Analisi Macroeconomica del divario Nord-Sud in

1
Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia.
di Giovanni DI TRAPANI1
Introduzione.
Il divario economico fra il Nord ed il Sud
dell’Italia ha origini non certo recenti, che
possiamo ricondurre alla fine dell’Ottocento,
quando inizia la crescita moderna dell’Italia.
“C'è fra il nord e il sud della penisola una
grande sproporzione nel campo delle attività
umane, nella intensità della vita collettiva,
nella misura e nel genere della produzione, e,
quindi, per gl'intimi legami che corrono tra il
benessere e l'anima di un popolo, anche una
profonda diversità fra le consuetudini, le
tradizioni, il mondo intellettuale e morale.”1
Sin dal principio, lo sviluppo economico del
paese Italia, si presenta come un fenomeno
alquanto squilibrato sotto il profilo geografico.
Per i vent’anni successivi all’Unità d’Italia,
l’entità del divario tra Nord e Sud rimane
alquanto trascurabile. La differenza tra il Pil
pro capite meridionale e quella del resto del
Paese, solo successivamente alla fine
dell’Ottocento cominceranno ad assumere
valori più rilevanti. Volendo adottare, come
del resto è stato proposto da ampia letteratura,
una periodizzazione del divario Nord-Sud è
possibile fare riferimento ad almeno quattro
fasi:
- dal 1891 alla vigilia della Grande Guerra;
- gli anni 1920-40;
- dal 1951 al 1973;
- dal 1974 – ai giorni nostri.
Come in premessa sostenuto, il divario
economico fra le due grandi aree del Paese in
termini di prodotto sembra invece essere un
fenomeno successivo all’Unità d’Italia.
dell’industrializzazione - si creerà un
differenziale di reddito tra Nord e Sud.3
Per quanto in premessa sostenuto, si può
agevolmente sostenere che il processo della
crescita moderna non ha interessato allo
stesso tempo tutte le regioni italiane.
Le fasi di accelerazione e di rallentamento
dell’economia nel corso del tempo hanno
avuto influenza disomogenea sulle economie
regionali.
Le recenti analisi statistiche confermano, a
tutt’oggi, che l’Italia è un paese sempre più
diviso e diseguale, dove la distanza del Sud
dal Nord, dopo un breve periodo di
contrazione, ha ripreso ad allargarsi
vistosamente.
La recente evoluzione dell’economia italiana.
Negli ultimi tempi - dopo tre anni di
recessione - l'economia italiana ha fatto
registrare una leggera crescita misurabile
nello 0,3%, che si ipotizza possa trovare
origine anche nell’immissione di denaro da
parte della Banca Centrale Europea 4 e dal
prezzo del greggio che ha raggiunto valori
davvero bassi.
E’ evidente che l’aumento della Crescita
implichi un consequenziale aumento delle
esportazioni che trova la sua fonte nel c.d.
euro debole. Le problematiche connesse al
rallentamento della crescita del nostro Paese,
almeno dal punto di vista economico, sono, a
parere di chi scrive, numerose ed possono
ricondursi anche alle profonde differenze tra
Nord e Sud, che di fatto costituiscono “due
economie” in un solo paese.
“…non esisteva una reale differenza NordSud in termini di prodotto pro capite…”2
Solo a partire dalla fine degli anni Ottanta
dell’Ottocento
con
il
progredire
1
G. Fortunato, Il Mezzogiorno e lo stato italiano: volume secondo,
Laterza, Bari, 1911, p.311-312
2
V. Daniele e P. Malanima – Il prodotto delle Regioni e il divario
Nord-Sud in Italia (1861-2004) – su Rivista di Politica Economica
3
V. Medde - Perché il Sud è rimasto indietro http://www.iconur.it/storia-degli-uomini/27-perche-il-sud-e-rimastoindietro
4
Quantitative Easing – ovvero l’alleggerimento quantitativo, cioè
di acquisto di titoli di stato e di altro tipo dalle banche per immettere
nuovo denaro nell’economia europea, incentivare i prestiti bancari
verso le imprese e far crescere l’inflazione
N. 2 - Marzo-Aprile 2016
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Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia.
di Giovanni DI TRAPANI1
Figura 1 Reddito Italiano Medio – per
Regione
Fonte: Nostra elaborazione su dati forniti da
l’Economist
Come evidenziato dai grafici esposti nella
Figura 1 Reddito Italiano Medio – per
Regione, con il perdurare della crisi,
l’economia del Sud si è ridotta a una velocità
doppia rispetto a quella del Nord. Infatti, tale
riduzione è stata pari al 13% tra gli anni 2008
e 2013.
Con tutta evidenza il Mezzogiorno, negli
ultimi sette anni (2007-2014) ha in un certo
qual modo subìto una palese contrazione. Nei
sette anni analizzati, il 70% degli 843mila
disoccupati sono residenti nelle realtà
territoriali del Sud Italia, a tal proposito, è
opportuno ricordare anche che i livelli
occupazionali del Mezzogiorno sono i più
bassi di qualsiasi altro paese europeo: un più
che triste primato…
Di contro, invece, tali indicatori del mondo
del lavoro nelle regioni ricadenti nella macroarea del Nord del Paese si assestano in valori
di poco superiori al 60%. Per quanto riguarda
i livelli di esportazione, vale la pena ricordare
che questi ammontano a circa 400 miliardi di
euro, di queste, solo il 10% interessa la
macro-area del Mezzogiorno.
Come evidenziato, i dati analizzati esprimono
profonde differenze a livello regionale, che
prendono la forma - come accennato - di un
vero
e
proprio
divario
macroeconomico.Figura 1 Reddito Italiano
Medio – per Regione
Fonte ISTAT 2013
Un’Italia a due velocità e a due facce, unita
sulla carta ma profondamente divisa e con
differenze nette tra nord e sud. Una storia già
tristemente nota che proveremo ad illustrare
più avanti.
I principali indicatori macroeconomici: un
analisi quantitativa del divario Nord Sud.
Le grandezze macroeconomiche descrivono la
struttura di un sistema economico e sono
diffusamente utilizzate per misurare lo stato
di salute e la capacità di crescita di
un’economia.
La
più
importante
è
sicuramente il prodotto interno lordo (Pil),
che rappresenta il risultato finale dell’attività
di produzione di una determinata area
geografica. Di seguito analizzeremo le
seguenti grandezze statistiche:






Pil pro capite
Domanda nazionale
Produttività del lavoro
Inflazione
Prezzi delle abitazioni
Esportazioni
N. 2 - Marzo-Aprile 2016
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Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia.
di Giovanni DI TRAPANI1
Pil pro capite5
Il prodotto interno lordo (Pil) rapportato alla
popolazione residente è una importante
misura del benessere di un paese, nonché uno
dei principali indicatori di crescita economica.
Nel nostro Paese, nel 2013 il Pil pro capite è
diminuito del 2,4 per cento (-6,6 per cento tra
il 2000 e il 2013).
L’Italia
manifesta
una
performance
particolarmente negativa: mentre nel 2000 il
Pil pro capite dell’Italia era più alto di quello
della media dei paesi Ue del 16,1 per cento,
gli effetti della profonda crisi economica
sperimentata dal nostro Paese hanno portato il
livello nel 2013 al di sotto della media dei
paesi Ue.
Tutte le regioni presentano un livello del Pil
pro capite inferiore a quello dello 2011: la
caduta più marcata si registra in Valle d’Aosta
(-3,8 per cento).
Le regioni con il Pil pro capite più basso sono
Calabria e Campania (rispettivamente 14.383
e 14.422 euro per abitante), precedute da
Sicilia e Puglia (rispettivamente 14.521 e
15.162 euro per abitante). Provincia autonoma
di Bolzano e Valle d’Aosta presentano i valori
più elevati (rispettivamente 32.284 e 30.843
euro per abitante), seguite da Lombardia
(29.434 euro per abitante), Emilia-Romagna
(28.211 euro per abitante) e provincia
autonoma di Trento (26.547 euro per abitante).
Tabella 1 Pil pro capite per regione
REGIONI
RIPARTIZIONI 2012
GEOGRAFICHE
Nord-ovest
27.687
Nord-est
27.241
Centro
24.969
Centro-Nord
26.739
Mezzogiorno
15.197
Figura 2 Pil pro capite per regione
Nostra elaborazione su dati ISTAT
Fonte: ISTAT , Conti economici regionali
I dati a disposizione sono riferiti al 2012, in
tale anno il divario territoriale è molto
elevato: il livello del Pil pro capite in termini
reali nel Mezzogiorno è inferiore del 43,2 per
cento rispetto a quello del Centro-Nord e del
33,4 per cento rispetto alla media nazionale.
La fase di profonda recessione attraversata
dall’Italia negli ultimi anni ha riportato, a
partire dal 2009, il valore del Pil pro capite in
termini reali a un livello inferiore a quello
registrato nel 2000: tra il 2000 e il 2012 nel
Centro-Nord è sceso del 6,2 per cento mentre
nel Mezzogiorno la caduta è stata meno
intensa (-5,1 per cento).
Figura 3 Ripartizione percentuale del Pil
pro capite per regione
12%
24%
22%
22%
5
Il Pil utilizzato per l’analisi dei dati regionali è misurato ai prezzi di
mercato, cioè al valore al quale i beni sono scambiati. Inoltre è
valutato a prezzi costanti per depurare la variazione dei volumi dalla
variazione dei prezzi e, quindi, misurare la crescita economica
indipendentemente dall’influenza della dinamica dei prezzi; nello
specifico, la tecnica tramite la quale sono calcolati i valori costanti è
il concatenamento attraverso gli indici di tipo Laspeyres.
20%
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Centro-Nord
Mezzogiorno
Nostra elaborazione su dati ISTAT
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Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia.
di Giovanni DI TRAPANI1
Domanda nazionale6
Ricordando che la somma di spesa per
consumi e investimenti definisce la domanda
nazionale, è possibile evidenziare che in Italia
nel 2013 i consumi sono pari al 79,9 per cento
del Pil, mentre gli investimenti ammontano al
17,8 per cento. Il peso dei consumi è
superiore a quello riscontrato nella media Ue,
pari al 78,5 per cento del Pil, mentre la quota
degli investimenti sul Pil é inferiore alla
media Ue (19,3 per cento). Nell’anno preso in
considerazione, l’Italia presenta una riduzione
della quota dei consumi in rapporto al Pil di
0,6 punti percentuali.
Figura 4 Domanda interna per regione
In particolare, l’incidenza dei consumi risulta
molto elevata per le regioni del Mezzogiorno,
superando il 100 per cento in Calabria, Sicilia,
Campania e Sardegna. I consumi in volume si
sono ridotti in tutte le regioni ad eccezione
della provincia autonoma di Trento, Calabria
e Lombardia che presentano variazioni
positive e pari, rispettivamente, a 0,7, 0,4 e
0,3 per cento. La caduta più marcata si
registra in Molise (-1,9 per cento).
Tabella 2 Consumi finali interni (20072011)
REGIONI
RIPARTIZIONI
GEOGRAFICHE
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Centro-Nord
Mezzogiorno
2007
2008
2009
2010
2011
71,9
72,9
75,8
73,3
98,4
72,4
74,8
76,7
74,3
99,2
75,3
77,4
78,2
76,8
101,5
74,8
77,8
79,2
76,9
101,9
75,0
76,9
79,1
76,7
101,3
Nostra elaborazione su dati ISTAT
Figura 5 Andamento dei Consumi finali
interni
105,0
100,0
95,0
90,0
85,0
80,0
75,0
70,0
65,0
60,0
2000
2001
2002
Nord-ovest
2004
Nord-est
2005
2006
Centro
2007
2008
Centro-Nord
2009
2010
2011
Mezzogiorno
Nostra elaborazione su dati ISTAT
Fonte: Istat, Conti economici regionali
La quota dei consumi finali interni sul Pil,
nell’anno 2011, è compresa tra il 70,4 per
cento della Lombardia e il 112,7 per cento
della Calabria.
6
2003
La spesa per consumi finali è la spesa per i beni e i servizi utilizzati
dalle famiglie, dalle istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle
famiglie e dalle amministrazioni pubbliche per il soddisfacimento di
bisogni individuali e collettivi. I consumi finali interni, utilizzati nei
confronti regionali, per il settore delle famiglie includono solo la
spesa per beni e servizi effettuata sul territorio economico. Gli
investimenti fissi lordi sono costituiti dalle acquisizioni di capitale
fisso, al netto delle cessioni, effettuate dai produttori residenti
durante un periodo di tempo determinato, cui si aggiungono gli
incrementi di valore dei beni materiali non prodotti.
Nel 2011, la quota degli investimenti sul Pil
varia tra il 16,8 per cento della Campania e il
27,9 per cento della provincia autonoma di
Bolzano. In Umbria, Abruzzo, Campania e
Sardegna gli investimenti in volume sono
scesi di oltre l’11 per cento. All’estremo
opposto, in Molise il tasso di crescita degli
investimenti in termini reali è del 5,5 per
cento.
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Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia.
di Giovanni DI TRAPANI1
201
1
18,
9
20,
3
17,
9
19,
0
19,
1
La maggior parte delle regioni presenta un
rapporto tra domanda interna e Pil superiore
al 100 per cento. Solo quattro regioni si
mantengono al di sotto di tale soglia:
Lombardia (88,6 per cento), Lazio (92,4 per
cento), Emilia-Romagna (93,0 per cento) e
Veneto (96,3 per cento).
Figura 6 Andamento degli Investimenti fissi
lordi per regione
Produttività del lavoro7
La produttività del lavoro misura la quantità
di prodotto ottenuto con l’impiego di un’unità
di lavoro.
Nel 2012, in corrispondenza di cadute del 2,8
per cento per il valore aggiunto e dell’1,5 per
cento per le ore lavorate, la produttività del
lavoro è diminuita dell’1,2 per cento.
Nel 2013, invece, l’Italia ha una produttività
del lavoro (misurata in termini di Pil a parità
di potere d’acquisto per ora lavorata)
sostanzialmente in linea con la media dei
paesi Ue superiore solo dell’1,8%.
Anche il valore aggiunto per unità di lavoro
presenta una notevole variabilità tra le regioni
italiane, indicando l’esistenza di differenze
nell’articolazione della struttura produttiva e
nell’efficienza d’impiego del fattore lavoro.
Figura 7 Andamento del Valore aggiunto ai
prezzi base per regione
62
2000
2012
var. % (scala dx)
6
5
58
4
3
54
2
1
50
0
-1
46
-2
-3
42
-4
-5
38
-6
Lo
m
ba
rd
ia
d'A Bo
La
os l za
no z io
ta
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al
o
ze
lé
e
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na
Pu
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ic
at
a
M
ol
is
e
C
al
ab
ri a
per
Va
l le
Tabella 3 Investimenti fissi lordi
regione (2007-2011)
REGIONI
200 200 200 201
RIPARTIZIO 7
8
9
0
NI
GEOGRAFIC
HE
Nord-ovest
21, 20, 19, 18,
1
8
5
9
Nord-est
22, 22, 20, 21,
0
4
4
0
Centro
19, 18, 17, 17,
6
7
0
6
Centro-Nord
21, 20, 19, 19,
0
7
0
1
Mezzogiorno 23, 22, 20, 20,
1
1
6
4
Nostra elaborazione su dati ISTAT
Fonte: Istat
24,0
23,0
22,0
21,0
20,0
19,0
18,0
17,0
16,0
15,0
2000
2001
2002
Nord-ovest
2003
2004
Nord-est
2005
2006
Centro
2007
2008
Centro-Nord
Nostra elaborazione su dati ISTAT
2009
2010
2011
Mezzogiorno
Le regioni del Mezzogiorno si collocano tutte
in fondo alla classifica, ma anche diverse
regioni del Nord e del Centro si posizionano
su valori inferiori alla media nazionale. Le
dinamiche più elevate si osservano per
Campania (+4,2 per cento rispetto al 2000),
Valle d’Aosta (+4,7 per cento) e Basilicata
(+3,7 per cento ).
7
La produttività del lavoro è definita come il rapporto tra una misura
di quantità di prodotto e una misura della quantità di lavoro
impiegato per produrlo. Per l’Italia nel suo complesso la misura della
produttività del lavoro è ottenuta misurando l’output con il valore
aggiunto in volume e l’input di lavoro in termini di ore lavorate, la
sua variazione è misurata in termini logaritmici:
ln(PLt/PLt-1)=ln(Yt/Lt)-ln(Yt-1/Lt-1)=ln(Yt/Yt-1)-ln(Lt/Lt-1)
N. 2 - Marzo-Aprile 2016
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Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia.
di Giovanni DI TRAPANI1
Strutture produttive
Gli indicatori qui presentati consentono di
tracciare il quadro generale della struttura
produttiva. In particolare, si può cogliere la
tendenza consolidata della struttura produttiva
a configurare un sistema fortemente
incentrato sul lavoro autonomo e su imprese
di piccolissime dimensioni, più orientate alle
attività manifatturiere e, al loro interno, più
specializzate nei comparti che si usa
riassumere con il termine "made in Italy".
Centro-Nord da un lato, caratterizzato da un
rapporto molto elevato (70,2 imprese ogni
mille abitanti nel 2012), e Mezzogiorno
dall’altro (51,8 imprese ogni mille abitanti).
Figura 9 Numero di imprese per regione –
Anno 2012
Figura 8 Settore di attività e dimensioni
prevalenti delle imprese nelle regioni
rispetto alla media nazionale
Fonte: Istat, Registro statistico delle imprese
attive
Fonte: Istat, Registro statistico delle imprese
attive
Imprese per 1.000 abitanti8
Il numero medio di imprese ogni mille
abitanti costituisce un importante indicatore
del grado di diffusione di iniziative private e
testimonia la vitalità di un sistema economico.
L’Italia conta nel 2012 circa 64 imprese ogni
mille abitanti, valore tra i più elevati d’Europa,
a testimonianza soprattutto della prevalenza di
imprese di ridotte dimensioni.
Tutte le regioni italiane si caratterizzano per
valori dell’indicatore superiori alla media
europea, ma con una netta distinzione tra
Dal punto di vista della distribuzione
regionale solo la Valle d’Aosta, la Toscana e
la provincia autonoma di Bolzano si
collocano al di sopra delle 75 imprese ogni
mille abitanti, mentre tra le regioni del
Mezzogiorno solo l’Abruzzo, il Molise e la
Sardegna superano la soglia delle 55 imprese
ogni mille abitanti.
Composizione della struttura produttiva9
La struttura produttiva di un paese è
caratterizzata dalla prevalenza di alcune
attività economiche e da differenti forme
organizzative delle imprese. La minore o
maggiore presenza di settori industriali ci dice
quanto un paese sia legato alle attività
8
L’unità statistica “impresa” secondo la definizione del
Regolamento europeo n. 696 del 1993 è rappresentata dalla più
piccola combinazione di unità giuridiche costituente un’entità
organizzativa per la produzione di beni e servizi che fruisce di una
certa autonomia decisionale. Un’impresa esercita una o più attività in
un unico luogo, unilocalizzata, o in più luoghi, plurilocalizzata.
9
L’analisi prende in considerazione la quota percentuale di addetti
impegnati nelle diverse classi dimensionali dell’industria e dei servizi.
Gli addetti impegnati sono tutti coloro che lavorano presso l’impresa
in modo autonomo – imprenditore, coadiuvante, soci – o con
contratto di lavoro subordinato.
N. 2 - Marzo-Aprile 2016
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Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia.
di Giovanni DI TRAPANI1
manifatturiere o di costruzioni. La minore o
maggiore dimensione sottintende forme
organizzative diverse, con assetti proprietari
che vanno da semplici ditte individuali, per le
imprese di minori dimensioni, a complesse
società di capitali, per le grandi. In generale
nei sistemi economici più avanzati si
manifesta la tendenza allo spostamento delle
attività verso i servizi, con una diminuzione
dell’intensità industriale e con organizzazioni
più complesse di dimensioni medio-grandi. Si
pensi, da un lato, alle grandi imprese di
servizi che offrono lavoro interinale e
dall’altro alle imprese industriali che
esternalizzano funzioni aziendali. A questa
tendenza si accostano le peculiarità di alcune
economie come quelle mediterranee, dove
prevalgono le forme più legate alle tipicità del
territorio.
Figura 10 Numero di
ripartizione geografica
2001
2011
imprese
per
2012
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Centro-Nord
Mezzogiorno
Italia
Fonte: Istat, Registro statistico delle imprese
attive
Nel 2012, la composizione settoriale della
struttura produttiva dell'Italia è simile a quella
della Repubblica Ceca: in entrambi i paesi la
quota dell'industria supera il 35 per cento del
totale, sebbene i due paesi si differenzino per
la composizione dimensionale.
Nella Repubblica Ceca prevale la grande
impresa, come del resto in Germania e, in
generale,
nelle
economie
dell'Europa
continentale.
Tra i paesi considerati il Regno Unito e la
Spagna sono i più terziarizzati, mentre la
presenza dell'industria è più forte nell'Est
Europa, dove molto spesso si dirigono gli
investimenti industriali dei paesi più
sviluppati.
Figura 11 Addetti per settore di attività e
dimensione delle imprese per ripartizione
geografica
Fonte: Istat, Registro statistico delle imprese
attive
Per quanto riguarda le regioni del Centro, nel
2012 nel Lazio prevalgono le grandi imprese
di servizi, in Toscana ed in Umbria prevale la
micro-industria, mentre quella piccola, con
10-49 addetti, è più diffusa nelle Marche.
Nel Mezzogiorno, invece, sono dominanti le
micro imprese: dei servizi in Campania,
Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna;
dell’industria in Abruzzo, Molise e Basilicata.
In tutta Italia le imprese di servizi
rappresentano oltre il 50 per cento
dell’occupazione, impiegata soprattutto nelle
micro imprese.
La quota più elevata di occupazione nei
servizi si registra nel Centro (66,4 per cento),
mentre il Nord-est raggiunge la quota
relativamente più alta di addetti dell’industria,
44,6 per cento, con una concentrazione
soprattutto di micro e di piccole imprese.
Nel Nord-ovest, in particolare nel Piemonte, è
rinvenibile la quota maggiore, rispetto al
valore medio nazionale, di addetti nelle grandi
imprese industriali.
N. 2 - Marzo-Aprile 2016
8
Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia.
di Giovanni DI TRAPANI1
Bibliografia

Cadeo R., Del Giudice R., Siciliano G.,
Bagnasco G. - Qualità della Vita – Il Sole 24
Ore – Dossier

Daniele V. e Malanima P., Il prodotto
delle Regioni e il divario Nord-Sud in Italia
(1861-2004) – su Rivista di Politica
Economica

Fortunato G., Il Mezzogiorno e lo
stato italiano: volume secondo, Laterza, Bari,
1911, p.311-312

Medde V., Perché il Sud è rimasto
indietro - http://www.iconur.it/storia-degliuomini/27-perche-il-sud-e-rimasto-indietro

Noi Italia – MacroEconomia – Istat,
100 statistiche per capire il Paese in cui
viviamo.
il comportamento del Risk Management in
relazione alla assunzione di adeguate
coperture assicurative per rischi c.d.
catastrofali. E' autore di numerose
pubblicazioni scientifiche su riviste italiane e
internazionali, e numerosi interventi a
congressi nazionali ed internazionali.
e-Mail: [email protected]
Giovanni DI TRAPANI
nato a Napoli il 10 ottobre 1972, laureato in
Economia e Commercio, consegue il
dottorato di ricerca in Economia e Direzione
delle Aziende pubbliche; dal 2007 è
ricercatore presso il C.N.R. - Consiglio
Nazionale delle Ricerche, I.R.I.S.S.. - Istituto
di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo
Sviluppo - Dipartimento Identità Culturale;
inoltre, è docente presso l'Università
Telematica PEGASO, in qualità di Professore
a contratto per le discipline di Statistica
Economica e Statistica del Turismo.
Si occupa di Economia e Gestione delle
Imprese del terziario e delle Imprese
Assicurative; studia dal giugno 2010 il ruolo e
N. 2 - Marzo-Aprile 2016
9
Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia.
di Giovanni DI TRAPANI1
Sommario
Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud
in Italia. .................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.
Introduzione. ................................................................................................................................................. 1
La recente evoluzione dell’economia italiana. .............................................................................................. 1
I principali indicatori macroeconomici: un
analisi quantitativa del divario Nord Sud. ..................................................................................................... 2
Pil pro capite ............................................................................................................................................. 3
Domanda nazionale................................................................................................................................... 4
Produttività del lavoro .............................................................................................................................. 5
Strutture produttive ................................................................................................................................... 6
Bibliografia ................................................................................................................................................... 8
Indice delle Tabelle e delle Figure
Tabella 1 Pil pro capite per regione ..................................................................................................... 3
Tabella 2 Consumi finali interni (2007-2011) ..................................................................................... 4
Tabella 3 Investimenti fissi lordi per regione
(2007-2011) .......................................................................................................................................... 5
Figura 1 Reddito Italiano Medio – per
Regione ................................................................................................................................................ 2
Figura 2 Pil pro capite per regione ...................................................................................................... 3
Figura 3 Ripartizione percentuale del Pil pro
capite per regione ................................................................................................................................. 3
Figura 4 Domanda interna per regione ................................................................................................ 4
Figura 5 Andamento dei Consumi finali
interni ................................................................................................................................................... 4
Figura 6 Andamento degli Investimenti fissi
lordi per regione ................................................................................................................................... 5
Figura 7 Andamento del Valore aggiunto ai
prezzi base per regione ......................................................................................................................... 5
Figura 8 Settore di attività e dimensioni
prevalenti delle imprese ....................................................................................................................... 6
Figura 9 Numero di imprese per regione –
Anno 2012 ............................................................................................................................................ 6
Figura 10 Numero di imprese per ripartizione
geografica ............................................................................................................................................. 7
Figura 11 Addetti per settore di attività e
dimensione delle imprese per ripartizione
geografica ............................................................................................................................................. 7
N. 2 - Marzo-Aprile 2016