Università della Calabria Dipartimento di Scienze politiche e sociali DISPENSA n° 1 ad uso degli Studenti del Corso di “Gestione delle risorse umane e leadership" A.A. 2012/2013 1 Premessa Il management delle risorse umane si propone come vera e propria disciplina sociale, come ambito del sapere costituito da conoscenze professionalmente necessarie che, afferenti a una pluralità di aree, si integrano all'interno di un sistema applicativo finalizzato. La gestione del personale mutua infatti componenti importanti dal diritto, dalla sociologia, dalla psicologia, dalle scienze della comunicazione e dell'educazione, dall'economia e dalle dottrine manageriali, insieme alle prassi operative consolidate dalle imprese. Le competenze di base di quanti gestiscono le persone nelle organizzazioni, grandi o piccole, consistono sia in conoscenze e capacità tecnico specialistiche e trasversali, sia in valori e qualità professionali che formano il «collante» del processo e della sua affidabilità. Attraverso l'illustrazione delle varie tessere di questo mosaico si delinea un nuovo equilibrio tra buon senso tradizionale e nuova professionalità. La presente dispensa tratta gli aspetti più istituzionali e consolidati della gestione delle risorse umane con le innovazioni che pervadono l'organizzazione e il funzionamento delle imprese. Innovazioni che richiedono un'attenzione crescente all'apprendimento (life long learning) e alla qualità della leadership e delle relazioni interpersonali. Lo studio della presente dispensa a supporto delle lezioni di aula, va integrato con la dispensa sulle competenze trasversali (competenze relazionali e manageriali indispensabili per un buon manager delle risorse umane), e con lo studio dell’area occupazionale sulla gestione risorse umane realizzata dall’Isfol. Introduzione Nel nuovo scenario economico e sociale sempre più globalizzato, interessato da un processo di profondo mutamento tecnologico, organizzativo e produttivo, è un fatto ormai assodato che il successo dei processi di innovazione e miglioramento di una moderna organizzazione dipenda sempre di più da una “intelligente” gestione delle sue risorse, e il vero vantaggio competitivo per il sistema impresa risiede sempre più nell'adozione di politiche integrate e nella piena valorizzazione delle risorse umane. Una valorizzazione da ricercare attraverso investimenti mirati alla crescita delle loro caratteristiche di qualità e mediante politiche gestionali orientate a raggiungere un coinvolgimento consapevole e un livello adeguato di partecipazione responsabile nei confronti degli obiettivi aziendali. In quest'ambito un'efficace gestione delle relazioni di lavoro assume un ruolo fondamentale nelle politiche aziendali, perché a seguito del mutamento in atto, la risorsa umana ha smesso di essere considerata esclusivamente un "costo" ed è diventata una "risorsa strategica" indispensabile, sia ai fini dell'incremento del valore per il cliente, sia per un efficace perseguimento degli obiettivi connessi con la mission istituzionale. Le persone come risorsa strategica nell'impresa Dagli inizi degli anni Ottanta, si è andata sempre più diffondendo la consapevolezza che il lavoratore nell'impresa rappresenta una variabile strategica, che non deve essere considerato un costo quanto piuttosto una risorsa attiva su cui investire e su cui poter contare alla pari (o di più) del capitale finanziario e dell'apporto delle tecnologie. 2 Il lavoratore tende ad essere considerato come una persona, con un suo sistema di valori e aspettative, ma anche un patrimonio di competenze e di esperienze: una risorsa per l’organizzazione. Una risorsa da valorizzare, potenzialmente decisiva per la sopravvivenza e la crescita delle imprese, fondamentale nell'acquisizione, nel mantenimento e nello sviluppo del vantaggio competitivo nei confronti dei competitors. Una risorsa da non prendere in esame solo nella fase attuativa delle strategie aziendali, ma che, al contrario, deve essere considerata già nella fase di elaborazione delle strategie. In questo nuovo paradigma direzionale, le relazioni tra le varie componenti del sistema sono di tipo bidirezionale, di natura non deterministica e non finalistica (Fonbrun, Tichy, Dewanna, 1984). In questo modo si pongono le basi per l'elaborazione di una strategia integrata di direzione delle risorse umane, poiché finalmente le politiche del personale non sono distinte e separate da quelle organizzative e produttive, ma interagiscono con esse in modo sinergico ed interattivo. In realtà, come suggerisce Beer (1984) questo è il frutto delle critiche di chi rilevava che erano diffusi nelle aziende approcci alla gestione delle risorse umane come somma di attività specialistiche fra loro separate e non inserite in un sistema coerente e collegato alle principali scelte strategiche dell'azienda. Sulla base delle sollecitazioni poste da queste ultime considerazioni negli ultimi decenni la letteratura ha rivolto la sua attenzione a studiare una serie di variabili ritenute di fondamentale importanza per il successo strategico dell'impresa: • le connessioni fra attività e strumenti di gestione delle risorse umane e strategie/strutture aziendali; • il coordinamento fra le più tipiche attività (selezione, valutazione, sviluppo, ricompensa ecc.) e fra strutture/ruoli che hanno la responsabilità della gestione delle risorse umane; • le logiche e i criteri per la definizione di politiche e la progettazione di strumenti per la valorizzazione e lo sviluppo delle risorse umane. Una delle risposte più accreditate all'esigenza da un lato di perseguire una più stretta connessione fra strategie, strutture aziendali e risorse umane, dall’altro di ottenere una gestione delle risorse umane integrata, è l'approccio della gestione strategica delle risorse umane noto come strategie human remanagement, SHRM. La prima elaborazione teorica che nobilita la gestione delle risorse umane e la inserisce nel quadro delle decisioni strategiche, risale al 1978, ed è stata realizzata da Galbraith e Nathanson. Anche se è utile chiarire che già negli Autori che hanno elaborato il paradigma denominato sistemico-situazionale o di contingency approach si possono trovare riflessioni sull'adeguatezza dei sistemi di gestione delle risorse umane alla realizzazione della strategia d'impresa. L'assunto fondamentale proprio di tali ultime teorie posto alla base della letteratura in tema di gestione strategica delle risorse umane è che non solo la strategia e la struttura organizzativa, per essere efficiente, deve essere correlata al tipo di ambiente in cui opera l'azienda, ma che ad ogni situazione ambientale e alla correlata strategia corrisponda una specifica politica e particolari strumenti di gestione delle risorse umane. Secondo questo schema teorico il capitale umano ha una rilevanza fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi aziendali di business: di conseguenza il sistema di gestione delle risorse umane riveste un ruolo fondamentale nella strategia d'impresa. La matrice teorica di quest'impostazione si può individuare nella resource based view. Il vantaggio competitivo che l'impresa raggiunge, in questa teoria, sarebbe determinato da una combinazione (irripetibile) di risorse "inimitabili" che dunque conferirebbero unicità al comportamento dell'impresa medesima; il capitale umano rappresenta potenzialmente una di 3 queste risorse poiché non è trasferibile tout court in altre organizzazioni e quindi è difficilmente imitabile. In questa logica si può affermare che le risorse umane rientrano a pieno titolo in quelli che sono stati definiti gli invisibili assets. Si tratta di quelle risorse intangibili come il sapere tecnologico, l'immagine aziendale, le conoscenze sul mercato e sui concorrenti, che non sono facilmente quantificabili, trasferibili e acquisibili sul mercato e, pur non risultando esplicitamente come variabili strategiche dal bilancio economico-finanziario, hanno un enorme valore per l'impresa. Questa considerazione ci porta ad affermare che lo stesso sistema di gestione delle risorse umane è una risorsa non acquisibile sul mercato dalla concorrenza, ma il frutto di un accorta politica perseguita dall'impresa, sviluppata e perfezionata nel tempo. È necessario, dunque, un rapporto d'integrazione tra business idea (strategia, approccio strategico aziendale e struttura) e personnel idea (insieme degli orientamenti qualificanti il profilo di gestione delle risorse umane). Come sostiene efficacemente Costa: "non può esistere una business idea che non ha in sé anche una coerente personnel idea". A questo proposito, si possono distinguere due tipologie d'integrazione delle politiche delle risorse umane, quella interna e quella esterna: • la prima (horizontal fìt o internal fìt) fa riferimento alla modalità con la quale le diverse politiche ed azioni di gestione delle risorse umane interagiscono generando sinergie e rafforzandosi reciprocamente. L' internal fìt è rilevante se l'impatto combinato delle politiche e delle pratiche di gestione delle risorse umane è superiore alla somma degli impatti che le singole politiche e pratiche hanno sulla performance; • la seconda (vertical fit o external fìt) si riferisce invece al grado con cui il sistema di gestione delle risorse umane è integrato e allineato con la strategia d'impresa, supportando più o meno efficacemente la sua realizzazione. Il concetto duale di integrazione, merita di essere analizzato più a fondo delineando meglio cosa si intende per integrazione esterna e interna. L' integrazione esterna può essere intesa in più sensi. La strategia può essere il risultato di un'azione unilaterale del vertice (approccio lineare) dalla cui decisione scaturisce la struttura organizzativa e gestione delle risorse umane, che di tale strategia sono la conseguenza. Il secondo tipo d' approccio al problema dei rapporti fra gli elementi del sistema è quello interdipendente, in cui le variabili del sistema (strategie, strutture, risorse umane) sono collegate da una relazione non più lineare ma d'interdipendenza. Secondo questo schema, l'azione manageriale consiste nella definizione di obiettivi e strategie ampi e flessibili capaci di reagire ed adattarsi alle condizioni ambientali. Più convincente l'approccio evolutivo in cui l'aspetto creativo e razionale delle strategie diviene una caratteristica potenzialmente attribuita a tutti gli attori che interagiscono con i cambiamenti esterni, legando insieme in modo interattivo con l'ambiente esterno, la strategia, la struttura e la gestione delle risorse umane. Spingendosi lungo questo filone di indagine, si può sostenere che collegare più strettamente le politiche di risorse umane con le decisioni strategiche e organizzative aziendali significa tener conto delle specificità culturali e dei valori che guidano l'azione del management. Inoltre, elaborare i sistemi per acquisire, valutare, retribuire, sviluppare le risorse umane indispensabili per realizzare gli obiettivi strategici non è esclusiva prerogativa dell'attività di strategia direzionale. Per perseguire l'integrazione verticale, è necessario cambiare il modo d’individuazione delle priorità e di presa delle decisioni. La strategia deve essere il risultato dell'insieme delle diverse decisioni adottate dai diversi livelli organizzativi. Non basta definire le politiche ed azioni del personale: le innovazioni di maggiore portata vanno realizzate al livello dei manager operativi di line, cui spetta prendere in esame 4 contestualmente alla scelta delle strategie all'individuazione dei percorsi d'implementazione anche le problematiche delle risorse umane, adottando quegli strumenti utili a stimolare la capacità di apprendimento e innovazione e a fornire un aiuto efficace alla soluzione dei problemi aziendali. L'integrazione interna, invece, può essere definita come il coordinamento fra attività, strutture e ruoli di gestione delle risorse umane. L'integrazione è reale se il valore aggiunto della gestione integrata delle risorse umane è superiore alla mera somma del valore prodotto dalle singole attività prese in considerazione separatamente. Per altri autori Delery e Doty (1996) l'approccio al tema dell'integrazione oscilla fra diversi orientamenti che in modo diverso pongono alternativamente l'accento proprio su questi due tipi di integrazione e su quale tra loro sia quello più efficace. Tali orientamenti possono essere esemplificati nella seguente classificazione: universalistico, contingente, confìgurazionale. II primo approccio il cui focus è certamente rivolto a privilegiare l'integrazione interna può essere definito universalistico, e propone una serie coordinata di politiche del personale (opportunità di carriera interna, sistema formativo, valutazione delle prestazioni, programmi di profìt sharing, stabilità del posto del lavoro, partecipazione e coinvolgimento dei dipendenti) che, a prescindere dall'ambiente organizzativo e dal mercato in cui l'impresa opera, è in grado di influire positivamente sulla competitività dell'azienda. L'approccio contingente, invece, ritiene che l'esame dei fattori relativi all'ambiente, tra cui sicuramente la strategia d'impresa ma anche le politiche prodotto, servizio e innovazione, siano il punto di riferimento per la definizione del piano di gestione delle risorse umane, e che quindi non si possa generalizzare un modello valido per tutte le situazioni. Questo secondo modello evidentemente è maggiormente coerente con il concetto di integrazione esterna. L'ultimo approccio, definito come configurazionale, racchiude al proprio interno sia l'integrazione verticale sia quella orizzontale. Esso propugna la necessità di progettare in modo congiunto (configurazione) le politiche e le azioni concrete volte alla gestione del personale. Una configurazione, che deve tener conto del contesto d'impresa e di mercato in cui si opera, non essendo possibile definire a priori un modello valido per tutte le situazioni. A seconda del tipo di analisi dell'integrazione proposta (interna o esterna, oppure universalistica, contingente, configurazionale), si pone in ogni modo il problema di come giungere ad un'adeguata integrazione delle politiche aziendali. Infatti, l'approccio integrato alla direzione strategica delle risorse umane è indispensabile perché i diversi elementi del sistema di gestione (selezione, formazione, politiche di valutazione e di retribuzione) possano concorrere ad aumentare il fattore critico di successo rappresentato dal capitale intellettuale, costituito dalle conoscenze, capacità e abilità (knowledge, skills, ability, KSA) Elementi fondamentali che, insieme alla motivazione e all’empowerment - e tramite esso - determinano le potenziali performance d'impresa. In altre parole, solo un'efficace integrazione fra le varie azioni di gestione delle risorse umane, e non le singole pratiche attuate indipendentemente, l’una dall’altra, sono in grado di generare il processo di accumulo del valore del capitale umano. Del resto, come è noto, i problemi di integrazione e funzionamento delle direzioni risorse umane, e di conseguenza di efficacia generale della sua azione sono spesso causati da tre particolari fenomeni: - dallo scarso (o inesistente) grado di coordinamento strategico delle politiche del personale con quelle produttive ed organizzative; - dall'elevata specializzazione funzionale delle varie strutture della direzione (selezione, formazione, politiche di valutazione e di retribuzione, relazioni industriali) che 5 genera scarso coordinamento sia all'interno della direzione stessa, sia nell'attività gestionale dei manager di line; - la propensione delle strutture all'elevata specializzazione tende a produrre risultati funzionali ad obiettivi interni, per certi versi autoreferenziali, e non sempre congruenti con i problemi posti dalle politiche produttive e da quelle organizzative. Chiarito il bisogno di promuovere una politica di direzioni delle risorse umane integrata, forse è giunto il momento di chiederci quali sono le differenze nei contenuti e nei destinatari di questo nuovo approccio, rispetto alle precedenti politiche e pratiche di risorse umane? Come rileva Legge, due sono gli aspetti rilevanti (1995): il fatto che la gestione strategica delle risorse umane privilegia lo sviluppo dei quadri manageriali e delle alte professionalità dell'impresa, piuttosto che la generalità dei dipendenti; il rilevante spostamento della responsabilità della gestione e della valorizzazione delle risorse umane dalle mani degli specialisti della funzione del personale a quelle dei manager di linea. Quest'ultimi rivestono un ruolo diverso rispetto al passato, di notevole importanza, poiché sono investiti direttamente della responsabilità non solo di applicare, ma anche di contribuire a definire le politiche del personale, e attraverso queste, tendere a valorizzare i propri collaboratori. Una valorizzazione che deve far convergere le persone verso un sistema unitario condiviso, rappresentato da: obiettivi, strategie e modalità organizzative. La gestione delle risorse umane in una visione sistemica Uno degli elementi comuni alla maggior parte dei modelli di gestione delle risorse umane è l'adesione più o meno esplicita a un paradigma di teoria dei sistemi. La teoria dei sistemi è lo studio interdisciplinare dell'organizzazione astratta dei fenomeni, indipendentemente dalla loro sostanza, tipo scala temporale o spaziale di esistenza che analizza sia i principi comuni a tutte le entità complesse sia i modelli utilizzati per descriverli. Un sistema è un insieme di parti tra loro collegate o interfacciate in una struttura complessiva per la quale sono riconoscibili un input e un output, ovvero condizioni di ingresso e di uscita. Quando nei modelli di gestione delle risorse umane si utilizza il concetto di sistema aperto è si ritiene opportuno osservare un insieme di oggetti/pratiche/sottosistemi in relazione tra loro e con un ambiente esterno. Inoltre, si considera che all'evoluzione nel tempo degli stati del sistema corrisponda il generarsi variabile di output, inteso come "performance" del sistema. Questa breve introduzione teorica serve a comprendere come la gestione delle risorse umane nella visione funzionalista attribuisca particolare rilevanza all'interazione tra pratiche e politiche di gestione delle risorse umane, da un lato, e altri elementi quali: 1. fattori di contesto (interno ed esterno all'impresa): elementi variabili che interagiscono con i sistemi; 2. obiettivi/performance dei sistemi; 3. processi intercorrenti: modalità con le quali i destinatari delle politiche di gestione delle risorse umane (in primis i lavoratori, ma anche altri stakeholder) interagiscono con le condizioni determinate dall'operare della gestione. Quanto appena scritto conferma che vi è bisogno di definire la descrizione del campo di forze nel quale opera la gestione delle risorse umane. 6 II contesto Si distinguono due gruppi di fattori di contesto che influenzano l'operare della gestione delle risorse umane: i fattori interni e i fattori esterni (all'impresa o all'organizzazione). Nella tabella sinottica si può vedere come i diversi fattori influenzano la gestione delle risorse umane: I fattori di contesto che influenzano la gestione delle risorse umane Interni Esterni Tecnologia Imprese che utilizzano tecnologie tradizionali investono meno in GRU Imprese con tecnologie avanzate utilizzano di più la valutazione delle performance Ambiente legale, sociale e politico Struttura I sistemi si sviluppano lungo le linee della divisione del lavoro L'adozione di strutture per team richiede la modifica dei sistemi di GRU Dimensioni Le grandi organizzazioni adottano con maggiore probabilità procedure formali; pratiche di coinvolgimento dei dipendenti; processi di reclutamento e di formazione sofisticati; strutture di ricompensa generose e legate ai risultati, mercati interni del lavoro e con minore probabilità forme temporanee di relazione di lavoro Sindacalizzazione Negli Stati Uniti la presenza del sindacato ha aumentato del 33% le retribuzioni dei suoi membri La presenza dei sindacati spinge le imprese non sindacalizzate a concedere alcuni miglioramenti Mercato del Le strategie di reclutamento variano al variare del tasso di lavoro disoccupazione La diversità etnica, di genere e di età ha un impatto sulle politiche di gestione anche se mancano studi empirici Stadi del I criteri di selezione e di ciclo di vita valutazione dei top manager devono cambiare in relazione alle fasi del ciclo di vita Settore La diffusione di politiche di supporto al child care è influenzata dal quadro normativo e dall’azione di altri attori Leggi civili e religiose che convivono in alcuni paesi influenzano la gestione delle risorse umane Vi sono differenziazioni legate alla natura del processo produttivo (industria vs servizi), della struttura di governance 7 f Strategia Nelle fasi iniziali è dominante il reclutamento, in quelle mature la creazione di mercati interni del lavoro Le strategie di innovazione richiedono politiche volte a dare continuità e sicurezza Le strategie competitive (leadership di costo, differenziazione e focalizza-zione) hanno un impatto sulle politiche di gestione Strategie di qualità sono associate a strutture retributive più egualitarie (pubblico vs privato), dinamismo (alto vs basso) Cultura nazionale Esistono studi che documentano la variazione delle politiche di gestione a livello internazionale, ma mancano analisi dirette del rapporto tra culture nazionali e sistemi Fonte: Solari, 1996. Poiché alcuni dei fattori interni sono già stati analizzati (come nel caso della strategia) e altri saranno variamente ripresi nell'analisi delle singole pratiche di gestione, in questa sede ci soffermiamo sulle dimensioni e sui fattori del contesto esterno. Le dimensioni Le dimensioni sono storicamente considerate una delle variabili di maggiore rilevanza nel rapporto con le scelte organizzative e tradizionalmente misurate nei termini di numero di addetti. La crescita dimensionale è stata collegata, tra le altre, con la strutturazione e formalizzazione delle pratiche organizzative, con l'istituzionalizzazione di ruoli di tecnostruttura, con la centralizzazione decisionale e con l'emergere di mercati interni del lavoro. Le dimensioni hanno un impatto anche sulla stratificazione del lavoro e delle posizioni all'interno delle imprese e sulla presenza di funzioni aziendali dedicate esplicitamente alla gestione delle persone. A questo proposito, Kalleberg e Van Buren (1996) nella loro analisi di un campione rappresentativo delle imprese statunitensi hanno rilevato che nelle imprese di maggior dimensioni si riscontrano retribuzioni più elevate, più fringe benefit e maggiori possibilità di carriera, ma meno autonomia sul lavoro. Il mercato di sbocco Le relazioni di lavoro all'interno di un'impresa risentono delle caratteristiche del contesto competitivo in cui essa opera. La dinamica del mercato di sbocco o dei mercati di sbocco nel caso di imprese multibusiness influenza diversi aspetti della gestione, quali ad esempio la prevedibilità dei flussi di lavoro, la diversità della forza lavoro, l'orientamento strategico prevalente (efficienza, qualità o innovazione; cfr. Schuler, Jackson, 1987) e l'entità delle risorse economiche che si rendono disponibili. Questi aspetti, tuttavia, prima di influenzare direttamente la gestione delle risorse umane sono filtrati dai modelli strategici prescelti dall'impresa. 8 La tecnologia La tecnologia influenza la natura delle attività elementari o task che vengono svolte all'interno di un'impresa e le modalità con le quali esse sono raggruppate. Intesa in questo senso, essa opera direttamente sui modelli di organizzazione del lavoro e indirettamente sulla natura delle conoscenze richieste ai lavoratori. Numerosi studi di economia del lavoro, di sociologia e di organizzazione hanno analizzato le conseguenze dell'innovazione tecnologica nelle imprese, sottolineandone i caratteri destrutturanti e differenzianti. La gestione delle risorse umane ne risente prima di tutto indirettamente, poiché deve adattare il suo funzionamento ai fabbisogni creati dal cambiamento tecnologico e accompagnare il processo di loro diffusione. L'influenza diretta è invece a oggi limitata, benché le nuove tecnologie di coordinamento (altrimenti definite ICT acronimo di Information and Communication Technology) abbiano potenziato alcuni sistemi tradizionali, tra i quali soprattutto la valutazione, la formazione, la comunicazione interna e la pianificazione. In molti di questi casi, infatti, le tecnologie sono per ora adottate all'interno di un paradigma di progettazione delle attività di gestione delle risorse umane che non si è modificato, conducendo a operare in affiancamento più che creando nuovi modelli di gestione. Il contesto istituzionale e culturale Secondo Marsden (1999) esiste una relazione tra modelli di gestione delle risorse umane e modello di regolazione delle relazioni di lavoro istituzionalizzato in un dato ambito. L'ambito di riferimento può essere definito da confini diversi, ma certamente una delle modalità più classiche è rappresentata dai confini nazionali e/o dai confini tra aree a diversa omogeneità culturale (un'analogia può essere rappresentata dalla pluralità di modelli di impresa di cui spesso si discute: modello anglosassone, modello renano, modello giapponese ecc.). I modelli di gestione delle risorse umane operano in un contesto definito da: norme formali, norme culturali (ritualità, miti, simboli ecc.) e norme consuetudinarie di regolazione dell'interazione tra attori; attori diversi, con prerogative e influenza diversa (lavoratori, sindacati, associazioni, Stato, imprese, professioni ecc.); una dinamica temporale di norme e attori che risente di fenomeni di dipendenza dalle condizioni di partenza, dipendenza dalla storia e path-dependence. In tale contesto, essendo essi stessi oggetto in parte di scelta deliberata dalle imprese (agency), in parte di pressione istituzionale (isomorfismo) si sviluppano in una sorta di campo di forze localmente determinato. Questo spiega la difficoltà di poter individuare modelli di gestione delle risorse umane universali, a meno di non considerare l'interazione con partizioni del contesto esterno simili a quelle di riferimento. Un esempio di quest'ultimo aspetto è dato dalle politiche di gestione del lavoro negli stabilimenti giapponesi negli Stati Uniti, rese possibili dall'adozione di un processo di selezione volto a reclutare persone con valori simili a quelli adottati dagli operatori in Giappone. La differenza ha radici metodologiche più che reali ed è innegabile che, anche qualora fossero legate a divergenze culturali di fondo, le differenziazioni rilevanti per l'agire organizzativo e soprattutto per la gestione delle risorse umane avvengono rispetto a comportamenti istituzionalizzati o pratiche. Costa (1997) collega lo sviluppo della gestione delle risorse umane a una più ampia concezione del valore del capitale umano nelle imprese. A tale fine sottolinea come sia possibile identificare una o mappa del valore della risorsa umana che distingue quattro componenti: competenza, relazioni, performance e valorizzazione. Queste quattro 9 componenti derivano dall'interazione fra tre dimensioni, ovvero il lavoratore, l'impresa e il più ampio contesto istituzionale all’interno del quale si crea il rapporto tra lavoratore e impresa. I contributi e i ruoli relativi alle quattro dimensioni sono diversi come illustrato nella seguente tabella. Attori e contesto istituzionale nella mappa del valore della risorsa umana e inazione Lavoratore Impresa Contesto istituzionale Training on the job; formazione; programmi di sviluppo; ricerca e sviluppo competenze distintive d'impresa e sua cultura Acculturazione e socializzazione operate dalla famiglia e dalla comunità; scuola; ricerca scientifica; mass media Costituzione delle competenze Socializzazione e acculturazione; scolarizzazione professionalizzazione Costituzione e gestione delle relazioni Contratto di lavoro; contratto psicologico; coinvolgimento; rapporti sociali; integrazione in gruppi professionali Contratto di lavoro; contratto psicologico; politiche di reclutamento e selezione; leverage relazionale Quadro giuridico e culturale; sistema di relazioni industriali; politiche attive mercato del lavoro; segmentazione dei mercati del lavoro Contesto organizzativo e tecnologico; sistema di controllo sulla prestazione Aspettative Erogazione della prestazione Qualità e intensità della prestazione; grado di cooperazione Valorizzazione della prestazione Ricompense intrinseche ed estrinseche; esperienza; rinforzo della relazione Fonte: Costa, 1997. Catena del valore dell’azienda e dei clienti; sistema di ricompensa; esperienza; informazioni; potere Regolazione dei mercati e grado di protezione dell’innovazione Il contesto sociopolitico ed economico I modelli di gestione delle risorse umane sono stati spesso oggetto di analisi politica poiché posti a presidio della relazione tra impresa/organizzazione e lavoratori. Il contesto sociopolitico influenza direttamente la sostenibilità di determinati modelli di organizzazione del lavoro ed esercita talvolta pressione per la modifica di pratiche non considerate più legittime, come ad esempio la discriminazione. Più in particolare tali condizionamenti possono raggiungere livelli di rigidità diversi, culminando in azioni specifiche da parte di 10 organi regolativi o legislativi che impongono norme di condotta non derogabili. Adottando una visione di fondo istituzionale, questi processi possono quindi tradursi in interventi ai tre livelli identificati: regolativo (influenza diretta dello Stato), normativo (influenza dei valori) e cognitivo (influenza delle prassi). L'evoluzione della società nel suo complesso esercita influenza sulla gestione delle risorse umane anche attraverso la modifica dei modelli di comportamento e dei valori dei suoi componenti che rappresentano nel tempo il bacino dal quale l'impresa trae la forza lavoro. La gestione delle risorse umane risente anche del più ampio contesto economico, poiché diverse variabili (quali ad esempio le retribuzioni) sono collegate potenzialmente alle condizioni complessive dell'economia globale e/o locale. L'influenza più immediata scaturisce dalle condizioni economiche di un singolo paese che determinano diverse variabili critiche per la sopravvivenza e il fiorire dell'impresa (quali ad esempio i tassi di interesse, il livello di inflazione ecc.). Indirettamente, poi, la congiuntura economica è responsabile di diversi livelli di tensione nei mercati di approvvigionamento e anche nel mercato del lavoro. Il mercato del lavoro La natura del mercato del lavoro influenza le politiche di gestione delle risorse umane, anche se è da esse a sua volta condizionata attraverso processi di co-evoluzione e di diffusione di pratiche legittimate e istituzionalizzate. Mentre è facile identificare un esempio del primo tipo (variare delle scelte di governo delle relazioni in presenza di livelli più o meno elevati di regolazione del mercato da parte dello Stato), il secondo aspetto è più sottile, opera su archi temporali di medio-lungo termine e spesso coinvolge non la sola funzione di gestione delle risorse umane, ma anche le strategie delle imprese nel loro complesso. In questo senso, possiamo ritenere che le pressioni per la riduzione della regolazione del mercato del lavoro rappresentino un esempio di influenza dall'impresa al mercato. Alcune dimensioni di analisi del mercato del lavoro presenti nella letteratura e nella pratica gestionale sono: 1. la struttura del mercato del lavoro, ovvero la sua articolazione in mercati primari e secondari o comunque segmentati; la dimensione del mercato del lavoro, ovvero l'ampiezza numerica e l'estensione 2. geografica; la composizione del mercato del lavoro, ovvero la distribuzione per variabili salienti 3. (ad esempio demografiche, professionali ecc.) dei lavoratori; il livello di regolazione formale, ovvero l'assetto complessivo di norme volte a 4. regolare gli aspetti dello scambio del tutto particolare che viene attuato; il livello di regolazione istituzionale, ovvero la natura e l'evoluzione delle norme 5. consuetudinarie che agiscono come supplemento di quelle formali (ad esempio norme implicite di non concorrenza nel mercato del lavoro tra imprese dello stesso settore per evitare inflazioni salariali di determinati profili critici). Un limite di questo elenco è la presunzione di indipendenza delle dimensioni citate. La realtà è più complessa perché ad esempio dalle dimensioni del mercato del lavoro dipende anche la sua composizione. Come abbiamo visto sono numerosi i fattori esterni all'impresa che operano condizionamenti di natura diversa sulle scelte di gestione delle risorse umane. È evidente come sia impossibile identificare modelli sintetici di descrizione dell'insieme di relazioni tra di essi, se non mappe descrittive prive di indicazioni specifiche. Questa difficoltà è duplice, poiché da un lato pur nella stabilità dei contesti è impossibile identificare configurazioni interamente coerenti e dall'altro, la dinamica di ognuna di queste componenti rende la stabilità un dato estremamente fuggevole. 11 Poiché, tuttavia, la gestione delle risorse umane si occupa essenzialmente di comportamenti e di relazioni, può essere utile a mio avviso un approccio di natura istituzionale che evidenzi la stabilità come legittimazione di alcuni elementi relativamente duraturi (ad esempio i sistemi di regole formali) a fianco di dinamiche nelle quali conta la comprensione degli attori e dei loro interessi. In ogni caso, non si può avere gestione delle risorse umane senza attenzione e sensibilità al quadro ampio di forze che circondano l'impresa. Gli obiettivi e le performance La gestione delle risorse umane in una visione funzionalista si pone diversi obiettivi declinati a livello di impresa e a livello di individuo. A livello di impresa un ruolo centrale è assegnato alle performance economico-finanziarie. Tuttavia, vi sono diversi altri obiettivi di performance che hanno significato a livello collettivo come indicatori di una corretta gestione delle risorse umane. La balanced scorecard per il personale Produttività Persone Processi Rapporto output/input Sentire, fare, sapere Come si fanno le cose Risultato per dipendente Costo per dipendente Unità prodotte per dipendente Profitto per dipendente Soddisfazione Commitment Competenza Turnover Lamentele Assenteismo Leadership Innovazione Velocità/tempi di ciclo Fonte: Ulrich, 1997b. Apprendimento Unità/cultura comune Equità Ulrich (1997) affronta il problema della misurazione dell'efficacia dei risultati della gestione delle risorse umane, che interpreta come uno dei principali ostacoli alla reale diffusione di questa funzione nelle scelte strategiche di impresa. Dopo avere ripreso la letteratura empirica sulla relazione tra gestione e performance e aver identificato nella balanced scorecard una delle applicazioni più interessanti (TAB. precedente), propone anche una visione di audit dei sistemi di gestione delle risorse umane. Vi sono tre tipi di audit di una funzione di gestione delle risorse umane: sulle pratiche, sulle competenze e sulla funzione. L'analisi delle pratiche richiede di documentare le attività della gestione delle risorse umane, il valore che hanno per il cliente, il rapporto costo/ benefici e di effettuare ricerche e approfondimenti ad hoc, utilizzando insiemi di indicatori e misure come quelli riportati nella tabella seguente. Esempi di misure di efficacia delle pratiche di GRU Area di GRU Misure possibili Staffing Numero di processi di ricerca Rapporto tra proposte e accettazioni Numero di contatti/numero di candidati che si sono presentati 12 Tempo medio di copertura Costo medio di copertura Tenure media Percentuale di posizioni coperte internamente Percentuale di posizioni coperte con candidati inseriti in piani di successione Performance degli assunti per fonti diverse Percentuale di unità globali coperte localmente Percentuale di dipendenti bilingui Rapporto tra posizioni top e numero di backup Performance a seconda delle diverse tecniche di selezione Formazione e sviluppo Numero di giorni di formazione Numero di programmi di formazione Costo per ora per formato Percentuale di dipendenti coinvolti Numero di corsi effettuati per soggetto Percentuale di dipendenti con piani di sviluppo Percentuale del costo del lavoro che deriva dalla formazione Costo del personale per dipendente Confronti tra formati e non formati Percentuale di personale con titoli di studio elevati Tempo di progettazione di nuovi programmi Percentuale di materiale nuovo nei programmi Efficienza dell'amministrazione e gestione operativa Sistemi di valutazione e Accettazione dei sistemi da parte dei dipendenti Efficacia dei sistemi nel gestire i poor performer ricompensa Percentuale di valutati Percentuale di lavoratori con retribuzione variabile Percentuale del monte salari variabile Velocità di gestione amministrativa del payroll Incremento medio di merito per classe di posizioni Rapporto tra retribuzione interna e retribuzione di mercato Credibilità dei sistemi di misura Costo del lavoro per unità di ricavo Sicurezza e benessere Giorni di lavoro persi Costo degli infortuni Incidenza degli infortuni Percentuale di fumatori Percentuale di lavoratori coinvolti in programmi di salute Trend nelle malattie Relazioni Percentuale di iscritti al sindacato coinvolti in progetti di lavoro Numero di team congiunti Frequenza di interazioni tra sindacato e direzione Eterogeneità dei contratti Numero di accordi locali Numero di occasioni di coinvolgimento del sindacato di tipo non tradizionale Comunicazione interna Coerenza e chiarezza dei messaggi Comprensione dei messaggi 13 Diversità Fonte: Ulrich, 1997b. Accettazione dei messaggi Efficacia della condivisione di informazioni tra unità organizzative Efficacia della mediazione della funzione GRU tra management e lavoratori Velocità ed efficacia delle risposte alle lamentele dei lavoratori Tempo medio per la soluzione delle dispute Percentuale di lavoratori che fanno suggerimenti Percentuale di suggerimenti implementati Percezione di trattamento coerente e giusto Assegnazione di lavori significativi a non normodotati Rispetto di normative riguardanti la tutela delle minoranze Oggettività e neutralità nelle decisioni di assunzione e carriera Percentuale di lavoratori non tradizionali nel pool di applicanti Tasso di promozione dei lavoratori non tradizionali Turnover dei lavoratori non tradizionali Età media dei lavoratori L'analisi delle competenze richiede di definire le competenze critiche, valutarne la presenza, creare dei piani di azione e concentrarsi su uno sviluppo continuo. L'analisi a livello di intera funzione, invece, può seguire l'approccio delle competenze raggruppate a livello di funzione, utilizzare indicatori di sintesi (ad esempio, rapporto tra personale totale e personale della funzione GRU, rapporto tra costo della funzione e totale ricavi, rispetto dei piani e dei budget ecc.), oppure analisi di benchmark. Quest'ultimo approccio si concentra sull’utilizzo di schede di audit e valutazione che comparano diverse pratiche su un continuum definito dal livello di evoluzione. Guest (1997) si pone il problema di identificare quale sia il concetto di performance adatto per valutare il contributo dei sistemi di gestione delle risorse umane. Propone una differenziazione tra i risultati (gli outcome) di un'organizzazione e la performance intesa come risposta alle attese di diversi stakeholder. La performance come outcome è una definizione eccessivamente ristretta che esclude elementi quali la soddisfazione, il rapporto con l'ambiente naturale, il contributo alle attività della comunità ecc. Il modello implicito è quello che ritiene che i migliori risultati derivino dall'utilizzo adeguato delle persone rispetto allo sfruttamento, nonostante vi siano diversi riscontri empirici di senso diverso (ad esempio, l'assenza di relazione tra risultati economici e soddisfazione dei lavoratori). Guest si orienta verso una definizione di performance allargata con alcuni legami al concetto di balance scorecard, ritenendo che non sia corretto ottimizzare una sola dimensione a spese delle altre. Per questo propone una struttura a più livelli di comprensione della relazione tra strategia, pratiche di gestione delle risorse umane e misure di performance. 14 In seguito si propone una lista di obiettivi della gestione delle risorse umane, articolati su tre aree: 1. efficienza: a) costo del lavoro; b) produttività del lavoro intesa come risultante: dalle caratteristiche innate e acquisite dei lavoratori; dalle motivazioni dei dipendenti e dall'idoneità del sistema di ricompense monetarie, organizzative e sociali di rispondere alle loro attese; - dall'adattabilità operativa dei lavoratori; - dal contesto organizzativo e tecnico; 2. efficacia: a) capacità di raggiungere determinati risultati; b) supporto alle politiche e alla strategia dell'impresa; 3. innovazione e clima (efficacia di lungo termine): a) flessibilità di impiego delle risorse; b) capacità di innovazione e imprenditorialità: clima aziendale (integrazione e coinvolgimento dei lavoratori nell'azienda e fiducia nella sua struttura, nei suoi valori, nelle persone che la dirigono); immagine sociale interna ed esterna. Se i precedenti modelli identificano obiettivi generali, la pratica aziendale ha anche sviluppato degli indicatori di sintesi. Tra di essi, un ruolo chiave è giocato da due indicatori di particolare rilievo. a) Il tasso di turnover è l'indicatore di base della dinamica nel tempo dell'organico dell'impresa. È rappresentato da una percentuale relativa al rapporto tra le somme di entrati e usciti in un determinato periodo temporale sul totale dell'organico a inizio periodo. Un certo livello di turnover è sempre presente e considerato fisiologico perché coerente con le esigenze di flessibilità dell'impresa e dei lavoratori. La valutazione del turnover richiede un confronto: temporale, ovvero un anno rispetto allo storico; con il mercato, ovvero rispetto al comportamento dei concorrenti; tra categorie, ovvero disaggregato per raggruppamenti di posizioni; tra aree aziendali, ovvero disaggregato per aree funzionali e unità organizzative. Anche se in parte fisiologico, il turnover genera costi per l'impresa. Per questa ragione è importante collegare alla valutazione dei flussi di turnover anche quella dei costi che in generale sono legati ai costi di reclutamento e successivo inserimento e ai costi di interruzione del rapporto di lavoro. b) Gli indicatori di produttività. Tra gli obiettivi economici della gestione delle risorse umane, l'efficienza e il contenimento del costo assumono un ruolo centrale. Un indicatore di base è dato dal costo medio del personale (costo complessivo annuo/organico medio), talvolta con articolazione per unità temporale invece che per lavoratore (costo complessivo annuo/ore lavorate). Una valutazione relativa dell'onere per il personale consente di apprezzare in modo più adeguato la natura del contributo dato dalla funzione agli obiettivi aziendali. Per questo sono utilizzati altri indicatori, quali: incidenza sul valore aggiunto (costo complessivo annuo/valore aggiunto); fatturato per addetto (fatturato/organico medio); valore aggiunto per addetto (valore aggiunto/organico medio); 15 - produttività per ora lavorata (unità prodotte/ore lavorate). A livello individuale, la gestione delle risorse umane si occupa della creazione e manutenzione della relazione tra lavoratore e impresa. Questa relazione è tipicamente incorporata nel concetto di contratto psicologico che verrà descritto successivamente. Una corretta gestione si traduce quindi in primo luogo nella soddisfazione del contratto psicologico, ma anche in una serie di altri obiettivi di performance. Ma anche in questo caso non esiste un unico modello di interpretazione. Il contratto giuridico Alla base del rapporto individuo-azienda c'è innanzitutto un contratto di tipo giuridico. In base a questo contratto due soggetti si scambiano la promessa di prestazioni corrispettive che sono, da parte dell'individuo verso l'impresa, quella di prestare il lavoro richiesto e, da parte dell'impresa nei confronti dell'individuo, quella di corrispondere la retribuzione pattuita. Il riferimento normativo è costituito dall'articolo 2094 del codice civile che recita: «È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore prestando il proprio lavoro, intellettuale o manuale». Fermo restando l'aspetto giuridico del rapporto individuo-azienda -che come si vedrà in seguito è comunque molto articolato e definito è vero però che esso non esaurisce la gestione del personale; infatti, nel rapporto fra persona e azienda, non è importante solo il contratto di natura giuridica ma anche, e con particolare rilevanza, il contratto di natura psicologica. In altre parole, la relazione è basata certamente sul rispetto reciproco delle norme e delle regole, ma è anche caratterizzata dall'aspettativa di qualcosa d'altro oltre alla retribuzione e al lavoro puri e semplici. Il contratto psicologico La relazione tra persona e organizzazione può essere considerata un rapporto di scambio reciproco che si può tradurre in tre differenti relazioni a seconda dei punti di vista adottati: uno scambio economico, se, ad esempio, ci si riferisce al lavoro prestato in cambio di una remunerazione; un rapporto di appartenenza, in seguito al quale gli individui fanno parte dell'organizzazione; uno scambio di tipo psicologico, che nasce dalle aspettative reciproche tra lavoratore e datore di lavoro e che trova una sua spiegazione proprio in quello che viene chiamato: contratto psicologico. L'espressione «psychological contract», introdotta per la prima volta negli anni sessanta, non identifica un contratto in senso legale, ma un accordo che nasce nella mente del dipendente. Esso rappresenta: una componente necessaria della relazione di impiego; una serie di reciproche aspettative e bisogni derivanti da una relazione tra organizzazione e individuo; l'insieme di promesse, accolte da un dipendente, riguardano i termini dell'accordo di scambio tra il lavoratore e la sua organizzazione; una convinzione - credenza - circa l'esistenza di una relazione di scambio tra due parti; 16 una componente -dinamica- del rapporto tra persona e organizzazione, i cui cambiamenti si verificano con il passare del tempo; un fattore di fondamentale importanza nella determinazione del comportamento organizzativo. Il contratto psicologico esiste quindi a livello individuale sotto forma di percezioni di una persona riguardanti i termini della sua relazione di scambio con un'altra e riguarda obbligazioni reciproche: è un contratto che si basa sulla percezione che esiste uno scambio reciproco, uno scambio, cioè, che è compreso reciprocamente. Il contratto psicologico, può essere inteso come un tipo di "contratto promissorio" e, in quanto tale, composto da tre elementi fondamentali: - la promessa, cioè l'impegno che riguarda azioni future. Il contratto psicologico si basa sulle percezioni delle reciproche promesse da parte dell'individuo. Le promesse possono essere comunicate direttamente (attraverso, per esempio, i manager), oppure possono essere percepite dai dipendenti in base ai comportamenti passati dell'organizzazione; - la ricompensa, intesa come una qualche forma di riconoscimento che un soggetto si aspetta di ricevere in cambio del contributo fornito. L'adempimento delle obbligazioni assunte, e quindi anche del contratto psicologico, avviene quando tali aspettative vengono soddisfatte; - l'accettazione rappresenta l'accordo volontario, da parte dell'organizzazione e del dipendente, di accettare i termini del contratto. Con l'accettazione entrambe le parti sono coinvolte nelle obbligazioni reciproche e sono responsabili dell'adempimento del contratto stesso; rimane comunque la libertà di decidere di violare o di rompere l'accordo, assumendosi le rispettive responsabilità e sopportandone le relative conseguenze. Secondo alcuni, la principale funzione del contratto psicologico potrebbe essere quella di supplire alla mancanza di una qualche forma di contratto formalizzato. Questa affermazione, però, viene ben presto smentita dal fatto che le persone, anche in presenza di contratti formalizzati, sviluppano lo stesso un contratto psicologico. Infatti, i lavoratori "stipulano" il contratto psicologico per ragioni che possono essere diverse: - il contratto psicologico contribuisce a ridurre l'incertezza. Nonostante i contratti di impiego siano piuttosto completi, non è possibile riuscire a disciplinare ogni eventuale aspetto del rapporto lavorativo e il contratto psicologico interviene proprio per dare ai lavoratori un senso di sicurezza. In particolare, con riferimento alla motivazione, si è visto che le esperienze passate rivestono un ruolo fondamentale nella creazione dei comportamenti e quindi nella formazione di particolari schemi mentali che aiutano l'individuo a prendere le proprie decisioni e, conseguentemente, a ridurre l'incertezza. Il contratto psicologico può essere interpretato proprio come uno schema mentale legato alle obbligazioni reciproche tra persona e organizzazione; - il contratto psicologico riduce la necessità di supervisione organizzativa. Sono gli stessi dipendenti che, attendendosi delle ricompense nel breve o nel lungo periodo, esercitano autocontrollo sui propri comportamenti; - attraverso il contratto psicologico i dipendenti hanno l'impressione di riuscire a influenzare il proprio destino all'interno dell'organizzazione. Il sentirsi parte di un contratto i cui termini sono stati compresi e accettati e l'avere la consapevolezza di poter decidere di rispettare o no tale accordo, crea nei lavoratori la percezione di poter esercitare una "certa influenza" sul loro rapporto con l'organizzazione. Il processo Al fine di comprendere bene i passi che conducono alla creazione del contratto psicologico, è opportuno identificare in modo chiaro i soggetti coinvolti. 17 Il dipendente è colui il quale, attraverso la stipulazione di un contratto di impiego, svolge un'attività lavorativa alle dipendenze di un datore di lavoro. Il datore di lavoro è l'organizzazione. Quest'ultima affermazione cosa vuol dire? Ha senso parlare di reciprocità della relazione solo se si personifica l'organizzazione; i dipendenti, infatti, vedono le azioni compiute dagli agenti o dai rappresentanti dell'organizzazione come azioni intraprese dall'organizzazione stessa. Conseguentemente, uno studio del contratto psicologico deve fare riferimento a soggetti quali gli specialisti di risorse umane, i supervisori diretti, i manager ecc. in quanto si trovano nella posizione di comunicare ai dipendenti promesse riguardanti futuri impegni. Il contratto psicologico sorge dall’ interazione dell'individuo con il proprio ambiente organizzativo; in particolare, si sviluppa in seguito a: l'interazione del dipendente con i rappresentanti dell'organizzazione; la percezione del dipendente riguardo a procedure e cultura organizzative. Nello stabilire il contratto psicologico, individuo e organizzazione sono guidati dalla convinzione di ciò che è giusto ed equo. Il contratto psicologico si sviluppa all'interno di un ambiente dinamico le organizzazioni sono composte da una molteplicità di individui, con vari ruoli e prospettive e può originarsi sia in seguito a una discussione che in assenza di essa (come, ad esempio, tramite le percezioni personali dell'individuo che osserva il linguaggio del corpo del datore di lavoro oppure le caratteristiche dell'organizzazione). Gli obiettivi organizzativi possono incoraggiare lo sviluppo di un contratto psicologico con talune caratteristiche piuttosto che altre e questo può avvenire attraverso: la comunicazione di brevi messaggi, come, per esempio, "noi valutiamo la performance" o "noi valutiamo la lealtà"; i tipi di incentivi offerti, per esempio, pagamenti legati al mercato piuttosto che attenzione verso la sicurezza del lavoro. In particolare, il contratto psicologico prende forma da: 1. uno schema o modello mentale relativamente stabile e durevole. Attraverso questo contratto gli individui sono convinti dell'esistenza di un accordo reciproco e, quindi, di una condizione comune attraverso cui le parti sono implicate in un particolare corso di azioni; 2. norme sociali che "spingono" i lavoratori a creare un particolare accordo idoneo a rappresentare il loro rapporto con l'organizzazione. I dipendenti raccolgono delle informazioni che interpretano sulla base di particolari strutture mentali chiamate schemi. Dato che gli individui pongono in essere l'attività di ricerca delle informazioni sulla base dei propri fini lavorativi (ad esempio, avanzamenti di carriera, rapporti di amicizia in ambiente lavorativo ecc.), lo sviluppo del contratto psicologico può essere visto come un processo intenzionale attraverso cui il soggetto tenta di raggiungere un accordo con il datore di lavoro per conseguire i propri obiettivi. Gli obiettivi che motivano le persone verso la ricerca di informazioni possono essere sia di tipo transazionale basati su aspetti economici che di tipo relazionale riferiti ad aspetti sociali e il diverso grado di importanza ricoperto dalle due tipologie, varia da individuo a individuo e dipende dalla soggettività dei fini stessi. Durante la ricerca delle informazioni, assumono un ruolo di fondamentale importanza: - le domande dirette. Sono molto utilizzate soprattutto per conoscere gli aspetti transazionali del rapporto lavorativo, ma non va dimenticato che vi sono delle questioni che difficilmente entrano nel bagaglio conoscitivo degli individui e questo avviene sia perché gli stessi attori esitano a raccogliere informazioni a riguardo, sia perché tali problematiche vengono percepite come non negoziabili; 18 - il processo di controllo, per mezzo del quale gli individui, attraverso un'attività di interpretazione e di deduzione, identificano le informazioni che sono per loro rilevanti; - il processo di negoziazione che interviene al momento della stipulazione del contratto di impiego tramite il quale gli individui ottengono un accordo coerente con i propri obiettivi e il contratto psicologico viene influenzato in via indiretta. Attraverso la negoziazione, infatti, vengono stabiliti direttamente gli elementi del contratto formale di impiego, i quali in via indiretta incidono su quelli del contratto psicologico. Durante tutto il processo di ricerca delle informazioni, gli individui ottengono solo informazioni parziali che vengono sottoposte a una loro interpretazione e dalle quali traggono i relativi significati; questo è il fattore fondamentale che determina la formazione di contratti psicologici diversi da soggetto a soggetto. Durante la fase di interpretazione intervengono soprattutto: le percezioni riguardanti la cultura organizzativa o i modi di operare dell'organizzazione; le aspettative personali spesso idealizzate e configurate durante le fasi precedenti di formazione del contratto psicologico che, oltre a influire sull'attività di analisi delle informazioni, possono venire da queste e dalle eventuali nuove esperienze modificate. Il contratto psicologico prende forma da due elementi di base che vengono percepiti dal dipendente durante il processo interpretativo. 1. La promessa. Il contratto psicologico si basa sulla percezione, da parte del dipendente, dell'esistenza di una promessa tra sé e il datore di lavoro. In assenza di una qualunque forma di promessa il rapporto lavorativo non esisterebbe. Una promessa può essere definita come un'assicurazione detta o scritta, come un impegno che un soggetto si prende nei confronti di un altro, oppure come una condizione che fa sorgere delle aspettative tra una parte e un'altra. Le promesse, generalmente, indicano l'intenzione di far percepire dei benefici a colui che le riceve e aumentano la probabilità che all'interno del contratto psicologico venga raggiunto un accordo. Le promesse non comunicano solo impegni ed obblighi, ma possono trasmettere anche sentimenti di fiducia, e di fondamentale importanza è il grado di credibilità che una promessa può raggiungere. Le promesse costituiscono dei meccanismi attraverso i quali i soggetti autoregolano i propri comportamenti per raggiungere determinati obiettivi; il contratto psicologico, in quanto meccanismo di autoregolamentazione, motiva gli individui ad adempiere alle condizioni in esso racchiuse e determinate dall'accordo con altri soggetti. Esistono due differenti tipi di promesse: a) Promesse comunicate attraverso parole. Possono essere scritte o dette, esistono due forme di promesse comunicate attraverso il linguaggio: le garanzie, cioè promesse che dichiarano che certi fatti sono sicuramente veri; le promesse esplicite che impegnano il soggetto verso un particolare corso di azioni. Perché una promessa tramite le parole venga fatta non è indispensabile che venga esplicitata la parola "promessa" o "prometto" ma sono necessarie alcune particolari condizioni: il contesto, cioè una particolare situazione idonea a conferire significati a determinati eventi; il contesto in questo caso deve conferire alla comunicazione il significato di promessa; la risposta di colui che riceve la comunicazione; tale risposta deve far capire la sua accettazione alla promessa fatta; l'intenzione di un individuo a impegnarsi; le competenze necessarie affinché l'impegno venga mantenuto; la chiara identificazione di colui nei confronti del quale la promessa viene fatta. 19 b) Promesse che vengono trasmesse tramite azioni, attraverso, cioè, l'interpretazione di azioni. In questo caso una notevole importanza viene assunta dal contesto all'interno del quale determinate azioni assumono il significato di promesse. 2. Raccordo. Il contratto psicologico si basa sulla percezione, da parte del dipendente, dell'esistenza di un accordo tra sé e l'organizzazione. Si è in presenza di accordo quando le parti coinvolte possiedono le medesime credenze circa le obbligazioni che hanno tra loro e si verifica con maggior probabilità quando: a) le percezioni individuali sono obiettivamente precise, vale a dire che sono esenti da elementi che possano modificare in modo errato percezioni ed informazioni; tale condizione è più facilmente ottenibile tra soggetti aventi stretti rapporti di parentela o aventi esperienze precedenti maturate in ambienti simili; b) le informazioni sono condivise, quanto più le parti sono disposte a condividere le informazioni, tanto meno probabile è che informazioni importanti vengano tralasciate; la condivisione delle informazioni si rivela maggiore se le parti interagiscono frequentemente, possiedono informazioni attinenti con la relazione lavorativa e se conoscono bene il contesto all'interno del quale avviene lo scambio. Ma il contratto psicologico è esso stesso un tipo di schema cognitivo e per questo è spesso incompleto nella fase iniziale della sua formazione. Questa incompletezza, assieme alla necessità di meglio comprendere il loro rapporto lavorativo, motiva gli individui nella ricerca di informazioni. Una volta formato, il contratto psicologico diventa molto solido e durevole e, anche se eventuali cambiamenti avverrebbero in tempi tendenzialmente lunghi, si può affermare che il processo attraverso cui il dipendente ricerca le informazioni necessarie e fornisce una propria interpretazione personale alle informazioni raccolte continua a ripetersi per tutta la durata del rapporto lavorativo; ne deriva che la qualità delle fonti di informazione disponibili e la coerenza delle informazioni provenienti da fonti differenti sono elementi che vanno fortemente a incidere sulla formazione del contratto psicologico. Si possono individuare due differenti forme di contratto psicologico. 1. Contratto psicologico transazionale. Si fonda su uno scambio economico; la relazione lavorativa è solitamente di breve periodo, statica e basata sull'interesse individuale del dipendente cui appartiene. I dipendenti possiedono obiettivi rivolti all'ottenimento di guadagni economici immediati e di alternative e flessibilità relative al posto di lavoro; le loro aspettative riguardano elementi quali: il salario, la formazione professionale, rapidi avanzamenti di carriera, lo status e l'ottenimento di retribuzioni accessorie. L'organizzazione rappresenta il luogo in cui gli individui lavorano, nei confronti del quale investono un piccolo attaccamento emozionale: una loro identificazione deriva, eventualmente, dai compiti e dalle relative competenze, cioè dagli elementi si cui è basata la relazione di scambio. L'organizzazione, d'altro canto, mira a ottenere elevati livelli di flessibilità e un modo per raggiungerli è il poter disporre di conoscenze e capacità in base alle necessità. I contratti di questo tipo riportano, generalmente, una buona descrizione dei termini dello scambio. 2. Contratto psicologico relazionale. Si fonda su uno scambio sociale, il rapporto di impiego tende ad essere di lungo periodo, dinamico e basato su interessi collettivi e su aspetti di tipo socioemozionale. Gli elementi oggetto dello scambio possono essere sia di tipo monetario che non monetario in particolare, però, i lavoratori puntano a una riduzione dell'incertezza e dello stress legati al posto di lavoro, si aspettano un posto di lavoro sicuro, interessante, stimolante e che permetta loro di fare ampie esperienze. Le persone tendono a interiorizzare completamente i valori e gli obiettivi dell'organizzazione e si identificano con essa. L'organizzazione punta a una riduzione delle tecniche di supervisione intensive, vuole ottenere un impegno proporzionale alle attitudini di ciascun lavoratore e da una notevole 20 importanza al capitale sociale; si aspetta impegno, lealtà, qualità, uso di conoscenze professionali e specializzazione. I termini dello scambio sono, di solito, poco definiti ed astratti. Ricerca, Selezione, Inserimento ed Outplacement di risorse umane. Fra le attività di gestione delle risorse umane riveste particolare importanza il tema della ricerca e selezione del personale. Indipendentemente dal fatto che la ricerca e selezione avvenga internamente all’azienda oppure avvalendosi di servizi esterni tutte le informazioni rilevate durante la fase di ricerca e selezione possono essere un importante archivio di informazioni da collegare all’anagrafica della risorsa umana per valutare nel tempo lo sviluppo del rapporto fra azienda e persona, per funzioni quali ad esempio: valutazione di sentieri di carriera, valutazione di sostituzioni, ecc. Non si deve infine sottovalutare che la corretta e completa archiviazione e storicizzazione di tutte le informazioni pertinenti la vita di ogni risorsa umana in azienda assieme ad una buona procedura di gestione dell’outplacement sono la migliore garanzia per una rapida, efficace e “non problematica” gestione della delicata fase di uscita di una risorsa dall’organizzazione. Tra gli strumenti d’intervento, che permettono di rispondere alle esigenze dell’azienda, nell’ambito di una gestione pianificata delle persone vi sono: - Analisi del clima aziendale Analisi e valutazione delle posizioni professionali Analisi delle competenze espresse Valutazione del potenziale Analisi delle performances I sistemi premianti In questa prima parte si descriveranno le diverse pratiche di gestione delle risorse umane utilizzate dalle imprese: i sistemi di flusso, ovvero quei sistemi di pratiche che movimentano le persone (la pianificazione, il reclutamento e la selezione, la carriera e la valutazione del potenziale, lo sviluppo e la formazione); gli strumenti connessi verranno trattati di seguito. La pianificazione Qualsiasi considerazione relativa alle modalità di gestione del flusso in ingresso, attraversamento e uscita delle persone dall'organizzazione va collocata all'interno di tre visuali: individuale: la carriera e lo sviluppo sono frutto di un processo organico che gli individui cercano di controllare per orientarlo in modo coerente con i propri desideri e valori; sociale: la dinamica delle persone dentro l'organizzazione è influenzata da fattori sociali di natura ampia, tra i quali i valori dei lavoratori, l'operare delle istituzioni di formazione e l'intervento regolativo e normativo; organizzativa: sebbene le considerazioni relative alla disponibilità delle persone nelle organizzazioni siano spesso trascurate, producono effetti rilevanti per il funzionamento e per il raggiungimento degli obiettivi strategici. La pianificazione del personale si è evoluta in relazione a contesti stabili e di crescita, quando era necessario anticipare la natura di domanda e offerta di lavoro e sviluppare piani per riconciliarle. L'attività procedeva dall'analisi dell'organico e della sua composizione che 21 unitamente alla comprensione della strategia e dell'ambiente esterno consentivano di prevedere i flussi in ingresso e uscita. La natura del processo era considerata lineare e scomposta in fasi: 1. previsione dei fabbisogni in relazione a piani e obiettivi; 2. previsione delle modalità di copertura dei fabbisogni e analisi dell'ambiente interno ed esterno; 3. identificazione dei gap e sviluppo di piani di azione che coinvolgono il reclutamento, la valutazione, la compensation e lo sviluppo; 4. attuazione e controllo dei piani di azione con periodiche verifiche a livello di direzione. A questa visione sequenziale, si può aggiungere l'evoluzione proposta da Hendry (1995) che pur mantenendo fasi separate suggerisce un processo circolare che può essere attivato da una qualsiasi delle fasi: analisi degli organici; valutazione del livello di utilizzazione del lavoro; previsione della domanda di lavoro; previsione dell'offerta; sviluppo di un piano del personale. Lo sviluppo delle tecniche di supporto alla pianificazione del personale è ampio, ma è possibile identificare due approcci. Il primo considera la struttura organizzativa come un dato e le posizioni come slot da occupare. Man mano che le persone lasciano l'organizzazione si creano delle posizioni vacanti che devono essere occupate. La copertura delle posizioni vacanti consente il processo di carriera interna. L'analisi nel tempo di questi andamenti può consentire di modellare statisticamente l'occorrenza di questi processi. Il modello alternativo attribuisce il cambiamento più alla dinamica delle persone che nel tempo raggiungono diversi livelli di maturazione professionale e quindi originano flussi interni e/o esterni. Le conseguenze di un'adeguata pianificazione dei flussi del personale sono numerose e auspicabili: disponibilità del numero adeguato di persone con il giusto mix di competenze nel breve e nel lungo periodo; viluppo delle persone richieste per coprire i fabbisogni del futuro; percezione da parte dei lavoratori dell'esistenza di opportunità di crescita e sviluppo; percezione da parte dei lavoratori di un livello adeguato di sicurezza del posto di lavoro; percezione da parte dei lavoratori che i processi di selezione, mobilità, promozione e conclusione sono equi; minimizzazione dei costi del personale e dei costi di gestione delle politiche del personale, a condizione di conseguire gli obiettivi precedenti. Le politiche di gestione del flusso del personale possono essere scomposte in tre componenti logicamente concatenate: 1. gestione dei flussi in ingresso; 2. gestione della mobilità interna; 3. gestione dei flussi in uscita. 1. Per quanto riguarda la gestione dei flussi in ingresso, va ricordata l'importanza di un'adeguata definizione del contratto psicologico sin dalle prime fasi della costruzione della relazione di lavoro. 2. La gestione della mobilità interna comprende decisioni relative all'assegnazione dei ruoli, trasferimenti, promozioni e rimozioni. Questi processi hanno un'importanza critica per 22 le percezioni di equità interna al sistema. Pertanto debbono essere progettati e attivati con grande attenzione alla chiarezza e trasparenza dei criteri adottati dall'organizzazione. In termini generali e nella visione classica della gestione delle risorse umane, tali criteri dovrebbero essere ricondotti alla valutazione delle performance e dei comportamenti attuali e prospettici degli individui. Vi è poi una scelta di base che riguarda la velocità di movimento complessivo del sistema che ha un impatto su aree critiche della gestione delle persone, quali: soddisfazione e commitment; competenza; motivazione; coerenza; costi. Non sempre una maggiore velocità ha un effetto positivo su queste dimensioni di risultato. Coaching e counselling Workshop di sviluppo delle carriere Arricchimento delle posizioni Assegnazioni temporanee Sviluppo individuale Relazioni efficaci capocollaboratore Assessment center Formazione e istruzione Esperienza di differenti posizioni FIGURA: Gli strumenti dello sviluppo individuale. Beer et a., 1985. Ad esempio, competenza e motivazione dimostrano una relazione curvilineare con la velocità. Anche la coerenza può soffrire per velocità eccessive che causano stress nelle persone e si estendono alla vita personale. 23 L'insieme nel tempo delle decisioni relative a un individuo ha importanti conseguenze per lo sviluppo e per la carriera. Per quanto riguarda lo sviluppo, la sfida da affrontare è di stimolare e guidare i processi in modo coerente con le necessità dell'organizzazione. Vi sono approcci diversi che possono essere seguiti, collocati su un continuum che va da una pianificazione centralizzata a una totale delega di responsabilità all'individuo (implicita nei modelli che fanno riferimento al Temployability). In generale, è però opportuno che l'organizzazione abbia una chiara visione delle diverse componenti che interagiscono nel processo di sviluppo individuale (FIG. 5.1). Anche la carriera ha un ruolo rilevante nel determinare i flussi interni all'organizzazione. 3. La gestione dei flussi in uscita è spesso trascurata, poiché considerata o fisiologica (quando termina per raggiungimento di limiti di età) o patologica (in situazioni di crisi e di ristrutturazione o per specifiche problematiche individuali). Tuttavia, essa assume un ruolo importante poiché oltre a consentire di operare sulla natura degli organici, influenza le percezioni dei lavoratori. Questo sistema si trova a operare nel bilanciamento tra le legittime esigenze di sicurezza dei lavoratori e le esigenze di cambiamento dell'impresa adottando diverse strategie quali ad esempio: impiego a vita e licenziamento individuale per motivi soggettivi; impiego a vita per una parte del personale; mobilità laterale e "all'indietro"; rinnovamento professionale; prepensionamenti; riduzione per attrito (spesso trascurata, ma in realtà una delle modalità meno costose e più efficaci); outplacement; critical point review (incontri periodici di revisione delle prospettive individuali); licenziamento collettivo. L'articolazione della gestione dei flussi del personale in fasi non deve mettere in secondo piano il fatto che è dall'integrazione strategica che deriva la loro efficacia. Beer e colleghi (1985) propongono un modello descrittivo di riferimento ed evidenziano come possano presentarsi diversi modelli strategici di base. Secondo Beer e colleghi (1985) sono tre le strategie base di gestione dei flussi del personale: 1. sistemi ad impiego a vita: le persone entrano dal basso (al limite con una stratificazione diversa per operai e impiegati) e rimangono per tutta la vita professionale nell'organizzazione. Nel caso di performance inadeguate, la loro progressione viene fermata oppure si procede a licenziamenti individuali in genere molto rari; 2. sistemi Up-or-out: le persone entrano dal basso e progrediscono verticalmente, ma se non raggiungono il vertice sono incoraggiate a lasciare l'organizzazione (è il sistema classico delle società di consulenza); 3. sistemi In-and-out instabili: entrata ed uscita avvengono con grande facilità e a diversi livelli dell'organizzazione; 4. sistemi misti. 24 Requisiti organizzativi Esigenze individuali Obiettivi e piani di business Pianificazione dei flussi del personale Obiettivi personali e piani di vita e carriera Piani individuali di sviluppo e carriera Sistemi e politiche Ingresso Reclutamento Assessment e selezione Orientamento e socializzazione Flusso interno Valutazione delle performance e del potenziale Sviluppo di carriera Collaborazione interna, promozione, rimozione Formazione Uscita Licenziamento, outplacement, pensionamento Istituzioni sociali Legislazione Agenzie governative Istituzioni formative Sindacati Valori sociali Politiche pubbliche FIGURA. I flussi del personale. Beer at al., 1985. 25 L'insieme di queste decisioni richiede nell'operatività la disponibilità di un sistema informativo del personale che raccolga e renda disponibili dati diversi sulle consistenze e sull'andamento dell'organico, quali ad esempio: a) sull'organico: sesso; classi di età; posizione familiare; residenza; scolarità e formazione successiva; conoscenze, attitudini, capacità e competenze; livello di inquadramento e qualifica; posizione lavorativa; posizione retributiva e costo; anzianità nell'azienda, nella qualifica, nella posizione; tassi di assenteismo; turni, trasferte, ore straordinarie; valutazioni sulle prestazioni e sul potenziale; b) specificamente per la pianificazione: numero di rimpiazzi per ogni singola posizione; tassi di turnover (volontario e non volontario); anzianità media per posizione; numero medio di esperienze precedenti dei top manager e degli alti potenziali. Su questa base, vengono a svilupparsi le tre fasi logiche della pianificazione, ovvero previsione, programmazione, valutazione. La previsione ha un ruolo importante e richiede abitualmente l'uso di tecniche miste qualitative e quantitative come illustra l'esempio in tabella: TABELLA Un esempio di pianificazione del personale Perdite Categoria Consistenza di Pens.nti Uscite iniziale posizioni Altro 1 2 3 4 136 255 291 357 1.039 4 2 1 0 0 18 29 36 Entrate Trasferimenti 11 0 0 0 3 3 8 0 Mobilità interna Promoz. Rimoz. 0/13 13/26 26/39 39/0 0/0 0/0 0/0 0/0 Offerta interna prevista 137 251 282 282 952 Fonte: Beer at al., 1985. Ovviamente esistono livelli diversi di disaggregazione della pianificazione. Per le posizioni di natura operativa e non critiche tendono a prevalere analisi quantitative basate sullo storico, mentre per le posizioni manageriali e critiche è opportuno sviluppare sistemi di successione che coinvolgano i titolari delle posizioni in un processo condiviso. 26 II reclutamento e la selezione II reclutamento comprende una serie di pratiche e attività svolte con l'obiettivo di identificare e attrarre potenziali dipendenti e include diversi sottoprocessi spesso denominati ricerca, screening, selezione e inserimento. Le attività che rientrano nel reclutamento governano quindi le modalità di accesso all'impresa. La natura specialistica che le caratterizza si deve comporre all'interno di una visione unitaria del processo, poiché le fasi a monte determinano le condizioni nelle quali opereranno quelle a valle. La gestione dei processi di entrata del personale nell'impresa rappresenta un'area critica da diversi punti di vista: dal punto di vista economico-gestionale, ha un impatto sul costo del lavoro complessivo per l'impresa, sia perché determina l'incremento dell'organico sia perché conduce alla definizione della retribuzione di ingresso, talvolta dopo una negoziazione con il candidato; dal punto di vista tecnico, determina la qualità delle persone inserite nell'organico certificando la presenza di determinate competenze individuali, considerate rilevanti per l'esecuzione del job; dal punto di vista sociale, ha un impatto su variabili quali il clima organizzativo o il funzionamento dei gruppi di lavoro. Non stupisce quindi che abbia generato un grande interesse di ricerca, testimoniato da diversi contributi di sistematizzazione del campo che confermano tuttavia l'esistenza di numerosi limiti: la debolezza delle strategie empiriche, la tendenza ad affrontare il tema segmentando il processo e privilegiando alcune aree (le fonti di reclutamento, le caratteristiche dei selezionatori e le descrizioni del job), la mancanza di riscontri su altre aree del processo. Altri contributi si sono concentrati sull'impatto delle decisioni di reclutamento su alcuni processi sociali. Ad esempio, Petersen e Saporta (2004) hanno rilevato che è la selezione il processo nel quale maturano le condizioni per una discriminazione di genere interessando tre aspetti: le procedure di reclutamento, la scelta del candidato e la qualità dell'offerta. Le condizioni alla selezione presentano il gap di genere più rilevante: in media mezzo livello gerarchico e il 15% di salario in meno per le donne. Nel tempo poi il gap tende a ridarsi. Breaugh e Starke (2000) considerano nella loro rassegna della letteratura l'intero sviluppo del processo di reclutamento, soffermandosi sui principali risultati empirici come si può notare del modello presentato nella seguente figura. 27 Obiettivi del reclutamento • Tasso di permanenza • Performance nel job • Soddisfacimento del controllo psicologico • Soddisfazione del lavoro • Costo di reclutamento • Velocità di reclutamento • Numero di posizione coperte • Diversità dei processi di selezione Sviluppo delle strategie • • • • • Chi reclutare? Dove reclutare? Quali fonti di ricerca? Quando reclutare? Quale messaggio comunicare? • Numero di candidati • Qualità dei candidati • Diversità dei candidati • Rapporto tra offerte e accettazioni Attività di reclutamento • Fonti di ricerca • Selezionatori • Messaggio di ricerca: realismo, completezza e tempestività Variabilità di processo Risultati • Attenzione del candidato • Comprensione del candidato • Credibilità del messaggio • Interesse del candidato: attività del lavoro e dell’organizzazione, aspettativa rispetto all’offerta • Accuratezza delle aspettative del candidato • Comprensione di sé, conoscenza, skill, abilità, bisogni • Confronto tra autcome e obiettivi FIGURA. Un modello del processo di reclutamento. Braughe Starke, 2000. Gli obiettivi del reclutamento La configurazione del processo di reclutamento può variare notevolmente in relazione alla natura degli obiettivi che l'organizzazione gli assegna. Il processo di reclutamento è caratterizzato da interdipendenze accentuate, pertanto le decisioni prese a ogni fase sono strettamente legate alle altre. Questa considerazione spiega perché assuma una massima importanza l'individuazione degli obiettivi dell'azione di reclutamento. Se in passato la definizione di tali obiettivi poteva essere circoscritta all'ampliamento dei possibili candidati, oggi l'importanza dei processi di reclutamento porta a considerare un ventaglio più ampio di opzioni: 28 obiettivi di medio-lungo: fanno riferimento alla qualità del rapporto tra persona e organizzazione. Tra di essi si segnalano la soddisfazione dei lavoratori, la performance, la soddisfazione del contratto psicologico e il tasso di permanenza a un anno; obiettivi di breve: sono misurabili non appena la persona inizia a lavorare nell'organizzazione. Tra di essi annoveriamo il costo del reclutamento, la velocità del reclutamento, il numero di selezionati e la diversità dei processi di selezione; - obiettivi di processo: riguardano tipicamente outcome che precedono il processo di selezione, ma sono spesso attentamente monitorati dalle imprese. Tra di essi possiamo ricordare il numero di candidati, la loro qualità, la diversità dei loro profili e il rapporto tra posizioni offerte e posizioni accettate. Le strategie di reclutamento e la selezione Nell'insieme le attività di reclutamento si occupano della previsione del comportamento futuro dei candidati e richiedono una sistematica attività di analisi sia dei requisiti organizzativi sia delle caratteristiche dei potenziali candidati. Gli approcci comunemente adottati sono due. L'approccio psicometrico definisce i requisiti di una determinata posizione e attraverso un processo sistematico identifica la persona che meglio si sovrappone a tali requisiti. La trattazione sistematica che segue fa riferimento a questo approccio che è generalmente il più diffuso. Ma vi sono dei limiti di tale approccio. In primo luogo, le imprese necessitano sempre più di profili generalisti, più che specialisti per assicurarsi una sufficiente flessibilità funzionale e di lavoratori che siano in grado di innovare e prendere nuove iniziative. In secondo luogo, le imprese si trovano a operare in un'area sempre più globale o comunque caratterizzata da specificità geografiche, di cultura e del mercato del lavoro rilevanti. Infine, la qualità dei processi di lavoro richiede maggiore coinvolgimento del personale e un'integrazione diretta della selezione con le altre leve gestionali e con il contratto psicologico che l'impresa è in grado di sostenere. L'insieme di questi elementi spiega perché basarsi sulle caratteristiche della posizione e delle persone che l'hanno ricoperta in passato possa produrre delle conseguenze non efficaci. Un'alternativa è la prospettiva dello scambio che identifica due attori (il candidato e l'organizzazione) che hanno aspettative definite e che attraverso una serie di incontri riducono l'asimmetria informativa e negoziano la creazione di un rapporto. La negoziazione è possibile perché né l'uno né l'altra hanno caratteristiche immutabili. L'esito del processo è la costruzione di un contratto psicologico ben compreso e chiaro a entrambi i contraenti. Se l'esito è negativo, questo rappresenta in sé un valore del processo perché evita la creazione di una relazione altrimenti non stabile. Le attività di reclutamento Le attività di reclutamento coinvolgono una sequenza di azioni e fasi sistematiche di analisi dei requisiti e definizione dei profili di reclutamento, ricerca, preselezione, selezione e inserimento di candidati all'interno dell'organizzazione, che saranno descritte di seguito. Analisi dei requisiti In molti casi, il processo di copertura di una posizione vacante viene risolto ipotizzando come un dato le caratteristiche della persona che ricopriva con successo la posizione in precedenza. In realtà, un approccio più sistematico richiederebbe di rivedere con attenzione i potenziali requisiti, inserendoli nel contesto allargato dell'organizzazione e dell'ambiente esterno. Questo richiede ad esempio di valutare se l'esigenza di copertura non possa essere risolta con un intervento di progettazione delle mansioni o di automazione. In ogni caso, è determinante l'analisi della posizione, ovvero dell'insieme di task assegnati attraverso 29 strumenti diversi: interviste, questionari o diari. Accanto a questi strumenti che raccolgono la prospettiva del detentore della posizione, sono utili attività di osservazione diretta e il coinvolgimento di altri attori, certamente del superiore diretto, ma anche di colleghi, subordinati e altri interlocutori (ad esempio clienti). Su questa base viene redatta una descrizione della posizione che contiene le finalità, le attività, le responsabilità e le relazioni gerarchiche. Spesso dalla descrizione delle posizioni può essere generata una scheda di requisiti, ovvero la declinazione della posizione in skill, conoscenze, esperienze, capacità ritenute chiave. Da questo documento si parte per definire il profilo di selezione, ovvero la descrizione delle caratteristiche psicosociali derivante da inferenze. Vi sono due approcci alla definizione delle caratteristiche psicosociali richieste da una posizione. Il primo è il Seven Point Plan, che identifica sette caratteristiche: • Aspetto fisico; • Risultati passati; • Intelligenza generale; • Attitudini speciali; • Interessi; • Disposizioni; • Circostanze specifiche. Il secondo consiste di cinque categorie: • Impatto sugl’altri; • Qualificazione e conoscenza acquisite; • Abilità innate; • Motivazione; • Equilibrio emotivo. Fonte: Solari, 1996. Il problema di questo processo è che non è scevro da distorsioni, in quanto considera fattori non universalmente determinabili. Anche le evoluzioni derivanti dall'applicazione di sistemi basati sulle competenze tendono a ripetere questo limite, perché pur partendo da descrizioni comportamentali sono poi declinate in caratteristiche individuali assimilabili ai sistemi qui descritti. L'importanza della chiara definizione dei requisiti non ha una valenza solo interna all'organizzazione, ma anche nel rapporto con i candidati. Una descrizione accurata del processo di formazione delle aspettative è il seguente: 30 Impressione iniziale della posizione • Favorevole/non favorevole • Non consapevole delle della posizione • Percezioni non accurate Il candidato inizia a cercare informazioni L’organizzazione fornisce informazioni Aspettative sul lavoro sull’organizzazione più accurate e complete Bisogni della persona rispetto alla posizione Abilità della persona rispetto alla posizione Il candidato percepisce l’organizzazione come onesta Autoselezione Congruenza persona-posizione Il candidato percepisce commitment per la decisione presa Congruenza tra abilità e requisiti Performance positiva Congruenza tra bisogni e ricompense Valore Soddisfazione Longevità del rapporto FIGURA. La formazione delle aspettative. Breaugh, Starke, 2000. 31 Ricerca Una volta definito il profilo ricercato, il problema diviene quello di assicurarsi che l'informazione relativa raggiunga il maggior numero di potenziali candidati interessanti. Una prima decisione riguarda la scelta tra una ricerca interna all'impresa o sul mercato del lavoro. La ricerca interna ha numerosi vantaggi quali ad esempio la disponibilità di informazioni, il minor costo di ricerca, la presenza di alcuni elementi di socializzazione. Non vanno dimenticati i limiti che sono di non riuscire a portare nell'organizzazione persone con idee e modelli cognitivi diversi e di discriminare indirettamente favorendo una forza lavoro interna che ha una composizione storicamente determinata. In tempi recenti, tuttavia, la ricerca interna è ulteriormente favorita dalla diffusione delle tecnologie che consentono di attivare processi di job posting, ovvero di segnalazione di posizioni da ricoprire e di richiesta di candidatura spontanea all'interno dell'organizzazione. In generale, anche se i dati sul fenomeno non sono facilmente reperibili, è opinione comune che nella maggior parte dei casi la strada interna sia preferita e comunque percorsa. In alcune organizzazioni, le procedure di selezione la impongono definendo un limite temporale per il job posting prima di poter istruire un processo di selezione esterna. I canali Un primo aspetto dei processi di ricerca del personale riguarda la scelta dei canali da utilizzare. Convenzionalmente i canali sono suddivisi tra canali informali (segnalazioni, autocandidature ecc.) e canali formali (società di ricerca, società di lavoro interinale, centri per l'impiego ecc.). In alcuni casi, questi canali sono non solo utilizzati, ma fortemente incentivati, prevedendo premi per i dipendenti che segnalino un candidato che risulti poi assunto al termine del processo di selezione. Le ragioni per il diffuso uso dei canali informali sono in primo luogo di costo. Tuttavia non va dimenticato che questi canali possono consentire una preselezione e scrematura, che considera le caratteristiche culturali e organizzative dell'impresa, e favorire una migliore circolazione di informazioni anche a favore del candidato con una definizione delle aspettative più realistica. Per questo motivo, sono spesso considerate positivamente anche nella prospettiva dello scambio che enfatizza, appunto, la descrizione realistica del contesto organizzativo e della posizione. Per quanto riguarda i canali formali, va detto che hanno natura molto eterogenea. Accanto ad attività di semplice gestione amministrativa e fisica della ricerca, favorite dalla costruzione di ampi database, possono esserci imprese che seguono anche il processo di selezione con livelli diversi di professionalità e coinvolgimento. Infine, le agenzie di lavoro interinale, pur svolgendo un servizio di reperimento di personale diverso (che comprende l'assunzione a proprio carico del personale) di fatto possono rappresentare un canale di ricerca indiretto. Accanto ai canali in senso stretto, vi sono poi una serie di azioni e iniziative volte a dare visibilità e pubblicità al processo di ricerca del personale che talvolta vengono considerate in sé dei canali (ad esempio, l'annuncio sul quotidiano). Distinguiamo quindi i canali in senso stretto che sono: segnalazioni dei dipendenti/di altri attori; database delle segnalazioni spontanee; agenzie di ricerca (anche siti internet); istituzioni educative e formative. Rientrano invece nelle forme di pubblicità, alcuni dei media comunemente utilizzati: stampa (quotidiani locali, quotidiani nazionali, riviste specifiche di settore); siti web; radio e televisione, meno utilizzate perché più onerose. Mentre una buona parte delle attività di sollecitazione dei canali di ricerca è di solito gestita direttamente dalle imprese, le azioni pubblicitarie sono talvolta esternalizzate a società 32 specializzate che gestiscono anche il contatto con i diversi media. L'efficacia dei diversi canali è stata oggetto di diversi studi empirici che tuttavia non hanno portato a conclusioni definitive, nonostante le fonti informali (segnalazioni spontanee o segnalazioni interne) siano apparse spesso collegate a bassi tassi di turnover. Un altro limite rilevante è la mancanza di informazioni e ricerche sulle modalità con le quali i diversi canali possono interagire e come potrebbe essere possibile costruire vere e proprie "campagne" di ricerca su media usati in parallelo. Esistono invece alcune teorie sulle relazioni tra canale e natura dei contatti più probabili. Nell'utilizzo di diversi canali di ricerca è implicita l'assunzione che a canali diversi corrispondano potenziali candidati e possibili esiti del reclutamento diversi. Questa assunzione è supportata da due teorie: l'ipotesi dell'informazione realistica e l'ipotesi della differenza individuale. L'ipotesi dell'informazione realistica sostiene che le persone contattate attraverso determinati canali differiscono per l'accuratezza delle informazioni possedute. Le segnalazioni interne ed esterne, ad esempio, dovrebbero essere in grado di migliorare le informazioni, poiché il segnalante ha tutto l'interesse ad esplicitare bene le caratteristiche del lavoro offerto. Anche le segnalazioni spontanee potrebbero assumere caratteristiche di accuratezza perché implicano un'attività di analisi e ricerca da parte del candidato. L'ipotesi della differenza individuale ritiene che i canali differiscano nella loro abilità di raggiungere persone differenti per caratteristiche di personalità e competenze. Anche se alcune ipotesi sono emerse, la letteratura non è in grado di identificare, tuttavia, delle relazioni sistematiche. Selezione La selezione è la parte del processo di reclutamento e selezione che si occupa della scelta dei candidati tra quelli che sono stati raggiunti e che sono disponibili a entrare in contatto con l'organizzazione. La selezione prevede una fase preliminare di preselezione ovvero di screening dei candidati. Questo processo ha come oggetto la documentazione richiesta e ricevuta, tipicamente, quindi, il curriculum vitae o la lettera di presentazione. L'importanza di questa fase è spesso sottaciuta, tuttavia va ricordato che la preselezione produce una riduzione del pool di candidati attraverso un'analisi di un'informazione che non consente feedback e che può avere una relazione non così lineare con le reali caratteristiche dei candidati. Ovviamente, questo non è vero per quei requisiti che sono necessari, oggettivi e accettabili, quali l'età, eventuali titoli di studio ecc. (a condizione che la loro necessità sia giustificata ex ante da un'accurata analisi della posizione). Rimangono, tuttavia, anche dopo aver considerato questi elementi più generali, delle esigenze di riduzione del pool (anche in funzione di una maggior’ efficienza del processo di selezione) che possono essere soddisfatte con l'applicazione di euristiche e regole del pollice più o meno giustificabili. Come ricordavamo, il problema è che queste assunzioni implicite non sono facilmente verificabili, dato che producono l'esclusione da qualsiasi ulteriore analisi dei candidati. I metodi di selezione sono numerosi e vari, tuttavia, un ruolo cardine è giocato dall'intervista. L'intervista. Nonostante numerosi risultati di ricerche empiriche abbiano seriamente messo in dubbio la qualità dell'intervista nei processi di selezione, essa rappresenta il metodo più diffuso e spesso anche il più difeso dai selezionatori. In alcuni contesti, tuttavia, le imprese dimostrano di aver compreso i limiti di questo strumento e lo affiancano con altri strumenti almeno per alcune categorie di lavoratori. 33 Numerosi approfondimenti hanno riguardato il ruolo dei selezionatori nei processi di reclutamento e selezione. Nella maggior parte dei casi, l'oggetto di analisi ha riguardato le distorsioni sistematiche nel giudizio soprattutto all'interno di processi di intervista non strutturati. I risultati delle ricerche hanno evidenziato la bassa coerenza dei giudizi di diversi selezionatori sugli stessi candidati, la presenza di stereotipi, la definizione del giudizio nei primi momenti del colloquio, l'eccessivo peso attribuito alle informazioni e ai segnali negativi rispetto a quelli positivi. Queste distorsioni sono considerate non eliminabili, per cui l'atteggiamento si è spostato verso il miglioramento dell'intervista in sé attraverso una sua maggiore strutturazione e standardizzazione. Gli esempi più noti in questo senso sono tre: 1. le interviste situazionali: ai candidati viene chiesto di descrivere come si comporterebbero in una serie di situazioni ipotetiche, sulla base dell'ipotesi che le intenzioni siano un buon predittore dei comportamenti. Le situazioni utilizzate sono generate sulla base di una descrizione di momenti critici della posizione. Le risposte sono poi analizzate sulla base di una scala di comportamenti definiti da esperti e distribuiti in relazione alla loro appropriatezza; 2. le Patterned Behavioral Description Interviews: ai candidati vengono richiesti degli esempi specifici di comportamenti messi in atto nel passato rispetto a dei temi critici della posizione. L'intervista procede poi approfondendo i dettagli delle situazioni descritte; 3. le Content Analytical Interviews: questo approccio ha alla sua base l'ipotesi che i candidati di talento si esprimano in modo diverso. Sulla base delle caratteristiche della posizione vengono identificate una serie di domande, ognuna delle quali è di fatto un item di un questionario. Al termine, si valutano le risposte in dettaglio, con l'ausilio solitamente di una registrazione, motivo per il quale spesso queste interviste vengono svolte al telefono. Anche se i risultati delle ricerche confermano che l'adozione di una modalità di intervista strutturata migliora la validità delle previsioni che se ne traggono, oltre un dato livello di strutturazione non si hanno incrementi apprezzabili, anzi si corre il rischio di perdere la possibilità di trasferire informazioni al candidato e di aiutarlo a comprendere meglio le caratteristiche dell'organizzazione. Anche se questo aspetto non è al cuore dell'approccio psicometrico, è opportuno considerare che un'intervista eccessivamente strutturata non consente di contribuire alla chiarificazione del contratto psicologico reciproco. Questo spiega perché nella prospettiva dello scambio, al contrario, prevalgano le interviste non strutturate. Le caratteristiche dei selezionatori hanno un impatto sul reclutamento non solo perché dalla loro professionalità dipende la raccolta di informazioni sui candidati, ma anche perché le modalità con le quali gestiscono la relazione possono influenzare la decisione del candidato. Da questo secondo punto di vista, la ricerca ha evidenziato che caratteristiche come l'abilità informativa, la credibilità, la personalità e le modalità relazionali possono giocare un ruolo importante nella selezione. Vi è accordo sull'importanza dei selezionatori perché hanno un ruolo diretto nella comunicazione delle informazioni relative alla posizione e agiscono come un segnale di alcune caratteristiche non osservabili dell'organizzazione. Per questa ragione si sottolinea l'importanza dell'abilità comunicativa e soprattutto della credibilità che appare più spesso collegata dai candidati a persone che ricoprano il ruolo o siano in posizioni di supervisione rispetto a selezionatori full time. I test psicologici. L'utilizzo dei test nei processi di selezione è generalmente in aumento, poiché da tempo anche la ricerca empirica ha rivelato come abbiano in generale una buona 34 validità predittiva. Sebbene esistano numerosi tipi di test, le due famiglie più comunemente utilizzate sono: i test di personalità: vi sono opinioni contrastanti sull'uso di questi test, di solito sviluppati in altri ambiti, all'interno dei processi di selezione; certamente è consolidata l'opinione che l'utilizzo corretto richiede l'identificazione di una relazione specifica con le competenze di ruolo. La maggior parte delle ricerche ha utilizzato il modello della personalità Big Pive (riquadro 5.2) i test di abilità cognitive: misurano l'intelligenza generale (o "fattore g") e diverse analisi empiriche hanno dimostrato la relazione con dimensioni importanti del contesto lavorativo, anche se va considerato come il range dei candidati nel punteggio di g sia legato alla natura della posizione e come alcuni di questi test siano distorti sistematicamente a danno di alcuni gruppi sociali ed etnici. RIQUADRO L'atteggiamento prevalente e tradizionale considera la selezione un'attività volta all'allineamento preciso di profili di conoscenze, abilità e skill, quasi come trovare la corrispondenza tra una chiave (il candidato) e la serratura (la posizione). Un atteggiamento alternativo ritiene che si possano identificare top performer concentrandosi su alcune caratteristiche chiave che conducono al successo in una qualsiasi posizione. Un esempio è dato da Microsoft che segue la predilezione di Bill Gates per l'intelligenza a ogni costo anche rispetto all'esperienza. Il dibattito tra le due prospettive si interseca con il dibattito sulla natura dell'intelligenza che vede opporsi da un lato fautori del concetto di intelligenza multipla (con una grande varietà di modelli di definizione alternativi), dall'altro chi ritiene che esista una meta-abilità, chiamata intelligenza generale o "fattore g". I risultati delle ricerche empiriche riportati da Behling (1998) sostengono l'importanza di g rispetto ad altre forme di intelligenza nel prevedere la performance nella formazione e in misura più limitata nel lavoro. La relazione con la performance sarebbe mediata dal fatto che g prevede molto bene la conoscenza relativa alla posizione. Accanto al concetto di intelligenza generale, la selezione è stata fortemente influenzata dall'evoluzione delle interpretazioni del carattere, delle attitudini, in una parola della personalità, che definisce strutture di comportamento stabili in circostanze diverse e nel tempo. Dagli anni sessanta si è andato diffondendo uno schema che riconduce a cinque fattori (Big Pive, ognuno caratterizzato da due sottodimensioni), le caratteristiche individuali rilevanti che sono: 1. energia: è inerente a un orientamento fiducioso ed entusiasta nei confronti delle varie circostanze della vita, la maggior parte delle quali è interpersonale (DI: dinamismo; DO: dominanza); amicalità: include, a un polo, caratteristiche come l'altruismo, il prendersi cura, il dare 2. supporto emotivo, e, al polo opposto, caratteristiche come l'ostilità, l'indifferenza verso gli altri, l'egoismo (CP: cooperatività; co: cordialità); coscienziosità: fa riferimento a caratteristiche come la precisione e l'accuratezza, 3. l'affidabilità, la responsabilità, la volontà di avere successo e la perseveranza (se: scrupolosità; PE: perseveranza); stabilità emotiva: è una dimensione molto ampia comprendente una varietà di 4. caratteristiche collegate all'ansietà e alla presenza di problemi di tipo emotivo, quali la depressione, l'instabilità di umore, l'irritabilità ecc. (CE: controllo dell'emozione; ci: controllo degli impulsi); 35 5. apertura mentale: fa riferimento all'apertura verso nuove idee, verso i valori degli altri e verso i propri sentimenti (AG: apertura alla cultura; AE: apertura all'esperienza); Diverse ricerche empiriche hanno rilevato che la coscienziosità è la dimensione che gioca il ruolo principale nel determinare le performance. Behling (1998) propone alcune indicazioni su come misurare e rilevare l'intelligenza generale e la coscienziosità: test specifici; curriculum vitae e colloqui per analizzare la presenza di intelligenza generale: si sono rivelati buoni predittori il voto conseguito nei percorsi di studio, l'abilità linguistica e le esperienze di problem solving di successo; Curriculum vitae e colloqui per analizzare la presenza di coscienziosità: si suggerisce di osservare il grado di preparazione per il colloquio, il modo di presentarsi e vestirsi e l'attenzione alla pianificazione attenta dei propri percorsi di crescita passati e potenziali. Fonte: Solari, 1996. Vi sono alcune riserve sull'utilizzo dei test nella selezione. Una prima rilevante osservazione riguarda il fatto che le situazioni lavorative sono normalmente caratterizzate da forti pressioni contingenti e questo riduce la varianza dei comportamenti individuali. In secondo luogo, lo stesso ruolo può essere interpretato in modi diversi, a parità di risultati, da parte di individui con personalità diverse. Ciò propone il problema del modo con il quale utilizzare le misure di personalità, più che negarne l'utilità. Una soluzione è quella di abbandonare l'illusione di una relazione univoca e diretta tra profili di personalità e performance in un determinato ruolo e utilizzare i test come base per una discussione con il candidato volta a rendere più trasparenti le condizioni lavorative e le aspettative reciproche. Gli assessment center. L'assessment center fa riferimento all'utilizzo di diversi strumenti di selezione su un arco temporale prolungato per consentire a valutatori differenti di esprimere un giudizio su un numero ampio di candidati. Gli assessment center non sono solo un insieme di prove, ma un sistema strutturato di prove costruite con attenzione alle interdipendenze con le dimensioni da valutare e tra le diverse prove. Accanto alle interviste e ai test, gli assessment center adottano simulazioni di attività lavorativa con l'obiettivo di consentire un'osservazione diretta dei comportamenti da valutare. Tra i diversi esempi si possono citare: in basket: in questa prova il candidato è posto davanti a un numero rilevante di diverse informazioni cartacee e in condizioni di pressione temporale deve prendere una decisione; decisioni di gruppo: le persone devono discutere e risolvere un problema in gruppo; simulazioni a ruoli fissi: le persone si trovano a dover interagire tra loro e con osservatori esterni sulla base di una descrizione dei comportamenti vincolante; simulazioni a moli aperti: come le precedenti, ma senza elementi di vincolo e costrizione comportamentale e/o negli obiettivi da perseguire; simulazioni di organizzazione: si tratta di veri e propri contesti organizzativi che vengono ricostruiti con attori e osservatori che interagiscono con i valutati. Diversi autori hanno criticato la validità degli assessment center, evidenziando distorsioni nella valutazione, derivanti dall'effetto del risultato ottenuto rispetto al comportamento in sé Questi risultati sono ricondotti alla natura dei valutatori che se non professionali (psicologi invece che manager) rischiano di non cogliere l'importanza dell'oggetto reale da osservare ovvero alla progettazione approssimativa. 36 La selezione è un'attività di discriminazione controllata basata su assunzioni di validità e affidabilità degli strumenti che non possono essere assolute. Parte integrante di una corretta progettazione è quindi l'attenzione al controllo del sistema e delle sue conseguenze, attraverso controprove, analisi retrospettive e vere e proprie attività di audit. In assenza di questa attenzione che è certamente costosa e gravosa, il rischio è di costruire un sistema che non assolve alla sua funzione e che non è in grado di apprendere dalla sua stessa storia e dal contesto nel quale è inserito. Le variabili di processo Numerosi studi hanno approfondito la relazione tra le attività di reclutamento e i risultati. È indubbio che il ruolo principale sia da attribuire all'oggetto, ovvero alla qualità e all'interesse della posizione per la quale si recluta, che può dipendere anche dalle caratteristiche percepite dell'organizzazione e dalla sua immagine sul mercato del lavoro. Accanto al contenuto della posizione, numerosi studi hanno sottolineato l'importanza di variabili di processo che fanno riferimento sia alle azioni di comunicazione sia al candidato e che come tali non sono sempre sotto il controllo dell'organizzazione. Per quanto riguarda la comunicazione, è essenziale che l'organizzazione sappia attrarre il candidato. Per questo motivo, diverse ricerche hanno evidenziato le caratteristiche che devono avere le attività di ricerca. In particolare si sono rivelati particolarmente efficaci messaggi che: siano vividi, includendo anche immagini e facendo uso di forme espressive concrete; trasferiscano informazioni non attese; forniscano informazioni rilevanti in modo personale; siano trasferiti sulla base di interazioni dirette faccia a faccia; siano completi, dettagliati e specifici nei contenuti. Al di là del contenuto, alcune ricerche hanno evidenziato che le modalità di costruzione del messaggio possono influenzare le aspettative dei candidati e orientare i loro processi decisionali. Accanto all'abilità nell'attrarre, la comunicazione è influenzata anche dalla comprensione del messaggio (contenuto e media) e dalla credibilità della fonte. La credibilità è incrementata quando il messaggio ricevuto da fonti diverse appare coerente, quando la fonte del messaggio ha esperienza ed è vicina al contesto lavorativo di cui si tratta, quando le informazioni trasferite non sono attese, ad esempio in parte dialettiche e in parte critiche. Per quanto riguarda il candidato, la chiarezza delle aspettative rispetto al lavoro e all'organizzazione e un'adeguata autoconsapevolezza apportano un contributo positivo alla qualità del reclutamento. Questo sottolinea l'importanza di una descrizione realistica della posizione da parte dell'organizzazione per consentire al candidato una valutazione corretta dell'interesse e della possibilità reale di coprire la posizione al meglio. Se è vero che l'attore principale della selezione è spesso l'organizzazione, è indubbio che anche il candidato sceglie e che un'accurata percezione potrebbe consentire di limitare le situazioni di non coerenza. Un ruolo critico, infine è giocato dalla tempestività e scansione temporale del processo di selezione. Alcune indicazioni rilevanti sono: lunghi ritardi tra le diverse fasi del processo sono comuni; i candidati di solito associano a questi ritardi conseguenze negative; i ritardi influenzano la volontà dei candidati di accettare l'offerta; i candidati più interessanti associano al ritardo un segnale negativo nei riguardi dell'organizzazione. 37 La valutazione del potenziale e la carriera Il significato della carriera La carriera è la sequenza in evoluzione delle esperienze di una persona nel tempo. La carriera è stata sempre considerata un elemento fondamentale nel processo di sviluppo professionale, ma anche un'esperienza centrale nella vita delle persone per la sua valenza extraorganizzativa. La carriera è un evento che riguarda un individuo e che comporta numerose conseguenze di rilievo, tra le quali: un incremento della retribuzione; una modifica almeno parziale dei contenuti del lavoro; una conferma e un riconoscimento sociali (status); la possibile gratificazione di un motivo profondo individuale. La carriera va sempre considerata all'interno di una relazione nella quale sia il lavoratore sia l'impresa hanno un ruolo importante. L'impresa fornisce opportunità e crea barriere, mentre il lavoratore ha aspettative e speranze di sviluppo. Il sistema di carriera II sistema di carriera è basato su filosofie che determinano la natura dei processi e delle risorse ad esso dedicate. In generale, si ritiene che il sistema di carriera debba essere caratterizzato da un'ampia diffusione delle informazioni per consentire alle persone di comprendere le scelte. Accanto alle informazioni relative al quadro corrente, sarebbe opportuno che le organizzazioni si impegnassero a fornire informazioni sulla proiezione futura attesa. I sentieri di carriera sono una delle variabili di differenziazione delle carriere. Sebbene risentano in misura rilevante di contingenze diverse, legate ad esempio alla natura del mercato del lavoro o alle istituzioni nazionali, essi sono anche il frutto di scelte strategiche. Una prima differenziazione è tra sentieri funzionali e sentieri trasversali. I sentieri funzionali prevedono una progressione di carriera all'interno di un'unica funzione ed enfatizzano la profondità di conoscenze tecnico-specialistiche. I sentieri trasversali consentono di sviluppare competenze di business complete e una migliore conoscenza del processo di trasformazione critico di ogni organizzazione. Una seconda differenziazione riguarda il diverso rilievo dei percorsi di carriera presenti in un'organizzazione. Alcuni sentieri di carriera sono privilegiati e conducono con maggiore velocità e/o facilità a posizioni di vertice. Una terza differenziazione riguarda i percorsi di carriera verticale e orizzontale, percorsi che sono stati inseriti a partire dal riconoscimento che un sistema di carriera solo per ruoli manageriali era fortemente discriminante nei confronti dei professional. Questo portò alla costruzione di architetture basate sulla cosiddetta doppia scala (dual ladder) che prevede una dinamica individuale a parità di ruolo per i professional di elevato valore. La valutazione del potenziale La valutazione del potenziale è un insieme di tecniche di analisi della persona che hanno l'obiettivo di verificare l'adeguatezza a ricoprire un determinato ruolo, ovvero di identificare possibili lacune da colmare con percorsi di sviluppo progettati ad hoc. Le tecniche utilizzate nella valutazione del potenziale fanno riferimento agli strumenti di analisi della persona sviluppati originalmente in ambito psicologico e declinati rispetto alle esigenze delle imprese. 38 Una tradizionale modalità di svolgimento della valutazione del potenziale è attraverso l'utilizzo di un assessment center o development center, dove la differenza non è solo semantica ma sta a indicare nel primo caso una finalità prevalente di scelta tra diversi candidati e nel secondo un obiettivo di definizione di un quadro completo dei punti di forza e debolezza dei candidati riservandosi poi la possibilità di effettuare investimenti di sviluppo e formazione. Un elemento basilare comune a tutte le modalità di intervento sulla valutazione del potenziale è rappresentato dalla collocazione dell'analisi all'interno di un più ampio processo che ha valenze organizzative. Tale processo prevede una serie di fasi: 1. identificazione dell'obiettivo della valutazione (selezione, sviluppo, carriera, formazione ecc.); analisi delle posizioni e delle situazioni comportamentali che chiamano in causa; 2. identificazione dei criteri comportamentali e personali, ovvero delle caratteristiche 3. collegate casualmente alle performance attese dai ruoli, caratteristiche che tuttavia attengono a elementi personali e/o alla messa in atto di specifici comportamenti; progettazione del programma e degli esercizi/strumenti di analisi ritenuti necessari; 4. selezione e formazione delle figure dei valutatori o assessor coinvolti nel processo; 5. preparazione fisica del programma e degli strumenti di analisi e di codifica delle 6. informazioni raccolte; gestione dell' assessment; 7. incontro di valutazione, scrittura del report finale, feedback ai candidati ed eventuale 8. definizione dei piani di sviluppo e formazione. L' assessment richiede lo sviluppo di un programma di esercizi e strumenti di analisi della persona ampio, l'utilizzo su un gruppo definito di candidati in una sequenza precisa e con la presenza di più valutatori, tipicamente in una condizione temporale definita e in un luogo separato dal contesto lavorativo (per evitare condizionamenti esterni al processo). Gli strumenti per la valutazione del potenziale rientrano in tre ampie categorie, ovvero simulazioni, interviste e test. I principali sono: in-basket (o in-tray) in cui il candidato affronta in un tempo definito un problema facendo riferimento a informazioni disponibili su supporto scritto in condizioni di overload e ambiguità; interviste criteria-based, ovvero condotte a partire da una lista di criteri comportamentali da analizzare attraverso la descrizione da parte dei candidati di comportamenti messi in atto; discussioni di gruppo che possono essere diverse per natura, prevedendo un compito di gruppo o una simulazione a ruoli fissi (modalità comportamentali e obiettivi definiti) o liberi (senza alcuna indicazione vincolante); esercizi di raccolta di informazioni, nei quali al partecipante viene chiesto di esplorare un problema a partire da un'intervista con una persona (tipicamente uno degli organizzatori dell'assessment) che alla fine metterà in discussione la decisione del valutato; esercizi di analisi che richiedono lo sviluppo di un documento scritto; simulazioni con attori che interagiscono con il partecipante per fare emergere le modalità comportamentali latenti; test di personalità. Se ben condotta, la valutazione del potenziale presenta alcuni vantaggi interessanti, tra i quali ricordiamo: maggiore qualità dei processi di valutazione delle persone; qualificazione degli investimenti di formazione; 39 migliore allocazione delle persone. A fronte di questi vantaggi, ci sono dei possibili limiti e rischi che ne derivano ad esempio da: scarsa legittimazione e accettazione da parte del management; timore dell'ignoto e del non misurabile; costi di realizzazione; reazioni negative al feedback. La formazione e lo sviluppo La «formazione ha come obiettivo lo sviluppo di conoscenze, abilità e informazioni possedute dal personale», ma anche la diffusione di valori e modelli di comportamento. Essa rappresenta un investimento in capitale umano. Sono diversi i ruoli coinvolti nei processi di formazione: i destinatari, ovvero i partecipanti attivi al processo; i committenti, ovvero coloro che si fanno portatori delle esigenze di investimento formativo; i progettisti, ovvero coloro che si occupano dell'analisi dei fabbisogni e della progettazione dei percorsi formativi; i formatori, ovvero coloro che prendono la responsabilità diretta del processo nei contesti in cui esso si svolge (ad esempio aula, gruppo di lavoro ecc.); i tutor, ovvero figure di accompagnamento con funzioni tecniche e sociali. In generale, le attività formative di un'impresa sono articolate su alcuni programmi istituzionali ripetitivi per figure professionali e/o manageriali ai quali si affiancano interventi mirati su fabbisogni ad hoc e nei casi di maggiore dimensione aziendale anche cataloghi di formazione interna o negoziata con fornitori esterni. La realizzazione di un'iniziativa formativa richiede di seguire un processo articolato su quattro fasi. La prima fase è l'analisi dei fabbisogni, ovvero un'attività di analisi organizzativa, sociale e/o psicologica volta a identificare i bisogni cui la formazione deve rispondere. Questa fase ha caratteristiche che variano notevolmente in relazione alla natura dei percorsi formativi da progettare. La seconda fase è rappresentata dalla realizzazione del piano formativo, ovvero la vera e propria progettazione dell'intervento. La progettazione dell'intervento riprende gli obiettivi sui quali si è stabilito un livello di accordo sufficiente tra i diversi attori e li traduce in azioni volte a favorire l'apprendimento. Tipicamente, la progettazione è codificata in un documento che riprende alcune informazioni di sintesi, quali ad esempio: i destinatari; il tipo di formazione; i soggetti erogatori; i metodi didattici; gli aspetti tecnico-operativi; gli aspetti economici. La terza fase è l'erogazione, ovvero la concreta attività di svolgimento dell'intervento formativo. L'erogazione è direttamente legata all'abilità con la quale gli attori principali (docenti e partecipanti) interagiscono. La quarta e ultima fase è la più controversa, ovvero la valutazione del percorso di formazione. Sebbene siano state avanzate diverse proposte, a oggi la valutazione è più spesso legata alla rilevazione del gradimento da parte dei partecipanti. Questo indicatore è tuttavia distorto perché non sempre il partecipante può con facilità apprezzare l'apprendimento effettivo. Alcune strategie alternative sono volte a spostare nel tempo il momento della valutazione per consentire alle persone dì confrontarsi 40 con il proprio contesto lavorativo e trarre delle indicazioni sul beneficio derivato dal percorso di formazione. Infine, in alcuni casi invece che cercare di misurare la formazione, la si inserisce direttamente nei processi di problem-solving per poter apprezzare la soluzione invece che il processo. Sviluppo del personale Una volta che un’azienda ha scelto la propria organizzazione e si è dotata delle risorse umane necessarie per farla funzionare, deve dotarsi anche dei migliori strumenti per gestire quotidianamente la convergenza fra gli sforzi di crescita delle prestazioni e delle competenze delle risorse stesse e gli obiettivi strategici di performance dell’azienda. Fra i migliori modelli organizzativi oggi disponibili per lo sviluppo del personale si identifica certamente il “Modello delle Competenze” il quale pone il suo assunto nel fatto che ogni persona possieda delle competenze che grazie ad una corretta integrazione ed interazione con l’ambiente lavorativo possono trasformarsi in risultati positivi sia per la persona che per l’organizzazione. Introdurre un Modello delle Competenze in azienda significa in sintesi: o o o Individuare per ciascuna posizione organizzativa il mix delle competenze, e per ciascuna il livello richiesto, che si ritengono indispensabili per uno svolgimento ottimale del ruolo di cui alla posizione considerata; Procedere ad una Valutazione del Personale (ad esempio tramite Assessment Centre), ovvero delle competenze possedute dalle risorse umane disponibili in azienda, ed associare tali competenze, e relativi livelli, a ciascuna persona nel sistema informativo; questa attività consente di tracciare il “Bilancio delle competenze personali”; Procedere all’Analisi delle Competenze, cioè alla verifica delle rispondenza delle competenze e dei relativi livelli per ogni risorsa umana nella posizione/i in cui è operativa; questa attività consente di tracciare il “Bilancio delle competenze aziendali”. E’ evidente come da tale analisi si possano ricavare indicazioni per: o o o o Individuare le risorse con le migliori competenze; Valutare l’inserimento di ogni risorsa nella posizione più confacente: quella corrente o valutarne lo spostamento; Individuare gli eventuali gap (differenze negative) di competenza che ogni risorsa può presentare rispetto alla posizione in cui è inserita, e di conseguenza individuare eventuali esigenze formative specifiche affinché ogni risorsa possa svolgere al meglio il ruolo assegnato; Analizzare e predisporre piani di crescita strategica dell’azienda basati sulla ottimizzazione e/o riorganizzazione delle competenze disponibili oltre che di quelle mancanti e quindi acquisibili dall’esterno, individuando pertanto anche Piani di Carriera non più legati soltanto a percorsi attraverso livelli gerarchici precostituiti e rigidi ma anche attraverso esperienze in posizioni che comportino ruoli in grado di far acquisire o migliorare competenze strategiche della risorsa umana. 41 Valorizzazione delle Persone Adottare in azienda una gestione del personale basata sulla Valorizzazione delle Competenze personali significa adottare uno sviluppo delle attività aziendali che pone il “potenziale delle competenza delle risorse umane disponibili” fra gli elementi chiave della strategia di sviluppo propria dell’azienda. Questa scelta presuppone che la proprietà adotti uno sviluppo continuo delle risorse umane e della loro conoscenza (Knowledge management) come valore distintivo e competitivo di successo dell'impresa, puntando a congruenza e coerenza fra strategia aziendale e capitale umano disponibile. Gli strumenti e le procedure per la gestione della valorizzazione del personale sono pressoché i medesimi della gestione tramite lo sviluppo delle risorse umane, ma ciò che viene posto al centro delle analisi e delle valutazioni finalizzate alla crescita dell’azienda è in misura maggiore il “POTENZIALE delle competenze disponibili” piuttosto che il “BILANCIO delle competenze disponibili” che caratterizza la gestione tramite sviluppo. In sintesi la chiave della valorizzazione è: o Individuare le competenze delle risorse umane più “promettenti” che oggi non siano assolutamente o poco messe a frutto nell’organizzazione corrente ma che, se sviluppate, potrebbero comportare un vantaggio competitivo per tutta l’azienda, e di conseguenza impostare i relativi percorsi formativi, percorsi di carriera, ecc. in modo da trasformare queste competenze in obiettivi strategici di innovative, nuove o rinnovate attività aziendali. Le competenze e le skill Per competenza si intende: «una caratteristica intrinseca di un individuo e causalmente collegata ad una performance efficace o superiore nella mansione» (Boyatzis, 1982). La letteratura sulle competenze ha radici nella ricerca su tratti, skill e attitudini, da un lato, e processi cognitivi e intellettuali dall'altro. Le competenze sono state anche considerate in termini di valori e visioni, conoscenze, skill e abilità legate al lavoro, abilità richieste da task non routinari, comportamenti o strutture comportamentali. Quest'ultimo approccio ha condotto a sviluppare profili di comportamento o inventari di comportamento e a cercare di correlarli a indicatori di performance, attraverso un processo criticato per l'assenza di specificità. Kamoche (1996) propone di considerare le competenze di gestione delle risorse umane come capacità comportamentali e basate su skill, alle quali l'impresa si attiene per generare lo stock di conoscenze e di apprendimento collettivo che le consentono di fornire i prodotti/servizi core prevalentemente attraverso l'azione delle persone. In questa visione, la rilevanza delle competenze è direttamente legata alla loro associazione con le attività/i servizi core. Le competenze si distinguono in 'desiderabili' o 'di soglia'. Le competenze 'desiderabili' distinguono gli elementi migliori dai peggiori, per arrivare ad una performance di livello almeno accettabile o medio occorrono competenze 'di soglia' o 'essenziali'. Le competenze desiderabili e di soglia per una determinata mansione permettono di costruire una griglia di riferimento (profilo di competenza) utile per la selezione del personale, per la pianificazione delle carriere, per la valutazione della performance e per lo sviluppo del personale. 42 Queste competenze possono essere: motivazioni, tratti, visione personale (atteggiamenti o valori), conoscenze, capacità cognitive o comportamentali; qualunque caratteristica, insomma, che possa essere misurata o quantificata in maniera attendibile e che si dimostri capace di differenziare significativamente gli elementi superiori dai mediocri o i lavoratori efficaci da quelli inefficaci. • Motivazione: la spinta inferiore o gli schemi mentali che inducono, guidano e selezionano il comportamento d'una persona; es.: la tensione al risultato. • Tratto: una generale disposizione a comportarsi o a reagire in un determinato modo; es.: fiducia in sé, self-control, resistenza allo stress o alla fatica. • Visione personale (atteggiamenti e valori) misurata ad esempio dalle risposte a test che chiedono d'indicare a che cosa si da valore, che cosa si pensa di fare o si è interessati a fare. • Conoscenza di fatti o procedure, sia tecnica (come si ripara un computer) sia interpersonale (le cinque regole del feed-back efficace), misurata da appositi test. è praticamente provato che raramente le sole conoscenze distinguono gli elementi migliori dai peggiori, almeno sul lavoro. • Capacità cognitive e comportamentali (skill): sia impalpabili (es.: ragionamento deduttivo o induttivo) sia osservabili (es.: capacità di 'ascolto attivo'). Le competenze possono essere correlate alla performance in un semplice modello di flusso causale, il quale indica che le competenze, siano esse motivazioni, tratti, visione personale e conoscenze, attivate da una determinata situazione lasciano prevedere comportamenti qualificati che a loro volta predicono la performance. Nelle competenze sono implicite intenzione, azione ed esito. Intenzione Azione Esito Caratteristiche personali Comportamento Performance nella mansione Motivazione Tratto Visione personale Conoscenza FIGURA. Il modello di flusso causale, Hooghiemstra, 1992. 43 Esempio: Tensione al risultato Tensione al risultato Far meglio • Competizione con gli standard d’eccellenza • Realizzazione originale Definizione dell’obiettivo Responsabilità personale Uso del feedback Assunzione di rischi calcolati Fonte: Elaborazione propria. Miglioramento continuo Qualità, produttività, vendite, profitti Innovazione Nuovi prodotti, servizi e processi Ad esempio, la tensione al risultato (una forte spinta a superare un proprio standard di eccellenza ed a raggiungere un risultato specifico) lascia prevedere comportamenti imprenditoriali (cioè caratterizzati da spirito d'iniziativa) che sono: fissare obiettivi, accettare responsabilità personali nei confronti degli esiti, assumere rischi calcolati. Nelle organizzazioni, questi comportamenti producono sia un miglioramento continuo della qualità, della produttività, delle vendite e degli altri risultati economici, sia l'innovazione nello sviluppo di prodotti e servizi nuovi. I modelli causali forniscono ai manager uno strumento molto semplice di 'calcolo dei rischi' impliciti nella valutazione dei candidati ad una mansione. Il rischio di assumere una persona priva di tensione al risultato è pertanto quello di ottenere «meno miglioramento della performance, meno comportamento imprenditoriale e meno idee utili per creare nuovi prodotti e servizi». Non è possibile insegnare nella stessa misura tutte le competenze. Le conoscenze e le capacità comportamentali sono quelle più facili da insegnare. Correggere atteggiamenti e valori è più difficile. Correggere motivazione e tratti è possibile, ma si tratta d'un processo lungo, difficile e costoso. Dal punto di vista dell'efficacia dei costi, la regola è «assumere sulla base della motivazione e dei tratti caratteristici personali, e sviluppare le conoscenze e le skills». La maggior parte delle organizzazioni fanno invece al contrario: assumono in base ai titoli scolastici (privilegiando quelli delle scuole e delle università più prestigiose) nel presupposto che i candidati abbiano già, o possano acquisire in seguito, le motivazioni e i tratti più appropriati. Dal punto di vista dell'efficacia dei costi, conviene invece assumere persone di 'buona stoffa' (motivazione e tratti) e poi formarle per dar loro le conoscenze e le skills necessarie per le mansioni cui sono destinate. Per dirla come un direttore del personale: «Si può insegnare a un tacchino ad arrampicarsi su un albero, ma è molto più semplice assumere uno scoiattolo». 44 I profili di competenza Le competenze debbono riflettere il comportamento necessario per il futuro successo dell'organizzazione. La fig. mostra un processo molto usato dagli esperti per aiutare le aziende a tradurre le sfide strategiche nei comportamenti e nelle competenze da richiedere al loro personale. 1 Panel d’esperti individuazione 2 Campione di controllo 3 Interviste sull’episodio comportamentale 4 Analisi delle informazioni 5 Verifica 6 Applicazioni 7 Modello finale FIGURA. Il processo di costruzione del modello di competenza. Elaborazione propria. Il panel d'esperti II panel d'esperti traduce le sfide all'organizzazione nei comportamenti necessari per affrontarle. Del panel fanno parte esperti di risorse umane e titolari di varie mansioni, dotati d'una chiara visione delle evoluzioni nel futuro. Le grandi linee del processo sono le seguenti. 1. Costruzione/condivisione d'una visione delle sfide da affrontare per il futuro, attraverso una discussione di gruppo sulle forze e le debolezze, le opportunità, le minacce e i principali fattori di successo dell'organizzazione. Raggiungimento del consenso sulla missione da affidare alle diverse mansioni, ai 2. ruoli o a un gruppo di persone, in vista delle sfide strategiche identificate dal panel. Definizione del comportamento e delle competenze richiesti a queste persone, sulla 3. base dei risultati della fase 2. In questa terza fase si possono utilizzare varie tecniche, come, ad esempio, gli inventari delle competenze richieste da una mansione oppure analisi condotte con l'ausilio di appositi programmi software. Nel primo caso si tratta di questionari riguardanti serie di comportamenti e competenze frequentemente ricorrenti. Nel secondo caso si tratta di programmi software che emulano i «sistemi esperti» chiedendo di rispondere a determinate domande. Queste domande sono contenute in un data base di competenze identificate nel corso di precedenti studi. Il sistema esperto provvede all'analisi delle risposte e fornisce una dettagliata 45 4. descrizione delle competenze necessarie per ottenere una performance adeguata o superiore nella mansione interessata. Identificazione d'un certo numero di dipendenti dell'organizzazione che dimostrano già di avere i comportamenti e le competenze individuate dal gruppo d'esperti. Questi dipendenti partecipano anche ai lavori della fase 2. L'intervista sugli episodi comportamentali Come si è già detto, il ricorso ai profili di competenza mira a raggiungere una chiara definizione dei comportamenti. Una descrizione del comportamento (sia desiderato sia osservato realmente nel personale dell'organizzazione) fatta in termini ed espressioni vaghe ed astratte non rappresenta infatti una solida base per una gestione veramente produttiva delle risorse umane. Questo significa che al momento di definire la competenza è necessario raccogliere esempi reali di comportamenti concreti. A ciò si arriva attraverso una serie d'interviste sugli episodi comportamentali (BEI, Behavioural Event Interview), condotte su un campione di persone che già offrono il tipo di performance individuata dal panel d'esperti come importante per il futuro successo dell'organizzazione. Il campione di dipendenti già oggettivamente classificati come superiori sulla base d'un certo numero di standard di performance viene confrontato con un campione di dipendenti con media performance. Idealmente, il campione di ciascuna mansione dovrebbe comprendere almeno 20 soggetti: 12 con performance superiore e 8 con performance media. Si tratta d'un numero che permette di eseguire semplici verifiche statistiche delle ipotesi sulle competenze. Campioni più ridotti (per esempio, 6 e 3 dipendenti) non possono essere verificati statisticamente, ma offrono comunque apprezzabili informazioni qualitative ai fini della definizione delle competenze d'una determinata organizzazione: possono, per esempio, dare informazioni sull'efficacia dell'autorità in una specifica cultura aziendale. Nei campioni ridotti, i dipendenti con performance superiore debbono essere in proporzione più elevata di quella indicata per i campioni di 20 e oltre: è consigliabile un rapporto di 2 a 1 (per esempio, 6 e 3, come si è visto sopra), perché nella ricerca della competenza vale la regola: «S'impara sempre di più dalle superstar». I protocolli d'intervista forniscono una messe di dati preziosi per la definizione delle competenze e anche descrizioni molto specifiche di comportamenti professionali critici in situazioni specifiche. Consentono infatti il monitoraggio delle carriere degl'intervistati e la stima di quando, dove e come hanno acquisito le competenze chiave. Un importante sottoprodotto di queste interviste è la generazione di numerosi racconti di situazioni e problemi utilizzabili per sviluppare materiale molto importante e pertinente ai fini della formazione professionale, come, per esempio, case studies, role playing e simulazioni. Fra i vantaggi della tecnica d'intervista denominata BEI possiamo includere anche: • l'individuazione empirica di competenze aggiuntive o diverse rispetto a quelle indicate in una prima fase dal panel d'esperti; • una maggior precisione nella descrizione delle competenze e su come esse si manifestano in mansioni e organizzazioni specifiche; (esempio: non solo l'uso dell'autorità ma anche esempi reali di uso dell'autorità in una situazione specifica nella cultura d'una determinata azienda); • libertà da pregiudizi razziali, sociali e culturali: in effetti, i metodi di valutazione basati sulla BEI sono stati adottati da numerose organizzazioni proprio perché consentono previsioni non distorte da pregiudizi nei confronti delle minoranze. 46 L'analisi delle informazioni Tutte le informazioni ricavate nelle fasi precedenti vengono analizzate per arrivare ad una chiara comprensione e descrizione delle competenze che saranno utilizzate come base per le applicazioni sulle 'risorse umane'. Le descrizioni che delle situazioni e dei comportamenti reali hanno dato gli intervistati serviranno come esempio per dar vita concreta al linguaggio astratto delle definizioni delle competenze. La verifica II modello può essere verificato mediante una seconda serie d'interviste sugli episodi comportamentali condotte su un nuovo gruppo di dipendenti. In tal modo si controlla se le competenze individuate sono effettivamente correlate alle performance superiori individuate dal panel d'esperti. 47 LA VALUTAZIONE DELLE RISORSE UMANE NEI SISTEMI DI SVILUPPO E GESTIONE AZIENDALE Schema legami fra strumenti di gestione R.U. e strategie/obiettivi aziendali Fonte: EBC Consulting Ogni risorsa ed ogni azione in ciascuna realtà organizzativa influenza ed è influenzata dalle altre, ma nello schema sopra riportato si rappresentano in modo semplificato le principali modalità di gestione e sviluppo delle risorse umane all’interno di una organizzazione. Tali modalità devono essere coerenti con: a) obiettivi, strategie, politiche, ecc. fissati per perseguire gli obiettivi di creazione di valore dell’impresa; b) con gli strumenti di gestione adottati: sistema di gestione e controllo, sistemi informativi, cultura organizzativa, ecc. 48 Nello schema vengono messi in evidenza i legami fra i vari strumenti di gestione risorse umane e tra questi e le strategie/obiettivi aziendali. I principali strumenti “tecnici” a supporto di corrette politiche di gestione e sviluppo delle risorse umane sono: o o o Analisi, descrizione e valutazione delle Posizioni organizzative - consente di apprezzare il peso relativo di ciascuna posizione in relazione alle altre nell’organizzazione, indipendentemente dalle risorse umane che la ricoprono, ed è una delle basi per la definizione di un sistema retributivo aziendale equilibrato. Analisi delle Risorse umane (Assessment di: Conoscenze, Abilità, Competenze, Potenziale delle risorse umane disponibili) consente di apprezzare il“capitale umano” disponibile in azienda non soltanto in relazione alla situazione corrente ma anche in una prospettiva di sviluppo dell’organizzazione. E’ la base per la definizione di piani di sviluppo e valorizzazione delle risorse umane coerenti con gli obiettivi aziendali. Analisi del Clima aziendale consente di valutare oggettivamente il clima organizzativo e la sua reale percezione da parte di tutte le risorse umane che in esso operano e dal quale sono fortemente influenzate. Il clima aziendale ha quindi una forte e diretta influenza sui livelli di prestazioni e competenze espresse dalle risorse umane. L’analisi delle posizioni organizzative assieme a vari elementi che discendono dalle strategie e dagli obiettivi di lungo termine dell’azienda, consentono quindi alla Direzione aziendale di definire “Politiche e Piani retributivi”. Da quest’ultimi si possono derivare coerentemente “Piani di obiettivi a breve termine per le risorse umane” i quali individuano i parametri ed i relativi indicatori di soddisfazione per ciascuna posizione aziendale, i quali sono la base per la “Valutazione periodica delle prestazioni e delle competenze” delle risorse chiamate a coprire i ruoli associati alle posizioni. La valutazione periodica delle prestazioni e delle competenze è collegata ad un sistema incentivante che di norma si attua tramite “Piani di incentivazione” e “Piani di Sviluppo delle competenze” delle risorse umane. Meno abituale è la presenza in azienda di un ciclo di “Valutazione periodica del potenziale delle risorse umane” il quale attraverso “Piani di valorizzazione delle risorse umane” mira a sviluppare competenze potenziali e non ancora espresse dalle persone disponibili, per incrementare il valore distintivo del business dell’azienda. ANALISI DEL CLIMA AZIENDALE Il clima aziendale è un sistema di percezioni condivise relativamente ai fenomeni organizzativi, è il modo attraverso il quale i soggetti entrano in contatto con le organizzazioni; è l’insieme delle credenze, delle aspettative, degli atteggiamenti, attraverso i quali vengono vissute alcune caratteristiche della struttura organizzativa e del lavoro. Il clima aziendale è l’interpretazione degli eventi, dei bisogni, dei sentimenti dei collaboratori, di ciò che viene dato per scontato, dei comportamenti attesi e di quelli premiati, delle interazioni all'interno del proprio gruppo di riferimento e dei rapporti con il resto dell'organizzazione. 49 In altre parole il clima “è il livello di soddisfacimento dei bisogni e delle finalità delle risorse umane all’interno di un’organizzazione in relazione agli obiettivi aziendali assegnati”. E quindi, l’analisi del vissuto organizzativo mette in rilievo proprio aspettative dell’individuo e la realtà organizzativa. lo scarto tra le Volendola definire con una metafora, l’analisi del clima aziendale può essere paragonata anche ad un termometro che con le sue indicazioni avverte di eventuali alterazioni in atto nell’organismo umano e, per analogia, nella vita organizzativa. ANALISI E VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI PROFESSIONALI L’analisi e la valutazione delle posizioni è la metodologia per definire l’articolazione e l’importanza relativa delle stesse all’interno dell’azienda. Essa consente di: • • • • • • chiarire le aree di responsabilità presenti nell’organizzazione; evidenziare le componenti gestionali, organizzative, professionali presenti nelle varie posizioni; evidenziare le potenziali aree di miglioramento di posizione; indicare il contributo di ciascuna posizione, in termini di visione, missione, attività ed obiettivi; pesare l’importanza relativa delle diverse posizioni e stabilire una graduatoria delle stesse; definire gli inquadramenti. In tal senso, questo strumento produce un reale miglioramento complessivo nell’efficacia dell’organizzazione; infatti gli obiettivi raggiungibili tramite questa attività sono: • • • • organizzativi: tramite una chiara definizione dei ruoli è possibile attuare cambiamenti mirati ed efficaci nella struttura, allineando i meccanismi interni alle finalità esterne dell’organizzazione; gestionali: un corretto equilibrio dei ruoli permette l’equilibrio dei parametri economici per i sistemi incentivanti; sviluppo del personale: una efficace comprensione dei ruoli facilita l’individuazione dei giusti percorsi di carriera; formativi: l’analisi delle competenze richieste da ciascuna posizione permette un importante riferimento in base al quale valutare di volta in volta le necessità formative delle persone destinate nel tempo a ricoprirla. Dal punto di vista manageriale, esistono tre alternative: 1. sistemi basati sull'oggetto, ovvero il contenuto del lavoro (mansione, posizione); 2. sistemi basati sul soggetto (lavoratore); 3. sistemi misti. I sistemi basati sull'oggetto I sistemi basati sull'oggetto si pongono l'obiettivo di definire criteri e procedure atte a classificare in ordine di importanza le posizioni presenti all'interno di un'organizzazione o di una partizione del mercato del lavoro. 50 Si possono identificare tre modalità di classificazione: 1. i sistemi di job ranking che prevedono una classificazione ordinale delle posizioni presenti in un determinato contesto sulla base di criteri non chiaramente esplicitati e attraverso il confronto tra componenti di un gruppo di valutazione; 2. i sistemi di job grading che prevedono una struttura di classificazione ordinale, ma basata sull'identificazione di fasce descritte da una declaratoria generale che ne chiarisce la composizione (questo è il caso tipico dell'inquadramento presente nei contratti collettivi nazionali di lavoro in Italia). La procedura può essere unilaterale (definita dall'impresa) o negoziale (definita congiuntamente da impresa e rappresentanti dei lavoratori); 3. i sistemi basati su metriche quantitative, ovvero sistemi che applicano un insieme di criteri di misurazione quantitativa di attributi specifici e oggettivabili delle posizioni analizzate. Anche se le procedure con le quali si determina la classificazione tra le posizioni sono diverse, sono invece comuni le esigenze di equità e trasparenza del processo. Ciò si traduce di solito nella definizione di una procedura di analisi e valutazione della posizione il più possibile trasparente, poiché la determinazione tecnica dei criteri è più difficilmente comprensibile ai non addetti. La procedura classica di una valutazione delle posizioni si articola quindi su quattro fasi: 1. job analysis: consiste in un esame approfondito delle posizioni di lavoro e richiede un preliminare o contemporaneo lavoro di razionalizzazione organizzativa; job description: consiste in un'esposizione scritta e analitica dei compiti, metodi, 2. attrezzature, collegamenti, responsabilità ecc. di ogni posizione; job specification; esposizione scritta dei fattori relativi ad ogni posizione; i fattori 3. considerati sono generalmente: requisiti professionali richiesti dal compito, condizioni ambientali, sforzo e responsabilità; 4. job evaluation: definizione del valore relativo ad ogni posizione. Poiché, in generale, i sistemi del primo e del secondo tipo risentono della strutturazione del mercato del lavoro, almeno in Italia, è opportuno soffermarsi sui sistemi basati su misurazione quantitativa che tendono ad essere progettati in modo unilaterale, facendo riferimento di solito a posizioni con contenuti direttivi (quadri/funzionari, dirigenti e in misura minore alcune posizioni impiegatizie di alto livello). Un elemento essenziale di tali sistemi è la definizione di procedure il più possibile tecniche e oggettive, volte a limitare la discrezionalità dei valutatori e l'attribuzione del valore in considerazione della persona invece che della sola posizione. Si sottolinea la possibilità di uno scostamento tra le politiche retributive e la valutazione delle posizioni. Anche se la valutazione delle posizioni definisce il valore in astratto di una determinata posizione, le considerazioni relative alle persone possono condurre a politiche retributive diverse. Il sistema di valutazione delle posizioni, quindi, assolve un ruolo di strumento di comparazione, non di vincolo per le politiche retributive. È chiaro tuttavia che qualsiasi scostamento da questo sistema richiede chiarezza delle motivazioni e trasparenza che derivano dalla presenza di una politica retributiva coerente ed esplicita che deve confrontarsi con l'esigenza di essere percepita come equa. Tra i sistemi di valutazione quantitativa, un posto centrale va assegnato al metodo Hay che prende nome dalla società di consulenza che lo ha sviluppato e diffuso nel mondo. Esistono anche altri approcci quantitativi che però hanno ricevuto poca attenzione nella pratica aziendale. 51 La descrizione delle posizioni La descrizione delle posizioni (o job description) è un documento di formalizzazione organizzativa che scaturisce da un processo di analisi organizzativa. Tipicamente, una volta identificata la posizione da descrivere, si procede alla raccolta di informazioni attraverso l'uso di documentazione, l'effettuazione di interviste a persone che coprano la posizione (detentori) ed eventualmente ai responsabili gerarchici. Le informazioni sono poi organizzate secondo una struttura che pur potendo variare da organizzazione a organizzazione tende in generale a seguire uno schema di massima condiviso. La descrizione delle posizioni è di norma organizzata attorno ad alcune dimensioni considerate rilevanti per le finalità di analisi organizzativa e di gestione delle risorse umane: 1. lo scopo o finalità, ovvero una descrizione sintetica della ragione di esistenza della posizione, della macro-attività che la riguarda e di alcune modalità di interazione con il contesto organizzativo; 2. la dimensione, ovvero l'insieme di dati quantitativi che sono riconducibili alla posizione, ad esempio il numero di posizioni dipendenti, le grandezze economiche influenzate nell'azione ecc.; 3. l'organigramma, ovvero la collocazione nelle relazioni gerarchiche immediatamente sopra e sotto la posizione; 4. il contesto, ovvero le caratteristiche fondamentali dell'ambito nel quale la posizione si trova a operare, all'interno e all'esterno dell'organizzazione, con particolare attenzione alle interdipendenze critiche e agli attori coinvolti; 5. le attività fondamentali, ovvero l'elenco delle principali attività che pervengono alla posizione, tipicamente descritte con un verbo all'infinito e l'indicazione delle condizioni strumentali o contestuali di svolgimento; 6. le responsabilità, ovvero la definizione del grado di discrezionalità rispetto alle singole attività (ad esempio, primaria, condivisa, remota). Se in passato le descrizioni della posizione erano estremamente dettagliate e profonde, oggi è comune la scelta di utilizzare una struttura essenziale e agile che si limita a identificare le principali attività e alcune aree critiche di responsabilità. Inoltre, se in passato alla job description veniva poi affiancato un documento di dettaglio sulle caratteristiche individuali necessarie per la copertura del ruolo (job requirements), oggi è comune ritrovare una sezione che identifica le skill, le conoscenze ed altri requisiti ritenuti essenziali per la copertura del ruolo. Fonte: Paneforte, 1999. Il metodo Hay è un tipico metodo del punteggio, basato su tre fattori, ulteriormente 1. competenza: livello di conoscenze tecniche, ampiezza della competenza manageriale e capacità nelle relazioni interpersonali; 2. problem solving: intensità dei vincoli ambientali e organizzativi e intensità del processo mentale richiesto; accountability: livello di discrezionalità, influenza sulle grandezze economiche e 3. ampiezza delle stesse. L'applicazione del sistema segue la procedura indicata in precedenza (analysis, description, specification ed evaluation) e prevede in sede di comitato di valutazione l'applicazione di un sistema di tre matrici (una per ogni fattore) che originano un valore in punti Hay. La somma dei punteggi rappresenta una misura quantitativa e comparabile del valore della posizione, ovviamente seguendo i criteri impliciti nel modello. Diversi sono i punti di forza di questo approccio, tra i quali: - la possibilità di comparazione quantitativa tra le posizioni; la presenza di dati relativi a indagini retributive svolte dalla stessa società di consulenza; 52 l'ampia diffusione che ha ricevuto. Non mancano rilievi critici, alcuni dei quali fatti propri anche dalla Hay; tra essi si ricorda: la sistematica discriminazione delle posizioni prive di contenuti manageriali (i cosiddetti professional); la rigidità del sistema, progettato per strutture tradizionali e bu-rocratiche; la soggettività e la discrezionalità che permangono; l'illusione di oggettività e asetticità. I sistemi basati sul soggetto La diffusione di sistemi basati su una classificazione diretta dei lavoratori ha avuto in Italia il suo momento di massima popolarità nel corso della seconda metà degli anni novanta. Secondo alcuni osservatori si è trattato di un vero e proprio movimento che pur nella diversità degli approcci si riconosceva in alcuni principi comuni, tra i quali: costruzione di un sistema di gestione delle risorse umane con baricentro sulla persona invece che sulla posizione; attenzione al dato effettivo dei comportamenti di ruolo, invece che alle aspettative formalizzate dall'organizzazione; enfasi attribuita alla pianificazione e all'allocazione delle persone; riconoscimento della flessibilità delle persone a fronte della rigidità dei sistemi organizzativi. I sistemi di valutazione delle competenze presuppongono la definizione di un modello teorico del comportamento della persona. La persona viene scomposta in attributi caratterizzati da diversi livelli di visibilità e profondità, ma anche di modificabilità. Tali attributi vengono collegati alle performance rispetto a specifiche attività, attraverso il comportamento messo in atto dall'individuo. L'analisi sistematica della relazione tra questi attributi, determinate attività e le relative performance attraverso analisi quantitative o generalizzazioni deduttive conduce allo sviluppo di modelli generali di competenze di ruolo. Tali modelli si prestano a utilizzi differenziati, quali ad esempio la definizione di politiche retributive, la progettazione dei percorsi di sviluppo e la realizzazione dei processi di reclutamento. Esistono numerosi punti controversi in questi sistemi. Alcuni di essi riguardano la reale portata dell'innovazione che consentono di introdurre. Si fa notare la difficoltà di costruire sistemi di ricompensa basati su elementi non sempre oggettivabili, pur garantendo la percezione di equità e trasparenza. Un altro problema è dato dal rapporto tra attività che sono comunque codificate in posizioni e competenze; se infatti le competenze divengono la base per la valorizzazione delle persone non è chiaro che cosa accade quando al possesso non corrisponde l'uso per ragioni indipendenti dalla volontà della persona. Ancor più complesso è il tema dello sviluppo tecnico dei sistemi di identificazione e misurazione delle competenze. Vi sono approcci diversi, accomunati da un modello "a cipolla" (ovvero con strati sovrapposti), ma differenziati sia nella terminologia, sia nella definizione dinamica delle componenti. Inoltre, qualcuno fa notare come gli elementi visibili dei sistemi basati sulle competenze non siano altro che descrizioni di comportamenti osservabili non molto diverse da quelle presenti nella tradizione dei sistemi di valutazione delle prestazioni. Infine, un punto estremamente lacunoso è la mancata considerazione della motivazione come fattore determinante. A puro fine descrittivo e mettendo in guardia dal problema delle differenze semantiche, utilizziamo il modello del comportamento individuale descritto nella seguente figura. In esso sono evidenziate le diverse componenti che influenzano le performance individuali e 53 ancor più quelle aziendali. Emerge con chiarezza come l'impatto delle competenze (capacità, conoscenze ed esperienze) sia rilevante, ma non necessariamente esclusivo o prevalente. I sistemi misti I sistemi misti sono sistemi che adottano nel contempo le due prospettive, quella oggettiva e quella soggettiva. Si tratta di sistemi che più che classificare vengono utilizzati per riconoscere sia la dimensione oggettiva sia quella soggettiva nella retribuzione. Un esempio è dato dai correttivi ai sistemi di valutazione delle posizioni basati sul grado di copertura delle competenze di ruolo possedute rispetto a quelle necessarie. In generale, quindi, più che di veri sistemi di classificazione e opportuno parlare di sistemi misti di valutazione e ricompensa. Analisi delle performances Un sistema di valutazione delle prestazioni permette la misurazione sia dell’impegno assunto dai collaboratori nello svolgimento delle attività aziendali, sia dei risultati economico/gestionali raggiunti dagli stessi. Un buon sistema di analisi delle performances, direttamente od indirettamente collegato al sistema incentivante, permette di rendere trasparente e corretto il rapporto tra l’organizzazione ed i suoi collaboratori. Un approccio all’analisi delle performances prevede, in generale, i seguenti passi procedurali: • • • • • definizione degli scopi del sistema: consiste nella focalizzazione degli obiettivi che s’intendono raggiungere con la creazione o la modificazione del sistema di valutazione (es. miglioramento della performance, riprogettazione delle carriere, ecc. ); individuazione della popolazione: scelta della popolazione a cui estendere il sistema di valutazione ed eventuale e successiva scomposizione della stessa in funzione della famiglia professionale ; definizione del metodo di valutazione: è un’operazione che si ripete per tante volte quante sono le famiglie professionali considerate, e avviene attraverso la scelta dei seguenti elementi: o peso reciproco degli obiettivi, comportamenti e conoscenze; o obiettivi con responsabilità diretta e indiretta, qualitativi e quantitativi; o criteri di scelta dei comportamenti organizzativi; o tipo di valutatore (responsabile, comitato operativo, ecc.); sperimentazione del metodo: è un test del metodo e degli strumenti scelti che si effettua attraverso le seguenti fasi: o scelta del campione; o consegna schede e manuale; o formazione dei valutatori. analisi dei risultati: si effettua attraverso l’analisi dei punteggi verificando che il sistema sia stato sufficientemente efficace e attraverso l’analisi dei vissuti da parte dei valutati e valutatori attraverso interviste strutturate o questionari. estensione del metodo alla popolazione aziendale: comporta la distribuzione delle schede di valutazione e dei manuali, nonché l’addestramento dei valutatori. 54 La valutazione delle prestazioni delle risorse umane La valutazione delle prestazioni è lo strumento con cui analizzare il contributo fornito da ogni individuo al raggiungimento degli obiettivi specifici fissati dall’azienda e si risolve con un giudizio in gradazione positivo o negativo sulle prestazioni del valutato rispetto alle attese dell’organizzazione. Lo strumento intende valutare in che misura ogni titolare di una posizione organizzativa ha ricoperto il ruolo affidatogli in un arco temporale predefinito (periodo di valutazione). Quasi sempre gli esiti della valutazione delle prestazioni sono connessi ad un sistema incentivante. La valutazione riguarda la prestazione della persona nell’ambito dello svolgimento di un determinato ruolo organizzativo e non riguarda la persona in quanto tale. In sintesi quindi per ogni risorsa si valuta il sistema complessivo dei risultati conseguiti e dei comportamenti organizzativi in un determinato ruolo. Per valutare le prestazioni si possono usare strumenti fra loro molto diversi non soltanto per il metodo e gli strumenti tecnici, ma soprattutto in termini di coerenza con la cultura organizzativa che distingue ogni azienda. Molto spesso, soprattutto in organizzazioni fortemente orientate a prestazioni “quantitative”, la valutazione adottata viene limitata al solo aspetto della misura di risultati prestazionali tecnico/pratici, quali ad esempio: numero di pezzi/ora prodotti; numero di chiamate telefoniche/ora; ecc. D’altra parte in organizzazioni fortemente orientate alle relazioni interpersonali interno/interno ed interno/esterno la valutazione adottata viene limitata al solo aspetto della misura di comportamenti/competenze, quali ad esempio: capacità di lavoro in gruppo; stile relazionale, ecc. La progettazione di un buon sistema valutativo delle prestazioni non deve mai esimersi dal considerare questi due approcci valutativi come estremi di un continuo all’interno del quale si può collocare un mix di parametri con varie gradazioni dell’uno o dell’altro sistema: Fonte: EBC Consulting L’introduzione di un sistema di valutazione delle prestazioni richiede che siano preventivamente almeno definiti: a) ruoli e responsabilità; b) un processo di pianificazione e gestione degli obiettivi; c) un sistema di controllo gestionale che consenta di raccogliere adeguatamente i valori delle prestazioni oggetto di valutazione. Un sistema di valutazione delle prestazioni sarà tanto più preciso quanti più fattori saranno oggetto di valutazione da parte di quanti più possibile valutatori, ma poiché nella pratica una delle cause di insuccesso più frequenti di tali sistemi è proprio il carico di lavoro conseguente all’adozione di sistemi valutativi troppo articolati, è meglio adottare tutti e soli i fattori di rilevamento delle prestazioni minimi necessari. Quindi, in linea di massima, si devono identificare i fattori valutativi più importanti per 55 l’azienda sia da un punto di vista culturale che organizzativo. Per avere una buona valutazione delle prestazioni nella sua globalità per ogni posizione aziendale è bene considerare le seguenti classi di fattori: o o o Competenze tecnico specialistiche richieste per valutare la capacità della persona di impiegare competenze e conoscenze tecniche necessarie per lo svolgimento dei compiti richiesti dal ruolo. Competenze/Comportamenti richiesti per valutare il grado di corrispondenza del valutato al profilo di comportamento organizzativo richiesto dalla posizione. Obiettivi/Risultati da conseguire per valutare i risultati affidati ad una posizione attraverso la misura oggettiva dei relativi parametri/obiettivi. Valutazione del potenziale La valutazione del potenziale (di sviluppo e di promuovibilità), permette una migliore identificazione di alcune capacità ed attitudini professionali e personali delle risorse disponibili e ha lo scopo di facilitare la pianificazione dei possibili cambiamenti organizzativi, nonché di offrire l’indispensabile supporto conoscitivo a tutte le attività di sviluppo delle persone, consentendone la giusta collocazione e la valorizzazione delle caratteristiche individuali. In particolare la valutazione del potenziale pone prevalentemente l’accento sulle seguenti abilità: • • • abilità cognitive: che si identificano nella capacità di problem solving, di analisi e sintesi, nella capacità di avere una visione d’insieme del sistema produttivo, nella capacità di avere una fluidità verbale e argomentativa; abilità realizzative: capacità di orientarsi verso gli obiettivi; entrare in empatia, relazionarsi (capire l’orientamento, se lavora per obiettivi, se ha efficacia operativa); abilità relazionali: gestione e abilità relazionale e interpersonale; capacità d’ascolto, intelligenza sociale, integrazione, collaborazione e variabili relazionali. A seconda delle specifiche esigenze organizzative, possono essere applicati i seguenti approcci: • • • indiretto = interviste di contesto al superiore diretto ed ai colleghi, svolte da parte di uno o più consulenti; autovalutazione = tramite l’utilizzo di questionari specificamente strutturati, il candidato viene stimolato da un consulente a fornire testimonianza di esperienze di lavoro in cui ha applicato le capacità oggetto di indagine. diretto = valutazione tramite Assessment Center di gruppi di 8-12 persone con prove collettive, dinamiche di gruppo, colloqui individuali; misto = valutazione complessiva dei risultati ottenuti sia dall’intervista al superiore diretto che dalla osservazione diretta. 56 Analisi delle competenze espresse L’analisi delle competenze espresse permette ad un’organizzazione di comprendere la propria reale “capacità competitiva”, dato che le persone e le competenze hanno acquisito una centralità nuova nella capacità di “essere” e “fare” impresa. Investire nelle competenze diventa un'esigenza vitale e fattore di successo, per il mantenimento duraturo nel tempo di un vantaggio competitivo dell’azienda e per la generazione di un reale differenziale strategico rispetto ai concorrenti. La competenza professionale "È una caratteristica intrinseca di una persona...un motivo, tratto, abilità, aspetto dell'immagine di sé o ruolo sociale, o corpo di conoscenze che la persona usa causalmente collegata ad una performance efficace e superiore in una mansione o situazione e che è misurata in base ad un criterio prestabilito" (Boyatzis 1982) Causalmente collegata significa che la competenza causa o predice comportamento e risultati ottenuti, "misurata in base ad un criterio prestabilito" significa che la competenza predice chi esegue un lavoro bene o male, secondo criteri di misura del risultato o standard definiti. Mappare le competenze, permette di: • • dare una risposta ad alcune domande fondamentali del processo di gestione delle risorse, come la comprensione delle proprie aree di forze e delle aree di debolezza; dare dei nuovi obiettivi per i singoli e per l’organizzazione. Quindi significa sapere dove sono le conoscenze (sapere), le capacità (fare) e la qualità (essere). Nello specifico: • • • le conoscenze fanno riferimento al sapere specifico richiesto dalla professione, alla cultura più generale e al sapere organizzativo inteso come contesto di sistemi e processi organizzativi entro cui si realizza l’attività; la capacità sono da intendere come le abilità professionali connesse allo svolgimento dell’attività di lavoro e all’utilizzo delle conoscenze; le qualità consistono nelle doti più personali comunque indispensabili sia nell’implementare le conoscenze sia nell’orientare le capacità. La letteratura manageriale definisce le competenze come la capacità delle persone di utilizzare risorse proprie, dell’organizzazione e dell’ambiente, dando luogo a comportamenti che consentono di affrontare con successo la varietà e la complessità delle situazioni di lavoro. In questa prospettiva, per le imprese diventa vitale per garantirsi l'eccellenza delle competenze necessarie a sostenere le sfide del business non solo tenere alta l'attenzione sui risultati di lavoro e quindi delle prestazioni dei singoli e delle varie unità, ma anche individuare, mantenere e sviluppare quello che le persone sanno, quello che sanno fare e come lo sanno fare. Assumere le competenze come elemento portante del sistema di gestione e sviluppo significa imparare a riconoscere e individuare le competenze distintive dell'azienda per acquisirle e svilupparle, in modo che le persone possano assicurare ai processi aziendali il proprio contributo e sostenere la competitività anche in futuro. L'azienda, quindi, deve pianificare la crescita delle competenze per garantire un'evoluzione dei ruoli coerente con i processi aziendali. 57 Lo sviluppo delle competenze dei singoli che, una volta organizzate, vanno ad arricchire il patrimonio aziendale, sposta il baricentro gestionale da capital<< intensive a knowledge intensive. In sostanza il focus di attenzione diventa valorizzare il capitale umano delle imprese con la finalità di consolidare la redditività attraverso la crescita del patrimonio intellettuale e professionale dei singoli e dell'azienda nel suo insieme. I sistemi di valutazione delle competenze si pongono l'obiettivo di giudicare sistematicamente il valore della professionalità di una persona, inteso come arricchimento variamente acquisito (esperienze di lavoro maturate, percorsi di formazione realizzati, risultati prodotti ecc.) e che aggiunge valore al patrimonio complessivo di competenze dell'impresa. Si tratta quindi di valutazioni da un parte finalizzate a correlare il livello di professionalità raggiunto con un livello retributivo adeguato e dall'altra a pianificare l'ulteriore sviluppo della persona attraverso le indicazioni di azioni di miglioramento professionale. I sistemi premianti Con sistema premiante si intende "l'insieme dei premi, non premi (ovvero dei premi non dati) e delle sanzioni, che vengono erogati alle varie posizioni d’inquadramento". Le organizzazioni realizzano il sistema premiante al fine di incentivare i comportamenti auspicabili e di scoraggiare i comportamenti non desiderati. Spesso il termine premio e punizione è sostituto dal termine di incentivo e disincentivo. Il primo può essere definito come uno stimolo proveniente dall'ambiente lavorativo, esercitato sulle fasi del processo motivazionale, che soddisfa i bisogni dell'individuo e favorisce comportamenti funzionali all'azienda. Al contrario, i disincentivi pur avendo la stessa natura degli incentivi, determinano una spinta ad astenersi da comportamenti ritenuti non funzionali all'azienda. L’obiettivo del sistema premiante implica la conoscenza di riferimenti teorici/economici riguardanti le organizzazioni che operano delle scelte di politica remunerativa, sia in coerenza agli obiettivi di business dell’organizzazione sia per intraprendere un percorso che sia incentivante per la propria organizzazione. Questa metodologia comprende i seguenti contenuti: • • • • la determinazione della politica retributiva: il sistema remunerativo, i suoi componenti e l’analisi della situazione retributiva aziendale; gli strumenti premianti: cosa, come e perché si premia, la scelta tra aumenti di merito, bonus una tantum, incentivi e percorsi di carriera; costruzione di una politica remunerativa: l’analisi della prestazione e la sua valutazione, l’analisi della posizione e la sua valutazione ed infine la valutazione del potenziale; i destinatari delle politiche premianti: gli elementi motivazionali, l’analisi dell’equità interna, il confronto con i mercati. Certo è che la relazione tra soddisfazione del personale e delle ricompense non è sempre poi così lineare, infatti: 1. dipende in parte dal rapporto tra aspettative e ricompense reali; 58 2. risente della comparazione con altre persone che ricoprono posizioni simili anche in altre organizzazioni; queste ultime percezioni possono essere mal rappresentate e influenzare negativamente 3. la soddisfazione anche in modo indipendente dalle azioni dell'organizzazione; infine, fa riferimento a un mix di ricompense intrinseche ed estrinseche, non facilmente 4. sostituibili. Certo è che la soddisfazione relativa alle retribuzioni ha un effetto positivo sul turnover e sulla motivazione delle persone. Per quanto riguarda il turnover, l'effetto non è legato solo al differenziale tra organizzazioni, ma anche alla percezione di un'adeguata differenziazione interna tra livelli diversi di performance e/o sforzi. Il legame con la motivazione è più complesso ed è stato oggetto di numerosi approfondimenti, con esiti non sempre coincidenti. Una visione teorica sufficientemente robusta è quella della teoria dell'aspettativa (FIG. precedente) che può essere così riassunta: 1. 'individuo deve credere che a un dato comportamento o livello di performance corrisponderà l'ottenimento di una ricompensa definita; 'individuo deve attribuire valore e attrattività alle ricompense pomesse; 2. 3. 'individuo deve credere che un dato livello di sforzi renda possibile raggiungere lo standard di performance definito. La determinazione della retribuzione è influenzata da due aspetti: a natura dei sistemi di classificazione delle posizioni in essere e a contrapposizione potenziale tra logiche di ordinamento interne all'impresa o esterne. Essa è composta da una parte fissa e una variabile, cioè accanto alla retribuzione tradizionale viene inserito un elemento variabile basato sulle performance individuali, di gruppo (gain sharing) o di unità organizzativa complessa (profit sharing). La struttura della retribuzione riguarda in primo luogo la definizione di quello che viene oggi comunemente definito il Total Compensation Mix, ovvero l'articolazione tra: retribuzione fissa (che comprende una serie di elementi accessori e talvolta automatici o definiti contrattualmente); retribuzione variabile (che include premi e incentivi monetari legati alle prestazioni individuali o collettive); fringe benefit (che includono una serie di erogazioni in natura o servizi concessi a particolari categorie di dipendenti, quali autovetture, telefoni cellulari, assicurazioni integrative ecc,); stock option e/o pacchetti azionari (che rappresentano diritti di acquisto a prezzo vincolato di azioni o veri e propri pacchetti); altri servizi aggiuntivi o soft factors (ad esempio asili aziendali, sostegni per il trasferimento, wellness club aziendali ecc.); elementi non monetari (difficili da valorizzare, ma che comprendono ad esempio la qualità dell'ambiente lavorativo, l'intensità dell'investimento formativo ecc.). Possono costituire esempi di premi: • fringe benefit; • gli stock option; • premi; • incentivi; • altro. 59 BIBBLIOGRAFIA PER APPROFONDIRE: • Auteri E. (2009): Management delle Risorse Umane, Guerini e Associati • Bennis W. (1990): Come si diventa leader, Sperling & Kupfer Editori • Bennis W. (2003): L’alchimia della leadership. Il sole 24 Ore • Birkenbihl V.F.(1992): Segnali del corpo. Come interpretare I segnali del corpo. Franco Angeli • Blanchard K. (2002): Ben fatto! Riconoscere i meriti altrui nella vita e nel lavoro. Sperling & Kupfer Editori • Blanchard K. (2001): Uno per tutti, tutti per uno. L’arte di lavorare in team. Sperling & Kupfer Editori • Bozek P.E. (1994): Comunicare con efficacia. Franco Angeli • Burley-Allen M.: Imparare ad ascoltare. Come cogliere i segnali deboli, ottenere le informazioni desiderate, migliorare le relazioni interpersonali (sviluppando le capacità d'ascolto). Franco Angeli • Carnage D. (1994): Come trattare gli altri e farseli amici. 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