Guida alla preparazione dell`esame di Storia della

Politecnico di Torino
I Facoltà di Ingegneria
Alberta Rebaglia
GUIDA ALLA PREPARAZIONE DELL’ESAME DI
STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
Per gli allievi del Corso Universitario a Distanza in Ingegneria
Elettrica e Meccanica
Anno Accademico 2008-2009
Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Avvertenze e chiarimenti per la preparazione dell’esame
A integrazione delle informazioni sul corso (reperibili all’indirizzo http://corsiadistanza.polito.it ) si precisa che

lo studente deve scegliere cinque lezioni, tra le dieci che compongono il Corso,
individuando un minimo di due lezioni per ciascuna delle due Parti in cui è
suddiviso il Corso. Per ciascuna di esse è richiesto lo studio di quanto indicato
nelle sezioni incluse in questa dispensa; il materiale didattico integrativo citato è
indispensabile per la preparazione dell’esame

ai fini dell’esame, per ciascuna delle cinque lezioni scelte occorre svolgere gli
esercizi inclusi in questa dispensa nella sezione “Esercizi per l’esame”, e inviare
l’elaborato almeno una settimana prima della data di appello prescelta
all’indirizzo e-mail: [email protected]. Il punteggio acquisito nello scritto
contribuirà alla valutazione complessiva, unitamente al colloquio orale.

Dubbi e curiosità emersi durante la preparazione delle lezioni potranno essere
sottoposti all’attenzione degli altri iscritti al corso (e del docente) collegandosi al
Forum
aperto
nella
pagina
web
accessibile
dal
portale
della
didattica
(www.didattica.polito.it) inserendo le proprie password e username. Le spiegazioni
necessarie
verranno
inserite
periodicamente
nella
medesima
sede
ed
eventualmente approfondite durante le lezioni di tutorato.

Nella medesima pagina web sono presenti gli estratti in versione stampabile
dei capitoli del libro Ragione scientifica e progresso tecnologico di cui è richiesto lo
studio.

Nella Sezione “Avvisi”, all’interno della medsima pagina web, è possibile
controllare l’elenco dgli studenti regolarmente iscritti a ciascun appello.
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Avvertenze e chiarimenti per la consultazione della dispensa
Per ciascuna delle dieci lezioni del Corso, la dispensa contiene le seguenti sezioni:
1. Inquadramento dei temi
include un breve sommario degli argomenti trattati nella lezione e l’indicazione dei
videocorsi ai quali fare riferimento per lo studio:
Lezione CD-ROM indica il Corso in CD-ROM A. Rebaglia, Storia della filosofia
contemporanea, Parte I e Parte II, disponibile in Mediateca, nonché scaricabile dalla
pagina web: http://corsiadistanza.polito.it/diplomi/mediateca/cdrom.php
Lezione VHS indica il Corso in videocassette G. Vattimo, Atlante ideologico del
Novecento, disponibile in Mediateca
2. Passi antologici
include brani degli autori trattati nella lezione e/o il riferimento a una opportuna
scheda antologica contenuta nel volume: A. Rebaglia, Ragione scientifica e
progresso tecnologico. Temi di filosofia contemporanea, incluso in versione integrale
in formato ipertestuale nei CD e accessibile tramite il pulsante
3. Nel dizionario
include l’indicazione dei termini filosofici e degli autori rilevanti per la
comprensione degli argomenti principali trattati nella lezione, da approfondire
mediante la consultazione del Glossario contenuto nel volume citato, oppure
mediante la consultazione di un dizionario filosofico (si consiglia l’Enciclopedia
Garzanti di Filosofia, nuova edizione 2004), o di un manuale di storia della filosofia,
oppure tramite la connessione ai siti internet:
Stanford Encyclopedia of Philosophy: http://www.plato.stanford.edu ;
The Internet Encyclopedia of Philosophy: http://www.utm.edu/research/iep/
4. Integrazioni
include 1. una selezione di lucidi (che saranno utilizzati durante il tutorato) aventi lo
scopo di segnalare i concetti principali menzionati nella lezione; 2. brani (tratti da
testi della docente) aventi lo scopo di agevolare una maggiore padronanza del
panorama concettuale che fa da sfondo ai temi trattati nella lezione e consentire
l’elaborazione di un contesto comune di problematiche che avvicina le differenti
lezioni.
5. Esercizi per l’esame
include gli esercizi da svolgere ai fini dell’esame, per il corrente anno accademico.
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Indice

PARTE PRIMA Il concetto di artificiale nella civiltà industriale novecentesca
Lezione 1
Il positivismo e l‟organizzazione scientifica del lavoro
5
Lezione 2
La civiltà industriale
12
Lezione 3
Razionalità formale e ragione strumentale
19
Lezione 4
Pianificazione tecnologica e progetto esistenziale
24
Lezione 5
Il problema della verità e l‟esperienza estetica
29

PARTE SECONDA La rivoluzione cibernetica e il suo impatto culturale
Lezione 6
Il problema della verità e il metodo scientifico
36
Lezione 7
Verità, adeguatezza empirica e linguaggio
43
Lezione 8
La cibernetica. Uno studio interdisciplinare
50
Lezione 9
Pianificazione e strategia
57
Lezione 10
L‟uomo dialogico
64
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Il concetto di artificiale nella civiltà industriale
novecentesca
Il Novecento è senza dubbio il secolo in cui la produzione di beni e artefatti si è
imposta come aspetto dominante del panorama economico e sociale.
I presupposti concettuali alla base della produzione tecnologica vengono analizzati da
alcuni movimenti di pensiero con interesse positivo, mentre le sue conseguenze sociali
e il suo impatto culturale sono considerati con sospetto e disagio da altre correnti
filosofiche, le quali indicano nella produzione artistica, letteraria, filosofica e,
globalmente, culturale il percorso più idoneo a cogliere gli aspetti maggiormente
creativi ed „essenziali‟ del vivere umano.
Il primo gruppo di lezioni del corso è dedicato a chiarire questa tensione e le modalità
con cui essa è venuta articolandosi.
Lezione 1
IL POSITIVISMO E L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO
Inquadramento dei temi
Il positivismo, indirizzo filosofico che ha caratterizzato la seconda metà dell‟Ottocento
e di cui Auguste Comte è la figura più rappresentativa, intende proporre una
razionalizzazione complessiva nell‟ambito della conoscenza e dell‟azione sociale. Il
programma positivistico di trasformazione della cultura e della società, mediante una
rigorosa applicazione del metodo scientifico, è organizzato sulla base di una
valutazione positiva del processo di industrializzazione (che rappresenta l‟esito
dell‟operare scientifico e tecnico).
Il pensiero positivistico permea la „cultura d‟impresa‟ che caratterizza le industrie
manifatturiere di inizio Novecento. La produzione in serie, che solleciterà le riflessioni
critiche di esponenti significativi della filosofia del periodo, si impone insieme a una
radicale riorganizzazione dell‟attività lavorativa operata da Fredrik Wilson Taylor.
Egli propone un cambiamento sostanziale delle modalità del lavoro industriale,
sostituendo metodi “empirici” utilizzati dagli operai con metodi “scientifici”
approntati dal quadro dirigente.
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Lezione CD-ROM
Parte I, Lezione 4 :
Il positivismo
Comte. Le origini del positivismo
−
La legge dei tre stadi
−
Conoscenze relative
−
Leggi come cataloghi
Leggi empiriche e scienza industriale
−
Termodinamica
−
La sintesi a posteriori
−
Probabilità e statistica
Ipertesto
Capitolo 2. Dalla ragione legislatrice alla ragione strumentale
Paragrafo 2: Catalogare e prevedere. Origini della scienza
industriale
Capitolo 3. Sapere empirico e produzione industriale
Paragrafo 1: Progresso e leggi empiriche
Paragrafo 3: “One best way”. Mito della modernità (pp.93-95)
(estratto stampabile nella
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didattica:
Passi antologici
1. Le spiegazioni scientifiche
“… il carattere fondamentale della filosofia positiva consiste nel considerare tutti i
fenomeni come sottoposti a leggi naturali invariabili, la cui precisa scoperta e riduzione
al minor numero possibile costituiscono il fine dei nostri sforzi, dal momento che è
affatto impossibile, e, secondo noi, priva di senso, la ricerca delle così dette cause, sia
prime che finali. E‟ inutile insistere troppo su di un principio che è familiare a chi si
occupi un po‟ profondamente delle scienze d‟osservazione. Ognuno sa infatti come le
nostre soluzioni positive, anche le più perfette, non avanzino affatto la pretesa di
esporre le cause generatrici dei fenomeni –perché in tal caso non faremmo che
sospingere indietro le difficoltà– ma si propongono soltanto di esaminare con esattezza
le circostanze della loro produzione, e di collegarle le une alle altre mediante relazioni
normali di successione e di somiglianza.
Così, per citare l‟esempio più lampante, affermiamo che i fenomeni generali
dell‟universo sono generalmente spiegati, per quanto è possibile, dalla legge di
gravitazione perché, da un lato, questa bella teoria ci mostra tutta l‟immensa varietà
dei fenomeni astronomici come un unico e solo fatto colto nei suoi differenti aspetti –la
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
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costante e reciproca attrazione di tutte le molecole in ragione diretta alla loro massa e
in ragione inversa al quadrato delle distanze; mentre, dall‟altro lato, questo fatto
generale ci è presentato come la semplice estensione di un fenomeno che ci è familiare,
e che, solo perciò, consideriamo perfettamente conosciuto –il peso dei corpi sulla
superficie terrestre.
Quanto poi a stabilire che cosa sono questo peso e
quest‟attrazione, quali ne siano le cause, queste sono questioni che consideriamo
insolubili, che esorbitano dal dominio della filosofia positiva, e che abbandoniamo
senza rimpianti alla fantasia dei teologi e alle sottigliezze dei metafisici”.
(da A. Comte, Corso di filosofia positiva, 1830-1847)
2. Filosofia della natura
Scheda 3, in A. Rebaglia, Ragione scientifica e progresso tecnologico. Temi di filosofia
contemporanea : Auguste Comte, da Corso di filosofia positiva, 1830-1847
(estratto stampabile nella
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corso,
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della
didattica:
3. Taylorismo e ordinamento scientifico
“Prima di incominciare ad illustrare i principî dell‟ordinamento scientifico, o
ordinamento a compito come si suole chiamarlo più brevemente, è utile indicare i
caratteri di quello che secondo l‟autore è il miglior tipo di ordinamento tra quelli in
uso. E ciò sarà fatto in modo che possa essere pienamente apprezzata la grande
differenza tra il migliore degli ordinamenti ordinarî e quello scientifico.
In uno stabilimento industriale, che impiega da 500 a 1000 operai, si compiranno in
molti casi almeno 20 o 30 lavorazioni diverse. Gli operai addetti ad ognuna di queste
lavorazioni hanno appreso il loro mestiere materialmente dalla viva voce dei loro
compagni, e così per molti anni da quando le lavorazioni si sono sviluppate dalla loro
forma primitiva, nella quale i nostri avi riunivano insieme rudimentalmente molte e
diverse lavorazioni, fino al momento attuale di molteplice e progressiva suddivisione
del lavoro, nel quale ognuno si specializza per una parte relativamente piccola di esso.
L‟ingegnosità di ogni generazione ha sviluppato i metodi più rapidi e migliori per
compiere ogni elemento del lavoro in ogni industria. Così i metodi ora in uso possono
in senso largo dirsi il prodotto di un‟evoluzione, che rappresenta il sopravvivere delle
idee migliori e più profondamente fissate fino dall‟inizio di ogni lavorazione. Tuttavia
ciò è vero solamente in senso largo [..] Invece di avere un solo metodo generalmente
accettato come tipo nell‟uso quotidiano, ci sono 50 o 100 modi diversi di fare una parte
del lavoro [..] Nel migliore dei tipi comuni di ordinamento i direttori riconoscono
francamente il fatto che i 500 o 1000 lavoratori addetti alle 20 o 30 lavorazioni, che sono
sotto la loro direzione, possiedono questa massa di conoscenze tradizionali, una
grande parte delle quali è ignota alla direzione. [..] I direttori più esperti debbono
dunque rimettersi ai loro operai per la risoluzione del problema di fare il lavoro nel
modo migliore e più economico. Essi riconoscono che il loro compito è pertanto di
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
indurre il lavoratore ad usare i suoi migliori sforzi, la sua maggiore resistenza, tutte le
sue conoscenze tradizionali, la sua abilità, la sua ingegnosità, la sua buona volontà, in
una parola la sua iniziativa per dare il maggiore rendimento possibile al suo
imprenditore. [..]
… per avere qualche speranza di ottenere l‟iniziativa dei suoi lavoratori, il direttore
deve usare qualche speciale stimolo oltre quelli dati in generale dall‟industria. Questo
stimolo può essere dato in parecchi modi differenti per esempio, come speranza di una
rapida promozione o avanzamento, come salario più alto sia in forma di maggiore
prezzo per il lavoro compiuto, sia come premio o compenso di qualche genere per
lavoro rapido e ben fatto, diminuzione nelle ore di lavoro, condizioni di lavoro e di
ambienti migliori di quelle che si hanno ordinariamente, ecc. [..] Questo tipo di
ordinamento può essere chiamato iniziativa e stimolo in opposizione all‟ordinamento
scientifico o ordinamento a compito, con il quale deve essere confrontato. [..]
Con il sistema scientifico l‟iniziativa degli operai, che è il loro lavorare intenso e il loro
buon volere e la loro ingegnosità, è ottenuta in modo assolutamente uniforme e per
una più grande massa di quello che non sia possibile con il vecchio tipo; e, oltre questo
miglioramento degli operai, i direttori assumono nuovi pesi, nuovi doveri e
responsabilità mai sognate in passato. I direttori assumono, per esempio, il carico di
riunire tutte le conoscenze tradizionali, che nel passato erano dagli operai possedute, e
quindi di classificarle, compararle e dedurne regole, leggi e formule, che saranno di un
immenso aiuto per i lavoratori nel fare il loro lavoro quotidiano. Oltre a sviluppare
una scienza in questo modo la direzione si assume altre specie di doveri che importano
nuovi e più gravi pesi.
Questi nuovi doveri sono raggruppati in quattro categorie:
Primo: Essi sviluppano una scienza per ogni elemento di lavoro dell‟uomo, la quale
prende il luogo del metodo empirico.
Secondo: Essi scientificamente scelgono e quindi allenano istruiscono e sviluppano il
lavoratore, mentre nel passato egli spesso sceglieva il proprio lavoro e si allenava da sé
stesso come meglio poteva.
Terzo: Essi cooperano di buona volontà con i loro uomini in modo da assicurare che
tutto il lavoro sia fatto secondo i principî della scienza che è stata sviluppata.
Quarto : C‟è quasi un‟eguale divisione di lavoro e di responsabilità tra la direzione e gli
operai. La direzione si assume tutto il lavoro per il quale è più adatta del lavoratore,
mentre nel passato quasi tutto il lavoro e la maggior parte della responsabilità erano
gettati sugli operai.
È questa combinazione dell‟iniziativa degli operai con il nuovo genere di lavoro fatto
dalla direzione che rende l‟ordinamento scientifico tanto più efficiente del vecchio
metodo. [..]
Forse l‟elemento singolo più importante nel moderno ordinamento scientifico è l‟idea
del compito. Il piano di lavoro di ogni operaio è completamente preparato dalla
direzione almeno un giorno avanti, ed ognuno riceve nel maggior numero dei casi
complete istruzioni scritte, che descrivono in modo particolare il compito che gli spetta
ed i mezzi da usare nel lavoro. E il lavoro preparato avanti in questo modo costituisce,
come già detto, il compito non del lavoratore solo, ma in quasi tutti i casi degli sforzi
congiunti dell‟operaio e della direzione. In questo compito è specificato non solo
quello che deve essere fatto, ma come deve essere fatto e quanto tempo esattamente ci
vuole per farlo. E, quando l‟operaio riesce bene nel suo compito e nei limiti di tempo
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Docente: Alberta Rebaglia
prescritti, riceve un‟aggiunta al suo salario ordinario dal 30 al 100 %. I compiti sono
preparati con tanta cura che il lavoro riesce eccellente sia per la bontà che per la
compiutezza, ma deve chiaramente comprendersi che in nessun caso all‟operaio si
richiede di lavorare ad una velocità che possa essere dannosa alla salute. Il compito è
sempre regolato in modo che l‟operaio possa eseguire il suo lavoro e arricchirsi,
lavorando a quella misura, per molti anni, e diventare sempre più felice e più prospero
e non essere oppresso dal sopra-lavoro.
In gran parte l‟ordinamento scientifico consiste nel preparare e condurre a termine
questi compiti.”
(da F.W. Taylor, L’organizzazione scientifica del lavoro, 1911)
Nel DIZIONARIO
Concetti
Industrializzazione
Positivismo
Progresso
Autori
Comte, August
Taylor, Fredrik Wilson
Integrazioni
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Docente: Alberta Rebaglia
“Il Politecnico di Torino nacque, primo in Italia, come „Scuola di Applicazione per gli
Ingegneri‟ nel 1859, periodo in cui modello culturale egemone in tutta Europa era il
positivismo: autentico catalizzatore nel dare origine alla figura professionale
dell‟ingegnere. In effetti, enfatizzando l‟aspetto convenzionale e il ruolo di efficace
strumento predittivo delle leggi scientifiche, e attenuando contemporaneamente il loro
carattere esplicativo delle dinamiche naturali, la concezione positivistica avrebbe
costituito per lungo tempo un fattore culturale di estrema importanza per lo sviluppo
dei processi industriali e per la realizzazione delle tecnologie correlate. Risulta,
pertanto, ben spiegabile come tale assetto concettuale sia divenuto il riferimento
costante, sebbene spesso solo implicito, intorno a cui vennero organizzate la
formazione e la didattica nei corsi di laurea in ingegneria.
Anche le più evidenti conseguenze dell‟influenza del positivismo –quali la
rivendicazione di una manifesta autonomia e distanza del metodo scientifico rispetto
agli ambiti della metafisica e della teologia, nonché la fiducia nella capacità di tale
metodologia di trattare in modo rigorosamente quantitativo qualsiasi elemento
(naturale, oppure economico o sociale)– sono parse efficaci nell‟agevolare la gestione di
dati e conoscenze. Isolare l‟orizzonte scientifico da ogni influenza esterna dà infatti
l‟impressione di poterne accrescere l‟oggettività, incrementando anche il consenso nei
confronti delle sue dirette applicazioni tecnologico-industriali; inoltre, rimarcare come
il metodo scientifico non sia da ritenersi altro che uno 'strumento', del tutto
indipendente dagli oggetti cui viene applicato, fa sì che esso possa venire trasposto in
ambiti differenti dalla scienza fisica (purché sempre di tipo osservativo), esaltandone
quindi le potenzialità interdisciplinari.
Nei decenni più recenti, tuttavia, la complessità del sistema socio-economico e il
carattere multiforme, talvolta contraddittorio, delle domande a cui occorre che le
realizzazioni tecnologiche e i processi produttivi trovino risposte adeguate hanno
posto in crisi tale impianto di pensiero. L‟insufficienza della prospettiva positivistica
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nel supportare le attuali trasformazioni economiche, sociali e culturali è emersa con
chiarezza nel documento stilato a Lisbona nel marzo 2000 dal Parlamento Europeo, in
cui è stato attribuito un ruolo di assoluta preminenza ai criteri di ricerca e innovazione
sui quali sono basati i processi di produzione delle reti astratte di informazioni e
saperi, rispetto ai consueti procedimenti di fabbricazione delle risorse materiali.
Impegno strategico fondamentale per l‟Europa è stato pertanto considerato il suo
costituirsi in „società della conoscenza‟, posto quale obiettivo determinante per il nuovo
decennio; obiettivo perseguibile solo dando avvio a nuove, consistenti elaborazioni di
tecniche formali e metodi euristici concepiti con l‟intento di trattare una „conoscenza‟
non più circoscrivibile esclusivamente entro un studio quantitativo dei dati, bensì in
grado di coordinare informazioni essenzialmente ambigue e potenzialmente
conflittuali.”
(da A. Rebaglia, Studiare filosofia al Politecnico di Torino, editoriale
Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede, 2007)
Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“I fenomeni generali dell‟universo sono generalmente spiegati, per quanto è possibile,
dalla legge di gravitazione … Quanto poi a stabilire che cosa sono questo peso e
quest‟attrazione, quali ne siano le cause, queste sono questioni che consideriamo
insolubili, che esorbitano dal dominio della filosofia positiva.” Comte
“Forse l‟elemento singolo più importante nel moderno ordinamento scientifico è l‟idea
del compito.” Taylor
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Lezione 2
LA CIVILTA’ INDUSTRIALE
Inquadramento dei temi
Ogni cultura, secondo Oswald Spengler, ha un modo suo proprio di considerare la
natura; e sviluppa una scienza (nonché una filosofia, una morale, e così via) che le
appartiene indissolubilmente (come le membra di un organismo sono legate
all‟organismo stesso, e a esso soltanto).
La scienza e tutti i valori della cultura sono dunque assoluti (poiché ogni „organismo
culturale‟ realizza progressivamente e necessariamente le possibilità che lo
caratterizzano) e -al tempo stesso- relativi (in quanto limitati al ciclo di vita di uno
specifico „organismo culturale‟).
Alla necessità del progresso (il mito romantico che ha accompagnato il sorgere
dell‟industrializzazione) Spengler sostituisce l‟ineludibilità del ciclo organico delle
culture.
La funzione dell‟artista e dell‟opera d‟arte consiste, secondo Ernst Bloch, nell‟essere
portatori di un progetto „utopico‟, capace di contrastare la generale „tecnicizzazione‟
della vita associata (seguita all‟imporsi della civiltà industriale), ma anche di cogliere in
essa le condizioni per una rivendicazione della libertà artistica nei confronti di una
pura „rappresentazione‟ del reale.
Lezione VHS
Videolezione 1 : Fine della Belle Époque. Tramonto dell‟Occidente
e spirito dell‟avanguardia
Tramonto dell‟Occidente e prima guerra mondiale
- Spengler e le civiltà come organismi
- Il destino imperialistico dell‟Occidente al tramonto
Kultur e Zivilisation
- Incivilimento e fine della capacità creativa
Bloch, avanguardia, espressionismo
- Gli oggetti funzionali: rischio di disumanità e occasione di
liberazione
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Ipertesto
Capitolo 1 La filosofia della natura tra empirismo e razionalismo
Paragrafo 1: Tassonomie e osservazione “attiva”
Capitolo 3 Sapere empirico e produzione industriale
Paragrafo 1: Progresso e leggi empiriche
Paragrafo 2: Le nuove vie dell‟economia industriale
(estratto stampabile nella
www.didattica.polito.it)
pagina
web
del
corso,
portale
della
didattica:
Passi antologici
1. La civiltà delle macchine, tra leggi scientifiche e dominio sulla natura
“Si è spiato il corso della natura annotandone i segni e si è incominciato a imitarla
grazie a mezzi e a metodi che utilizzano le leggi del ritmo cosmico. L‟uomo ha osato
assumere la parte di un dio, e si capisce che i primi che si dettero a fabbricare e a
conoscere queste cose artificiali, queste cose prodotte da un‟arte -proprio qui è nato il
concetto di arte come antitesi alla natura- i fabbri soprattutto, siano stati considerati come
esseri strani, epperò timorosamente venerati o aborriti. E‟ esistito un insieme in
continua crescita di tali invenzioni che spesso furono di nuovo dimenticate, che furono
imitate, evitate o perfezionate e che finirono col fornire ad interi continenti un
complesso di mezzi d‟azione che apparvero naturali e evidenti: il fuoco, la lavorazione
dei metalli, istrumenti, armi, l‟aratro e il battello, l‟arte delle costruzioni, l‟allevamento
del bestiame e la semina. [..]
Cosa affatto diversa è la tecnica faustiana che fin dai primissimi giorni del gotico
irrompe con tutto il suo pathos della terza dimensione nella natura per dominarla. Qui, e
qui soltanto, il congiungesi del sapere con le applicazioni del sapere appare naturale.
La teoria è già in partenza una ipotesi di lavoro. Il pensatore antico «contempla», come il
Dio di Aristotile; quello arabo cerca quale alchimista la sostanza magica, la pietra
filosofale grazie alla quale si possono possedere senza fatica i tesori della natura; quello
occidentale vuol dirigere il mondo secondo il suo volere.
L‟inventore e lo scopritore faustiano sono qualcosa di unico nel loro genere. [..]
L‟intera nostra civiltà ha una anima da scopritore. Scoprire ciò che non si vede, trarlo
nel mondo illuminato dello sguardo interiore per potersene impadronire, questa fu, fin
dal primo giorno, la passione più tenace della civiltà faustiana. Tutte le sue maggiori
scoperte si sono maturate lentamente nel profondo, sono state annunciate e provate da
precursori per poi prorompere con la necessità di un destino. Esse tutte eran già vicine
nelle speculazioni compenetrate di religiosità dei monaci del primo gotico. Proprio qui
si può scorgere l‟origine religiosa di tutto il pensiero tecnico. Questi inventori che nelle
celle dei loro conventi pregando e digiunando strappavano a Dio i suoi segreti,
sentivano in ciò un servizio divino. E‟ qui che è nata la figura di Faust, questo grande
simbolo di una autentica civiltà di inventori. La scientia experimentalis, come Ruggero
Bacone definì per primo l‟indagine della natura, l‟interrogazione violenta della natura
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per mezzo di leve e di viti, ha dato inizio a ciò il cui risultato ci sta oggi dinanzi agli
occhi: lo spettacolo di pianure cosparse di camini di fabbriche e di altiforni. Ma tutti
quei primi indagatori erano esposti al pericolo che il diavolo mettesse mano nella cosa
per condurli in spirito su quel monte, dove ad essi veniva promessa ogni potenza della
terra. [..] Essi spiarono le leggi del ritmo cosmico per usar violenza su di esso e così
crearono l‟idea della macchina, piccolo cosmos obbediente esclusivamente alla volontà
dell‟uomo. [..]
La passione per inventare si tradisce già nell‟architettura gotica -la si confronti con la
voluta povertà di forme di quella dorica- e in tutta la nostra musica. Essa si manifesta
nella stampa e nelle armi a lunga portata. A Colombo e Copernico seguono il
telescopio, il microscopio, gli elementi chimici e tutto l‟insieme dei procedimenti tecnici
del primo Barocco.
Ma poi, contemporaneamente al razionalismo, si giunge alla scoperta della macchina a
vapore che sovverte tutto e trasforma dai fondamenti l‟immagine dell‟economia. Fino
ad allora la natura aveva avuto la parte di una coadiutrice; ora la si riduce ad una
schiava e il suo lavoro, quasi per scherno, lo si calcola secondo cavalli-vapore. [..] E‟
con riferimento alla macchina che la vita umana va ora a rappresentare un valore. Il
lavoro diviene la grande parola d‟ordine del pensiero etico. Già nel diciottesimo secolo
esso aveva perduto il suo significato negativo originario. La macchina lavora e
costringe l‟uomo a lavorare insieme ad essa. Tutta la civiltà è giunta ad un tale grado
di attivismo, che sotto di esso la terra trema.
E ciò che si è svolto nel corso di appena un secolo è uno spettacolo di una tale potenza,
che l‟uomo di una futura civiltà, di una civiltà con una anima diversa e con diverse
passioni, avrà il sentimento che la stessa natura ne doveva esser stata scossa nel suo
equilibrio. [..] questa tecnica lascerà le sue tracce anche quando tutto sarà dimenticato
e sepolto. Questa passione faustiana ha trasformato l‟immagine della superficie
terrestre.
Qui ha agito un impulso della vita a trascendere e ad innalzarsi che, intimamente affine
a quello del gotico, al tempo dell‟infanzia della macchina a vapore trovò espressione
nel monologo del Faust di Goethe.
E queste macchine nella loro forma sono sempre più disumanizzate, sempre più
ascetiche, mistiche, esoteriche. Esse avvolgono la terra con una rete infinita di forze
sottili, di correnti e di tensioni. Il loro corpo si fa sempre più spirituale, sempre più
chiuso. Queste ruote, questi cilindri, queste leve non parlano più. Ciò che in esse è
più importante si ritira all‟interno. La macchina è stata sentita come qualcosa di
diabolico, e non a torto. Agli occhi del credente essa rappresenta la detronizzazione di
Dio. Essa pone la causalità sacra nelle mani dell‟uomo e questi la mette
silenziosamente, irresistibilmente in moto con una specie di preveggente onnisapienza.
Mai come oggi un microcosmo si è sentito così superiore al macrocosmo. Oggi
vediamo piccoli esseri viventi che con la loro forza spirituale hanno ridotto il non
vivente a dipendere da loro. Nulla sembra eguagliare un simile trionfo che è riuscito
ad un'unica civiltà e forse solo per la durata di qualche secolo.
Ma proprio per tal via l'uomo faustiano è divenuto schiavo della sua creazione. Nelle sue
mosse così come nelle sue abitudini di vita egli sarà spinto dalla macchina in una
direzione sulla quale non vi sarà più né sosta, né possibilità di tornare indietro. Il
contadino, l'artigiano, perfino il commerciante appaiono d'un tratto insignificanti di
fronte a tre figure cui lo sviluppo della macchina ha dato forma: l'imprenditore, l'ingegnere e
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l'operaio industriale. In questa civiltà, e in nessun'altra al di fuori di essa, da un piccolo
ramo dell'artigianato, cioè dall'economia dei manufatti, si è sviluppato il possente
albero che oscura ogni altra professione: il mondo economico dell'industria meccanica. E
questo mondo costringe sia l‟imprenditore che l‟operaio industriale a obbedirgli.
Entrambi sono gli schiavi, non i signori della macchina che ora comincia a manifestare il
suo occulto potere demonico.”
(da O. Spengler, Il tramonto dell'Occidente. Lineamenti di una morfologia della Storia
mondiale, 1918)
2. L’utopia di una tecnica riconciliata con la natura
“E‟ la nudità della nostra pelle a costringerci ad inventare. Già di fronte alle intemperie
l‟uomo di per sé è stranamente indifeso. [..] La dentatura delle scimmie è scomparsa
nell‟uomo primitivo, neppure il pugno più robusto è in grado di fronteggiare anche un
solo lupo. Per difendere o attaccare quel pugno deve crescere in qualcosa che non è
concresciuto con la sua carne, in una clava, in un coltello di pietra. [..]
Solo l‟uomo è l‟animale che fabbrica strumenti, solo l‟uomo ha potenziato l‟unghia in
lima, il pugno in martello, i denti in coltello. Solo il self-made-man è stato in grado di
servirsi del fuoco, che cuoce la roba da mangiare, fonde i metalli, spaventa le fiere. E
anche più rapidamente delle materie prime conquistate, crebbe l‟arte di farne qualcosa
che prima non esisteva. Da allora inventare significa procurarsi forza o comodità
aggiuntive rielaborando elementi organici o inorganici esterni al proprio corpo. [..]
L‟intera vita viene così avvolta da una cintura di creature artificiali prima mai esistite.
Con esse la casa umana viene enormemente ampliata, diventa sempre più comoda e
avventurosa. [..]
Far progetti al vento, anche i più strani, è sempre stato possibile, in qualunque epoca.
Sogni tecnicamente più solidi e orientati ad ampliare la sfera degli strumenti
compaiono comunque di rado prima del XVI secolo. [..] Dunque solo con il
rinascimento, solo con l‟interesse per gli affari e l‟impulso al guadagno propri del
capitalismo allora nascente, la fantasia tecnica ottenne un riconoscimento pubblico e
cominciò ad essere agevolata.
[..] l‟invenzione riavrà nuovamente utopia reale in corpo quando si praticherà
un‟economia ritagliata sui bisogni invece che sul profitto. Quando infine la legge del
socialismo, cioè della massima copertura dei bisogni al livello tecnico più alto possibile,
avrà dissolto la legge capitalistica del massimo profitto. Quando il consumo sarà in
grado di accogliere tutti i prodotti e la tecnica, senza badare al rischio e al guadagno
privato, sarà nuovamente chiamata all‟audacia, senza che prospetti il suo lato
demoniaco stimolato dall‟imperialismo.
Questo momento del resto s‟avvicina sempre di più in quanto sotto la crosta attuale sta
facendosi strada un‟altra tendenza. Ben oltre i materiali surrogati, per quanto notevoli
siano le potenzialità presenti anche nel loro campo, questa tendenza si muove nel
campo artificiale o troppo artificiale di ciò che non è più maturato organicamente. Questo
elemento di non-naturalità cominciò allorché gli uomini inventarono la ruota, non
ispirata dal loro corpo. [..]
15
Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
L‟allontanamento dall‟organico, in quanto passaggio della tecnica in ambiti naturali
sempre più lontani dall‟uomo, ha rafforzato ulteriormente la sua astrattezza. Con essa,
in modo sempre più precario, il suo spaesamento: alle macchine nucleari, oltre alla
base sociale, manca anche quella fisica familiare. [..]
Anche la chimica più sintetica o la tecnica nucleare così audacemente ampliata, in
quanto concreta è alleata con una realtà sintetica e da ampliarsi a posteriori nel mondo; così
deve essere e così sarà. [..] Con una concezione che afferra la legalità della natura in
modo puramente estrinseco come la concezione che hanno sviluppato la scienza della
natura borghese e la sua tecnica, la necessità naturale non è certamente ancora colta né
mediata in modo centrale; ciò che doveva essere dimostrato. Questa necessità in sé
ancora estrinseca è ancor sempre una necessità cieca e in tal senso ancor sempre
correlata più al concetto di fato dei primitivi e del mito, ovvero al destino-Moira, che a
quella necessità veramente riconosciuta e così condotta alla libertà, nella quale una
tecnica concreta può avere il suo concetto e il suo ulteriore produrre nella natura. Solo
se Tyche e Moira, il caso e il destino, non costituissero più i momenti insuperati di una
necessità naturale puramente esteriore, solo in questa precisa presenza accanto alla
forza della natura la tecnica supererebbe il suo lato catastrofico e la sua astrattezza.”
(da E. Bloch, Il principio speranza, 1938-47)
Nel DIZIONARIO
Concetti
Cultura-civiltà
Relativismo
Utopia
Integrazioni
16
Autori
Bloch, Ernst
Spengler, Oswald
Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
“TECNOLOGIA, FILOSOFIA DELLA
disciplina che si occupa dei problemi filosofici concernenti la natura della tecnologia, le
modalità dei cambiamenti e delle innovazioni che ne segnano la storia, la sua influenza
su cultura e società. Il termine compare per la prima volta in un testo del filosofo
neohegeliano E. Kapp, Principi di filosofia della tecnica, pubblicato nel 1877. Tuttavia,
come settore specifico, la filosofia della tecnologia ha una storia più recente e solo
parzialmente consolidata: uno degli argomenti ancora dibattuti tra i suoi principali
esponenti riguarda proprio il riconoscimento unanime di testi fondamentali per la
caratterizzazione della disciplina. [..] i principali indirizzi tematici nei quali si può
ritenere articolata la filosofia della tecnologia [sono] l‟esame critico del mondo
tecnologico contemporaneo e l‟analisi teoretica dei tratti caratteristici e distintivi
dell‟agire tecnologico. [..]
L‟orientamento epistemologico considera [..] le strutture, gli obiettivi e i metodi della
tecnologia. Accanto a concezioni che la definiscono in un quadro di continuità
concettuale con le tecniche antiche intese come forme di arte poietica oppure la
ritengono semplice applicazione dei risultati scientifici, si vengono sviluppando
prospettive alternative che ne sottolineano l‟autonomia e la differenza tanto
dall‟orizzonte tecnico quanto da quello scientifico. [..]
I due orientamenti principali, seppure distinguibili, spesso si sovrappongono
parzialmente nel dar luogo a specifici studi filosofici sulla tecnologia. A essi si
affiancano altre impostazioni, fra le quali occorre segnalare quella antropologica, a cui
appartengono le riflessioni di A. Gehlen (e il lavoro pionieristico di E. Kapp). La tecnica
è considerata un „organo esosomatico‟, atipico ma estremamente efficiente, che la
natura ha fornito all‟uomo per integrare organi poco idonei alla sopravvivenza, per
intensificare la forza della sua azione sull‟ambiente, per agevolare il lavoro togliendo a
esso l‟onere della fatica; e contemporaneamente è intesa come fenomeno culturale,
17
Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
prodotto della capacità umana di intervenire sul mondo naturale per introdurvi
qualcosa che in natura non esiste ed è guidato da una logica estranea a quella naturale.
A motivo di questa bivalenza, che unisce in un unico elemento i due caratteri antitetici
del „naturale‟ e dell‟ „artificiale‟, Gehlen (L’uomo nell’era della tecnica, 1957) definisce
significativamente la tecnica con il peculiare ossimoro di „natura artificiale‟. E
C. Mitcham (Il pensiero che percorre la tecnologia, 1994) ritiene che la riflessione filosofica
sulla tecnologia conduca a pensare quest‟ultima non solo quale un prodotto del nostro
agire ma sempre più come l‟orizzonte di cui siamo parte.”
(da A. Rebaglia, voce Filosofia della tecnologia, in Enciclopedia Garzanti di Filosofia,
nuova ed., Garzanti, Milano 2004)
Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“Scoprire ciò che non si vede, trarlo nel mondo illuminato dello sguardo interiore per
potersene impadronire, questa fu, fin dal primo giorno, la passione più tenace della
civiltà faustiana.” Spengler
“L‟allontanamento dall‟organico, in quanto passaggio della tecnica in ambiti naturali
sempre più lontani dall‟uomo, ha rafforzato ulteriormente la sua astrattezza. Con essa,
in modo sempre più precario, il suo spaesamento.” Bloch
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Lezione 3
RAZIONALITA’ FORMALE E RAGIONE STRUMENTALE
Inquadramento dei temi
L‟economista, storico e sociologo tedesco Max Weber individua nell‟analisi delle
origini e delle condizioni di sviluppo del capitalismo industriale un nodo centrale per
cogliere i caratteri tipici della società contemporanea. La concezione calvinista del
successo come prova della grazia divina costituisce, secondo Weber, una sollecitazione
concettuale indispensabile al sorgere del capitalismo, la cui „essenza‟ consiste nel
processo di razionalizzazione, ovvero nella progressiva applicazione della razionalità
formale (ossia del calcolo razionale dei mezzi rispetto a uno scopo possibile).
Max Horkheimer -tra i fondatori, insieme a Theodor Adorno, dell‟Istituto per la ricerca
sociale di Francoforte- considera criticamente la riduzione degli ideali di
emancipazione (che la ragione illuministica avrebbe dovuto aprire all‟umanità) a rigide
regole di una ragione strumentale, tesa a individuare soltanto i mezzi più idonei al
perseguimento di fini (che vengono dati per scontati o si suppone si spieghino da sé).
Questo ridurre la ragione a mezzo di dominio sulla natura, confluito (in particolare) in
una industrializzazione basata su principi tayloristici, si rivela -in ultima analisi- uno
strumento di controllo dell‟uomo e della società, in contraddizione con gli scopi che
originariamente hanno mosso l‟ideale razionale.
Lezione CD-ROM
Parte I. Lezione 8 :
Razionalizzazione e progresso
Civiltà industriale
−
Emancipazione
−
Organizzazione scientifica del lavoro
−
Amministrazione
Da Weber alla Scuola di Francoforte
−
Max Weber. Razionalità formale
−
Capitalismo moderno. Disincanto del mondo
−
Horkheimer e Adorno. La dialettica dell‟illuminismo
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Ipertesto
Capitolo 3. Sapere empirico e produzione industriale
Paragrafo 3: “One best way”. Mito della modernità
Capitolo 4. La ragione oltre i confini della razionalizzazione
Paragrafo 1: Freud. Ragione e inconscio (p.101)
Capitolo 5. Controllo e comunicazione
Paragrafo 1: Linearità del tempo e circolarità causale retroattiva
(pp.131-132)
(estratto stampabile nella
www.didattica.polito.it)
pagina
web
del
corso,
portale
della
didattica:
Passi antologici
1. Capitalismo e predestinazione
“L‟ascesi laica protestante [..] operò con grande violenza contro il godimento
spregiudicato della proprietà, e restrinse il consumo, in ispecie il consumo di lusso.
D‟altra parte essa liberò, nei suoi effetti psicologici, l‟acquisto di beni dagli ostacoli
dell‟etica tradizionalistica, in quanto non solo lo legalizzò, ma addirittura [..] lo
riguardò come voluto da Dio. La lotta contro i piaceri della carne e l‟attaccamento ai
beni esteriori non era [..] una lotta contro il guadagno razionale, ma sibbene contro
l‟impiego irrazionale della proprietà. E questo consisteva nell‟altro apprezzamento, da
condannarsi come idolatria, delle forme ostensibili del lusso, che erano così vicine al
modo di sentire feudale, in luogo dell‟impiego voluto da Dio, razionale e utilitario, per
i fini della vita del singolo e della collettività. Non si voleva imporre al possidente la
macerazione, ma l‟uso della sua ricchezza per cose necessarie e di pratica utilità [..]
Il pensiero che il lavoro professionale moderno abbia un carattere ascetico non è in
realtà nuovo. Anche Goethe, al culmine della sua saggezza ed esperienza della vita,
nei Wanderjahre e nella conclusione che dette alla vita di Faust, ci ha voluto insegnare
questo motivo ascetico fondamentale dello stile della vita borghese, se questa appunto
voglia avere uno stile: che cioè il limitarsi al lavoro professionale colla rinuncia alla
universalità faustiana, che questa limitazione comporta, sia nel mondo moderno il
presupposto di ogni azione degna di stima, che azione dunque e rinuncia si
condizionano inevitabilmente a vicenda. Per lui questo riconoscimento significava
rinuncia e un addio a un tempo di piena e bella umanità, che non si rinnoverà più, nel
corso della nostra civiltà, come nell‟antichità non si rinnovò il fiorire di Atene. Il
Puritano volle essere un professionista, noi dobbiamo esserlo. Poiché in quanto l‟ascesi
fu portata dalle celle dei monaci nella vita professionale e cominciò a dominare la
moralità laica, essa cooperò per la sua parte alla costruzione di quel potente
ordinamento economico moderno, legato ai presupposti tecnici ed economici della
produzione meccanica, che oggi determina con strapotente costrizione, e forse
continuerà a determinare finché non sia stato consumato l‟ultimo quintale di carbon
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
fossile, lo stile della vita di ogni individuo, che nasce in questo ingranaggio, e non
soltanto di chi prende parte all‟attività puramente economica. Solo come un mantello
sottile, che ognuno potrebbe buttar via, [..] la preoccupazione per i beni esteriori
doveva avvolgere le spalle degli “eletti”. Ma il destino fece del mantello una gabbia di
acciaio. Mentre l‟ascesi imprendeva a trasformare il mondo e a operare nel mondo, i
beni esteriori di questo mondo acquistarono una forza sempre più grande nella storia.
Oggi lo spirito dell‟ascesi è sparito, chissà se per sempre, da questa gabbia. Il
capitalismo vittorioso in ogni caso, da che posa su di un fondamento meccanico, non
ha più bisogno del suo aiuto. Sembra impallidire per sempre anche il roseo stato
d‟animo del suo sorridente erede, l‟Illuminismo, e come un fantasma di concetti
religiosi che furono, si aggira nella nostra vita il pensiero del dovere professionale.”
(da M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, a cura di P. Burresi, Sansoni,
Firenze, 1965
2. Critica della ragione strumentale
Scheda 6, in A. Rebaglia, Ragione scientifica e progresso tecnologico. Temi di filosofia
contemporanea : Max Horkheimer, da Eclisse della ragione. Critica della ragione
strumentale, 1947
(estratto stampabile nella pagina web del corso, portale della didattica:
www.didattica.polito.it)
Nel DIZIONARIO
Concetti
Francoforte, Scuola di
Illuminismo
Progresso
Autori
Horkheimer, Max
Weber, Max
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Integrazione
“TECNOLOGIA, FILOSOFIA DELLA
[..] L‟orientamento sociologico –che considera, sovente con toni pessimistici, l‟impatto
etico e politico degli sviluppi „tecnoscientifici‟ nel contesto delle società industriali
avanzate– si radica nella tradizione critica della Scuola di -> Francoforte (sfociando in
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
approfondimenti come quelli di J. Habermas) e nelle analisi sulla tecnologia intesa
come fenomeno sociale, svolte anch‟esse nel periodo successivo alla seconda guerra
mondiale principalmente dal filosofo francese J. Ellul (soprattutto in La tecnica, rischio
del secolo, 1954). Nucleo concettuale degli studi condotti in questo ambito è il cosiddetto
determinismo tecnologico il quale, attribuita una relativa autonomia al mondo degli
artefatti rispetto alle originarie intenzioni progettuali umane, ha richiesto di valutare le
trasformazioni provocate dalle tecnologie nella sfera sociale. Ne è emersa
un‟impostazione che ha reso possibile leggere in modo unitario il fenomeno della
modernità, tesa a utilizzare scienza e tecnologia per conseguire un pieno dominio sulla
natura, evidenziando nel contempo i rischi di un conseguente, inevitabile dominio
sull‟uomo. La generale crisi del determinismo, ritenuto un concetto troppo semplice e
astratto per rendere conto della complessità del reale, ha condotto a una revisione di
tale prospettiva –con lavori come quelli di L. Mumford (Tecnica e cultura, 1934; Il mito
della macchina, 1967-1970) o di D. Ihde (Tecnica e prassi, 1979)– e a delineare un
costruttivismo sociale della tecnologia, sostenuto, in particolare, da A. Feenberg (Tecnologia
in discussione, 1999). Quest‟ultima posizione teorica sottolinea, da un lato, come
l‟intervento tecnico non sia „neutro‟ e gli strumenti che utilizziamo plasmino il nostro
ambiente sociale, e dall‟altro come il progresso delle tecnologie non sia
irreversibilmente lineare ma caratterizzato da una complessità di ordine superiore, la
quale evolve attraverso sempre nuove sinergie tra le funzioni assolte dalle tecnologie,
tra queste ultime e i loro ambienti, tra tali sistemi e più ampi contesti sociali e culturali.
All‟interno di questo orizzonte concettuale vengono sviluppati dibattiti significativi
sulla sostenibilità dell‟innovazione tecnologica in relazione alle problematiche
ecologiche o alle questioni bioetiche.”
(da A. Rebaglia, voce Filosofia della tecnologia, in Enciclopedia Garzanti di Filosofia,
nuova ed., Garzanti, Milano 2004)
Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“Solo come un mantello sottile, che ognuno potrebbe buttar via, [..] la preoccupazione
per i beni esteriori doveva avvolgere le spalle degli “eletti”. Ma il destino fece del
mantello una gabbia di acciaio.” Weber
“Ogni soggetto non solo deve cooperare con gli altri per soggiogare la natura esterna,
umana e non umana, ma per far questo deve soggiogare la natura dentro di sé.”
Horkheimer
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Lezione 4
PIANIFICAZIONE TECNOLOGICA E PROGETTO ESISTENZIALE
Inquadramento dei temi
La “ragione strumentale”, alla base dell‟indagine scientifica e tecnologica e della
produzione industriale, si rivela inidonea a cogliere l‟originalità dell‟esistenza umana
(cfr. lezione 3). Perciò, secondo Martin Heidegger, non è sufficiente esaminare i
prodotti della razionalità scientifica e della pianificazione tecnologica per interrogarsi
correttamente sul senso dell‟essere, e non è nemmeno sufficiente unire all‟esame di
questi prodotti „artificiali‟ quello degli oggetti „naturali‟ del mondo fisico: l‟uomo -colui
che pone la domanda sull‟essere- non rientra in queste categorie, le quali (piuttosto)
sono subordinate alla sua esistenza, poiché egli vive nel mondo anzitutto
modificandolo, e riorganizzandolo continuamente („prendendosi cura‟ degli enti). Per
l‟uomo, essere nel mondo significa progettare la propria esistenza; e il suo modo più
originario, costitutivo, di rapportarsi alle cose non consiste nel distinguere tra prodotti
artificiali e fatti naturali (considerando questi ultimi enti semplicemente presenti
dinnanzi a sé, da indagare con obiettività scientifica). Egli vede tutte le cose (prodotti
artificiali e oggetti naturali, un martello o un paesaggio) quali strumenti, che
immediatamente valuta in funzione del proprio „progetto‟ di vita. Nessuno strumento
può venire considerato isolatamente: ciascuno rimanda alla totalità degli strumenti, e
alla totalità dei significati sottesi a ciascuno di essi. Solo il linguaggio (l‟orizzonte
concettuale che include la totalità dei significati) rende possibile fare esperienza del
mondo (ed elaborare progetti).
Lezione CD-ROM
Parte II, Lezione 14 :
Ragione dialogica
Heidegger. Essere e linguaggio
−
L‟uomo, “pastore dell‟essere”
−
“Imposizione” tecnologica
−
Cibernetica e metafisica
Martin Heidegger
−
L‟uomo, progetto gettato
−
L‟essere, il tempo
−
L‟essere, l‟evento
24
Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Ipertesto
Capitolo 5. Controllo e comunicazione
Paragrafo 1: Linearità del tempo e circolarità causale retroattiva
Capitolo 10. Dalla ragione „strumentale‟ alla ragione „dialogica‟
Paragrafo 3: Informazione come interpretazione (pp.245-246)
(estratto stampabile nella
www.didattica.polito.it)
pagina
web
del
corso,
portale
della
didattica:
Passi antologici
1. Le cose come “utilizzabili”
Scheda 19, in A. Rebaglia, Ragione scientifica e progresso tecnologico. Temi di filosofia
contemporanea : Martin Heidegger, primo brano, da Essere e tempo, 1927
(estratto stampabile nella
www.didattica.polito.it)
pagina
web
del
corso,
portale
della
didattica:
2. La tecnologia come “provocazione”
“All‟essenza della tecnica appartiene l‟apprestare e usare mezzi, apparecchi e
macchine, e vi appartengono anche questi apparati e strumenti stessi, come pure i
bisogni e i fini a cui essi servono. La totalità di questi dispositivi è la tecnica. Essa
stessa è un dispositivo o, in latino, un instrumentum.
[..] La definizione strumentale della tecnica è così straordinariamente esatta che vale
anche per la tecnica moderna, la quale peraltro viene generalmente considerata, e con
una certa ragione, qualcosa di completamente nuovo e diverso rispetto alla tecnica
artigianale del passato. Anche una centrale elettrica, con le sue turbine e i suoi
generatori, è un mezzo apprestato dall‟uomo per uno scopo posto dall‟uomo. [..]
Naturalmente, una segheria in una valle sperduta della Selva Nera è un mezzo
primitivo in confronto alla centrale idroelettrica sul Reno.
Ma resta esatto che anche la tecnica moderna è un mezzo in vista di fini. Perciò, la
rappresentazione strumentale della tecnica condiziona ogni sforzo di condurre l‟uomo
nel giusto rapporto con la tecnica. Tutto consiste nell‟adoperare la tecnica come mezzo
nel modo adeguato. [..] Si vuole dominare la tecnica. Questa volontà di dominio
diventa tanto più urgente, quanto più la tecnica minaccia di sfuggire al controllo
dell‟uomo.
Ma nell‟ipotesi che la tecnica non sia un puro mezzo, che ne sarà della volontà di
dominarla? [..] L‟esatta definizione strumentale della tecnica non ci mostra ancora [..]
la sua essenza. [..] Dobbiamo domandarci: che cos‟è la strumentalità in se stessa? A
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
che cosa ci riportano elementi come mezzo e fine? Un mezzo è ciò mediante cui
qualcosa è effettuato e così ottenuto. Ciò che ha come conseguenza un effetto è detto
causa. Tuttavia, causa non è solo ciò mediante cui qualcos‟altro è effettuato. Anche il
fine conformemente al quale si determina la natura del mezzo vale come causa. Là
dove si perseguono dei fini e si usano dei mezzi, dove domina la strumentalità, là
anche domina la causalità.
Da secoli, la filosofia insegna che vi sono quattro cause: 1. la causa materialis, per
esempio la materia con cui si fa un calice d‟argento; 2. la causa formalis, la forma o
figura, in cui la materia entra; 3. la causa finalis, lo scopo, per esempio il rito sacrificale
per cui il calice deve servire, e che lo determina nella sua materia e nella sua forma; 4.
la causa efficiens, che produce l‟effetto, ossia il calice reale compiuto, cioè l‟orafo.
[..] Le quattro cause sono i modi, tra loro connessi, dell‟esser-responsabile. Si può
chiarirlo con un esempio.
L‟argento è ciò di cui il calice è fatto. In quanto materia () di esso, è corresponsabile
del calice. Questo deve all‟argento ciò in cui consiste. Ma l‟oggetto sacrificale non
rimane debitore solo dell‟argento. In quanto calice, ciò che è debitore dell‟argento
appare nell‟aspetto di calice e non di fibbia o di anello. L‟oggetto sacrificale è quindi
anche debitore dell‟aspetto () di calice. L‟argento, in cui l‟aspetto di calice è fatto
entrare, e l‟aspetto in cui l‟argento appare, sono entrambi a loro modo corresponsabili
dell‟oggetto sacrificale.
Responsabile di esso rimane però, anzitutto, un terzo. Questo è ciò che
preliminarmente racchiude il calice nel dominio della consacrazione e dell‟offerta. Da
questo esso è circoscritto come oggetto sacrificale. Ciò che circoscrive de-finisce la
cosa. [..] Ciò che de-finisce e compie , in questo senso, si chiama in greco ,
termine che troppo spesso si traduce con «fine» o «scopo» travisandone il senso. Il
 risponde di ciò che, come materia e come aspetto, è corresponsabile dell‟oggetto
sacrificale. [..]
L‟orafo considera e raccoglie i tre modi menzionati dell‟esser responsabile. [..] I tre
modi dell‟esser responsabile menzionati prima devono alla considerazione dell‟orafo il
fatto e il modo del loro apparire ed entrare in gioco nella produzione del calice
sacrificale.
[..] Che cos‟è la produzione, nella quale gioca il quadruplice modo del far-avvenire?
[..] La pro-duzione conduce fuori del nascondimento nella disvelatezza. Pro-duzione
si dà solo in quanto un nascosto viene nella disvelatezza.
[..] Se poniamo con ordine il problema di che cosa sia veramente la tecnica concepita
come mezzo, arriviamo passo passo al disvelamento. In esso si fonda la possibilità di
ogni fabbricazione producente.
La tecnica, dunque, non è semplicemente un mezzo. La tecnica è un modo del
disvelamento. [..]
Contro questa determinazione dell‟ambito essenziale della tecnica si potrebbe obiettare
che essa può bensì valere per il pensiero greco e si adatta nel migliore dei casi alla
tecnica artigianale, ma che non è adeguata alla tecnica moderna fondata sul motore.”
(da M. Heidegger, La questione della tecnica, 1954)
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Docente: Alberta Rebaglia
Nel DIZIONARIO
Concetti
Ermeneutica
Esistenzialismo
Metafisica
Autori
Heidegger, Martin
Integrazioni
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“TECNOLOGIA, FILOSOFIA DELLA
disciplina che si occupa dei problemi filosofici concernenti la natura della tecnologia, le
modalità dei cambiamenti e delle innovazioni che ne segnano la storia, la sua influenza
su cultura e società. Il termine compare per la prima volta in un testo del filosofo
neohegeliano E. Kapp, Principi di filosofia della tecnica, pubblicato nel 1877. Tuttavia,
come settore specifico, la filosofia della tecnologia ha una storia più recente e solo
parzialmente consolidata: uno degli argomenti ancora dibattuti tra i suoi principali
esponenti riguarda proprio il riconoscimento unanime di testi fondamentali per la
caratterizzazione della disciplina. Fra essi vi sono certamente alcuni scritti di M.
Heidegger (in particolare La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, 1954) in cui egli
individua l‟essenza della tecnica nell‟ „imposizione‟ esercitata dalla rigida intelaiatura
dell‟oggettività scientifica e tecnologica sul mondo naturale, la quale –sebbene possa
apparire come esito di una libera scelta dell‟uomo, che stabilisce mediante essa il
proprio dominio sugli enti– costituisce secondo Heidegger il modo in cui l‟essere si
rivela attraverso l‟agire umano, manifestandosi come destino. Le riflessioni
heideggeriane risultano un utile riferimento per molte delle argomentazioni interne a
entrambi i principali indirizzi tematici nei quali si può ritenere articolata la filosofia
della tecnologia: l‟esame critico del mondo tecnologico contemporaneo e l‟analisi
teoretica dei tratti caratteristici e distintivi dell‟agire tecnologico.”
(da A. Rebaglia, voce Filosofia della tecnologia, in Enciclopedia Garzanti di Filosofia,
nuova ed., Garzanti, Milano 2004)
Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“Lo sguardo che si limita a osservare le cose nel loro aspetto apparente, anche se
acutissimo, non può scoprire l‟utilizzabile.” Heidegger
“La tecnica non è semplicemente un mezzo. La tecnica è un modo del disvelamento.”
Heidegger
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Lezione 5
IL PROBLEMA DELLA VERITA’ E L’ESPERIENZA ESTETICA
Inquadramento dei temi
Nel pensiero antico le arti sono incluse nell‟orizzonte delle tecniche, dei prodotti
artificiali inventati dall‟uomo per agevolare la propria esistenza. Esse imitano la natura,
in quanto la rappresentano o in quanto ne evidenziano l‟essenza strutturale e le
finalità. Nell‟età moderna, con l‟imporsi dello spirito scientifico, alle arti vengono
applicati principi fisici formulati matematicamente; emerge l‟idea di una imitazione
razionale della natura, guidata dal sapere scientifico.
Nel Novecento, anche le arti -rielaborando un tema caratteristico del romanticismo, che
concepisce la produzione artistica come opera di una forza creativa la quale si
manifesta attraverso il genio individuale, e si sottrae a ogni vincolo dovuto a regole o a
precetti- esprimono il clima di insofferenza verso la massificazione della società,
indotta dalla produzione industriale standardizzata. All‟esperienza estetica viene
attribuita una portata di verità che conduce a non richiedere (più) all‟arte la conformità
con l‟originale; essa -si sottolinea- non si modella sul metodo della conoscenza
scientifica. Piuttosto, istituisce degli orizzonti di senso entro cui diventa possibile fare
autentica esperienza del mondo.
Nel saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, del 1936, Walter
Benjamin analizza il rapporto tra le modalità tradizionali con le quali l‟opera d‟arte
viene prodotta dall‟autore, e fruita dal pubblico, e le nuove opportunità connesse alle
innovative tecniche di riproduzione (in particolare la fotografia e la cinematografia).
Sulla base di queste considerazioni, egli intravede la possibilità di un „riscatto estetico‟
dell‟esperienza quotidiana, realizzabile mediante l‟apporto delle nuove tecnologie.
Secondo quanto Hans Georg Gadamer argomenta nella sua opera principale Verità e
metodo, del 1960, la fruizione dell‟opera d‟arte può costituire un‟esperienza di verità;
non solo alternativa, ma anche più autentica e profonda della conoscenza del mondo
fisico ottenuta attraverso il metodo scientifico. Il coinvolgimento personale che tale
fruizione implica, egli spiega, non può essere incluso nell‟orizzonte metodologico
dell‟obiettività e della dimostrabilità scientifica, e tuttavia costituisce una conoscenza
effettiva in quanto modifica radicalmente chi compie tale esperienza, inducendolo a
una riorganizzazione di quell‟orizzonte di significati che coincide con il suo „stare al
mondo‟.
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Lezione VHS
Videolezione 12 : L‟arte e la sua verità
Arte e verità
- Adorno e l‟avanguardia
- Gadamer: verità dell‟esperienza estetica
- Heidegger: l‟opera apre un mondo
- Dufrenne: l‟opera quasi soggetto
- Pareyson: l‟arte e l‟essere
Arte e tecnologia moderna
- Benjamin: riproducibilità e fine dell‟aura
- Il sogno del riscatto estetico dell‟esistenza
- Arte e inquietudine critica
Ipertesto
Capitolo 10. Dalla ragione „strumentale‟ alla ragione „dialogica‟
Paragrafo 1: Il „medium‟ linguistico
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Passi antologici
1. Rappresentazione e riproduzione tecnica
“Anche nel caso di una riproduzione altamente perfezionata, manca un elemento: l'hic
et nunc dell'opera d'arte - la sua esistenza unica e irripetibile nel luogo in cui si trova.
[..] L'hic et nunc dell'originale costituisce il concetto della sua autenticità. [..] L'intiero
ambito dell'autenticità si sottrae alla riproducibilità tecnica [..] Ma mentre l'autentico
mantiene la sua piena autorità di fronte alla riproduzione manuale, che di regola viene
da esso bollata come un falso, ciò non accade nel caso della riproduzione tecnica. Essa
può, per esempio mediante la fotografia, rilevare aspetti dell'originale che sono
accessibili soltanto all'obiettivo, che è spostabile e in grado di scegliere a piacimento il
suo punto di vista, ma non all'occhio umano, oppure, con l'aiuto di certi procedimenti,
come l'ingrandimento o la ripresa al rallentatore, può cogliere immagini che si
sottraggono interamente all'ottica naturale. E' questo il primo punto. Essa può inoltre
introdurre la riproduzione dell'originale in situazioni che all'originale stesso non sono
accessibili. In particolare, gli permette di andare incontro al fruitore, nella forma della
fotografia oppure del disco. La cattedrale abbandona la sua ubicazione per essere
accolta nello studio di un amatore d'arte; il coro che è stato eseguito in un auditorio
oppure all'aria aperta può venir ascoltato in una camera.
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
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Le circostanze in mezzo alle quali il prodotto della riproduzione tecnica può venirsi a
trovare possono lasciare intatta la consistenza intrinseca dell'opera d'arte - ma in ogni
modo determinano la svalutazione del suo hic et nunc. [..] ciò che così prende a
vacillare è precisamente l'autorità della cosa.
Ciò che vien meno è insomma quanto può essere riassunto con la nozione di 'aura'; e si
può dire: ciò che vien meno nell'epoca della riproducibilità tecnica è l' 'aura' dell'opera
d'arte. [..] La tecnica della riproduzione, così si potrebbe formulare la cosa, sottrae il
riprodotto all'ambito della tradizione. Moltiplicando la riproduzione, essa pone al
posto di un evento unico una serie quantitativa di eventi. E permettendo alla
riproduzione di venire incontro a colui che ne fruisce nella sua particolare situazione,
attualizza il riprodotto. Entrambi i processi portano a un violento rivolgimento che
investe ciò che viene tramandato - a un rivolgimento della tradizione, che è l'altra
faccia della crisi attuale e dell'attuale rinnovamento dell'umanità.
[..] la riproducibilità tecnica dell‟opera d‟arte emancipa per la prima volta nella storia
del mondo quest‟ultima dalla sua esistenza parassitaria nell‟ambito del rituale.
L‟opera d‟arte riprodotta diventa in misura sempre maggiore la riproduzione di
un‟opera d‟arte predisposta alla riproducibilità. Di una pellicola fotografica per
esempio è possibile tutta una serie di stampe; la questione della stampa autentica non
ha senso. [..]
La riproducibilità tecnica dell‟opera d‟arte modifica il rapporto delle masse con l‟arte.
Da un rapporto estremamente retrivo, per esempio nei confronti di un Picasso, si
rovescia in un rapporto estremamente progressivo, per esempio nei confronti di un
Chaplin. Ove l‟atteggiamento progressivo è contrassegnato dal fatto che il gusto del
vedere e del rivivere si connette in lui immediatamente con l‟atteggiamento del giudice
competente. [..]
La massa è una matrice dalla quale attualmente esce rinato ogni comportamento
abituale nei confronti delle opere d‟arte. La quantità si è ribaltata in qualità: le masse
sempre più vaste dei partecipanti hanno determinato un modo diverso di
partecipazione. L‟osservatore non deve lasciarsi ingannare dal fatto che questa
partecipazione si manifesta dapprima in forme screditate. [..] La ricezione nella
distrazione, che si fa sentire in modo sempre più insistente in tutti i settori dell‟arte [..],
trova nel cinema lo strumento più autentico su cui esercitarsi. [..] Il cinema svaluta il
valore cultuale non soltanto inducendo il pubblico a un atteggiamento valutativo, ma
anche per il fatto che al cinema l‟atteggiamento valutativo non implica attenzione.”
(da W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, 1936)
2. Il linguaggio dell’arte come evento
“…chi fa esperienza di un‟opera d‟arte incorpora pienamente in sé questa esperienza, il
che significa che la inserisce nella totalità della sua autocoscienza, nella quale essa ha
un determinato significato. Direi che l‟atto della comprensione, che in questo modo
viene ad includere anche l‟esperienza dell‟arte, mette fuori causa ogni „storicismo‟ nel
campo dell‟esperienza estetica. E‟ vero che sembra naturale distinguere tra la realtà
che l‟opera rappresenta originariamente nel suo mondo e la vita che essa vive
successivamente, in mondi storici diversi e in condizioni mutate. Ma dove si colloca
esattamente la linea di demarcazione tra il mondo originario dell‟opera e il mondo
„successivo‟?
Come accade il passaggio dal significato vitale originario di essa
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
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all‟esperienza riflessa del suo significato „culturale‟? [..] qui non ci sono confini netti
[..] Bisogna ammettere che, per esempio, un‟antica immagine di una divinità, che era
collocata nel tempio non certo come oggetto di una fruizione estetica (consapevole di
sé come „estetica‟) e che oggi è esposta in un museo, contiene in sé, nella forma in cui ci
appare ora, tutto il mondo di esperienza religiosa da cui proviene, e ciò significa che
questo mondo fa ancora parte del nostro mondo di oggi. E‟ l‟universo ermeneutica
quello che li comprende entrambi. [..]
L‟esperienza dell‟arte non deve venir falsata riducendola a un semplice momento della
cultura estetica, in modo da neutralizzarla in ciò che autenticamente vuole essere. [..]
ogni incontro con il linguaggio dell’arte è un incontro con un evento non conchiuso ed è esso
stesso parte di questo evento. [..]
Ciò che si svolge nella rappresentazione di un‟opera d‟arte è per ognuno qualcosa di
talmente astratto dalle linee di sviluppo comuni del mondo, di così autonomamente
chiuso in un indipendente circolo di significato, che rispetto ad esso non c‟è motivo che
giustifichi l‟uscirne in direzione di un qualche futuro o di una qualche realtà. Lo
spettatore è relegato in una assoluta distanza, che gli preclude ogni impegno a scopi
pratici. Questa distanza è però in senso autentico distanza estetica, giacché significa il
distacco necessario per vedere, che rende possibile un‟autentica e completa
partecipazione a ciò che davanti a noi si rappresenta. All‟estatico oblio di sé dello
spettatore corrisponde perciò la sua continuità con se stesso. Proprio ciò in cui egli
come spettatore si perde pretende da lui la continuità del senso. E‟ la verità del suo
mondo [..] quella che si rappresenta davanti a lui, ed egli vi si riconosce. [..] Ciò che lo
stacca da tutto, gli restituisce anche la totalità del suo essere. [..]
Sia la poesia sia la sua ripetizione, per esempio sulla scena, sono rappresentazione. E
abbiamo trovato di importanza essenziale il fatto che l‟esperienza autentica dell‟arte
passi attraverso questa duplicazione delle rappresentazioni senza distinguerle. Il
mondo che appare nel gioco della rappresentazione non sta accanto al mondo reale
come una copia, ma è questo stesso mondo reale in una più intensa verità del suo
essere. [..]
La rappresentazione resta dunque legata in un senso essenziale all‟originale che si
presenta in essa. Ma è di più che una semplice copia di quello. Che la
rappresentazione sia un‟immagine, e non l‟originale stesso, non significa nulla di
negativo, non è una diminuzione di essere, ma indica piuttosto una realtà autonoma. Il
rapporto dell‟immagine all‟originale si presenta quindi in modo fondamentalmente
diverso da quello che si verifica nel caso della copia. Non si tratta più di un rapporto a
senso unico. Che l‟immagine abbia una sua realtà significa, per l‟originale, che proprio
nella rappresentazione esso si presenta. Nell‟immagine, l‟originale presenta se stesso.
Ciò non vuol dire necessariamente che esso abbia bisogno proprio di questa
rappresentazione per manifestarsi. Si può presentare per ciò che è anche in modo
diverso. Ma quando in tal modo si presenta, questo non è più un fatto accidentale;
bensì appartiene al suo essere stesso. Ogni rappresentazione di questo tipo è un evento
ontologico, e entra a costituire lo stato ontologico del rappresentato.
Nella
rappresentazione, questo subisce una crescita nell’essere, un aumento d‟essere. [..]
Un‟opera d‟arte appartiene così intimamente a ciò a cui fa riferimento, che ne
costituisce come un arricchimento d‟essere.”
(da H.G. Gadamer, Verità e metodo, 1960)
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Nel DIZIONARIO
Concetti
Ermeneutica
Estetica
Verità
Autori
Benjamin, Walter
Gadamer, Hans Georg
Integrazioni
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“«Chi ha linguaggio, „ha‟ il mondo», afferma Gadamer nel suo Verità e metodo. E questa
frase è divenuta una delle epigrafi più significative attraverso cui sintetizzare la
prospettiva ermeneutica e la sua duplice tesi sull‟essenziale linguisticità della nostra
esperienza empirica e sulla problematicità del concetto di un mondo „in sé‟, non
consistente nella sedimentazione di una serie di „visioni del mondo‟ via via elaborate
nel corso della storia. [..]
Uno dei nuclei metodologici sui quali si è sviluppata la teoria dell‟interpretazione in
epoca moderna (in sede sia teologica sia giuridica) prescrive un andamento dialettico
secondo cui il tutto dev‟essere compreso iniziando l‟indagine dalle singole parti che lo
compongono, e però ciascuna parte può essere compresa soltanto in base alla
conoscenza dell‟articolazione complessiva del tutto. In tale processo è possibile
rintracciare quell‟andamento „circolare‟ che nell‟ontologia ermeneutica contemporanea
è stato delineato quale tratto peculiare e imprescindibile del procedimento
interpretativo. Proprio nell‟intento di salvare questa struttura circolare da una sterile
tautologicità, il pensiero ermeneutico contemporaneo sottolinea la trascendenza della
totalità dell‟orizzonte linguistico rispetto alle singole parti che lo compongono,
trascendenza che si manifesta nell‟impossibilità per l‟orizzonte complessivo di essere
semplicemente ridotto alla somma delle specifiche articolazioni interpretative.
L‟orizzonte linguistico globale, come è ancora Gadamer a esplicitare, non si risolve
nell‟insieme delle possibili interpretazioni, nel sedimentarsi delle tradizioni storiche,
ma risulta a esse trascendente:
Né la coscienza dell‟interprete è padrona di ciò che, come parola della tradizione, le si rivolge, né si può
descrivere adeguatamente ciò che qui accade come una progressiva conoscenza di ciò che è, sicché si
possa immaginare che un intelletto infinito contenga tutto insieme ciò che di volta in volta può venirci
comunicato dalla totalità della tradizione.
Nell‟ambito dell‟ontologia ermeneutica, dunque, l‟orizzonte linguistico globale –nel
quale soggetto e oggetto sono già sempre collocati, e nel quale è possibile vedere la
preliminare struttura della pre-comprensione, da cui prende avvio la caratteristica
circolarità dell‟ermeneutica– è separato dall‟insieme complessivo di tutte le possibili
interpretazioni –attraverso le quali il soggetto comprende effettivamente il suo
oggetto– da una peculiare diversità di tipo ontologico. Questa differenza qualitativa
fra apertura linguistica (nella quale risiede l‟autenticità dell‟essere) e insieme delle
concrete espressioni in cui il linguaggio si articola, collocando i due termini su livelli
del reale di diversa profondità, consente perciò di attribuire al „circolo‟ che rappresenta
l‟incontro fra l‟interprete e la tradizione [..] uno spessore sufficiente a non appiattirlo
entro uno schema di semplice sovrapposizione tautologica.”
(da A. Rebaglia, Logos Interpretazione e Microfisica, Franco Angeli, Milano 1992)
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Docente: Alberta Rebaglia
Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“La tecnica della riproduzione, così si potrebbe formulare la cosa, sottrae il riprodotto
all'ambito della tradizione. Moltiplicando la riproduzione, essa pone al posto di un
evento unico una serie quantitativa di eventi.” Benjamin
“Ogni incontro con il linguaggio dell‟arte è un incontro con un evento non conchiuso
ed è esso stesso parte di questo evento.” Gadamer
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La rivoluzione cibernetica e il suo impatto culturale
Il secondo gruppo di lezioni si occupa delle trasformazioni che, negli ultimi decenni
del secolo scorso, hanno condotto a riorganizzare sia i fondamenti metodologici delle
costruzioni scientifiche, sia le strutture e i processi della produzione industriale. Dal
punto di vista concettuale, tali cambiamenti hanno condotto a „sfumare‟ la precedente
contrapposizione tra intervento scientifico e tecnologico e creazione culturale, aprendo
nuove possibilità di riflessione sul rapporto che lega l‟uomo al mondo (naturale e
artificiale).
Lezione 6
IL PROBLEMA DELLA VERITA’ E IL METODO SCIENTIFICO
Inquadramento dei temi
Mentre -tra gli anni Trenta e l‟inizio degli anni Sessanta del XX secolo- il pensiero
filosofico conforme alle tematiche dell‟esistenzialismo elabora le proprie riflessioni (cfr.
lezioni 4 e 5), la filosofia che intende analizzare le strutture e i metodi della scienza si
impegna nel mantenere e consolidare la tradizionale fiducia nella possibilità di
acquisire conoscenze sul mondo fisico mediante strutture formali. Fiducia messa in
discussione, principalmente, dall‟elaborazione di geometrie non euclidee e di teorie
fisiche non classiche (come relatività e meccanica quantistica) le quali, pur
confermando l‟efficacia descrittiva e predittiva dell‟indagine scientifica, ne incrinano il
ruolo più significativo: scoprire caratteri veri del reale.
La riflessione di pensatori come Ludwig Wittgenstein, Moritz Schlick e Rudolf
Carnap è emblematica del modo in cui, negli anni Trenta, si è cercato di conciliare un
atteggiamento rigorosamente empirista con l‟utilizzazione delle risorse formali,
elementi entrambi indispensabili alla costruzione di un efficace programma scientifico
di ricerca.
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Lezione CD-ROM
Parte II, Lezione 11 :
Docente: Alberta Rebaglia
Il neopositivismo
Empirismo logico
−
Concezione scientifica del mondo
−
Wittgenstein. “Dire” e “mostrare”
−
La legge causale
Neopositivismo e analisi del linguaggio
−
Le proposizioni protocollari
−
La verità: dalla corrispondenza alla coerenza
−
I limiti del linguaggio. Le regole dell’uso
Ipertesto
Capitolo 2. Dalla ragione legislatrice alla ragione strumentale
Paragrafo 4: Esperimenti mentali
Capitolo 6. Come descrivere i fatti
Paragrafo 1: La percezione tra osservazione e costruzione
Paragrafo 2: Descrizioni e raffigurazioni
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Passi antologici
1. Leggi fisiche e verità
“6.124 Le proposizioni della logica descrivono l‟armatura del mondo, o, piuttosto, la
rappresentano. Esse „trattano‟ di nulla. Esse presuppongono che i nomi abbiano
significato e le proposizioni elementari senso. E questo è il loro nesso con il
mondo. E‟ chiaro che deve indicare qualcosa sul mondo il fatto che certi nessi di
simboli –che per essenza hanno un determinato carattere– siano tautologie. In
questo è il fatto decisivo. Dicemmo che nei simboli che usiamo qualcosa è
arbitrario, altro no. Nella logica solo quest‟altro esprime. Ma ciò vuol dire: nella
logica non siamo noi ad esprimere, con l‟aiuto dei segni, ciò che vogliamo; nella
logica è la natura stessa dei segni naturalmente necessari ad esprimere. [..]
6.32
La legge di causalità non è una legge, ma la forma d‟una legge.
6.321
„Legge di causalità‟: un nome di genere. E come nella meccanica, diciamo, vi sono
leggi di minimo –come quella della minima azione– così nella fisica vi sono leggi
di causalità, leggi della forma di causalità. [..]
6.341 La meccanica newtoniana, per esempio, riduce la descrizione del mondo in forma
unitaria. Pensiamo una superficie bianca, con sopra macchie nere irregolari. Noi
diciamo ora: qualunque immagine ne nasca, sempre posso avvicinarmi quanto io
voglia alla descrizione dell‟immagine, coprendo la superficie con un reticolato di
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
6.342
Docente: Alberta Rebaglia
quadrati rispondentemente fine e dicendo di ogni quadrato che è bianco, o nero.
A questo modo avrò ridotto la descrizione della superficie in forma unitaria.
Questa forma è arbitraria, poiché avrei potuto impiegare con eguale successo una
rete di maglie triangolari o esagonali. Può essere che l‟uso d‟una rete di triangoli
rendesse la descrizione più semplice, cioè che noi potessimo descrivere la
superficie più esattamente con una rete di triangoli più grossa che con una più
fine di quadrati (o viceversa), e così via. Alle diverse reti corrispondono diversi
sistemi di descrizione del mondo. La meccanica determina una forma di
descrizione del mondo dicendo: tutte le proposizioni della descrizione del mondo
devono ottenersi da un certo numero di proposizioni date –gli assiomi della
meccanica– in un modo dato. Così essa fornisce le pietre per la costruzione
dell‟edificio della scienza e dice: qualunque edificio voglia tu innalzare, lo devi
comunque costruire con queste pietre e con queste soltanto. [..]
E ora vediamo la posizione reciproca di logica e meccanica. (Si potrebbe far
consistere la rete anche di figure eterogenee, per esempio anche di triangoli ed
esagoni). Che un‟immagine, come quella menzionata or ora, possa descriversi
mediante una rete di forma data, non enuncia nulla intorno all‟immagine. (Infatti
questo vale per ogni immagine di questa specie). Ma ciò che caratterizza
l‟immagine è che essa possa descriversi completamente mediante una determinata
rete di finezza determinata.
Così pure nulla enuncia intorno al mondo la possibilità di descriverlo mediante la
meccanica newtoniana; ma enuncia invece qualcosa la possibilità di descriverlo
mediante essa proprio così come appunto lo si può descrivere. E dice qualcosa
intorno al mondo anche la possibilità di descriverlo più semplicemente mediante
l‟una meccanica che mediante l‟altra.”
(L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, 1922)
2. La concezione scientifica del mondo
“Precisione e chiarezza vengono perseguite, le oscure lontananze e le profondità
impenetrabili respinte. Nella scienza non si dà „profondità‟ alcuna; ovunque è
superficie. [..] La concezione scientifica del mondo non conosce enigmi insolubili. Il
chiarimento delle questioni filosofiche tradizionali conduce, in parte, a smascherarle
quali pseudo-problemi; in parte, a convertirle in questioni empiriche, soggette, quindi,
al giudizio della scienza sperimentale. [..]
Nella concezione scientifica del mondo non si danno conoscenze incondizionatamente
valide derivanti dalla pura ragione, né „giudizi sintetici a priori‟, quali ricorrono alla
base sia della gnoseologia di Kant, sia, ancor più, alla base di tutte le ontologie e
metafisiche pre- o post- kantiane. [..] la tesi fondamentale dell‟empirismo moderno
consiste proprio nell‟escludere la possibilità di una conoscenza sintetica a priori. La
concezione scientifica del mondo riconosce solo le proposizioni empiriche su oggetti di
ogni sorta e le proposizioni analitiche della logica e della matematica. [..]
Abbiamo caratterizzato la concezione scientifica del mondo essenzialmente con due
attributi. Primo, essa è empiristica e positivistica: si dà solo conoscenza empirica, basata
sui dati immediati. In ciò si ravvisa il limite dei contenuti della scienza genuina.
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Docente: Alberta Rebaglia
Secondo, la concezione scientifica del mondo è contraddistinta dall‟applicazione di un
preciso metodo, quello, cioè, dell‟analisi logica. Il lavoro scientifico tende, quindi, a
conseguire, come suo scopo, l‟unità della scienza, applicando l‟analisi logica al
materiale empirico. Poiché il senso di ogni asserto deve risultare specificabile
mediante riduzione ad asserti sul dato, anche il senso di ogni concetto, quale che sia il
settore della scienza cui questo appartiene, deve potersi stabilire mediante riduzione
graduale ad altri concetti, giù fino ai concetti di livello più basso, che concernono il
dato medesimo.”
(da R. Carnap, O. Neurath, H. Hahn, La concezione scientifica del mondo, 1929)
3. Il criterio metodologico di verificazione
“Vi è solo un modo di dar significato a un enunciato, di renderlo una proposizione:
dobbiamo indicare le regole per il suo uso, in altre parole dobbiamo descrivere i fatti
che renderanno „vera‟ la proposizione, ed essere in grado di distinguerli dai fatti che la
renderanno „falsa‟. In parole ancora diverse: il Significato di una Proposizione è il
Metodo della sua Verificazione. La domanda: „Che significa questo enunciato?‟ è
identica alla domanda (e comporta la medesima risposta): „Come è verificata questa
proposizione?‟
E‟ uno dei più seri errori filosofici quello di pensare che una proposizione possieda un
significato indipendentemente dai possibili modi della sua verificazione. Si è caduti in
una confusione senza speranza perché si è creduto di conoscere il significato di una
frase e tuttavia ci si è dichiarati incapaci, in linea di principio, di definire le circostanze
nelle quali essa sarebbe stata vera. Finché mi è logicamente impossibile indicare un
metodo per accertare la verità o la falsità di una proposizione, debbo confessare di non
conoscere che cosa effettivamente asserisca la proposizione. [..]
Stabilendo l‟identità tra significato e modo di verificazione non scopriamo proprio
niente di straordinario, ma rileviamo un mero truismo. Stiamo semplicemente
sostenendo che una proposizione, per noi, ha un significato solo se per noi fa qualche
differenza che essa sia vera o falsa, e che il suo significato sta tutto in questa differenza.
Nessuno ha mai spiegato il significato di un enunciato in altro modo se non spiegando
che cosa sarebbe differente, nel mondo, se la proposizione fosse falsa anziché vera (o
viceversa).
Sono certo che ciò non può essere negato. Ma la grande obiezione sollevata di solito
contro il punto di vista da me difeso consiste nel sostenere che la „differenza nel
mondo‟ espressa dalla proposizione può non essere osservabile né scopribile in alcun
modo. In altre parole: perché un enunciato abbia per noi un significato dobbiamo
conoscere, ovviamente, quale fatto esso esprime, ma può essere per noi del tutto
impossibile scoprire se il fatto sussiste realmente. In questo caso la proposizione non
potrebbe esser mai verificata, ma non sarebbe priva di significato. Di conseguenza,
concludono i nostri avversari, il significato è distinto dalla verificabilità, e non è da essa
dipendente.
Si tratta di un‟argomentazione difettosa per un‟ambiguità presente nella parola
„verificabilità‟. In primo luogo, uno potrebbe chiamare verificabile una proposizione se
i fatti reali sono tali da permetterci di scoprirne la verità o la falsità ogniqualvolta
39
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siamo disposti a farlo. In questo senso, mi sarebbe impossibile verificare l‟asserzione:
“Sotto terra, a trecento metri di profondità sotto la mia casa deve esserci dell‟oro”,
perché esistono varie circostanze empiriche che assolutamente mi impediscono di
scoprirne la verità; e tuttavia l‟asserto non era certamente insensato. [..] Di fatto, noi
diciamo verificabile una proposizione quando siamo in grado di descrivere un modo di
verificarla, indipendentemente dal fatto che la verificazione possa essere effettivamente
eseguita o no. E‟ sufficiente essere in grado di dire che cosa si deve fare, anche se
nessuno mai si troverà nella condizione di farlo.”
(M. Schlick, Forma e contenuto: una introduzione al pensare filosofico, 1932)
Nel DIZIONARIO
Concetti
Demarcazione
Epistemologia
Verificazione
Integrazioni
40
Autori
Carnap
Schlick
Wittgenstein
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Docente: Alberta Rebaglia
“Nella convinzione che aspetto dominante del metodo scientifico sia il rapporto
percettivo con i dati di fatto, Schlick propone, quale criterio di verità, il principio di
verificazione (divenuto un punto nodale della posizione neoempirista), secondo il quale
stabilire in che modo una proposizione può essere verificata equivale a determinare
regole univoche che correlino l‟atto linguistico con l‟esperienza osservativa.
Il rapporto tra linguaggio e mondo risulta, in effetti, il tema portante della filosofia di
Schlick; argomento da lui elaborato a partire da numerose suggestioni derivate dal
confronto con il pensiero di Russell e soprattutto di Wittgenstein. „Comprendere una
proposizione vuol dire saper che accada se essa è vera‟, scrive Wittgenstein
(proposizione 4.024 del Tractatus [..]). E Schlick individua nella posizione
wittgensteiniana gli elementi concettuali mediante i quali reinterpretare il criterio di
conformità, ammettendo l‟impossibilità di conoscere se nel mondo reale esista
effettivamente qualcosa che „corrisponda‟ alle sensazioni e alle rappresentazioni
soggettive (le quali solamente sono alla base di quanto il senso della proposizione
esprime), e soffermandosi invece a indagare quale correlazione sussista tra gli
enunciati e quanto –presente in essi– permette di considerarli aventi significato. Scrive
Schlick: „Stabilire il significato di una frase equivale a stabilire le regole secondo cui la
frase deve essere usata, il che equivale a stabilire il modo in cui essa può venir verificata‟
(Significato e verificazione, 1936, sottolineatura nostra, in A. Pasquinelli, a cura di, Il
neoempirismo, UTET, Torino 1969, p.326).
Il principio di verificazione si rivela quindi un criterio di significanza: soltanto quelle
proposizioni che sono empiricamente verificabili possiedono un significato.
Mostrandosi criterio di significanza empirica, oltre che criterio di verità, il principio di
verificazione conduce a sviluppare una problematica caratterizzante l‟intero pensiero
neopositivista: la diffidenza verso ogni forma di „metafisica‟. Se infatti possiedono
significato –e possono essere giudicati veri o falsi– soltanto quegli asserti di cui è
possibile proporre una verifica sperimentale, gli enunciati che non concernono dati
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Docente: Alberta Rebaglia
sensibili –ovvero gli enunciati metafisici– sono del tutto „privi di significato‟.
L‟impostazione neoempirista rende possibile, perciò, indagare i fondamenti
metodologici dell‟impresa scientifica eliminando quelle che essa ritiene superflue
oscurità metafisiche.”
(da A. Rebaglia, Scienza e verità. Introduzione all’epistemologia del Novecento,
Paravia, Torino 1997)
Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“Che un‟immagine possa descriversi mediante una rete di forma data, non enuncia
nulla intorno all‟immagine. Ma ciò che caratterizza l‟immagine è che essa possa
descriversi completamente mediante una determinata rete di finezza determinata.”
Wittgenstein
“La domanda: „Che significa questo enunciato?‟ è identica alla domanda (e comporta la
medesima risposta): „Come è verificata questa proposizione?‟” Schlick
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Lezione 7
VERITA’, ADEGUATEZZA EMPIRICA E LINGUAGGIO
Inquadramento dei temi
Negli stessi anni in cui i neoempirsti elaborano le proprie soluzioni al problema della
verità scientifica, Karl Raimund Popper inizia una lunga riflessione che lo conduce a
rivendicare alla formulazione di ipotesi teoriche e al metodo deduttivo un ruolo
privilegiato, rispetto a quello tradizionalmente attribuito ai riscontri empirici e al
metodo induttivo, ai fini dell‟indagine scientifica della natura. Anche il problema della
verità nella scienza viene, conseguentemente, riformulato.
I „falsificatori potenziali‟ di una teoria, sottolineano i filosofi di scuola popperiana, non
consistono in puri e semplici fatti, che vengano a indicare -con la forza dell‟evidenza
empirica- la difformità di quelle asserzioni teoriche da una oggettiva „adeguatezza‟ alle
osservazioni effettuate: in questo senso, una teoria non può mai essere falsificata in
base ad anomalie empiriche. Le analisi epistemologiche compiute nella seconda metà
del Novecento da Imre Lakatos, Willard Van Orman Quine (e da molti altri filosofi
della scienza) conducono ad argomentare l‟impossibilità di formulare giudizi sulla
verità o sulla falsità di una teoria attraverso un appello, sia esso immediato oppure
indiretto, all‟esperienza sensibile. Le ipotesi teoriche risultano „vere‟ in quanto
articolano coerentemente un quadro concettuale, e dunque -in ultima analisi- una
struttura linguistica.
Lezione CD-ROM
Parte II, Lezione 12 :
Popper e il fallibilismo
Scienza “su palafitte”
− Il criterio di falsificabilità
− Demarcazione e significato
− Gli asserti base
Società aperta
− Approssimazione alla verità
− Epistemologia evoluzionistica
− Ingegneria sociale gradualistica
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Ipertesto
Capitolo 7. Fare assegnamento sui fatti empirici
Paragrafo 1: Convenzioni e scienza “su palafitte”
Paragrafo 3: L’euristica della scoperta scientifica
Paragrafo 4: “Reti” teoriche, scoperta e innovazione
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Passi antologici
1. Corroborazioni e confutazioni
Scheda 12, in A. Rebaglia, Ragione scientifica e progresso tecnologico. Temi di filosofia
contemporanea : Karl Raimund Popper, da Congetture e confutazioni, 1963
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2. Convenzionalità delle asserzioni-base
“Tutti i controlli di una teoria, sia che mettano capo alla corroborazione, sia che
abbiano come risultato la falsificazione della teoria stessa, devono arrestarsi a qualche
asserzione-base o ad altre asserzioni che decidiamo di accettare. Se non perveniamo a
nessuna decisione, e non accettiamo l‟una o l‟altra delle asserzioni-base, il controllo
non ci avrà condotto da nessuna parte. Ma, considerata da un punto di vista logico, la
situazione non è mai tale da costringerci ad arrestarci a questa particolare asserzionebase piuttosto che a quell‟altra, o addirittura da costringerci a rinunciare al controllo.
Infatti qualsiasi asserzione-base può a sua volta essere controllata usando quale pietra
di paragone qualunque asserzione-base che possa essere dedotta da essa, con l‟aiuto di
qualche teoria: sia di quella che si deve controllare sia di un‟altra teoria. Questa
procedura non ha alcun termine naturale. Così, se il controllo non ci porta in nessun
luogo, non ci rimane che arrestarci a un punto o all‟altro, e dire, almeno per il
momento, che siamo soddisfatti.
E‟ abbastanza facile vedere che in questo modo arriviamo a un procedimento secondo
il quale ci fermiamo soltanto a un genere di asserzione particolarmente facile da
controllare. Ciò infatti significa che ci arrestiamo ad asserzioni sulla cui accettazione o
sul cui rifiuto i vari ricercatori possono mettersi facilmente d‟accordo. [..]
Le asserzioni-base a cui ci arrestiamo, che decidiamo di accettare come soddisfacenti e
come sufficientemente controllate, hanno sicuramente il carattere di dogmi, ma solo in
quanto possiamo desistere dal giustificarle mediante ulteriori argomentazioni (o
ulteriori controlli). Tuttavia questo genere di dogmatismo è innocuo perché, se ce ne
fosse bisogno, sarebbe facile sottoporre queste asserzioni a ulteriori controlli. Ammetto
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
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che anche questo rende, in linea di principio, infinita la catena delle deduzioni. Ma
questo genere di „regresso all’infinito‟ è anche innocuo, perché nella nostra teoria non si
fa questione di tentar di provare, per suo mezzo, una qualsiasi asserzione. E, in fine,
per quanto riguarda lo psicologismo, ammetto di nuovo che la decisione di accettare
un‟asserzione-base e di dichiararsene soddisfatti è casualmente connessa con le nostre
esperienze –specialmente con le nostre esperienze percettive– ma è altresì vero che non
tentiamo di giustificare le asserzioni-base per mezzo di queste esperienze. Le
esperienze possono motivare una decisione, e quindi l‟accettazione o il rifiuto di
un‟asserzione, ma un‟asserzione-base non può essere giustificata da esse, più di quanto
non possa essere giustificata battendo il pugno sul tavolo. [..]
Le asserzioni-base si accettano come risultato di una decisione o di un accordo; ed
entro questi limiti sono convenzioni. [..]
Dunque la base-empirica delle scienze oggettive non ha in sé nulla di „assoluto‟. La
scienza non posa su un solido strato di roccia. L‟ardita struttura delle sue teorie si
eleva, per così dire, sopra una palude. E‟ come un edificio costruito su palafitte. Le
palafitte vengono conficcate dall‟alto, giù nella palude: ma non in una base naturale o
„data‟; e il fatto che desistiamo dai nostri tentativi di conficcare più a fondo le palafitte
non significa che abbiamo trovato un terreno solido. Semplicemente, ci fermiamo
quando siamo soddisfatti e riteniamo che almeno per il momento i sostegni siano
abbastanza stabili da sorreggere la struttura.”
(da K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica. Il carattere autocorrettivo della scienza,
1934)
3. Conferma empirica e impostazione olistica
“…la scienza nella sua globalità è come un campo di forza i cui punti limite sono
l‟esperienza. Un disaccordo con l‟esperienza alla periferia provoca un riordinamento
all‟interno del campo; si devono rassegnare certi valori di verità ad alcune nostre
proposizioni. Una nuova valutazione di certe proposizioni implica una nuova
valutazione di altre a causa delle loro reciproche connessioni logiche. [..] Ma l‟intero
campo è determinato dai suoi punti limite, cioè l‟esperienza, in modo così vago che
rimane sempre una notevole libertà di scelta per decidere quali siano le proposizioni di
cui si debba dare una nuova valutazione alla luce di una certa particolare esperienza
contraria. Una esperienza particolare non è mai vincolata a nessuna proposizione
particolare all‟interno del campo tranne che indirettamente, per delle esigenze di
equilibrio che interessano il campo nella sua globalità.
Se tutto ciò è giusto, non è affatto corretto parlare del contenuto empirico di una certa
proposizione particolare –specialmente se si tratta di una proposizione molto lontana
dalla periferia del campo. E inoltre diventa assurdo cercare una qualsiasi linea di
demarcazione fra proposizioni sintetiche, che si fondino sull‟esperienza contingente, e
proposizioni analitiche, che valgono quali che siano i dati dell‟esperienza. Tutte le
proposizioni si potrebbero far valere in tal modo se facessimo delle rettifiche
sufficientemente drastiche in qualche altra parte del sistema.”
(da W.V.O. Quine, Due dogmi dell’empirismo, 1951)
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4. Esperimenti solo retrospettivamente ‘cruciali’
“A mio modo di vedere nella scienza non si apprende semplicemente attraverso
congetture e confutazioni. La scienza matura non è un procedimento per tentativi ed errori,
non consiste di ipotesi isolate seguite da conferme o confutazioni. I grandi risultati, le grandi
‘teorie’, non sono ipotesi isolate o scoperte di fatti, ma programmi di ricerca. La storia della
grande scienza è una storia di programmi di ricerca e non di tentativi ed errori, né di
‘congetture ingenue’. Nessun esperimento isolato può giocare un ruolo decisivo,
tantomeno „cruciale‟, nel far pendere la bilancia a favore di uno fra due programmi di
ricerca rivali. Naturalmente non nego che di tanto in tanto gli scienziati conferiscano,
di solito col senno di poi, il titolo onorifico di „esperimento cruciale‟ ad alcuni
esperimenti che sono stati spiegati con successo in un programma e con meno successo
(ossia solo per mezzo di manovre ad hoc) in un altro. Né voglio negare che alcuni
esperimenti abbiano un effetto psicologico decisivo nella guerra di logoramento fra
due programmi e che essi possano causare il crollo di uno e la vittoria dell‟altro.
Un‟anomalia può anche avere un effetto paralizzante sull‟immaginazione e sulla
determinazione degli scienziati che lavorano a un programma di ricerca che è affetto
da essa; ma ho sostenuto che nessuna di queste anomalie, non importa se vengano
chiamate o meno „esperimenti cruciali‟, è obiettivamente cruciale.
Dove il
falsificazionista vede un esperimento cruciale negativo, io „predico‟ che non ve n‟era
alcuno. Predico che dietro ogni presunto duello fatale fra teoria ed esperimento si
scoprirà, come fatto storico, una complessa guerra di logoramento fra due programmi
di ricerca rivali, nel corso della quale è possibile stabilire, in ogni dato momento, quali
fossero le forze relative (ossia le risorse immaginative e la fortuna empirica) dei due
eserciti. Ho anche proposto (e avviato) un programma di ricerca storiografico per
controllare questa tesi.
La mia posizione ha chiare implicazioni per una teoria dell‟apprendimento scientifico.
Il vecchio problema „come e che cosa apprendiamo scientificamente dall‟esperienza?‟
viene risolto in modo nuovo: „quello che nella scienza apprendiamo dall‟esperienza non
riguarda la verità (o la probabilità), né la falsità (o l‟improbabilità) delle „teorie‟ ma il
relativo progresso e regresso empirico di programmi di ricerca.”
(da I. Lakatos, Anomalie ed ‘esperimenti cruciali’, 1973)
Nel DIZIONARIO
Concetti
Anomalia/ Base empirica
Falsificabilità
Olismo
46
Autori
Lakatos
Popper
Quine
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Integrazioni
“Già nel secolo XVIII il metodo induttivo –fulcro dell‟empirismo e del suo esito più
mirabile, lo studio scientifico della natura– era stato sottoposto alla penetrante critica
avanzata dal filosofo scozzese David Hume, circa l‟impossibilità di pervenire a
esprimere enunciati autenticamente „universali‟ e „necessari‟ –i soli a poter essere
considerati adeguate leggi scientifiche– attraverso la semplice enumerazione di singoli
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Docente: Alberta Rebaglia
eventi fattuali.
Come insegna lo scetticismo humeano, anche un numero
indefinitamente elevato di „conferme‟ lascia sempre aperta la possibilità logica che in una
futura occasione l‟evento possa venire „confutato‟ dall‟esperienza. Un solo „pilastro‟
del tradizionale „arco della conoscenza‟ sembra quindi rivelare un‟intrinseca solidità:
quello deduttivo, il lato discendente che dall‟ipotesi teorica conduce a indicarne le
conseguenze empiriche, avanzando previsioni che il metodo sperimentale potrà poi
confermare. Trasformare l‟antica arcata in un unico pilastro deduttivo [..] lascia però
immediatamente emergere un notevole problema concettuale: nel definire la base sulla
quale formulare le ipotesi da sottoporre successivamente ai controlli sperimentali
occorre accettare che le teorie scientifiche (le quali formano la sommità del „pilastro‟
deduttivo) siano libere invenzioni dell‟intelletto, anziché il risultato di inferenze
compiute a partire da una collezione di osservazioni empiriche. Posizione che segna il
definitivo abbandono del credo epistemologico fondamentale della scienza moderna,
riassumibile nel newtoniano „hypotheses non fingo‟. Nella nuova accezione della scienza
come „pilastro deduttivo‟ si tratta, in effetti, proprio di „fingere‟ ipotesi. Ovvero si
tratta, da un lato, di avanzare „creazioni razionali‟ rinunciando a eleggere
l‟osservazione empirica a guida sicura del sapere scientifico [..]. E, dall‟altro lato, si
tratta di „conficcare‟ queste ipotesi quanto più solidamente possibile nel terreno
dell‟esperienza osservativa: come sarà Karl Popper a spiegare ampiamente, la scienza si
rivela costruita „su palafitte‟, le congetture teoriche vengono infitte dall‟alto in una „base‟
costituita da fatti empirici, seppure attraverso un processo di formulazione di inferenze
„non induttive‟ bensì deduttive (seguendo la logica del cosiddetto „modus tollens‟,
secondo cui se dalla congettura p possiamo dedurre l‟asserto q, allorché un controllo
sperimentale evidenzi non q –ovvero falsifichi q– si avrà non p –ovvero anche la
congettura teorica p sarà da ritenersi falsa). [..]
Il falsificazionismo rappresenta, secondo Lakatos, il solo criterio metodologico
affidabile per comprendere il processo di „crescita‟ della conoscenza scientifica. Di esso
occorre tuttavia dare una lettura che non risulti semplificata e banalizzante:
frequentemente le teorie nascono „in un oceano di anomalie‟ (essendo contraddette da
fatti noti che vengono isolati come „eccezioni‟ al modello trattato) oppure sono
formulate basandosi su fondamenti concettuali „incoerenti‟ (in quanto sviluppano
concetti appartenenti a programmi teorici fra loro „incompatibili‟). Per tali motivi,
spesso teorie che già hanno subito confutazioni sperimentali non vengono
abbandonate dalla comunità scientifica, la quale ricorre invece a ipotesi ad hoc (ovvero
a „stratagemmi convenzionalistici‟) per consolidarne la struttura; inoltre, il medesimo
tipo di procedure euristiche è sovente utilizzato anche nell‟organizzare una concezione
teorica nuova e alternativa. Accanto all‟elemento „congetturale‟, dice Lakatos, nel
valutare l‟impresa conoscitiva occorre quindi considerare anche la peculiare „tenacia‟
con cui spesso la comunità scientifica intende continuare a lavorare a un programma di
ricerca giudicato affidabile [..] Qualsiasi esperimento giudicato potenzialmente
„falsificante‟ –egli afferma, riprendendo una tesi epistemologica decisiva avanzata da
Duhem– può essere neutralizzato modificando le „ipotesi ausiliari‟ che, insieme,
costituiscono quella che egli definisce la „cintura protettiva‟, mediante la quale è
sempre possibile salvare il „nucleo‟ del „programa di ricerca scientifico‟, formato da una
pluralità di teorie interconnesse.”
(da A. Rebaglia, Scienza e verità. Introduzione all’epistemologia del Novecento,
Paravia, Torino 1997)
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Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“La base-empirica delle scienze oggettive non ha in sé nulla di „assoluto‟. La scienza
non posa su un solido strato di roccia.” Popper
“Nessun esperimento isolato può giocare un ruolo decisivo, tantomeno „cruciale‟, nel
far pendere la bilancia a favore di uno fra due programmi di ricerca rivali.” Lakatos
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Lezione 8
LA CIBERNETICA. UNO STUDIO INTERDISCIPLINARE
Inquadramento dei temi
“I confini fra discipline [..] non sopravvalutiamoli – i confini”, scrive Quine (uno degli
autori considerati nella lezione precedente). Negli stessi anni in cui l‟epistemologia
conduce a ridefinire il rapporto tra asserti teorici e fatti empirici -e, conseguentemente,
anche a rivedere l‟idea di confine disciplinare- prende avvio la cibernetica: una scienza
interdisciplinare che, come recita il sottotitolo del volume di Norbert Wiener
Cibernetica, controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina, 1947 (il testo che ne
segna l‟atto di nascita), si occupa del controllo omeostatico, nonché dell‟apprendimento
e della comunicazione tanto nei sistemi naturali quanto in quelli artificiali. Essa studia
i processi di regolazione attraverso cui strutture biologiche, dispositivi meccanici o
complessi immateriali (quali, per esempio, sistemi economici o sociali) agiscono nel
loro ambiente ed elaborano informazione.
Nel 1947, anno in cui viene pubblicato il testo di Wiener, Martin Heidegger (cfr.
lezione 4) scrive la Lettera sull’umanismo, nella quale argomenta contro l‟opinione
tradizionale secondo cui l‟essere è stabile e oggettivo: esso, secondo Heidegger, è
evento, accade nel tempo. E, poiché la cibernetica si occupa di eventi dinamici anziché di
strutture stabili, l‟imporsi di tale disciplina entro il panorama scientifico diviene, nel
suo pensiero, un tratto di particolare valore concettuale.
Il 30 ottobre 1965 Heidegger tiene una conferenza (da cui è tratto il brano antologico
qui incluso), nella quale sottolinea come questa scienza interdisciplinare rappresenti,
soprattutto, un metodo innovativo che consente di affrontare problemi comuni a
differenti ambiti di indagine.
Tanto in un organismo vivente quanto in una macchina, o in qualsiasi struttura
organizzata, segnali di comando vengono inviati da elementi centrali -i quali
controllano il funzionamento del sistema- a elementi periferici -i quali compiono il
lavoro necessario a quel funzionamento. La cibernetica, studiando la rete delle
relazioni che consentono il passaggio di informazioni e il controllo dell‟azione, rende
evidente come lo schema delle connessioni non sia compatibile con la struttura
verticistica suggerita dalla logica tradizionale di „dominio‟ del soggetto sulla natura:
la struttura reticolare, attraverso cui passa l‟informazione che consente il controllo del
sistema, rappresenta -piuttosto- un circuito, in cui avviene un continuo processo di
feedback, dove l‟azione è anche reazione e adattamento alle informazioni acquisite circa
l‟esito che l‟azione ha avuto; il soggetto che „controlla‟ l‟oggetto modifica il proprio
agire in base alle resistenze che l‟oggetto oppone alla sua stessa azione.
Proprio questa possibilità di impostare il rapporto tra „soggetto‟ e „oggetto‟ in una
prospettiva differente rispetto a quella tradizionale rappresenta, nella concezione di
Heidegger, il merito principale del metodo cibernetico. Quest‟ultimo, infatti, ha una
duplice valenza positiva: conclude l‟epoca del “pensiero metafisico”, segnando la “fine
della filosofia” intesa come ricerca di un‟essenza reale, originaria e permanente, e
consente di intravedere un modo alternativo di concepire „enti‟, „soggetto‟, „essere‟, e di
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Docente: Alberta Rebaglia
elaborare un pensiero filosofico più ricco ed emancipativo rispetto a quello
tradizionale.
Lezione CD-ROM
Parte II, Lezione 14 :
Ragione dialogica
Heidegger. Essere e linguaggio
−
L’uomo, “pastore dell’essere”
−
“Imposizione” tecnologica
−
Cibernetica e metafisica
Martin Heidegger
−
L’uomo, progetto gettato
−
L’essere, il tempo
−
L’essere, l’evento
Ipertesto
Capitolo 5. Controllo e comunicazione
Paragrafo 1: Linearità del tempo e circolarità causale retroattiva
(p.137)
10. Dalla ragione “strumentale” alla ragione “dialogica”
Paragrafo 3: Informazione come interpretazione
Paragrafo 4: “Adoperare” il mondo
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Passi antologici
1. Automazione e controllo come gestione di informazione
“Molti ricorderanno one-hoss shay, la carrozza descritta nel poemetto [The Deacon’s
Masterpiece, or the Wonderful One.Hoss Shay (1858)] di Oliver Wendell Holmes. Dopo
cento anni di servizio questo venerabile veicolo si rivelò così perfettamente costruito
che né le ruote, né la cassetta, né le stanghe contenevano un elemento qualsiasi che
presentasse, rispetto agli altri, un‟eccedenza antieconomica di resistenza all‟usura.
Oggi il principio dell‟one-hoss shay è alla base della ingegneria e non costituisce più una
buffa fantasticheria. Se i cerchi delle ruote fossero durati più dei raggi, o i parafanghi
più degli assali, ciò avrebbe svalutato alcuni valori economici. Di conseguenza o questi
valori avrebbero potuto essere diminuiti senza menomare la durabilità del veicolo nel
suo complesso, oppure essi avrebbero dovuto essere trasferiti alle altre parti più
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facilmente deteriorabili. In realtà qualsiasi struttura diversa dall‟one-hoss shay è
concepita in senso antieconomico.
Ciò vuol dire che ai fini della massima economia del servizio non è conveniente che il
processo del mio collegamento con il signor A, con il quale io comunico tre volte al
giorno, e con il signor B, che per me è soltanto un nome sconosciuto nell‟elenco
telefonico, sia dello stesso ordine. Se potessi servirmi di mezzi di comunicazione
appena più diretti per comunicare con il signor A, allora, pur dovendo aspettare il
doppio prima di poter entrare in comunicazione con il signor B, il consumo del mio
tempo sarebbe compensato. Se dunque è possibile costruire senza un costo eccessivo
un apparecchio che registri le mie conversazioni passate e mi ridistribuisca una quota
di servizio telefonico proporzionale alla frequenza del mio uso passato dei diversi
canali telefonici, io potrò fruire di un servizio più efficiente o meno costoso, o perfino
tale che presenti ambedue questi vantaggi. Questo è ciò che la Philips è riuscita a fare.
La qualità del servizio è stata resa meno dipendente dal carico, e ciò è stato possibile
per mezzo di una retroazione che Bertrand Russell chiamerebbe un «tipo logico
superiore». Sarebbe insomma lo stesso tipo di perfezionamento nel comportamento
che otterremmo a un livello inferiore con una semplice retroazione non implicante
apprendimento.
La retroazione è inoltre il comando di un sistema attraverso la reinserzione nel sistema
stesso dei risultati del suo comportamento.
Se tali risultati sono impiegati
semplicemente come dati numerici per la critica e la rettifica del sistema, avremo la
semplice retroazione degli addetti alla manovra. Ma se l‟informazione che procede in
senso inverso in funzione del comportamento è in grado di mutare il metodo generale
e il modello del comportamento stesso, avremo un processo che potrà realmente essere
definito di apprendimento.
Un altro esempio del processo di apprendimento è dato dai problemi relativi alla
costruzione di centrali automatiche di tiro a previsione. Agli inizi della seconda guerra
mondiale, la relativa inefficienza dell‟artiglieria antiaerea rese necessaria l‟introduzione
di un apparecchio che seguisse la posizione di un aereo, calcolasse la sua distanza da
terra, determinasse il tempo necessario ad un proiettile per raggiungerlo e stabilisse
dove esso sarebbe stato alla fine di quel tempo; tutto ciò senza altro intervento che
quello del puntatore. Se l‟aereo avesse potuto eseguire un‟azione evasiva del tutto
imprevista, nessuna abilità tecnica ci avrebbe permesso di calcolare il movimento
ancora sconosciuto dell‟aereo compreso fra il momento dello sparo e l‟istante in cui il
proiettile avrebbe dovuto arrivare approssimativa-mente al suo bersaglio. Tuttavia
numerose circostanze impediscono al pilota di compiere azioni evasive impreviste.
Una limitazione nasce dal fatto che, se egli compie una virata rapida, la forza
centrifuga gli farà perdere i sensi; e inoltre dal fatto che il meccanismo di manovra del
suo aereo e il corso di istruzioni da lui ricevuto gli impongono praticamente certe
abitudini di manovra regolari che si manifestano anche nelle sue azioni evasive.
Queste regolarità non costituiscono un elemento certo del suo comportamento, ma
piuttosto delle preferenze statistiche che egli rivela nella maggior parte delle sue
azioni. [..]
L‟adattamento del piano generale di puntamento e di sparo secondo il sistema
particolare dei movimenti eseguiti dal bersaglio è essenzialmente un atto di
apprendimento. E‟ una modificazione nel «nastro» dello strumento calcolatore del
pezzo, che altera non tanto i dati numerici quanto il processo con il quale essi
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opereranno e che è basato sull‟esperienza passata. Esso è infatti uno dei tipi più
generali di retroazione, che incide sull‟intero metodo di comportamento dello
strumento.”
(da N. Wiener, Introduzione alla cibernetica, 1953)
2. Cose come ‘utilizzabili’ e i processi cibernetici
Scheda 19, in A. Rebaglia, Ragione scientifica e progresso tecnologico. Temi di filosofia
contemporanea : Martin Heidegger, primo e secondo brano, da Essere e tempo, 1927 e da
Filosofia e cibernetica, 1965)
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Nel DIZIONARIO
Concetti
Cibernetica
Complessità
Struttura
Autori
Wiener, Norbert
Heidegger, Martin
Integrazioni
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“CIBERNETICA
disciplina, inaugurata negli anni Quaranta da N. -> Wiener e W. Ross Ashby, che
studia i processi naturali o artificiali di controllo e regolazione dei sistemi complessi.
In ogni sistema regolato, secondo il modello fondamentale dell‟analisi cibernetica, uno
o più dispositivi periferici di sensorialità trasmettono a un organo centrale di comando
informazioni riguardanti variazioni significative dello stato del sistema rispetto alle sue
condizioni standard (effetto di feedback o retroazione: l‟organo di comando, dopo aver
elaborato queste informazioni, interviene sul sistema per ristabilirne le condizioni
standard). La centralità accordata da questa analisi ai processi di trasmissione ed
elaborazione dell‟informazione ha fatto sì che la ricerca cibernetica si sia venuta
sviluppando a stretto contatto con la teoria dell‟ -> informazione. Ampie intersezioni,
inoltre, si sono venute a creare con lo studio delle trasformazioni dei segnali d‟ingresso
(inputs) in segnali di uscita (outputs) di sistemi complessi (teoria matematica degli automi).
Definita talvolta come scienza degli automi, la cibernetica ha trovato il suo più naturale
campo di applicazione nella ricerca di forme economiche (in termini di dispendio di
energia e di informazione) di controllo e regolazione delle macchine automatiche
(servomeccanismi, robots a uso industriale ecc.). Gli stimoli più importanti allo
sviluppo teorico della cibernetica sono però venuti da quei settori delle scienze
biologiche e dell‟epistemologia che, a partire dagli anni Trenta e Quaranta, hanno
esplorato le analogie esistenti tra gli automi e i sistemi naturali (autoregolati), e hanno
elaborato modelli meccanici, biochimici o logici del funzionamento degli organismi
viventi, del sistema nervoso centrale, dei processi cognitivi animali e umani (analogie
sono state individuate anche in campo sociologico). Negli ultimi decenni la ricerca
cibernetica ha stimolato importanti riflessioni epistemologiche sulla nozione di
-> complessità.
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
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● Implicazioni filosofiche della cibernetica. Nella sua fase iniziale, la ricerca cibernetica si
pone come modello epistemologico capace di coordinare in un unico schema discipline
differenti e categorie concettuali apparentemente lontane, quali controllo e
comunicazione, energia e informazione, trasmissione dei segnali e apprendimento. I
suoi primi esponenti di spicco (in particolare N. Wiener, insieme ai collaboratori
A. Rosenblueth e J. Bigelow in un articolo del 1943, Comportamento, scopo e teleologia) ne
focalizzano le ripercussioni che portano a reintrodurre in ambito scientifico il
tradizionale concetto di causa finale: i sistemi le cui dinamiche possono venire descritte
applicando il principio cibernetico della retroazione sono accomunati dalla capacità di
intervenire sull‟ambiente mediante azioni o comportamenti che «possono essere
interpretati come volti al perseguimento di un obiettivo». I principi cardine
dell‟indagine cibernetica sollecitano una revisione anche del concetto di causalità
efficiente di tipo lineare e la sua impostazione interdisciplinare pone sotto nuova luce il
tema dell‟unificazione del sapere, come sottolinea M. Heidegger in Filosofia e cibernetica
(testo ampliato della conferenza su «La fine del pensiero», tenuta nel 1965). Inoltre la
cibernetica non è inscrivibile nella struttura verticale e verticistica di „dominio‟ del
soggetto sulla natura, suggerita dalla scienza tradizionale, poiché un continuo processo
di feedback fa sì che il soggetto, il quale „governa‟ l‟oggetto, debba modificare il proprio
agire in base alle resistenze che l‟oggetto oppone. Questa possibilità alternativa di
impostare il rapporto soggetto–oggetto rappresenta, secondo Heidegger, il merito
principale del metodo cibernetico; esso non conduce all‟analisi di strutture statiche ma
impegna a comprendere e modellizzare processi dinamici, e tale nodo concettuale
consente di pensare l‟essere in termini “alleggeriti” rispetto alla tradizione metafisica: il
modello cibernetico di un sistema non lo vincola a referenti esterni, a sostanze
oggettive, perenni e indipendenti dal soggetto che cerca di conoscerle. La cibernetica
ha dunque, per Heidegger, una duplice valenza positiva: conclude l‟epoca del pensiero
metafisico (segnando il momento culminante dell‟intero percorso scientifico e
tecnologico dell‟Occidente, volto a dominare la natura) e mostra una via percorribile
per pensare l‟ „oltrepassamento‟ della metafisica stessa.
Ulteriori implicazioni filosofiche concernono la cosiddetta „cibernetica del secondo
ordine‟, o „cibernetica della cibernetica‟. Si tratta di un approfondimento che, a partire
dagli anni Settanta, ha applicato il modello retroattivo ai “sistemi autonomi” (ai
sistemi, naturali o artificiali, le cui dinamiche sono autoreferenziali, ovvero guidate dai
comportamenti precedenti del sistema stesso). La complessità che caratterizza tali
sistemi è spiegata solo parzialmente dal principio di feedback negativo ed è spesso
determinata da un differente principio di feedback positivo, che rafforza –anziché
ridurre– la deviazione rispetto allo stato di equilibrio e innesca processi di autoproduzione (indagati da H.->Maturana e F.->Varela). Lo stimolo percettivo, elaborato
dal sistema per attuare la risposta, proviene da un ambiente del quale null‟altro è noto,
e in cui già è presente e agisce il sistema stesso: l‟osservatore è sempre parte del sistema
che intende osservare, puntualizza Heinz von Foerster (iniziatore della cibernetica del
secondo ordine e tra i principali esponenti del ->costruttivismo, che da questa
prospettiva trae elementi essenziali).”
(da A. Rebaglia, voce Cibernetica in Enciclopedia Garzanti di Filosofia,
nuova ed., Garzanti, Milano 2004)
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Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“se l‟informazione che procede in senso inverso in funzione del comportamento è in
grado di mutare il metodo generale e il modello del comportamento stesso, avremo un
processo che potrà realmente essere definito di apprendimento.” Wiener
“La cibernetica non si può più definire una scienza fondamentale. L‟unità delle sfere
tematiche del sapere non è più l‟unità del fondamento.” Heidegger
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Lezione 9
PIANIFICAZIONE E STRATEGIA
Inquadramento dei temi
Se nella prima fase della rivoluzione industriale congegni di tipo automatico hanno
reso possibile potenziare e controllare il processo produttivo di grande serie, riducendo
al minimo lo sforzo fisico da parte dell‟uomo ma imponendo al lavoro ritmi rigidi e
cadenze ripetitive (cfr. le prime lezioni del corso, in particolare la lezione 1), i nuovi
automatismi costruiti nell‟ambito della cibernetica permettono di ottimizzare la
produzione facendo gestire a elaboratori elettronici informazioni e decisioni
concernenti gli esiti dei processi lavorativi posti sotto il loro controllo, affidati a robots
per le operazioni più ripetitive e gravose. Studiando sistemi aperti -suscettibili di
ricevere non soltanto energia ma anche informazione dal mondo esterno- la cibernetica
consente di mettere a punto automatismi capaci di utilizzare i dati acquisiti per
imparare dall‟esperienza, e modificare il proprio comportamento in relazione
all‟interazione con l‟ambiente esterno. Dalla capacità di sfruttare energia, caratteristica
dei meccanismi della prima fase dell‟industrializzazione, si passa alla capacità di
sfruttare informazione e conoscenza; e queste ultime divengono le categorie centrali della
fase più recente della rivoluzione industriale.
Le nuove industrie, altamente robotizzate, richiedono un‟organizzazione interna
profondamente diversa rispetto alla precedente (dettata dai metodi del taylorismo).
Non si tratta di accelerare il ritmo di produzione, poiché -all‟opposto- avere troppe
scorte a magazzino sarebbe d‟impaccio in quello che è il vero scopo da perseguire:
adattarsi, il più rapidamente possibile, all‟evoluzione delle esigenze di mercato. La
nuova impostazione nella gestione d‟impresa è stata introdotta negli anni Ottanta dallo
studioso statunitense di statistica William Edwards Deming; “stokless production” e
“just in time” sono i due termini con cui è stato designato il nuovo sistema di
produzione: „senza scorte‟, se considerato dal punto di vista del produttore, e capace di
arrivare sul mercato „appena in tempo‟ per soddisfare la richiesta, se considerato dal
punto di vista -speculare- del consumatore. Questo nuovo modo di pianificare la
produzione richiede una forma di pensiero che oltrepassa gli schemi rigidi della
semplificazione.
Lo sviluppo della cibernetica, dell‟informatica e dell‟insieme delle tecnologie di
trattamento automatico dell‟informazione ha decretato, secondo Edgar Morin, la crisi
dell‟ideale tradizionale della semplicità e del metodo riduzionistico, volto a identificare
costituenti elementari di sistemi composti. Nozione centrale, che Morin vede profilarsi
in questo nuovo orizzonte, è che la conoscenza stessa si presenta come un fenomeno
complesso, non lineare. Ogni sua riduzione in discipline differenti equivale a una
rarefazione della possibilità di comunicazione, e dunque a una “patologia del sapere”.
L‟approccio multidisciplinare è, quindi, uno strumento indispensabile per affrontare
una realtà complessa, dove l‟elemento singolo, individuale, non deve venire
dimenticato a favore del tutto, né questo è semplicemente una somma di parti
elementari. Il locale e il globale non sono da considerarsi antagonisti, ma ogni
57
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informazione deve essere collocata in un contesto il quale modifica i propri caratteri in
base a tale flusso informativo.
Ragionare in termini di „complessità‟ è indispensabile, secondo Morin, per affrontare
ogni aspetto della realtà contemporanea: anche una gestione efficiente e produttiva di
quel composito sistema artificiale rappresentato dalle odierne imprese industriali
richiede di seguire i principi metodologici del pensiero complesso, che egli stesso ha
inteso puntualizzare.
Lezione CD-ROM
Parte II. Lezione 15 :
Progresso e innovazione
Pensiero complesso
−
Innovazione e “strategia”
−
Creatività e“doppio vincolo”
−
Progresso e “concretizzazione”
Fine della modernità?
−
La condizione postmoderna
−
Una filosofia della narratività
−
Differenza, scrittura, decostruzione
Ipertesto
Capitolo 11. Contestualizzazione di fatti e artefatti
Paragrafo 1: Costruire la realtà
Paragrafo 2: La nuova logica del processo produttivo
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Passi antologici
1. Impresa e adattamento al mercato
“Il consumatore è la parte più importante della linea di produzione. Se non c‟è
qualcuno che acquista i nostri prodotti, possiamo soltanto chiudere bottega. Ma di che
cosa ha bisogno il consumatore? Come possiamo essergli utili? Di che cosa pensa di
avere bisogno? Può permetterselo? Nessuno ha tutte le risposte. Per fortuna, per
essere buoni manager, non è necessario conoscerle tutte. [..]
L‟uso principale delle ricerche sul consumatore dovrebbe essere quello di valersi delle
sue reazioni per la progettazione del prodotto in modo che il management possa
anticipare le richieste e le necessità di cambiamento e stabilire così i livelli economici di
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produzione. Le ricerche sul consumatore indagano sulle reazioni e richieste e cercano
di trovare le spiegazioni di quanto è stato scoperto.
La ricerca sul consumatore è un processo di comunicazione tra il fabbricante e gli
utenti del suo prodotto [..]
Un tempo, prima dell‟era industriale, il sarto, il falegname, il calzolaio, il lattaio, il
fabbro conoscevano i loro clienti per nome. Sapevano se erano soddisfatti e che cosa
dovevano fare perché il loro prodotto fosse ancor più apprezzato. [..] Con l‟espandersi
dell‟industria, fu facile perdere questo tocco personale. Hanno fatto la loro comparsa
il venditore all‟ingrosso, il rivenditore e il dettagliante, che hanno effettivamente
innalzato una barriera tra il fabbricante e il consumatore finale. Ma si sta facendo
avanti una nuova scienza, la tecnica del campionamento statistico, per sfondare questa
barriera.
Una volta il processo di fabbricazione era concepito in tre fasi, come si vede nella
figura (a). Il successo dipendeva dall‟abilità di indovinare quale tipo di prodotto si
sarebbe venduto e in quale quantità si dovesse produrre. Nella vecchia maniera, le tre
fasi della figura (a) sono indipendenti.
Figura (a) - La vecchia maniera
1
2
3
progettazione
fabbricazione
commercializzazione
Figura (b) - La nuova maniera. Introduce un‟altra fase: il test del prodotto
4
1
3
2
Nella nuova maniera, il management, di solito con l‟aiuto di una ricerca sul
consumatore, introduce una quarta fase (si veda la figura (b)):
1. Progettazione del prodotto.
2. Fabbricazione; test sulla linea di produzione e nel laboratorio.
3. Immissione del prodotto nel mercato.
4. Test del prodotto in servizio: si scopre che cosa ne pensa l‟utente, e perché il
mancato utente non lo ha acquistato.”
(da W. Edwards Deming, L’impresa di qualità, 1982)
59
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2. Costruttivismo e invenzione del reale
Scheda 20, in A. Rebaglia, Ragione scientifica e progresso tecnologico. Temi di filosofia
contemporanea : Ernst von Glasensfeld, da Il complesso di semplicità, 1985
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didattica:
3. La strategia d’impresa
Scheda 21, in A. Rebaglia, Ragione scientifica e progresso tecnologico. Temi di filosofia
contemporanea : Edgar Morin, da Introduzione al pensiero complesso, 1990
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didattica:
Nel DIZIONARIO
Concetti
Adattamento
Operazionismo
Costruttivismo
Integrazioni
60
Autori
Deming, Edwards William
Morin, Edgar
Von Glasersfeld, Ernst
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“COSTRUTTIVISMO
indirizzo di pensiero che si delinea nella seconda metà del sec. XX (mutuando il
termine dal movimento artistico affermatosi in Russia negli anni successivi alla
rivoluzione del 1917) nell‟ambito di indagini „di frontiera‟ concernenti biologia,
psicologia della percezione, cibernetica, teoria dei sistemi, antropologia, linguistica,
sociologia della conoscenza, epistemologia e altri settori disciplinari. Il costruttivismo
si costituisce come tentativo di organizzare entro una modellizzazione concettuale
coerente le riflessioni gnoseologiche suscitate da tali studi e non adeguatamente
trattabili nella tradizionale concezione filosofica in cui la conoscenza è intesa quale
rappresentazione di una realtà esterna al soggetto. In base alla sua tesi centrale,
nessun sistema biologico può „uscire da se stesso‟ per acquisire informazioni sul
mondo „così come è‟: ogni organismo reagisce a stimoli percettivi, che costituiscono i
momenti elementari dell‟esperienza e danno luogo alla sola informazione in suo
possesso; informazione che esso codifica ed elabora facendone il nucleo del proprio
comportamento.
Il costruttivismo critico articola tali tematiche soprattutto nell‟ambito della pedagogia e
degli studi sociali, prendendo avvio dalle analisi di J. -> Piaget e proponendosi di
mantenerne le ripercussioni concettuali entro un orizzonte di tipo „realista‟. La
conoscenza risulta costruita dall‟individuo attraverso le sue interazioni con l‟ambiente,
e l‟apprendimento non viene inteso come ricezione passiva di informazioni circa fatti
neutri. Nel processo di conoscenza, i significati sono costantemente costruiti in modo
attivo e, conseguentemente, anche il mondo reale risulta una costruzione, esito di
interpretazioni soggettive socialmente condivise. Poiché vengono assimilati solamente
i concetti strutturati mediante operazioni mentali condotte in un contesto di
cooperazione intersoggettiva, secondo il costruttivismo critico anche la pratica
educativa non deve prevedere un semplice trasferimento di conoscenze, quanto un
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ampio progetto che consenta ai discenti di costruire autonomamente le proprie
conoscenze nel continuo sforzo di dare significato al contesto in cui sono collocati.
Un ripensamento più ampio di tali presupposti filosofici è svolto dal cosiddetto
costruttivismo radicale che unisce all‟interesse per la psicologia cognitiva una particolare
attenzione agli sviluppi della -> cibernetica. A partire da un orizzonte di tipo scettico e
strumentalista, viene elaborata una teoria della conoscenza che si rifà esplicitamente
alla tesi di G.->Vico secondo cui verum ipsum factum (il vero consiste nel fare, nel
costruire attivamente il proprio sapere) e ripercorre l‟idealismo trascendentale, tema
portante della filosofia di I.->Kant (il processo gnoseologico non è un passivo recepire
dati sensibili, ma l‟attivo operare dell‟intelletto per organizzare una realtà unitaria e
durevole). Anche il costruttivismo radicale considera ogni organismo biologico
sempre soggetto alla necessità di gestire informazioni e di comunicare con l‟ambiente
esterno: «Non si può non comunicare» è il pregnante assioma di P.->Watzlawick, uno dei
suoi principali esponenti insieme a studiosi come Ernst von Glasersfeld (1917),
professore emerito presso l‟Università della Georgia cui si deve la denominazione di
„costruttivismo radicale‟, Heinz von Foerster (1911-2002), ingegnere e filosofo viennese
padre della „cibernetica del secondo ordine‟, G.->Bateson, M.->Mead, H.->Maturana,
F.->Varela. Poiché per questa vasta e influente componente del costruttivismo
l‟elaborazione di modelli cognitivi organizza unicamente esperienze fenomeniche
soggettive, e risulta epistemologicamente ingiustificato ipotizzare che le informazioni
percettive „rappresentino‟ cose reali, gli asserti non possiedono un valore di verità né
poggiano su referenti extralinguistici: l‟informazione trasmessa durante un processo di
comunicazione non veicola mai contenuti ma istruzioni di scelta entro un repertorio di
strutture concettuali, che ciascuno dei comunicanti già possiede e viene costruendosi
durante la sua esperienza di interazioni sociali. Ne consegue la convinzione ontologica
secondo cui le leggi di natura non vengono scoperte bensì inventate, e la realtà stessa
non è intesa come struttura oggettiva e autonoma che possa venire scoperta attraverso
procedimenti gnoseologici, bensì è da ritenersi inventata attraverso l‟esperienza
percettiva e la comunicazione.
Nel costruttivismo radicale la consapevolezza che la conoscenza non è mai ricevuta
passivamente si unisce alla convinzione che il processo cognitivo è uno strumento
indispensabile affinché i sistemi biologici possano adattarsi proficuamente
all‟ambiente, come previsto dalla teoria dell‟evoluzione. La percezione di strutture
organizzate emerge da un‟interazione ricorsiva tra il sistema biologico e il suo
ambiente, e la relazione fra conoscenza e realtà viene interpretata ridelineando il tema
darwiniano della selezione negativa, ovvero dell‟adattamento come esito
dell‟eliminazione di quanto è inutile o non funzionale: l‟adattamento biologico -e
cognitivo- non è effetto dell‟azione dell‟ambiente, quale causa che determinerebbe le
strutture biologiche, né viene considerato quale progressiva ottimizzazione della
corrispondenza con l‟ambiente, ma è una risposta attiva dell‟organismo ai vincoli posti
dall‟ambiente stesso; è l‟espressione della capacità di un organismo di sopravvivere e
di far emergere all‟interno di questi vincoli, mediante il reperimento di vie “agibili”
(viable) per la sua sopravvivenza, quei complessi che usualmente denominiamo
„oggetti‟ e „significati‟, e ai quali attribuiamo i caratteri di entità oggettive. La
conoscenza è quindi ritenuta strumento di condotta pratica, capace di generare una
pluralità di vie adattive percorribili, individuate „costruendo‟ strutture fenomeniche
organizzate e durevoli che non entrino in collisione con i vincoli percettivi che
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costituiscono i dati di partenza dello sviluppo evolutivo. E‟ quanto von Foerster
esprime come «postulato di omeostasi cognitiva»: il sistema nervoso è organizzato (e
organizza se stesso) in modo da elaborare una realtà stabile; costruiamo noi stessi
attraverso la costruzione del mondo in cui viviamo.”
(da A. Rebaglia, voce Costruttivismo in Enciclopedia Garzanti di Filosofia,
nuova ed., Garzanti, Milano 2004)
Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“In un‟ottica complessa diciamo: non solo la parte è nel tutto; il tutto è all‟interno della
parte che è all‟interno del tutto! Questa complessità è altra cosa rispetto alla
confusione del tutto è in tutto e viceversa.” Morin
“In nessun caso potremmo dire che una determinata struttura concettuale deve
riflettere la „realtà‟ poiché ci aiuta ad avere la meglio su un qualche vincolo
dell‟esperienza.” von Glasersfeld
63
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Lezione 10
L’UOMO DIALOGICO
Inquadramento dei temi
I principi dell‟informazione e della comunicazione, che la cibernetica struttura in modo
formale, acquisiscono un ruolo sempre più rilevante come orizzonte comune a molte
riflessioni filosofiche degli ultimi decenni. Linguaggio, comunicazione, dialogo,
interpretazione (ermeneutica) divengono concetti centrali ed emblematici del modo in
cui la filosofia più recente pensa al rapporto dell‟uomo con il mondo.
Hans Georg Gadamer, in Verità e metodo (cfr. lezione 5), delinea i tratti dell‟esperienza
ermeneutica, ovvero dello sforzo di interpretazione di testi scritti e di ogni altra
testimonianza del passato. La sua analisi sottolinea come il compito interpretativo
apra un dialogo in cui le esigenze di innovazione -caratteristiche del presente- vengono
arricchite e modificate dall‟incontro con l‟inesauribile ricchezza di significati
provenienti dalla tradizione. L‟ermeneutica -nella sua più ampia portata filosoficainsegna che la parola non viene ad aggiungersi, quale strumento comunicativo, a
un‟esperienza in sé pre-linguistica; ogni incontro del soggetto con il mondo fattuale,
argomenta Gadamer, è sempre preliminarmente interno all‟orizzonte del linguaggio.
Norwood Hanson, Thomas Kuhn e Paul Feyerabend, radicalizzando le tesi espresse
da Popper (e da altri autori, cfr. lezione 7), evidenziano l‟essenziale linguisticità della
nostra esperienza empirica e la problematicità del concetto di un mondo „in sé‟, non
consistente nella sedimentazione di costruzioni teoriche e concettuali via via elaborate
nel corso della storia. Ne consegue l‟impossibilità di trascendere la dimensione
linguistica anche nello sforzo di conoscenza scientifica.
Lezione CD-ROM
Parte II. Lezione 13:
Esperimenti e convenzioni
“Immacolata percezione”
− Fatti “carichi di teoria”
− Esperimenti cruciali
− Mondi differenti
Incommensurabilità
− Neurath. Le enciclopedie
− Indeterminatezza della traduzione
− Postulati culturali
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Ipertesto
Capitolo 8. La dimensione linguistica della conoscenza scientifica
Paragrafo 1: Intrascendibilità del linguaggio
Paragrafo 2: Operare “in mondi differenti”
Capitolo 10. Dalla ragione “strumentale” alla ragione “dialogica”
Paragrafo 1: Il “medium” linguistico
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Passi antologici
1. La costitutiva linguisticità dell’esperienza
Scheda 17, in A. Rebaglia, Ragione scientifica e progresso tecnologico. Temi di filosofia
contemporanea : Hans Georg Gadamer, da Verità e metodo, 1960
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2. Verità e modelli teorici
“Le teorie fisiche forniscono modelli all‟interno dei quali i dati appaiono intelligibili.
Esse costituiscono una „Gestalt concettuale‟. Una teoria non si forma accozzando
assieme i dati frammentari di fenomeni osservati; essa è piuttosto ciò che rende
possibile osservare i fenomeni come appartenenti a una certa categoria e come connessi
ad altri fenomeni. Le teorie organizzano i fenomeni in sistemi. Esse sono costruite „alla
rovescia‟, retroduttivamente. Una teoria è un insieme di conclusioni in cerca di una
premessa. Dalle proprietà osservate di fenomeni, il fisico delinea col ragionamento la
sua via verso un‟idea centrale a partire dalla quale le proprietà risultano spiegabili
come ovvie. Il fisico non ricerca un insieme di oggetti possibili, ma un insieme di
possibili spiegazioni.”
(da N.R. Hanson, I modelli della scoperta scientifica. Ricerca sui fondamenti concettuali della
scienza, 1958)
3. L’emergere delle scoperte scientifiche
Scheda 14, in A. Rebaglia, Ragione scientifica e progresso tecnologico. Temi di filosofia
contemporanea : Thomas S. Kuhn, da La struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1962
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4. Scienza come proliferazione di teorie incompatibili
“Ernst Mach, che anticipò tutto quel che è ragionevole nella filosofia della scienza di
oggi, compreso l‟anti-induttivismo, affermò che «i modelli della logica formale e anche
di quella induttiva non possono servire molto [allo scienziato], perché le situazioni
intellettuali non si ripetono in modo esatto. Ma gli esempi dei grandi scienziati sono
molto stimolanti». Sono stimolanti non perché contengono elementi comuni che lo
scienziato ha solo bisogno di esplicitare, ma perché offrono alla sua immaginazione un
terreno di gioco ricco e vario. Entrando in questo terreno lo scienziato sviluppa la
propria immaginazione, la rende pronta, versatile e capace di trattare nuovi esempi in
modi nuovi. [..]
E‟ solo da poco che gli storici si sono accorti di questo aspetto dell‟impresa scientifica.
Un tempo essi interpretavano frequentemente le scienze [guardandole] attraverso i
principi di un punto di vista speciale e considerando irrilevante per la struttura
fondamentale della ricerca scientifica ciò che non concorda con esso. La distinzione tra
contesto della scoperta e contesto della giustificazione ebbe origine esattamente in
questo modo. Mentre si ammise che gli scienziati potessero essere influenzati da cose
come bere il caffé e avere idee pazze, si negò che esse potessero in qualche modo
incidere sulla sostanza della ricerca. Ma poi gli storici scoprirono che, date una regola,
standard o teoria, per quanto „basilari‟ possano essere, e dato un insieme di risultati
conformi alla regola, standard o teoria, si ebbero sviluppi, considerati oggi un
progresso, che non si sarebbero mai avuti, e vi furono scoperte che non avrebbero
potuto esser fatte, senza violare quella regola, standard o teoria. [..]
Non dimentichiamo poi che gli standard con cui valutiamo un certo risultato sono
soggetti alla stessa variabilità dei risultati che vengono giudicati. Per un aristotelico
una teoria del movimento deve trattare dei principali casi di movimento: un moto
locale e un rossore, il movimento delle stelle e i cambiamenti di uno scolaro che sia
sottola guida di un dotato e tenace insegnante (un esempio, quest‟ultimo, spesso usato
da Aristotele). Per i filosofi della nuova meccanica una teoria del movimento veniva
valutata solo in base al successo conseguito in un campo molto ristretto, cioè nel moto
locale di semplici corpi inanimati in condizioni rozzamente idealizzate.”
(da P. Feyerabend, Perché essere scientifico?, 1988)
Nel DIZIONARIO
Concetti
Demarcazione
Percezione
Relativismo
66
Autori
Feyerabend
Hanson
Kuhn
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Integrazioni
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“Nel corso di quest‟ultimo secolo, due problemi centrali ereditati dalla filosofia
moderna sono stati oggetto particolare –incessantemente rielaborato e approfondito–
del dibattito epistemologico: la difficoltà di giustificare l‟induzione come strumento di
conoscenza e l‟esigenza di demarcare il dominio del sapere scientifico dall‟ambito cui
appartengono le altre forme di attività intellettuale.
Questi „due problemi
fondamentali della conoscenza‟ (cfr. Popper, 1979) sono apparsi sempre più
difficilmente risolvibili, e analizzabili solo a prezzo di accettarne l‟intrinseca,
ineliminabile problematicità.
Ogni tentativo di puntualizzare le basi induttive o deduttive del metodo scientifico
implica una globale chiarificazione del rapporto che correla conoscenza razionale e
evidenza sperimentale, mentre la possibilità di confrontare in modo diretto un
programma di ricerca scientifico con l‟osservazione empirica viene riconosciuta quale
„dogma‟ proclamato dall‟empirismo, illusorio e come tale da abbandonarsi (cfr. Quine,
1951). L‟impossibilità di radicare solidamente l‟elaborazione teorica su
un‟inequivocabile base empirica si riverbera poi inevitabilmente sul secondo problema
enunciato, poiché quanto più l‟impresa scientifica si rivela una libera creazione
intellettuale tanto più risulterà difficile poterla distinguere dalle altre forme di
produzione razionale.
La mancanza di un responso dell‟esperienza che risulti incontrovertibile rende le teorie
scientifiche essenzialmente contestuali, e l‟ammessa „inscrutabilità‟ dell‟eventuale
riferimento extrateorico (cfr. Quine, 1960) provoca una scarsa „commensurabilità‟ e una
difficile „traducibilità‟ tra gli specifici programmi di ricerca scientifici (cfr. Kuhn, 1962;
Feyerabend, 1987).”
(da A. Rebaglia, Critica della ragione metasceintifica. Argomenti antropici e spiegazioni
scientifiche, Franco Angeli, Milano 1996)
Esercizi per l’esame
Con riferimento alle citazioni proposte:
1. spiegarne puntualmente il significato
2. valutare concisamente originalità e impatto concettuale della tesi ivi contenuta
[max. 15 righe per ciascuna citazione]
“Una teoria è un insieme di conclusioni in cerca di una premessa.” Hanson
“L‟anomalia è visibile soltanto sullo sfondo del paradigma.” Kuhn
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