magic - Società Italiana di Fisica

scienza in primo piano
MAGIC
uno "specchio magico" per l'astrofisica gamma
ad altissime energie
Alessandro De Angelis1, 2, 3, 4, Barbara De Lotto1, 4, Mosè Mariotti5,
mario meucci6, Riccardo Paoletti6, Massimo Persic3, 4, Luigi peruzzo5,
Bruno Sacco7, Antonio Saggion5, Aldo Treves8
1
Dipartimento di Fisica, Università di Udine, Udine, Italia
IST/LIP, Lisbona, Portogallo
3
INAF, Osservatorio Astronomico di Trieste, Trieste, Italia
4
INFN, Sezione di Trieste, Trieste, Italia
5
Dipartimento di Fisica, Università di Padova e INFN, Sezione di Padova, Italia
6
Dipartimento di Fisica, Università di Siena e INFN, Sezione di Pisa, Italia
7
INAF- IASF, Palermo, Italia
8
Dipartimento di Fisica, Università dell’Insubria, Como,
INFN, Sezione di Milano Bicocca e INAF,
Osservatorio Astronomico di Brera, Milano, Italia
2
Negli ultimi dieci anni il numero di sorgenti conosciute di raggi gamma ad
altissime energie è passato da una manciata a un centinaio, grazie ai grandi
telescopi Cherenkov H.E.S.S., MAGIC e VERITAS. La recente messa in orbita
del nuovo telescopio spaziale Fermi e l’inaugurazione del nuovo rivelatore
stereoscopico MAGIC-II a terra stanno portando a ulteriori scoperte e
conoscenze. La fisica italiana è in prima linea in questi progetti.
magic.mppmu.mpg.de/
1 Introduzione
Il colore delle stelle, indice della loro temperatura superficiale, implica energie
di qualche elettronvolt, energia caratteristica della luce visibile. L’emissione delle
stelle può considerarsi in buona approssimazione una emissione termica di corpo
nero.
Anche a energie migliaia di volte maggiori (keV), cioè nella banda X (caratteristica
di interazioni elettromagnetiche all’interno degli atomi, come ionizzazione o
eccitazione di livelli atomici interni), ci sono sorgenti termiche.
A energie ancora più alte (all’incirca dal MeV in su), i meccanismi di emissione
rilevati (annichilazione di coppie particella-antiparticella, moto di particelle cariche
in campi magnetici, accelerazione di particelle, scattering particella-radiazione)
sono non termici. Talvolta, fenomeni che coinvolgono energie altissime sono alla
base della stessa radiazione termica osservata nel visibile: si pensi, per esempio, ai
processi nucleari che forniscono alle stelle l’energia che permette loro di brillare
e di essere osservate come corpi neri quasi perfetti tramite l’emissione dalla loro
cromosfera.
Il primo accesso diretto ai fenomeni non termici avvenne con la scoperta dei raggi
cosmici (costituiti per lo più da protoni e nuclei di elio). Misure indipendenti di
ionizzazione a differenti altezze nell’atmosfera, a opera dell’italiano Domenico
Pacini (1912), dell’austriaco Victor Hess (1912) e del tedesco Wolfgang Kohlhörster
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5
(1913), provarono l’esistenza di radiazioni di origine non
terrestre, a cui poi l’americano Robert Millikan (1926) diede
il nome di “raggi cosmici”. Successivamente, il francese
Pierre Auger (1938) osservò gli sciami di particelle prodotti
dall’impatto con l’atmosfera dei raggi cosmici di energie
dell’ordine di 1015 eV. Negli anni '30 e '40 molte ricerche
furono rivolte alla comprensione della natura e dell’origine
di queste radiazioni. Oltre ai ricercatori precedentemente
menzionati, negli anni '30 e '40 tra coloro che portarono
contributi teorici fondamentali allo studio dei raggi cosmici, è
doveroso citare gli italiani Bruno Rossi ed Enrico Fermi, e negli
anni '50 Giuseppe Cocconi.
Queste radiazioni si possono sostanzialmente suddividere in
tre grandi famiglie: radiazioni di particelle cariche, radiazioni
elettromagnetiche, radiazioni neutre non elettromagnetiche
(come i neutrini). La componente di particelle cariche è
composta da protoni, elettroni, nuclei atomici ionizzati
oltre che da piccole quantità di antimateria: viaggiando
attraverso la Galassia, esse sono deviate dal sia pur debole
campo magnetico galattico (qualche microgauss, circa un
milionesimo del campo magnetico terrestre), e raggiungono
la Terra dopo aver perso tutte le informazioni sulla loro
direzione originaria. La componente neutra, invece, arriva alla
Terra conservando l’informazione della direzione originaria
di provenienza. I fotoni gamma occupano la parte più
energetica dello spettro: prodotti da processi non termici,
essi hanno energie circa 10100 volte inferiori a quelle delle
particelle cariche (protoni, elettroni) che li hanno generati.
Essi possono percorrere lunghe distanze senza essere
deviati dai campi magnetici galattici ed extragalattici, quindi
possono permettere l’identificazione delle loro sorgenti.
Convenzionalmente, la banda gamma si divide in bassa
energia (Low Energy, LE: 0.5 MeV < E < 100 MeV), alta energia
(High Energy, HE: 100 MeV < E < 100 GeV), altissima energia
(Very High Energy, VHE: 100 GeV < E < 100 TeV).
Solo a partire dal 2003 è stato possibile realizzare strumenti
adeguati a studiare con buona statistica i raggi gamma di
altissima energia, grazie agli importanti risultati ottenuti
principalmente dai telescopi a terra H.E.S.S., MAGIC e, più di
recente, VERITAS. Il potenziale di questo campo non si limita
alle pure osservazioni astrofisiche, ma consente contributi
significativi al campo della fisica delle particelle e della
cosmologia. Esplorando il cielo nella banda gamma sono
state scoperte molte sorgenti di raggi gamma, sia galattiche
sia extragalattiche, talvolta addirittura senza controparti in
altre bande di frequenza (i cosiddetti “acceleratori oscuri”).
L’indagine astrofisica di queste sorgenti ha contribuito
allo sviluppo della cosiddetta “fisica astroparticellare”, che
negli ultimi anni ha colto molti risultati di grande rilevanza
principalmente grazie allo sviluppo e all’applicazione di
tecnologie di punta utilizzate nei rivelatori di particelle nei
grandi laboratori terrestri. Come già all’inizio del XX secolo,
6 < il nuovo saggiatore
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anche oggi i fisici delle particelle elementari utilizzano
sorgenti cosmiche come acceleratori naturali, accedendo a
energie irraggiungibili in laboratorio.
2 Perché studiare i raggi gamma?
Le osservazioni delle sorgenti cosmiche a varie frequenze
dello spettro elettromagnetico (vedi fig. 1) consentono di
esplorare separatamente processi fisici diversi che emettono
radiazione a energie caratteristiche differenti.
In particolare, l’osservazione astronomica dei raggi gamma
consente di esplorare quei campi dell’astrofisica e della
cosmologia ove l’accelerazione di particelle ad alte energie
è un aspetto importante del problema, così contribuendo
alla possibile soluzione di vecchi problemi e alla scoperta
di nuove frontiere. Poiché, come già detto, i raggi gamma
“puntano” alla sorgente, essi consentono di “radiografare” la
produzione di raggi cosmici di altissima energia permettendo
una diagnostica in situ dei meccanismi di accelerazione.
2.1 Studio dei meccanismi di accelerazione
Il meccanismo di accelerazione di particelle cariche proposto
da Enrico Fermi nel 1949 è tuttora ritenuto il modello
standard della produzione dei raggi cosmici galattici. In esso,
nubi di plasma magnetizzato interagiscono stocasticamente
con le particelle cariche (in prevalenza elettroni e protoni)
presenti nell’ambiente, in modo tale che ogni particella,
urtando l’irregolarità magnetica, mediamente guadagna
più energia di quanta ne perda. Una volta che le particelle
sono state accelerate ad alte energie, esse producono raggi
gamma nella loro interazione con la radiazione, il campo
magnetico o la materia. I raggi gamma sono quindi testimoni
dell’avvenuta accelerazione di particelle cariche in genere,
e dalla loro osservazione in determinati ambienti astrofisici
si possono dedurre i meccanismi di accelerazione dei raggi
cosmici.
I raggi gamma di alta energia possono venire prodotti
principalmente attraverso due meccanismi:
a) Meccanismo leptonico: elettroni relativistici su traiettorie
curve in un campo magnetico generano radiazione di
sincrotrone i cui fotoni hanno − in funzione dell’energia
dell’elettrone e dell’intensità del campo magnetico −
frequenze nella banda tra l’ottico e l’X. Tali fotoni possono
acquistare ulteriore energia (fino a oltre il TeV) interagendo
con elettroni molto più energetici (effetto Compton inverso). In
sostanza l’energia dei fotoni prodotti dagli elettroni relativistici
in moto nel campo magnetico aumenta considerevolmente
grazie agli urti contro gli stessi elettroni “genitori”. Questo
modello leptonico di accelerazione, che è stato negli ultimi
anni dimostrato dalla distribuzione energetica dei fotoni
rivelati, viene chiamato Synchrotron-Self-Compton (SSC).
A. de angelis et al.: magic
Fig. 1 Lo spettro della radiazione elettromagnetica (cortesia di D. Sossi, “Le Scienze”).
b) Decadimento di pioni neutri, che vengono a loro volta
prodotti attraverso interazioni subnucleari forti (meccanismo
adronico). Sono dunque necessarie collisioni tra protoni (o
nuclei più pesanti) energetici.
La forma dello spettro della radiazione emessa nei due casi
è diversa e riflette le diverse caratteristiche cinematiche dei
due processi elementari che sono alla base della generazione
dei gamma osservati. Lo studio dello spettro di emissione
dei raggi gamma può dunque chiarire l’origine dei raggi
cosmici, stabilendo il peso relativo dei meccanismi adronico e
leptonico; solo ora che disponiamo di strumenti abbastanza
sensibili possiamo evidenziare questa fondamentale
differenza. In generale, lo spettro della radiazione prodotta
dalle sorgenti gamma mediante questi meccanismi decresce,
in prima approssimazione, come E –a, con a compreso
tra 2 e 3.
2.2 Studio di oggetti astrofisici
Lo studio delle sorgenti di raggi gamma di altissime energie
costituisce una delle frontiere attuali dell’astrofisica. Due
classi di sorgenti che emettono in questa banda dello
spettro sono i resti di supernova e i nuclei galattici attivi
(Active Galactic Nuclei, AGN): esse contengono oggetti
compatti, cioè stelle di neutroni e buchi neri, ambienti dove
prevalgono condizioni fisiche estreme di gravità e di campo
magnetico. Le osservazioni più recenti suggeriscono che
molte sorgenti in cui la parte più significativa della potenza
irradiata è nella banda X (ad esempio sistemi binari galattici),
emettono anche raggi gamma. È anche stato scoperto che
altre sorgenti compatte, come le pulsar, emettono nella
banda gamma. L’emissione gamma sembra quindi essere una
proprietà generale delle sorgenti compatte.
I buchi neri supermassicci (da milioni a miliardi di masse
solari) al centro delle galassie sono in grado di produrre raggi
gamma: il collasso gravitazionale di grandi masse verso la
singolarità centrale rilascia enormi quantità d’energia, una
frazione della quale (1%–0.1%) viene emessa sotto forma di
raggi gamma. La banda energetica del TeV è ideale per lo
studio dei buchi neri supermassicci.
Un ulteriore motivo di interesse per l’astrofisica gamma ad
altissime energie è lo studio dei lampi gamma (Gamma-Ray
Burst, GRB), originati dalle esplosioni più intense verificatesi
nell’Universo dopo il Big Bang. La loro distribuzione è
casuale nel tempo e nella direzione; il caratteristico redshift
denota chiaramente un’origine extragalattica del fenomeno.
Una loro sottoclasse (i cosiddetti lampi “brevi”) sembra essere
dovuta al collasso finale di stelle di neutroni in sistemi binari,
mentre un’altra (i cosiddetti lampi “lunghi”) sembra legata al
collasso di particolari stelle giganti (ipernove). Vista la breve
durata dei GRB (da qualche secondo a qualche minuto),
l’impiego di rivelatori per raggi gamma a rapido puntamento
(come il telescopio MAGIC) risulta cruciale in questo tipo
di indagine. Purtroppo, anche a causa di eventi sfortunati
come disfunzioni del rivelatore in momenti cruciali, non è
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ancora stato possibile osservare GRB ad altissime energie.
Un’opportunità eccezionale, purtroppo sfumata, fu l’evento
GRB 080319B, chiamato “GRB a occhio nudo” per il suo
flusso ottico di picco eccezionalmente alto. Secondo stime
post factum, anche in virtù del suo redshift piuttosto basso
(z = 0.937), il flusso gamma VHE di GRB 080319B sarebbe
stato visibile da MAGIC. Ma era quasi l’alba, e il telescopio
stava chiudendo per proteggere i fotomoltiplicatori del
rivelatore dall’eccessiva luce. E così questo GRB dalle
caratteristiche uniche, e probabilmente rivelabile, non fu
neppure puntato.
2.3 Studio del fondo extragalattico
scienza
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2.4 Ricerca della materia oscura
Un ulteriore contributo dell’astrofisica gamma alla fisica
fondamentale è la possibile rivelazione di eventi originati
dall’annichilazione di materia oscura (Dark Matter, DM).
L’universo sembra essere costituito per circa il 4% da materia
che emette luce (principalmente barionica), per il 23% da
materia oscura e per il 73% da energia oscura. Tuttavia,
benché gli effetti gravitazionali della materia oscura siano
evidenti in molti fenomeni astronomici, essa non è ancora
stata rivelata direttamente. Se le particelle di materia oscura
possono annichilarsi a coppie, sono in grado di produrre
righe d’emissione. L’intensità del segnale scala con il quadrato
della densità di materia oscura, per cui si pensa che il segnale
atteso sia massimo intorno a punti di più alta densità quali il
centro della Galassia o le galassie nane sferoidali satelliti della
nostra Galassia. In tal caso, i telescopi gamma potrebbero
rivelare questi segnali, fornendo conferme o vincoli alle teorie
(non ancora verificate) sulla materia oscura. In questo senso le
osservazioni dei telescopi Cherenkov sono complementari a
quelle dell’acceleratore LHC.
Non ci si aspetta la rivelazione di gamma VHE da GRB di alto z.
Infatti il fondo diffuso che permea l’Universo, composto
da fotoni infrarossi e ottici emessi dalle popolazioni stellari
delle galassie formate durante tutta la storia dell’Universo
(Extragalactic Background Light, EBL), dal fondo cosmologico
a 2.7 K (Cosmic Microwave Background, CMB), e dal fondo
radio, assorbe i raggi gamma che lo attraversano, limitando la
distanza dalla quale i segnali gamma possono raggiungerci.
L’assorbimento dei raggi gamma è
legato all’interazione fotone-fotone
nell’intorno della massa invariante (pari
al doppio della massa dell’elettrone) che
porta alla creazione di coppie elettronepositrone. In particolare, i raggi gamma
VHE vengono assorbiti nelle interazioni
con i fotoni di bassa energia (infrarossi)
dell’EBL: l’Universo risulta così sempre
più opaco ai raggi gamma con il crescere
della loro energia fino a un’energia di
circa 1000 TeV (fig. 2), impoverendo
e deformando lo spettro alle energie
osservate rispetto a quello di emissione,
fino a schermare del tutto le sorgenti
gamma più lontane.
Dato che una misura diretta
dell’EBL è molto influenzata dalle
correzioni introdotte per tener conto
dell’emissione infrarossa del Sistema
Solare e della Via Lattea, la rivelazione
e lo studio dell’attenuazione dei raggi
gamma dalle sorgenti più energetiche e
più lontane fornisce informazioni anche
sul mezzo extragalattico attraversato,
contribuendo a fissarne le caratteristiche
e a vincolare i modelli cosmologici che
rendono ragione dell’esistenza e della
struttura di questo campo di radiazione
Fig. 2 Il cammino libero medio della radiazione elettromagnetica a varie energie. Si
noti che la lunghezza di interazione per fotoni gamma a 200 TeV è circa 1 Mpc, quindi a
diffusa.
queste energie possono essere osservati solo raggi gamma provenienti dalla Via Lattea o
dalle galassie più vicine.
8 < il nuovo saggiatore
A. de angelis et al.: magic
2.5 Altri argomenti legati alla fisica fondamentale
Lo studio di fotoni di altissime energie che viaggiano
attraverso distanze cosmologiche sonda la relatività e la
meccanica quantistica in regioni dove queste non sono mai
state verificate, e in particolare potrebbe avere importanti
conseguenze sulla cosmologia (misura di parametri
cosmologici) e sulla verifica o la smentita della validità di
leggi fondamentali − ad esempio l’invarianza di Lorentz e il
postulato di costanza della velocità della luce.
Alcune teorie ispirate alla gravità quantistica, la recente
frontiera della teoria dei campi verso l’obiettivo di unificare
le forze, prevedono una violazione della teoria della
relatività speciale: la velocità della luce potrebbe dipendere
dall’energia secondo una relazione di dispersione non triviale
− ma l’effetto sarebbe osservabile solo a energie elevatissime
come quelle dei raggi gamma VHE, provenienti da profonde
regioni dell’Universo. I telescopi Cherenkov potrebbero
quindi rivelare fenomeni che gli acceleratori di particelle non
potranno mai sondare.
3 Metodi e strumenti per rivelare i raggi gamma
cosmici
L’atmosfera scherma i raggi gamma cosmici (vedi fig. 3):
a contatto con le molecole d’aria i fotoni interagiscono, dando
luogo a cascate di particelle dette sciami, in cui l’energia
si degrada fino a provocare l’assorbimento delle particelle
secondarie prodotte (soprattutto elettroni, positroni e fotoni)
a quote di qualche chilometro sul livello del mare. Per rivelare
i raggi gamma è dunque necessario collocare il telescopio
al di fuori dell’atmosfera (come nel caso degli strumenti
AGILE e Fermi [1, 2]) o, se si vuole porre lo strumento sulla
Terra, rivelare gli sciami da essi prodotti nell’interazione con
l’atmosfera.
La rapida diminuzione nel flusso di raggi cosmici
all’aumentare dell’energia (vedi fig. 4 a sinistra) e i limiti
tecnici ed economici nella costruzione di strumenti su
satellite rendono tuttavia poco efficienti i telescopi su satellite
per rivelazioni oltre la decina di GeV. Questo ha portato allo
Fig. 3 L’atmosfera assorbe le radiazioni elettromagnetiche in modo diverso a seconda della lunghezza
d’onda. I raggi gamma, in particolare, possono essere rivelati direttamente solo da strumenti montati
su satellite o palloni, mentre i telescopi gamma da terra usano metodi indiretti come la rivelazione
degli sciami atmosferici (cortesia di A. De Angelis e L. Peruzzo, “Le Scienze”).
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sviluppo di telescopi a terra basati su tecniche di rivelazione
diverse rispetto a quelle dei telescopi orbitanti.
Per quanto riguarda i telescopi a terra, sono state sviluppate
due tecniche indirette di rivelazione dei raggi gamma, basate
ambedue sull’osservazione degli sciami atmosferici prodotti
dai raggi gamma incidenti (vedi fig. 4 a destra).
La prima è la tecnica di rivelazione diretta degli elettroni e dei
positroni secondari degli sciami estesi (Extensive Air Shower,
EAS); essa sfrutta rivelatori di particelle cariche. I maggiori
telescopi attualmente funzionanti su questo principio sono
l’italo-cinese ARGO, situato in Tibet a oltre 4000 m s.l.m.,
e l’americano MILAGRO nel New Mexico. Questi telescopi
presentano un grande campo di vista (dell’ordine di 40
gradi), ma la necessità di catturare direttamente le particelle
dello sciame costringe a costruirli in alta quota: il massimo
di uno sciame di energia di 1 TeV si trova a 8 km s.l.m. Anche
soddisfacendo questi requisiti le energie minime rivelabili
sono dell’ordine di 400 GeV, sicché con le sensibilità attuali
non è possibile rivelare sorgenti oltre alle quattro-cinque più
intense (come la Crab Nebula o alcune AGN durante i periodi
di alta luminosità come le Markarian 421 e 501).
scienza
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La seconda è la tecnica Cherenkov, che sfrutta l’emissione
di luce causata dal transito di particelle cariche dello sciame
in atmosfera. Quest’ultima tecnica è quella alla quale sono
legati i successi dell’astrofisica gamma VHE negli ultimi anni.
Gli elettroni e i positroni secondari prodotti da un raggio
cosmico incidente sull’atmosfera viaggiano, se relativistici,
a velocità superiori a quella della luce nel mezzo. In
questo caso, essi emettono un lampo di luce con un’ampia
componente nel visibile, detta luce Cherenkov (dal nome
del fisico sovietico scopritore del fenomeno, che gli valse il
premio Nobel per la fisica nel 1958). Il lampo Cherenkov è
l’analogo ottico del “bang” supersonico per le onde sonore:
esso viene emesso in un cono di ampiezza di circa un grado
in atmosfera rispetto alla direzione della particella che lo
genera e viaggia verso il suolo insieme alle altre particelle
dello sciame.
Gli specchi Cherenkov riflettono con la loro grande superficie
ottica il debole lampo di luce su un sensore a matrice di
fotomoltiplicatori posto nel piano focale del telescopio (vedi
fig. 5); le informazioni sui singoli fotomoltiplicatori (pixel)
che hanno ricevuto segnale vengono quindi digitalizzate.
Fig. 4 A sinistra: lo spettro di energia dei raggi cosmici [3].
A destra: La produzione di sciami atmosferici: la rivelazione
può avvenire raccogliendo la luce Cherenkov em0essa o le
particelle cariche dello sciame (cortesia di A. De Angelis e
L. Peruzzo, “Le Scienze”).
10 < il nuovo saggiatore
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In questo modo il raggio gamma viene fotografato come
se fosse una specie di stella cadente il cui lampo dura solo
2–3 ns; l’immagine viene registrata da un sistema di computer
e immagazzinata per l’analisi dei dati. La diversa geometria
degli sciami elettromagnetici (prodotti dai raggi gamma)
e adronici (generati da raggi cosmici carichi) consente una
classificazione su base statistica del tipo di particella che ha
generato il lampo di luce.
4 I rivelatori di raggi gamma di altissime energie:
storia e attualità
Fino all’avvento degli acceleratori di particelle (all’inizio degli
anni '50), gli esperimenti delle alte energie erano condotti
sfruttando i raggi cosmici. Molte particelle elementari,
come i muoni, i primi mesoni, e la stessa antimateria,
vennero scoperti in questo modo. Naturalmente i fisici si
posero domande sull’origine dei raggi cosmici e sui possibili
meccanismi per la loro accelerazione fino a energie così alte.
Anche quando l’impiego di acceleratori terrestri divenne
abituale in fisica nucleare e delle particelle, la ricerca con
i raggi cosmici continuò, perché essi potevano fornire
particelle ad energie elevate non ottenibili in laboratorio.
Lo studio dei segnali gamma VHE venne sviluppato dai
fisici con telescopi Cherenkov a terra come conseguenza
degli studi sui raggi cosmici. Già nel 1959 all’ICRC a Mosca
Giuseppe Cocconi suggerì la possibilità di rivelare fotoni di
altissima energia da sorgenti cosmiche; i fotoni potevano
essere separati dal fondo perché puntavano alla sorgente, e
Cocconi suggerì anche di “osservare” la Crab Nebula. La sua
relazione motivò Aleksandr Chudakov dell’Istituto Lebedev
a costruire pochi anni dopo il primo telescopio gamma
in Crimea. Fu però solo grazie a recenti tecnologie che le
osservazioni da terra cominciarono a dare risultati: le prime
sorgenti gamma VHE osservate con certezza, la Crab Nebula
e la galassia attiva Markarian 421, furono rivelate nel 1989
dal telescopio Whipple (10 m di diametro, in Arizona). Nei
successivi quindici anni vennero costruiti nuovi rivelatori
Cherenkov: CAT nei Pirenei, CANGAROO in Australia, e
HEGRA nell’isola di La Palma, nelle Canarie. Attualmente
tre grandi sistemi di telescopi Cherenkov, strutturalmente
Fig. 5 Il cono di luce Cherenkov e la sua
immagine nella camera focale di un
telescopio IACT (Imaging Atmospheric
Cherenkov Telescope)(Cortesia Coll.
MAGIC [4]).
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simili, sono attivi: MAGIC [4] (fig. 6) e VERITAS [5] nell’emisfero
nord (rispettivamente alle Canarie e in Arizona), H.E.S.S. [6]
(in Namibia) nell’emisfero sud. I telescopi Cherenkov hanno
risoluzione angolare e sensibilità eccellenti (vedi fig. 7), ma
possono essere usati solo in notti scure e serene e osservare
soltanto una sorgente alla volta (e soltanto durante quella
parte dell’anno in cui quella sorgente è visibile): essi non sono
pertanto adatti a effettuare una scansione continua del cielo,
e a monitorare emissioni episodiche.
H.E.S.S. (inaugurato nel 2003) e VERITAS (inaugurato nel 2006)
sono due sistemi di quattro IACT (Imaging Atmospheric
Cherenkov Telescope) di circa 12 m di diametro ciascuno
con un campo di vista di 5 gradi, dotati di una risoluzione
angolare di 0.07 gradi. MAGIC [4] (acronimo di Major
Atmospheric Gamma Imaging Cherenkov), in attività dal
2004 e con i suoi 17 m di diametro il più grande telescopio
gamma al mondo (e il più grande riflettore ottico in assoluto),
è stato affiancato nel 2009 da un telescopio gemello con il
quale ora costituisce un sistema stereoscopico, MAGIC-II (vedi
fig. 6). L’assetto stereo ha migliorato le prestazioni rispetto a
quelle del singolo rivelatore (vedi fig. 7). Inoltre, grazie alla
sua grande area di raccolta e al suo innovativo fotorivelatore,
MAGIC ha raggiunto la più bassa energia di soglia fra gli
attuali rivelatori Cherenkov (55 GeV per il trigger “standard”,
Fig. 6 Il sistema Cherenkov stereoscopico MAGIC-II,
inaugurato a La Palma nell’aprile 2009 [4].
12 < il nuovo saggiatore
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25 GeV per lo speciale trigger riservato alle osservazioni di
pulsar e di sorgenti lontanissime).
I telescopi di MAGIC si distinguono anche per la leggerezza
della struttura meccanica in fibra di carbonio, che consente
loro di ruotare di 180 gradi in una ventina di secondi
reagendo prontamente agli allarmi relativi a fenomeni
transienti. Gli specchi a forma quadrata, con raggio di
curvatura variabile per dare un profilo parabolico alla
superficie riflettente, sono in parte di alluminio lavorato con
punta di diamante, in parte di vetro (l’apporto tecnologico
italiano in questo settore è stato fondamentale grazie all’INFN
e all’INAF). Un’altra caratteristica unica di MAGIC è il controllo
attivo degli specchi: quando il telescopio si muove, grazie
a un sistema di laser il puntamento viene “riaggiustato”
compensando eventuali deformazioni mediante una messa a
fuoco automatica effettuata in pochi secondi (fig. 8).
MAGIC è anche un banco di prova per produrre sistemi
innovativi di acquisizione di dati. L’utilità di questi ultimi
si estende al di fuori delle ricerche in fisica, verso campi
interdisciplinari e più strettamente tecnologici. In particolare
i sistemi di acquisizione dati prodotti da MAGIC stanno
contribuendo alla soluzione di problemi di riconoscimento
d’immagini che accomunano le tematiche dei telescopi
Cherenkov ai rivelatori in generale e su satellite, e a branche
A. de angelis et al.: magic
diverse della fisica come la fisica medica.
L’Italia partecipa per circa un terzo alla costruzione e alla
gestione delle operazioni di MAGIC, condividendo l’impresa
con un consorzio internazionale nel quale la Spagna e la
Germania sono gli altri due partner principali: in particolare,
i gruppi italiani sono responsabili dell’ottica, dell’elettronica
di trigger e del sistema di acquisizione dei dati del sistema.
I gruppi italiani appartengono alle Sezioni INFN di Padova,
Pisa/Siena, Trieste/Udine, agli Osservatori di Arcetri, Brera
e Roma e dello IASF-Palermo dell’INAF, e alle Università di
Padova, Siena e Udine.
5 Breve rassegna dei risultati
Il numero di sorgenti gamma VHE conosciute attualmente è
ormai vicino al centinaio (vedi fig. 9), soprattutto grazie alle
osservazioni di H.E.S.S. e MAGIC e, più recentemente, VERITAS.
Nella prima ricognizione sistematica del piano galattico
in banda gamma VHE, operata da H.E.S.S. (fig. 10), sono
state scoperte una ventina di sorgenti sconosciute ad
altre frequenze; ulteriori sorgenti galattiche, accessibili
dall’emisfero nord, sono state osservate da MAGIC. Tali
sorgenti sono tipicamente resti di supernova (Supernova
Remnants, SNR), regioni nebulari associate a pulsar (pulsar
wind nebulae, PWNe), e sistemi binari. Qualunque sia la loro
classificazione in dettaglio, queste sorgenti galattiche gamma
VHE sono (o sono imparentate con) prodotti evolutivi finali
di stelle massicce (e luminose) e di vita breve. Esse pertanto
tracciano in modo diretto l’attività corrente di formazione
stellare.
Un importante risultato di questi studi è stata la scoperta di
emissione gamma VHE da resti di supernova recenti, con una
radiografia della sorgente di emissione che mostra differenze
fra le regioni di generazione dei raggi X e dei raggi gamma
di altissima energia. Questo risultato conferma l’opinione
per cui la generazione di raggi cosmici galattici sarebbe
legata ai resti di supernova, ambiente astrofisico ideale per
l’applicazione del meccanismo di accelerazione di Fermi.
H.E.S.S. ha rivelato in seguito che molte giovani pulsar sono
circondate da regioni estese di emissione, la cui morfologia
dipende dall’energia: la dimensione della sorgente diminuisce
all’aumentare dell’energia dei fotoni gamma emessi. Ciò
sembra indicare che gli adroni “proiettili” hanno uno spettro
Fig. 7 Sensibilità dei principali rivelatori gamma,
definita come minima intensità rivelabile in 50 ore per
gli IACT (Imaging Atmospheric Cherenkov telescope) e
in un anno per Fermi/LAT (Large Area Telescope).
Fig. 8 Il sistema di controllo attivo degli specchi di
MAGIC.
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piuttosto ripido. Inoltre, si osservano esempi di emissione
gamma VHE coincidenti con la distribuzione di gas nelle
vicinanze: l’interpretazione è che il resto di supernova sia
un acceleratore adronico che “spara” particelle sul gas che
fa da bersaglio. Tutti i calcoli tornano con il fatto che i resti
di supernova, che hanno masse di una decina di masse
solari, emettano adroni di energia di uno-due ordini di
grandezza superiore a quella dei fotoni rivelati (e quindi
siano responsabili dell’accelerazione dei raggi cosmici fino
a 1015 eV).
Se un acceleratore cosmico di particelle fa parte di un
sistema binario, le interazioni delle particelle accelerate con
il sistema possono essere periodiche. Infatti tali sistemi sono
generalmente composti da un oggetto compatto (stella di
neutroni o buco nero) che accumula materia che fluisce da
una compagna meno evoluta. L’emissione periodica di raggi
gamma da questo tipo di sorgenti è stata osservata per la
prima volta nel 2006 da MAGIC nel caso di LSI 61+303 e poi
scienza
in primo
piano
confermata. Queste sorgenti funzionano come “orologi al TeV”
con periodi corrispondenti al loro periodo orbitale, che in
generale è di qualche giorno. Quattro binarie TeV sono note a
tutt’oggi, e di esse Cyg X-1 − una delle sorgenti X più brillanti
del cielo, è il miglior candidato a contenere un buco nero di
massa stellare (alcune masse solari).
Una sorgente galattica stabile dalle caratteristiche uniche è
stata evidenziata nel centro della Galassia: la sorgente Sgr A*,
identificata con il buco nero supermassiccio la cui presenza
e massa (maggiore di un milione di masse solari) era stata
dedotta precedentemente dai moti orbitali di stelle situate a
poche anni luce di distanza.
5.1 Pulsar
Tra le sorgenti galattiche più interessanti in quanto laboratori
di fisica estrema (campo gravitazionale forte e campo
magnetico fortissimo, oltre il miliardo di tesla) ci sono le
pulsar. Queste sono stelle di neutroni, formatesi in seguito
Fig. 9 Il confronto tra le sorgenti gamma VHE note nel 1996 e la situazione attuale [7].
14 < il nuovo saggiatore
A. de angelis et al.: magic
Fig. 10 L’immagine del piano galattico ad alte energie ricavata da H.E.S.S in confronto con due altre lunghezze d’onda [8].
all’implosione di stelle massicce; hanno piccolo raggio
(≈10 km), altissima densità (≈1015 g cm-3) ed elevati campi
magnetici superficiali; sono in rotazione rapida (con periodo
dal secondo ai millisecondi) attorno a un asse disallineato
rispetto al dipolo magnetico (rotatori obliqui). La forza
elettromotrice che si sviluppa è sufficiente a strappare
particelle dallo strato di plasma superficiale e ad accelerarle
fino a energie ≈5×1015 eV.
Grazie a una speciale configurazione del suo trigger, MAGIC
ha potuto misurare emissione pulsata della Crab pulsar fino
a energie dei fotoni gamma VHE mai precedentemente
investigate, circa 25 GeV [9]; dato lo spettro gamma HE
precedentemente misurato da EGRET, questo risultato implica
un’energia di cutoff piuttosto alta, ~20 GeV: l’implicazione è
che la radiazione gamma VHE venga prodotta relativamente
lontano dalla superficie della pulsar. Per la prima volta
l’emissione magnetosferica di una pulsar è stata misurata da
un telescopio gamma al suolo, e la regione di emissione è
stata svelata.
La nebulosa che circonda la pulsar (Crab Nebula) è stata
osservata dalle lunghezze d’onda radio al gamma VHE: grazie
ai telescopi Cherenkov, e a MAGIC in particolare, sappiamo
che la sorgente VHE è stabile. (A tutte le frequenze la Crab
Nebula è usata come candela standard per calibrare i
ricevitori operanti dalla banda X alla banda gamma VHE.)
5.2 Sorgenti extragalattiche: Nuclei Galattici Attivi
(AGN)
L’emissione di raggi gamma VHE da parte dei buchi neri
supermassicci (con masse milioni e miliardi di volte maggiori
della massa del Sole) è stata confermata in altre galassie,
con la rivelazione di segnali gamma VHE da parte di una
trentina di nuclei galattici attivi. La variabilità del segnale
emesso da M87, misurata sulla scala dei giorni e studiata
congiuntamente da MAGIC, H.E.S.S., e VERITAS nel 2008,
implica l’estrema compattezza della regione che emette i
fotoni gamma VHE. Probabilmente la maggior parte delle
galassie ospita un buco nero supermassiccio centrale: esso
trasforma l’energia gravitazionale del materiale che vi viene
inghiottito in energia radiante, dando così origine alla
spettacolare attività osservata negli AGN.
Si pensa che tutti gli AGN corrispondano dal punto di vista
fisico allo stesso tipo di sorgente, che appare diversa a
seconda dell’angolo di vista dell’osservatore. Il paradigma
include un buco nero centrale, circondato da un disco
formato dalla materia che vi cade dentro e da nubi in rapido
moto orbitale. In molti casi si osservano anche due potenti
getti relativistici, collimati, centrali e perpendicolari al disco, e
mutuamente opposti in verso. Se un getto relativistico forma
un angolo piccolo con la direzione verso l’osservatore, la sua
luminosità apparente viene amplificata: ciò rende gli AGN di
questo tipo (chiamati blazar) le sorgenti extragalattiche più
immediatamente osservabili.
Lo spettro energetico dell’emissione conferma il “modello
standard” SSC. E così come nei resti di supernova, che hanno
masse pari a qualche decina di masse solari, l’emissione SSC
implica emissione di raggi cosmici a energie di 1015 eV, è
plausibile che i nuclei galattici attivi, che hanno masse fino
a qualche miliardo di masse solari, siano sorgenti di raggi
cosmici fino a 1023 eV.
Per una completa comprensione della dinamica di emissione
importanti sono le campagne simultanee multi-frequenza
vol26 / no1-2 / anno2010 >
15
condotte da MAGIC in collaborazione con altri telescopi, da
terra e dallo spazio, per coprire fino a 17 decadi in energia
dei fotoni in arrivo. Con un’osservazione combinata radioVHE di M87 è stato possibile per la prima volta risolvere
spazialmente l’emissione di un oggetto extragalattico;
l’immagine ha mostrato che l’emissione viene da una zona
molto vicina al buco nero [10].
Un aspetto ulteriore dell’utilità dello studio dei blazar in
banda gamma VHE è che essi possono venire usati come
sonde del fondo di luce extragalattico. Sono stati rivelati
AGN più lontani di quanto ci si attendeva: l’Universo
sembra più trasparente di quanto previsto. L’osservazione di
sorgenti lontanissime come la galassia 3C279, a sei miliardi
di anni luce, sta mettendo alla prova le teorie correnti sulla
propagazione dei fotoni. Una delle ipotesi è che i fotoni, nel
loro viaggio, oscillino in particelle tipo assioni, che viaggiano
indisturbati. Questa sarebbe una prova indiretta dell’esistenza
di una nuova particella [11].
5.3 Fisica fondamentale
Oltre ai risultati indiretti su particelle tipo assione cui si
accennava prima, una delle ricerche più importanti, come
detto all’inizio dell’articolo, è quella di candidati non barionici
alla materia oscura. Anche se non si può escluderlo a priori, è
improbabile che il segnale proveniente dal centro galattico,
rivelato da H.E.S.S. e MAGIC, costituisca la prima evidenza di
annichilazione di materia oscura: questa regione è ricca di
emettitori gamma di natura astrofisica, in grado di generare
fotoni gamma VHE con caratteristiche simili a quelli osservati.
I candidati più promettenti per la rivelazione del segnale di
annichilazione della materia oscura sono galassie dove la
materia oscura è dominante (rispetto alla materia barionica),
più densa, e più agglomerata al centro (la probabilità di
autoannichilazione è proporzionale al quadrato della
densità). Le galassie nane sferoidali che orbitano attorno alla
Fig. 11 Il futuro rivelatore CTA [8].
16 < il nuovo saggiatore
scienza
in primo
piano
nostra Galassia soddisfano questi requisiti. Tuttavia, neppure
gli attuali telescopi Cherenkov hanno finora ottenuto risultati
positivi − ma gran parte delle galassie nane sferoidali sono
ancora sconosciute, presumibilmente perché troppo “oscure”
per poter essere osservate. La ricerca procede, sia cercando
candidati sempre più promettenti sia potenziando i rivelatori,
per fornire conferme o vincoli alle teorie. In questo senso le
osservazioni dei telescopi Cherenkov saranno complementari
a quelle del satellite Fermi e dell’acceleratore LHC.
Per quanto riguarda una possibile violazione dell’invarianza
di Lorentz, la variabilità temporale del flusso gamma VHE da
galassie lontane è molto importante sia per l’informazione
che fornisce sulla dinamica cosmica sia perché permette di
studiare eventuali dipendenze del tempo di arrivo del segnale
luminoso dall'energia dei fotoni in arrivo. MAGIC ha osservato
in una straordinaria variazione di luminosità della galassia
Markarian 501 una significativa correlazione tra l’energia dei
fotoni e il tempo di arrivo; è materia di grande dibattito quale
parte dell’effetto sia legata alla dinamica dell’emissione e
quale a un possibile effetto di nuova fisica.
In ogni caso grazie ai telescopi Cherenkov la fisica
fondamentale viene sondata in regioni finora inesplorate.
6 Il futuro
Il prossimo decennio si presenta come una nuova stagione
per l’astrofisica gamma, che sta diventando la nuova
frontiera dell’astronomia osservativa ma anche della fisica
fondamentale.
È in via di completamento un nuovo telescopio da 28 m in
Namibia che opererà probabilmente dal 2011 e diventerà
il più grande del mondo; integrerà l’attuale sistema
stereoscopico H.E.S.S., arrivando a migliori sensibilità.
Tuttavia, anche con la nuova configurazione di H.E.S.S. e
A. de angelis et al.: magic
l’impiego di MAGIC-II, lo studio dettagliato degli spettri e
della morfologia delle sorgenti nell’interessantissima regione
delle decine di TeV, dove ci si aspetta la fine delle emissioni
gamma non provenienti da interazioni adroniche, sarà
ancora limitato dalla statistica. Per superare questo limite è
necessario ricorrere a sistemi di telescopi che coprano grandi
aree con osservazioni coordinate. Alle basse energie poi, dove
l’Universo è trasparente ai raggi gamma ed è quindi possibile
un’esplorazione in profondità, la sensibilità potrà essere
migliorata ricorrendo a grandi telescopi con rivelatori di luce
ad alta sensibilità.
Per rispondere a queste esigenze, nella decade del 2010
è prevista la realizzazione di un nuovo grande sistema
coordinato di telescopi Cherenkov chiamato CTA (Cherenkov
Telescope Array) [12]. Il funzionamento del CTA sarà cruciale
per lo studio della variabilità delle sorgenti di raggi gamma
su brevi intervalli di tempo, in sinergia con le osservazioni di
Fermi, che fornirà gli allarmi per i fenomeni transienti.
L’osservatorio consisterà di due sistemi di telescopi di diverse
dimensioni, uno per emisfero, completamente robotizzati
e progettati tenendo conto dell’esperienza accumulata con
le attuali osservazioni (fig. 11). Il sistema posto nell’emisfero
sud coprirà la gamma completa di energie da circa 10 GeV
a circa 100 TeV per realizzare un’indagine approfondita
sulle sorgenti galattiche, in particolare nella parte centrale
della nostra Galassia (ma anche per l’osservazione di
oggetti extragalattici), mentre il sistema nell’emisfero nord,
specializzato nella rivelazione di segnali alle basse energie
(da circa 10 GeV a circa 1 TeV), sarà dedicato principalmente
ad oggetti extragalattici. Estrapolando i risultati attuali, con
l’impiego del CTA si prevede di arrivare ad osservare qualche
migliaio di sorgenti gamma ad altissime energie.
Infine, per superare le limitazioni dei rivelatori Cherenkov che
hanno un campo di vista limitato, sarà importante sviluppare
una tecnologia che consenta la copertura di un ampio campo
di vista con una sensibilità dell’ordine di un centesimo del
flusso osservato dalla Crab, per consentire una scansione
del cielo ed essere sensibili anche ai segnali transienti. La
tecnica più realisticamente applicabile sembra essere quella
che utilizza grandi piscine riempite d’acqua, con rivelatori
Cherenkov.
Ancora una volta il progetto di tali rivelatori nascerà dalla
collaborazione fra astronomia e fisica fondamentale, due
settori che si stanno ricongiungendo nella scienza di frontiera
del ventunesimo secolo.
Bibliografia e Siti di consultazione
[1] W. B. Atwood, P. F. Michelson e S. Ritz, “Una finestra sull’universo
estremo”, Le Scienze, no. 474 (2008) 54.
[2] Sito web Fermi GST: http://fermi.gsfc.nasa.gov/
[3] J. Cronin, T. Gaisser e S. Swordy, “Raggi cosmici di energia
ultraelevata”, Le Scienze, no. 343 (1997) 30.
[4] Sito web MAGIC: http://magic.fisica.uniud.it ;
A. De Angelis e L. Peruzzo, “Le magie del telescopio MAGIC”,
Le Scienze, no. 464 (2007) 64.
[5] Sito web VERITAS: http://veritas.sao.arizona.edu
[6] Sito web H.E.S.S.: http://www.mpi-hd.mpg.de/hfm/HESS
[7] Sito web sorgenti gamma al TeV: http://www.mppmu.mpg.
de/~rwagner/sources
[8] Collaborazione H.E.S.S., Nature, 432 (2004) 75.
[9] Collaborazione MAGIC, Science, 322 (2008) 1221.
[10] Collaborazioni MAGIC, H.E.S.S., VERITAS e VLBA, Science, 325 (2009)
444.
[11] A. De Angelis, M. Roncadelli e O. Mansutti, “Evidence for a new
light spin-zero boson from cosmological gamma-ray propagation?”,
Phys. Rev. D, 76 (2007) 121301; Collaborazione MAGIC, Science, 320
(2008) 1752.
[12] Sito web CTA:http://www.cta-observatory.org/
Alessandro De Angelis
Professore all’Università di Udine e al Politecnico di Lisbona; autore di
oltre cinquecento pubblicazioni, è associato a INFN, INAF, SIF.
Dopo gli studi a Padova, si è occupato di particelle charmate e della
preparazione dell’esperimento DELPHI all’acceleratore LEP del CERN.
Dal 1993 al 1999 è stato associate e staff al CERN, dove ha coordinato
il software di analisi di dati e il gruppo QCD di DELPHI. Tornato in Italia
nel 1999, ha fondato a Udine un gruppo di fisica astroparticellare, che
collabora a due esperimenti di astrofisica gamma: il rivelatore su satellite
GLAST/Fermi e il telescopio MAGIC. Per due anni coordinatore scientifico
di MAGIC, ne è responsabile nazionale e vicepresidente.
vol26 / no1-2 / anno2010 >
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