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Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea
dell’Università Kore di Enna
IL QUADRO INTERNAZIONALE DEI DELITTI
D’ONORE: RIFLESSIONI ANTROPOLOGICHE
Simone Borile
Direttore Generale alla Scuola Superiore Universitaria per mediatori linguistici
CIELS di Padova, Gorizia, Mantova e Milano. Docente di Antropologia della
violenza e dell’aggressività presso il corso di Laurea in Scienze della
mediazione Linguistica
ABSTRACT: La configurazione del reato culturale d’onore si inserisce in una dinamica internazionale
in quanto, molto spesso, i Paesi sebbene muniti di un apparato giuridico volto a scardinare l’atroce
consuetudine, ignorano e sottovalutano gli episodi criminosi, adducendo, il più delle volte, a
comportamenti potenzialmente giustificabili in quanto volti a ripristinare la dignità del gruppo. La
valenza collettiva dell’azione distruttiva ha dei presupposti culturali che fondano le loro radici, nelle
tradizioni islamiche organizzate e strutturate in gruppi parentali tali da rendere l’azione a carattere
di imputabilità collettiva. Proprio per questa dimensione prettamente “collettiva” la possibilità di
evitare il giudizio e il relativo castigo diviene assai improbabile, data l’onda di vergogna che la
donna, culturalmente educata alla sottomissione e ai rischi derivanti da comportamenti inappropriati
e innocui, rischia di infondere sull’intera famiglia.
Il contatto con l’Occidente ha messo in atto delle spinte innovative positive, legate allo sviluppo
scientifico e tecnologico, nonché all’assunzione di idee e di ordinamenti istituzionali più o meno
democratici, che stanno producendo delle sensibili trasformazioni. Si pensi al lento processo di
democratizzazione delle società islamiche con l’introduzione di libertà civili e di elezioni libere,
seguite dagli osservatori internazionali.
Da una parte abbiamo una posizione che definiamo modernista-liberale, difesa da coloro che
scelgono la modernizzazione, facendo proprie le spinte innovative che aprono a un processo di
laicizzazione e di secolarizzazione delle società islamiche, sostenendo la necessità di emanciparsi
dalle forme e dalle concezioni proprie del patrimonio tradizionale musulmano.
Dall’altra parte abbiamo invece una posizione che definiamo fondamentalista-apologetica,sostenuta
da coloro che ribadiscono la validità perenne del modello musulmano classico, attribuendo l’attuale
stato di decadenza e arretratezza delle società islamiche non all’inadeguatezza di questo stesso
modello, che dovrebbe essere riformato, quanto invece alla mancata applicazione dei valori
musulmani in forme più sistematiche e coerenti.
Altri intellettuali invece, minoritari ma più coraggiosi, accettano il rischio di mettere in pericolo la
propria sicurezza personale, cercando di affrontare il problema del rapporto fra tradizione islamica e
rinnovamento da un punto di vista che non riduca la questione alla semplice accettazione o al rigetto
della modernità e della cultura occidentale, ma che apra a delle ipotesi di mediazione.
The configuration of cultural “honour” killing should be seen in the context of international
dynamics. Eventhough they have laws that could eradicate the appalling crime, national states often
ignore orunder estimate criminal episodes by explaining them with behaviours that can be justified by
the need to restore the dignityof a group. The cultural assumptions behind the collectiv evalue of such
www.koreuropa.eu
destructive acts are rooted in Islamic traditions based on family groups, whos every organizationand
structure make it possible to ascribe the crime to the collectivity. Itis this collective dimension that
makes it very difficult for the victim to avoid judgment and the ensuring punishment: the innocuous
and inappropriate behaviour of a woman, and the wave of shame that follows it, may indeed end up
disgracing the whole family.
The contact with the West has put into action innovative and positive pushes as far as scientific and
technological advances are concerned, and furthermore the introduction of more or less democratic
ideas and institutional systems that are producing substantial transformations. Think of the slow
process of democratization of Islamic societies with the introduction of civil liberties and free
elections monitored by international observers.
On one side we have a position which can be defined as modernist-liberal that has been taken by those
countries which have chosen the modernization according to the innovative pushes that open to a
process of laicization and secularization of the Islamic societies which sustain the need to get
emancipated from the forms and conceptions that belong to the traditional Moslem heritage.
On the other side we have a position that, on the contrary, can be defined fundamentalist-apologetic,
sustained by those people who believe in the perennial validity of the classical Moslem model, do not
attribute the present state of decadence and backwardness of the Islamic societies to the inadequacy of
this same model, which should be reformed, but to the non-application of the Moslem values in more
systematic and coherent ways.
Other intellectual people, a minority, but brave, accept the risk to put in danger their own personal
safety, trying to face the problem of the gap between the Islamic tradition and its renewal from a point
of view that doesn't reduce the matter to the simple acceptance or to the rejection of the modernity and
the western culture, but that is open to hypothesis of mediation.
1. I reati culturalmente orientati
Un reato culturalmente orientato è una condotta compiuta da un soggetto che si
conforma, mediante il suo comportamento, al contesto culturale di provenienza caratterizzato
da connotazioni distruttive e violente. È una disciplina violenta sostenuta culturalmente da
una collettività la cui attuazione diviene elemento di appartenenza a quel gruppo. In essa,
pertanto è facile attribuire una imputabilità collettiva culturale in quanto, proprio perché
precettata da una intera comunità culturale, essa si configura come un reato collettivo1.
La collettività, culturalmente parlando, si afferma mediante costrutti culturali e
interazionismi simbolici ai quali, proprio caratterizzati per la loro interrelazione sociale,
affidano a comportamenti e tradizioni semantiche talora afferenti alla sfera illegale per la
cultura occidentale. Sebbene essi vengano negoziati, rivisiti e accettati, consentono al singolo
individuo l’affiliazione all’appartenenza a quel gruppo evitando una pericolosa e
imbarazzante esclusione. Non solo, il mancato raggiungimento dell’azione culturale
1
BAILIE, Violenza svelata: l’umanità al bivio, New York, 1995.
criminogena comporterebbe, al soggetto, un’esclusione sociale dal gruppo compromettendolo
all’esposizione di possibili ritorsioni o punizioni in quanto “infedele” alle tradizioni. La
violenza, quindi, diviene elemento caratterizzante di alcune culture, le cui tradizioni
sopravvivono e si alimentano quotidianamente da azioni, condotte e comportamenti
legittimati dalla comunità ma ritenuti inaccettabili dalle culture differenti.
Tra i reati culturali, ovvero tra quei comportamenti culturali criminogeni sostenuti e
promossi culturalmente (e condonati) da una comunità, si inseriscono a pieno titoli i delitti
d’onore2.
Essi, denominati anche delitti di passione, trovano la loro valenza e attuazione nei
contesti in cui determinati comportamenti ritenuti inappropriati dalla famiglia di appartenenza
obbligano gli appartenenti alla stessa al ripristino dell’onore mediante un’azione punitiva,
sanzionatoria se non, come nella maggior parte dei casi, omicidiaria, quale unica soluzione
possibile.
Appartengono alla cultura dell’uomo da molti anni e non solo nelle culture afroasiatiche o medio orientali, ma anche nei Paesi occidentali, sebbene oggigiorno suddette
tradizioni a carattere punitivo siano circoscritte in alcuni territori ben precisi.
Il delitto di fede pertanto sopravvive in un contesto culturale in cui, la legislazione
vigente, consente o meglio non interviene direttamente, in quelle condotte che hanno leso
l’onore famigliare: pertantol’onore si configura con una importanza maggiore rispetto al
valore di una vita umana.
Tale delitto o c.d. passionale, si configura a pieno titolo come un’azione all’interno
della nomenclatura culturale scientifica dei reati culturalmente orientati: ovvero, azioni
criminogeneticamotivate principalmente da una educazione culturale e non da una
motivazione esclusivamente clinica3. In quanto reato culturale, esso assume le caratteristiche
di un comportamento violento sanzionatorio e punitivo nei confronti di un soggetto
prettamente di natura femminile. Il comportamento, in quanto collettivamente accettato,
acquisisce un’imputabilità collettiva non solo perché attuato da diversi autori di reato, bensì in
quanto condiviso e legittimato da soggetti plurimi. Non ultimo, nei casi in cui il reato si
2
3
BORILE, Nei labirinti dell’aggressività, Milano, 2013.
CAPIZZANO, Cervello e comportamento criminale, Roma, 2013.
realizzi, l’imputazione e la relativa condanna vengono attenuate, di norma,soprattutto in base
al Paese in cui il crimine viene consumato, da sentenze che prefigurano una detenzione dai
due ai sei mesi.
I soggetti che di norma si “autorizzano” (culturalmente e giuridicamente) a compiere un
delitto di onore sono famigliari oppure il coniuge secondo il quale, la donna avrebbe mediante
una sua condotta inappropriata e inadeguata, disonorato l’intero nucleo famigliare.
Un
disonore al quale l’uccisione della colpevole si conforma come unica possibilità,
culturalmente accettata, per la riacquisizione dello status onorifico del coniuge offeso e
dell’intera famiglia.
L’offesa subita dalla condotta acquisisce contorni e risvolti culturali e giuridici di
estremo interesse: culturali, in quanto si ritiene che il recupero dell’onore famigliare sia
riacquisito solo attraverso una punizione corporale a carattere pubblico e plateale. È
opportuno riflettere sulla platealità dell’azione punitiva: in essa devono prevalere
sostanzialmente alcuni elementi identificativi:
1)
la presenza tra gli “ spettatori” del coniuge e o del famigliare disonorato;
2)
la fermezza e la durezza con cui la folla aggredisce (punisce) la colpevole;
3)
l’imputabilità collettiva nell’uccisione della vittima.
Relativamente alla presenza di soggetti plurimi che partecipano alla lapidazione e o
all’uccisione, questa si configura come elemento imprescindibile, in quanto soddisfa
pienamente due componenti perdute: innanzitutto la famiglia intera è stata lesa dal disonore e
quindi è compito e dovere di tutta la famiglia compartecipare al recupero del valore perduto.
In secondo luogo, la spettacolarità della punizione è elemento di rinforzo, da parte del
famigliare disonorato, nel suo processo di riacquisizione dei valori dignitari perduti a causa
del gesto colpevole dell’infedele fedifrago.
Proprio per la suddetta motivazione, la fermezza dell’azione, requisito fondamentale per
il recupero dell’onore perduto,e quella della punizione, ristabiliscono l’ordine e i valori
famigliari infranti e riflettono la determinazione e la volontà nell’acquisizione di ciò che è
stato perduto, riconducendo ad un principio di estraneità il famigliare rispetto al
comportamento deprecabile del soggetto colpevole4.
La punizione che di fatto, si realizza mediante una azione collettiva famigliare vede la
partecipazione del coniuge disonorato, dei membri della famiglia, figli inclusi e parte della
comunità volta ad assistere e a sostenere la punizione dovuta. Spesso, la presenza dei vicini
soddisfa un ruolo funzionale-organizzativo tale danon consentire al soggetto di allontanarsi o
di sottrarsi alla punizione rieducativa.
Anche i figli prendono parte al martirio della madre, in quanto educati dalla stessa,
mediante la trasmissione di precetti di obbedienza distruttiva della figura della donna (di
qualsiasi età) e sarà proprio la partecipazione all’atto, a consacrare la loro educazione
valoriale di superiorità del soggetto maschile nei confronti di quello femminile. Il gesto
quindi, di natura collettiva, assume una dinamica tipica di rito sacrale. L’azione violenta è
vista come imprescindibile e la sua esecuzione avviene tramite modalità rituali previste dalla
cultura del luogo. Di sovente, è il famigliare più anziano a procedere all’atto definitivo in
quanto meno perseguibile dalla legge e, in ogni caso, soggetto ad una sanzione più ridotta
rispetto a quella di un giovane.
Le donne,concepite come estensione del dominio e del potere maschile, sono proprietà
della famiglia e della comunità, non hanno un’identità autonoma, non sono soggetti autonomi
e indipendenti, e non godono di alcuno status giuridico. In quanto prodotto di appartenenza
all’uomo e dell’uomo ogniqualvolta esse violano le regole comunitarie, l’uomo si sente
minato nella propria identità. Tale concetto di possessoviene insegnato,infondere questi
principi anche nei loro figli, pena aver fallito nel ruolo di madre e di educatrice. Infatti la
gratificazione famigliare nel processo educativoavviene quando è lo stesso figlio, che
congiuntamente al padre, inizia e partecipaalla lapidazione. Coloro i quali compiono e
agiscono in nome e per conto al fine di recuperare l’onore famigliare, sono considerati eroi e
vittime del comportamento disonorante della donna.
Giova ricordare, però, che molti delitti d’onore avvengono a causa di denaro ed eredità;
questo è il caso in cui un fratello uccide la sorella, affermando che ella aveva commesso un
4
AYSE, Delitti d’onore. Storie di donne massacrate dai familiari, Torino, 2009.
atto tale da disonorare la famiglia, solo per ottenerne l’eredità,oppure casi in cui, il marito
intende liberarsi della moglie, in modo da sostituirla con un’altra donna.
Le modalità con le quali i delitti di onore si realizzano sono diverse: avvelenamento,
arma da fuoco,accoltellamento, soffocamento, o addirittura lapidazione, decapitazione,
pugnalamento, seppellimento (da vive) e non ultimo, molto diffuso solitamente in
Bangladesh, bruciatura con acido. Si contano circa cinquemila donne all’anno con particolare
aumento nell’ultimo decennio, rilevato probabilmente, grazie alle inchieste dei mass media
sui reati culturali perpetrati in Occidente. Tuttavia, sostengono attivisti e alcune
ONG,
se si
considera il fatto che spesso gli omicidi non sono segnalati, e quindi producendo un
incalcolabile numero oscuro, il numero delle vittime salirebbe almeno fino a 20.000 all’anno.
Molto spesso i carnefici, motivano l’uccisione della donna con un suicidio, in quanto
proprioperché illegale, condonato e proibito dalla religione, si cerca di giustificare tale
infamante consuetudine mediante un rapporto dei testimoni d’innanzi ad una precisa volontà
suicidaria della vittima. Le autorità, di sovente, accolgono questa versione per chiudere
facilmente il caso e poiché, in fondo, loro stesse sono frutto di un’educazione in cui il delitto
d’onore è considerato una tradizione inviolabile e da preservare.
1. Localizzazione del delitto d’onore
Tale forma di delitto è diffusa in tutti i paesi caratterizzati da una società rigidamente e
tradizionalmente patriarcale: infatti, questi assassini sono principalmente consumati nel
Medio Oriente, nei Balcani, nel Mediterraneo meridionale,tra indù e sikh in Asia meridionale
e nell'Occidente, come pure tra i cristiani e le altre minoranze in Medio Oriente. In questo tipo
di comunità patrilineari, la famiglia è la fondamentale base economica, politica e
socialedell’intera collettività. La continuità di tale struttura dipende dalle donne e dalla loro
capacità di partorire una prole legittima: da qui deriva il ferreo controllo del potere
riproduttivo e sessuale femminile. Generalmente, in queste società, i diritti individuali sono
subordinati a quelli del gruppo (KHUN) di cui si fa parte e le donne non godono della facoltà di
operare scelte autonome: è in questo contesto che esse, nel corso della loro vita, passano
dall’essere una proprietà dei loro padri ad essere una proprietà dei loro mariti.
Tuttavia, si pone la questione del perché i delitti d'onore oggi si registrano
maggiormente nel mondo musulmano e tra le comunità musulmane presenti in Occidente5.
Anche nel moderno Occidente le percentuali di suddette violenze sono in crescita: in
Gran Bretagna, in Belgio, in Russia, in Canada. Nel febbraio 2008, il quotidiano britannico
The Independent ha denunciato che annualmente nel Regno Unito sono vittime di cosiddetti
crimini di onore (rapite, segregate in casa, rese schiave, costrette a matrimoni combinati anche
all'estero, assassinate), ben 17.000 donne. Casi analoghi sono stati denunciati anche in Italia, a
Brescia ricordo l'assassinio di Hina Saleem6, uccisa dal padre e dai maschi della famiglia di
origini pakistane, per avere adottato stili e comportamenti “troppo occidentali”.La stessa
tragedia avvenuta di recente si ricorda come in Germania, a Berlino,dove una giovane ragazza
musulmana, con nazionalità tedesca, è stata assassinata dal
fratello, perché “si era
comportata come una tedesca”.
Relativamente al numero preciso dei delitti d’onore, la procedura di raccoglimento dati
si rivela estremamente difficoltosa, in quanto i casi non vengono riportati, in primo luogo per
evitare un disonore mediatico e in secondo luogoper l’elevato numero oscuro di reati che non
vengono denunciati, dichiarati o scoperti.
Interessante è l’analisi dei dati di una ricerca risalente al 2013 dell’Università di
Cambridge, pubblicata sulla rivista di criminologia Aggressive Behavior. Lo studio, condotto
da alcuni ricercatori dell’Istituto Universitario di Criminologia, ha rivelato, infatti, che quasi
la metà dei ragazzi ed una ragazza su cinque, credono che l’omicidio di una figlia, di una
sorella o di una moglie, che ha disonorato la famiglia, sia giustificato. I ricercatori hanno
intervistato più di 850 studenti di Amman, evidenziando che il 33,4% si sono dichiarati
“d’accordo” o “fortemente d’accordo” con il delitto d’onore. Inoltre, tra gli adolescenti
provenienti da contesti sociali dove l’educazione scolastica è più bassa, il 61% ha dichiarato
di essere favorevole al delitto d’onore. Al contrario, in quei contesti familiari in cui vi è
almeno un laureato, favorevole a tale pratica è solo il 21,1%, dimostrando come l’educazione
scolastica sia un elemento importante. Gli studiosi riferiscono che tale pratica non è correlata
5
6
KILANI, RIVERA, GALISSAT, L’imbroglio etnico: in quattordici parole-chiave, Bari, 2001.
AYSE, Delitti d’onore. Storie di donne massacrate dai familiari, Torino, 2009.
alla religione, ma piuttosto a tradizioni collegate ad una società patriarcale7, a un sistema
valoriale tradizionale e conservatore, nell’enfasi posta sulla necessaria “virtù” femminile e
nella generale convinzione che la violenza contro gli altri è moralmente giustificata. Come
ribadito dal professore Manuel Eisner, che ha diretto lo studio: “mentre traspare che ad
essere più favorevoli al delitto d’onore siano i ragazzi cresciuti in famiglie tradizionali e con
un basso livello di istruzione, abbiamo notato che anche una sostanziosa minoranza
femminile ben istruita così come teenager non religiosi lo considerino moralmente legittimo,
il che suggerisce un persistente quanto esteso appoggio della società domestica alle norme
della tradizione”.
2. Presupposti teologici
È opportuno considerare eventuali aspetti giuridici tali da comprendere in pieno
l’elemento culturale omicidiario se realmente avvalorato dalla religione di appartenenza.
Nel diritto islamico, la presenza dei delitti d’onore, viene regolamentata o quanto meno
citata. Innanzitutto, giova ricordarlo, come il diritto islamico sia contenuto nelle rivelazioni
fatte a Maometto e non in una attività giuridica affidata a legislatori. Il Corano quindi, testo
sacro e rivelatorio per gli islamici, è il documento di partenza attraverso il quale, Maometto
interpretando le parole rivelatorie di Allah avrebbe trascritto circa 300 versi su cui l’intero
apparato giuridico civile e penale arabo avrebbe dovuto reggersi. Da questi trecento versi, le
scuole giuridiche e il legislatori avrebbero interpretato, estendendo la semantica giuridica di
quanto affermato da Maometto, dandone più spazio e coprendo vari ambiti della vita civile,
ovunque esso si trovi. A questo proposito, si ricordi come il diritto islamico abbia valenza su
tutti coloro i quali adottino la religione musulmana a prescindere dal luogo fisico in cui essi si
trovino. Contrariamente alla giurisprudenza occidentale secondo cui la condotta illegale
risponde alla giurisdizione del Paese ove si è svolta, per il diritto islamico l’atto compiuto da
un fratello musulmano dovrà essere giudicato, altresì, dalle autorità musulmane a prescindere
da territorio in cui è stato consumato l’atto. Da qui, esso si configura come un diritto di
7
CHAPMAN., Lo stereotipo del criminale. Componenti ideologiche e di classe nella definizione del crimine,
Torino, 1971.
sangue acquisito e inscindibile, preposto alla somma autorità degli anziani (dei villaggi) o dei
padri nelle grandi città. Per intenderci: una azione illegale compiuta in Germania verrebbe
giudicata dai tribunali tedeschi infliggendo la relativa pena, ma non percepita tale dalle
autorità culturali consuetudinarie musulmane. Molto spesso, nei casi soprattutto dei delitti
d’onore, le azioni criminogene svolte da musulmani per la salvaguardia e il ripristino
dell’onore perduto, viene condonato se non addirittura premiato da alcune autorità musulmane
di relativa appartenenza.8
Il diritto islamico quindi nasce dall’interpretazione ontologica del libro di Maometto e
dall’estensioni semantiche dei giuristi che ampliano gli ambiti giuridici secondo i precetti
presenti all’interno del Corano9. Tuttavia però, la legislazione musulmana non si basa solo su
realtà giuridiche legiferate da uomini dello Stato, bensì da tradizioni orali di origine popolare
e locale. Suddette tradizioni, vere e proprie scuole di pensiero religioso e morale, sono
tramandate oralmente e sono negoziate dagli anziani attraverso contesti e percorsi molto
spesso considerati più vantaggiosi ed opportuni. Trattandosi quindi di norme applicate
all’occorrenza esse, sebbene sostenute da precetti religiosi condivisi, vengono costantemente
riviste, rimodulate, adottate in base ai soggetti, ai reati commessi e alla tipologia degli stessi.
Le fonti del diritto islamico, pertanto si basano su due differenti provenienze: la prima, la
religione di stato, quella Coranica considerata divina, quella ideale, professata da Maometto e
precettata dai giuristi ed estesa a tutto il territorio islamico; la seconda, quella di tradizione
locale, veicolata oralmente, più concreta e più vicina ai bisogni e ai pensieri della gente.
Il diritto islamico, quindi, deve rispondere a due diverse nature giuridiche che
convergono soprattutto nelle decisioni e nelle sentenze giuridiche. Si tratta quindi di obiettivi
che devono essere condivisi e che spesso si intrecciano quantomeno, si ascoltano nella fase
giudiziaria della pena10. Non dimentichiamoci che i legislatori e i giudici sono loro stessi figli
di un patrimonio culturale locale estremamente impregnato, creduto e vissuto dal territorio al
quale difficilmente riescono a disgiungere nella loro valutazione giuridica dai precetti del
8
In questo caso, il fenomeno avviene soprattutto nei casi in cui il soggetto appartenga a un gruppo culturale
territorialmente localizzato in una zona rurale, lontano dai tribunali delle grandi città.
9
GIRARD, La violenza e il sacro, Milano, 1980.
10
DE MAGLIE, Società multiculturali e diritto penale: la cultural defense, in DOLCINI, PALIERO (a cura di),
Scritti in onore di Giorgio Marinucci, Milano, 2006, vol. I.
diritto di stato. Le consuetudini, le ‘urf, trovano elementi di convergenza congli ‘Ulama, i
teologi-giuristi, i quali hanno l’obbligo di negoziare le istanze tribali e adeguarle alle istanze
divine, utopiche, quelle appunto Coraniche.
Le consuetudini vengono riformulate, negoziate, tramandate oralmente: esse
rappresentano la decentralizzazione del potere di stato, e l’indipendenza dell’esercizio della
formulazione di sanzioni e legalità
L’ordine sociale dello Stato islamico comprende tre principi indissolubili: una
uniformità di sangue, una uniformità territoriale e una uniformità progettuale.
La prima auspica ad un unico stato (uniformità territoriale), composto da fratelli
musulmani (unità di sangue) con obiettivi e finalità condivise (uniformità progettuale).
La famiglia è la rappresentazione dell’unione dei tre principi coranici. La famiglia gode,
quindi, di pieni diritti. La famiglia è un’unione indissolubile in cui non vi sono soggetti
maschili e o femminili bensì esiste un “Noi”; è un gruppo, un clan diretto da una figura
autoritaria, un capo chiamato Khun la cui discendenza non dipende da legami di sangue ma da
altrettante qualità proprie di un leader.
3. Risposte giuridiche al delitto d’onore
La violenza contro le donne, purtroppo, non è un fenomeno nuovo. Essa si verifica in
tutti i Paesi e in tutte le società, ma le società differiscono tra loro nella loro risposta legale a
tale fenomeno. In epoca moderna, il mondo occidentale utilizza il diritto penale al fine di
condannare la violenza contro le donne. Ci è voluto del tempo per riconoscere dei diritti,
specie quando alle spalle c’è una tradizione, una cultura millenaria. In Gran Bretagna, al
marito era permesso di violentare sua moglie11, e ciò non è stato considerato un reato fino al
1991, quando la legge fu cambiata.
Se pensiamo all’Italia, il delitto d’onore era previsto dal Codice Penaleall’art. 587:
“Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre
la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo
o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi,
11
FROMM , L’arte di amare, Milano, 1991.
nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale
col coniuge, con la figlia o con la sorella”, ma è stato abolito nel marzo del 1981.Veniva
sanzionato con pene attenuate rispetto all’analogo delitto di diverso movente, poiché si
riconosceva che l’offesa all’onore arrecata da una condotta “disonorevole” valeva di
gravissima provocazione e la riparazione dell’onore non causava riprovazione sociale, anzi,
l´assassino era un esempio per tutti, un vero uomo, un eroe che veniva sempre giustificato. Ad
esempio, è cronaca del 2006 l’uccisione a Messina di Bruna Morabito da parte del fratello
Giovanni che si è costituito dicendo: “Volevo uccidere mia sorella perché aveva infangato la
nostra famiglia, separandosi dal marito e facendo un figlio con un altro uomo”.
Relativamente ad uno scenario internazionale, i Diritti Umani e il Diritto
Internazionale12riconoscono i diritti degli immigrati nella loro diversità culturale poiché viene
riconosciuta lacentralità della cultura originale della persona nel processo di socializzazione e
nella formulazione della vita della persona stessa. Questo è il diritto di vivere in conformità
con la loro cultura, di agire secondo le proprie usanze culturali, di mantenere una vita sociale
e comunitaria in base alla loro cultura e di trasmettere il loro patrimonio culturale ai loro figli.
E finché preservare la cultura originaria non comporta alcuna violazione della legge, la
società ospitante non ha motivo di intervenire con mezzi legali;tuttavia, quando conservare la
cultura originale comporta la commissione di un atto che viene considerato un reato ai sensi
delle leggi del Paese ospitante. Come fenomeno mondiale, i crimini cultural-based includono
tutti i tipi di reato, ma soprattutto omicidi, reati sessuali e gravi lesioni corporali a donne e
bambine.
4. Delitto d’onore e femminicidio
Può il delitto di onore, la violenza esercitata da un uomo nei confronti di una donna
essere derubricato come una violenza domestica intrafamigliare13?
12
QUADRI, Diritto internazionale pubblico, Napoli, 1989, V ed; SINAGRA , BARGIACCHI , Lezioni di diritto
internazionale pubblico, Milano, 2009.
13
CHESLER , I delitti d’onore sono semplicemente violenza domestica?, Primavera, 2009.
Di fatto la maggior parte dei delitti d'onore non viene classificato e viene raramente
processato, sia perché non è riconosciuto in quanto tale sia perché le famiglie non vogliono
far sapere del disonore subito.
È
opportuno
quindi
differenziare
i
delitti
d’onore
dal
femminicidio
occidentale(uccisione di donne).
Si ritiene che la differenza tra i delitti d’onore di una volta e quelli passionali stia nel
fatto che i primi venivano commessi, oltre che dal marito, anche dal padre e dal fratello della
vittima per salvaguardare il presunto onore e lo status della famiglia all’interno della società,
mentre nei secondi l’azione lesiva e/o omicidiaria, verrebbe direttamente compiuta dal
partner. L’umiliazione e il tradimento risulterebbero essere le cause dei femminicidi; non
solo, mail disonore per essere stato lasciato, per aver cioè perso il controllo su una donna vista
come una proprietà, risulta essere tale da indurre il soggetto a compiere il gesto estremo.
Nella violenza domestica ordinaria occidentale non è frequente la tipologia omicidi aria
fratello-sorella, cugino-cugina, cosa che caratterizza enormemente i delitti d’onore.
Precisiamo che ci sono almeno due tipi di delitti d'onore e/o due differenti popolazioni
vittima. Il primo è quello relativo all’età della donna/ bambina uccisa.È molto raro, in
occidente, che non ci sono tracce culturali di padri occidentali che uccidano le figlie
adolescenti o giovani adulte. Non ci è noto di un qualsiasi uomo violento che sia aiutato a
commettere l'omicidio, da fratelli o cugini o da altri membri della famiglia. Occasionalmente,
i parenti dell'uomo possono essere in casa quando l'omicidio avviene, ma è piuttosto raro e,
soprattutto non partecipano a questi omicidi, nella pianificazione, nel perpetrarli, nel
giustificarli e nel valorizzarli.
La seconda tipologia di donne si caratterizza dall’età media di queste ultime di circa
trentasei anni, generalmente soggette a morti con tortura. I delitti d'onore di questo gruppo
potrebbe sembrare simile al femminicidio domestico di stile occidentale. La vittima è una
donna sposata più anziana, abitualmente una madre, che viene spesso uccisa da suo marito ma
pure da perpetratori multipli (30% dei casi), quali membri o della sua famiglia d'origine per
circa i due terzi dei casi, o quelli della famiglia d'origine del marito. Questo ultimo punto è
estremamente raro nel femminicidio domestico occidentale, in quanto il marito che uccide la
moglie in Occidente è raramente assistito dai membri della sua famiglia d'origine o dai suoi
parenti acquisiti. Le cause di questi omicidi sono sempre le stesse: esse sono accusate di
essersi troppo occidentalizzate.
Non ultima caratteristica, a differenza della maggior parte di violenza domestica
occidentale, i delitti d'onore vengono accuratamente pianificati dai saggi del villaggio o dal
khun famigliare; pianificazione collettiva che spesso non si riscontra negli omicidi
occidentali.La vittima è ripetutamente avvisata, anche per anni, che verrà uccisa se disonora la
sua famiglia qualora rifiuti un matrimonio combinato, o come detto prima, se troppo
occidentalizzata.
Inoltre solo i delitti d'onore coinvolgono molteplici membri della famiglia: padri, madri,
cugini maschi, zii, e a volte persino nonni commettono l'omicidio; anche altre figure possono
entrare in gioco tra cui madri e sorelle. Molto spessoalcune madri collaborano e pianificano
l'omicidio attivamente per poi assistere all'atto. In alcuni casi, anche i vicini di casa, i membri
della moschea impediscono alla donna di fuggire, riferendo dettagli sul luogo, dove si trova la
vittima e ostacolando le investigazioni della polizia. Possono essere scelti per effettuare
l'omicidio parenti molto anziani così da ridurre il tempo di detenzione, qualora venissero
presi.
Altro aspetto è la platealità dell’azione in questi delitti: i membri familiari li conducono
con eccessiva violenza, in scenari collettivi e con modalità estreme. Nei casi di violenza
domestica occidentale non sono presenti queste condotte omicidiarie.
In conclusione la violenza domestica raramente viene esaltata, persino dai perpetratori.
In Occidente, quelli che esercitano violenzanei confronti della donna vengono definiti e
giustificati in termini clinici. La reazione di coloro i quali salverebbero l’onore famigliare è
diversa, sono considerati comportamenti da eroi e vedono l'omicidio come adempimento ad
un'obbligazione religiosa; gli autori del reato non vengono socialmente stigmatizzati. Anzi
l’omicidio ha il suo effetto sociale previsto, permettendo alla famiglia di riguadagnare il suo
status sociale originario.
Si ritiene opportuno sottolineare come molteplici strutture occidentali non siano
preparate alla gestione dei crimini legati al delitto di onore. Inoltre, giova ricordarlo, le donne
vittime, cresciute culturalmente in un contesto di gestione di potere e di proprietà patriarcale,
ritengono giusto l’esistenza delle punizioni per il recupero dell’intero gruppo famigliare.
Considerando quindi l’azione criminogena coerente con la sua religione ed educazione, è la
donna stessa che esegue l'azione contro se stessa, ovviamente sostenuta da altri membri della
sua comunità.
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