LA "QUARTA FASE" DELLA WIRKUNGSGESCHICHTE "ROSMINI E LA FILOSOFIA TEDESCA" OSSIA: L' "ALTRA METAFISICA" La Wirkungsgeschichte “Rosmini e la filosofia tedesca” si può suddividere, dal Rosmini vivente fino ad oggi, in tre fasi. Molti motivi indicano che ormai ci troviamo all’inizio di una nuova, quarta fase. Prima fase: "Le controversie fino alla morte di Rosmini" La prima fase abbraccia il confronto di Rosmini con i filosofi a lui contemporanei e dura perciò fino alla sua morte: a partire dal suo primo capolavoro filosofico, il Nuovo Saggio, egli si trovò al centro del dibattito che al tempo si agitava, in Italia, sull’identità del pensiero italiano nella “modernità” (Mamiani, Gioberti, Galluppi). Il pensiero rosminiano fu accusato di essere “kantiano” ossia di rappresentare un “soggettivismo”, “psicologismo” o “gnoseologismo” tipico del pensiero trascendentale di Kant. Nonostante Rosmini si difendesse con chiarezza contro tali accuse, fu considerato fra tutti i pensatori contemporanei il più “kantiano”. Rosmini, a buon diritto, considerava questa interpretazione come un fraintendimento del suo pensiero, in quanto era proprio lui ad elaborare nel Nuovo Saggio una profonda correzione del kantismo. Ma ovviamente il carattere kantiano della sua argomentazione prevalse, nell’interpretazione, sul contenuto delle sue affermazioni che erano de facto antikantiane. In questa “prima fase”, il pensiero di Rosmini s’imbatteva, quindi, già al suo tempo, in un “limite interiore” che ne ostacolava un’ampia ricezione a livello filosofico-culturale. Proprio il suo confronto con Kant e con l’Idealismo, ossia proprio i pregiudizi prevalenti contro una tale ricezione nella cultura italiana d’allora della filosofia classica tedesca, rappresentavano un ostacolo fondamentale all’accoglimento positivo del suo pensiero. Seconda fase: "Il limite „interiore“ ed „esteriore“ dell’interpretazione" La seconda fase: Questo ostacolo fu convertito dal neoidealismo italiano della seconda metà dell’ ‘800 addirittura in una virtù, in un pregio del suo pensiero. Anche per il neoidealismo la “kantianità” di Rosmini era un dato di fatto: per Spaventa, Fiorentino e Gentile, Rosmini era il “Kant italiano”. Questo schema serviva ovviamente per sottolineare la pretesa di supremazia dei neoidealisti italiani all’interno della filosofia europea, in quanto proprio con Rosmini (il “Kant italiano”) e con Gioberti (lo “Hegel italiano”) il pensiero europeo dopo tre secoli sarebbe ritornato nella sua patria. Questa interpretazione si basava sull’opera rosminiana Nuovo Saggio – solo in seguito e gradualmente si avvertì anche il valore della Teosofia. Donato Jaja, costituendo così un’eccezione tra i neoidealisti, studiò con profondità quest’ultima opera per argomentare la modernità di Rosmini attraverso il confronto con Hegel. Anche questa interpretazione, però, non riuscì ad apprezzare il pensiero rosminiano nella sua originalità. Rosmini divenne, così, per tutti gli interpreti neoidealisti, una tappa storica. Egli aveva sì la funzione di costituire il “ponte” attraverso il quale il pensiero filosofico era ritornato in Italia, ma, proprio per questo, poteva essere considerato già superato dai neoidealisti stessi. In fondo questi ultimi pretendevano di rappresentare in Italia la forma “autentica” dell’Idealismo. Proprio questa ricezione “positiva” di Rosmini – riducendo, però, il pensiero rosminiano ad una pura “fermata intermedia” nel passaggio all’idealismo – rinforzava la tendenza ad emarginare culturalmente il pensiero rosminiano e rappresentava allora un “limite interiore” per una sua ricezione autentica. La Teosofia costituiva, inoltre, la fonte principale per le quaranta proposizioni che, estrapolate dal testo rosminiano, furono condannate nel 1888 (DH 3201-3241). L’accusa filosofica suonava “ontologismo” e “panteismo” cioè precisamente la compromissione del pensiero rosminiano con la filosofia soggettivistica moderna, sia nel suo aspetto gnoseologico-kantiano (“ontologismo”) che in quello ontologico-hegeliano (“pantesimo”). La concentrazione sulla Teosofia da parte degli accusatori gesuiti che per decenni avevano mirato sistematicamente e costantemente alla condanna, trovava, da una parte, la sua ragione puramente pratica nel fatto che le opere antecedenti di Rosmini erano state già assolte da un decreto papale datato all’anno 1854, che ne garantiva l’ortodossia a livello dogmatico. Dall’altro lato, a livello teoretico, era però proprio la Teosofia che costituiva, per l’argomentazione ontologica e per il confronto rosminiano con Hegel, un fondamento molto più adatto a dimostrare la compromissione del pensiero di Rosmini con le “eresie moderne” dell’ontologismo e del panteismo. Con l’atto della condanna era allora posto, anche a livello istituzionale, un limite, stavolta un “limite esteriore” che, all’interno della cultura italiana, impedì, d’allora in poi, ogni ricezione positiva del Roveretano. Proprio quei gruppi filosofici che erano i più propensi a recepire Rosmini “positivamente”, e quindi i filosofi impegnati nel pensiero cattolico, si trovarono quindi “istituzionalmente” impossibilitati a farlo (o almeno a testimoniare ufficialmente, attraverso citazioni o affermazioni concrete, l’assunzione di suggestioni e concetti rosminiani all’interno del loro pensiero). Così, la “seconda fase” conduceva ad un rafforzamento del “limite interiore” e insieme all’istituzione del “limite esteriore” di una ricezione positiva del pensiero di Rosmini. Ancora una volta, al centro del confronto stava la domanda su “Rosmini e la filosofia tedesca”. Terza fase: "Il ritorno a Rosmini" La terza fase prende inizio prima della metà del XX secolo e giunge fino ai nostri giorni. Michele Federico Sciacca elaborava una concezione rosminiana dell’Idealismo che è effettivamente contrapposta all’idealismo di Kant e di Hegel – contrapposta non nel senso che Rosmini rappresentasse un pensiero premoderno, ma nel senso di un’ “alternativa moderna alla modernità”. Per Augusto Del Noce, Rosmini rappresenta – accanto a Hegel – un secondo punto d’arrivo della storia della modernità filosofica, che appunto non sfocia per una necessità logica in Hegel e Marx ossia, poi, in Nietzsche e Freud. Accanto a questa dinamica “canonizzata” dalla storiografia moderna, egli elabora un secondo filone, “da Cartesio a Rosmini”. Sulla base di questi nuovi stimoli di Sciacca e di Del Noce, tanti scienziati e studiosi del pensiero di Rosmini tornarono al testo rosminiano, per verificare lì la validità e plausibilità dei limiti “interiore” ed “esteriore”, mirando al loro superamento. Non a caso, grazie a questa nuova attenzione per la filologia dei testi rosminiani, è proprio la “terza fase” che fa nascere due edizioni delle “opera omnia” di Rosmini. Il paradigma di questa fase era quindi: presentare il pensiero rosminiano come non-kantiano e come non- hegeliano. Coerentemente con questo obiettivo, ci si impegnò nell’analisi delle fonti antiche e medievali del pensiero rosminiano, innanzitutto di quelle agostiniane, ma anche di quelle tomistiche. Così, un aspetto centrale ma trascurato all’interno della ricerca rosminiana fu riscoperto, ossia la tradizione della “filosofia cristiana” che anima la Denkform rosminiana e che costituisce quel “basso continuo” senza il quale l’interpretazione del pensiero di Rosmini naufraga. È in questa tradizione che fu possibile affermare una struttura della Denkform rosminiana di questo tipo: come Agostino si confrontò con Platone e Tommaso con Aristotele, Rosmini riprende questa eredità del compito della “filosofia cristiana” nella modernità, confrontandosi con Kant ed Hegel. L’aspetto comune a questi tre pensatori cristiani è l’indirizzo antipelagiano, antignostico ed antiscettico del loro pensiero. Questo paradigma interpretativo evitò di infrangere i limiti eretti nella “seconda fase” della Wirkungsgeschichte “Rosmini e la filosofia tedesca”, al fine di non discreditarsi sia a livello filosofico che a livello teologico (o persino ecclesiastico). Dopo le contese precedenti, una tale “calma”, che risultava dal pieno rispetto di questi limiti da parte degli studi rosminiani, costituiva la condizione di possibilità necessaria per un’analisi concentrata e fondamentale delle opere del Roveretano. Grazie a questi studi profondi e minuziosi fu raggiunta, alla fine della “terza fase” e come coronamento della stessa, la riabilitazione di Rosmini nel 2001 e poi anche la beatificazione nel 2007. Con questi due eventi, il “limite esteriore” è abbattuto e superato. Come si presenta, però, la situazione riguardo al “limite interiore” ossia all’estraneità culturale del pensiero rosminiano rispetto al nostro tempo? Questo “limite interiore” – proprio dopo il superamento di quello “esteriore” attraverso la riabilitazione e la beatificazione – emerge in tutta la sua evidenza. La concentrazione sull’interpretazione di Rosmini a partire dalla tradizione ha trascurato la domanda, sul modo in cui Rosmini si inserisce innovativamente, e cioè proprio al livello del pensiero moderno stesso, nella filosofia dopo Kant ed Hegel. In quanto questa riflessione era mancata o era stata insufficiente, la ricerca rosminiana si autoponeva, con crescente insistenza, l’inquietante domanda sulla “attualità” del pensiero rosminiano, cercando una risposta nel paradosso per cui la sua “attualità” sarebbe da trovare proprio nella sua “inattualità”. Anche se gli argomenti che condussero a tale esito hanno il loro valore e sono senz’altro importanti, contribuivano comunque a giustificare l’emarginazione de facto (non voluta) di Rosmini dal discorso filosofico-teologico attuale e quindi da una percezione piu' ampia a livello culturale. Quarta fase: "Il cambiamento paradigmatico all’inizio della quarta fase" Per affrontare la tendenza emersa nella “terza fase”, cioè per impedire – a maggior ragione dopo la beatificazione – che Rosmini sparisca dal discorso filosofico (e teologico [!]), la “quarta fase” riprende la problematica “Rosmini e la filosofia tedesca”, mettendo in rilievo come in tutte le fasi anteriori essa fosse affrontata a partire da specifici pregiudizi. In quanto erano proprio questi pregiudizi a predeterminare l’opinione sulla “modernità” o “attualità” del pensiero rosminiano e quindi sui “limiti” analizzati, si presenta proprio oggi, dopo il superamento della condanna e il tramonto filosofico del neoidealismo, l’occasione storica di poter trattare questa domanda da un punto di vista totalmente nuovo. Ora è possibile interrogarsi sull’effettivo confronto di Rosmini con il pensiero kantiano-idealistico e sul metodo rosminiano che lo sorregge. È, quindi, possibile analizzare le domande epistemologiche fondamentali, mettendo ormai tra parentesi la polemica aperta che Rosmini conduce alla superficie del testo e delle parole contro Kant e Hegel, come anche l’infondata opinione che gli aspetti “non kantiani” o “non hegeliani” sarebbero semplicemente dei resti e residui religiosi che Rosmini, tendente all’idealismo immanentistico, non avrebbe superato. Solo questa prospettiva, dunque, si rivela in grado di affrontare l’attualità di Rosmini in modo adeguato, e cioè coerentemente ai testi rosminiani. Questo proprio perché essa pone la domanda circa l’effettiva comprensione che Rosmini ebbe della metafisica. Solo se si lascia dimostrare che Rosmini presenta una metafisica che prende positivamente in considerazione gli standard critici di Kant ed Hegel, il suo pensiero può essere giudicato anche oggi un contributo rilevante alla costruzione di nuovi approcci alle questioni fondamentali. Proprio perciò le domande circa l’ “epistemologia”, la “metafisica” e l’ “ontologia trinitaria” in Rosmini costituiscono i problemi centrali della “quarta fase” alla quale è dedicata il progetto della “Cattedra Antonio Rosmini”. Questo progetto si può descrivere anche con l’espressione “altra metafisica”. Lungi dal presentare una metafisica nel senso della “scuola”, spazzata via da Kant ed Hegel, Rosmini critica sia la “metafisica generalis” di Wolff e di Baumgarten sia la “tarda scolastica” che si presentava, nella prima metà dell’ ’800, come una scolastica degenerata, e che sarebbe poi sfociata nella neoscolastica della seconda metà dell’800 e del ’900. Rosmini intende il progetto di un “superamento” della vecchia metafisica come una sua “riforma” e presenta perciò una metafisica rinnovata sulla base epistemologico-critica del pensiero moderno. Un’analisi più dettagliata può mostrare come essa eviti le strettoie di un approccio razionalistico e come anticipi, allo stesso momento, l’intuizione di Kant e di Hegel: per Rosmini, la metafisica è un “pensiero totale”, in questo senso “assoluto” (un “pensare assoluto”), su un fondamento rigorosamente epistemologicosistematico che non sfocia in un sistema chiuso, garantito dal principio di non contraddizione. Rosmini, perciò, critica Aristotele, ma anche Hegel. In Hegel, egli scopre un tentativo di superamento di questa strettoia epistemologica, ma anche il suo insuccesso, dovuto al fatto che il filosofo di Stoccarda deve in ultima analisi ridurre dualisticamente il punto di partenza triadico. L’ “ontologia trinitaria” di Rosmini segna un decisivo passo avanti in direzione della fondazione di una base metafisica, che sappia fornire un autentico fondamento per la “filosofia cristiana” nella modernità. Con ciò Rosmini non diventa un puro “teologo”, pur essendo anche teologo. In quanto “filosofo”, infatti, egli era sempre attento a mantenere metodologicamente il carattere filosofico del suo pensare in philosophicis. È proprio su questa base che egli pensa un’ “altra metafisica”, tesa all’inclusione dell’ “altro dalla ragione” – quell’ “altro” che all’interno del paradigma della modernità risultava appunto messo fra parentesi e cioè astratto. Tutto il pensiero di Rosmini è quindi penetrato da questa struttura del pensare, e proprio così egli fornisce un approccio coerente per una “nuova epistemologia”. Con questa intuizione di un’ “altra metafisica”, Rosmini offre al pensiero attuale, che è in cerca di una correzione fondamentale del “discorso filosofico della modernità” (Habermas), una prospettiva nuova e valida che ormai chiede di essere analizzata discussa e valorizzata. Precisamente a questo scopo è dedicato il progetto della “Cattedra Antonio Rosmini”. Bibliografia: M. Krienke, Rosmini e la filosofia tedesca. Stato della ricerca e prospettive, in: id. (ed.), Sulla ragione. Rosmini e la filosofia tedesca, Il Rubinetto 2008 , 15-73 (in corso di pubblicazione). id., Rosmini in der Letztbegründungsdiskussion? Eine Replik, in: Theologie und Philosophie 81 (2006) 577-584. id., La Denkform rosminiana come alternativa moderna alla modernità. Sull’attualità del confronto di Rosmini con Kant e Hegel, in: M. Dossi / M. Nicoletti (edd.), Antonio Rosmini tra modernità e universalità, Brescia 2007, 95-125. id., „... io vorrei preparare una Filosofia cristiana“. Das theoretische Anliegen Antonio Rosminis, in: Münchener Theologische Zeitschrift 56 (2005) 23-48. id., Soggetto ed esistenza. Alcune riflessioni sulla modernità del pensiero di Antonio Rosmini, in: Studia Patavina 53 (2006) 141-157