p.2 - Dalla A alla G, l`alfabeto dei nemici del fegato

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S
in alute
Dalla “A” alla “G”,
l’alfabeto dei nemici
del fegato
Anche se il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, unito alla disponibilità di vaccini e alla
maggior consapevolezza della popolazione riguardo ai comportamenti a rischio ha ridotto in misura
apprezzabile la diffusione delle infezioni virali del fegato, non bisogna abbassare la guardia nei
confronti di queste malattie. Le epatiti virali restano infatti una seria minaccia per la salute, perché anche
se il più delle volte non danno sintomi gravi o ben riconoscibili possono rimanere a lungo attive
nell’organismo, logorando progressivamente un organo che svolge funzioni essenziali per la sopravvivenza.
EPATITI VIRALI
I
sintomi sono generalmente quelli di una banale
influenza, che
spesso guarisce
senza lasciare tracce
apparenti. Ma a volte compaiono
anche i
segni di
una sofferenza
epatica (ittero,
urine scure e feci chiare, prurito): in
questo caso, le analisi del sangue dimostreranno che si tratta invece di un’epatite acuta e permetteranno di stabilire
da quale dei 6 tipi di virus epatitici (A,
B, C, D, E o G) è stata provocata.
Quest’ultima distinzione è importante,
... MA IL FEGATO
PARTE AL CONTRATTACCO
A difesa del fegato infettato dal virus
entrano in campo due tipi di “cellulesoldato”: i linfociti T e i linfociti B. Legandosi ai componenti del virus presenti sulla superficie della cellula, i
linfociti T la rendono irriconoscibile
per il sistema immunitario, che quindi
la distrugge insieme ai virus che contiene. La distruzione delle cellule
epatiche libera delle sostanze, le
perché la malattia si trasforma in una
epatite cronica nel 50-70% delle infezioni da virus C e nel 5-10% delle infezioni da virus B; se l’individuo viene
infettato contemporaneamente dai virus
B e D la cronicizzazione si verifica nel
50% dei casi.
I virus A ed E provocano invece solo
forme acute.
L’attacco virale può tuttavia dar luogo
anche alla condizione di portatore
sano, caratterizzata dal fatto che l’infezione non provoca alcun sintomo nella
persona infetta, ma persiste nel sangue
e può essere fonte di contagio.
In Italia, si calcola che i portatori sani
del virus C siano l’1-2% della popolazione.
Si parla infine di epatite fulminante nei
rari casi in cui la malattia distrugge rapidamente oltre l’80% del fegato, causando la brusca comparsa di insufficienza epatica e coma.
Il trapianto del fegato può essere allora l’unica speranza.
Il quadro clinico delle diverse
forme di epatite virale è molto
simile e, come abbiamo
detto, i sintomi più specificamente riferibili a danno
epatico si riscontrano solo in un certo
numero di pazienti, mentre non è raro
che una pregressa infezione venga diagnosticata casualmente in occasione di
una comune analisi del sangue, riscontrando la presenza degli anticorpi per
uno o più dei virus epatitici.
Tuttavia è possibile descrivere qualche
aspetto caratteristico delle infezioni
causate da ciascun tipo di virus.
transaminasi, che entrano nel sangue: l’aumento delle transaminasi indica quindi sia la presenza dell’infezione sia l’attività difensiva che il fegato sta svolgendo. I linfociti B si
comportano invece da barriera perché si legano direttamente ai virus
presenti nel sangue, impedendo loro
di entrare nelle cellule epatiche.
Questi linfociti tornano poi in azione
ogni volta che i virus attaccano nuovamente l’organismo, producendo in
tal modo un’immunità nei confronti
dell’infezione. Se l’azione dei linfociti
T è abbastanza energica, la malattia
guarisce perché tutte le cellule infettate vengono distrutte e al loro posto
se ne formano di nuove.
In caso contrario, il virus continua a
infettare altre cellule, che vengono
man mano distrutte senza che l’organismo abbia il tempo di produrre
quelle nuove: la malattia “va e viene”, con alternanza tra fasi di benessere e periodi di riacutizzazione dei
sintomi.
Epatite A
Il periodo di incubazione dura mediamente dai 15 ai 50 giorni ed è asintomatico.
Durante la settimana successiva il virus
si diffonde nel sangue: solo in questa fase l’ammalato è contagioso.
Contemporaneamente si avvertono i
primi sintomi: inappetenza, malessere,
nausea, disgusto per il fumo, mancanza
di forze, disturbi intestinali; nel 50%
dei casi è presente febbre. Nei casi in
cui si manifestano, i segni di sofferenza
epatica compaiono solo successivamente.
Epatite B
L’incubazione dura 2-6 mesi e i sintomi
dell’infezione sono simili a quelli del
virus A.
Se l’epatite si cronicizza può danneggiare gravemente il fegato in modo subdolo provocando, nell’arco di qualche
decennio, una cirrosi (sostituzione del
tessuto epatico con un tessuto cicatriziale, e conseguente insufficienza epatica) o un carcinoma del fegato.
Epatite C
Poiché la scoperta di questo virus risale
alla fine degli anni ‘80, la sua diffusione
è stata favorita dall’impossibilità di effettuare controlli sul sangue utilizzato
fino ad allora per le trasfusioni.
Si calcola che attualmente siano almeno 2.000.000 gli italiani infettati dal virus, ma presumibilmente il numero è
molto più alto, perché la maggior parte
degli infettati non presenta alcun sintomo.
Nel 20-30% dei soggetti l’infezione
evolve verso la cirrosi nell’arco di 10-20
anni.
Epatite D (Delta)
Il virus Delta attecchisce solo in presenza di virus B: può trattarsi di una coinfezione (nei soggetti che contemporaneamente si ammalano di epatite B) oppure di una sovrainfezione (nei portatori sani di virus B).
I sintomi sono anche in questo caso
aspecifici, ma la malattia risulta complessivamente più grave di quella sostenuta solo dal virus B.
La cronicizzazione è frequente nel caso
di sovrainfezione, mentre è rara nel caso di coinfezione.
Epatite E
Si tratta di una forma molto diffusa in
India e presente anche nelle zone tropi-