GLI ORDINI CAVALLERESCHI DEGLI OSPITALIERI, DEI TEMPLARI E DEI TEUTONICI IN ORIA E NEL SUO TERRITORIO La tempesta barbarica e la fine universale dell’umanità, paventata dai cristiani all’approssimarsi dell’anno Mille erano ormai da tempo alle spalle ed una nuova temperie culturale, dagli aspetti prevalentemente religiosi, stava attraversando ogni città e villaggio dell’Europa. Dovunque si vedevano folle di veri poveri, cioè di poveri che i Socioligi definiscono “poveri per bisogno”, e di poveri per scelta, cioè di poveri che gli stessi Sociologi definiscono “poveri per vocazione” perché, pur potendo condurre una vita agiata, sceglievano di condurre una vita piena di rinunce e di patimenti, ottemperando al principio evangelico secondo il quale “il regno dei cieli appartiene ai poveri”. Accanto a queste folle se ne vedevano altre fatte di penitenti facenti capo alle correnti religiose dei Patarini, dei Poveri lombardi, dei Flagellanti, degli Albigesi, dei Càtari o agli “Ordini mendicanti” dei Frati minori, degli Spirituali e dei Conventuali o all’ “Ordine dei predicatori” di San Domenico di Guzman . Erano gli anni, inoltre, durante i quali gli stati, che avevano raggiunto l’unità territoriale e politica come l’Inghilterra, la Francia e la Germania, e le piccole ma operose Repubbliche marinare italiane cercavano nuovi punti di appoggio in oriente, in Siria e sulle coste della Palestina per sistemarvi i propri fondachi e incrementare il commercio della seta e delle spezie assai ricercate sui mercati europei. Erano gli anni, ancora, in cui le nobili famiglie feudali, praticando la crudele consuetudine del “maggiorasco”, avevano incominciato a sfoltire i propri rami genealogici col relegare i figli cadetti a diventare soldati o monaci. Erano, infine, gli anni durante i quali i cosiddetti “cavalieri erranti” erano diventati “cavalieri religiosi” e a tal punto “religiosi” da sottoporsi a severe regole di vita comunitaria, da vestire una identica divisa associativa e da convogliare i propri slanci eroici non più verso fini egoistici e futili, come l’avventura per l’avventura o come prova d’amore per la propria dama del cuore ma verso fini umanitari e sacri. Era la prima volta, infatti, dall’avvento del cristianesimo, che gruppi di cavalieri e di uomini d’arme si dedicavano alla vita contemplativa, che si facevano guidare da un “signore spirituale”, che si sottoponevano a precise regole comunitarie, che si dedicavano alla cura degli ammalati o alla lotta contro gli Infedeli che avevano occupato il Santo Sepolcro e i luoghi santi, cari al mondo cristiano. Avvenne così che, quando si levò forte il grido di angoscia del pontefice Urbano II con cui additava alle coscienze dei cristiani la terribile situazione in cui erano caduti questi territori, furono diverse migliaia i 1 cavalieri che, apposta una croce di stoffa rossa cucita sulla spalla destra della lunga tunica bianca che copriva la maglia di ferro, decisero di partire per la loro liberazione. E’ in questo contesto storico che nacquero e si svilupparono gli Ordini cavallereschi degli Ospitalieri di San Giovanni, dei Cavalieri di Santa Maria del Tempio e dei Cavalieri di santa Maria dei Teutonici. Gli Ospitalieri di san Giovanni in Gerusalemme Il primo Ordine che fu istituito, appena portata a termine la “prima crociata” nel 1098/99, fu quello degli Ospitalieri di San Giovanni in Gerusalemme e ciò ad opera di alcuni mercanti amalfitani che avevano ottenuto dal re di Geriusalemme Baldovino il permesso di costruire una chiesa (Santa Maria Latina), un monastero benedettino e un ospizio con cappella dedicata a San Giovanni dove accogliere i numerosi pellegrini che arrivavano nella città santa. A capo dell’ordine fu messo Gerardo di Provenza (1099) col titolo di rettore, quindi, alla sua morte, avvenuta nel 1118, Raimondo du Puy col titolo di “Gran maestro”. Sotto la sua guida l’Ordine, che si era ingrandito per numero di confratelli e abbondanza di ricchezza, adottò come “Regola” quella di Sant’Agostino, basata sui voti di povertà, castità ed obbedienza e come divisa un mantello su cui campeggiava una croce bianca biforcuta. Così formato, l’Ordine poté finalmente ottenere il 1120 l’approvazione del pontefice Callisto II. Negli anni seguenti, tra il 1130 e il 1140, l’Ordine prese parte in maniera preponderante ad azioni di guerra affianco ai crociati, meritandosi per questo grande ammirazione dal sovrano di Gerusalemme e benemerenze dal papa Innocenzo II. Caduta nuovamente Gerusalemme nel 1187 nelle mani degli Infedeli, i cavalieri “giovanniti” furono costretti a rifugiarsi prima a Magiet, poi a Tolemaide e infine a Cipro. Caduta anche questa nel 1291 nelle mani degli Arabi, i cavalieri si rifugiarono nel 1309 a Rodi col titolo di “Ordine dei Cavalieri di Rodi” ed infine, persa anche quest’isola nel 1530, nell’arcipelago maltese che divenne il più avanzato baluardo della cristianità nel Mediterraneo e nello stesso tempo la sede ufficiale dell’Ordine che da quel momento prese il nome di “Cavalieri di Malta.” I Templari di Santa Maria in Gerusalemme L’Ordine che assurse nel Medioevo ad una maggiore notorietà rispetto all’Ordine dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni e che suscita ancora oggi enorme interesse storico fu quello dei Cavalieri di Santa Maria del Tempio in Gerusalemme. 2 Questo nacque nel 1118 ad opera del francese Hugues de Payns ma, stando al racconto dell’arcivescovo Guglielmo di Tiro, ad opera di Ugo dei Pagani, originario della città campana di Nocera. Ottenuto l’assenso del re di Gerusalemme Baldovino e un terreno situato nei pressi del Tempio di Salomone per innalzarvi un Ospedale, i monacicavalieri di Hugues de Payns adottarono la Regola di Sant’Agostino, dopo di che si misero subito all’opera, alleviando le sofferenze dei pellegrini e curando gli ammalati, soprattutto i crociati feriti in battaglia. Tornato in Francia per raccogliere fondi e nuovi adepti, Hugues de Payns ebbe il piacere di vedere il suo Ordine cavalleresco non solo riconosciuto dal pontefice durante il Concilio che aveva riunito nel 1128 a Troyes ma anche apprezzato dal grande abate San Bernardo di Chiaravalle, che gli suggerì di dividere i suoi monaci-guerrieri in “cavalieri, sergenti e cappellani”, di eleggere a guida un Gran maestro col rango di principe e di indossare come divisa un mantello bianco con una croce rossa. Così omaggiato da tali influenti protettori, l’Ordine divenne in breve tempo assai numeroso e ricco grazie agli aiuti finanziari che sovrani, feudatari, principi ed ecclesiastici avevano preso ad elargire, necessari per la costruzione di fortezze e castelli difensivi da innalzare lungo la dorsale siro-palestinese e magazzini e fondachi da realizzare nelle città portuali per la conservazione delle derrate utili al sostentamento dei cavalieri in arme, all’accoglimento dei pellegrini e alla cura dei feriti e degli ammalati. Caduta nuovamente Gerusalemme nel 1187 nelle mani degli Infedeli, anche l’Ordine dei Templari fu costretto a trasferirsi a Cipro da dove continuò ad esercitare il suo ruolo, soprattutto militare, in Palestina e a trasformare le sedi situate lungo le coste del Mediterraneo in avamposti di difesa e di protezione delle popolazioni cristiane, minacciate ora non solo dagli Arabi ma anche dai Turchi ottomani. Ovviamente, sia la sede principale che quelle secondarie ma geograficamente più centrali o più cospicue per numero di frati-cavalieri o per rendite furono trasformate in “magioni“ o in “percettorie” nelle quali accogliere gli abbondanti flussi di denaro e di offerte, cosa che suscitò nel corso del tempo l’ingordigia e l’ostilità del re di Francia Filippo il Bello. Accadde così che, desideroso di impossessarsi di questi beni e di distruggere la potenza dell‘Ordine, il 13 ottobre 1307 fece arrestare tutti i Templari presenti in Francia con l’accusa di blasfemia, di culto demoniaco e di riti dissacranti e condannare al rogo, dopo un lungo ed iniquo processo terminato il 1314, il Gran maestro dell’Ordine Jaques de Molay ed altri 54 cavalieri. Il pontefice Clemente V, uomo assai debole di carattere e falsamente informato circa questi infamanti reati, avallò l’azione del sovrano 3 francese ed emanò, il 22 novembre 1307, la Bolla “Pastoralis Poenitentiae” con cui imponeva a tutti i Principi della cristianità e agli Ecclesiastici di ogni ordine e grado di imprigionare tutti i Templari presenti nei loro territori i e di confiscarne i beni. Gli effetti della scomunica lanciata dal Papa si fecero sentire dovunque nel mondo cristiano e soprattutto in Puglia che, per essere una penisola geograficamente protesa verso l’oriente, fungeva da bacino di accoglienza e nello stesso tempo da retrovia per le forze cristiane sempre bisognose di ricambio di soldati, di vettovagliamento e di finanziamento. Ricevuta, infatti, la lettera papale, gli Arcivescovi e i Vescovi pugliesi ne eseguirono subito gli ordini. Furono così allontanati da Spinazzola, dove si erano stabiliti nel 1137, come racconta Giovanni Battista Priguro nella “Historia delle famiglie normanne di Salerno”; da Trani, dove si erano stabiliti nel 1142, come riferisce il diacono Armando nella “Translatio Sancti Nicolai Peregrini”, scrivendo che la traslazione venne fatta dai “Milites etiam Templi Domini, qui paulo remotus ab urbe distant” (la traslazione fu fatta anche dai soldati del Tempio del Signore, che distano un po’ lontano dalla città); da Molfetta, dove si erano stanziati nel 1148; da Minervino, da Troia e da Foggia, dove si erano insediati nell’ottobre del 1195 grazie alla donazione del Casale di Lama Ciprandi fatta dall’imperatore Enrico VI al Gran maestro Guglielmo di San Paolo. Furono allontanati anche dall’Archidiocesi di Brindisi e di Oria anche se con qualche anno di ritardo. La Commissione giudicatrice, infatti, convocata dall’Arcivescovo Bartolomeo nella chiesa di Santa Maria del Casale di Brindisi, non poté bandirli dal suo territorio ecclesiastico se non dopo che ebbe ascoltato la deposizione di fra Giovanni di Nardò e di fra Ugo de Samaya, precettore della Casa del Tempio di San Giorgio di Brindisi e precisamente il 15 maggio 1310. Furono banditi anche da Oria, la cui Chiesa, essendo “concattedra” con quella di Brindisi, amministrava un vasto territorio punteggiato di numerosi Casali, tra cui quello di Maruggio e di Manduria di proprietà, come leggiamo in almeno due documenti, dell’Ordine dei Cavalieri Templare. Il documento riguardante il Casale di Maruggio, in data 25 marzo 1308, dice così: “Parimenti, nelle pertinenze di Terra d’Otranto vi è una terra in località Sant’Isidoro detta il Casale di Maruggio, appartenuta una volta ai Templari. Quello riguardante il Casale di Casalnuovo (ossia Manduria), in data 19 maggio 1309, dice che il re di Napoli Roberto d’Angiò, “nell’affidare al giudice Pietro Porcario di Aversa i possedimenti dei Templari in Terra d’Otranto, lo aveva invitato a nominare dei Procuratori affinché 4 redigessero l’inventario delle loro proprietà situate anche in questo Casale.” La frase (quod fuit quondam Templariorum), usata per Maruggio e l’invito del giudice Pietro Porcario perché fossero nominati dei Procuratori per l’inventario dei beni dei Templari ci inducono a pensare che l’iniqua e scellerata persecuzione che aveva colpito i Cavalieri Templari era già un fatto compiuto. Per quanto riguarda Oria, quasi fosse stata lanciata una sorta di “damnatio capitis” non abbiamo trovato nessun documento o strumento cartaceo “diretto” che accenni a beni mobili o immobili posseduti dai Templari. Abbiamo, tuttavia, due testimonianze ,che noi chiamiamo “indirette”, che ci spingono a ritenere che anche Oria è stata sede o “magione” dei Cavalieri Templari. Queste testimonianze “indirette” sono l’Ospedale vecchio e la chiesa di Santa Maria del Tempio. L’Ospedale, che si trova nei pressi della piazza principale della città, nei secoli passati veniva chiamato anche “Xenocomio”, termine, questo, che ne rivela l’effettiva funzione o istituzione. Tradotto in italiano, infatti, vuol dire “ospizio dei forestieri” e, dunque, “Ospizio dei pellegrini”. Passato tra i beni della Chiesa, dopo la soppressione dell’Ordine dei Cavalieri Templari, l’Ospedale fu gestito dalla Confraternita del Santissimo Sacramento, detto anche del Santissimo Corpo di Cristo, istituzione, questa, che affonda le radici negli anni del Tardo Medioevo. E proprio con questa gestione lo troviamo citato, il 5 luglio 1604, dal Vescovo di Oria Lucio Fornari nel capitolo riguardante i “Bona immobilia et mobilia Venerabilis Hospitalis civitatis Uriae” in occasione della “Visitatio Confraternitatis SS. Corporis Christi”. Scorrendo l’elenco dei beni di proprietà della Confraternita, vi leggiamo che un certo Francesco Magli (senza dubbio, un colono o un fittavolo!) possedeva un pezzo di terra, situato (citiamo l‘intera frase del Vescovo!) “in detto loco con alcuni arbori di olivo dentro e appresso a ditto loco vi è un altro terreno nominato la Candilecchia, quale corre insino a Vignarola (contrada con cui era chiamata la zona circostante l’attuale chiesa del Crocifisso!), incominciando dall’olive dell’Ospedale di Oria alla chiusura della Romatizza”. La funzione dell’edificio come “Ospedale dei pellegrini”, la gestione dei terreni di proprietà dell’Ospedale da parte dell’antichissima Confraternita del SS. Sacramento e l’aggettivo “venerabilis” usato dal vescovo Fornari ci spingono a ritenere che questo sia stato effettivamente un’antica istituzione realizzata dai Cavalieri Templari, i cui beni sono finiti, dopo la loro soppressione, tra quelli della Mensa episcopale oritana. L’altro documento “indiretto” è la chiesa intitolata a “Sancta Maria del Tempio”. 5 La più antica notizia che la riguarda risale al 1542 in occasione di un matrimonio. A questa aggiungiamo quella del 1565, fornitaci dall’Arcivescovo Giovanni Carlo Bovio in occasione della sua Visita pastorale fatta in quell’anno, nella quale la chiesa è intitolata: “Ecclesia Sanctae Mariae de Templo”. Del 10 maggio 1602 è la notizia riportata dal Vescovo Lucio Fornari nel “Libro delle Visite pastorali” in occasione della quale la chiesa è ugualmente detta: “Ecclesia Sanctae Mariae del Tempio”, intitolazione che cozza con quella di “Chiesa di Santa Maria al Tempio” ancora oggi usata da molti nostri concittadini oritani. La dicitura “SANCTA MARIA DEL TEMPIO”, pertanto, usata dall’Arcivescovo Bovio e dal Vescovo Fornari e quella latina presente nell’epigrafe “SANCTA MARIA DE TEMPLO” che ancora oggi vediamo scritta al suo interno e sulla parete laterale di sinistra, fanno pensare ad un complemento di appartenenza e non ad un complemento di moto a luogo, (Chiesa di Santa Maria al Tempio!) o di moto da luogo (Santa Maria “che viene” dal Tempio!) quest’ultima, a dire il vero, illogica sotto tutti i punti di vista. I Teutonici di Santa Maria in Gerusalemme L’altro Ordine di grande rilevanza storica che operò in quegli stessi anni sia in Palestina che in tutti i territori del Sacro Romano Impero e soprattutto in Puglia, fu l’Ordine dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme. Questo fu fondato, come leggiamo nel Prologo dell “Ordensbuck” (Il libro dell’Ordine!) da alcuni crociati delle città di Lubecca e di Brema all’epoca del tragico assedio di San Giovanni d’Acri (ossia di Accon!) . “Nell’anno 1191 dalla nascita di nostro Signore, mentre la città di Acri veniva assediata dai cristiani e con l’aiuto di Dio veniva ripresa dalle mani degli Infedeli, in quello stesso tempo c’era nell’esercito un gruppo di buoni cittadini di Brema e di Lubecca i quali, grazie alla misericordia di nostro signore, si impietosirono nel vedere i bisogni di coloro che erano malati nell’esercito e fondarono il summenzionato Ospedale sotto le vele della nave chiamata Cogge, sotto le quali posero i malati e li curarono con grande zelo e devozione.” Questo atto di singolare carità cristiana attirò l’attenzione del Patriarca di Gerusalemme, del re di Gerusalemme, degli Arcivescovi di Nazaret, di Tiro e di Cesarea, di molti principi tedeschi e, soprattutto, dell’imperatore svevo Enrico VI che si prodigò nel 1191 con grande impegno affinché il papa Celestino III concedesse a questo gruppo di cavalieri il suo beneplacito e il riconoscimento ecclesiastico, cosa che avvenne nel 1199 con “Bolla papale” di Innocenzo III. 6 Il papa Onorio III, qualche anno dopo, estese al nuovo Ordine tutti i privilegi che gli Ospitalieri di San Giovanni e i Cavalieri di Santa Maria del Tempio avevano ricevuto. E subito crebbero di numero e di ricchezza ma con caratteristiche diverse: i cavalieri dovevano provenire dalla nobiltà tedesca, dovevano essere impegnati unicamente nella lotta armata contro gli Infedeli e dovevano essere di sostegno alle milizie crociate poste a difesa sia delle città sante che del nuovo “regno latino” di Gerusalemme. Resi famosi dalla loro determinatezza nella lotta contro il nemico, i Teutonici furono assai omaggiati con donazioni e concessioni dai sovrani tedeschi che si succedettero sul trono del Sacro Romano Impero, a partire da Federico Barbarossa ad Enrico VI, da Federico II a Manfredi. Una protezione, questa, che, come scrive Heinrich von Tretschke, fu dovuta al fatto, che essi avevano questo triplice orgoglio: essere tedeschi, essere cristiani ed essere cavalieri. Erano, pertanto, il fior fiore della nazione tedesca, sempre legati alla “vaterland” (alla patria terra!) germanica e, dunque, all’idea nazionale di appartenenza. Ed erano anche furiosamente determinati sui campi di battaglia col risolvere in successo la lotta che sembrava volgere al peggio. Il loro apparire in battaglia apportava nelle file nemiche paura e terrore, armati com’erano di tutto punto sui loro cavalli bardati e agghindati nei loro mantelli bianchi a ruota, sul cui lembo sinistro compariva una croce nera patente e orlata d’argento, con sulla testa un elmo guarnito di vistose piume azzurre e nere, con gli scudi su cui campeggiava l’emblema di un’aquila con le ali spiegate e gli artigli protesi a ghermire la preda e sempre preceduti nel campo di battaglia dallo sventolio delle bandiere bianche con la croce nera orlata d’argento al centro. L’Ordine dei Cavalieri Teutonici, come abbiamo detto, prese l’avvio sotto Federico Barbarossa e crebbe sotto il figlio Enrico VI ma fu sotto Federico II che raggiunse i più alti fastigi della potenza e della ricchezza economica. Il merito fu tutto di Herman von Salza (Ermanno di Salza), nobile feudatario della Turingia, Gran maestro dal 1211 al 1239 e conosciuto da Federico II nel 1216 a Norimberga in occasione di una donazione che aveva voluto fare all’Ordine e da quel momento suo personale consigliere diplomatico oltre che suo privilegiato interlocutore col pontefice romano Onorio III. E i frutti riscossi da questo accorto consigliere diplomatico a favore del suo imperatore si videro in diverse circostanze come quando scoppiò il dissidio tra i due massimi rappresentanti del mondo di quei tempi a causa del ripetuto rinvio della crociata in Terrasanta, quando organizzò il matrimonio dell’imperatore con Jolanda/Isabella di Brienne, figlia del 7 reggente della corona di Gerusalemme Giovanni di Brienne e quando preparò la crociata del 1228, nota col nome di “crociata incruenta” o “crociata degli scomunicati” alla quale parteciparono solo i Cavalieri Teutonici. Gli Ospitalieri e i Templari, infatti, non vi vollero partecipare, ligi alle direttive del pontefice. Ecco perché il critico e storico Kantorowicz, scrive che i numerosi omaggi e apprezzamenti di stima di Federico II, furono stimolati sia a causa dell’effettiva amicizia che lo legava al Gran maestro Herman von Salza e sia a causa di questi altri motivi: “Federico II - scrive questi - mostrò sempre una particolare predilezione verso i Cavalieri Teutonici con l’aiutare molti giovani della nobiltà ad entrare nell’Ordine con concessioni, donazioni e privilegi perché, se la meta più prossima era quella di ottenere il loro aiuto per la crociata, quella finale era di guadagnarsi la parte migliore dei cavalieri tedeschi per impegnarli in altri compiti. In questo modo Federico II si creò un piccolo esercito, libero da gravosi obblighi feudali, indipendente da influenze esterne e assolutamente fedele e sottomesso. In Terrasanta furono esclusivamente questi i suoi fiduciari.” Diffusosi in lungo e in largo in Puglia, l’Ordine dei Cavalieri Teutonici ebbe la residenza principale presso l’Abbazia di San Leonardo di Siponto tra Manfredonia e il fiume Candelaro, detta anche “Turris Alamannorum” (Torre degli Alemanni, ossia dei Tedeschi!). Da essa dipendevano tutti i possedimenti, i casali, i magazzini e i giardini disseminati nella regione, dal foggiano al brindisino e al tarantino. A Brindisi li troviamo nel 1191 quando il gran maestro Guinando ebbe la licenza di costruire un Ospedale con annesso un cimitero per accogliere i pellegrini malati che dovevano imbarcarsi o che tornavano dai luoghi santi. Il documento, che è riportato nel Codice Diplomatico Brindisino, risulta firmato, oltre che da Guinando, anche dai cavalieri fra’ Membert, fra’ Ugone e frà’ Artimonio e dice così: “Nell’anno 1191 dell’incarnazione del Signore, regnando il signor nostro Tancredi, glorioso re, nel secondo anno del suo regno, mese di giugno enona indizione: Io, fratello Guinando, gran maestro dell’Ospedale dei Teutonici, istituitosi recentemente a Brindisi, d’accordo con i miei confratelli, vi ho ripetutamente pregato, signor Pietro, per grazia di Dio venerabile arcivescovo di Brindisi, perché permetteste che edificassimo nella vostra circoscrizione brindisina, vicino alla nosgtra “domus” ed alcuni nostri beni una chiesa in onore di Dio e della beata e gloriosa e sempre vergine Maria (…). Dichiaro, e questo perché in futuro non avvengano motivi di lite riguardante i possedimenti vostri e nostri, di possedere ora “unam 8 ecclesiam cum cimiterio” nel quale far seppellire i corpi di coloro che là hanno scelto di essere seppelliti, siano essi pellegrini che cittadini purché non scomunicati o interdetti.” Con l’avvento di Federico II la presenza dell’Ordine, ormai potente per autorevolezza e ricchezza economica, si espanse a macchia d’olio da Brindisi a Mesagne, ad Oria, a Manduria e in altre località salentine tra cui Santa Maria al Bagno presso Nardò. Sono numerosi, infatti, i documenti notarli contenenti privilegi e donazioni che lo attestano. Il documento, datato 1213 e riguardante Brindisi,presente negli “Acta imperii inedita saeculi tertii decimi et quarti decimi” del Winkelmdann, ne è la prova, come ne è la prova quello redatto nel mese di ottobre del 1220 dal castello di Forlì: “Nel nome della Santa e indivisibile Trinità. Federico II, spirando la divina clemenza, re dei Romani sempre augusto e re di Sicilia: Benché convenga che la nostra eccelsa maestà chino l’orecchio alle giuste richieste dei fedeli, essa stessa deve, tuttavia, mostrarsi colma di favorevole assenso verso le cose che producono lode temporale e lode celeste con il suo relativo premio. Per questo motivo vogliamo che sia noto a tutti i sudditi di oggi e di domani che noi, conoscendo la devozione della sacra casa dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme e l’onestà dei venerabili fratelli che unitamente servono il Signore e nello stesso tempo per la nostra salvezza e in suffragio delle anime dei nostri divini ed augusti genitori di cara memoria, concediamo, elargiamo e in perpetuo confermiamo alla medesima Casa dell’Ospedale e ai suddetti fratelli il “castrum” di MEZANIAM (ossia il castello di Mesagne) che si trova in Puglia tra Brindisi ed Oria con tutti i relativi possedimenti e pertinenze, confermando in questo modo la donazione che aveva fatto il signor imperatore Enrico (Enrico VI!), nostro carissimo padre di buona memoria, comandando e stabilendo fermamente con l’autorità del presente privilegio affinché nessuna persona, ecclesiastico o secolare, abbia l’ardire di opporsi a questa nostra concessione, elargizione e confermazione circa il suddetto Castello di Mesagne da noi fatta a favore della Casa dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme ed a favore dei suddetti fratelli incaricati al suo servizio. Dichiariamo che nessuno abbia l’ardire di molestare costoro perché chi avrà l’ardire (di fare una simile azione) dovrà sapere che incorrerà nella nostra indignazione e nella pena di cento marchi di oro, metà dei quali ordiniamo che venga devoluta a favore della nostra Camera e metà a coloro che avranno subito l’offesa (…). Dato nel castello di Forlì nell’anno, nel mese e nell’indizione suddetti.” 9 Quest’altro documento, relativo alla donazione del “castrum” di Mesagne, redatto a Taranto nel 1221 e riportato nella “Historia diplomatica Friderici Secundi”, contiene quanto segue: “Noi, tenendo presente che il nostro predetto signor padre ha concesso e donato con pia liberalità alla “domus” teutonica il “castrum Mezzanei, quod est inter Brundisium et Horiam cum omnibus iustis tenimentis et pertinenti suis ( il castello di Mesagne che si trova tra Brindisi ed Oria con tutti i giusti tenimenti e sue pertinenze!!) a causa delle fatiche sopportate e dei sudori versati incessantemente dai fratelli per la fede e per la gloria dei cristiani, noi, poiché questo documento è stato perduto insieme ad altri documenti a causa del temerario assalto compiuto contro la stessa “domus” da parte di alcuni Brindisini che vi sono penetrati“indegne et rapaciter”, in considerazione dell’eterna ricompensa meritata dall’Ordine e per il suffragio delle anime dei nostri divini ed augusti parenti, abbiamo deciso di rinnovare con munifica liberalità ciò che nostro padre imperatore ha fatto, donando, concedendo e confermando in perpetuo il “castrum Mezzanei” con tutti i suoi legittimi tenimenti e pertinenze alla Casa dell’Ospedale ed ai suoi fratelli Teutonici.” La suddetta donazione, però, ebbe la durata di soli otto anni perché in un altro documento riportato nella Historia Diplomatica Friderici II e rilasciato ad Accon (ossia a San Giovanni d’Acri!!!) il 4 aprile del 1229, leggiamo così: “Fridericus Dei gratia Romanorum imperator semper augustus, Jerusalem et Siciliae rex. E’ noto a tutti che il fratello, venerabile Gran maestro della “domus Sanctae Mariae Teuthonicorum in Jerusalem” e i fratelli della medesima “domus”, nostri fedeli devoti, ci hanno donato e concesso sia il “castrum Messanei” con tutti i suoi possedimenti e pertinenze, che si trova tra la nostra città di Brindisi e il “castrum” di Oria, e sia la casa del fu Margarito situata sopra il porto della suddetta città con i suoi possedimenti e pertinenze. E’ noto che noi per riottenere queste proprietà, abbiamo deciso da Accon, dove noi risiediamo, di donare e di concedere alla “domus” dei Teutonici 6.400 bisanzi saracenari in cambio del suddetto “castrum” e “domum”, prelevandoli dai nostri redditi oppure, se noi non potremo versarli tutti in una volta, ci obblighiamo a versarli in rate di 1.200 bisanzi saracenati. Dichiariamo, inoltre, che, se accadrà qualche inconvenienza a noi o ai nostri successori del regno di Gerusalemme a causa della quale il suddetto Gran maestro e i fratelli della “domus “ di Santa Maria dei Teutonici non avranno potuto ricevere i suddetti bisanzi saracenati, obblighiamo noi stessi o i nostri eredi del regno di Sicilia a restituire al medesimo Gran maestro e ai suoi fratelli il “castrum” e la casa di Margarito.” 10 Identica prodigalità troviamo in un altro documento nel quale l’imperatore dichiara di voler lasciare in dote alla domus gloriose Virginis Marie Hospitalis Teuthonorum de Brundisio” edifici, terre, vigneti, oliveti, orti, trappeti, mulini, forni e altri possedimenti situati nel suo territorio. “Tenendo in considerazione - fa scrivere al notaio - che la sacra Casa dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme, dopo essersi propagata grazie all’intuizione di pietà del nostro signor “nonno” Federico (Barbarossa!), ha prodotto molteplici frutti degni di lode e dopo essersi rafforzata grazie al signor imperatore Enrico, nostro padre di buona memoria con vari privilegi e libertà, e dopo essere cresciuta ancora sia nel campo spirituale che nel campo temporale grazie alla nostra magnificenza verso i fratelli che si dedicano ai servizi divini e verso il diletto fratello Ermanno, Gran maestro della Casa del medesimo Ospedale, la cui celebre vita e culto di onesta religione sappiamo che risplendono e considerando inoltre quante fatiche e sudori sostengono incessantemente per la fede e per la gloria dei Cristiani, dichiariamo che noi siamo assai rispettosi della santa Casa dell’Ospedale dei Teutonici, degli oggetti che le appartengono, dei fratelli e dei confratelli della stessa Casa dell’Ospedale, dei beni mobili e immobili che giustamente posseggono per tutto il regno e confermiamo alla medesima Casa dell’Ospedale in perpetuo tutti i privilegi ed ogni cosa che le è stata donata tanto dai nostri genitori quanto da noi, quali: castelli, casali, uomini e possessioni. Concediamo ancora alla medesima sacra Casa dell’Ospedale con liberale munificenza il possesso dell’erbatico e del legnatico in qualunque parte delle terre del nostro demanio e dichiariamo che la medesima sacra Casa dell’Ospedale non sia tenuta a pagare né per tutti questi beni né per tutto ciò che attiene il commercio che si fa nelle piazze, stabilendo con fermezza che nessuno osi opporsi ai predetti fratelli del medesimo Ospedale circa il possesso di questi beni e tenimenti…. Dato a Taranto nell’anno dell’incarnazione del Signore MCCXXI, nel mese di aprile, nella nona indizone.” Tra questi possedimenti nominati nello strumento notarile del 1221 come dono del padre Enrico VI all’Ordine dei Cavalieri Teutonici e confermati da Federico II con il privilegio emesso a Foggia nel 1230 e riconfermati da Manfredi, re di Sicilia nello strumento notarile del 1260, troviamo il feudo di Montefuscolo situato nel territorio oritano, il casale di Manduria, diversi terreni situati a Santa Sabina presso Ostuni e l’abbazia di Santa Maria al Bagno presso Nardò, situata per la precisione a circa trecento metri dalla torre che, spaccatasi in quattro, oggi è chiamata con il nome di: “Le quattro colonne.” Così troviamo scritto in questo documento rilasciato da Manfredi: 11 “Nell’anno dell’incarnazione del Signore 1260, regnando il nostro signore Manfredi, serenissimo re di Sicilia, secondo anno del suo regno, primo giovedì del mese di dicembre, decima indizione: Noi sottoscritti giudici di Brindisi, (rispondendo) col presente atto alla richiesta di fratello Giacomo, Precettore della casa dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutonici in Brindisi, rivolta a noi da parte del fratello Baldovino, venerabile Gran maestro della casa dell’Ospedale del medesimo in Puglia, dopo aver visto il privilegio privo di qualsiasi vizio e sospetto e con la bolla di cera pendente su cui sta impressa l’immagine della maestà imperiale, concesso tempo addietro alla medesima casa dell’Ospedale dal nostro signore, serenissimo imperatore Federico di santa memoria, riguardante alcuni possedimenti e libertà donati alla medesima casa dell’Ospedale, dichiariamo di aver redatto questo strumento identico al primo per mano di Leonardo, pubblico Notaio di Brindisi e di averlo autenticato, munendolo del consueto sigillo. Dichiariamo, pertanto, che il contenuto di tale strumento è il seguente: Federico, col favore della divina clemenza, imperatore dei Romani sempre augusto e re di Sicilia: E’ a tutti noto, tanto ai viventi di oggi quanto a quelli che verranno in seguito, che noi, tenendo presente l’onestà e la religiosità della casa dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme, considerando la sua diffusione grazie al sacro intuito dell’augusto signore imperatore Federico (Barbarossa) nostro avo, considerando inoltre l’accrescimento dei possedimenti e libertà grazie al nostro signor genitore di santa memoria e considerando infine la celebre vita e sentita devozione dimostrata dal diletto nostro fratello Ermanno, Gran maestro della medesima casa dell’Ospedale e dei suoi fratelli e per il suffragio delle anime dei nostri progenitori ed essendo sensibili alle preghiere del suddetto Gran maestro, doniamo, concediamo alla suddetta casa dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutonici e confermiamo, tra le altre nostre concessioni e libertà, tutti i possedimenti di terra che la casa dell’Ospedale ha avuto, tenuto e posseduto come dono ed offerta dal signor Racione di Balbano, conte di Constia (…). Concediamo ugualmente alla suddetta casa dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutonici e confermiamo in perpetuo tutti i possedimenti di terre che il detto Ospedale ha avuto, tenuto e posseduto tanto in Capitanata (…) quanto nel feudo di Montefuscolo situato nei possedimenti e pertinenze di Oria e i possedimenti e pertinenze situate nel territorio di Ostuni “in loco Sanctae Sabinae” (….). Dato a Foggia nell’anno dell’incarnazione del Signore 1230, mese di maggio, terza indizione dell’impero del signor nostro Federico, per grazia di Dio invincibilissimo imperatore sempre augusto e felicemente re di Sicilia da dieci anni.” 12 Io suddetto Leonardo, Notaio pubblico di Brindisi, col mandato dei sottoscritti testimoni ho curato di scrivere e redigere questo unico documento, copiato da quello autentico originale in pubblica forma, fedelmente e parola per parola, senza aggiungere o detrarre niente e l’ho segnato col nostro consueto sigillo. Leonardo, giudice di Brindisi.” Oria, chiostro di Montalbano: 16 giugno 2016. Prof. Giuseppe D’Amico 13