Tegnue: il reef che non ti aspetti

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Tegnue: il reef che non ti aspetti
Inviato da MisterG
Cosa si intende per reef Si intende una roccia o altra struttura, che si trova appena sotto la superficie dell’acqua e
che può creare pericolo per la navigazione di superficie. Anche una struttura artificiale creata dall’uomo e posta in
acque basse dà origine a un reef. Si tratta comunque di improprio uso del termine, in quanto uno sbarramento artificiale
sommerso crea solo un ambiente consono alla colonizzazione di organismi animali e vegetali.
Di fatto, qualunque corpo solido sommerso può costituire il fulcro di partenza per lo sviluppo di organismi incrostanti, che
sovrapposti gli uni agli altri e con il tempo, danno origine a ricche biostrutture.
I veri reef sono i reef naturali formatosi con i processi biotici dei coralli e delle alghe calcaree, e per l’azione di
organismi biocostruttori, nonchè tramite i sedimenti minerali inorganici. I coralli svolgono un ruolo importante per la
creazione di reef voluminosi ed estesi. Il reef tropicale è costituito dai coralli duri, detti esacoralli. Queste colonie di
animali utilizzano il carbonato di calcio dell'acqua per produrre uno scheletro calcareo, la madrepora. Quando il polipo
muore, il suo involucro serve di base per un nuovo organismo, cosicché la scogliera cresce su se stessa fino a
raggiungere notevole spessore. Intere generazioni di madreporari, cresciuti uno sull'altro costituiscono grandi scogliere
affioranti.
L’esempio più noto è quello della grande “Great Barrier Reef Marine Park” australiana, la più
grande formazione madreporica del pianeta e che si estende per oltre 2200 Km dalla Nuova Guinea a nord e lungo tutta
la costa del Queensland, attualmente parco marino e patrimonio dell’umanità.
La creazione, la crescita e la forma definitiva di una grande biostruttura marina è la conseguenza di numerosi fattori,
primo fra tutti è sempre l’esistenza di una base solida e non particolarmente profonda da non essere illuminata
dal sole. Sulla base solida possono insidiarsi le larve trasportate dalle correnti marine, questa colonia cresce verso
l’alto, verso la luce, cresce fino a che non raggiunge la superficie. Questa crescita in altezza è tipica delle barriere
equatoriali, mentre nei mari temperati le biostrutture naturali crescono in orizzontale e sono costituite da organismi che
resistono ad variazioni ampie di temperatura e salinità
I reef medio-profondi si sviluppano attraverso la sedimentazione di alghe calcaree corallinacee, queste alghe svolgono
un ruolo importante per la costruzione di reef solidi e resistenti, sono il cemento per inglobare scheletri calcarei di
celenterati, briozoi, anellidi, conchiglie di molluschi e anche sedimenti sabbiosi e inorganici. Il reef di questo tipo può
esistere senza il contributo animale ma non senza le alghe calcaree. Si tratta di un ambiente che in genere nel
Mediterraneo si riscontra a partire da 30 metri di profondità, ma che nel nord Adriatico è presente già a partire da 10-15
metri
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Le Tegnue - Si tratta di veri e naturali reef adriatici
Che ad interrompere la monotonia delle distese sabbiose nell'Adriatico settentrionale, da Grado alla foce del Brenta, vi
fossero delle formazioni rocciose, era ben noto all'Abate Giuseppe Olivi che nel 1792 li descriveva con dovizia di
particolari nella sua opera "Zoologia Adriatica".
"... questo mare deve presentare una dimora opportuna alle produzioni sì vegetabili che animali amanti d'abitazione
d'indole disparata ... e per conseguenza vi abbondano gli animali coperti d'integumenti duri per lo più calcarei, i quali
decomponendosi contribuiscono di nuovo a formare concrezioni parimenti calcaree, che rendono quei letti ineguali ed
aspri ..."
Giuseppe Olivi, 1792
Fonte: Ponti, M. (2001) Aspetti biologici ed ecologici delle "tegnùe
Nel dizionario del dialetto veneto di G.Boerio del 1860, dove le Tegnue sono indicate come “eminenze di fondo
marino, elevazioni di massi calcarei nudi, durissimi che sorgono isolati nel fondo molle del mare, sempre coperti
dall’acqua e perciò pericolosi per la navigazione e per la pesca”
Come pure note da sempre erano ai pescatori locali.
Secondo i pescatori del tempo, le roccie che trattenevano e spesso rompevano i loro attrezzi da pesca a strascico
dovevano essere i resti di antiche città sommerse dai flutti in seguito a violente mareggiate o maremoti. Questo si è
pensato per molto tempo e ulteriori ricerche e studi rimasero nel cassetto. Queste formazioni rocciose ritornarono alla
ribalta della cronaca e all’interesse degli studiosi solo negli anni sessanta.
Infatti, si deve ad Antonio Stefanon nel 1967 la notizia della scoperta (meglio dire riscoperta) di areali di rocce sommerse
di origine sedimentaria. Nel 1972, insieme a Carlo Mozzi, lo stesso Stefanon evidenzia la presenza di strutture
organogene, cioè cresciute tramite organismi costruttori.
La particolarità geologica di queste eminenze è che non sono in continuità con la matrice rocciosa della zolla continentale:
questo significa che non sono la vetta scoperta di antiche montagne ricoperte dai fondali marini, ma sono delle "rocce" di
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morfologia e dimensioni diverse che sembrano appoggiate sulla superficie del fondale sabbioso limoso.Dott. Stefano
Soresi
Il tratto di mare prospiciente Chioggia è caratterizzato da un fondale relativamente poco profondo, per lo più costituito da
sabbia e fango, interrotto però da queste estese formazioni rocciose che si elevano per alcuni metri. La presenza di
queste rocce era ben nota ai pescatori fin dal 1700; essi le chiamarono “Tegnùe” in considerazione del
fatto che le loro reti erano trattenute ed a volte seriamente danneggiate; (tegnue significa “tenute”)
rendendo il luogo poco frequentato dai pescatori nonostante la ricchezza biologica dei fondali
Rispetto ai reef tropicali (nati dall’azione in massima parte di madrepore), per le tegnue l’organismo
costruttore principe sono le alghe calcaree corallinacee.si tratta di un vero cemento del reef e che permette al sistema di
resistere alle forze delle onde marine. La base è formata da depositi sabbiosi/carbonatici cementificati e quindi formatosi
tramite consolidamento di sabbie (sedimenti clastici)
La base dura clastica si è formata in tempi non particolarmente lontani, circa 3.000-4.000 anni, in cui si sovrappone la
sedimentazione di organismi marini calcarei (sedimenti bioclastici), su questa base solida si formano le colonie di
organismi vivi, che trovano sviluppo, nutrimento e rifugio.
La presenza di substrati solidi elevati rispetto alla omogenea distesa di fondali sabbiosi crea zone ricche di microambienti
ecologicamente ricchi, che favoriscono un aumento della diversità di specie e un aumento numerico della singola specie.
Esse si collocano fra i 10 ed i 40 metri di profondità e con altezze dal fondale variabile dai pochi decimetri (dette
lastrure)ad alcuni metri (tegnue), con un massimo a 10 metri di altezza. Anche l’estensione può essere variabile,
da pochi metri quadrati ad alcune migliaia di metri quadrati.
Sono distribuite in tutto l’alto Adriatico ma in modo particolare nella parte sud-occidentale del golfo di Venezia. Le
formazioni più estese e meglio conosciute si collocano al largo della città di Chioggia, nella zona fra la laguna sud e la
foce del fiume Brenta a poche miglia dalla costa.
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Tre sono sostanzialmente i tipi di roccia presenti:
- Lastre; formatesi per cementazione dei sedimenti sabbiosi, spesso ricoperte solo superficialmente da organismi
- Blocchi; (anche di forma colonnare) sempre di sedimenti del fondo cementatisi per azione di gas metano filtrante dal
sottofondo. Attraversando i sedimenti, il gas si ossida al contatto con l'acqua interstiziale formandone di nuova, e
liberando contemporaneamente anidride carbonica (CO2). Quest'ultima favorisce poi la precipitazione dei carbonati
(CaCO3, CaMgCO3,), che forma il cemento della base dura.
- Rocce organogene; formate da organismi costruttori cresciuti sui due tipi precedenti ma anche indipendenti da essi .
Queste rocce organogene formano la massa principale degli affioramenti e accolgono la più grande varietà di forme di
vita. Si tratta di veri e propri reef. (Stefanon 1966, 1967, 1970, 2001; Braga & Stefanon, 1969; Stefanon & Mozzi 1972;
Newton & Stefanon, 1975, 1976)
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La tutela e le problematiche di salvaguardia
Le Tegnùe rappresentano ambienti particolarmente importanti dal punto di vista naturalistico sia perché aumentano la
biodiversità dei fondali adriatici sia perché offrono alimento e protezione a numerose specie favorendone la riproduzione
e riducendo la mortalità. Purtroppo però sono ambienti delicati che possono risentire negativamente di fenomeni di disturbo
sia naturali, come nel caso di massicci apporti di sedimenti alluvionali, sia antropici. Tra questi ultimi costituiscono gravi
minacce l'inquinamento, la discarica di rifiuti, la pesca indiscriminata con strumenti atti a raschiare il fondale,
l'ancoraggio.
Data la ridotta elevazione anche le crisi anossiche, che periodicamente di verificano nei pressi dei fondali in seguito ai
fenomeni eutrofici e alla stratificazione della colonna d'acqua, possono causare seri danni alle comunità. Fonte: Ponti, M.
(2001) Aspetti biologici ed ecologici delle "Tegnùe"
Le Tegnùe forniscono riparo per numerose specie ittiche e invertebrati pregiati (che danno un buon reddito) quali
l’astice, occhiate, corvine, saraghi e merluzzetti.
Ben lo sanno i pescatori, che grazie ai moderni sistemi GPS di posizionamento satellitare, arano i fondali sempre più
vicino alle rocce, arrivando anche a rovesciare e distruggere le più piccole, causando un danno ambientale
notevolissimo a lungo termine.
Specie nelle zone tra Grado e Caorle, le draghe turbosoffianti dei pescatori che sarchiano il fondo alla ricerca di vongole
e di altri molluschi pregiati (tartufi, noci, ecc.) sollevano grandi quantità di sedimenti, che si ridepositano sulle vicine
"tegnue" e soffocano gli organismi costruttori e le altre forme di vita sessile.
La roccia organogena così muore. Diminuisce pertanto il generale effetto rifugio di queste zone, che quindi
rappresentano sempre meno quelle oasi di ripopolamento naturale che hanno assicurato tanta abbondanza al nostro
mare per secoli. Il mare viene sfruttato in maniera irrazionale e senza regole, andrebbe invece salvaguardato e protetto
in tutti i suoi aspetti
Sono ambienti delicati che rischiano il tracollo non solo a causa umana ma pure per causa naturale. Come nel caso del
1977, quell’anno eventi atmosferici non favorevoli, per fortuna non frequenti, hanno provocato una estesissima
anossia, dovuta alla mancanza di scambi gassosi fra la superficie e le zone di fondo. Moltissimi animali persero la vita,
anzi, quasi tutti, non si contavano nemmeno gli astici e i molluschi in putrefazione sul fondale, le rocce erano corpi morti
privi di vita. Per fortuna la natura sa riprendersi e a distanza di molti anni le Tegnue sono ritornate un patrimonio
biologicamente ricco e variegato, una ricchezza indispensabile per tutto l’Adriatico settentrionale.
E' sostanzialmente per questo che è indispensabile proteggere le Tegnue come qualsiasi altra barriera corallina, ed il
Comune di Chioggia ha il grandissimo merito di essere stato il primo a recepire il problema. Infatti ha subito pensato alla
loro difesa, presentando domanda alle Autorità competenti) per l'istituzione di una zona di tutela biologica a buona
copertura degli affioramenti rocciosi più importanti e più belli, raggruppati poche miglia al largo della spiaggia di
Sottomarina.Dott. A Stefanon
Innanzitutto è prioritario supportare la ricerca, perchè la conoscenza è un presupposto indispensabile per una gestione
consapevole e responsabile di questi singolari ecosistemi.
Bisogna poi fare divulgazione: le caratteristiche e le peculiarità di questi ecosistemi non sono ancora conosciuti dal grande
pubblico nazionale né tantomeno europeo. E' necessario promuovere la conoscenza di questi ecosistemi attraverso
pubblicazioni, conferenze, manifestazioni, fiere, pubblicità, mostre fotografiche, percorsi guidati e perchè no, attraverso
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l'istituzione di un parco marino a protezione degli affioramenti
più significativi. Dott. Stefano Soresi
Le zone di tutela biologica in particolare vengono istituite mediante decreto del Ministero delle Politiche Agricole, di
concerto con i vari organi ed enti competenti in materia sia a livello locale che nazionale, ai sensi della Legge 963 del
1965 e del DPR 1639 del 1968 e successive modifiche, ai fini di salvaguardia e di ripopolamento delle risorse marine
(Diviacco 1999). Queste aree vengo individuate mediante appositi studi scientifici che ne comprovino l'importanza per la
riproduzione o l'accrescimento di specie marine di rilievo economico. Pur non essendo esplicitamente prevista una
gestione attiva è comunque possibile prevedere azioni di sviluppo nonché attività didattiche e ricreative compatibili. Fonte:
Associazione tegnue Chioggia
Il valore naturalistico di questo habitat è stato riconosciuto e protetto con l'istituzione, nell'agosto 2002, di una Zona di
Tutela Biologica (ZTB) che ha introdotto il divieto di pesca. L'area protetta è stata promossa dal Comune di Chioggia, da
Enti di ricerca ed Università, dalla Regione Veneto, dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, dalla Capitaneria di
Porto, dalle associazioni dei pescatori e dagli operatori turistici. Grazie all'impegno e alle capacità di Piero Mescalchin e
dei suoi filmati subacquei, oggi tutti questi soggetti operano insieme, nell'ambito dell'Associazione Tegnue di Chioggia,
per salvaguardare e valorizzare questo ambiente unico. Recentemente (3 Agosto 2006) le Tegnue di Chioggia hanno
ottenuto lo status di oasi di tutela biologica permanente, una tutela ampia 30 kilometri quadrati e divisa in 4 aree
principali . Fonte: Associazione Tegnue Chioggia.
Oasi di tutela che diventa la prima zona marina protetta della regione, in uno dei tratti di mare più interessanti e ricchi di
flora e fauna dell'alto Adriatico, mare pesantemente minacciato dall'intensa attività di pesca e che annovera
numerosissime specie animali e vegetali. Anche al largo di Caorle, più a nord, esistono Tegnue tutelate attraverso la
creazione di un’oasi marina, si tratta dell’oasi di porto Falconera, Tegnue comunque meno importanti ed
estese rispetto a quelle di Chioggia. Un’area simile abbastanza importante ed estesa, si trova in acque
internazionali ad oltre 20 miglia dalla costa veneta e attualmente non è tutelata in nessun modo.
Associazione Tegnue di Chioggia onlus
La sede si trova a Chioggia, Palazzo Morari - 30015 - Chioggia (Ve), Italy
Indirizzo web: http://www.tegnue.it/
<L'Associazione, senza fini di lucro, si propone di perseguire esclusivamente finalità di tutela e valorizzazione della natura
e dell'ambiente con attività scientifiche, didattiche, sportive e ricreative con riferimento alla zona di tutela biologica
"Tegnue di Chioggia" istituita con Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in data 5 agosto 2002 (G.U. n.
193 del 19-8-2002).
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Si vuole favorire la diffusione della conoscenza di detta zona di rispetto ambientale tramite la raccolta, lo studio,
l'elaborazione dei dati ambientali, le pubblicazioni di scritti e video sull'ambiente marino dell'Alto Adriatico. Saranno
favoriti anche i rapporti con Università, gruppi di ricerca scientifici, enti pubblici e privati, associazioni subacquee sportive.
Ci si prefigge di ottenere la formazione di tecnici mediante l'istituzione di corsi didattico/scientifici di specializzazione e
l'organizzazione di visite guidate.
Studi, ricerche e manifestazioni in Italia ed all'estero, potranno favorire la conoscenza dell'Associazione e delle sue
finalità.>
Il Presidente
Piero Mescalchin
La città di Chioggia
Un cenno di riguardo merita la città di Chioggia, sede dell’associazione“Tegnue di Chioggia”
Si narra che Antenore, fuggito da Troia dopo la sua sconfitta, trovò rifugio nelle coste dell'Adriatico assieme ad Aquilio e
Clodio, anch'essi fuggitivi. La leggenda si dirama poi in tre parti: Aquilio, Antenore e Clodio fondarono rispettivamente le
comunità di Aquileia, Padova e Clodia. Per quest'ultima, Clodio scelse come stemma un leone rampante rosso a ricordo
di Troia. Il nome Clodia poi cambiò nei secoli in Cluza, Clugia e Chiozza, per poi arrivare a Chioggia
Con i suoi 52 mila abitanti è la sesta città più popolosa del Veneto. Situata nell’estremo lembo meridionale della
Laguna di Venezia, occupa una posizione geografica singolare: tra mare e laguna. È divisa dal mare da una lunga striscia
di arenile, il lido di Sottomarina, che va dalla bocca di porto di San Felice alla foce del Brenta. La sua “forma
urbis”, ovvero la struttura della città, ha sempre incuriosito studiosi, viaggiatori e scrittori, al punto da essere
considerarta un esempio classico e citatissimo di pianta urbana, sintesi incomparabile di morfologia naturale e di
funzionalità rispetto all’antico mestiere delle saline e poi a quello della pesca. Le linee verticali della piazza e dei
canali si intersecano con quelle orizzontali delle calli scandite con regolarità e in un ordine quasi perfetto. Solo
artificialmente è un isola: e lo è dalla metà del 1500, quando fu scavato il canale della Cava per ragioni di sicurezza
militare, dalla Repubblica Serenissima, del cui dogado risultava essere la seconda città.
Ha ritrovato la sua naturale continuità con la terraferma attraverso un antico ponte a 43 arcate, costruito a metà del 1700,
un luogo da cui è possibile ammirare straordinari tramonti di fuoco in laguna. Fonte: http://www.tegnue.it/
La marineria di Chioggia è formata da circa 450 barche, 200 praticano la pesca a strascico e sono pescherecci di capacità
anche superiore alle 150 tonnellate di stazza. Le altre praticano soprattutto la piccola pesca. Vi sono anche
un’ottantina di turbosoffianti riunite in un consorzio di gestione, che praticano la pesca delle vongole e dei
cannolicchi.
Come arrivare a Chioggia
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da Milano:
autostrada A 4 uscita Padova Interporto – seguire le indicazioni per Piove di Sacco e poi Chioggia,
- da Bologna:
autostrada A 13 – uscita Monselice – seguire le indicazioni per Chioggia
-da Venezia/Mestre:
SS 309 Romea in direzione Ravenna, uscita Chioggia
Partendo da Venezia si può raggiungere Chioggia anche tramite collegamenti lagunari in motonave, con soste intermedie
al Lido e Pellestrina
Caratteristiche fisiche e ambientali del luogo
Il nostro ambiente è il mare Adriatico
L'Adriatico è lungo quasi 1000 chilometri ma largo in media meno di 200 e presenta una importante circolazione ad
andamento antiorario.
Acque più calde e più salate entrano dallo stretto d’Otranto e risalgono sino a Trieste lungo le coste albanesi e
quelle dell’ex-Jugoslavia, per poi ridiscendere lungo quelle italiane, arricchite da un grande apporto fluviale tra
l’Isonzo ed il Po.
Si forma così un ampio sistema di correnti, influenzato notevolmente anche dai venti di bora (da nord-est) e di scirocco
(da sud), dalle onde da essi sollevate e dalle maree.
I fondali degradano verso sud con minima pendenza sino a est di Ancona, dove la profondità aumenta rapidamente da
100 a 265 metri per poi risalire formando così una depressione.
Il fondo quindi ridiscende per superare i 1100 metri di profondità al largo di Bari.
Il fondale risale poi davanti a Brindisi ed Otranto, per scendere successivamente oltre i 4000 metri nel mar Jonio. Fonte:
http://www.salve.it
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L’Adriatico possiamo dividerlo in tre zone principali: la settentrionale (dal Conero all’apice meridionale
dell’Istria), la centrale (dal Conero al golfo di Manfredonia), e la meridionale (dal golfo di Manfredonia a Otranto).
Mentre la parte centrale è molto simile al Mediterraneo occidentale a parte alcuni endemismi peculiari adriatici, la parte
meridionale viene influenzata biologicamente dal Mediterraneo orientale sotto l’influsso dello Ionio e del vicino
mare Egeo, zona medialmente più calda, profonda e dove si riscontrano nuove specie provenienti dal mar Rosso
attraverso il canale di Suez. La zona settentrionale, ed in particolare i Golfi di Trieste e Venezia, hanno mantenuto una
peculiarità fisica e biologica che ricorda per certi aspetti il nord Atlantico. Le basse temperature invernali, 5-6°, e la salinità
molto variabile dovuta ad apporti fluviali padani, la scarsa profondità, e le escursioni di marea piuttosto ampie (le più
ampie di tutto il Mediterraneo), confermano questo aspetto.
Le coste occidentali dell’alto Adriatico rappresentano una nota distintiva nel panorama italiano costituito in
maggioranza da coste rocciose. In questo tratto di costa sono inclusi i delta ed estuari di numerosi fiumi fra i quali: il
Savio, il Reno, il Po, l’Adige, il Brenta, il Piave, il Sile, il Tagliamento, il Livenza, l’Isonzo, mentre la costa
orientale istriano/dalmata non presenta fiumi di portata rilevante. La costa nord-occidentale inoltre presenta una serie di
lagune salmastre quasi ininterrotte che vanno dalla città di Cervia (Romagna) fino a Monfalcone (pochi kilometri da
Trieste), ingoblando il delta del Po e le grandi lagune di Venezia e Grado, oltre ad una serie di estuari fluviali e lagune
minori come quelle di Comacchio e Caorle, si tratta di una superficie totale lagunare di 1000 kmq e una lunghezza
frammentata di oltre 200 km, che pone il complesso salmastro/lagunare del nord Adriatico al secondo posto come
estensione di tutto il bacino Mediterraneo, subito dopo il grande delta del Nilo in Egitto. Gli attuali fondali di conseguenza
sono di natura sedimentaria, cioè sabbiosi/fangosi. La temperatura media è di circa 15 gradi con minime in febbraio e
massime in agosto. La salinità media è circa 37% ma varia in base alle condizioni meteo, alle correnti e all’apporto
fluviale padano/veneto.
Nonostante il grande apporto di detriti trasportati a mare da fiumi fra i più importanti d’Italia e il loro bacino che
attraversa una zona altamente popolata e sviluppata come la pianura padano-veneta (oltre ai fiumi appenninici
marchigiani e abruzzesi); il mare Adriatico risulta un mare ricco di specie e molto pescoso; infatti, circa il 70% del
pescato italiano è di origine adriatica. La ricchezza di vita di questi ambienti è incredibile, maggiore che in molte altre
zone del Mediterraneo.
Solo fra gli macroinvertebrati bentonici sono state catalogate in Adriatico oltre 2.300 specie
Basti pensare al numero elevato di marinerie da pesca presenti lungo la costa adriatica italiana, tra le più importanti da
nord a sud da citare: Grado, Caorle, Pellestrina, Chioggia, Cesenatico, Comacchio, Porto s.Giorgio, S. Benedetto del
Tronto, Pescara, Termoli, Manfredonia, Molfetta, Otranto
La caratteristica delle acque dell’alto adriatico è l’elevata torbidità, dovuta, tanto al fondo sabbioso e alla
poca profondità di questo mare, tanto all’abbondanza di nutrienti. La conseguente scarsità di luce, fanno in modo
che siano presenti pochissimi vegetali, solo due o tre specie di alghe rosse sono in grado di fotosintetizzare. La
componente animale è costituita in abbondanza da organismi sessili filtratori.
Ma proprio questa bassa trasparenza dell'acqua dovuta alla grande ricchezza di plancton è uno dei fattori determinanti
della grandissima pescosità di questo mare.
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La diversità biologica delleTegnue
In ecologia con il termine biodiversità viene indicato il grado di eterogeneità di un popolamento naturale, in altre parole,
quante forme differenti di animali e piante vivono in un determinato ambiente. Un habitat naturale con numerose
biodiversità è indice di ambiente inalterato e sano
La biodiversità è un elemento determinante per il successo di un ecosistema, maggiore è il numero di specie e minore
saranno i rischi di un blocco della catena biologica di un habitat. Se una specie, per qualsiasi motivo, scompare da un
ambiente, un’altra specie con caratteristiche simili può prendere il suo posto e permette quindi che il meccanismo
non si inceppi pericolosamente
Da ricordare che oltre ai reef naturali costituiti dalle Tegnue, nell’alto Adriatico possiamo trovare molte strutture
artificiali appositamente poste dalla mano dell’uomo, atte nel favorire la diversità biologica marina ed nel creare
ostacolo verso una pesca a strascico molto deleteria per il fondo marino, è il caso di blocchi di cemento o di barriere
artificiali antiflutti, poste in punti strategici del fondale. La messa in opera di reef artificiali sommersi, fatti con strutture in
calcestruzzo, carcasse di automobili e imbarcazioni appositamente affondate, è una pratica che nell’Adriatico
conta ormai oltre 30 anni di vita; queste strutture sono più diffuse al largo delle coste marchigiane ma non mancano nel
golfo di Trieste, lungo il litorale veneziano del Cavallino e la costa romagnola. In tempi recenti si stà diffondendo
l’idea di utilizzare come artificial/reef le piattaforme di perforazione in disuso, tramite affondamento controllato;
pratica già collaudata nel golfo del Messico e nel mare del Nord con buoni risultati.
Un esempio ci viene dalla piattaforma “Paguro” affondata però a causa di esplosione al largo di Ravenna
nel 1965 e che adesso costituisce una mini oasi naturalistica molto frequentata dal mondo sub. Così pure per il
mercantile Evdokia II affondato nel 1991 a poche miglia da Chioggia, anch’esso è diventato sicuro rifugio di
numerose specie sessili come specie mobili
In genere, la creazione di barriere artificiali sommerse comporta impegni finanziari ragguardevoli a seguito degli elevati
costi per il reperimento del materiale da utilizzare. Nel caso delle piattaforme dismesse, i costi sono di gran lunga
inferiori.
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I moduli in calcestruzzo, con il tempo, hanno dato risultati soddisfacenti. In genere sono composti da elementi modulari di
forma piramidale o cubica, variamente sovrapposti a formare delle strutture che sfruttano al meglio i diversi gradi di luce
e temperatura o le diverse forze idrodinamiche presenti, e permettono l’insediamento di organismi sessili quali le
cozze, le ostriche e favoriscono lo sviluppo del novellame di vari animali, sono aree di ripopolamento in quanto favorevoli
per la deposizione di uova, di capsule ovigere, di larve e molte altre forme riproduttive che necessitano di un solido
ancoraggio. Inoltre la ricchezza e diversità delle catene trofiche disponibili e i numerosissimi rifugi favoriscono sia lo
sviluppo delle forme giovanili di numerose specie, riducendone la mortalità, sia il richiamo di specie ittiche pregiate, legate
a substrati solidi in cui trovano sostentamento.
La popolazione ittica di una barriera artificiale puo subire delle variazioni stagionali determinate sia dall’ecoetologia delle varie specie, sia dalle condizioni ambientali. Ad esempio, in Adriatico, molte specie ittiche migrano in
autunno dalle barriere sottocosta verso il largo, in acque più profonde e calde, per poi ritornare in primavera.
Ritorniamo alle Tegnue, reef naturali, e come tali sicuramente più ricchi di vita rispetto alle strutture artificiali
Come detto, gli organismi costruttori principali sono le alghe calcaree sciafile, queste ultime sono influenzate dalla
intensità della luce naturale, che può essere diversa da zona a zona in base alla profondità e alla torbidità dell’acqua.
Le velocità di accrescimento per alcune "tegnùe", desunte sulla base degli spessori raggiunti e delle datazioni eseguite,
sono tra 0.25 e 0.75 mm all'anno (Gabbianelli et al. 1997).
Altro organismo costruttore importante è un animale, si tratta di una sclerattinia endemica del mediterraneo, la Cladocera
caespitosa, pure alcuni anellidi serpulidi e i briozoi portano il loro contributo in tal senso, come del resto le parti calcaree
dei gusci e scheletri di bivalvi, gasteropodi e madrepore varie
L'attività concrezionante è in parte bilanciata da organismi perforatori e demolitori quali clionidi e alghe endolitiche
(Cerrano et al. 1999)
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Le alghe calcaree sono Rhodophyta (alghe rosse) appartenenti alla famiglia delle Corallinacee. In queste alghe la parete
è impregnata di carbonato di calcio (CaCO3) depositato sotto forma di calcite o aragonite. Vivono in genere fino a 20 m
di profondità anche in zone ad elevato idrodinamismo dove possono creare vere e proprie formazioni rocciose. Le specie
più note sono Mesophyllum lichenoides, Lithophyllum spp., Pseudolithophyllum spp. e Lithothamnion spp. Fra le specie
calcaree vi sono poi delle forme ramificate e grandi qualche centimetro (dei generi Lithophyllum e Lithothamnion)
chiamate generalmente "praline" o col termine bretone "maërl"; si tratta di "bentopleustofite" che vagano ruzzolando
spinte dalle correnti e finiscono per accumularsi in zone depresse più o meno profonde dove insieme a briozoi, coralli e
gusci di molluschi possono formare anche grandi depositi di Rhodoliti, così come li chiamano i geologi. Piccoli banchi di
maërl sono presenti anche in alcune zone dell'Adriatico settentrionale a profondità comprese fra i 30 e i 70 m e non si
esclude che alcuni di questi potrebbero costituire la base per la formazione di "tegnùe" profonde.
Fonte: Ponti, M. (2001) Aspetti biologici ed ecologici delle "tegnùe
La colonna d’acqua dell’alto Adriatico, ricca di sostanze nutritive portate dai fiumi, si arrichiscono di
fitoplancton che costituisce la base alimentare dello zooplancton, questo a sua volta costituisce l’alimento
principale di numerose specie sessili e mobili (filtratori, detritivori) presenti nel reef; la catena alimentare si chiude con i
grandi predatori costituiti da pesci, crostacei e cefalopodi
Mentre sui sedimenti teneri adiacenti ritroviamo anellidi, echinodermi, gasteropodi, crostacei e bivalvi infossori
La conformazione delle Tegnue, molto porose e piene di piccoli e grandi anfratti, permettono l’insediamento di
una grande quantità di organismi bentonici (che vivono sul fondo) sia sessili che mobili. La ricchezza biologica delle rocce
è favorita dalla notevole porosità delle rocce stesse, la presenza di anfratti, spaccature e micro cavità è dovuta alla diversa
velocità ed irregolarità di accrescimento dei vari organismi costruttori, che permette ad altri organismi successivi di trovare
facili condizioni d’insediamento e sviluppo
Sui fondi duri si insediano organismi stabilmente sessili tra cui: celenterati, cirripedi, briozoi, echiuridi, tunicati, poriferi,
bivalvi sessili.
Da notare inoltre che man mano ci si allontana dalla costa, la vita marina sulle Tegnue si fa sempre più ricca, con un
maggior numero di specie, più variegate e meglio visibili, grazie ad una limpidezza dell’acqua maggiore rispetto
alle zone costiere
<Quel fondo del mare lo stiamo capendo solo adesso. Bisogna studiarlo di più. Oltre ad essere una meraviglia per la
quantità di specie di flora e fauna, lo è anche per il complesso fenomeno ambientale e biologico> <Gli studi universitari
recenti dicono che la quantità di individui per metro quadrato nelle tegnue vanno da 450 a tremila>< sono state trovate
nelle tegnue 315 specie diverse mai segnalate prima, oltre a specie rare e rarissime> Dott. A.Stefanon
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Gli organismi mobili nell’ambiente roccioso sono numerosi: i molluschi nudibranchi gasteropodi cefalopodi, i
platelminti, i nemertini, e crostacei tipici di ambienti rocciosi (fra cui specie pregiate quali le granseole e gli astici). Anche
le stesse specie presenti sul substrato tenero frequentano le rocce organogene, come nel caso di echinodermi ofiuridi
(presenti in grande quantità sulle Tegnue)
La fauna ittica consiste in fauna bentonica e pelagica
Fra i primi, numerosi sembrano i gronghi e i blennidi, come pure i gobidi, inoltre sono presenti le corvine, le ombrine, le
castagnole, i saraghi, gli scorfani, i labradi, i branzini e le triglie
Fra i secondi, le Tegnue attraggono e vi trovano alimento numerosi banchi di pesci pelagici quali: le sardine, le boghe, gli
sgombri, le occhiate e particolarmente numerosi sono i merluzzetti. Da rilevare infine che le Tegnue e altre strutture
artificiali della zona vengono utilizzate dai gattucci, palombi e verdesche per deporvi le uova, cosi pure per cefalopodi
come i calamari. Nella zona non è infrequente osservare i Tursiopi a caccia, si tratta dei delfini più comuni
nell’Adriatico settentrionale
Riepilogo delle specie significative presenti sulle Tegnue
Poriferi
Sono gli organismi che più facilmente ritroviamo fra le strutture organogene e possono raggiungere un numero elevato di
individui, sono stabilmente sessili e possono vivere in qualsiasi substrato. Sono animali privi di organizzazione tessutale,
sono filtratori e presentano un’ampia varietà di forme, colori e consistenze che rendono il riconoscimento
sistematico abbastanza complesso.
Si dividono in: Calcisponge spugne calcaree di piccole dimensioni, Demosponge sono la maggior parte delle spugne,
Esattinellida sono spugne con struttura scheletrica, Sclerosponge sono le spugne coralline sciafile
Fra le varie specie presenti posso citare la Suberites carnosus (Johnston, 1842) spugna rotonda e morbida al tatto, dal
colore giallo aranciato, vive in zone rocciose ma anche in substrati fangosi ancorata su pietre sepolte, la Chondrosia
reniformis (Nardo, 1847) dalla forma irregolare, vive in ambienti poco illuminati e acque fresche, Cliona viridis (Schmidt,
1862) dal corpo massiccio irregolare e lobato, Suberites domuncula (Olivi, 1792) vive in simbiosi con i paguri e viene
denominata pallottola
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E ancora, Crambe crambe (Schmidt, 1862) spugna rossa endemica del Mediterraneo, vive in simbiosi con alcuni bivalvi
del genere spondylus e arca, Axinella polypoides (Schmidt, 1862) spugna con ramificazioni numerose ad alberello,
Aplysina cavernicola (Vacelet, 1959) presente dove la luce è meno intensa, Tethya citrina (Sara & Melone, 1965) piccola
spugna sciafila, rotonda, giallastra.
Altre specie di poriferi presenti sono: Haliclona mediterranea (Griessinger, 1971) - Aplysina aerophoba (Schmidt, 1862) Raspaciona aculeata (Johnston, 1842 ) - Raspailia viminalis (Schmidt, 1862 ) - Geodia cydonium (Jameson, 1811) Dysidea avara (Schmidt, 1862) - Polymastia mammillaris (Müller,. 1806) - Ircinia variabilis (Schmidt, 1862)- Dictyonella
incisa (Schmidt, 1880)- Tedania anhelans (Lieberkuhn, 1859)
Celenterati
Comprendono animali apparentemente molto diversi fra loro, cioè: attinie, meduse, gorgonie, polipi, anemoni. La
caratteristica comune è la forma del corpo a sacco e di avere tentacoli o cellule urticanti
Il phylum comprende 4 classi: idrozoi, cubozoi, scifozoi e antozoi.
Possono essere sessili come pelagici, solitari come coloniali
I celenterati più diffusi nelle Tegnue sono gli anemoni in varie specie e fitte colonie di idrozoi. Presenti sono grandi
esemplari di Cerianthus membranaceus (Spallanzani, 1784), il cerianto è un animale con un corpo delicato e molle,
molto simile a quello di un'attinia ma senza il disco pedale, dal corpo vermiforme lungo e affossato in gallerie nel
substrato molle adiacente alle rocce, presenta lunghi e numerosi tentacoli esterni. La già citata madrepora antozoa
Cladocora caespitosa (Linneo, 1767) una specie fotofila, che vive cioè fin dove la luce penetra in profondità, capace di
costruire vere e proprie scogliere, è il più grosso madreporario del Mediterraneo. La colonia di cladocere cresce per
gemmazione, all'interno dei tessuti risiedono delle zooxantelle, alghe di colore verde, queste contribuiscono ai processi
di costruzione dello scheletro calcareo del celenterato.
Presente anche la margherita di mare, ossia Parazoanthus axinellae (Schmidt, 1862) una specie antozoa, che vive fino a
profondità di circa 100 m colonizzando le pareti rocciose e gli anfratti poco illuminati e formando colonie abbastanza
estese in certi tratti di Tegnue, spesso vive in simbiosi con delle spugne. Segnalata la presenza di Maasella edwardsi (de
Lacaze-Duthiers, 1888) un piccolo ottocorallo coloniale ritenuto specie rara per l’Adriatico. E per concludere:
Cornularia cornucopiae (Pallas, 1766) un ottocorallo privo di struttura rigida, l’Anemonia viridis (Forsskål, 1775)
una attinia molto urticante dalla colorazione variabile e dove facilmente si rifugiano crostacei e piccoli pesci, la Cereus
pedunculatus (Pennant, 1777) una attinia che vive in ambienti sabbiosi ma con il piede attaccato ad una base solida
sepolta, Epizoanthus arenaceus (Delle Chiaje, 1822) simile al Parazoanthus ma di colorazione grigio sabbia e con
delicati tentacoli bianchi, specie coloniale.
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Anellidi
Animali vermiformi bentonici, possono essere affossatori, strisciatori, di certo sono in maggioranza animali detritivori ma
non mancano le specie filtranti e predanti. Gli anellidi marini più conosciuti sono i policheti, questi si differenziano molto
fra loro per forma, colore, riproduzione e strategia di sopravvivenza, possono essere erranti come sedentari
Numerosi nelle Tegnue sono gli anellidi serpulidi, in particolare i generi Pomatoceros, Serpula e Protula, tanto numerosi
da ricoprire ogni superficie in strati successivi e dando il proprio contributo alla costruzione rocciosa.
Presente pure il spirografo Sabella spallanzanii (Gmelin, 1791), ha un tubo molto allungato, cilindrico, eretto e di
consistenza quasi gommosa. Il pennacchio branchiale dal colorito molto variabile, con fondo arancio o giallo, e striature
brune o viola. Vive in ogni tipo di ambiente, colonizzando rocce, sabbia, relitti e qualsiasi altro tipo di substrato. Da citare
inoltre l’anellide, Sabella penicillus (Linnaeus, 1767) detto verme pavone.
Gli Echiuridi sono un gruppo simile agli Anellidi, l'esemplare più noto ai subacquei è la Bonellia viridis (Rolando, 1821)
strano organismo, in cui il maschio, molto piccolo rispetto alla femmina, vive nella proboscite del corpo femminile come
un parassita
Platelminti
Sono vermi piatti non segmentati, sono quasi tutti bentonici, facilmente i platelminti marini si confondono con i
nudibranchi.
I Nemertini sono un gruppo simile ai Platelminti, ma a differenza di questi sono muniti di proboscide estroflettibile, quasi
tutti marini e vivono in preferenza nella zona costiera intertidale
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Echinodermi
Phylum essenzialmente marino e comprende animali distribuiti in tutti i mari. Comprendono le stelle marine, i ricci, le
ofiure, le oloturie.
Sono dotati di un scheletro sottocutaneo calcareo dotato di spine e una simmetria raggiata del corpo
Anche fra gli Echinodermi numerose sono le specie tipicamente presenti nelle biocenosi delle Tegnùe, come: la
Cucumaria planci (Brandt, 1835) detta cetriolo di mare, si tratta di una oloturia presente in tutto il Mediterraneo fino a 60
metri di profondità, vive in molti tipi di fondale ma soprattutto dove ci sono le ascidie e corallinacee, altra oloturia è la
Holothuria polii (Delle Chiaie, 1823) . Un ofiuride molto comune che troviamo in popolazioni talvolta densissime di
individui è il Ophiotrix fragilis (Abilgaard, 1789), è una stella serpentina spinosa che può vivere in colonie numerose fra le
rocce, le spaccature e in fondi fangosi. Specie simile ma priva di spine è la Ophioderma longicaudum (Retzius, 1805).
Altre stelle questa volta asteroidee sono: l’Echinaster sepositus (Retzius, 1783) comune stella rossa dalle cinque
braccia che soffre le temperature elevate, l’ Asterina gibbosa (Pendant, 1777) piccola ma resistente stella che
preferisce le zone poco profonde. Per concludere, i ricci echinoidei quali: Paracentrotus lividus (Lamarck, 1816), Echinus
acutus (Lamarck, 1816) e Sphaerechinus granularis (Lamarck, 1816).
Briozoi
Animali coloniali sessili quasi essenzialmente marini di piccole dimensioni, rivestono molta importanza per la formazione
e il consolidamento di biostrutture sottomarine, grazie al loro esoscheletro chitinoso infiltrato di carbonato di calcio. Infatti
anche i Briozoi sono fra gli organismi costruttori del reef. Comprendono animali sessili denominati volgarmente falso
corallo, trina di mare, corna di cervo, rosa di mare etcc.. Fittissime sono le colonie di briozoi, sia incrostanti che eretti,
spesso epibionti di altri organismi, da segnalare il Myriapora truncatum (Pallas ,1766) o falso corallo per il suo colore
vivace simile al Corallo rosso, con il quale viene talvolta confuso da un occhio inesperto, presente a partire dai 20 metri
di profondità. Presente pure la Retepora cellulosa (Linneo, 1758), conosciuta con il nome comune di rosa di mare o
merletto di mare
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Tunicati
Sono detti anche Urocordati. Organismi caratterizzati da una corda dorsale in fase giovanile, il nome deriva dal
rivestimento a tunica di questi animali che possono essere singoli o coloniali, bentonici o pelagici.
Tipica la presenza di numerosi esemplari di Tunicati nelle Tegnue, fra i quali le grandi e colorate colonie di Aplidium
conicum (Olivi, 1792) detto anche “pan di zucchero”, i mimetici Microcosmus vulgaris (Heller, 1877), i
grandi esemplari di Ascidia mentula (Muller, 1776), o le colonie di Polycitor adriaticus (von Drasche, 1983)
quest’ultima è una ascidia coloniale di forma globosa, bulbosa, si presenta di colore bianco e non supera i 10 cm
di diametro, vive sui fondi duri organogenici fino a circa 30 metri di profondità. Da segnalare inoltre le ascidie: Clavelina
sabbadini (Brunetti, 1987), Cystodytes dellechiajei (Della Valle, 1877), la Phallusia mammillata (Cuvier, 1815) nota come
pigna di mare, e la Botryllus schlosseri (Pallas, 1776) ascidia coloniale con i singoli individui a forma di fiore, e per
concludere; Aplidium tabarquensis (Ramos-Espla, 1991) dal bel colore arancio intenso e le piccole ascidie del genere
Didemnum
Molluschi
Grande phyllum che comprende i gasteropodi, i bivalvi, i cefalopodi.
Numerosissime sono le specie presenti nelle Tegnue, sia nelle rocce come nelle sabbie adiacenti. Numerosi i bivalvi
infossatori come i bivalvi sessili (mitili e ostriche), questi ultimi più numerosi in biostrutture artificiali piuttosto che naturali,
non mancano i gasteropodi muricidi, le turritelle, le littorine, i nudibranchi e i cefalopodi, fra questi ultimi in modo
particolare:: la seppia Sepia officinalis ( Linnaeus, 1758) una delle tre specie mediterranee, la femmina depone le uova in
grappoli neri attaccati alle rocce; il calamaro Loligo vulgaris ( Lamarck, 1798) raggiunge i 30-40 cm di lunghezza, è una
specie pelagica ma durante il periodo riproduttivo si avvicina alla costa, dove depone le uova in ammassi gelatinosi che
fissa al substrato; il moscardino Eledone moschata (Lamarck, 1798) che vive fra 15 e 80 metri tranne in primavera
quando si avvicina alla costa per riprodursi.
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<Sono frequenti le capsule ovigere di Sepia sp e nel periodo di deposizione si possono trovare cavità piene di uova di
Loligo sp.>( Boldrin Et.al.1980)
Basti pensare che in un biotopo simile, organogeno, localizzato 20 km ad est di Venezia, sono stati censiti ben 152
specie di molluschi divisi in: gasteropodi 92- bivalvi 57- poliplacofori 3; questo per renderci conto dell’importanza
biologica di questo phyllum
Altre specie interessanti di molluschi sono: Arca noae (Linnaeus, 1758) bivalve dalla forma irregolare e belle striature
colorate, vive nelle zone rocciose, facilmente si mimetizza tramite simbiosi con spugne rosse del genere Crambe. Un
abbondante bivalve è la Chlamis varia (Linnaeus, 1758), un pecten dai colori molto vari dal rosso al giallo. Molto simile è
la Chlamis multistriata (Poli, 1795). Altro pecten è l’ Aequipecten opercularis (Linnaeus, 1758). Per queste
strutture sommerse da segnalare le patelliformi, Diadora graeca (Linnaeus, 1758) e Diadora italica (Defrance, 1820). Un
gasteropode della famiglia turbinidae e dall’opercolo caratteristico è la Bolma rugosa (Linnaeus, 1767), vive in
ambiente roccioso e si nutre di alghe
In zone con substrati morbidi adiacenti alle rocce, ancora frequenti sono i grandi bivalvi, Pinna nobilis (Linnaeus, 1758)
dalla forma triangolare, valve grandi e fragili e dalla colorazione bruno chiara e la simile ma più piccola Atrina pectinata
(Linnaeus, 1758). Inoltre si rinvengono i Pecten jacobaeus (Linnaeus, 1758) comunemente noti come capesante, la
Venus verrucosa (Linnaeus, 1758) nota con il nome di tartufo di mare, e il Spondylus gaederopus (Linnaeus,1758),
bivalve che vive attaccato con la valva sinistra ad una roccia, spesso viene ricoperto totalmente dalla spugna rossa
Crambe. La Natica millepunctata (Lamarck, 1822) e Natica hebraea (Martyn, 1784) entrambi gasteropodi predatori,
presenti nelle zone sabbiose adiacenti. Frequentano di più le rocce, i gasteropodi muricidi, Murex brandaris (Linnaeus,
1758) e Trunculariopsis trunculus (Linnaeus, 1758) quest’ultimo conosciuto anche con il sinonimo di Hexaplex
trunculus, entrambe le specie in Veneto vengono denominate con il nome comune di “garusolo”
In buon numero sono i nudibranchi (gasteropodi privi di conchiglia) con diverse specie, legate troficamente ad altri
organismi in genere sessili, alcuni nudibranchi facilmente vengono confusi con le planarie
Crostacei
Classe del phylum Artropodi
Organismi caratterizzati da un guscio (carapace) rigido, impregnato di sali minerali, e da appendici articolate che
assumono a seconda della posizione una funzione diversa: locomozione, alimentazione, riproduzione, funzione
sensitiva. I crostacei possono essere sia bentonici sia planctonici sia nectonici.
Nelle Tegnue i crostacei principe sono: l’astice Homarus gammarus (Linnaeus, 1758) crostaceo di grossa taglia,
denominato “elefante di mare” e che può pesare fino a 5 kg, predilige i fondali rocciosi, solitario, si ciba di
molluschi, anellidi e pesci morti. La grancevola o granseola, Maja squinado (Herbst, 1788) vive sia in fondali arenosi
come rocciosi detritici, crostaceo ricercato ma difficilmente si fa vedere essendo per giunta molto mimetico ospitando
sopra il suo carapace alghe e altri organismi, si ciba di piccoli pesci e animali morti. Il favollo altrimenti noto come
granchio poro, Eriphia verrucosa (Forskål, 1775) grosso granchio da scogliera non profonda (massimo 10 metri poi
diventa più raro) munito di robuste chele minacciose
Tutte le tre specie citate sono all’apice della catena alimentare.
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Fra le rocce delle Tegnue non mancano altri crostacei meno appariscenti ma altrettanto importanti per la catena trofica,
tra i quali i gamberi: Palaemon serratus (Pennant, 1777) e Lysmata seticaudata (Risso, 1816) quest’ultimo munito
di lunghe antenne e conosciuto come gambero pulitore, e la grande cicala di mare Scyllarus arctus (Linnaeus, 1758)
crostaceo protetto essendo sempre meno reperibile. Ancora fra i granchi da citare la Dromia personata (Linnaeus, 1758)
detto il granchio fachiro per l’abitudine di portare a spasso nel carapace, spugne, ascidie, alghe varie, la Ilia
nucleus (Linnaeus, 1758) granchio inconfondibile con il corpo sferico detto testa di morto, la Xanto poressa (Linnaeus,
1758) crostaceo molto diffuso in tutto il Mediterraneo e che ben si adatta all’acquario, e la piccola granseola Maja
crespata (Risso, 1827). Presenti sono i balani (crostacei cirripidi) detti dente di cane, una specie diffusa è il Balanus
trigonus (Darwin, 1854). Numerosi sono i paguri fra cui: Paguristes oculatus (Fabricius, 1775) un paguro che vive in
simbiosi con piccole spugne e piccoli anemoni, il Dardanos arrossor (Herbst, 1796) il più grande paguro del
Mediterraneo, oltre che conosciuto per il nome comune di bernardo l’eremita. Da segnalare infine nelle zone
sabbiose di preferenza, il Pagurus prideauxi (Leach, 1815) e il Diogenes pugilator (Roux, 1829)
La fauna ittica
Sono state censite 32 specie appartenenti a 14 famiglie
In un reef che si rispetti, la fauna ittica è composta in maniera rilevante da pesci bentonici o comunque molto legati alle
rocce e al substrato, anche le Tegnue non fanno eccezione a questa regola. Le famiglie bentoniche per eccellenza non
possono che essere i blennidi e i gobidi, famiglie, per giunta, imparentate strettamente
I Blennidi sono pesci privi di vescica natatoria e di squame. Si muovono sul fondale, appoggiandosi alle pinne ventrali,
sono presenti nel Mediterraneo con 21 specie. I Gobidi si differenziano per la presenza di squame e per l’assenza
di tentacoli sopraorbitali, circa 40 sono le specie presenti nel solo Mediterraneo. Entrambi sono pesci che riescono
facilmente ad adattarsi e ad sfruttare al meglio l’ambiente in cui vivono. Sfruttano le fessure come tane, per il
riparo notturno e la riproduzione. Sono pesci opportunisti e alcune specie non dimostrano paura verso l’uomo.
Parablennius tentacularis (Brünnich, 1768), Parablennius rouxi (Cocco, 1833), Parablennius gattoruggine (Linnaeus,
1758), Gobius niger (Linneo, 1758), Gobius paganellus (Linnaeus, 1758), Gobius cobitis (Pallas, 1814) etcc…
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Un'osservazione piu attenta fra le rocce ci farà scorgere anche il mimetico scorfano rosso, Scorpaena scrofa (Linnaeus,
1758), presenti pure altre due specie di scorfani, cioè: la Scorpaena notata(Rafinesque, 1810) detto scorfanotto e la
Scorpaena porcus (Linnaeus, 1758) detto scorfano nero. Abbastanza frequente e caratteristico di questi luoghi è il
grongo Conger conger (Bosc, 1817) grosso anguilliforme da scogliera, tipico del Mediterraneo che non di rado divide la
tana con astici e altri crostacei
Tra questi pesci tipicamente bentonici, accanto ai sciarrani, Serranellus scriba (Linnaeus, 1758), Serranus hepatus
(Linnaeus, 1758) alle castagnole Cromis cromis (Linnaeus, 1758) alle triglie Mullus surmuletus (Linnaeus, 1758), ai tordi
Symphodus ocellatus (Forsskal, 1775), alle menole Spicara smaris (Linaeus, 1758); si incontra molto pesce bianco,
quale: le corvine Sciaena umbra (Linnaeus, 1758), le occhiate Oblada melanura (Linnaeus, 1758) ), i branzini
Dicentrarchus labrax (Linnaeus, 1758), i saraghi Diplodus annularis (Linneo, 1758), le mormore Lithognathus mormyrus
(Linneo, 1758) e la conosciutissima orata Sparus auratux (Linnaeus, 1758).
Con una certa fortuna possiamo scorgere a zonzo sopra le formazioni rocciose, il pesce San Pietro Zeus faber
(Linnaeus, 1758) e anche l’unico rappresentante nel Mediterraneo dei pesci balestra, il Balistes carolinensis
(Gmelin, 1789) conosciuto anche con il sinonimo di Balistes capriscus
Un pesce sempre più raro nel Mediterraneo è il cavalluccio marino, Hippocampus hippocampus (Linnaeus, 1758) e
l’altrettanto raro Hyppocampus guttulatus (Cuvier, 1829). Entrambi le specie vivono e frequentano le praterie di
Posidonie, si possono trovare però anche tra le alghe dei fondi rocciosi, e nelle grotte sommerse. Sono diventati animali
rari da incontrare nelle Tegnue, come in altri mari e luoghi.
Fra i pesci pelagici abbastanza comune fra le rocce organogene è il merluzzetto Trisopterus minutus (Lacepède, 1800),
conosciuto anche con il sinonimo di Gadus capelanus (Risso, 1826), e la boga o boba Boops boops (Linnaeus, 1758),
entrambi pesci di branco e migratori, comunissimi in tutto il Mediterraneo ma in modo particolare in Adriatico. Nelle zone
adiacenti sabbiose e ghiaiose, facendo attenzione al fondale possiamo scorgere il contorno caratteristico del rombo
Psetta maxima (Linnaeus, 1758)
Pensiamo ad un’acquario
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Un acquario adatto per gli organismi delle Tegnue venete è l’acquario biotopo infralitorale inferiore mediterraneo
(profondità 15-30 m), oppure, anzi meglio, il coralligeno mediterraneo (profondità 30-40 m).
Un ambiente dove la bassa intensità luminosa e una temperatura stagionale variabile fra 26 e 12 gradi, devono essere
garantite.
I parametri ideali si collocano: temperatura 18-19 gradi, densità 1,028; pH 8,3; durezza carbonatica 8-10°dKH; ossigeno 56 mg/l; nitrati inferiori a 25 mg/l.
Arredamento a base di rocce vive mediterranee poste a parete rocciosa e collocate direttamente sul fondo sabbioso
coralligeno.
In ogni caso il risultato deve essere la costruzione di edifici di roccia, ricchi di fessure, buchi, ripari, zone d’ombra,
che possano offrire ospitalità ad numerosi organismi. Si raccomanda la costruzione di strutture solide, in grado di ospitare
invertebrati di una certa importanza, l'utilizzo di colle epossidiche garantiranno una certa stabilità ed eviteranno crolli
disastrosi
L’attrezzatura tecnica consiste in una illuminazione non troppo intensa, ( 3 neon 40 W (1 10000°K + 2 attiniche)
necessario uno schiumatoio e un refrigeratore (quest’ultimo indispensabile se si prevede il riscaldamento
eccessivo dell’acquario durante i mesi estivi, visto che i nostri organismi, vivendo in ambienti non di marea
costiera male sopportano le temperature elevate).
Per approfondire gli argomenti sull’allestimento, avvio e nozioni tecniche di un acquario mediterraneo vi rimando
alla bella guida a.i.a.m
http://www.aiam.info/guide/Guida Principianti_Edizione 2 _screen_low_res.pdf
Un fattore importante per il popolamento e arredo della vasca è il rispetto dell’ambiente naturale
Cerchiamo di raccogliere gli organismi cercandoli tra gli scarti della pesca professionale. I pescatori solitamente
ripuliscono le reti dai detriti quando rientrano in porto gettando nelle acque portuali se non direttamente sulle banchine,
dei veri e propri tesori per i nostri acquari: rocce incrostate da organismi, invertebrati privi di valore commerciale,
gorgonie e altro, che lasciati nelle acque del porto verrebbero soffocati dai sedimenti o uccisi dall’inquinamento
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che in genere nei porti non manca mai
Dobbiamo sapere cosa si raccoglie; se l’organismo è compatibile con il nostro acquario e con altri ospiti già
presenti, oppure se compatibile con il biotopo che vogliamo ricostruire. Anche il raccogliere oltre il nostro necessario è da
evitare. Dobbiamo inoltre conoscere le leggi in materia ambientale, sulle disposizioni di pesca e di tutela delle aree
tutelate e delle specie protette. Non dimentichiamo che molti organismi sono protetti e non devono essere raccolti per
nessun motivo. E per finire, è buona norma non raccogliere o pescare organismi di taglia inferiore a quella prescritta per
legge, anche nel caso di specie abbondanti e non protette, la legge non deve essere ignorata. Così pure per la raccolta e
asportazione di sabbia e roccia demaniale esiste una specifica normativa di legge che và rispettata e conosciuta.
Per approfondimenti in merito alle normative di legge vi consiglio la lettura di questi link
http://www.aiam.info/05/articoli_cda_introduzione_normativa.htm
http://www.aiam.info/05/articoli_cda_specie_protette.htm
http://www.aiam.info/05/articoli_cda_taglie_minime.htm
http://www.aiam.info/05/articoli_cda_raccolta_acqua.htm
http://www.aiam.info/05/articoli_cda_attrezzature_consentite.htm
MUSEO DI STORIA NATURALE
Nel cuore di Venezia uno spettacolo a portata di bambino
Venezia - «Non è necessario avere il brevetto subacqueo in tasca per ammirare con i propri occhi le bellezze di una
tegnua adriatica!», parola di archeosub. Basta fare un salto al museo di Storia naturale di Venezia, al Fondaco dei
Turchi, a due passi dall'imbarcadero di San Stae. «Il direttore Luca Mizzan, noto biologo marino», ricorda Riccardo
Bottazzo, «ha realizzato con la passione che solo un eccellente subacqueo come lui poteva avere, il più grande acquario
del mondo dedicato alla fauna adriatica». La grande vasca lunga cinque metri e con una capacità di oltre 5.000 litri
d'acqua marina, riproduce fedelmente lo stupefacente fondale delle tegnue. I visitatori hanno così la possibilità di ammirare
in un'acqua cristallina (contrariamente a quanto accade ai subacquei in natura) un centinaio delle principali specie che
costituiscono l'ambiente marino delle tegnue. È lo stesso Bottazzo a descriverle: dai poriferi (spugne di vari colori e
dimensioni) agli spirografi (animali del philum dei vermi, ma simili a fiori dai mille petali), dai cnidari come gli anemoni
dorati e i cerianti dalle mille sfumature agli echinodermi come le tante stelle marine o le scure oloturie, conosciute come
"cetrioli di mare". Non mancano animali più grandi: pesci come le timide ombrine che si nascondono nelle cavità più
profonde o le eleganti corvine che volteggiano sopra le merlettature delle rocce, sino agli astici, sempre impegnati a
pulire le loro tane o altri crostacei come i paguri o i "Bernardi eremiti" così chiamati perché, per difendersi dai predatori,
raccolgono sulla loro conchiglia tuti gli anemoni urticanti che riescono a trovare. E ancora pettini di San Giacomo (la
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capasanta), alghe come la "palla verde" tra le poche specie a non appartenere al regno animale, i murici spinosi, le
urticanti attinie, tunicati come la patata di mare o il pan di zucchero, piccolissimi ma coloratissimi gasteropodi come i
nudibranchi che hanno fatto del loro tremendo sapore la miglior arma per la conservazione della loro specie. «L'acquario
è stato realizzato con anni di paziente lavoro da Luca Mizzan, grazie anche all'aiuto dei sub veneziani che ogni estate, al
termine della loro giornata di immersioni si recavano e si recano al museo a portare qualche piccolo esemplare
recuperato dal fondale e conservato con religiosa attenzione nella sentina della barca», sottolinea Bottazzo, che
conclude: «Ci auguriamo che nessuno avrà da ridire se, soltanto in queste occasioni, i sub non osservano il primo
comandamento dell'immersione ecologica: mai toccare e tanto meno raccogliere quel che si trova sul fondo del mare!».
Fonte: IL GAZZETTINO
10 SETTEMBRE 2006
Indirizzo museo
Santa Croce 1730 Salizada del Fontego (Fondaco) dei Turchi cap 30135 Venezia
Tel. ++39041 2750206
Fax ++39041 721000
Orario museo
Museo in restauro - Ingresso libero
Aperti al pubblico Sala Spedizione scientifica Ligabue e Acquario delle tegnue con il seguente orario:
da Martedi a Venerdì 9 / 13 (ingresso 9 / 12.30)
sabato e domenica 10 - 16 (ingresso 9 / 15.30);
Chiuso lunedì e 25 dicembre, 1 gennaio, 1 maggio
La stessa Associazione Tegnue di Chioggia onlus, ha in programma la creazione di 5 acquari sul tema Tegnue e laguna
di Venezia. Fonte: http://www.mescalchin.it/Il Gazzettino 64.htm
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Articolo scritto da Giulio (MisterG)
Si ringrazia per la disponibilità del materiale fotografico
il presidente Piero Mescalchin
http://www.mescalchin.it/
http://www.tegnue.it/
il Museo di storia naturale di Venezia http://www.museiciviciveneziani.it/...5&sezione=musei
Riferimenti web
http://www.tegnue.it/
http://www.mescalchin.it/
http://www.argovenezia.it/tegnue.htm
http://www.sottomarina.net/tegnue.htm
http://www.subsanmarco.it/tegnue.htm
http://www.arpa.veneto.it/pubblicazioni/docs/175_tegnue.pdf
http://www.chioggiatourism.it/dynalay.asp?PAGINA=639
http://217.57.31.67/sito/presentazione/le tegnue.htm
http://web.tiscali.it/kepweb/rubte/rubte100.htm
http://www.arpa.veneto.it/acqua/htm/acque_mc_appr_4.asp
http://www.museiciviciveneziani.it/main.asp
http://www.pescicostieri.it/
http://www.aiam.info/05/articoli_vdm_biogeografiche.htm
http://www.aiam.info/05/schede.php
http://www.acquarionline.it/acquari
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http://www.aiam.info/05/articoli_cda_introduzione_normativa.htm
http://www.salve.it/it/eco/f_adriatico.htm
http://www.grupposommozzatoricaorle...ndex oasi.htm
http://www.sibm.unige.it/CHECKLIST/...lechecklist.htm
http://www.ecology.unibo.it/page/Atti convegno Chioggia 17 settembre 2005.pdf
http://www.liceofoscarini.it/didattic/conchiglie/index.html
http://www.argonauti.org/Conchiglie/bivalvia.html
http://www.diveitaly.com/a_biblioteca/biologia/corbio/
http://www.assodiving.it/
Percorsi subacquei - Lista completa referenti e club subacquei
http://www.tegnue.it/boe.asp
Normative e regolamento delle incursioni subacque
http://www.tegnue.it/normativa.asp
Fonti letterarie citate
Ponti, M. (2001) Aspetti biologici ed ecologici delle "tegnùe": biocostruzione, biodiversità e salvaguardia. Chioggia, rivista
semestrale di studi e ricerche del Comune, 18: 179-194.
Cesari P., Mizzan L., 1994 – Dati sulla malacofauna marina costiera del Veneziano. Boll. Mus. Civ. St. Nat.
Venezia. XLIII. 179-190.
Gabriele M., Bellot A., Gallotti D. & Brunetti R., 1999 – Sublittoral hard substrate communities of the northern
Adriatic Sea. Cah. Biol. Mar. XL. 65-76
Mizzan L., 1990 – Malacocenosi e faune associate in due stazioni altoadriatiche a substrati solidi. Boll. Mus. Civ.
St. Nat. Venezia. XLI. 7-54.
Mizzan L., 1994 – Malacocenosi in due stazioni altoadriatiche a substrati solidi (2): analisi comparativa fra
popolamenti di subststrati naturali ed artificiali. Lavori Soc. Ven. Sc. Nat. Venezia. XIX. 83-88
Mizzan L., 1995 – Le “Tegnùe” Substrati solidi del litorale veneziano: potenzialità e prospettive.
Quaderni ASAP. 46 pp.
Mizzan L., 1999 – Localizzazione e caratterizzazione di affioramenti rocciosi delle coste veneziane. Primi risultati
di un progetto di indagine. . Boll. Mus. Civ. St. Nat. Venezia. L. 195-212.
Cenci, E., Mazzoldi, C. (2005) Le Tegnue di Chioggia: un'analisi qualitativa e quantitativa della fauna ittica.
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Stefanon A (1966) First notes on the discovery of outcrops of beach rock in the Gulf of Venice (Italy). XX Congrès Assemblée Plenière de la C.I.E.S.M.M. in Rapp. Comm. int. Mer. Médit. 648-649.
Stefanon A (1967) Formazioni rocciose del bacino dell'Alto Adriatico. Atti Ist. Veneto Sc. Lettere ed Arti 125: 79-89.
Stefanon A (1970) The role of beachrock in the study of the evolution of the North Adriatic Sea. Mem. Biogeogr. Adriatic.
8: 79-99.
Stefanon A, Mozzi C (1972) Esistenza di rocce organogene nell'Alto Adriatico al largo
di Chioggia. Atti Ist. Veneto Sc. Lettere ed Arti 130: 495-499.
Braga G., Stefanon A., 1969 - Beachrock ed Alto Adriatico: aspetti paleogeografici, climatici, morfologici ed ecologici del
problema. Atti Ist. Ven. Scienze Lettere Arti 127:351-366
Newton R. S. & Stefanon A., 1975 – The “Tegnue de Ciosa” area: patch reefs in the northern
Adriatic Sea. Maine Geology 46: 279-306.
Villano N., 1990 – Popolamento a poriferi di un affioramento roccioso dell’alto Adriatico. Università degli
Studi di Padova, Corso di laurea in Scienze Biologiche.
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