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MILANO FINANZA
II
Personal
18 Novembre 2006
I reparti di pronto soccorso sono ormai centri
specializzati per affrontare tutte le problematiche acute
DIAGNOSTICA Ecco come operano le strutture di eccellenza in Italia
Salute
ER
all’italiana
di Elena Correggia
U
n’équipe ad alta specialità,
strumentazioni diagnostiche e terapeutiche innovative, logistica e organizzazione finalizzate a minimizzare i tempi degli
interventi salvavita. Non si tratta
di una scena del celebre serial televisivo ER-Medici in prima linea,
bensì della realtà sperimentabile
nei centri di pronto soccorso italiani
più all’avanguardia. «Se fino a poco
tempo fa costituiva solo la porta di
accesso e di smistamento per giungere ai diversi specialisti, oggi diventa un vero luogo di cura dove
esistono percorsi assistenziali per
problematiche acute, definiti da
protocolli di valutazione e terapia»,
spiega Osvaldo Chiara, direttore
del trauma team dell’ospedale Niguarda di Milano.
L’accoglienza al pronto soccorso è
gestita dall’infermiere triagista, colui che effettua cioè una prima valutazione attribuendo un codice colore ai pazienti, anche in base alla
gravità dei sintomi e alle risposte
fornite. «I codici rossi, ossia soggetti
con trauma,patologie gravi o con rischio di evoluzione già identificati
dal 118 o che mostrano segni di un
possibile peggioramento di parametri critici, trovano all’ospedale
Maggiore di Bologna un team con
competenze multidisciplinari già
pronto per intervenire nella emergency room, dotata di tutto il necessario per la rianimazione e il monitoraggio dei parametri vitali», spiega Giovanni Gordini, direttore del
dipartimento di emergenza-urgenza dell’azienda Usl di Bologna. «Il
trauma team è innanzitutto com-
I minuti valgono oro. Lo sanno bene le squadre del 118, addestrate a gestire l’emergenza,
a valutarne l’effettiva gravità e se necessario a
iniziare la terapia anche sul posto.«Il sistema
di intervento del 118 si avvale di una centrale operativa che per il territorio milanese ha
sede all’ospedale Niguarda, dove gli operatori si occupano di gestire in modo informatizzato le chiamate, ponendo le prime domande
all’utente e interfacciandosi poi con i mezzi di
soccorso per inviare quelli più adatti a seconda dei casi»,spiega il dottor Giancarlo Fontana, responsabile del 118 di Milano e provincia. A bordo delle ambulanze sono presenti
soccorritori esperti, mentre medici e infermieri viaggiano sulle automediche, che sono inviate nei casi più urgenti e dispongono di tutto l’equipaggiamento per avviare una terapia
intensiva già sul territorio.
Fra le apparecchiature all’avanguardia, di
cui è dotato anche l’elicottero di soccorso, c’è
l’ecografo portatile, molto utile per accertare
posto dal rianimatore,dal medico di
urgenza e da due infermieri dedicati, a cui si affiancano il radiologo e il
tecnico che effettuano in pochi minuti le prime valutazioni, quali ecografia o lastre». Se le condizioni base del paziente lo permettono,si può
poi procedere con la Tac già predisposta nella sala attigua per esplorare la localizzazione precisa del
trauma mentre si allertano il chirurgo, l’ortopedico e il neurochirurgo qualora sia richiesto il loro apporto. Il primo percorso di diagnosi
e terapia svolto in parallelo deve essere concluso nei primi 20-30 minuti. In questa fase si verificano le vie
aeree, si intuba il paziente se non
riesce a respirare da solo, si valutano le condizioni dei polmoni e se
sussiste trauma toracico, si controlla la circolazione effettuando trasfusioni per gli emorragici e introducendo farmaci, si svolge la diagnosi clinica e si controllano le lesioni rilevabili macroscopicamente. In
un secondo tempo può essere richiesta un’angiografia per traumi al bacino o all’addome. «Quando però il
soggetto ha già perso molto sangue
e ha la pressione bassa non è possibile effettuare la seconda diagnostica approfondita e bisogna intervenire d’urgenza chirurgicamente»,
spiega Gordini.
«Talvolta il paziente deve essere
curato in più settori e in questi casi è fondamentale il ruolo del team
leader, il medico che stabilisce le
priorità degli interventi coordinando i vari specialisti della squadra». In Italia non esiste un censimento ufficiale dei trauma team di
Una corsa salvavita
subito se un soggetto
traumatizzato ha emorragie interne, così da
allertare il pronto soccorso di destinazione.
Su tutte le ambulanze è presente un defibrillatore semiautomatico che consente di intervenire con tempestività per trattare un paziente in arresto cardiaco, mentre sulle automediche questo stesso apparecchio integra
anche un elettrocardiografo. Se
c’è sospetto di infarto si esegue
un tracciato Ecg e grazie a una
scheda Umts o Gprs inserita nel
macchinario si trasmette l’esame con i dati clinici a un medico
della centrale operativa. Quest’ultimo contatta subito l’unità
coronarica dell’ospedale di riferimento che, se necessario, si appresta a organizzare l’équipe di
emodinamica per l’eventuale intervento di angioplastica. Se il
soccorso è stato precoce è possi-
bile invece avviare subito la terapia fibrinolitica,somministrando già sul posto un farmaco per sciogliere il trombo che occlude la coronaria. «La tempestività di questo approccio si
sta rivelando molto preziosa, perché ci permette di guadagnare quasi un’ora di tempo,
con riduzione delle problematiche conseguen-
Ps, ma fra quelli riconosciuti si annoverano, oltre all’ospedale Maggiore di Bologna, gli ospedali di
Parma, di Cesena, il Niguarda,
l’Humanitas e il S. Raffaele di Milano, il Cto di Torino, il Careggi di
Firenze, il S. Maria della misericordia di Udine, il S. Camillo di Roma e il Cardarelli di Napoli.
«Per quanto riguarda invece le malattie infettive gravi, le linee guida
internazionali della Surviving sepsis campaign hanno stabilito un
protocollo d’intervento precoce che
ha permesso di ridurre la mortalità dal 60 al 20%», spiega Valerio
Gai, direttore della struttura di
medicina d’urgenza e del Dea dell’ospedale Molinette di Torino. «Se
si verifica una grave infezione si
somministra subito la terapia antibiotica, antidiabetica se necessario, correggendo lo shock e fornendo supporto di liquidi con tempestività, dato che ogni due ore il rischio di morte aumenta».
In caso di dolore toracico sospetto
l’emergenza può essere gestita da
un’unità specializzata,la chest pain
unit, che svolge gli esami strumentali e di laboratorio per de-
ti l’infarto», continua Fontana.
Un’altra dotazione innovativa è il casco respiratore, trasparente e morbido, utilizzato per
migliorare il trattamento nei pazienti con
edema polmonare.Se si introducono aria e ossigeno dentro il casco si produce una pressione positiva anche nei polmoni, cosa che facilita la fuoriuscita di acqua dai polmoni stessi.
Il 118 milanese è inoltre preparato
anche a gestire situazioni eccezionali di emergenza, chiamando i
mezzi di soccorso a disposizione e
avvisando gli ospedali della rete,
che attivano il personale medico
reperibile e liberano posti letto,
spostando i pazienti mobilizzabili.
«Disponiamo anche di un furgone
che contiene un ospedale da campo con dieci posti letto, di cui quattro per la rianimazione, che viene
poi allestito sul posto con tenda
gonfiabile», conclude Fontana.
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cidere la terapia e l’eventuale ricovero. «La nostra unità prevede tre
medici dedicati che eseguono esami
quali Ecg, ecocardiogramma, indagini di laboratorio, cercando alcuni
marker dell’infarto come la troponina, una proteina che segnala come
il dolore avvertito sia effettivamente inerente a danno cardiaco, con
monitoraggio dei parametri per 2448 ore», spiega Giuseppe Matarazzo, direttore sanitario dell’ospedale
Cardarelli di Napoli.
MILANO FINANZA III
nella stroke unit del Niguarda, per
somministrare subito i farmaci per
sciogliere il trombo, riducendo la
necrosi del tessuto cerebrale, riabilitando il flusso sanguigno e aumentando così la possibilità di sopravvivenza e di riduzione della di-
Cuore e cervello
sotto controllo
Quando si ha sindrome coronarica
acuta un immediato esame dei vasi
coronarici permette poi di evidenziare le lesioni stenosanti.La disponibilità di personale esperto per
eseguire l’esame consente di intervenire introducendo una sorta di
palloncino che allarga il vaso, poi
mantenuto aperto da una protesi al
fine di garantire il flusso sanguigno
e migliorare la prognosi del paziente. «Un’altra urgenza importante è
quella dell’ictus,che per essere trattato adeguatamente deve essere
confermato da un esame Tac», continua Osvaldo Chiara. «Di qui l’importanza di disporre dei dispositivi
per una rapida diagnosi e di personale specializzato, come avviene
sabilità». In caso di patologie vascolari cerebrali particolarmente pericolose per il paziente, quali l’emorragia da rottura di aneurisma o
aneurisma a rischio di rottura evidenziato tramite Tac in pronto soccorso, si allerta di norma il reparto
di neuroradiologia interventistica
per eseguire l’angiografia, esame
che permette di ottenere conferma
della presenza dell’aneurisma e di
decidere la terapia più adeguata.
Presso il reparto di neuroradiologia
interventistica dell’ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano è attiva un’équipe organizzata in modo da garantire prestazioni in urgenza 24
ore su 24 per il trattamento endovascolare neuroradiologico. Si tratta
di una metodica mininvasiva che
mediante microcateteri inseriti nella cavità aneurismatica rilascia fili
di platino allo scopo di riempire e
chiudere l’aneurisma, impedendo
la sua riapertura e scongiurando
così eventuali, ulteriori emorragie.
«Di recente abbiamo introdotto
una nuova apparecchiatura angiografica, installata per la prima volta in Italia, che oltre alle normali
funzioni radiologiche consente di
simulare l’intervento prima della
reale esecuzione», spiega il dottor
Vincenzo Branca, direttore del reparto. «In pratica la macchina fornisce una mappa del cranio del paziente tradotta in immagine su pc
grazie a un software sviluppato da
Philips, con tanto di ricostruzione
delle diverse strutture molli e delle
arterie». La possibilità di conoscere
in anticipo le dimensioni dell’aneurisma e quindi lo spazio da riempire consente di scegliere le spirali
più adatte, evitando il rischio di
rotture traumatiche dell’aneurisma, con il vantaggio di accrescere
la sicurezza dell’intervento e ridurne i tempi, passati dalle quattro
alle tre ore.
Più servizi, meno attese
Più trasparenza e più impegno per ridurre i tempi di attesa del pronto
soccorso. Il progetto interaziendale che coinvolge 11 pronto soccorso dell’area metropolitana di Bologna (nove dell’azienda Usl di Bologna,quello dell’ospedale Rizzoli e del Sant’Orsola Malpighi) ha introdotto per la
prima volta in Italia un software che calcola i tempi medi di attesa per la
visita in Ps,suddivisi per codice di gravità e visualizzabili dai pazienti su
di un maxi-schermo. «Ogni cinque minuti lo schermo aggiorna i dati e
fornisce i tempi di attesa anche degli altri pronto soccorso della rete»,spiega Massimo Annicchiarico, vicedirettore sanitario per i servizi ospedalieri dell’azienda Usl di Bologna. «In tal modo i soggetti con patologie non
urgenti (codici bianchi e verdi), che superano tra l’altro l’80% degli accessi, possono decidere se aspettare o spostarsi in un altro Ps meno affollato». A breve le informazioni potranno essere visualizzate anche sul sito web della Conferenza territoriale sociale e sanitaria.Inoltre,attraverso questo sistema i Ps si assumono la
responsabilità di rispettare
tempi massimi d’attesa anche
per i codici bianchi e verdi, garantendo la visita rispettivamente entro quattro e tre ore.Al
pronto soccorso dell’ospedale
Maggiore di Bologna è poi stato avviato un modello sperimentale che cerca di velocizzare l’iter di visita rispetto alla procedura standard, con un servizio dedicato soprattutto ai numerosi codici
verdi. Si tratta di una presa in carico anticipata del paziente ospitato in
uno spazio aperto, suddiviso da tende divisorie, dove è il medico a spostarsi visitando in parallelo i pazienti. «Questa prima valutazione permette di indirizzare in modo facilitato le persone ai percorsi diagnostici e
alle visite specialistiche necessarie, ma permette anche di anticipare quei
trattamenti sintomatici, soprattutto antidolorifici o collegati a crisi d’ansia, che rispondono a una primaria esigenza del malato, prima di proseguire gli accertamenti»,afferma Annicchiarico. «Tale procedura consente
di guadagnare circa una mezz’ora di attesa sui codici verdi». La medicina d’urgenza e quasi tutta l’area di pronto soccorso del Maggiore di Bologna sono state inoltre dotate di una rete wireless per consentire l’uso di pc
portatili sui carrelli visita al fine di accedere agevolmente alla banca dati dei pazienti, inviare richieste d’esami nonché archiviare documentazione sanitaria rapidamente consultabile da parte dei medici di reparto.
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Soccorso a misura
di bambino
Uno spazio di 600 metri
quadri, con percorso dedicato per i pazienti più
gravi, caratterizza il Ps
pediatrico della Fondazione ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena,realizzato presso la clinica
De Marchi di Milano.
«Un’area molto importante del nostro Ps è la
camera calda, accessibile dall’ambulanza e attrezzata per rianimare e
stabilizzare il paziente con
insufficienza respiratoria,
cardiaca o entrambe», spiega Vittorio Carnelli, direttore U.o. pediatria 2 dell’ospedale milanese. Oltre alla
sala per piccoli interventi chirurgici, il Ps dispone anche di
una zona letti per l’osservazione
breve intensiva, dove sono ricoverati fino a 24-48 ore i soggetti
con condizioni non stabilizzate
che potrebbero peggiorare (una
diarrea importante, patologie respiratorie, febbre alta), ma che
spesso sono risolvibili evitando ricoveri impropri. L’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma
è infine sede di un’ambulanza allestita per il trasporto «Cicogna»,
dotata di culla, attrezzatura per
la rianimazione, neonatologo intensivista e infermiere a bordo,
che assistono il neonato durante il
trasporto da altri
ospedali al centro di terapia intensiva disponibile o alla rianimazione del Dea. «Si tratta di un
servizio importante per scongiurare l’ipotermia del neonato, un
tempo causa di morte o di seri
danni per la vita del bambino»,
spiega Nicola Pirozzi, responsabile Dea ospedale pediatrico
Bambin Gesù di Roma. (riproduzione riservata)