LA PRIMA GUERRA MONDIALE Le tensioni accumulate nel passaggio fra Ottocento e Novecento esplodono nel 1914 in un conflitto che diventa ben presto mondiale, coinvolgendo Giappone, Stati Uniti, e molti Paesi. L’Italia inizialmente membro della Triplice Alleanza con Austria e Germania, entra in guerra, nel 1915, a fianco della Triplice Intesa, composta da Francia, Gran Bretagna e Russia. La Grande Guerra coinvolge la popolazione civile, modifica i sistemi di produzione e trasforma gli scenari politici. Nel giugno 1914, l’attentato di cui rimane vittima l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo è la scintilla che provoca lo scoppio della guerra. Da un lato le forza dell’Intesa, guidate da Francia e Gran Bretagna; dall’altra l’Impero austro-ungarico e quello germanico, la Triplice Alleanza. L’Italia, che pure ne faceva parte, in un primo momento sceglie la neutralità. Meno di un anno dopo anche il nostro paese entrerà in guerra; avendo però scelto di combattere contro l’Austria. La Grande Guerra è la prima guerra “totale” che coinvolge anche i civili e soprattutto nelle città dove si lavora e si produce per sostenere lo sforzo bellico del Paese. Nel 1917, Il papa Benedetto XV la definisce una “inutile strage”. LA GENESI DEL CONFLITTO MONDIALE La crisi degli equilibri politici europei La Prima guerra mondiale fu un momento cruciale nella riorganizzazione geopolitica del continente europeo. Il conflitto concluse un’epoca: le grandi potenze europee che nell’Ottocento avevano dominato economicamente e politicamente gran parte della Terra vennero ridimensionate o scomparvero. L’equilibrio politico costituito nel 1815 dal Congresso di Vienna resse in sostanza per un secolo, al contrario, nel 1920 l’assetto geopolitico appariva completamente rivoluzionato: erano scomparsi gli imperi multinazionali dell’Europa centro-orientale, che, disintegrandosi, avevano dato vita a una miriade di Stati indipendenti. I vecchi equilibri europei furono radicalmente stravolti e una nuova potenza mondiale, gli Stati Uniti, era ormai nella condizione di sostituire la tramontata egemonia britannica. La situazione prebellica La nuova Germania di Guglielmo II proponeva una politica decisamente più aggressiva rispetto al periodo bismarckiano. La politica di espansione coloniale tedesca e il potenziamento dell’esercito e della marina preoccupavano la Gran Bretagna e la Francia. Approfittando dei contrasti coloniali tra Francia e Gran Bretagna e fra gran Bretagna e Russia, la diplomazia tedesca aveva avviato un riavvicinamento tra Germania e Gran Bretagna fra il 1895 e il 1900. Le tensioni economiche e commerciali tra i due Paesi non furono però mai definitivamente attutite e resero impossibile un più pieno sviluppo di relazioni amichevoli. Di fronte alla minaccia tedesca andavano distendendosi i rapporti tra Francia e Inghilterra. La firma nell’aprile del 1904 dell’Entente Cordiale (Intesa Cordiale) fra i due Paesi ne era il segno. In seguito a questo accordo la Francia riconosceva il controllo britannico sull’Egitto e la Gran Bretagna acconsentiva all’espansione francese nel Marocco ancora indipendente. Anche approfittando della crisi russa la Germania assunse un atteggiamento aggressivo facendo scoppiare la cosiddetta prima crisi marocchina. La Germania poteva contare su un poco convinto sostegno austriaco, mentre le ragioni della Francia erano sostenute dall’Inghilterra, dalla Russia, dall’Italia e dalla Spagna. Il 31 agosto del 1907 Russia e Gran Bretagna si accordarono per la spartizione della Persia e per la regolamentazione dei propri interessi nell’area afgana e del Tibet. Si costituì in questo modo una Triplice Intesa fra Russia, Francia e Gran Bretagna che si contrapponeva alla Triplice Alleanza, l’Italia infatti iniziò una cauta politica diplomatica nei confronti dei membri dell’Intesa, che sulla carta erano suoi avversari. Fra il 1909 e il 1913 i britannici intervennero nei confronti della Germania allo scopo di convincerla a limitare l’ininterrotto sviluppo degli armamenti e della flotta. L’occupazione da parte francese scatenò la reazione tedesca. Scoppiò cosi la seconda crisi marocchina. La crescita delle spese militari divenne uno dei fattori trainanti dell’economia delle principali potenze europee. L’area europea di maggior tensione era la penisola balcanica, dove Russia e Austria-Ungheria si fronteggiavano cercando di trarre vantaggio dalla debolezza dell’Impero ottomano. Nel 1908 l’Austria aveva definitivamente annesso la Bosnia-Erzegovina approfittando dell’indebolimento internazionale dell’Impero ottomano. L’escalation bellica si manifestò con le due guerre balcaniche del 1912-1913. Dal trattato di Bucarest la Serbia, tradizionale alleata della Russia, uscì rafforzata e poté accentuare la sua politica antiaustriaca. La Bulgaria venne invece umiliata e si avvicinò all’asse della Triplice Alleanza. Lo scoppio del conflitto Il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo e la moglie furono uccisi in un attentato a Sarajevo, in Bosnia, da un estremista serbo. L’assassinio fece precipitare una situazione internazionale che era carica di tensioni e fu l’evento che fece crollare i fragili equilibri europei di quegli anni spingendo le 1 nazioni d’Europa a entrare in conflitto. Immediatamente l’Austria lanciò un duro ultimatum al governo serbo, ritenendolo, informato dell’attentato. La Serbia respinse l’ultimatum e il 28 luglio l’Austria le dichiarò guerra. A questo punto scattarono i sistemi di alleanze internazionali e la situazione precipitò: Russia e Francia si schierarono a fianco della Serbia, la Germania dichiarò guerra a Russia e Francia; Il 4 agosto la Gran Bretagna entrò in guerra a fianco degli alleati dell’Intesa. L’Italia per il momento si teneva fuori dal conflitto. Anche la Romania dichiarava il proprio stato di non intervento. LO SVILUPPO DELLA GUERRA Il primo anno di guerra (1914) La guerra iniziò come guerra di movimento, secondo piani strategici già da tempo preparati. Le operazioni militari furono condotte su tre fronti: l'Austria-Ungheria invase la Sebia; la Russia avanzò in Prussia orientale e in Galizia; la Germania attaccò la Francia: prevedeva la penetrazione attraverso il Belgio e l'invasione della Francia da Nord. Fra il 6 e il 12 settembre 1914, sul fiume Marna, l'esercito francese riuscì a fermare l'avanzata nemica. Cominciò una lunga guerra di posizione e di trincea, che immobilizzò gli eserciti per lunghi anni. Sul fronte occidentale che si estendeva per quasi ottocento chilometri dalla Manica al confine svizzero, si scontrarono gli anglo-francesi e i tedeschi per quattro anni, senza che si verificassero movimenti significativi. Sul fronte orientale i russi tentarono di invadere la Prussia orientale. Nonostante le incertezze dei risultati, l'azione russa ebbe l'effetto di allentare la pressione tedesca sul fronte occidentale e consentire la ripresa francese. Intanto le forze anglo-francesi mantennero saldamente le posizioni resistendo all'offensiva tedesca. il 23 agosto il Giappone entrò in guerra a fianco dell'Intesa, aprendo un fronte antitedesco nel Pacifico. Il primo novembre la Turchia si schierò con la Triplice alleanza. Il conflitto aveva assunto dimensioni mondiali. L’Italia dalla neutralità all’entrata in guerra Nel 1914 l’Italia non entrò in guerra a fianco della Germania e dell’Austria - Ungheria, come previsto dal sistema di alleanze. Mentre l’Austria - Ungheria aveva aggredito la Serbia, l’Italia lamentava di non essere stata informata preventivamente sull’attacco. In realtà Antonio Salandra, presidente del Consiglio, era consapevole che l’alleanza con l’impero asburgico aveva oppositori in Parlamento ed era avversata dall’opinione pubblica. L’Italia aveva tre possibilità: restare neutrale; rispettare la Triplice Alleanza; cambiare campo e passare con l’Intesa. Il Paese si divise fra interventisti e neutralisti. Gli interventisti erano favorevoli all’intervento di uno Stato in una guerra combattuta da altri Stati, mentre i neutralisti erano diretti a non impegnarsi militarmente nei conflitti internazionali. Il governo avviò consultazioni con l’Austria e la Germania affinché l’Italia entrasse in guerra. Ma altrettanto facevano le potenze dell’Intesa. Salndra e il ministro degli Esteri Sonnino condussero consultazioni segrete con l’Intesa, di cui nemmeno il Parlamento era al corrente. L’obiettivo territoriale minimo del governo italiano per concordare l’entrata in guerra, a fianco dell’uno o dell’altro schieramento,erano le terre italiane irredente. Gli Interventisti erano in gran parte orientati a una guerra antiaustriaca. In questo contesto il governo scavalcò il Parlamento firmando segretamente, il 26 aprile 1915, il patto di Londra, con cui l’Italia si impegnava ad entrare in guerra entro un mese a fianco dell’Intesa. Il patto prevedeva aiuti economici per l’Italia e concessioni territoriali; alla fine del conflitto l’Italia avrebbe ottenuto: Il Trentino e il Tirolo meridionale fino al Brennero; Le città di Trieste e Gorizia, l’Istria, e una parte della Dalmazia; La base di Valona in Albania e il protettorato sul Paese, nonché le isole del Dodecanneso; Vantaggi, da definirsi a guerra conclusa, dallo smembramento dell’impero coloniale tedesco. Fra aprile e maggio del 1915 i gruppi nazionalistici organizzarono in tutta Italia manifestazioni popolari a favore dell’intervento. Nazionalisti come il poeta Gabriele D’annunzio e l’ex socialista Benito Mussolini incitarono le folle contro la “viltà” dei pacifisti; Giolitti in particolar modo venne violentemente criticato e minacciato. Il 24 maggio 1915 l’Italia entrava in guerra a fianco dell’Intesa contro l’Austria. La guerra di logoramento Sul fronte italiano,che si estendeva dalle Alpi all’Adriatico, si combatté fin dall’inizio una guerra di posizione, il Capo di Stato Maggiore Luigi Cadorna aveva creduto nella possibilità di un’avanzata, ma aveva dovuto ben presto ricredersi, perché il terreno era favorevole solo alla difesa e gli Austriaci lo avevano munito di potenti fortificazioni. Cadorna adottò fin dall’inizio una tattica che comportava un altissimo costo in vite umane. All’incapacità dei comandi supremi si aggiungeva la scarsa preparazione degli ufficiali e dei soldati, perché molti operai erano stati lasciati in fabbrica, per la necessità della produzione di guerra. L’armamento, infine, era inferiore a quello degli austriaci. 2 In quel momento, però, la situazione per l’Intesa non era delle migliori, poiché non era riuscita a respingere gli avversari né sul versante orientale né su quello occidentale quindi l’unico elemento positivo fu l’entrata in guerra dell’esercito italiano che, anche se era male armato, riuscì a conquistare una parte del Trentino sotto la guida di Luigi Cadorna. Il 1916 fu l’anno delle grandi battaglie, ma anche delle grandi delusioni,infatti il Kaiser deciso a realizzare a Verdun ciò che non era riuscito a fare sulla Marna, mandò decine di migliaia di uomini armati di bombe ai gas asfissianti e lanciafiamme nel tentativo di distruggere i nemici,ma non ci riuscì in quanto gli alleati usarono per la prima volta, come arma segreta, i carri armati e, a fine settembre, entrambi gli eserciti si trovarono stremati e al punto di partenza. Invece sul fronte italiano, il 15 maggio gli austriaci mandarono un spedizione punitiva per vendicarsi del tradimento subito, ma gli italiani, che in un primo momento indietreggiarono, riuscirono a sconfiggerli con l’aiuto dei russi. Questo fu anche l’anno in cui si pensò alla pace poiché tutti erano sfiniti,ma essa non fu raggiunta per due motivi, primo perché in Inghilterra divenne primo ministro David George uno dei più decisi sostenitori della guerra ad oltranza, e secondo in quanto i due imperi non volevano abbandonare i territori conquistati durante la guerra. La svolta del 1917 Il 1917 fu l’anno decisivo della guerra, a causa di tre eventi carichi di conseguenze sul piano militare e politico: la caduta dello zarismo in Russia, l’entrata in guerra degli Stati Uniti e la grande offensiva austrotedesca in Italia. In Russia scoppiò un principio di rivoluzione in Febbraio,ma la vera rivoluzione si ebbe in Ottobre ad opera dei Soviet,con a capo Lenin,leader del partito comunista,che terminò con l’abolizione dei privilegi nobiliari,con l’eliminazione fisica di alcuni nobili e con il ritiro dalla Grande guerra per risolvere i vari problemi interni. Con il crollo del fronte orientale l’Intesa ebbe un duro colpo poiché si vedeva contro un esercito superiore numericamente. Ma ciò, ricadde soprattutto sull’Italia che vide le truppe germaniche ed austriache intenzionate a spezzare il fronte a Caporetto. Nonostante la sfiducia,la stanchezza,gli errori e la perdita del Friuli e del Veneto, gli italiani, però, riuscirono ad evitare l’accerchiamento collegandosi attraverso il Piave e il Monte Grappa con il Trentino che aveva resistito all’attacco: in questo modo l’Italia uscì da quella situazione con dignità e fermezza. Il 29 Ottobre con la costituzione di un nuovo ministero di unione nazionale con a capo Vittorio Emanuele Orlando,si provvide a colmare le perdite subite. Intanto gli Stati Uniti guidati dal presidente Wilson entrarono in guerra sia perché erano stati provocati dalla Germania che aveva bombardato delle basi statunitensi e sia perché erano preoccupati del militarismo e del dominio germanico. L’intervento degli USA fu determinante non solo sul piano militare ed economico, ma anche su quello psicologico, perché accentuò la sensazione che le sorti della guerra fossero ormai decise a favore dell’Intesa e che il suo prolungamento sarebbe servito soltanto ad accrescere il numero dei morti. Nell’ agosto del 1917, Benedetto XV rivolse ai capi delle potenze belligeranti un invito a porre fine a un conflitto che appariva ormai un’inutile strage. I fronti interni stavano cedendo in tutti i paesi, ma i governi delle potenze dell’Intesa sentivano vicina la vittoria. Ai governi, tedesco e austriaco, non restava che tentare di giocare subito la carta militare, prima che il malcontento portasse al disfacimento del fronte interno e prima che tutte le truppe statunitensi giungessero in Europa rompendo così l’equilibrio che si era stabilito sui fronti occidentale e meridionale. LA FINE DEL CONFLITTO Nel 1918, lo stato maggiore tedesco sferrò alcune offensive che consentirono al suo esercito di giungere ancora una volta al fiume Marna senza riuscire a superarlo. Inglesi e Francesi, con l’appoggio degli Americani, passarono alla controffensiva e riuscirono a sfondare le linee tedesche. Ai primi del 1918 un nuovo governo tedesco, chiese la meditazione di Wilson, per ottenere una pace fondata sui 14 punti. Il conflitto era terminato con la vittoria dell’Intesa. Questa, però, fu solo una vittoria apparente in quanto tutti i territori erano distrutti, le popolazioni erano stremate fisicamente, mentalmente e psicologicamente anche perché non avevano capito i veri motivi che li aveva portati alla guerra. I trattati di pace e il nuovo assetto geopolitica dell’Europa Il 18 Gennaio 1919 i rappresentanti dei paesi vincitori si riunirono per la prima volta a Parigi per dare una sistemata all’Europa. Alla Conferenza parteciparono il presidente Wilson, rappresentante degli Stati Uniti, il presidente francese Clemenceau, il ministro inglese George David e il presidente del consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando. Fin dall’inizio vi era un evidente contrasto fra la mentalità politica della diplomazia europea e l’ordinamento democratico di Wilson che aveva fissato quattordici punti di cui ne vennero seguiti solo alcuni,come il 3 principio di nazionalità e il principio dell’autodecisione dei popoli. Fu creata anche la Società delle Nazioni con sede a Ginevra che aveva lo scopo di rendere possibile la cooperazione fra le nazioni e stabilire relazioni internazionali pacifiche. La Società delle Nazioni era costituita da un'Assemblea, a cui partecipavano tutti i Paesi membri e da un Consiglio di 9 membri, 5 dei quali (Gran Bretagna,USA,Francia,Italia,Giappone)erano permanenti. Questo organismo nacque però debole, perché ne furono escluse la Germani e la Russia. Senza gli USA,cioè senza l'emergente nuova potenza mondiale, la Società delle Nazioni restava preda delle vecchie logiche europee dell'"equilibrio": un equilibrio fatto a pezzo dalla guerra e non ricomposto dalle paci. Dalla Conferenza scaturirono cinque trattati, tra cui il più importante fu quello di Versailles del 28 giugno, che destò in Germania un vasto malcontento e una forte ostilità contro i vincitori. Il trattato di Versailles segnò la fine dell'Impero coloniale tedesco. Le colonie che erano appartenute alla Germania furono affidate alla Gran Bretagna e alla Francia. La Germania perse anche una parte del suo territorio europeo e dovette pagare ingentissime somme per riparazioni di guerra. La Polonia fu ricostruita e tornò a essere uno stato indipendente. Un altro trattato molto importante,soprattutto per l’Italia, fu il trattato di Saint-Germain, mediante il quale l’Austria doveva cedere il Trentino, l’Istria e il bacino dell’Isonzo e l’Alto Adige all’Italia. L’Italia aveva così ottenuto meno di quanto era stato stabilito con il patto di Londra infatti venne estromessa dalla spartizione delle colonie tedesche. Fiume venne dichiarata “città libera” e restò contesa tra Italia e Jugoslavia. I gruppi nazionalisti italiani rimasero profondamente delusi dei risultati della conferenza di pace e ben presto cominciarono a parlare di “vittoria mutilata”. I nazionalisti affermavano che i risultati ottenuti durante la conferenza di pace non erano stati corrispondenti ai sacrifici economici e alle perdite umane subite dall’Italia. L’Italia, inoltre, nonostante fosse uscita vittoriosa dalla guerra aveva gravi difficoltà economiche e forti contasti sociali. Infatti le casse dello Stato avevano accumulato elevati debiti, la produzione agricola era diminuita poiché la forza lavoro si trovava in guerra e le industrie pesanti dovevano operare una rapida riconversione produttiva, da armi a prodotti civili, operazione che era molto costosa. Il bilancio della guerra Nonostante la speranza che gli accordi raggiunti alla fine della guerra potessero ristabilire una pace duratura, la prima guerra mondiale pose al contrario le premesse di un conflitto ancor più devastante. La situazione geopolitica delineata dai trattati di pace non era affatto equilibrata ed emersero forti contrasti fra i Paesi europei. La Germania era umiliata territorialmente e gravata di riparazioni pesantissime,che le rendevano impossibile la ripresa economica. I nuovi Stati dell'Europa centrale comprendevano entro i propri confini consistenti minoranze etniche,ognuna delle quali desiderava l'indipendenza. Dunque,i "Quattordici punti" di Wilson non erano stati il vero principio ispiratore della conferenza di pace: erano prevalse la volontà di vendetta della Francia e la preoccupazione inglese di preservare il proprio predominio coloniale. Il bilancio conclusivo della guerra in perdite di vite umanefu spaventoso. La guerra lasciava circa 4 milioni di vedove e 8 milioni di orfani. Il conflitto aveva falcidiato la popolazione giovane, in particolare i ceti sociali meno abbienti tra contadini e operai. L'effetto dell'epidemia di influenza nota come "spagnola" colpì l'Europa a partire dal 1918 e uccise donne vecchi e bambini. L'insieme di queste catastrofi demografiche produsse una trasformazione profonda in Europa. Durante il primo conflitto mondiale il mondo del lavoro subì una profonda trasformazione con ripercussioni sociali importanti: per la mancanza della manodopera maschile , per la prima volta le donne ebbero accesso al lavoro in settori fino allora riservati solo agli uomini. Nel 1914 allo scoppio della guerra,erano impiegate in fabbrica 200.000 donne,alla fine della guerra, nel 1918, erano più di 1.000.000. La guerra ebbe dunque un'indubbia funzione di emancipazione per il ruolo sociale femminile. In tempo di guerra l'intervento dello stato nell'economia andò accentuando si e vennero azzerate le tradizionali libertà di mercato,utilizzando rigide programmazioni economiche. Gli "imboscati" e gli speculatori venivano trovato modo di far fortuna;le fabbriche d'armi dovevano essere ristrutturate e ridimensionate e i posti di lavoro diminuirono;le campagne erano, molto spesso in stato di abbandono a causa dell'assenza di braccianti. La guerra era stata fonte di una deflagrazione sociale e le trasformazioni prodotte verrebbero causato cambiamenti irreversibili degli usi, dei costumi, dell'organizzazione della società. 4