Un diabete di tipo 1 inatteso fa fare una diagnosi complessa

annuncio pubblicitario
CASO CLINICO
Un diabete di tipo 1 inatteso fa fare una diagnosi complessa
Sasso FC, Salvatore T, Venafro M, Altruda C, Adinolfi LE
UOC di Medicina Interna, AOU Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli
Storia clinica
Una donna di 51 anni, R.P., operaia tessile, con ipertransaminasemia nota da circa 10 mesi (AST 2x, ALT 3x) e
positività per Ab anti-HCV, veniva sottoposta in regime di
Day Service Epatologico presso la nostra UOC di Medicina Interna della Seconda Università degli Studi di Napoli a studio con Fibroscan, per valutare il grado di fibrosi
epatica, che identificava uno score di 7, pertanto un
grado di fibrosi inferiore a F2. Lo studio con test di nuova
generazione consentiva di determinare il genotipo virale
dell’HCV identificandolo come di genotipo 2.
La paziente non presentava alcun segno di deficit della funzione biosintetica epatica: albumina, fibrinogeno, PT, aPTT,
pseudo-colinesterasi, bilirubina normale e frazionata,
gamma-GT e fosfatasi alcalina erano tutte nel range della
norma. Come atteso vi era al QPE un incremento policlonale delle gamma globuline (29%), ma con piastrine (180.000/ml), globuli bianchi (7650/ml) e HbA1c
(13,1 g/dl) nella norma, oltre a un aspetto ecografico leggermente megalico, ma con un eco-pattern di tipo “brillante”. Tutti questi elementi laboratoristici e strumentali,
insieme al riscontro del basso grado di fibrosi, facevano
escludere un’evoluzione cirrotica dell’epatopatia cronica.
La paziente presentava una funzione renale buona (GFR
calcolata con MDRD 91 ml/min/1,73 m2). Glicemia a digiuno 80 mg/dl. La funzione tiroidea, investigata di routine
in previsione della terapia antivirale, era normale e gli anticorpi anti-TPO non raggiungevano livelli patologici. All’ECG: ritmo sinusale, tracciato nei limiti della norma.
Lo specialista epatologo, sulla base del genotipo 2 e del
grado di fibrosi < F2, decideva, nel rispetto delle indicazioni dell’Associazione italiana per lo studio del fegato
(AISF), di avviare terapia con peg-interferone alfa-2a alla
dose di 180 µg sc alla settimana, in associazione alla te-
rapia con ribavirina (800 mg per os), con l’obiettivo di
continuare per 24 settimane tale terapia per ottenere
l’eradicazione del virus dell’HCV.
La paziente, come da protocollo terapeutico antivirale, veniva sottoposta a controlli clinici e laboratoristici ravvicinati durante i 6 mesi previsti di terapia e nel periodo
post-trattamento, con allestimento anche di una sieroteca
per i dosaggi dell’HCV-RNA.
A un mese dall’inizio della terapia, si riscontrava elevazione
degli anticorpi TPO (250 UI/ml), senza alcun disturbo funzionale della tiroide (FT3, FT4 e FTH nella norma).
A quattro settimane dall’inizio della terapia antivirale il livello delle transaminasi sieriche era rientrato nella norma
(< 40 UI/ml) e in particolare l’HCV-RNA ematico era diventato non dosabile (risposta virologica rapida), dato
che persisteva fino alla 24a settimana di terapia, a conferma di un completo successo terapeutico.
Nel contempo però insorgevano alcune manifestazioni
cliniche: a quattro mesi dall’inizio della terapia, la
paziente ha riferito scomparsa delle mestruazioni, fino allora regolari, e l’insorgenza di astenia lentamente ingravescente.
A 12 mesi dall’inizio della terapia, quindi 6 mesi dopo la
fine del ciclo con peg-interferone, la paziente riferiva comparsa di polidipsia, poliuria e perdita di peso per circa 34 settimane. A seguito di controlli ematochimici veniva evidenziata un’iperglicemia severa (692 mg/dl) e presenza di
marcata chetonuria (++++) allo stick urinario. Pertanto era
ricoverata presso la nostra UOC di Medicina Interna.
Anamnesi
La paziente negava familiarità per malattie del metabolismo. La sorella era affetta da tiroidite di Hashimoto.
Negava nell’anamnesi patologica remota condizioni
Corrispondenza: prof. Ferdinando Carlo Sasso, Policlinico Universitario dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Medicina Interna,
Padiglione 2, lato ovest, terzo piano, piazza Miraglia, 80131 Napoli • e-mail: [email protected]
Pervenuto il 26-01-2017 • Accettato il 07-02-2017
Parole chiave: diabete di tipo 1, sindrome polighiandolare autoimmune, interferone • Key words: type 1 diabetes, autoimmune polyglandular syndrome, interferon
Abbreviazioni: Ab, anticorpi; AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco; AISF, Associazione Italiana per lo Studio del Fegato; APS, sindrome polighiandolare autoimmune; BMI, body mass index, indice di massa corporea; DAA, directly acting antivirals, farmaci antivirali ad azione
diretta; FC, frequenza cardiaca; FSH, ormone follicolo stimolante; GADA, anticorpi acido glutammico decarbossilasi; GFR, glomerular
filtration rate, volume di filtrazione glomerulare; HbA1c, emoglobina glicata; IA-2A, anticorpi anti-tirosina fosfatasi IA-2; ICA, anticorpi
anti-cellule delle isole pancreatiche; IFN, interferone; LH, ormone luteinizzante; MHC, major histocompatibility complex, complesso
maggiore di istocompatibilità; PA, pressione arteriosa; TPO, anti-perossidasi tiroidea.
G It Diabetol Metab 2017;37:35-38
35
Sasso FC et al.
degne di particolare rilievo tranne un intervento di appendicectomia a 21 anni e l’epatopatia cronica nota.
Nonostante l’età, riferiva cicli mestruali regolari per frequenza e durata fino alla brusca interruzione nel corso
della terapia con IFN. Alvo nella norma. Riferisce poliuria
e polidipsia accompagnate a calo ponderale (5-6 kg) da
circa un mese. Negava assunzione cronica di farmaci.
Esame obiettivo
All’esame obiettivo la paziente si presentava leggermente
obnubilata ma collaborante e orientata nel tempo e nello
spazio.
Sui focolai cardiaci toni puri e pause libere. Sul torace FTV
normo-trasmesso, alla percussione suono chiaro polmonare con basi normo-espansibili, all’ascoltazione murmure vescicolare con assenza di rumori respiratori
patologici. Addome trattabile, piatto, cicatrice ombelicale normointroflessa, assenza di reticoli venosi superficiali, alla palpazione margine epatico debordante di circa
due dita trasverse dall’arcata costale destra, con superficie epatica liscia e consistenza nella norma, assenza di
liquido libero o saccato in cavo peritoneale. Milza palpatoriamente e percussoriamente nella norma. Cute rosee
e mucose rosee ma ipoumidificate. Sottocutaneo normorappresentatato. Riflessi osteotendinei normoelicitabili.
PA 100/60 mmHg, FC 85 b/min, ritmico, peso 55 kg,
altezza 168 cm, BMI 19,6 kg/m2.
Esami di laboratorio e trattamento
Un EGA documentava un’acidosi metabolica (pH 7,14;
HCO3– 14; anion gap 18) che era gradualmente corretta secondo il protocollo della nostra UOC (infusione di insulina
alla velocità di 0,1 UI/kg/h, reidratazione in rapporto al deficit idrico calcolato con soluzione fisiologica NaCl 0,9%
oppure 0,45% se l’osmolarità > 320 mOsm/mol, KCl in
funzione della kaliemia e del deficit calcolato di K). Appena
la glicemia raggiunge 250 mg/dl l’infusione di fisiologica
viene sostituita con glucosio isotonico al 5% per evitare il
rischio di edema cerebrale. In 48 ore la paziente passava a
uno schema insulinico sottocute basal bolus che inizialmente con 0,6 UI/kg/die di insulina le garantiva un adeguato controllo glicemico sia a digiuno sia postprandiale.
I dosaggi sierici evidenziavano: C-peptide a digiuno 0,5
mU/ml; HbA1c 10,6%; ipogonadotropismo con ormone
follicolo stimolante (FSH) 3,5 UI/l e ormone luteinizzante (LH) 2,5 UI/l; cortisolo sierico basale e ACTH erano
2,4 mg/dl (range normale 4,1-22,4) e 2,5 pg/ml (range
normale 6,1-55,0); positività degli autoanticorpi antiipofisi dosati mediante test all’immunofluorescenza (positivo per 1:16 di diluizione); positività degli anticorpi
anti-cellule delle isole pancreatiche (ICA), anticorpi acido
glutammico decarbossilasi (GADA) e anticorpi anti-
36
tirosina fosfatasi IA-2 (IA-2A) (rispettivamente 38 JDFU/ml,
33 UI/ml e 48 UI/ml).
Non erano presenti nel siero anticorpi anti-surrene, antitransglutaminasi, anti-mucosa gastrica, anti-nucleo, antiparatiroidi, né il fattore reumatoide. La paziente non
presentava vitiligine, né alopecia, né candidiasi mucocutanea cronica.
L’ormone della crescita, la prolattina, l’aldosterone e il
paratormone erano normali.
Il livello sierico di cortisolo saliva a 23,2 mg/dl dopo test
di stimolazione con ACTH, suggerendo una recente insorgenza di deficit di corticotropina.
La risonanza magnetica della sella turcica evidenziava una
sella vuota parziale, compatibile con l’esito di un’ipofisite
autoimmune.
La valutazione retrospettiva di campioni di siero conservati a –80 °C, raccolti per titolazione virale durante e
dopo trattamento con IFN, documentava che gli autoanticorpi anti-pancreas, anti-ghiandola pituitaria e antiTPO erano assenti prima della terapia con IFN.
La tipizzazione molecolare degli antigeni di classe II del
complesso maggiore di istocompatibilità rivelavano omozigosi per l’aplotipo associato al diabete di tipo 1
DQB1*0201 e DQA1*0501, dimostrando un background
genetico suscettibile per le malattie autoimmuni.
A 16 mesi dall’inizio della terapia con IFN il paziente presentava ancora normale funzione tiroidea, test di funzionalità epatica nella norma e HCV-RNA assente nel
sangue, ma rimaneva insulino-dipendente con amenorrea ipogonadotropa e insufficienza surrenalica secondaria. Gli autoanticorpi anti-insula pancreatica, GAD, IA-2 e
ghiandola pituitaria rimanevano positivi (53 JDF-U ml,
84 IU ml, 44 IU ml e 1:16 di diluizione, rispettivamente).
Questi risultati suggeriscono una sindrome poliendocrina
autoimmune di tipo 4, secondo la classificazione di Neufeld(1).
Una terapia insulinica basal bolus e la terapia sostitutiva
surrenalica con cortone acetato (25 mg/die per os)
hanno garantito, fin dall’esordio della sintomatologia, un
adeguato controllo clinico del deficit ormonale.
Discussione
Per molti anni il trattamento dell’epatite cronica C con
IFN da solo o con ribavirina è stato raccomandato per i
pazienti con livelli persistentemente elevati di aminotransferasi sierica e titolo rilevabile di HCV-RNA(2). Più recentemente l’introduzione in commercio di antivirali
diretti di seconda generazione contro l’HCV ha limitato,
ma non eliminato, l’utilizzo di IFN nella pratica clinica
della terapia dell’epatite virale cronica.
L’impiego clinico appropriato dei farmaci ad azione antivirale diretta di seconda generazione (DAA) nelle categorie di pazienti affetti da epatite C cronica, deve tenere
Un diabete di tipo 1 inatteso fa fare una diagnosi complessa
conto dei criteri di rimborsabilità approvati dall’Agenzia
Italiana del Farmaco (AIFA) ribaditi dall’Associazione italiana per lo studio del fegato (AISF)(3). In particolare, l’utilizzo dei nuovi farmaci anti-HCV è subordinato alla
corretta definizione del genotipo e del sottotipo virale.
Si sconsiglia l’uso di test di prima generazione basati sull’analisi di una sola regione genomica (UTR) di HCV in
quanto si sono dimostrati scarsamente attendibili in termini di predizione del genotipo, in particolare dei sottotipi del genotipo 1.
A tal fine si consiglia l’utilizzo di test di nuova generazione
che abbiano come target due regioni genomiche di HCV
simultaneamente. In caso di risultato non chiaro (genotipo 1 non specificato, genotipo misto o genotipo indeterminato) si consiglia di ricorrere al sequenziamento di
HCV nella regione NS5B o al test di resistenza genotipica.
Pertanto, in accordo con il recente documento di indirizzo dell’AISF(3) per la gestione terapeutica dei pazienti
con epatite cronica da HCV, e nel rispetto delle indicazioni di rimborsabilità dell’AIFA, l’utilizzo dell’IFN è oggi
ancora inserito negli schemi terapeutici dei pazienti con
genotipo 2 e fibrosi di grado inferiore a F2 (da solo con
ribavirina), e nei pazienti con genotipo 1a e 4 con fibrosi
inferiore a F2 (con ribavirina e antivirale diretto di seconda generazione).
Quindi, nonostante gli eccellenti risultati terapeutici ottenuti con gli antivirali di seconda generazione, l’AIFA
norma con precisione la loro rimborsabilità sulla base del
genotipo virale lasciando ancora un discreto spazio terapeutico alla classica terapia con IFN.
D’altra parte, in virtù della sua azione immunomodulatrice, la terapia con IFN rappresenta ancora oggi un importante presidio terapeutico per numerose patologie,
con specifici utilizzi per le tre classi di IFN: alfa (2a e 2b),
beta (1a e 1b) e gamma.
Oltre che per le forme di epatite cronica HCV e HBV
correlate, l’IFN alfa ha difatti numerosi utilizzi clinici.
L’alfa-2a ha indicazione nella leucemia a cellule capellute, leucemia mieloide cronica Philadelphia positiva in
fase cronica, linfoma cutaneo a cellule T, linfoma nonHodgkin follicolare, sarcoma di Kaposi asintomatico
progressivo associato a sindrome da immunodeficienza
acquisita, carcinoma renale avanzato, melanoma maligno di stadio II.
L’interferone alfa-2b si utilizza per le stesse indicazioni,
ma in più anche per il trattamento di mantenimento del
mieloma multiplo e nella terapia del tumore carcinoide.
L’interferone beta-1a si utilizza nel trattamento della sclerosi multipla recidivante-remittente ma non progressiva.
Mentre l’interferone beta-1b si usa inoltre anche nel trattamento della sclerosi multipla secondaria progressiva in
fase attiva (recidive).
L’interferone gamma è usato nelle granulomatosi croniche.
Esistono inoltre alcuni utilizzi off-label di alcune classi di
interferone per talune patologie quando queste sono refrattarie alle comuni terapie: malattia di Behçet, trombocitemia essenziale, micosi fungoide, fibrosi polmonare
idiopatica.
È ben documentato che circa il 2-3% dei pazienti trattati
con IFN sviluppa una malattia tiroidea isolata, dei quali
circa il 20-30% ha un’elevazione isolata degli anticorpi
anti-perossidasi tiroidea (TPO)(4). Inoltre, alcuni casi isolati di diabete mellito di tipo 1 sono stati descritti durante
il trattamento con IFN in pazienti geneticamente predisposti(5,6). Sono stati descritti solo due casi di ipopituitarismo isolato IFN-correlati, uno dei quali risolto dopo
11 mesi(7).
L’insorgenza di una sindrome polighiandolare autoimmune (APS) in corso o a seguito di terapia con peg-IFN
alfa-2a (né con altri tipi di IFN) non era stata mai descritta
in precedenza.
Flow-chart diagnostico-terapeutica
Paziente di 51 anni con chetoacidosi diabetica esordita
6 mesi dopo ciclo terapeutico di 24 settimane con peg-IFN
Anamnesi
Nega familiarità per diabete
Familiarità per tiroidite
Storia di epatopatia cronica HCV-correlata
Per il genotipo 2 e il basso grado
di fibrosi (< F2) inizia terapia antivirale
con peg-interferone alfa-2a e ribavirina
Comparsa durante la terapia con IFN
di amenorrea e astenia
Dopo 6 mesi dalla fine della terapia
comparsa di poliuria e polidipsia
con calo ponderale
Esame
di laboratorio
Chetoacidosi diabetica e
ipocorticosurrenalismo secondario
a ipofisite con comparsa di
autoimmunità poliendocrina (Ab anti
TPO, ICA, GADA, IA2A e Ab anti-ipofisi)
Predisposizione genetica per DM1
Diagnosi
differenziali
Preesistenti patologie autoimmuni
subcliniche
Patologie autoimmuni isolate
LADA
Strategia
terapeutica
Terapia sostitutiva con insulina e cortisolo
Monitoraggio della glicemia e degli ormoni
Follow-up clinico laboratoristico per
evidenziare modifiche insorgenza
o modifiche dell’autoimmunità
e dell’assetto ormonale
37
Sasso FC et al.
Peg-IFN alfa-2a aumenta l’espressione di MHC e può causare, in pazienti geneticamente predisposti, l’insorgenza
di autoimmunità organo-specifica e le conseguenti manifestazioni cliniche, come si è verificato nella nostra paziente.
Conflitto di interessi
Conclusioni e take home message
1. Neufeld M, Maclaren N, Blizzard R. Autoimmune polyglandular
syndromes. Pediatr Ann 1980;9:154-62.
2. Hoofnagle JH, di Bisceglie AM. The treatment of chronic viral hepatitis. N Engl J Med 1997;336:347-56.
3. Documento di indirizzo dell’Associazione Italiana per lo Studio del
Fegato per l’uso razionale di antivirali diretti di seconda generazione nelle categorie di pazienti affetti da epatite C cronica ammesse alla rimborsabilità in Italia. Documento pubblicato on line
in data dicembre 2014 e aggiornato il 20 maggio 2016.
4. Lisker-Melman M, di Bisceglie AM, Usala SJ, Weintraub B, Murray LM, Hoofnagle JH. Development of thyroid disease during
therapy of chronic viral hepatitis with interferon alpha. Gastroenterology 1992;102:2155-60.
5. Waguri M, Hanafusa T, Itoh N, Imagawa A, Miyagawa J, Kawata
S et al. Occurrence of IDDM during interferon therapy for chronic
viral hepatitis. Diabetes Res Clin Pract 1994;23:33-6.
6. Bosi E, Minelli R, Bazzigaluppi E, Salvi M. Autoimmune type 1
diabetes during interferon-alpha therapy: a case of Th1- mediated
disease? Diabet Med 2001;18:329-32.
7. Sakane N, Yoshida T, Yoshioka K, Umekawa T, Kondo M, Shimatsu A. Reversible hypopituitarism after interferon-alpha therapy.
Lancet 1995;345:1305.
L’originalità del caso clinico consiste nella contemporanea “deflagrazione” di più condizioni autoimmuni ascrivibili nel quadro clinico di una APS a seguito di terapia
con IFN.
L’insegnamento del caso è che l’assenza di autoanticorpi
al baseline non fa escludere la successiva insorgenza di
autoimmunità, con i corrispettivi quadri clinici, durante o
dopo il trattamento con IFN.
Pertanto, alla luce di questa esperienza e dei dati in letteratura, si consiglia uno stretto monitoraggio clinico durante, e dopo trattamento con IFN, al fine di rilevare
tempestivamente eventuali sintomi e segni di malattie
autoimmuni isolate o anche in associazione. Il sospetto
clinico dovrà essere confermato da appropriati dosaggi
ormonali e auto-anticorpali.
38
Nessuno.
Bibliografia
Scarica