la fine dell`universo e della materia

LA FINE DELL’UNIVERSO E DELLA MATERIA
© Ing. Silvano D’Onofrio
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Sommario
Introduzione .................................................................................................................................................................. 3
Dal Big Bang al Big Crunch ................................................................................................................................................ 5
Dal Big Crunch al Big Bounce ............................................................................................................................................ 7
Big Freeze (la morte fredda) ............................................................................................................................................. 9
La Fine della Materia ....................................................................................................................................................... 11
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Introduzione
C'era una volta l' idea che l' universo fosse sempre esistito, che non avesse avuto un inizio e che sarebbe rimasto
sempre lo stesso.
A compensare la sua continua espansione sarebbe
intervenuta una generazione spontanea di nuova
materia, delle molecole di idrogeno.
Erano gli anni Cinquanta dello scorso secolo e il
sostenitore più celebre della quieta visione cosmica,
diventata famosa come «teoria dello stato
stazionario» era il fisico-matematico britannico Dennis
Sciama, discepolo del Nobel Paul Dirac e maestro del
grande e sfortunato Stephen Hawking.
Tra i banchi di Cambridge ad ascoltare le sue lezioni c'
era anche Roger Penrose la cui genialità in
matematica e in cosmologia si sarebbe rivelata presto.
«Da Sciama ho appreso l' entusiasmo per la nuova
fisica e della sua teoria seppe farmi apprezzare la
bellezza e la forza esplicativa».
Negli anni Sessanta gli americani Arno Penzias e
Robert Wilson scoprivano per caso una radiazione
uniformemente distribuita in ogni angolo dello spazio
giudicata la prova mancante di un' altra idea avanzata
nel 1927, quella di un Big Bang (ma allora non si
chiamava così: il battesimo sarà di Fred Hoyle,
astrofisico e scrittore di fantascienza), e da cui il
nostro universo avrebbe avuto origine.
Sciama accettava la sconfitta sconfessando
coraggiosamente in pubblico tutto ciò in cui aveva
creduto. Nei decenni seguenti le capacità di
osservazione consolidavano la visione arrivando
persino a stabilire che l' Universo era nato da una
grande scoppio 13,7 miliardi di anni fa. Non tutti,
però, erano ciecamente convinti.
Nella scienza c' è sempre chi coltiva alternative, scruta
verso possibilità diverse in particolare quando il tema
è grande e complesso come è la storia del cosmo, la
nostra storia.
Soprattutto c' era chi sosteneva con spiegazioni
diverse che un «prima» doveva esserci e che tutto non
poteva essere partito dal Big Bang. Tra gli impegnati
su questo fronte emergeva Roger Penrose, nel
frattempo diventato un' autorità.
Numerose innovazioni del pensiero matematico
portavano il suo nome.
C' è il «Diagramma di Penrose» che disegna lo spazio,
la «teoria dei twistor» per mappare gli oggetti
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geometrici dello spazio-tempo tetradimensionale, la
«tassellatura di Penrose», meravigliosa geometria di
superfici infinite, il «triangolo di Penrose» noto anche
come triangolo impossibile, e, infine, la «scala di
Penrose».
Proprio queste due ultime concezioni sono state
persino assorbite e rappresentate nelle illustrazioni
dell' olandese Maurits Escher, nelle quali l' occhio si
smarrisce in folli architetture. Guardando al cosmo,
Penrose e Stephen Hawking lavoravano assieme alle
conseguenze della relatività di Einstein.
E Hawking, tra i numerosi risultati, avrebbe dedotto
che i buchi neri non sono ermeticamente chiusi e che
dalla loro prigione gravitazionale sfugge una sia pur
minima quantità di radiazione.
Nel frattempo i credenti di un' altra teoria, quella
«dell' Universo oscillante», non abbandonavano l'
ipotesi che, ad un certo punto, l' Universo sotto l'
azione della gravità fermasse la sua espansione
invertendo la corsa, proiettando stelle e galassie verso
il punto di partenza, preparando quindi un nuovo Big
Bang. Era il cosiddetto Big Crunch.
Ciò che cresceva, comunque, era soprattutto il
mistero perché la presenza della materia oscura
indirettamente osservata non coincideva con la stessa
espansione la quale veniva salvata dall' ipotesi di un'
energia altrettanto oscura in grado, invece, di
alimentarla.
Ma, prima del Big Bang, in molti continuavano a
domandarsi, c'era qualcosa? Roger Penrose credeva di
sì e anzi sviluppava assieme al fisico armeno Vahe
Gurzadyan la «teoria ciclica conforme» per
dimostrarlo.
Alla fine dell' anno scorso la presentava nei dettagli
esibendo una prova che doveva confermarla. Da qui
nasceva il libro che con dovizia di argomentazioni
spesso ardue (le formule non mancano) racconta un
pensiero in grado di sfidare le più rigorose certezze.
Con grande fascino e straordinaria intelligenza,
bisogna ammettere, Penrose ci spiega che l' universo
è sempre esistito e sempre esisterà. Che l' universo
nel quale noi viviamo è solo uno degli infiniti universi
che in sequenza si succedono, uno dopo l' altro, per l'
eternità.
Ognuno di essi rappresenta solo un periodo di tempo,
un «eone»: si origina da un Big Bang, si diffonde fino a
dissolversi includendo i buchi neri grazie alla teoria di
Hawking, ma creando nel contempo le condizioni per
la successiva rinascita, il nuovo Big Bang.
Nel progetto cosmico di Penrose non si accetta l' idea
dell' inflazione, passo obbligato che invece i
sostenitori dell' Universo in cui viviamo pongono
come primo, rapidissimo passo dall' energia alla
materia da cui sono nate stelle e galassie. Sostiene
una visione diversa dell' entropia che mal si adatta
nell' impostazione dell' unico mondo che vediamo. E
infine esibisce dopo sette anni di analisi una prova
ritenuta validissima.
radiazione di fondo giudicate i «semi» da cui
sarebbero nate le future galassie,
Penrose scorge qualcosa d' altro. Egli vede delle
costruzioni circolari che contrastano con la irregolarità
necessaria a certificare un cosmo disordinato secondo
le regole della sua fase iniziale.
Per lo scienziato britannico i cerchi sono le tracce
lasciate dalle onde gravitazionali lanciate alla fine dell'
universo precedente dalla fusione di buchi neri e dal
loro dissolvimento.
Ecco la presunta prova della sua teoria e di un passato
esistito prima del Big Bang. Ora si attendono indizi dal
nuovo osservatorio orbitale europeo Planck che
potrebbero rafforzare o smentire l' intuizione.
Nelle mappe colorate raccolte dall' osservatorio
spaziale della Nasa «Wilkinson-WMap» in cui emerge
un universo primordiale tra le anomalie della
«Nella mia proposta risuona una forte eco del vecchio
modello dello stato stazionario - ammette Penrose -.
Non posso fare a meno di chiedermi che cosa ne
avrebbe pensato Dennis Sciama».
(da: il Corriere della Sera)
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Dal Big Bang al Big Crunch
Oramai sembra essere diventato lo sport preferito dagli astrofisici. Il superamento del Big Bang.
Una gara a colpi di teorie. Ma risultati zero.
Per ora.
Passano le mode e sembra che anche il concetto di Big Bang, come l’evento iniziale da cui ha avuto origine il
nostro Universo stia ormai passando di moda.
Perché?
Perché la teoria della relatività generale non è in grado di descrivere ciò che accadde prima del Big Bang.
Perché la teoria ipotizza la esistenza iniziale di una massa puntiforme avente un volume pari a zero ma
dotata di energia e densità infinite. Una esistenza iniziale tanto particolare che gli scienziati l’hanno
chiamata “singolarità”.
La teoria suggerisce inoltre che una tale singolarità dovrebbe esistere al centro dei buchi neri ma, di nuovo,
la relatività generale viene meno nel descriverla in un punto del tempo appena prima del Big Bang.
Non so se ci avete capito qualcosa, ma il fatto è che la singolarità iniziale del Big Bang, sarebbe sorta
praticamente dal nulla e esplodendo avrebbe creato non solo l’energia e la materia ma anche lo spazio e il
tempo.
Per il principio della conservazione della energia la teoria della relatività non spiega da dove essa arrivi.
Un bel grattacapo.
Allora si fa strada la ipotesi che invece di ammettere l’esistenza di una singolarità poco prima del Big Bang,
ci fossero i ‘frammenti’, per così dire, di un universo collassato che esisteva prima del nostro.
L’idea non è nuova.
In altre parole, il nostro Universo non emerse dal nulla con un Big Bang di se stesso, piuttosto esiste un
ciclo infinito dove un universo collassa verso un punto molto piccolo per poi esplodere in un Big Bang che, a
sua volta, collassa per poi esplodere secondo un processo ciclico, o a “loop” appunto, che va avanti per
sempre.
Insomma niente Big Bang come evento unico, niente multi-universi, niente altri scenari fantascientifici.
Diversi scienziati hanno ipotizzato che l’Universo abbia un movimento ciclico ed eterno (Universo oscillante
o pulsante), ossia una sequenza infinita di Big Bang e successivi Big Crunch (Grande Collasso).
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Quello che manca sono le prove.
Ma a noi questo per ora non interessa.
Proviamo invece a seguire il ragionamento degli scienziati fin dall’inizio.
La ciclicità dell’Universo dipende, evidentemente, dalla sua velocità di espansione, ovvero dalla quantità di
materia+energia esistente, quindi anche dalla materia oscura e dalla energia oscura.
Perché l’Universo arresti l’espansione e inizi la fase di contrazione (in un futuro molto lontano), la materia
ed energia dell’Universo deve esse capace di contrastare la sua espansione che attualmente sembra
inarrestabile.
In parole povere, esiste un valore critico della densità media della materia dell’universo, solitamente
denominata Ω, che determinerebbe il suo destino.
Le più recenti osservazioni, però, hanno rilevato che la densità media dell’Universo visibile ed invisibile ha
un valore pressoché coincidente con Ω. Un equilibrio tra le forze. Nè avanti, nè indietro.
Chi vincerà?
Sembra che la natura si diverta a tenerci con il fiato sospeso.
Insomma non sappiamo se l’universo è destinato ad espandersi infinitamente o a collassare.
Allora qual’è la fine dell’universo? Qual’è la verità?
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Dal Big Crunch al Big Bounce
Qual’è la fine dell’Universo? Qual’è la verità? – mi domanda con insistenza il mio cane.
Non esiste una verità – rispondo – perchè non esiste nessuna risposta che i cosmologi sanno dare.
Allora, se hai la pazienza di seguirmi, proseguiamo con la nostra passeggiata tra le teorie.
Sul filone cosmologico dell’universo ciclico, trattato precedentemente, si innesta la teoria del “Big
Bounce”, che concettualmente prende il posto del Big Bang e del Big Crunch, fondendoli in una nuova
formulazione scientifica.
Il ragionamento è semplice (si fa per dire).
Si tratta di superare il concetto di “singolarità”.
Ovvero il superamento del Big Bang, e anche dei buchi neri, che ipotizzano la esistenza iniziale di una massa
puntiforme avente un volume pari a zero ma dotata di energia e densità infinite a cui il Big Crunch non ha
dato risposta.
Infatti secondo molti scienziati tale singolarità risulta inverosimile sulla base di tutte le leggi fisiche note.
Allora cosa ti vanno a pensare gli scienziati?
Niente di meglio che rivedere e riformulare la teoria della relatività generale avvicinandola a quella classica
dell’elettromagnetismo.
Ora stai tranquillo – mi rivolgo al mio sapiente e paziente cane – Non ti rifilo nessuna noiosa spiegazione,
difficile anche per me. Anche se lo so che è forte la tua tentazione di passare a letture più leggere altrove,
magari di ricette o ascoltare musica.
Ma il sapere necessita di un minimo di attenzione.
La nuova teoria elaborata dal team di uno scienziato, il fisico Bojowald, è una elaborazione della teoria
quantistica applicata ai loop del fisico indiano Abhay Ashtekar.
Una nuova teoria quantistica-gravitazionale a cicli (Loop Quantum Gravity – LQG) denominata “rete di
spin”.
In questo contesto le reti di spin si prestano bene per trattare i loop che si intersecano reciprocamente.
Lo so – dico al mio amico a quattro zampe che mi guarda fisso – non hai capito nulla. Poco male, queste
cose non sono alla nostra portata. Basta sapere che ci sono e che qualcuno le tratta.
Quello che devi capire è che dalle equazioni della LQG è risultato che l’Universo si contrae su se stesso ma
non fino ad arrivare alla singolarità iniziale puntiforme.
Secondo questa teoria l’Universo sarebbe costituito da anelli di dimensioni infinitesime, di 10−35 metri
(dieci elevato alla meno trentacinquesima potenza), ossia dieci miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi
di nanometri.
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Questi anelli infinitamente piccoli possono contenere una certa quantità di energia, che, pur aumentando
durante il collasso gravitazionale, non può mai diventare infinita. In pratica la teoria è un restyling della
meccanica quantistica, ovvero delle quantità finite, “a pacchetto”, che possono avere le particelle, per
esempio l’elettrone.
Dette in parole povere, gli atomi di questi anelli non possono comprimersi più di tanto. Il modello prevede
la presenza di atomi “dello spazio-tempo” che possiedono una attitudine finita di contenere materia e
energia, riuscendo a rendere superflua, in tal modo, la presenza di una singolarità.
Cosa succede allora?
Ad un certo punto della contrazione, a causa del costante aumento dei valori della massa-energia (densità e
temperatura), il tessuto spazio-temporale si lacera e la gravità da attrattiva diventerebbe “repulsiva”,
facendo rimbalzare l’Universo in un nuovo Big Bang. Tale processo si ripete in un ciclo perpetuo.
Wow. Geniale – esclama il mio cane – Questo dimostrerebbe che Il Big Bang è il risultato della
contrazione dell’Universo precedente, ma che non viene compresso fino a raggiungere la singolarità,
piuttosto la materia viene ridotta ad una dimensione piccola ma finita per poi essere espulsa interamente
in un’altra parte dell’Universo o addirittura in un altro universo.
Bravo Bleff. Questa teoria può essere applicata anche ai buchi neri. E voilà i giochi sono fatti.
Ma, devi sapere, il nuovo Universo perde ogni ricordo visto che subisce fluttuazioni diverse da quello
successivo e quindi questi dettagli di memoria storica non sopravvivono ed il nuovo è sempre diverso
rispetto al precedente (amnesia cosmica).
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C’è da dire però – caro Bleff – che la gravità quantistica a loop è interessante, ma non si tratta ancora di una
vera e propria teoria e perciò bisogna stare attenti a non prendere sul serio certe sue predizioni.
E’ come dire che stiamo adattando la fantasia ad una lacuna fisica.
Voi umani avete una gran fantasia e non capisco perchè vi ponete di questi problemi. E poi questa teoria
assomiglia troppo alla teoria delle stringhe. Una minestra riscaldata.
Ma, piuttosto, ancora non mi hai detto dove sta la verità? Qual’è la reale fine dell’Universo – mi ricorda
un’altra volta il mio cane.
Big Freeze (la morte fredda)
Diciamoci la verità – dico al mio allievo astrofisico che è il mio cane. Non esiste una verità sulla sorte del nostro Universo. Per ora.
Ma qualcosa sappiamo e basiamoci per ora “solo” su questo.
Innanzi tutto bisogna prima fare una premessa parlando della geometria dello spazio: da ciò infatti dipende
il destino dell’universo.
La geometria dello spazio nasce dall’introduzione nella cosmologia dell’idea di “curvatura dello spazio”,
dettata dalla relatività di Einstein. Gravità e tasso di espansione concorreranno a conferire allo spazio una
curvatura che potrà essere “negativa”, “positiva” o “nulla”.
Ora non lasciarti impressionare da queste definizioni.
Il concetto è molto più semplice di quanto immagini. E’ seguendo queste tre curvature l’universo può
assumere tre diverse forme, rispettivamente, aperto, chiuso e piatto. Il destino del cosmo è legato a ciò.
Può diventare infinito o finito. Si espanderà indefinitamente o si contrarrà.
Da cosa dipende?
La faccio semplice.
Dopo il Big Bang l’Universo è in continua espansione.
Se finirà dipende dalla capacità della materia visibile e invisibile contenuta nell’Universo a fermare la sua
espansione. Per gravitazione.
Più precisamente dipende dalla sua densità media.
Se la sua densità media è superiore, inferiore o uguale ad un valore critico si avrà un universo chiuso
(universo finito), un universo aperto (universo infinito), o piatto (anche in questo caso infinito).
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Nell’Universo chiuso le traiettorie percorse dai corpi (dalle particelle alle galassie) e persino il cammino dei
raggi di luce s’incurvano. L’Universo si contrarrà e collasserà (forse?) in un processo ciclico a loop (Big
Bounce?).
Secondo le recenti ricerche l’universo sarebbe in effetti “quasi piatto” e la densità avrebbe esattamente il
valore critico, quindi è più probabile un destino di espansione senza fine.
Ma se vengono confermate le ultime misurazioni non solo l’universo è in continua espansione, ma che
questa addirittura sta accelerando.
In entrambi i casi, se le cose stanno effettivamente così, le sorti dell’universo sembra segnato.
Allora caro mio sapiente cane, è arrivato il momento di dirti quella che sarà la fine probabile del nostro
universo.
La fine dell’universo sarà lentissima e fredda.
Un triste e gelido destino è riservato all’Universo che conosciamo e che solo negli ultimi anni riusciamo a
comprendere.
Tutte le stelle finiranno il loro carburante e si spegneranno una ad una. Una dietro l’altra.
La causa prima sarebbe una energia oscura che si opporrebbe alla forza gravitazionale tra le stelle, tra le
galassie, tra gli ammassi stellari, malgrado la presenza di un una notevole quantità di materia oscura
presente nell’universo che tenderebbe ad attrarle.
Questa energia generata dal vuoto non si sa che cosa sia, però esiste e la sua presenza è stata confermata
recentemente grazie ad una scoperta importante secondo la quale l’Universo non solo si espande ma
accelera sempre di più la sua fuga, allontanandosi dal luogo di nascita dove il big bang ha dato origine circa
15 miliardi di anni fa al tutto che conosciamo.
L’Universo in questa condizione diventerà sempre più rarefatto.
La materia disperdendosi non favorirà più la nascita di altre stelle.
Gli astri più grandi (almeno tre volte il nostro Sole), secondo le regole, alla fine della loro vita collasseranno
diventando buchi neri mentre gli astri minori si trasformeranno in nane nere, cioè stelle senza alcun raggio
di luce, disperse nel buio cosmico.
E il tutto dovrebbe finire, si dice, tra 10 mila miliardi di miliardi di anni, con un flebile lamento.
In questo modo l’Universo diventerà sempre più freddo e inanimato, con relitti di materia dispersi in un
vuoto sempre più vuoto nel quale navigano numerosi e sempre più lontani fra loro anche i mostri del cielo, i
buchi neri.
Questa è la prospettiva cosmica che oggi gli astronomi dipingono.
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Caro padrone - è il mio cane che è rimasto finora in silenzio, ma interessato per la sua voglia di sapere –
anche se tutto questo non coinvolgerà il genere umano ed anche quello animale, mi viene da dire che tifo
per un universo chiuso. Un universo che abbia la forza di “vivere” rinascendo con un nuovo Big Bang.
Dimmi ancora: che fine faranno i buchi neri?
La Fine della Materia
Chiudiamo con un grande finale questo capitolo dedicato alla sorte del nostro Universo.
Alla fine dell’universo farà seguito la fine della materia.
L’attuale grado di conoscenza della fisica fondamentale ci permette di prevedere la storia della materia
quale sarà tra enormi intervalli di tempo.
La durata della vita di una stella come il Sole è dell’ordine di dieci miliardi di anni: 1010 . Ma le stelle più
fioche, a lentissima combustione, hanno una vita circa 10.000 volte più lunga.
Vale a dire che all’incirca entro 1014 (100.000 miliardi) anni tutta l’attività
stellare terminerà e non vi saranno più stelle nell’universo.
Le galassie saranno costituite di materia fredda ed oscura.
In un successivo miliardo di anni 1018 le galassie collasseranno perché la teoria della relatività afferma che
in ogni sistema di corpi orbitanti l’energia viene irradiata sotto forma di onde gravitazionali. Una certa
quantità della materia che costituisce le galassie sarà attirata al centro dei buchi neri in continuo sviluppo.
Se, come sostengono alcuni fisici, il “protone” non è stabile ma decade, seppure nell’arco di un periodo
immensamente lungo, allora la materia stessa collasserà.
Il decadimento dei protoni inizia con un periodo di dimezzamento di 1032 anni, essi si trasformano in
particelle più leggere come i “positroni” e “muoni”. Allora tutti gli atomi nell’universo che non siano già stati
attratti dai buchi neri scompariranno per essere sostituiti da un mare di particelle più leggere e da
radiazioni.
A questo punto la fine dell’universo sarà contrassegnata dalla scomparsa per
evaporazione degli stessi buchi neri.
Ciò avverrà su una vasta gamma di scale temporali perché il ritmo con cui un buco nero decade dipende
dalla sua massa.
Un buco nero con una massa dieci volte quella del Sole sparirà in 1068 anni a partire da ora. I buchi neri
giganti dureranno ancor più a lungo, circa da 1090 a 10100 anni.
Tuttavia, se i protoni non decadranno, la situazione sarà differente. Dopo l’enorme tempo 101600 anni, tutte
le nane bianche collasseranno per diventare stelle a neutroni, e moltissimo tempo dopo (un valore troppo
grande per poterlo indicare convenzionalmente anche con le potenze) tutte le stelle a neutroni
collasseranno per formare buchi neri.
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Sarà le fine quando anche questi evaporeranno producendo un universo indistinto di
particelle e radiazioni.
Ma grandi cervelli come Stephen Hawking lasciano aperta la porta del dubbio. E forse l’Universo potrebbe
non finire così tristemente come immaginato. Forse – dice il genio britannico – qualche particella riesce a
sfuggire comunque dai buchi neri e così qualcosa di inaspettato alle teorie potrebbe accadere.
Il fondo la scienza è fatta di sorprese e non sempre sono sgradevoli come il gelido universo.
Grazie per la lettura e per il coraggio.
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