L`esposizione a fattori di rischio occupazionali può causare:

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IL MEDICO DI BASE E LE MALATTIE OCCUPAZIONALI
Importanza della diagnosi eziologica
Michela Crippa, Gianfranco Farina, Lorenzo Alessio
Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro – Università degli Studi di Brescia
Cattedra di Medicina del Lavoro c/o Azienda Spedali Civili di Brescia
P.le Spedali Civili 1
Tel. 030.3995896
25123 Brescia
Fax 030.394902
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Riassunto
La formulazione corretta della diagnosi eziologica di una patologia occupazionale riveste una
notevole importanza in quanto una elevata percentuale di popolazione adulta è esposta nel corso
dell’attività lavorativa a fattori di rischio fisici, chimici, biologici e organizzativi che possono
causare patologie a carico di tutti gli organi ed apparati. La individuazione di una corretta diagnosi
eziologica può permettere in molti casi l’allontanamento dai fattori di rischio e conseguentemente
una remissione del quadro clinico e può inoltre costituire un evento sentinella che consente di
identificare se sussistono condizioni di rischio ed eventualmente patologie già conclamate in altri
lavoratori. Il riconoscimento della patologia sarà necessario affinchè l’INAIL provveda ad erogare
al lavoratore un indennizzo commisurato al danno. L’evoluzione continua dei quadri clinici delle
malattie da lavoro può rendere difficoltosa la formulazione di una diagnosi definitiva, pertanto,
qualora il medico di base sospetti l’esistenza di un nesso causale tra la patologia osservata e
l’attività lavorativa svolta sarà necessario che instauri una stretta collaborazione con il medico del
lavoro cui spetta la responsabilità di confermare l’origine occupazionale della malattia.
Titolo abbreviato: Diagnosi malattie occupazionali
Parole chiave: malattie occupazionali, diagnosi eziologica
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Introduzione
Nel corso della sua attività il medico di base quotidianamente deve formulare giudizi diagnostici
necessari per avviare i successivi atti terapeutici, riabilitativi ed eventualmente preventivi.
Frequentemente le valutazioni diagnostiche si arrestano a livello della diagnosi clinica, dal
momento che da una parte i provvedimenti, specificatamente quelli terapeutici, sono generalmente
simili prescindendo dall’origine della forma morbosa e dall’altra l’eziologia di molte patologie di
comune osservazione è ancora oggetto di studi e di interpretazioni. Una importante eccezione
costituiscono le malattie conseguenti all’attività lavorativa, per esse infatti l’eziologia è
generalmente individuabile, anche se la patogenesi non sempre è chiara.
Numerosi sono i motivi per cui è di fondamentale importanza la formulazione di una corretta
diagnosi eziologica delle malattie occupazionali:
•
la popolazione occupata, correntemente o nel passato, in attività lavorative esponenti a fattori
di rischio fisico, chimico, biologico, organizzativo etc. costituisce una elevata percentuale della
popolazione adulta,
•
tutti gli organi ed apparati possono subire effetti dannosi conseguenti all’attività lavorativa
(tabella 1) pertanto, tutti i medici (generici o specialisti) possono trovarsi nella difficile
posizione di dover valutare se una patologia da loro diagnosticata riconosce quale fattore
causale o concausale l’attività lavorativa,
•
oltre alle classiche patologie occupazionali conseguenti ad esposizioni elevate a sostanze
nocive o a fattori di rischio fisico al momento attuale esiste un numero elevato di patologie
che hanno perso i caratteri nosologici specifici che permettevano di formulare agevolmente sia
la diagnosi clinica che la diagnosi eziologica. I loro quadri clinici pertanto si sovrappongono a
quelli che caratterizzano patologie di comune riscontro nella popolazione generale con le quali
potrebbero essere confuse. A causa di ciò l’adozione di specifici provvedimenti, in particolare
preventivi, possono essere ritardati o addirittura impediti,
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•
solo un numero ridotto di patologie occupazionali richiede una terapia specifica (ad esempio le
intossicazioni da metalli da trattare con farmaci chelanti e le intossicazioni da esteri fosforici da
trattare con ossime).
Nella generalità dei casi, non esistendo una terapia specifica per le
patologie occupazionali, vengono efficacemente adottate le terapie atte a curare la patologia di
cui è stata formulata la diagnosi clinica. E’ da rilevare però che una terapia instaurata in un
soggetto affetto da una malattia occupazionale può risultare non risolutiva se il paziente non
viene allontanato dalla esposizione, come ad esempio si può verificare nel caso di un
verniciatore affetto da asma professionale da diisocianati
allorquando il lavoratore non
interrompa l’attività lavorativa esponente a vernici,
•
la diagnosi eziologica precoce può inoltre consentire l’allontanamento dalla fonte di rischio e
conseguentemente una remissione parziale o totale del quadro clinico, come si può verificare
nei casi di dermatite da contatto, polineurite da esano o nei casi di epatopatie da esposizione a
solventi,
•
l’osservazione di un caso isolato può costituire un “evento sentinella” che induce a verificare se
nell’ambiente di lavoro altri lavoratori sono a rischio e se esistono eventualmente altri soggetti
che presentano la medesima patologia in fase clinica o preclinica. La ricerca degli eventi
sentinella è di fondamentale importanza per la prevenzione di gruppi di lavoratori ed appare
soprattutto utile in casi di patologie immunoallergiche, queste patologie infatti da una parte
riconoscono generalmente un tempo di latenza (inizio dell’esposizione – inizio delle
manifestazioni cliniche) piuttosto breve e dall’altra esse inizialmente si presentano con quadri
clinici reversibili . L’osservazione di un evento sentinella può anche essere utile allorquando si
osservino lavoratori esposti a sostanze oncogene. Tuttavia in questi casi gli interventi preventivi
sono meno efficaci in quanto per queste patologie il tempo di latenza è molto lungo e i quadri
clinici non sono reversibili. Comunque anche in questi casi l’osservazione di un evento
sentinella consente di evidenziare eventuali altri soggetti esposti e di promuovere campagne di
follow up, contribuendo quindi da una parte alla valutazione epidemiologica del fenomeno e
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dall’altra alla diagnosi precoce. Inoltre l’osservazione aneddotica di singoli casi in cui è
altamente sospetta la relazione fra attività lavorativa e patologia può essere importante per
generare ipotesi sulla eventuale tossicità di nuove sostanze,
•
il riconoscimento del danno da parte dell’INAIL, l’Ente assicurativo che indennizza gli infortuni
e le malattie professionali, è di fondamentale importanza perché può garantire al lavoratore un
indennizzo commisurato al danno ricevuto. Nel caso di patologie ad eziologia multifattoriale
l’iter diagnostico dovrà anche valutare il peso che la componente occupazionale ha avuto nella
genesi del danno,
•
il riconoscimento di una malattia occupazionale generalmente costituisce uno stimolo per il
datore di lavoro ad intraprendere bonifiche ambientali tali da evitare l’insorgenza di nuovi casi
di patologie da lavoro.
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Principali rischi occupazionali e differenti tipologie di effetti
Gli effetti dannosi sulla salute causati dalla esposizione a fattori di rischio occupazionali possono
essere così classificati:
•
effetti deterministici (dose-dipendenti)
•
effetti probabilistici (non dose-dipendenti)
•
effetti immuno-allergici
•
effetti conseguenti ad esposizioni multifattoriali
•
effetti correlati con l’organizzazione del lavoro
Effetti deterministici
Fra gli effetti deterministici rientrano le classiche patologie da lavoro (ad esempio asbestosi,
silicosi, saturnismo, polineuropatie da solventi ecc.).
E’ invalsa l’opinione che queste patologie siano scomparse a seguito della drastica riduzione dei
rischi occupazionali classici, conseguente agli efficaci interventi preventivi che sono stati realizzati
in questi ultimi anni negli ambienti di lavoro. Questa affermazione è solo parzialmente reale: è vero
infatti che alcuni fattori di rischio si sono drasticamente ridotti, se non addirittura scomparsi, ma la
maggior parte delle patologie conseguenti ad esposizione a sostanze capaci di causare effetti
deterministici hanno una storia naturale molto lunga per cui ci si può attendere che, ancora nei
prossimi 10-15 anni, quadri classici di silicosi, asbestosi o polineuropatie da collanti possano
giungere alla osservazione dei medici generici o degli specialisti.
Si tratta di patologie per le quali esiste una dose soglia, cioè un livello di esposizione al di sotto del
quale gli effetti non si manifestano ed è dimostrata l’esistenza di una relazione dose-effetto cioè di
una stretta correlazione fra la gravità del quadro clinico e l’entità/durata dell’esposizione al fattore
di rischio. Il riconoscimento di queste patologie e la diagnosi eziologica è generalmente agevole
qualora il medico tenga conto della possibile eziologia professionale.
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La diagnosi eziologica generalmente può essere supportata e confermata da specifici esami
strumentali e di tossicologia occupazionale; questi ultimi permettono di valutare e quantizzare la
presenza nei più importanti mezzi biologici degli agenti eziologici come ad esempio metalli,
solventi, pesticidi e/o loro metaboliti.
Effetti probabilistici
La situazione è più complessa per gli effetti probabilistici, cioè effetti mutageni, cancerogeni,
teratogeni. Per questi effetti non esiste (o non è oggi definibile) una dose soglia né esiste una
relazione dose-effetto, per cui generalmente anche esposizioni molto modeste possono essere causa
di gravi patologie quali quelle oncogene. Esiste invece una relazione dose-risposta, infatti è ben
noto che con l’aumentare dell’entità dell’esposizione aumenta nel gruppo la probabilità di
sviluppare la patologia.
Oltre alle classiche neoplasie professionali (ad esempio il cancro della vescica da ammine
aromatiche, le neoplasie polmonari da cromati, le neoplasie delle fosse nasali da polveri di legno,
l’angiosarcoma epatico da cloruro di vinile monomero, le leucemie da benzene o da radiazioni
ionizzanti), numerose indagini epidemiologiche dimostrano come il numero di sostanze chimiche
o di processi produttivi capaci di indurre neoplasie siano molto numerosi: 40 cancerogeni certi
occupazionali sono stati classificati dalla IARC ( International Agency for the Research on Cancer)
(1). Peraltro sono stati dimostrati fenomeni di sinergismo fra sostanze oncogene occupazionali e
l’esposizione extra professionale a sostanze oncogene, in particolare il fumo di tabacco. Quale
esempio eclatante si può citare il sinergismo esistente tra esposizione occupazionale ad amianto e
fumo di tabacco nel causare il carcinoma polmonare: i soggetti fumatori hanno una probabilità di
sviluppare una neoplasia polmonare 50 volte superiore rispetto agli esposti non fumatori.
In questo ambito le difficoltà per formulare la diagnosi eziologica sono rappresentate da:
•
aspecificità dei quadri clinici
•
lungo periodo di latenza
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•
difficoltà a raccogliere una dettagliata anamnesi lavorativa che consenta di individuare le
sostanze o i processi tecnologici fonte di rischio
Per pervenire alla diagnosi può essere opportuno un approfondimento dell’anamnesi lavorativa
reperendo informazioni dai Medici del Lavoro che operano nelle ASL come addetti alla vigilanza
o come Medici Competenti nelle aziende. Infatti essi possono mettere a disposizione i risultati
delle indagini ambientali e e della sorveglianza sanitaria. Peraltro le informazioni ottenute
consentono da una parte di quantizzare l’esposizione e dall’altra di correlarla agli effetti. Ciò è di
particolare importanza in quanto la presenza solo nominale di un inquinante può non essere
sufficiente a formulare ipotesi circa l’entità del rischio.
In alcuni casi la diagnosi eziologica può essere supportata da esami tossicologici quali ad esempio
la determinazione di metalli ad effetto oncogeno su materiale bioptico. Molto utile in tal senso può
essere la determinazione semiquantitativa con ICPMS (Induced Coupled Plasma Mass
Spectrometry) che permette di identificare tutti i metalli presenti nel tessuto per i quali si potrà poi
procedere ad una più esatta misurazione ricorrendo all’impiego di metodiche in assorbimento
atomico. Informazioni analoghe possono derivare da misurazioni sul tessuto adiposo di sostanze
clorate quali diossine, policlorobifenili, insetticidi organoclorati.
Effetti immuno-allergici
L’incidenza delle patologie immuno-allergiche, e in particolare l’incidenza dell’oculorinite,
dell’asma bronchiale (a patogenesi IgE-mediata) e degli eczemi (a patogenesi cellulo-mediata) è in
netto e progressivo aumento. Queste patologie sono caratterizzate da una fase di sensibilizzazione
e da una fase di scatenamento dei sintomi. La prima si realizza generalmente per esposizione a dosi
elevate, è pertanto dose-dipendente, la seconda si realizza anche per esposizioni a basse dosi (doseindipendente). Si tratta di patologie il cui aumento può essere attribuito:
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•
all’incremento, sia negli ambienti di lavoro che di vita, del numero di sostanze allergizzanti,
sia chimiche (ad esempio vernici) che di natura biologica (ad esempio proteine animali e
vegetali)
•
incremento dell’ indoor pollution all’interno dei luoghi di lavoro e delle abitazioni
•
incremento dell’ outdoor pollution (ad esempio gas nitrosi, ozono)
•
situazioni di alterata sorveglianza immunologica.
La formulazione della diagnosi eziologica può presentare difficoltà. Tuttavia il sospetto di una
patologia professionale può essere facilitato dalla ricerca della positività del test arresto-ripresa
che valuta le modalità e i tempi di comparsa e scomparsa dei sintomi in relazione alla esposizione
e quindi nel nostro caso in relazione allo svolgimento (inizio-sospensione) della
attività
lavorativa. In questi casi può essere utile procedere ad una verifica strumentale del test arrestoripresa, possibilmente coinvolgendo il Medico Competente cui potrà essere affidata, nel caso di
soggetti che presentano crisi asmatiche, la verifica del comportamento del picco di flusso
espiratorio. Per la definizione della diagnosi eziologica la valutazione di una sensibilizzazione
verso gli specifici allergeni occupazionali sarà di fondamentale importanza.
Effetti conseguenti ad esposizioni multifattoriali
Le prime 3 categorie di effetti sono generalmente monofattoriali cioè conseguenti all’esposizione
ad un unico fattore di rischio. Sono di recente osservazione le patologie multifattoriali, cioè quei
quadri clinici che sono condizionati dall'esposizione contemporanea a più fattori di rischio, alcuni
presenti negli ambienti di lavoro, altri nell’ambiente di vita. In questo caso fattori di rischio, che
isolatamente considerati non sarebbero in grado di causare la patologia, associati possono
condizionare effetti di tipo additivo potenziato o sinergico. Tipici esempi sono la BPCO da gas
irritanti o le epatopatie croniche fibrosanti da solventi
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Effetti correlati con l’organizzazione del lavoro
L’automazione dei processi industriali, adottata al duplice scopo di ridurre la fatica fisica e di
aumentare la produttività, ha fatto sorgere una serie di problemi inattesi correlati con
l’organizzazione del lavoro (ad esempio le posture, i ritmi, le pause) che possono causare danni a
carico dell’apparato osteoarticolare, cardiocircolatorio e gastroenterico e del sistema nervoso. Si
tratta di patologie solo recentemente identificate come lavoro-correlate ed in progressivo aumento.
Nel vasto capitolo delle patologie legate alla organizzazione del lavoro sono inoltre da includere
quelle conseguenti al lavoro a turni, in particolare patologie a carico dell’apparato digerente e
disendocrinopatie, o le patologie cardiovascolari da stress che possono verificarsi in soggetti sia
over che under stressed e le patologie da movimenti ripetuti dell’arto superiore
Conclusioni
Il confronto fra i risultati degli studi epidemiologici pubblicati sulle più autorevoli riviste
internazionali e i dati delle statistiche prodotte dall’INAIL evidenzia che l’importanza della
diagnosi eziologica nel nostro Paese è generalmente sottovalutata.
A scopo puramente indicativo nella tabella 2 sono riportati alcuni dati statistici relativi alla ipotesi
di frequenza di patologie occupazionali di comune osservazione. Nella esperienza maturata da
ciascun medico di base è assai verosimile che le frequenze attese risultino nettamente più alte
rispetto a quelle individuate nella pratica professionale, vedasi a questo proposito la elevata
frequenza dei casi di asma occupazionale (15% di tutte le forme di asma nella popolazione generale
adulta) e di dermatiti occupazionali (30-42% di tutte le dermatosi nella popolazione adulta) (2,3).
Una particolare considerazione meritano le patologie neoplastiche. Infatti secondo previsioni fatte
da Doll e Peto nel 1981 (4) la percentuale di morti per tumori conseguenti all’attività lavorativa
costituisce mediamente nei paesi industrializzati il 4% di tutte le morti per neoplasie. Negli anni 90
mediamente le morti per tumore in Italia sono state 130000/anno, pertanto le morti attese per tumori
occupazionali erano 2600/anno. Dalle statistiche INAIL risulta invece che le morti complessive per
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malattie occupazionali sono state poche decine per anno. Nasce spontanea la domanda circa i motivi
per cui ben più di 2500 casi/anno non figurano nelle statistiche INAIL, quesito che fu sintetizzato
nello slogan “alla ricerca dei tumori perduti” (5). La risposta più ovvia appare quella che da parte
della classe medica venga sottovalutata l’importanza della diagnosi eziologica.
La Medicina del Lavoro è materia in costante evoluzione perché da una parte i processi produttivi si
rinnovano in continuazione e le sostanze utilizzate vengono sostituite da altre i cui effetti spesso
non sono stati sufficientemente valutati in precedenza, dall’altra negli ultimi decenni sono stati
conseguiti notevoli avanzamenti nel campo della prevenzione. Pertanto questo continuo sviluppo
della disciplina fa si che le conoscenze appprese nel corso degli studi entro pochi anni siano da
considerare superate. E’ importante però che le nozioni acquisite, anche se non attuali, costituiscano
uno stimolo perchè il sanitario possa porsi il quesito se l’attività lavorativa svolta dal suo paziente
abbia esercitato o meno un ruolo causale o concausale nel determinismo della patologia in
osservazione o già da lui diagnosticata seguendo quanto indicato da B. Ramazzini “ Cum ad
aegrotum deveneris, interrogare oportet, quae patiatur, et ex qua causa, et quot jam diebus, et quo
victu utatur, verba sunt Hippocratis in libro De Affectionibus; liceat quoque interrogationem hanc
adiicere et quam artem exerceat” (De Morbis Artificum Diatriba 1713).
Infatti solo il sospetto di un nesso causale può avviare l’adeguato iter rivolto a stabilire una diagnosi
eziologica che richiederà una stretta collaborazione fra medici di base, medici del lavoro e altri
specialisti. Sarà responsabilità del medico del lavoro confermare l’origine della patologia sia
mediante un approccio anamnestico-clinico che attraverso l’impiego di specifici test strumentali e
tossicologici.
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Bibliografia
1. IARC (International Agency for the Research on Cancer) Monographs on the evaluation of
carcinogenic risks to humans. Lists of IARC evaluations, Lyon, France 1994.
2. Moscato G. Asma Professionale. Quaderni di Medicina del Lavoro e Medicina Riabilitativa.
Fondazione Clinica del Lavoro. PI-ME Editrice, Pavia, 1993
3. Smith HR, Armstrong DKB, Wakelin SH e coll. Descriptive epidemiology of hand dermatitis at
the St John’s contact dermatitis clinic 1983-1997. Br J Dermatol 142: 284-287, 2000
4. Doll R, Peto R.The causes of cancer: quantitative estimates of avoidable risks of cancer in the
Unites States today. J Natl cancer Inst 66: 1191-1308, 1981
5. Gaffuri E. Alla ricerca dei tumori perduti. Lettera in redazione. Med Lav 79: 82, 1988
6. Franchini I, Mutti A. Le nefropatie professionali. In Atti del 51° Congresso nazionale della
Società Italiana di Medicina del lavoro e Igiene Industriale. Monduzzi Editore, Bologna, 1988,
pag. 495-620
7. Sartorelli P. Manuale di medicina del lavoro. Piccin Editore, Padova, 1998, pag. 400-414
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Tabella 1
ESEMPI DI PATOLOGIE OCCUPAZIONALI DA CONSIDERARE NELLA DIAGNOSI
DIFFERENZIALE CON PATOLOGIE NON OCCUPAZIONALI DI FREQUENTE RISCONTRO
ORGANI E APPARATI
Apparato cardiovascolare
PATOLOGIE
Coronaropatia da solfuro di carbonio; angina da nitrati;
cardiopatia da stress; aritmie da solventi clorati
Apparato gastroenterico
Colica da piombo; epatopatie da solventi; gastroduodeniti nei
saldatori e nei turnisti; angiosarcoma da cloruro di vinile
monomero, epatopatie da esposizione occupazionale a HBV, HCV
Cute
Dermatiti da contatto allergiche e irritative, orticarie da contatto
Apparato ematopoietico
Anemia da piombo; anemie emolitiche da ammine aromatiche;
anemia e leucemie da benzene e radiazioni ionizzanti
Rene e apparato urinario
Insufficienza renale acuta da emolizzanti; insufficienza renale
cronica da piombo; tubulopatie da metalli; glomerulopatie da
solventi; neoplasie vescicali da ammine aromatiche e renali da
idrocarburi aromatici policiclici
Sistema nervoso centrale e
Sindromi parkinsoniane da manganese e mercurio; encefalopatie
periferico
croniche da solventi e metalli; intossicazioni acute da solventi,
metalli, pesticidi, monossido di carbonio; polineuriti arti inferiori
da metalli e solventi
Occhio
Cataratta da radiazioni ionizzanti; congiuntiviti e cheratiti da UV;
astenopia da videoterminali; congiuntiviti allergiche
ORL
Ipoacusie percettive da rumore; neoplasie dei seni paranasali da
polveri di legno e cuoio; neoplasia laringea da amianto,
Apparato osteoarticolare
Ernie discali da movimentazione carichi; sindrome del tunnel
carpale da movimenti ripetuti arto superiore; lombalgie da posture
incongrue
Apparato respiratorio
Asma bronchiale; alveoliti allergiche estrinseche; pneumoconiosi;
broncopneumopatie croniche da gas irritanti; neoplasie polmonari
da cromo, idrocarburi policiclici aromatici, asbesto
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Tabella 2
IPOTESI DI FREQUENZA DI ALCUNE PATOLOGIE AD EZIOLOGIA
OCCUPAZIONALE
•
neoplasie
4% delle neoplasie nella popolazione adulta
(4)
•
asma
15% di tutte le forme di asma nella popolazione
adulta (2)
•
nefropatie
•
dermatiti occupazionali
3.3% della popolazione lavorativa (6)
30 – 42% di tutte le dermatosi nella popolazione
adulta (3)
•
broncopneumopatie croniche ostruttive 14.2 – 37.7% della popolazione lavorativa esposta a
broncoirritanti (7)