AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI XXXVII CONVEGNO NAZIONALE, 10-13 SETTEMBRE 2008, UNIVERSITÀ DI ROMA “LA SAPIENZA” PROBLEMATICHE DI MISURA DELLE TENSIONI RESIDUE CON IL METODO DEL FORO NEI PRESSI DELLA SUPERFICIE E. Valentinia, A. Benincasaa, L. Bertinib, M. Beghinib, C. Santusb* a SINT Technology srl, via Giusti, n. 229 – 50041 Calenzano (FI) Università di Pisa, Dipartimento di Ingegneria Meccanica Nucleare e della Produzione, via Diotisalvi, n. 2 – 56126 Pisa. * e-mail: [email protected] b Sommario Nel presente lavoro vengono analizzate le problematiche di misura del metodo del foro, in particolare relative alla valutazione dello stato di tensione ad una profondità inferiore a 100 μm. Il metodo del foro non può misurare correttamente lo stato di tensione oltre un valore di profondità circa pari al 50% del diametro del foro stesso, dato che lo stato di tensione rilassato ha una bassa correlazione con le deformazioni misurate in superficie. Al contrario, sarebbe lecito attendersi una misura accurata a bassa profondità. Nel presente lavoro si mostra sperimentalmente, che nonostante l’elevata sensibilità del segnale estensimetrico, intervengono altri fattori che sono causa di forti errori di misura, in particolare l’incertezza dell’effettiva profondità dei primi passi di foratura dovuta alla non planarità della superficie di fondo foro generata della superficie inferiore del tagliente della fresa, e all’eventuale non perfetta perpendicolarità dell’asse della fresa. Queste fonti di errore hanno un effetto molto marcato sulla misura a bassa profondità, mentre il loro effetto si riduce rapidamente a profondità maggiori. Al fine di mettere in evidenza l’errore di misura a bassa profondità, è stato utilizzato un banco di flessione in grado di generare uno stato di tensione di flessione noto con elevata accuratezza. Per confronto diretto fra lo stato di tensione misurato e quello di flessione atteso, viene visualizzato l’errore a bassa profondità. Infine, viene suggerita una semplice procedura di correzione dei dati, che si è mostrata in grado di ridurre notevolmente l’errore di misura a bassa profondità. Abstract In the present paper, hole-drilling method residual stress measurement error is investigated, specifically at relatively small depth (below 100 μm). Hole-drilling method is not accurate at hole depth over 50% the hole diameter approximately, since the relaxed stress is not well correlated to the relieved strain measured at the specimen surface. On the contrary, the hole-drilling measure should be accurate at low depth, but there are other sources of error that reduce the effect of good strain sensitivity, as experimentally demonstrated in the paper. More specifically, the not flat hole bottom surface, and the possible not perfect drilling tool axis perpendicularity are reasons of initial steps depth uncertainty, because the hole-drilling stress evaluation procedure considers each hole depth increment perfectly cylindrical. Fortunately, this kind of error quickly reduce at higher hole depths. In order to visualize the small depth stress measure error, a dedicated test rig was proposed to induce a bending stress distribution known with good accuracy, then to be measured through the hole-drilling technique. Finally, a simple and effective procedure is suggested in the paper, to remarkably reduce the small depth measure error. Parole chiave: Metodo del foro incrementale. Errore di misura. Osservazioni con microscopio ottico. XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008 1. INTRODUZIONE Il metodo del foro è una delle tecnica di misura delle tensioni residue più usata. Prevede l’esecuzione di un foro sulla superficie, centrato con un estensimetro a rosetta, precedentemente incollato sulla superficie del componente di cui si vuole determinare lo stato di tensione residua interna. Il metodo del foro viene solitamente classificato come ‘semidistruttivo’, in quanto il foro eseguito sulla superficie (generalmente di diametro intorno a 2 mm) non penalizza la resistenza strutturale del componente, se ad esempio la sollecitazione prevalente è statica, mentre al limite può essere eliminato mediante lavorazione, qualora possa essere causa di rottura, come ad esempio nel caso di sollecitazione a fatica. Un’altra tecnica abbastanza comune, ai fini della misura delle tensioni residue, è la diffrattometria a raggi X. Rispetto a tale tecnica il metodo del foro è sicuramente più economico, più semplice da usare, ed inoltre portabile ed eseguibile su campo, mentre la misura mediante raggi X può essere realizzata soltanto in condizioni di laboratorio. I componenti metallici più comuni hanno sempre un stato di tensione residua interno, più o mento marcato, fortemente dipendente dal processo tecnologico subito. In particolare, la profondità dello stato di tensione residua è fortemente dipendente dal processo tecnologico e/o trattamento superficiale eseguito. Ad esempio, il trattamento superficiale di pallinatura induce uno stato di tensione residua di compressione molto intenso ma poco profondo. Viceversa, la solidificazione stratificata di un componente metallico di un certo spessore, genera uno stato di tensioni residue con profondità elevata. Risulta quindi importante valutare il campo di validità della tecnica di misura anche in termini di profondità dalla superficie. Inizialmente, il metodo del foro è stato formulato nell’ipotesi che lo stato di tensione fosse uniforme nell’intera profondità di penetrazione del foro stesso. La norma ASTM E837-01e1 [1] propone una procedura di misura, e offre gli strumenti analitici per interpretare la prova, nel caso di tensione residua uniforme, o approssimativamente assunta come tale fino alla massima profondità del foro. Nonostante l’ipotesi di uno stato di tensione residua uniforme, la norma prevede di rilevare le deformazioni rilassate a varie profondità del foro, piuttosto che eseguire un unico passo di foratura e misurare le deformazioni rilassate alla massima profondità. In linea di principio, la misura delle deformazioni rilassate a profondità diverse, offre informazione per determinare il profilo della tensione residua, alle varie profondità. Infatti, la versione più recente della norma (ASTM E837-08) [2] propone una procedura di calcolo (detto ‘metodo integrale’) che permette di ottenere la distribuzione delle tensioni residue, partendo dalla misura delle deformazioni rilassate, ai vari passi di foratura. La possibilità di realizzare un gran numero di passi incrementali di foratura, sembrerebbe offrire l’opportunità di avere una misura della distribuzione di tensioni residue con elevata risoluzione, e quindi una misura ‘buona’ o per lo meno migliore rispetto al caso in cui si esegua un numero ridotto di passi di foratura. In realtà il metodo del foro è fortemente sensibile ad una molteplicità di perturbazioni, in particolare all’errore di misura degli estensimetri. La sensibilità agli errori estensimetrici è tanto maggiore quanto più ravvicinati sono i passi di foratura. Per cui, eseguire molti passi di foratura, effettivamente, permette di ottenere elevata risoluzione di misura, ma allo stesso tempo genera elevata sensibilità agli errori, che può arrivare a vanificare la migliore risoluzione ottenuta. In definitiva è necessario valutare una scelta di compromesso fra risoluzione e sensibilità agli errori estensimetrici, come evidenziato da Schajer and Altus [3]. Inoltre, Zuccarello [4] ha approfondito questo problema ed ha quantificato la sensibilità all’errore in funzione della frequenza dei passi di foratura, suggerendo una spaziatura ottimale in modo da distribuire uniformemente la sensibilità agli errori di misura. Oltre agli errori di misura estensimetrici, il metodo del foro subisce l’effetto anche di altre cause di errore: • incertezza dell’effettivo diametro del foro eseguito; • eccentricità del foro, rispetto al centro della rosetta estensimetrica; • incertezza della posizione di inizio foratura; • errori nella misura delle profondità. La norma Ref.[5] (definita come ‘good practice’) esamina tutte queste problematiche, sulla base dell’esperienza di più laboratori (prevalentemente Inglesi), e individua delle linee guida per cercare di limitare l’effetto degli errori appena citati. Inoltre, Schajer e Altus [3] analizzano anche queste altre fonti di errore, e fanno notare che: mentre l’incertezza della misura estensimetrica introduce un errore di misura della tensione residua di tipo additivo, le altre cause di incertezza generano un errore di XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008 misura delle tensioni residue di tipo proporzionale, ossia legato al valore delle tensioni stesse che devono essere misurate. Come ben noto il metodo del foro ha una differente sensibilità in funzione della profondità. La necessità di misurare le deformazioni rilassate in superficie è causa del fatto che la sensibilità del metodo è maggiore a profondità basse, mentre si riduce per profondità maggiori. Questo effetto è il principio stesso di de Saint Venant, secondo il quale gli effetti deformativi della sollecitazione si smorzano all’aumentare della distanza. In definitiva, uno stato di tensione ad elevata profondità, che viene rilassato dall’introduzione del foro, produce un effetto ridotto sulla deformazione in superficie. Al contrario, sembrerebbe lecito attendersi che il metodo del foro sia invece in grado di misurare molto bene le tensioni a basse profondità. In realtà per profondità basse intervengono altri tipi di errore: forma del foro, incertezza della posizione di contatto iniziale, e quindi non accurata misura della profondità nei primi passi di foratura, tanto da vanificare l’elevata sensibilità del segnale estensimetrico. Nel presente lavoro viene affrontata questa problematica, confrontando la misura fornita dal metodo del foro con uno stato di tensione noto con accuratezza, in modo da visualizzare sperimentalmente l’errore di misura a bassa profondità. Il metodo del foro richiede un’elaborazione analitica per dedurre lo stato di tensione sotto la superficie. Tale elaborazione viene spesso indicata come ‘problema inverso’, dato che si determina lo stato di tensione che avrebbe dovuto essere presente, prima dell’esecuzione del foro, in grado di causare le deformazioni rilassate misurate in superficie. Esistono due tecniche di risoluzione del problema inverso: il metodo integrale [2,6] e il metodo delle funzioni spline [7,8]. Secondo il metodo integrale viene valutato uno stato di tensione, assunto uniforme per ogni passo di foratura. Invece il metodo delle funzioni spline introduce un passo di calcolo sovrapposto a più passi di foratura, su ciascun passo di calcolo la distribuzione di tensioni residue cercata ha una forma polinomiale e i coefficienti del polinomio vengono valutati in modo da minimizzare lo scarto quadratico in termini di deformazioni rilassate. Al fine di utilizzare la tecnica a spline è necessario avere a disposizione delle funzioni di influenza (Influence Functions, IF, determinate in modo dettagliato in Ref.[8], mediante analisi agli elementi finiti), piuttosto che i coefficienti di calibrazione, utilizzati dal metodo integrale. Da un punto di vista numerico la soluzione è notevolmente instabile utilizzando il metodo spline con gradi di polinomio elevati anche se con passi di calcolo che comprendono molti passi di foratura. Nel presente lavoro si determina lo stato di tensione mediante l’utilizzo di una spline lineare (grado del polinomio: 1), con un passo di calcolo pari a tre passi di foratura. 2. BANCO DI FLESSIONE Al fine di generare uno stato di tensione noto, e quindi verificare la misura del metodo del foro, è stato messo a punto un banco di flessione, che sia in grado di imprimere uno stato di sollecitazione controllato ad un provino su cui eseguire la procedura di misura mediante il metodo del foro. L’attrezzatura usata consiste in un elemento di elevata lunghezza, incastrato ad un’estremità e fissato ad un attuatore pneumatico all’altra estremità. L’attuatore pneumatico esercita una certa forza F che viene misurata da una cella di carico. Il provino, su cui viene eseguita la misura è posizionato nella parte centrale dell’elemento longitudinale, Fig.1. Maggiori dettagli sull’attrezzatura a flessione e sullo strumento RESTAN, in grado di eseguire il foro a passi incrementali e acquisire le deformazioni rilassate, sono disponibili nei Riff.[9,10]. Lo stato di tensione di flessione indotto nel provino ha una distribuzione lineare, come ben noto dalla teoria delle travi, e in superficie la tensione di flessione è pari a: σB = 6 Fb wh 2 (1) In cui w, h sono rispettivamente larghezza del provino e spessore. Tuttavia, lo stato di tensione di flessione si sovrappone alle tensioni residue incognite. Viene quindi eseguita una doppia misura, sia quando il carico di flessione non è applicato, sia quando il carico di flessione è presente, per ogni profondità del foro. In questo modo è possibile separare i contributi di deformazioni rilassate: XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008 ε i RS ( z j ) = ε i ( z j ) (1) ε i Be ( z j ) = ε i F ( z j ) − ε i ( z j ) − ε i F (0) In cui ε i RS ( z j ), ε i Be ( z j ) sono rispettivamente le deformazioni rilassate misurate dalle tre griglie i = 1, 2,3 , dovute alla tensione residua e alla flessione, rispettivamente, ai vari passi di foratura j . Step motor Optical microscope for eccentricity Fixed end RESTAN, positioning and drilling equipment Specimen Specimen F b Load cell ~ 600 mm Pneumatic actuator Basement (a) (b) Figura 1: (a) Attrezzatura utilizzata. (b) Schema del provino. Le prove riportate nel presente lavoro sono state eseguite su campioni in alluminio, precedentemente sottoposti a tre differenti trattamenti superficiali di pallinatura, di diversa entità. In questo modo è stato possibile eseguire sia misure di tensioni residue (non riportate nel presente lavoro), sia appunto la verifica della misura sulla base della tensione di flessione di riferimento. Step motor Depth dial gage Depth dial gage Step motor Drilling tool (a) (b) Figura 2: (a) Utilizzo di un comparatore digitale (millesimale) per la misura di profondità. (b) Schema del montaggio e di misura. XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008 2.1. Misura delle profondità del foro Lo strumento RESTAN permette di imporre una spaziatura dei passi di foratura controllata, mediante un motore a passi che guida un cinematismo a vite. Solitamente, nella procedura di calcolo del problema inverso, si utilizzano semplicemente le profondità nominali del foro, dato che le effettive profondità dei vari passi di foratura non possono essere misurate. In Fig.2 si rappresenta lo strumento usato, che oltre ad avere un motore a passi per imporre gli incrementi di profondità di foratura, ha anche la possibilità di utilizzare un comparatore digitale millesimale e misurare l’effettivo abbassamento del mandrino che sostiene la punta (o utensile) di foratura. È stato verificato che la differenza fra questa misura di profondità e il valore nominale è di pochi micron (scostamento massimo circa 10 μm), e tale differenza si concentra prevalentemente sui primi passi di foratura, mentre poi si mantiene tale per il resto della profondità di foratura, Fig.3. Questo scostamento è presumibilmente dovuto al recupero del gioco nell’accoppiamento vite-madrevite del motore a passi. Ovviamente, in termini relativi, un errore di 10 μm è trascurabile per un foro di profondità pari a 100 μm, mentre è sicuramente rilevante nei primi passi con 20 μm di incremento. 0.2 Nominal depth Dial gage measure 0.5 0.1 Depth [ mm ] Depth [ mm ] 0.15 10μm 0.05 0 0 Nominal depth Dial gage measure 0.4 0.3 0.2 0.1 0.05 0.1 0.15 Depth [ mm ] 0.2 0 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 Depth [ mm ] (a) (b) Figura 3: Scostamento fra profondità nominale e profondità rilevata dal comparatore: (a) intervallo 0.0-0.2 mm, (b) intervallo 0.0-0.5 mm. 3. EVIDENZA DELL’ERRORE DI MISURA A BASSA PROFONDITA’ Lo stato di tensione di flessione, generato mediante il banco precedentemente descritto è stato riprodotto, sia utilizzando la distribuzione di profondità nominale, sia quella misurata dal comparatore. In Fig.4(a) si mettono a confronto i risultati ottenuti. Si può notare che utilizzando la deformazione misurata, rispetto a quella nominale, si introduce un miglioramento della riproduzione dello stato di tensione. Tuttavia, in entrambe le soluzioni si nota un evidente errore in corrispondenza del primo passo di calcolo pari a 0.050 mm. Una visualizzazione più immediata della misura del metodo del foro si può ottenere confrontando le deformazioni rilassate misurate con quelle attese. Le deformazioni attese possono essere ottenute analiticamente conoscendo lo stato di tensione (flessione nota), mediante le funzioni di influenza. Questo calcolo è definito come ‘problema diretto’ in quanto si determinano le deformazioni prodotte dall’introduzione del foro. Questo tipo di confronto è più immediato dato che non richiede nessun tipo di interpretazione e/o scelta di rappresentazione, a differenza del problema inverso in cui è necessario scegliere l’ampiezza del passo di calcolo e il grado della spline. In Fig.4(b) è riportato il confronto in termini di problema diretto. Le deformazioni rilassate vengono rappresentate alle profondità misurate (piuttosto che a quelle nominali). Si nota che le deformazioni rilassate misurate mostrano una sorta di ‘ritardo’ rispetto alle deformazioni rilassate attese. Ovviamente, avendo deformazioni inizialmente più basse di quelle attese, si deduce una tensione molto più bassa rispetto a quella attesa, come evidentemente mostrato in Fig.4(a). In altre parole le Fig.4(a) e Fig4(b) sono coerenti, fra loro, tuttavia XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008 il ritardo dell’andamento delle deformazioni rimane una problematica da investigare. Da notare che questo effetto è maggiormente amplificato se si considerano le profondità nominali piuttosto che quelle misurate. Bending stress [ MPa ] 100 5 Reference bending Nominal depth Dial gage depth 80 1st calculation step 2nd calculation step 0 60 −5 40 −10 20 −15 0 0 0.2 0.4 0.6 Depth [ mm ] 0.8 1 Bending rel. strain Analytical −20 0 0.02 0.04 0.06 Depth [ mm ] 0.08 0.1 0.12 (a) (b) Figura 4: (a) Confronto fra tensione di flessione di riferimento, tensione calcolata considerando le deformazioni nominali, e tensione calcolata considerando le tensioni misurate dal comparatore. (b) Confronto fra deformazioni rilassate misurate e deformazioni attese. 3.1. Cause di incertezza della profondità dei primi passi del foro Lo zero setting è l’istante in cui l’utensile di foratura arriva a contatto con la superficie metallica da forare, rispetto al quale vengono quantificate le profondità. L’attrezzatura utilizzata dispone di un sistema elettrico in grado appunto di determinare il contatto fra punta di foratura e superficie metallica, mediante la chiusura di un circuito. Il motore a passi avanza lentamente, mentre la fresa ruota, fino all’istante in cui si manifesta il contatto elettrico. Ovviamente, questo sistema può funzionare solo con materiali metallici che siano in grado di condurre l’elettricità. Nella prova mostrata in Fig.4 la tecnica del contatto elettrico è stata utilizzata. La più intuitiva spiegazione del ritardo delle deformazioni rilassate è un possibile prematuro zero setting, tuttavia il presente studio ha portato alla luce problematiche diverse. Drilling tool axis Drilling tool axis ≠ 90° Specimen Specimen Not flat bottom surface (a) (b) Figura 5: (a) Non perfetta perpendicolarità dell’asse dell’utensile rispetto alla superficie del provino. (b) Non perfetta planarità della superficie inferiore del tagliente. Per comprendere meglio come si manifesta il contatto iniziale è stato ripetuto l’appostamento della punta di foratura fino all’istante di contatto elettrico, su campioni con superficie libera, ossia senza l’applicazione della rosetta estensimetrica. Successivamente, è stata visualizzata la lieve impronta di foratura lasciata sul provino. Generalmente l’impronta è un settore circolare, oppure talvolta un cerchio di dimensione inferiore al diametro finale del foro. Nel caso di un settore circolare l’evidente motivo è la non perfetta perpendicolarità dell’asse del foro rispetto alla superficie del provino, schematizzata in Fig.5(a). Un errore di soltanto 1° di perpendicolarità produce un disallineamento di XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008 circa 0.015 mm (15 μm) fra il primo punto di contatto e il centro della fresa. Tale disallineamento è quasi un intero passo di foratura, in cui invece di rimuovere un volume di materiale cilindrico viene di fatto rimosso un volume inferiore e non concentrico con la rosetta. Nel caso di impronta a forma di piccolo foro, inferiore al diametro finale, la spiegazione è da ricercarsi nella non perfetta planarità della superficie inferiore del tagliente, Fig5(b). L’effettiva ondulazione della superficie rappresenta evidentemente una causa di errore in termini di definizione dell’effettiva profondità del foro. Per visualizzare la morfologia della superficie inferiore dell’utensile, sono stati eseguiti più fori a varie profondità, successivamente il materiale è stato sezionato, è stato inglobato ed infine il profilo del foro è stato visualizzato con un microscopio ottico, Fig.6(a). Si può notare che l’intera escursione della superficie inferiore del tagliente è circa 40 μm. 500μm Δzb = 40μm (a) 10 μm Stress free region (b) 100 μm (c) Figura 6: (a) Non perfetta planarità della superficie inferiore del tagliente. (b) Ondulazione di effettiva rilevanza della superficie inferiore del foro. (c) Raggio di raccordo fra la superficie laterale ed inferiore del foro. È bene però sottolineare che la massima escursione di profilo del foro non è interamente da riportare in termini di errore di misura di profondità. Infatti, come mostrato in Fig.6(b), la parte centrale di materiale di fatto non è causa di resistenza elastica, dato che non è permessa una continuità delle tensioni nel piano in senso radiale. Per cui, l’effettiva incertezza di profondità, dovuta alla non perfetta planarità della superficie inferiore del foro, si riduce soltanto alla distanza, in direzione parallela all’asse, fra il punto più basso del profilo del foro e il punto più basso di diametro circa pari a quello esterno del foro. Nel caso del profilo di Fig.6(a) tale escursione è di circa 10 μm, come indicato in Fig.6(b), per il tipo di utensile mostrato, che coincide con quello utilizzato per ottenere i dati riportati nella Fig.4. Tuttavia, confrontando taglienti diversi, nonostante lo stesso disegno nominale, è possibile riscontrare delle differenze marcate della forma del profilo del foro generato e quindi l’effettiva escursione di profondità non è molto ripetibile. Un’ulteriore causa di incertezza, il cui effetto di nuovo si concentra sui primi passi di foratura, è la presenza di un raggio di raccordo fra la superficie inferiore e la superficie laterale del foro. Questo errore di geometria era già stato precedentemente investigato da Scafidi et al. [11] fornendo una XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008 procedura di correzione in funzione del raggio di raccordo. Nonostante la validità della procedura di correzione fornita, è stato osservato nel presente studio che l’effettivo raggio di raccordo è anch’esso non ripetibile. Infatti, cambiando l’utensile di foratura, anche se nominalmente dello stesso tipo e a parità di materiale forato, si possono ottenere raggi di raccordo notevolmente diversi. Per questo motivo, è difficile applicare una procedura di correzione, data l’impossibilità di conoscere l’effettivo raggio di raccordo, se non sezionando il foro dopo la prova ed eseguendo un’osservazione dedicata con il microscopio ottico. Confrontando la Fig.6(a) con la Fig.7(a), ottenuta con un altro utensile di foratura nominalmente uguale al precedente, si nota che nella seconda immagine non si distingue un vero raggio di raccordo, ma piuttosto due smussi che convergono con un angolo maggiore di 90° e che quindi approssimano lo spigolo vivo del fondo foro. Nella Fig.6(a) appare invece evidente che lo spigolo di fondo dell’utensile è generato da due smussi di angolo inferiore a 90°, quindi la punta non avendo una guida conica durante l’avanzamento ha avuto la possibilità di avanzare oscillando lateralmente, generando in corrispondenza del fondo foro un’approssimazione di un raggio di raccordo. 500μm (a) 500μm (b) 500μm (c) Figura 7: Differenti morfologie di profili generate da utensili di foratura diversi. Inoltre, è presumibile che un certo raggio di raccordo possa essere generato dall’usura dello spigolo del tagliente, in particolare nel caso in cui venga forato un materiale di elevata durezza, come ad esempio un acciaio temprato. È bene ricordare che nel presente lavoro è stato invece forato alluminio e quindi è da scartare l’ipotesi di un effetto di usura dello spigolo del tagliente. Tuttavia, un eventuale effetto di usura produrrebbe un raggio di raccordo soltanto ad elevate profondità del foro, piuttosto che ai primi passi. In Fig.7(b) si mostra il profilo generato da un altro tagliente dello stesso tipo del precedente, da notare che in questo caso la zona centrale è pressoché piatta e si distingue un raggio di raccordo estremamente piccolo. Il confronto fra la Fig.7(a) e la Fig.7(b) è stato riportato per documentare le possibili differenti geometrie che possono effettivamente avere i taglienti. Infine, in Fig.7(c) si mostra il profilo generato da un tipo di punta molto diverso dai precedenti, in cui è presente un abbondate smusso, all’incirca a 45°. Oltre allo smusso, questo tipo di profilo presenta un notevole abbassamento centrale, di profondità circa pari a 30-40 μm. A differenza del profilo di Fig.6(a) e di Fig.7(a) XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008 l’abbassamento centrale non è messo in ombra ma è completamente esposto. Quindi, utilizzando una punta del tipo di Fig.7(c), necessariamente, i primi passi di foratura generano un foro di diametro molto inferiore rispetto a quello del foro finale, con conseguente manifestarsi di deformazioni rilassate quasi nulle. Inoltre, l’evidente smusso a 45°, di profondità pari a circa 200 μm, genera nei successivi passi di foratura deformazioni rilassate non nulle, ma comunque inferiori rispetto a quelle attese, ossia se il materiale asportato fosse un cilindro di diametro pari a quello massimo dell’utensile. In accordo a quanto mostrato in precedenza è lecito attendersi un’abbondante sottostima delle tensioni calcolate, utilizzando un utensile del tipo di Fig.7(c), per una profondità pari ad almeno 200 μm. Le immagini ottenute mediante microscopio ottico, precedentemente mostrate, hanno permesso sia di visualizzare la geometria della superficie inferiore del foro, ma anche di ottenere una misura più diretta dell’effettiva profondità, facendo riferimento ad una scala graduata, precedentemente visualizzata con lo stesso ingrandimento. Sono stati eseguiti e analizzati alcuni fori, e per ciascuno è stato possibile confrontare i valori di profondità nominale, profondità rilevata dal comparatore (secondo lo schema di Fig.2) ed infine l’effettiva profondità ottenuta dall’osservazione diretta con il microscopio ottico, a partire dal punto più basso del profilo del foro. Quest’ultimo valore è ovviamente da considerarsi la migliore misura di profondità. In Tab.1 si riportano i valori ottenuti per 8 provini, da cui si deduce che la misura realizzata dal comparatore è molto precisa, in quanto si discosta di pochi micron dalla misura con microscopio. Tabella 1: Confronto fra le profondità misurate. Foro # 1 2 3 4 Nominale [ mm ] 0.020 0.060 0.100 0.100 Comparatore [ mm ] 0.016 0.050 0.095 0.088 Microscopio [ mm ] 0.019 0.050 0.094 0.090 Foro # 5 6 7 8 Nominale [ mm ] 0.500 0.500 1.400 1.700 Comparatore [ mm ] 0.493 0.481 1.402 1.681 Microscopio [ mm ] 0.497 0.488 1.412 1.625 4. PROCEDURA DI CORREZIONE DELLA MISURA A BASSA PROFONDITA’ Data la non riproducibilità dei profili osservati, in funzione del tipo di punta, del tipo di materiale, dell’eventuale non perpendicolarità dell’asse dell’utensile di foratura rispetto alla superficie del componente, risulta difficile suggerire una procedura di correzione ‘a priori’. Ovviamente, non è possibile interrompere la foratura, per controllare la morfologia e l’effettiva profondità del profilo, dopo ciascun passo e riprendere il foro successivamente. L’unica via percorribile è correggere sulla base dei valori di deformazione rilevati. La correzione che viene suggerita nel presente lavoro prevede di introdurre un off-set dello zero setting, non per inaccuratezza del sistema elettrico di identificazione del primo contatto, ma piuttosto per i vari effetti di incertezza del profilo, precedentemente mostrati. Corrected zero depth 5 1st calculation step 80 2nd calculation step 70 0 60 50 −5 40 −10 −15 −20 0 Initial fitting points 30 20 Bending rel. strain Zero depth correction Analytical (offset) 0.02 0.04 0.06 z [ mm ] Bending stress 1st point correction Reference bending 10 0.08 0.1 0.12 0 0 0.2 0.4 0.6 z [ mm ] 0.8 1 (a) (b) Figura 5: Correzione: (a) Off-set dello zero setting. (b) Riproduzione dello stato di tensione, effetto della correzione introdotta. XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008 L’off-set dello zero setting può essere ottenuto approssimando linearmente i primi punti delle deformazioni rilassate misurate, come mostrato in Fig.8(a). In termini di tensioni, lo spostamento dello zero produce un evidente effetto benefico, mostrato in Fig.8(b), in cui si nota una più corretta riproduzione della tensione in corrispondenza del primo passo di calcolo. 5. CONCLUSIONI • • • • • • Sulla base di una tensione di riferimento nota è stato possibile valutare l’accuratezza della misura del metodo del foro, in particolare a basse profondità ( < 100 μm). In corrispondenza del primo passo di calcolo la tensione dedotta è notevolmente inferiore rispetto a quella attesa. Come possibile causa è stata dapprima considerata la differenza fra profondità del foro, piuttosto che le profondità nominali, tuttavia, è stato mostrato che l’effetto correttivo introdotto è limitato, rendendo quindi necessaria un’altra spiegazione. Sono stati eseguiti fori a varie profondità sia per verificare le profondità misurate stesse, sia soprattutto per investigare l’effettiva morfologia della superficie inferiore del foro. La non perfetta planarità della superficie inferiore e l’eventuale non perpendicolarità dell’asse dell’utensile di foratura, giustificano le basse deformazioni rilassate misurate, rispetto ai valori attesi, e quindi il conseguente errore di riproduzione dello stato di tensione a basse profondità. È stata quindi suggerita una semplice procedura di correzione: approssimando linearmente i primi valori delle deformazioni rilassate misurate e valutando l’intercetta con lo zero, è possibile ottenere una definizione di inizio contatto equivalente, che introdotta nella procedura di calcolo genera una migliore riproduzione dello stato di tensione. BIBLIOGRAFIA [1] Standard Test Method for Determining Residual Stresses by the Hole–Drilling Strain–Gage Method, 2001. ASTM E837-01e1. 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