiesto di
esplorare un problema a partire da un'intervista con una persona (tipicamente uno
degli organizzatori dell'assessment) che alla fine metterà in discussione la decisione
del valutato;
esercizi di analisi che richiedono lo sviluppo di un documento scritto;
simulazioni con attori che interagiscono con il partecipante per fare emergere le
modalità comportamentali latenti;
test di personalità.
Se ben condotta, la valutazione del potenziale presenta alcuni vantaggi interessanti, tra i
quali ricordiamo:
maggiore qualità dei processi di valutazione delle persone;
qualificazione degli investimenti di formazione;
39
migliore allocazione delle persone.
A fronte di questi vantaggi, ci sono dei possibili limiti e rischi che ne derivano ad esempio
da:
scarsa legittimazione e accettazione da parte del management;
timore dell'ignoto e del non misurabile;
costi di realizzazione;
reazioni negative al feedback.
La formazione e lo sviluppo
La «formazione ha come obiettivo lo sviluppo di conoscenze, abilità e informazioni
possedute dal personale», ma anche la diffusione di valori e modelli di comportamento. Essa
rappresenta un investimento in capitale umano.
Sono diversi i ruoli coinvolti nei processi di formazione:
i destinatari, ovvero i partecipanti attivi al processo;
i committenti, ovvero coloro che si fanno portatori delle esigenze di investimento
formativo;
i progettisti, ovvero coloro che si occupano dell'analisi dei fabbisogni e della
progettazione dei percorsi formativi;
i formatori, ovvero coloro che prendono la responsabilità diretta del processo nei
contesti in cui esso si svolge (ad esempio aula, gruppo di lavoro ecc.);
i tutor, ovvero figure di accompagnamento con funzioni tecniche e sociali.
In generale, le attività formative di un'impresa sono articolate su alcuni programmi
istituzionali ripetitivi per figure professionali e/o manageriali ai quali si affiancano interventi
mirati su fabbisogni ad hoc e nei casi di maggiore dimensione aziendale anche cataloghi di
formazione interna o negoziata con fornitori esterni.
La realizzazione di un'iniziativa formativa richiede di seguire un processo articolato su
quattro fasi. La prima fase è l'analisi dei fabbisogni, ovvero un'attività di analisi
organizzativa, sociale e/o psicologica volta a identificare i bisogni cui la formazione deve
rispondere. Questa fase ha caratteristiche che variano notevolmente in relazione alla natura
dei percorsi formativi da progettare.
La seconda fase è rappresentata dalla realizzazione del piano formativo, ovvero la vera e
propria progettazione dell'intervento. La progettazione dell'intervento riprende gli obiettivi
sui quali si è stabilito un livello di accordo sufficiente tra i diversi attori e li traduce in azioni
volte a favorire l'apprendimento. Tipicamente, la progettazione è codificata in un documento
che riprende alcune informazioni di sintesi, quali ad esempio:
i destinatari;
il tipo di formazione;
i soggetti erogatori;
i metodi didattici;
gli aspetti tecnico-operativi;
gli aspetti economici.
La terza fase è l'erogazione, ovvero la concreta attività di svolgimento dell'intervento
formativo. L'erogazione è direttamente legata all'abilità con la quale gli attori principali
(docenti e partecipanti) interagiscono. La quarta e ultima fase è la più controversa, ovvero la
valutazione del percorso di formazione. Sebbene siano state avanzate diverse proposte, a
oggi la valutazione è più spesso legata alla rilevazione del gradimento da parte dei
partecipanti. Questo indicatore è tuttavia distorto perché non sempre il partecipante può con
facilità apprezzare l'apprendimento effettivo. Alcune strategie alternative sono volte a
spostare nel tempo il momento della valutazione per consentire alle persone dì confrontarsi
40
con il proprio contesto lavorativo e trarre delle indicazioni sul beneficio derivato dal
percorso di formazione. Infine, in alcuni casi invece che cercare di misurare la formazione,
la si inserisce direttamente nei processi di problem-solving per poter apprezzare la soluzione
invece che il processo.
Sviluppo del personale
Una volta che un’azienda ha scelto la propria organizzazione e si è dotata delle risorse
umane necessarie per farla funzionare, deve dotarsi anche dei migliori strumenti per gestire
quotidianamente la convergenza fra gli sforzi di crescita delle prestazioni e delle competenze
delle risorse stesse e gli obiettivi strategici di performance dell’azienda.
Fra i migliori modelli organizzativi oggi disponibili per lo sviluppo del personale si
identifica certamente il “Modello delle Competenze” il quale pone il suo assunto nel fatto
che ogni persona possieda delle competenze che grazie ad una corretta integrazione ed
interazione con l’ambiente lavorativo possono trasformarsi in risultati positivi sia per la
persona che per l’organizzazione. Introdurre un Modello delle Competenze in azienda
significa in sintesi:
o
o
o
Individuare per ciascuna posizione organizzativa il mix delle competenze, e per
ciascuna il livello richiesto, che si ritengono indispensabili per uno svolgimento
ottimale del ruolo di cui alla posizione considerata;
Procedere ad una Valutazione del Personale (ad esempio tramite Assessment Centre),
ovvero delle competenze possedute dalle risorse umane disponibili in azienda, ed
associare tali competenze, e relativi livelli, a ciascuna persona nel sistema
informativo; questa attività consente di tracciare il “Bilancio delle competenze
personali”;
Procedere all’Analisi delle Competenze, cioè alla verifica delle rispondenza delle
competenze e dei relativi livelli per ogni risorsa umana nella posizione/i in cui è
operativa; questa attività consente di tracciare il “Bilancio delle competenze
aziendali”.
E’ evidente come da tale analisi si possano ricavare indicazioni per:
o
o
o
o
Individuare le risorse con le migliori competenze;
Valutare l’inserimento di ogni risorsa nella posizione più confacente: quella corrente
o valutarne lo spostamento;
Individuare gli eventuali gap (differenze negative) di competenza che ogni risorsa
può presentare rispetto alla posizione in cui è inserita, e di conseguenza individuare
eventuali esigenze formative specifiche affinché ogni risorsa possa svolgere al
meglio il ruolo assegnato;
Analizzare e predisporre piani di crescita strategica dell’azienda basati sulla
ottimizzazione e/o riorganizzazione delle competenze disponibili oltre che di quelle
mancanti e quindi acquisibili dall’esterno, individuando pertanto anche Piani di
Carriera non più legati soltanto a percorsi attraverso livelli gerarchici precostituiti e
rigidi ma anche attraverso esperienze in posizioni che comportino ruoli in grado di
far acquisire o migliorare competenze strategiche della risorsa umana.
41
Valorizzazione delle Persone
Adottare in azienda una gestione del personale basata sulla Valorizzazione delle Competenze
personali significa adottare uno sviluppo delle attività aziendali che pone il “potenziale delle
competenza delle risorse umane disponibili” fra gli elementi chiave della strategia di
sviluppo propria dell’azienda. Questa scelta presuppone che la proprietà adotti uno sviluppo
continuo delle risorse umane e della loro conoscenza (Knowledge management) come valore
distintivo e competitivo di successo dell'impresa, puntando a congruenza e coerenza fra
strategia aziendale e capitale umano disponibile.
Gli strumenti e le procedure per la gestione della valorizzazione del personale sono
pressoché i medesimi della gestione tramite lo sviluppo delle risorse umane, ma ciò che
viene posto al centro delle analisi e delle valutazioni finalizzate alla crescita dell’azienda è in
misura maggiore il “POTENZIALE delle competenze disponibili” piuttosto che il
“BILANCIO delle competenze disponibili” che caratterizza la gestione tramite sviluppo. In
sintesi la chiave della valorizzazione è:
o
Individuare le competenze delle risorse umane più “promettenti” che oggi non siano
assolutamente o poco messe a frutto nell’organizzazione corrente ma che, se
sviluppate, potrebbero comportare un vantaggio competitivo per tutta l’azienda, e di
conseguenza impostare i relativi percorsi formativi, percorsi di carriera, ecc. in modo
da trasformare queste competenze in obiettivi strategici di innovative, nuove o
rinnovate attività aziendali.
Le competenze e le skill
Per competenza si intende: «una caratteristica intrinseca di un individuo e causalmente
collegata ad una performance efficace o superiore nella mansione» (Boyatzis, 1982). La
letteratura sulle competenze ha radici nella ricerca su tratti, skill e attitudini, da un lato, e
processi cognitivi e intellettuali dall'altro.
Le competenze sono state anche considerate in termini di valori e visioni, conoscenze, skill e
abilità legate al lavoro, abilità richieste da task non routinari, comportamenti o strutture
comportamentali. Quest'ultimo approccio ha condotto a sviluppare profili di comportamento
o inventari di comportamento e a cercare di correlarli a indicatori di performance, attraverso
un processo criticato per l'assenza di specificità.
Kamoche (1996) propone di considerare le competenze di gestione delle risorse umane come
capacità comportamentali e basate su skill, alle quali l'impresa si attiene per generare lo
stock di conoscenze e di apprendimento collettivo che le consentono di fornire i
prodotti/servizi core prevalentemente attraverso l'azione delle persone. In questa visione, la
rilevanza delle competenze è direttamente legata alla loro associazione con le attività/i
servizi core.
Le competenze si distinguono in 'desiderabili' o 'di soglia'. Le competenze 'desiderabili'
distinguono gli elementi migliori dai peggiori, per arrivare ad una performance di livello
almeno accettabile o medio occorrono competenze 'di soglia' o 'essenziali'. Le competenze
desiderabili e di soglia per una determinata mansione permettono di costruire una griglia di
riferimento (profilo di competenza) utile per la selezione del personale, per la pianificazione
delle carriere, per la valutazione della performance e per lo sviluppo del personale.
42
Queste competenze possono essere: motivazioni, tratti, visione personale (atteggiamenti o
valori), conoscenze, capacità cognitive o comportamentali; qualunque caratteristica,
insomma, che possa essere misurata o quantificata in maniera attendibile e che si dimostri
capace di differenziare significativamente gli elementi superiori dai mediocri o i lavoratori
efficaci da quelli inefficaci.
• Motivazione: la spinta inferiore o gli schemi mentali che inducono, guidano e
selezionano il comportamento d'una persona; es.: la tensione al risultato.
• Tratto: una generale disposizione a comportarsi o a reagire in un determinato modo; es.:
fiducia in sé, self-control, resistenza allo stress o alla fatica.
• Visione personale (atteggiamenti e valori) misurata ad esempio dalle risposte a test che
chiedono d'indicare a che cosa si da valore, che cosa si pensa di fare o si è interessati a
fare.
• Conoscenza di fatti o procedure, sia tecnica (come si ripara un computer) sia
interpersonale (le cinque regole del feed-back efficace), misurata da appositi test. è
praticamente provato che raramente le sole conoscenze distinguono gli elementi migliori
dai peggiori, almeno sul lavoro.
• Capacità cognitive e comportamentali (skill): sia impalpabili (es.: ragionamento
deduttivo o induttivo) sia osservabili (es.: capacità di 'ascolto attivo').
Le competenze possono essere correlate alla performance in un semplice modello di flusso
causale, il quale indica che le competenze, siano esse motivazioni, tratti, visione personale e
conoscenze, attivate da una determinata situazione lasciano prevedere comportamenti
qualificati che a loro volta predicono la performance. Nelle competenze sono implicite
intenzione, azione ed esito.
Intenzione
Azione
Esito
Caratteristiche
personali
Comportamento
Performance nella
mansione
Motivazione
Tratto
Visione personale
Conoscenza
FIGURA. Il modello di flusso causale, Hooghiemstra, 1992.
43
Esempio: Tensione al risultato
Tensione al
risultato
Far meglio
• Competizione con gli
standard d’eccellenza
• Realizzazione
originale
Definizione
dell’obiettivo
Responsabilità
personale
Uso del feedback
Assunzione di
rischi calcolati
Fonte: Elaborazione propria.
Miglioramento
continuo
Qualità, produttività,
vendite, profitti
Innovazione
Nuovi prodotti,
servizi e processi
Ad esempio, la tensione al risultato (una forte spinta a superare un proprio standard di
eccellenza ed a raggiungere un risultato specifico) lascia prevedere comportamenti
imprenditoriali (cioè caratterizzati da spirito d'iniziativa) che sono: fissare obiettivi, accettare
responsabilità personali nei confronti degli esiti, assumere rischi calcolati. Nelle
organizzazioni, questi comportamenti producono sia un miglioramento continuo della qualità,
della produttività, delle vendite e degli altri risultati economici, sia l'innovazione nello
sviluppo di prodotti e servizi nuovi. I modelli causali forniscono ai manager uno strumento
molto semplice di 'calcolo dei rischi' impliciti nella valutazione dei candidati ad una
mansione. Il rischio di assumere una persona priva di tensione al risultato è pertanto quello
di ottenere «meno miglioramento della performance, meno comportamento imprenditoriale e
meno idee utili per creare nuovi prodotti e servizi».
Non è possibile insegnare nella stessa misura tutte le competenze. Le conoscenze e le
capacità comportamentali sono quelle più facili da insegnare. Correggere atteggiamenti e
valori è più difficile. Correggere motivazione e tratti è possibile, ma si tratta d'un processo
lungo, difficile e costoso. Dal punto di vista dell'efficacia dei costi, la regola è «assumere
sulla base della motivazione e dei tratti caratteristici personali, e sviluppare le conoscenze e
le skills». La maggior parte delle organizzazioni fanno invece al contrario: assumono in base
ai titoli scolastici (privilegiando quelli delle scuole e delle università più prestigiose) nel
presupposto che i candidati abbiano già, o possano acquisire in seguito, le motivazioni e i
tratti più appropriati. Dal punto di vista dell'efficacia dei costi, conviene invece assumere
persone di 'buona stoffa' (motivazione e tratti) e poi formarle per dar loro le conoscenze e le
skills necessarie per le mansioni cui sono destinate. Per dirla come un direttore del
personale: «Si può insegnare a un tacchino ad arrampicarsi su un albero, ma è molto più
semplice assumere uno scoiattolo».
44
I profili di competenza
Le competenze debbono riflettere il comportamento necessario per il futuro successo
dell'organizzazione. La fig. mostra un processo molto usato dagli esperti per aiutare le
aziende a tradurre le sfide strategiche nei comportamenti e nelle competenze da richiedere al
loro personale.
1
Panel d’esperti
individuazione
2
Campione di controllo
3
Interviste sull’episodio comportamentale
4
Analisi delle informazioni
5
Verifica
6
Applicazioni
7
Modello finale
FIGURA. Il processo di costruzione del modello di competenza. Elaborazione propria.
Il panel d'esperti
II panel d'esperti traduce le sfide all'organizzazione nei comportamenti necessari per
affrontarle. Del panel fanno parte esperti di risorse umane e titolari di varie mansioni, dotati
d'una chiara visione delle evoluzioni nel futuro. Le grandi linee del processo sono le seguenti.
1.
Costruzione/condivisione d'una visione delle sfide da affrontare per il futuro,
attraverso una discussione di gruppo sulle forze e le debolezze, le opportunità, le
minacce e i principali fattori di successo dell'organizzazione.
Raggiungimento del consenso sulla missione da affidare alle diverse mansioni, ai
2.
ruoli o a un gruppo di persone, in vista delle sfide strategiche identificate dal panel.
Definizione del comportamento e delle competenze richiesti a queste persone, sulla
3.
base dei risultati della fase 2. In questa terza fase si possono utilizzare varie tecniche,
come, ad esempio, gli inventari delle competenze richieste da una mansione oppure
analisi condotte con l'ausilio di appositi programmi software. Nel primo caso si tratta
di questionari riguardanti serie di comportamenti e competenze frequentemente
ricorrenti. Nel secondo caso si tratta di programmi software che emulano i «sistemi
esperti» chiedendo di rispondere a determinate domande. Queste domande sono
contenute in un data base di competenze identificate nel corso di precedenti studi. Il
sistema esperto provvede all'analisi delle risposte e fornisce una dettagliata
45
4.
descrizione delle competenze necessarie per ottenere una performance adeguata o
superiore nella mansione interessata.
Identificazione d'un certo numero di dipendenti dell'organizzazione che dimostrano
già di avere i comportamenti e le competenze individuate dal gruppo d'esperti. Questi
dipendenti partecipano anche ai lavori della fase 2.
L'intervista sugli episodi comportamentali
Come si è già detto, il ricorso ai profili di competenza mira a raggiungere una chiara
definizione dei comportamenti. Una descrizione del comportamento (sia desiderato sia
osservato realmente nel personale dell'organizzazione) fatta in termini ed espressioni vaghe
ed astratte non rappresenta infatti una solida base per una gestione veramente produttiva
delle risorse umane.
Questo significa che al momento di definire la competenza è necessario raccogliere esempi
reali di comportamenti concreti. A ciò si arriva attraverso una serie d'interviste sugli episodi
comportamentali (BEI, Behavioural Event Interview), condotte su un campione di persone
che già offrono il tipo di performance individuata dal panel d'esperti come importante per il
futuro successo dell'organizzazione.
Il campione di dipendenti già oggettivamente classificati come superiori sulla base d'un certo
numero di standard di performance viene confrontato con un campione di dipendenti con
media performance. Idealmente, il campione di ciascuna mansione dovrebbe comprendere
almeno 20 soggetti: 12 con performance superiore e 8 con performance media. Si tratta d'un
numero che permette di eseguire semplici verifiche statistiche delle ipotesi sulle competenze.
Campioni più ridotti (per esempio, 6 e 3 dipendenti) non possono essere verificati
statisticamente, ma offrono comunque apprezzabili informazioni qualitative ai fini della
definizione delle competenze d'una determinata organizzazione: possono, per esempio, dare
informazioni sull'efficacia dell'autorità in una specifica cultura aziendale. Nei campioni
ridotti, i dipendenti con performance superiore debbono essere in proporzione più elevata di
quella indicata per i campioni di 20 e oltre: è consigliabile un rapporto di 2 a 1 (per esempio,
6 e 3, come si è visto sopra), perché nella ricerca della competenza vale la regola: «S'impara
sempre di più dalle superstar».
I protocolli d'intervista forniscono una messe di dati preziosi per la definizione delle
competenze e anche descrizioni molto specifiche di comportamenti professionali critici in
situazioni specifiche. Consentono infatti il monitoraggio delle carriere degl'intervistati e la
stima di quando, dove e come hanno acquisito le competenze chiave. Un importante
sottoprodotto di queste interviste è la generazione di numerosi racconti di situazioni e
problemi utilizzabili per sviluppare materiale molto importante e pertinente ai fini della
formazione professionale, come, per esempio, case studies, role playing e simulazioni. Fra i
vantaggi della tecnica d'intervista denominata BEI possiamo includere anche:
• l'individuazione empirica di competenze aggiuntive o diverse rispetto a quelle
indicate in una prima fase dal panel d'esperti;
• una maggior precisione nella descrizione delle competenze e su come esse si
manifestano in mansioni e organizzazioni specifiche; (esempio: non solo l'uso
dell'autorità ma anche esempi reali di uso dell'autorità in una situazione specifica
nella cultura d'una determinata azienda);
• libertà da pregiudizi razziali, sociali e culturali: in effetti, i metodi di valutazione
basati sulla BEI sono stati adottati da numerose organizzazioni proprio perché
consentono previsioni non distorte da pregiudizi nei confronti delle minoranze.
46
L'analisi delle informazioni
Tutte le informazioni ricavate nelle fasi precedenti vengono analizzate per arrivare ad una
chiara comprensione e descrizione delle competenze che saranno utilizzate come base per le
applicazioni sulle 'risorse umane'. Le descrizioni che delle situazioni e dei comportamenti
reali hanno dato gli intervistati serviranno come esempio per dar vita concreta al linguaggio
astratto delle definizioni delle competenze.
La verifica
II modello può essere verificato mediante una seconda serie d'interviste sugli episodi
comportamentali condotte su un nuovo gruppo di dipendenti. In tal modo si controlla se le
competenze individuate sono effettivamente correlate alle performance superiori individuate
dal panel d'esperti.
47
LA VALUTAZIONE DELLE RISORSE UMANE NEI SISTEMI DI SVILUPPO E
GESTIONE AZIENDALE
Schema legami fra strumenti di gestione R.U. e strategie/obiettivi aziendali
Fonte: EBC Consulting
Ogni risorsa ed ogni azione in ciascuna realtà organizzativa influenza ed è influenzata dalle
altre, ma nello schema sopra riportato si rappresentano in modo semplificato le principali
modalità di gestione e sviluppo delle risorse umane all’interno di una organizzazione. Tali
modalità devono essere coerenti con: a) obiettivi, strategie, politiche, ecc. fissati per
perseguire gli obiettivi di creazione di valore dell’impresa; b) con gli strumenti di gestione
adottati: sistema di gestione e controllo, sistemi informativi, cultura organizzativa, ecc.
48
Nello schema vengono messi in evidenza i legami fra i vari strumenti di gestione risorse
umane e tra questi e le strategie/obiettivi aziendali.
I principali strumenti “tecnici” a supporto di corrette politiche di gestione e sviluppo delle
risorse umane sono:
o
o
o
Analisi, descrizione e valutazione delle Posizioni organizzative - consente di
apprezzare il peso relativo di ciascuna posizione in relazione alle altre
nell’organizzazione, indipendentemente dalle risorse umane che la ricoprono, ed è
una delle basi per la definizione di un sistema retributivo aziendale equilibrato.
Analisi delle Risorse umane (Assessment di: Conoscenze, Abilità, Competenze,
Potenziale delle risorse umane disponibili) consente di apprezzare il“capitale umano”
disponibile in azienda non soltanto in relazione alla situazione corrente ma anche in
una prospettiva di sviluppo dell’organizzazione. E’ la base per la definizione di piani
di sviluppo e valorizzazione delle risorse umane coerenti con gli obiettivi aziendali.
Analisi del Clima aziendale consente di valutare oggettivamente il clima
organizzativo e la sua reale percezione da parte di tutte le risorse umane che in esso
operano e dal quale sono fortemente influenzate. Il clima aziendale ha quindi una
forte e diretta influenza sui livelli di prestazioni e competenze espresse dalle risorse
umane.
L’analisi delle posizioni organizzative assieme a vari elementi che discendono dalle
strategie e dagli obiettivi di lungo termine dell’azienda, consentono quindi alla Direzione
aziendale di definire “Politiche e Piani retributivi”. Da quest’ultimi si possono derivare
coerentemente “Piani di obiettivi a breve termine per le risorse umane” i quali
individuano i parametri ed i relativi indicatori di soddisfazione per ciascuna posizione
aziendale, i quali sono la base per la “Valutazione periodica delle prestazioni e delle
competenze” delle risorse chiamate a coprire i ruoli associati alle posizioni.
La valutazione periodica delle prestazioni e delle competenze è collegata ad un sistema
incentivante che di norma si attua tramite “Piani di incentivazione” e “Piani di Sviluppo
delle competenze” delle risorse umane. Meno abituale è la presenza in azienda di un
ciclo di “Valutazione periodica del potenziale delle risorse umane” il quale attraverso
“Piani di valorizzazione delle risorse umane” mira a sviluppare competenze potenziali e
non ancora espresse dalle persone disponibili, per incrementare il valore distintivo del
business dell’azienda.
ANALISI DEL CLIMA AZIENDALE
Il clima aziendale è un sistema di percezioni condivise relativamente ai fenomeni
organizzativi, è il modo attraverso il quale i soggetti entrano in contatto con le
organizzazioni; è l’insieme delle credenze, delle aspettative, degli atteggiamenti, attraverso i
quali vengono vissute alcune caratteristiche della struttura organizzativa e del lavoro. Il
clima aziendale è l’interpretazione degli eventi, dei bisogni, dei sentimenti dei collaboratori,
di ciò che viene dato per scontato, dei comportamenti attesi e di quelli premiati, delle
interazioni all'interno del proprio gruppo di riferimento e dei rapporti con il resto
dell'organizzazione.
49
In altre parole il clima “è il livello di soddisfacimento dei bisogni e delle finalità delle risorse
umane all’interno di un’organizzazione in relazione agli obiettivi aziendali assegnati”.
E quindi, l’analisi del vissuto organizzativo mette in rilievo proprio
aspettative dell’individuo e la realtà organizzativa.
lo scarto tra le
Volendola definire con una metafora, l’analisi del clima aziendale può essere paragonata
anche ad un termometro che con le sue indicazioni avverte di eventuali alterazioni in atto
nell’organismo umano e, per analogia, nella vita organizzativa.
ANALISI E VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI PROFESSIONALI
L’analisi e la valutazione delle posizioni è la metodologia per definire l’articolazione e
l’importanza relativa delle stesse all’interno dell’azienda. Essa consente di:
•
•
•
•
•
•
chiarire le aree di responsabilità presenti nell’organizzazione;
evidenziare le componenti gestionali, organizzative, professionali presenti nelle varie
posizioni;
evidenziare le potenziali aree di miglioramento di posizione;
indicare il contributo di ciascuna posizione, in termini di visione, missione, attività ed
obiettivi;
pesare l’importanza relativa delle diverse posizioni e stabilire una graduatoria delle
stesse;
definire gli inquadramenti.
In tal senso, questo strumento produce un reale miglioramento complessivo nell’efficacia
dell’organizzazione; infatti gli obiettivi raggiungibili tramite questa attività sono:
•
•
•
•
organizzativi: tramite una chiara definizione dei ruoli è possibile attuare cambiamenti
mirati ed efficaci nella struttura, allineando i meccanismi interni alle finalità esterne
dell’organizzazione;
gestionali: un corretto equilibrio dei ruoli permette l’equilibrio dei parametri
economici per i sistemi incentivanti;
sviluppo del personale: una efficace comprensione dei ruoli facilita l’individuazione
dei giusti percorsi di carriera;
formativi: l’analisi delle competenze richieste da ciascuna posizione permette un
importante riferimento in base al quale valutare di volta in volta le necessità
formative delle persone destinate nel tempo a ricoprirla.
Dal punto di vista manageriale, esistono tre alternative:
1. sistemi basati sull'oggetto, ovvero il contenuto del lavoro (mansione, posizione);
2.
sistemi basati sul soggetto (lavoratore);
3.
sistemi misti.
I sistemi basati sull'oggetto
I sistemi basati sull'oggetto si pongono l'obiettivo di definire criteri e procedure atte a
classificare in ordine di importanza le posizioni presenti all'interno di un'organizzazione o di
una partizione del mercato del lavoro.
50
Si possono identificare tre modalità di classificazione:
1. i sistemi di job ranking che prevedono una classificazione ordinale delle posizioni
presenti in un determinato contesto sulla base di criteri non chiaramente esplicitati e
attraverso il confronto tra componenti di un gruppo di valutazione;
2. i sistemi di job grading che prevedono una struttura di classificazione ordinale, ma basata
sull'identificazione di fasce descritte da una declaratoria generale che ne chiarisce la
composizione (questo è il caso tipico dell'inquadramento presente nei contratti collettivi
nazionali di lavoro in Italia). La procedura può essere unilaterale (definita dall'impresa) o
negoziale (definita congiuntamente da impresa e rappresentanti dei lavoratori);
3. i sistemi basati su metriche quantitative, ovvero sistemi che applicano un insieme di
criteri di misurazione quantitativa di attributi specifici e oggettivabili delle posizioni
analizzate.
Anche se le procedure con le quali si determina la classificazione tra le posizioni sono
diverse, sono invece comuni le esigenze di equità e trasparenza del processo. Ciò si traduce
di solito nella definizione di una procedura di analisi e valutazione della posizione il più
possibile trasparente, poiché la determinazione tecnica dei criteri è più difficilmente
comprensibile ai non addetti. La procedura classica di una valutazione delle posizioni si
articola quindi su quattro fasi:
1.
job analysis: consiste in un esame approfondito delle posizioni di lavoro e richiede un
preliminare o contemporaneo lavoro di razionalizzazione organizzativa;
job description: consiste in un'esposizione scritta e analitica dei compiti, metodi,
2.
attrezzature, collegamenti, responsabilità ecc. di ogni posizione;
job specification; esposizione scritta dei fattori relativi ad ogni posizione; i fattori
3.
considerati sono generalmente: requisiti professionali richiesti dal compito,
condizioni ambientali, sforzo e responsabilità;
4.
job evaluation: definizione del valore relativo ad ogni posizione.
Poiché, in generale, i sistemi del primo e del secondo tipo risentono della strutturazione del
mercato del lavoro, almeno in Italia, è opportuno soffermarsi sui sistemi basati su
misurazione quantitativa che tendono ad essere progettati in modo unilaterale, facendo
riferimento di solito a posizioni con contenuti direttivi (quadri/funzionari, dirigenti e in
misura minore alcune posizioni impiegatizie di alto livello).
Un elemento essenziale di tali sistemi è la definizione di procedure il più possibile tecniche e
oggettive, volte a limitare la discrezionalità dei valutatori e l'attribuzione del valore in
considerazione della persona invece che della sola posizione. Si sottolinea la possibilità di
uno scostamento tra le politiche retributive e la valutazione delle posizioni. Anche se la
valutazione delle posizioni definisce il valore in astratto di una determinata posizione, le
considerazioni relative alle persone possono condurre a politiche retributive diverse. Il
sistema di valutazione delle posizioni, quindi, assolve un ruolo di strumento di comparazione,
non di vincolo per le politiche retributive. È chiaro tuttavia che qualsiasi scostamento da
questo sistema richiede chiarezza delle motivazioni e trasparenza che derivano dalla
presenza di una politica retributiva coerente ed esplicita che deve confrontarsi con l'esigenza
di essere percepita come equa.
Tra i sistemi di valutazione quantitativa, un posto centrale va assegnato al metodo Hay che
prende nome dalla società di consulenza che lo ha sviluppato e diffuso nel mondo. Esistono
anche altri approcci quantitativi che però hanno ricevuto poca attenzione nella pratica
aziendale.
51
La descrizione delle posizioni
La descrizione delle posizioni (o job description) è un documento di formalizzazione
organizzativa che scaturisce da un processo di analisi organizzativa. Tipicamente, una volta
identificata la posizione da descrivere, si procede alla raccolta di informazioni attraverso
l'uso di documentazione, l'effettuazione di interviste a persone che coprano la posizione
(detentori) ed eventualmente ai responsabili gerarchici. Le informazioni sono poi organizzate
secondo una struttura che pur potendo variare da organizzazione a organizzazione tende in
generale a seguire uno schema di massima condiviso.
La descrizione delle posizioni è di norma organizzata attorno ad alcune dimensioni
considerate rilevanti per le finalità di analisi organizzativa e di gestione delle risorse umane:
1. lo scopo o finalità, ovvero una descrizione sintetica della ragione di esistenza della
posizione, della macro-attività che la riguarda e di alcune modalità di interazione con il
contesto organizzativo;
2. la dimensione, ovvero l'insieme di dati quantitativi che sono riconducibili alla posizione,
ad esempio il numero di posizioni dipendenti, le grandezze economiche influenzate
nell'azione ecc.;
3. l'organigramma, ovvero la collocazione nelle relazioni gerarchiche immediatamente sopra
e sotto la posizione;
4. il contesto, ovvero le caratteristiche fondamentali dell'ambito nel quale la posizione si
trova a operare, all'interno e all'esterno dell'organizzazione, con particolare attenzione alle
interdipendenze critiche e agli attori coinvolti;
5. le attività fondamentali, ovvero l'elenco delle principali attività che pervengono alla
posizione, tipicamente descritte con un verbo all'infinito e l'indicazione delle condizioni
strumentali o contestuali di svolgimento;
6. le responsabilità, ovvero la definizione del grado di discrezionalità rispetto alle singole
attività (ad esempio, primaria, condivisa, remota).
Se in passato le descrizioni della posizione erano estremamente dettagliate e profonde, oggi è
comune la scelta di utilizzare una struttura essenziale e agile che si limita a identificare le
principali attività e alcune aree critiche di responsabilità. Inoltre, se in passato alla job
description veniva poi affiancato un documento di dettaglio sulle caratteristiche individuali
necessarie per la copertura del ruolo (job requirements), oggi è comune ritrovare una sezione
che identifica le skill, le conoscenze ed altri requisiti ritenuti essenziali per la copertura del
ruolo.
Fonte: Paneforte, 1999.
Il metodo Hay è un tipico metodo del punteggio, basato su tre fattori, ulteriormente
1.
competenza: livello di conoscenze tecniche, ampiezza della competenza manageriale
e capacità nelle relazioni interpersonali;
2.
problem solving: intensità dei vincoli ambientali e organizzativi e intensità del
processo mentale richiesto;
accountability: livello di discrezionalità, influenza sulle grandezze economiche e
3.
ampiezza delle stesse.
L'applicazione del sistema segue la procedura indicata in precedenza (analysis, description,
specification ed evaluation) e prevede in sede di comitato di valutazione l'applicazione di un
sistema di tre matrici (una per ogni fattore) che originano un valore in punti Hay. La somma
dei punteggi rappresenta una misura quantitativa e comparabile del valore della posizione,
ovviamente seguendo i criteri impliciti nel modello. Diversi sono i punti di forza di questo
approccio, tra i quali:
-
la possibilità di comparazione quantitativa tra le posizioni;
la presenza di dati relativi a indagini retributive svolte dalla stessa società di
consulenza;
52
l'ampia diffusione che ha ricevuto.
Non mancano rilievi critici, alcuni dei quali fatti propri anche dalla Hay; tra essi si ricorda:
la sistematica discriminazione delle posizioni prive di contenuti manageriali (i
cosiddetti professional);
la rigidità del sistema, progettato per strutture tradizionali e bu-rocratiche;
la soggettività e la discrezionalità che permangono;
l'illusione di oggettività e asetticità.
I sistemi basati sul soggetto
La diffusione di sistemi basati su una classificazione diretta dei lavoratori ha avuto in Italia il
suo momento di massima popolarità nel corso della seconda metà degli anni novanta.
Secondo alcuni osservatori si è trattato di un vero e proprio movimento che pur nella
diversità degli approcci si riconosceva in alcuni principi comuni, tra i quali:
costruzione di un sistema di gestione delle risorse umane con baricentro sulla persona
invece che sulla posizione;
attenzione al dato effettivo dei comportamenti di ruolo, invece che alle aspettative
formalizzate dall'organizzazione;
enfasi attribuita alla pianificazione e all'allocazione delle persone;
riconoscimento della flessibilità delle persone a fronte della rigidità dei sistemi
organizzativi.
I sistemi di valutazione delle competenze presuppongono la definizione di un modello
teorico del comportamento della persona.
La persona viene scomposta in attributi caratterizzati da diversi livelli di visibilità e
profondità, ma anche di modificabilità. Tali attributi vengono collegati alle performance
rispetto a specifiche attività, attraverso il comportamento messo in atto dall'individuo.
L'analisi sistematica della relazione tra questi attributi, determinate attività e le relative
performance attraverso analisi quantitative o generalizzazioni deduttive conduce allo
sviluppo di modelli generali di competenze di ruolo. Tali modelli si prestano a utilizzi
differenziati, quali ad esempio la definizione di politiche retributive, la progettazione dei
percorsi di sviluppo e la realizzazione dei processi di reclutamento.
Esistono numerosi punti controversi in questi sistemi. Alcuni di essi riguardano la reale
portata dell'innovazione che consentono di introdurre. Si fa notare la difficoltà di costruire
sistemi di ricompensa basati su elementi non sempre oggettivabili, pur garantendo la
percezione di equità e trasparenza. Un altro problema è dato dal rapporto tra attività che sono
comunque codificate in posizioni e competenze; se infatti le competenze divengono la base
per la valorizzazione delle persone non è chiaro che cosa accade quando al possesso non
corrisponde l'uso per ragioni indipendenti dalla volontà della persona. Ancor più complesso
è il tema dello sviluppo tecnico dei sistemi di identificazione e misurazione delle
competenze. Vi sono approcci diversi, accomunati da un modello "a cipolla" (ovvero con
strati sovrapposti), ma differenziati sia nella terminologia, sia nella definizione dinamica
delle componenti. Inoltre, qualcuno fa notare come gli elementi visibili dei sistemi basati
sulle competenze non siano altro che descrizioni di comportamenti osservabili non molto
diverse da quelle presenti nella tradizione dei sistemi di valutazione delle prestazioni. Infine,
un punto estremamente lacunoso è la mancata considerazione della motivazione come fattore
determinante.
A puro fine descrittivo e mettendo in guardia dal problema delle differenze semantiche,
utilizziamo il modello del comportamento individuale descritto nella seguente figura. In
esso sono evidenziate le diverse componenti che influenzano le performance individuali e
53
ancor più quelle aziendali. Emerge con chiarezza come l'impatto delle competenze (capacità,
conoscenze ed esperienze) sia rilevante, ma non necessariamente esclusivo o prevalente.
I sistemi misti
I sistemi misti sono sistemi che adottano nel contempo le due prospettive, quella oggettiva e
quella soggettiva. Si tratta di sistemi che più che classificare vengono utilizzati per
riconoscere sia la dimensione oggettiva sia quella soggettiva nella retribuzione. Un esempio
è dato dai correttivi ai sistemi di valutazione delle posizioni basati sul grado di copertura
delle competenze di ruolo possedute rispetto a quelle necessarie. In generale, quindi, più che
di veri sistemi di classificazione e opportuno parlare di sistemi misti di valutazione e
ricompensa.
Analisi delle performances
Un sistema di valutazione delle prestazioni permette la misurazione sia dell’impegno assunto
dai collaboratori nello svolgimento delle attività aziendali, sia dei risultati
economico/gestionali raggiunti dagli stessi. Un buon sistema di analisi delle performances,
direttamente od indirettamente collegato al sistema incentivante, permette di rendere
trasparente e corretto il rapporto tra l’organizzazione ed i suoi collaboratori.
Un approccio all’analisi delle performances prevede, in generale, i seguenti passi
procedurali:
•
•
•
•
•
definizione degli scopi del sistema: consiste nella focalizzazione degli obiettivi che
s’intendono raggiungere con la creazione o la modificazione del sistema di
valutazione (es. miglioramento della performance, riprogettazione delle carriere,
ecc. );
individuazione della popolazione: scelta della popolazione a cui estendere il sistema
di valutazione ed eventuale e successiva scomposizione della stessa in funzione della
famiglia professionale ;
definizione del metodo di valutazione: è un’operazione che si ripete per tante volte
quante sono le famiglie professionali considerate, e avviene attraverso la scelta dei
seguenti elementi:
o peso reciproco degli obiettivi, comportamenti e conoscenze;
o obiettivi con responsabilità diretta e indiretta, qualitativi e quantitativi;
o criteri di scelta dei comportamenti organizzativi;
o tipo di valutatore (responsabile, comitato operativo, ecc.);
sperimentazione del metodo: è un test del metodo e degli strumenti scelti che si
effettua attraverso le seguenti fasi:
o scelta del campione;
o consegna schede e manuale;
o formazione dei valutatori.
analisi dei risultati: si effettua attraverso l’analisi dei punteggi verificando che il
sistema sia stato sufficientemente efficace e attraverso l’analisi dei vissuti da parte
dei valutati e valutatori attraverso interviste strutturate o questionari.
estensione del metodo alla popolazione aziendale: comporta la distribuzione delle schede di
valutazione e dei manuali, nonché l’addestramento dei valutatori.
54
La valutazione delle prestazioni delle risorse umane
La valutazione delle prestazioni è lo strumento con cui analizzare il contributo fornito da
ogni individuo al raggiungimento degli obiettivi specifici fissati dall’azienda e si risolve con
un giudizio in gradazione positivo o negativo sulle prestazioni del valutato rispetto alle attese
dell’organizzazione. Lo strumento intende valutare in che misura ogni titolare di una
posizione organizzativa ha ricoperto il ruolo affidatogli in un arco temporale predefinito
(periodo di valutazione). Quasi sempre gli esiti della valutazione delle prestazioni sono
connessi ad un sistema incentivante. La valutazione riguarda la prestazione della persona
nell’ambito dello svolgimento di un determinato ruolo organizzativo e non riguarda la
persona in quanto tale. In sintesi quindi per ogni risorsa si valuta il sistema complessivo dei
risultati conseguiti e dei comportamenti organizzativi in un determinato ruolo. Per valutare
le prestazioni si possono usare strumenti fra loro molto diversi non soltanto per il metodo e
gli strumenti tecnici, ma soprattutto in termini di coerenza con la cultura organizzativa che
distingue ogni azienda. Molto spesso, soprattutto in organizzazioni fortemente orientate a
prestazioni “quantitative”, la valutazione adottata viene limitata al solo aspetto della misura
di risultati prestazionali tecnico/pratici, quali ad esempio: numero di pezzi/ora prodotti;
numero di chiamate telefoniche/ora; ecc. D’altra parte in organizzazioni fortemente orientate
alle relazioni interpersonali interno/interno ed interno/esterno la valutazione adottata viene
limitata al solo aspetto della misura di comportamenti/competenze, quali ad esempio:
capacità di lavoro in gruppo; stile relazionale, ecc. La progettazione di un buon sistema
valutativo delle prestazioni non deve mai esimersi dal considerare questi due approcci
valutativi come estremi di un continuo all’interno del quale si può collocare un mix di
parametri con varie gradazioni dell’uno o dell’altro sistema:
Fonte: EBC Consulting
L’introduzione di un sistema di valutazione delle prestazioni richiede che siano
preventivamente almeno definiti: a) ruoli e responsabilità; b) un processo di pianificazione e
gestione degli obiettivi; c) un sistema di controllo gestionale che consenta di raccogliere
adeguatamente i valori delle prestazioni oggetto di valutazione.
Un sistema di valutazione delle prestazioni sarà tanto più preciso quanti più fattori saranno
oggetto di valutazione da parte di quanti più possibile valutatori, ma poiché nella pratica una
delle cause di insuccesso più frequenti di tali sistemi è proprio il carico di lavoro
conseguente all’adozione di sistemi valutativi troppo articolati, è meglio adottare tutti e soli i
fattori
di
rilevamento
delle
prestazioni
minimi
necessari.
Quindi, in linea di massima, si devono identificare i fattori valutativi più importanti per
55
l’azienda sia da un punto di vista culturale che organizzativo. Per avere una buona
valutazione delle prestazioni nella sua globalità per ogni posizione aziendale è bene
considerare le seguenti classi di fattori:
o
o
o
Competenze tecnico specialistiche richieste per valutare la capacità della persona di
impiegare competenze e conoscenze tecniche necessarie per lo svolgimento dei
compiti richiesti dal ruolo.
Competenze/Comportamenti richiesti per valutare il grado di corrispondenza del
valutato al profilo di comportamento organizzativo richiesto dalla posizione.
Obiettivi/Risultati da conseguire per valutare i risultati affidati ad una posizione
attraverso la misura oggettiva dei relativi parametri/obiettivi.
Valutazione del potenziale
La valutazione del potenziale (di sviluppo e di promuovibilità), permette una migliore
identificazione di alcune capacità ed attitudini professionali e personali delle risorse
disponibili e ha lo scopo di facilitare la pianificazione dei possibili cambiamenti
organizzativi, nonché di offrire l’indispensabile supporto conoscitivo a tutte le attività di
sviluppo delle persone, consentendone la giusta collocazione e la valorizzazione delle
caratteristiche individuali.
In particolare la valutazione del potenziale pone prevalentemente l’accento sulle seguenti
abilità:
•
•
•
abilità cognitive: che si identificano nella capacità di problem solving, di analisi e
sintesi, nella capacità di avere una visione d’insieme del sistema produttivo, nella
capacità di avere una fluidità verbale e argomentativa;
abilità realizzative: capacità di orientarsi verso gli obiettivi; entrare in empatia,
relazionarsi (capire l’orientamento, se lavora per obiettivi, se ha efficacia operativa);
abilità relazionali: gestione e abilità relazionale e interpersonale; capacità d’ascolto,
intelligenza sociale, integrazione, collaborazione e variabili relazionali.
A seconda delle specifiche esigenze organizzative, possono essere applicati i seguenti
approcci:
•
•
•
indiretto = interviste di contesto al superiore diretto ed ai colleghi, svolte da parte di
uno o più consulenti;
autovalutazione = tramite l’utilizzo di questionari specificamente strutturati, il
candidato viene stimolato da un consulente a fornire testimonianza di esperienze di
lavoro in cui ha applicato le capacità oggetto di indagine.
diretto = valutazione tramite Assessment Center di gruppi di 8-12 persone con prove
collettive, dinamiche di gruppo, colloqui individuali;
misto = valutazione complessiva dei risultati ottenuti sia dall’intervista al superiore diretto
che dalla osservazione diretta.
56
Analisi delle competenze espresse
L’analisi delle competenze espresse permette ad un’organizzazione di comprendere la
propria reale “capacità competitiva”, dato che le persone e le competenze hanno acquisito
una centralità nuova nella capacità di “essere” e “fare” impresa. Investire nelle competenze
diventa un'esigenza vitale e fattore di successo, per il mantenimento duraturo nel tempo di un
vantaggio competitivo dell’azienda e per la generazione di un reale differenziale strategico
rispetto ai concorrenti.
La competenza professionale "È una caratteristica intrinseca di una persona...un motivo,
tratto, abilità, aspetto dell'immagine di sé o ruolo sociale, o corpo di conoscenze che la
persona usa causalmente collegata ad una performance efficace e superiore in una mansione
o situazione e che è misurata in base ad un criterio prestabilito" (Boyatzis 1982)
Causalmente collegata significa che la competenza causa o predice comportamento e risultati
ottenuti, "misurata in base ad un criterio prestabilito" significa che la competenza predice chi
esegue un lavoro bene o male, secondo criteri di misura del risultato o standard definiti.
Mappare le competenze, permette di:
•
•
dare una risposta ad alcune domande fondamentali del processo di gestione delle
risorse, come la comprensione delle proprie aree di forze e delle aree di debolezza;
dare dei nuovi obiettivi per i singoli e per l’organizzazione.
Quindi significa sapere dove sono le conoscenze (sapere), le capacità (fare) e la qualità
(essere). Nello specifico:
•
•
•
le conoscenze fanno riferimento al sapere specifico richiesto dalla professione, alla
cultura più generale e al sapere organizzativo inteso come contesto di sistemi e
processi organizzativi entro cui si realizza l’attività;
la capacità sono da intendere come le abilità professionali connesse allo svolgimento
dell’attività di lavoro e all’utilizzo delle conoscenze;
le qualità consistono nelle doti più personali comunque indispensabili sia
nell’implementare le conoscenze sia nell’orientare le capacità.
La letteratura manageriale definisce le competenze come la capacità delle persone di
utilizzare risorse proprie, dell’organizzazione e dell’ambiente, dando luogo a comportamenti
che consentono di affrontare con successo la varietà e la complessità delle situazioni di
lavoro.
In questa prospettiva, per le imprese diventa vitale per garantirsi l'eccellenza delle
competenze necessarie a sostenere le sfide del business non solo tenere alta l'attenzione sui
risultati di lavoro e quindi delle prestazioni dei singoli e delle varie unità, ma anche
individuare, mantenere e sviluppare quello che le persone sanno, quello che sanno fare e
come lo sanno fare.
Assumere le competenze come elemento portante del sistema di gestione e sviluppo significa
imparare a riconoscere e individuare le competenze distintive dell'azienda per acquisirle e
svilupparle, in modo che le persone possano assicurare ai processi aziendali il proprio
contributo e sostenere la competitività anche in futuro. L'azienda, quindi, deve pianificare la
crescita delle competenze per garantire un'evoluzione dei ruoli coerente con i processi
aziendali.
57
Lo sviluppo delle competenze dei singoli che, una volta organizzate, vanno ad arricchire il
patrimonio aziendale, sposta il baricentro gestionale da capital<< intensive a knowledge
intensive.
In sostanza il focus di attenzione diventa valorizzare il capitale umano delle imprese con la
finalità di consolidare la redditività attraverso la crescita del patrimonio intellettuale e
professionale dei singoli e dell'azienda nel suo insieme.
I sistemi di valutazione delle competenze si pongono l'obiettivo di giudicare
sistematicamente il valore della professionalità di una persona, inteso come arricchimento
variamente acquisito (esperienze di lavoro maturate, percorsi di formazione realizzati,
risultati prodotti ecc.) e che aggiunge valore al patrimonio complessivo di competenze
dell'impresa.
Si tratta quindi di valutazioni da un parte finalizzate a correlare il livello di professionalità
raggiunto con un livello retributivo adeguato e dall'altra a pianificare l'ulteriore sviluppo
della persona attraverso le indicazioni di azioni di miglioramento professionale.
I sistemi premianti
Con sistema premiante si intende "l'insieme dei premi, non premi (ovvero dei premi non
dati) e delle sanzioni, che vengono erogati alle varie posizioni d’inquadramento". Le
organizzazioni realizzano il sistema premiante al fine di incentivare i comportamenti
auspicabili e di scoraggiare i comportamenti non desiderati. Spesso il termine premio e
punizione è sostituto dal termine di incentivo e disincentivo. Il primo può essere definito
come uno stimolo proveniente dall'ambiente lavorativo, esercitato sulle fasi del processo
motivazionale, che soddisfa i bisogni dell'individuo e favorisce comportamenti funzionali
all'azienda. Al contrario, i disincentivi pur avendo la stessa natura degli incentivi,
determinano una spinta ad astenersi da comportamenti ritenuti non funzionali all'azienda.
L’obiettivo del sistema premiante implica la conoscenza di riferimenti teorici/economici
riguardanti le organizzazioni che operano delle scelte di politica remunerativa, sia in
coerenza agli obiettivi di business dell’organizzazione sia per intraprendere un percorso che
sia incentivante per la propria organizzazione. Questa metodologia comprende i seguenti
contenuti:
•
•
•
•
la determinazione della politica retributiva: il sistema remunerativo, i suoi
componenti e l’analisi della situazione retributiva aziendale;
gli strumenti premianti: cosa, come e perché si premia, la scelta tra aumenti di merito,
bonus una tantum, incentivi e percorsi di carriera;
costruzione di una politica remunerativa: l’analisi della prestazione e la sua
valutazione, l’analisi della posizione e la sua valutazione ed infine la valutazione del
potenziale;
i destinatari delle politiche premianti: gli elementi motivazionali, l’analisi dell’equità
interna, il confronto con i mercati.
Certo è che la relazione tra soddisfazione del personale e delle ricompense non è sempre poi
così lineare, infatti:
1.
dipende in parte dal rapporto tra aspettative e ricompense reali;
58
2.
risente della comparazione con altre persone che ricoprono posizioni simili anche in
altre organizzazioni;
queste ultime percezioni possono essere mal rappresentate e influenzare negativamente
3.
la soddisfazione anche in modo indipendente dalle azioni dell'organizzazione;
infine, fa riferimento a un mix di ricompense intrinseche ed estrinseche, non facilmente
4.
sostituibili.
Certo è che la soddisfazione relativa alle retribuzioni ha un effetto positivo sul turnover e
sulla motivazione delle persone. Per quanto riguarda il turnover, l'effetto non è legato solo al
differenziale tra organizzazioni, ma anche alla percezione di un'adeguata differenziazione
interna tra livelli diversi di performance e/o sforzi. Il legame con la motivazione è più
complesso ed è stato oggetto di numerosi approfondimenti, con esiti non sempre coincidenti.
Una visione teorica sufficientemente robusta è quella della teoria dell'aspettativa (FIG.
precedente) che può essere così riassunta:
1.
'individuo deve credere che a un dato comportamento o livello di performance
corrisponderà l'ottenimento di una ricompensa definita;
'individuo deve attribuire valore e attrattività alle ricompense pomesse;
2.
3.
'individuo deve credere che un dato livello di sforzi renda possibile raggiungere lo
standard di performance definito.
La determinazione della retribuzione è influenzata da due aspetti:
a natura dei sistemi di classificazione delle posizioni in essere e
a contrapposizione potenziale tra logiche di ordinamento interne all'impresa o esterne.
Essa è composta da una parte fissa e una variabile, cioè accanto alla retribuzione tradizionale
viene inserito un elemento variabile basato sulle performance individuali, di gruppo (gain
sharing) o di unità organizzativa complessa (profit sharing).
La struttura della retribuzione riguarda in primo luogo la definizione di quello che viene oggi
comunemente definito il Total Compensation Mix, ovvero l'articolazione tra:
retribuzione fissa (che comprende una serie di elementi accessori e talvolta
automatici o definiti contrattualmente);
retribuzione variabile (che include premi e incentivi monetari legati alle prestazioni
individuali o collettive);
fringe benefit (che includono una serie di erogazioni in natura o servizi concessi a
particolari categorie di dipendenti, quali autovetture, telefoni cellulari, assicurazioni
integrative ecc,);
stock option e/o pacchetti azionari (che rappresentano diritti di acquisto a prezzo
vincolato di azioni o veri e propri pacchetti);
altri servizi aggiuntivi o soft factors (ad esempio asili aziendali, sostegni per il
trasferimento, wellness club aziendali ecc.);
elementi non monetari (difficili da valorizzare, ma che comprendono ad esempio la
qualità dell'ambiente lavorativo, l'intensità dell'investimento formativo ecc.).
Possono costituire esempi di premi:
• fringe benefit;
• gli stock option;
• premi;
• incentivi;
• altro.
59
BIBBLIOGRAFIA PER APPROFONDIRE:
•
Auteri E. (2009): Management delle Risorse Umane, Guerini e Associati
•
Bennis W. (1990): Come si diventa leader, Sperling & Kupfer Editori
•
Bennis W. (2003): L’alchimia della leadership. Il sole 24 Ore
•
Birkenbihl V.F.(1992): Segnali del corpo. Come interpretare I segnali del
corpo. Franco Angeli
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Blanchard K. (2002): Ben fatto! Riconoscere i meriti altrui nella vita e nel
lavoro. Sperling & Kupfer Editori
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Blanchard K. (2001): Uno per tutti, tutti per uno. L’arte di lavorare in team.
Sperling & Kupfer Editori
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Bozek P.E. (1994): Comunicare con efficacia. Franco Angeli
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Burley-Allen M.: Imparare ad ascoltare. Come cogliere i segnali deboli,
ottenere le informazioni desiderate, migliorare le relazioni interpersonali
(sviluppando le capacità d'ascolto). Franco Angeli
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Carnage D. (1994): Come trattare gli altri e farseli amici. Bompiani
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Carnage D. (1984): Come vincere lo stress e cominciare a vivere. Bompiani
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Cheli E. (2004): Teorie e tecniche della comunicazione interpersonale. Franco
Angeli
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Covey S.R. (1997): I sette pilastri del successo. L’arte della leadership.
Bompiani
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Covey S.R. (1997): L’ottava regola Dall’efficacia all’eccellenza, Franco Angeli
2005
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De Bono E. (1967): Il pensiero laterale. Come diventare creativi. Bompiani
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Giuliani Rudolph (2003): Leadership (una storia di coraggio e di successo).
Mondadori
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Goleman Daniel (1995). Intelligenza emotiva. Che cos’è, perché può renderci
felici. Rizzoli
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Goleman Daniel (1995). Lavorare con intelligenza emotiva. Come inventare un
nuovo rapporto con il lavoro. Rizzoli
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Lazzara L. (2002): Il manuale del teambuilder. Tutto ciò che è necessario
sapere per trasformare un gruppo di lavoro in una squadra e una squadra in
una squadra specializzata. Franco Angeli
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Levati William e Maria V. Serao (1998), Il Modello delle competenze. Franco
Angeli
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Mackay Ian (2002): Come porre le domande giuste al momento giusto. Il
segreto del successo nelle relazioni interpersonali e di lavoro. Franco Angeli
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Robbins Anthony (1994). Come ottenere il meglio da se e dagli altri. Bompiani
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Solari Luca (1996): La gestione delle risorse umane. Dalla teoria alla pratica.
Franco angeli.
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