Alcune conseguenze dell`inclusione delle attività illegali nel Pil

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Alcune conseguenze dell’inclusione delle attività illegali nel Pil
Categories : Schede
Tagged as : attività illegali, benessere sociale, deficit pubblico, Menabò n.4, menabo n.7,
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Date : 15 settembre 2014
*Pubblichiamo nuovamente, per la sua attualità, questa scheda originariamente comparsa sul Menabò del
1 luglio 2014.
Dal prossimo ottobre, le regole di calcolo del Pil cambieranno. Le conseguenze saranno numerose e su
diversi piani; ad esempio potrà cambiare l’entità del deficit pubblico consentita dai vigenti parametri
europei, con effetti rilevanti sulla nostra vita quotidiana.
Le novità riguardano principalmente due aspetti: l’introduzione dell’ESA-2010, ovvero delle nuove
procedure relative all’European system of accounts (SEC nell’acronimo italiano), e alcune modifiche
nella compilazione dei conti stessi. L’obiettivo di questa scheda è chiarire i dettagli di tali novità,
discutendo, dapprima, i cambiamenti legati all’adozione dell’ESA-2010, e concentrando, poi, l’attenzione
sulle novità legate alle modifiche nella compilazione dei conti, in particolare sulla decisione di
contabilizzare nel Pil di tutti i Paesi Europei le attività illegali legate al traffico di sostanze stupefacenti, alla
prostituzione e al contrabbando di sigarette e alcol.
Come riassunto nella tabella 1, l’introduzione dell’ESA-2010, che sostituisce l’ESA-95, comporterà tre
principali modifiche. La prima, con un impatto positivo sul Pil, stabilisce che le spese in Ricerca e Sviluppo
e quelle per gli armamenti pubblici siano considerate come investimenti e non più come costi intermedi. La
seconda, che ha effetti nulli sulla misura del Pil, attiene all’introduzione di una nuova metodologia di stima
degli scambi con l'estero per le merci da sottoporre a lavorazione. Infine, la terza modifica, che inciderà
sul livello sia del Pil che del deficit, riguarda la revisione dell’elenco dei soggetti appartenenti alla P.A.
In base alle prime stime di Eurostat, le nuove metodologie previste nell’ESA-2010 dovrebbero comportare
una crescita del 2,4% del Pil dell’intera Unione Europea. Per l’Italia, invece, l’aumento dovrebbe
attestarsi tra l’1 e il 2% (tabella 1).
Tab. 1: Stime provvisorie dell’impatto sul Pil del passaggio a ESA-2010
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Fonte: Eurostat
Come anticipato, però, l’obiettivo di questa scheda è di approfondire quegli aspetti, comuni a tutti i Paesi
europei e non strettamente legati all’ESA-2010, derivanti da alcuni cambiamenti nella compilazione dei
conti.
L’esigenza a livello internazionale di ottenere stime affidabili, esaustive e, soprattutto, comparabili tra
paesi aveva portato già con l’ESA-95 a includere nella frontiera della produzione anche l’economia
illegale. Riprendendo lo stesso concetto l’ESA-2010 stabilisce che “Le attività economiche illegali sono
considerate operazioni quando tutte le unità partecipanti intervengono consensualmente. Di conseguenza,
l’acquisto, la vendita o gli scambi di droghe illecite o di refurtiva si configurano come operazioni, al
contrario del furto che non è considerato una operazione”. Si riconosce così un valore economico a tutte
quelle attività, anche illegali, in cui esiste uno specifico accordo tra compratore e veditore.
Stimare l’entità degli scambi illegali è però molto complicato e le differenze nei sistemi giuridici degli stati
membri –alcuni paesi considerano illegali attività che invece sono legali per altri– complicano ulteriormente
il quadro. Per tali ragioni le attività economiche illegali erano finora state escluse dai conti nazionali di tutti
i Paesi dell’Unione Europea.
Nel prossimo futuro, tuttavia, lo scenario cambierà. Eurostat, infatti, fornendo linee guida ben definite, ha
richiesto a tutti gli Stati Membri di includere nel calcolo del Pil il contributo economico derivante dal traffico
di sostanze stupefacenti, dai servizi della prostituzione e dal contrabbando di sigarette e alcol. Ma qual è il
valore di tali attività? Con quale grado di precisione si riesce a calcolarle? E, ancora, con quale metodo
sarà calcolato il Pil reale per la parte inerente le attività illegali e, conseguentemente, quale sarà l’effetto
sul deflatore del Pil e sul tasso di crescita di quest’ultimo?
Ad oggi, ad eccezione di alcuni calcoli da parte dell’Ufficio Nazionale di Statistica del Regno Unito, non si
dispone di stime sul valore economico delle attività illegali. In attesa di conoscere ufficialmente quale sarà
l’incremento del Pil italiano legato all’inserimento di queste attività, proviamo allora a delineare qualche
scenario possibile.
In alcuni lavori preliminari presentati dall’Istat è stato calcolato, per il solo consumo di droga nel 2005, un
valore pari allo 0,4 % del Pil. L’ufficio statistico del Regno Unito per il 2009, invece, stima un impatto della
prostituzione e del traffico di droga pari allo 0,7% del Pil. Stime ben diverse sono invece fornite in un
lavoro pubblicato dalla Banca d’Italia [1. Cfr.: Ardizzi G., Petraglia C., Piacenza M. and Turati G.
(2012) “Measuring the underground economy with the currency demand approach: a reinterpretation of
the methodology, with an application to Italy"], che quantifica al 10,2% del Pil nel 2005 e al 12,6% nel
2008 il valore delle attività legate a droga e prostituzione.
Discrepanze così ampie possono essere in parte spiegate dalle diverse metodologie di stima adottate. Nel
lavoro della Banca d’Italia si segue il currency demand approach [2. La dimensione dell’economia
sommersa, nel Currency Demand Approach, è ottenuta applicando la velocità di circolazione della
moneta, registrata nell’economia ufficiale, alla domanda di contanti per transazioni irregolari.
Quest’ultima variabile è calcolata stimando l’eccesso di domanda di contanti – riconducibile alla
decisione di effettuare transazioni irregolari per evitare gli adempimenti fiscali – rispetto alla liquidità
standard.], in quelli dell’ISTAT e dell’Ufficio Statistico britannico diverse metodologie a seconda
dell’attività considerata. Nel caso delle sostanze stupefacenti la metodologia prevede una stima del valore
economico sia dal lato dell’offerta sia dal lato della domanda. La domanda viene stimata moltiplicando il
numero di consumatori per una media delle quantità consumate per un prezzo “di strada”
(opportunamente pesato per il grado di purezza); dal lato dell’offerta, invece, il valore è ottenuto
moltiplicando il prezzo “di strada” (sempre pesato per il grado di purezza) con la quantità consumata,
ottenuta tenendo conto delle quantità importate e dei sequestri effettuati. Nel caso della prostituzione,
invece, sembra essere preferita la sola stima dal lato dell’offerta e il valore dell’attività viene ottenuto
sottraendo alla spesa per consumi in prostituzione i consumi intermedi sostenuti per lo svolgimento
dell’attività. Non sono invece, al momento, disponibili informazioni sulle metodologie seguite per stimare il
valore del contrabbando.
Sulla base delle stime disponibili è, però, possibile effettuare un primo esercizio per stimare come sarebbe
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variato
il rapporto deficit/Pil in Italia negli
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anni 2010-2013 laddove nel denominatore si fosse inserito anche
il valore delle attività illegali. Consideriamo due scenari: nel primo (ipotesi minima) si ipotizza un aumento
del Pil pari allo 0,7% (coerente con le stime Istat e del Regno Unito), nel secondo (ipotesi massima,
basato sulle stime della Banca d’Italia) si assume una crescita del 12,6%. In base all’ipotesi minima, nel
2013 il rapporto deficit/Pil migliorerebbe di soli 0,02 punti percentuali rispetto al valore attuale del 3%,
mentre nel secondo scenario la riduzione del valore del rapporto sarebbe sostanziale, pari a 0,34 punti
percentuali.
Figura 1: Impatto del valore delle attività illegali sul rapporto deficit/Pil
Fonte: nostre elaborazioni
Traducendo in valori assoluti le percentuali riportate nella Figura 1, ceteris paribus, le attività illegali
determinerebbero un aumento del Pil tale da consentire, sempre nel rispetto del rapporto del 3,1% tra
deficit e Pil, di aumentare il deficit di un importo compreso tra 600 milioni (ipotesi minima) e ben 6,3
miliardi di euro (ipotesi massima).
Indipendentemente dal valore assegnato alle attività illegali, il rapporto deficit/Pil trarrà, dunque, un
beneficio dall’introduzione di tali attività. Questo vantaggio non è, però, senza costi. Ad esempio, le
difficoltà di stima di queste attività renderanno inevitabile il ricorso a assunzioni non soltanto arbitrarie ma
anche variabili da paese a paese, con la conseguenza di vanificare i molti sforzi profusi per raggiungere la
tanto auspicata comparabilità internazionale dei dati.
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