1 Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. di Giovanni DI TRAPANI1 Introduzione. Il divario economico fra il Nord ed il Sud dell’Italia ha origini non certo recenti, che possiamo ricondurre alla fine dell’Ottocento, quando inizia la crescita moderna dell’Italia. “C'è fra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione, e, quindi, per gl'intimi legami che corrono tra il benessere e l'anima di un popolo, anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale.”1 Sin dal principio, lo sviluppo economico del paese Italia, si presenta come un fenomeno alquanto squilibrato sotto il profilo geografico. Per i vent’anni successivi all’Unità d’Italia, l’entità del divario tra Nord e Sud rimane alquanto trascurabile. La differenza tra il Pil pro capite meridionale e quella del resto del Paese, solo successivamente alla fine dell’Ottocento cominceranno ad assumere valori più rilevanti. Volendo adottare, come del resto è stato proposto da ampia letteratura, una periodizzazione del divario Nord-Sud è possibile fare riferimento ad almeno quattro fasi: - dal 1891 alla vigilia della Grande Guerra; - gli anni 1920-40; - dal 1951 al 1973; - dal 1974 – ai giorni nostri. Come in premessa sostenuto, il divario economico fra le due grandi aree del Paese in termini di prodotto sembra invece essere un fenomeno successivo all’Unità d’Italia. dell’industrializzazione - si creerà un differenziale di reddito tra Nord e Sud.3 Per quanto in premessa sostenuto, si può agevolmente sostenere che il processo della crescita moderna non ha interessato allo stesso tempo tutte le regioni italiane. Le fasi di accelerazione e di rallentamento dell’economia nel corso del tempo hanno avuto influenza disomogenea sulle economie regionali. Le recenti analisi statistiche confermano, a tutt’oggi, che l’Italia è un paese sempre più diviso e diseguale, dove la distanza del Sud dal Nord, dopo un breve periodo di contrazione, ha ripreso ad allargarsi vistosamente. La recente evoluzione dell’economia italiana. Negli ultimi tempi - dopo tre anni di recessione - l'economia italiana ha fatto registrare una leggera crescita misurabile nello 0,3%, che si ipotizza possa trovare origine anche nell’immissione di denaro da parte della Banca Centrale Europea 4 e dal prezzo del greggio che ha raggiunto valori davvero bassi. E’ evidente che l’aumento della Crescita implichi un consequenziale aumento delle esportazioni che trova la sua fonte nel c.d. euro debole. Le problematiche connesse al rallentamento della crescita del nostro Paese, almeno dal punto di vista economico, sono, a parere di chi scrive, numerose ed possono ricondursi anche alle profonde differenze tra Nord e Sud, che di fatto costituiscono “due economie” in un solo paese. “…non esisteva una reale differenza NordSud in termini di prodotto pro capite…”2 Solo a partire dalla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento con il progredire 1 G. Fortunato, Il Mezzogiorno e lo stato italiano: volume secondo, Laterza, Bari, 1911, p.311-312 2 V. Daniele e P. Malanima – Il prodotto delle Regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004) – su Rivista di Politica Economica 3 V. Medde - Perché il Sud è rimasto indietro http://www.iconur.it/storia-degli-uomini/27-perche-il-sud-e-rimastoindietro 4 Quantitative Easing – ovvero l’alleggerimento quantitativo, cioè di acquisto di titoli di stato e di altro tipo dalle banche per immettere nuovo denaro nell’economia europea, incentivare i prestiti bancari verso le imprese e far crescere l’inflazione N. 2 - Marzo-Aprile 2016 2 Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. di Giovanni DI TRAPANI1 Figura 1 Reddito Italiano Medio – per Regione Fonte: Nostra elaborazione su dati forniti da l’Economist Come evidenziato dai grafici esposti nella Figura 1 Reddito Italiano Medio – per Regione, con il perdurare della crisi, l’economia del Sud si è ridotta a una velocità doppia rispetto a quella del Nord. Infatti, tale riduzione è stata pari al 13% tra gli anni 2008 e 2013. Con tutta evidenza il Mezzogiorno, negli ultimi sette anni (2007-2014) ha in un certo qual modo subìto una palese contrazione. Nei sette anni analizzati, il 70% degli 843mila disoccupati sono residenti nelle realtà territoriali del Sud Italia, a tal proposito, è opportuno ricordare anche che i livelli occupazionali del Mezzogiorno sono i più bassi di qualsiasi altro paese europeo: un più che triste primato… Di contro, invece, tali indicatori del mondo del lavoro nelle regioni ricadenti nella macroarea del Nord del Paese si assestano in valori di poco superiori al 60%. Per quanto riguarda i livelli di esportazione, vale la pena ricordare che questi ammontano a circa 400 miliardi di euro, di queste, solo il 10% interessa la macro-area del Mezzogiorno. Come evidenziato, i dati analizzati esprimono profonde differenze a livello regionale, che prendono la forma - come accennato - di un vero e proprio divario macroeconomico.Figura 1 Reddito Italiano Medio – per Regione Fonte ISTAT 2013 Un’Italia a due velocità e a due facce, unita sulla carta ma profondamente divisa e con differenze nette tra nord e sud. Una storia già tristemente nota che proveremo ad illustrare più avanti. I principali indicatori macroeconomici: un analisi quantitativa del divario Nord Sud. Le grandezze macroeconomiche descrivono la struttura di un sistema economico e sono diffusamente utilizzate per misurare lo stato di salute e la capacità di crescita di un’economia. La più importante è sicuramente il prodotto interno lordo (Pil), che rappresenta il risultato finale dell’attività di produzione di una determinata area geografica. Di seguito analizzeremo le seguenti grandezze statistiche: Pil pro capite Domanda nazionale Produttività del lavoro Inflazione Prezzi delle abitazioni Esportazioni N. 2 - Marzo-Aprile 2016 3 Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. di Giovanni DI TRAPANI1 Pil pro capite5 Il prodotto interno lordo (Pil) rapportato alla popolazione residente è una importante misura del benessere di un paese, nonché uno dei principali indicatori di crescita economica. Nel nostro Paese, nel 2013 il Pil pro capite è diminuito del 2,4 per cento (-6,6 per cento tra il 2000 e il 2013). L’Italia manifesta una performance particolarmente negativa: mentre nel 2000 il Pil pro capite dell’Italia era più alto di quello della media dei paesi Ue del 16,1 per cento, gli effetti della profonda crisi economica sperimentata dal nostro Paese hanno portato il livello nel 2013 al di sotto della media dei paesi Ue. Tutte le regioni presentano un livello del Pil pro capite inferiore a quello dello 2011: la caduta più marcata si registra in Valle d’Aosta (-3,8 per cento). Le regioni con il Pil pro capite più basso sono Calabria e Campania (rispettivamente 14.383 e 14.422 euro per abitante), precedute da Sicilia e Puglia (rispettivamente 14.521 e 15.162 euro per abitante). Provincia autonoma di Bolzano e Valle d’Aosta presentano i valori più elevati (rispettivamente 32.284 e 30.843 euro per abitante), seguite da Lombardia (29.434 euro per abitante), Emilia-Romagna (28.211 euro per abitante) e provincia autonoma di Trento (26.547 euro per abitante). Tabella 1 Pil pro capite per regione REGIONI RIPARTIZIONI 2012 GEOGRAFICHE Nord-ovest 27.687 Nord-est 27.241 Centro 24.969 Centro-Nord 26.739 Mezzogiorno 15.197 Figura 2 Pil pro capite per regione Nostra elaborazione su dati ISTAT Fonte: ISTAT , Conti economici regionali I dati a disposizione sono riferiti al 2012, in tale anno il divario territoriale è molto elevato: il livello del Pil pro capite in termini reali nel Mezzogiorno è inferiore del 43,2 per cento rispetto a quello del Centro-Nord e del 33,4 per cento rispetto alla media nazionale. La fase di profonda recessione attraversata dall’Italia negli ultimi anni ha riportato, a partire dal 2009, il valore del Pil pro capite in termini reali a un livello inferiore a quello registrato nel 2000: tra il 2000 e il 2012 nel Centro-Nord è sceso del 6,2 per cento mentre nel Mezzogiorno la caduta è stata meno intensa (-5,1 per cento). Figura 3 Ripartizione percentuale del Pil pro capite per regione 12% 24% 22% 22% 5 Il Pil utilizzato per l’analisi dei dati regionali è misurato ai prezzi di mercato, cioè al valore al quale i beni sono scambiati. Inoltre è valutato a prezzi costanti per depurare la variazione dei volumi dalla variazione dei prezzi e, quindi, misurare la crescita economica indipendentemente dall’influenza della dinamica dei prezzi; nello specifico, la tecnica tramite la quale sono calcolati i valori costanti è il concatenamento attraverso gli indici di tipo Laspeyres. 20% Nord-ovest Nord-est Centro Centro-Nord Mezzogiorno Nostra elaborazione su dati ISTAT N. 2 - Marzo-Aprile 2016 4 Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. di Giovanni DI TRAPANI1 Domanda nazionale6 Ricordando che la somma di spesa per consumi e investimenti definisce la domanda nazionale, è possibile evidenziare che in Italia nel 2013 i consumi sono pari al 79,9 per cento del Pil, mentre gli investimenti ammontano al 17,8 per cento. Il peso dei consumi è superiore a quello riscontrato nella media Ue, pari al 78,5 per cento del Pil, mentre la quota degli investimenti sul Pil é inferiore alla media Ue (19,3 per cento). Nell’anno preso in considerazione, l’Italia presenta una riduzione della quota dei consumi in rapporto al Pil di 0,6 punti percentuali. Figura 4 Domanda interna per regione In particolare, l’incidenza dei consumi risulta molto elevata per le regioni del Mezzogiorno, superando il 100 per cento in Calabria, Sicilia, Campania e Sardegna. I consumi in volume si sono ridotti in tutte le regioni ad eccezione della provincia autonoma di Trento, Calabria e Lombardia che presentano variazioni positive e pari, rispettivamente, a 0,7, 0,4 e 0,3 per cento. La caduta più marcata si registra in Molise (-1,9 per cento). Tabella 2 Consumi finali interni (20072011) REGIONI RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE Nord-ovest Nord-est Centro Centro-Nord Mezzogiorno 2007 2008 2009 2010 2011 71,9 72,9 75,8 73,3 98,4 72,4 74,8 76,7 74,3 99,2 75,3 77,4 78,2 76,8 101,5 74,8 77,8 79,2 76,9 101,9 75,0 76,9 79,1 76,7 101,3 Nostra elaborazione su dati ISTAT Figura 5 Andamento dei Consumi finali interni 105,0 100,0 95,0 90,0 85,0 80,0 75,0 70,0 65,0 60,0 2000 2001 2002 Nord-ovest 2004 Nord-est 2005 2006 Centro 2007 2008 Centro-Nord 2009 2010 2011 Mezzogiorno Nostra elaborazione su dati ISTAT Fonte: Istat, Conti economici regionali La quota dei consumi finali interni sul Pil, nell’anno 2011, è compresa tra il 70,4 per cento della Lombardia e il 112,7 per cento della Calabria. 6 2003 La spesa per consumi finali è la spesa per i beni e i servizi utilizzati dalle famiglie, dalle istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie e dalle amministrazioni pubbliche per il soddisfacimento di bisogni individuali e collettivi. I consumi finali interni, utilizzati nei confronti regionali, per il settore delle famiglie includono solo la spesa per beni e servizi effettuata sul territorio economico. Gli investimenti fissi lordi sono costituiti dalle acquisizioni di capitale fisso, al netto delle cessioni, effettuate dai produttori residenti durante un periodo di tempo determinato, cui si aggiungono gli incrementi di valore dei beni materiali non prodotti. Nel 2011, la quota degli investimenti sul Pil varia tra il 16,8 per cento della Campania e il 27,9 per cento della provincia autonoma di Bolzano. In Umbria, Abruzzo, Campania e Sardegna gli investimenti in volume sono scesi di oltre l’11 per cento. All’estremo opposto, in Molise il tasso di crescita degli investimenti in termini reali è del 5,5 per cento. N. 2 - Marzo-Aprile 2016 5 Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. di Giovanni DI TRAPANI1 201 1 18, 9 20, 3 17, 9 19, 0 19, 1 La maggior parte delle regioni presenta un rapporto tra domanda interna e Pil superiore al 100 per cento. Solo quattro regioni si mantengono al di sotto di tale soglia: Lombardia (88,6 per cento), Lazio (92,4 per cento), Emilia-Romagna (93,0 per cento) e Veneto (96,3 per cento). Figura 6 Andamento degli Investimenti fissi lordi per regione Produttività del lavoro7 La produttività del lavoro misura la quantità di prodotto ottenuto con l’impiego di un’unità di lavoro. Nel 2012, in corrispondenza di cadute del 2,8 per cento per il valore aggiunto e dell’1,5 per cento per le ore lavorate, la produttività del lavoro è diminuita dell’1,2 per cento. Nel 2013, invece, l’Italia ha una produttività del lavoro (misurata in termini di Pil a parità di potere d’acquisto per ora lavorata) sostanzialmente in linea con la media dei paesi Ue superiore solo dell’1,8%. Anche il valore aggiunto per unità di lavoro presenta una notevole variabilità tra le regioni italiane, indicando l’esistenza di differenze nell’articolazione della struttura produttiva e nell’efficienza d’impiego del fattore lavoro. Figura 7 Andamento del Valore aggiunto ai prezzi base per regione 62 2000 2012 var. % (scala dx) 6 5 58 4 3 54 2 1 50 0 -1 46 -2 -3 42 -4 -5 38 -6 Lo m ba rd ia d'A Bo La os l za no z io ta /V /B al o ze lé e d'A n os te Li gu ria Em Tr e il Fr i u i a-R nto li Ve om ag ne z ia na G iu lia Pi em on t Ve e ne To to sc an Ab a ru zz o M ar ch C am e pa nia U m br ia Si c Sa i li a rd eg na Pu Ba g lia s il ic at a M ol is e C al ab ri a per Va l le Tabella 3 Investimenti fissi lordi regione (2007-2011) REGIONI 200 200 200 201 RIPARTIZIO 7 8 9 0 NI GEOGRAFIC HE Nord-ovest 21, 20, 19, 18, 1 8 5 9 Nord-est 22, 22, 20, 21, 0 4 4 0 Centro 19, 18, 17, 17, 6 7 0 6 Centro-Nord 21, 20, 19, 19, 0 7 0 1 Mezzogiorno 23, 22, 20, 20, 1 1 6 4 Nostra elaborazione su dati ISTAT Fonte: Istat 24,0 23,0 22,0 21,0 20,0 19,0 18,0 17,0 16,0 15,0 2000 2001 2002 Nord-ovest 2003 2004 Nord-est 2005 2006 Centro 2007 2008 Centro-Nord Nostra elaborazione su dati ISTAT 2009 2010 2011 Mezzogiorno Le regioni del Mezzogiorno si collocano tutte in fondo alla classifica, ma anche diverse regioni del Nord e del Centro si posizionano su valori inferiori alla media nazionale. Le dinamiche più elevate si osservano per Campania (+4,2 per cento rispetto al 2000), Valle d’Aosta (+4,7 per cento) e Basilicata (+3,7 per cento ). 7 La produttività del lavoro è definita come il rapporto tra una misura di quantità di prodotto e una misura della quantità di lavoro impiegato per produrlo. Per l’Italia nel suo complesso la misura della produttività del lavoro è ottenuta misurando l’output con il valore aggiunto in volume e l’input di lavoro in termini di ore lavorate, la sua variazione è misurata in termini logaritmici: ln(PLt/PLt-1)=ln(Yt/Lt)-ln(Yt-1/Lt-1)=ln(Yt/Yt-1)-ln(Lt/Lt-1) N. 2 - Marzo-Aprile 2016 6 Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. di Giovanni DI TRAPANI1 Strutture produttive Gli indicatori qui presentati consentono di tracciare il quadro generale della struttura produttiva. In particolare, si può cogliere la tendenza consolidata della struttura produttiva a configurare un sistema fortemente incentrato sul lavoro autonomo e su imprese di piccolissime dimensioni, più orientate alle attività manifatturiere e, al loro interno, più specializzate nei comparti che si usa riassumere con il termine "made in Italy". Centro-Nord da un lato, caratterizzato da un rapporto molto elevato (70,2 imprese ogni mille abitanti nel 2012), e Mezzogiorno dall’altro (51,8 imprese ogni mille abitanti). Figura 9 Numero di imprese per regione – Anno 2012 Figura 8 Settore di attività e dimensioni prevalenti delle imprese nelle regioni rispetto alla media nazionale Fonte: Istat, Registro statistico delle imprese attive Fonte: Istat, Registro statistico delle imprese attive Imprese per 1.000 abitanti8 Il numero medio di imprese ogni mille abitanti costituisce un importante indicatore del grado di diffusione di iniziative private e testimonia la vitalità di un sistema economico. L’Italia conta nel 2012 circa 64 imprese ogni mille abitanti, valore tra i più elevati d’Europa, a testimonianza soprattutto della prevalenza di imprese di ridotte dimensioni. Tutte le regioni italiane si caratterizzano per valori dell’indicatore superiori alla media europea, ma con una netta distinzione tra Dal punto di vista della distribuzione regionale solo la Valle d’Aosta, la Toscana e la provincia autonoma di Bolzano si collocano al di sopra delle 75 imprese ogni mille abitanti, mentre tra le regioni del Mezzogiorno solo l’Abruzzo, il Molise e la Sardegna superano la soglia delle 55 imprese ogni mille abitanti. Composizione della struttura produttiva9 La struttura produttiva di un paese è caratterizzata dalla prevalenza di alcune attività economiche e da differenti forme organizzative delle imprese. La minore o maggiore presenza di settori industriali ci dice quanto un paese sia legato alle attività 8 L’unità statistica “impresa” secondo la definizione del Regolamento europeo n. 696 del 1993 è rappresentata dalla più piccola combinazione di unità giuridiche costituente un’entità organizzativa per la produzione di beni e servizi che fruisce di una certa autonomia decisionale. Un’impresa esercita una o più attività in un unico luogo, unilocalizzata, o in più luoghi, plurilocalizzata. 9 L’analisi prende in considerazione la quota percentuale di addetti impegnati nelle diverse classi dimensionali dell’industria e dei servizi. Gli addetti impegnati sono tutti coloro che lavorano presso l’impresa in modo autonomo – imprenditore, coadiuvante, soci – o con contratto di lavoro subordinato. N. 2 - Marzo-Aprile 2016 7 Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. di Giovanni DI TRAPANI1 manifatturiere o di costruzioni. La minore o maggiore dimensione sottintende forme organizzative diverse, con assetti proprietari che vanno da semplici ditte individuali, per le imprese di minori dimensioni, a complesse società di capitali, per le grandi. In generale nei sistemi economici più avanzati si manifesta la tendenza allo spostamento delle attività verso i servizi, con una diminuzione dell’intensità industriale e con organizzazioni più complesse di dimensioni medio-grandi. Si pensi, da un lato, alle grandi imprese di servizi che offrono lavoro interinale e dall’altro alle imprese industriali che esternalizzano funzioni aziendali. A questa tendenza si accostano le peculiarità di alcune economie come quelle mediterranee, dove prevalgono le forme più legate alle tipicità del territorio. Figura 10 Numero di ripartizione geografica 2001 2011 imprese per 2012 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Nord-ovest Nord-est Centro Centro-Nord Mezzogiorno Italia Fonte: Istat, Registro statistico delle imprese attive Nel 2012, la composizione settoriale della struttura produttiva dell'Italia è simile a quella della Repubblica Ceca: in entrambi i paesi la quota dell'industria supera il 35 per cento del totale, sebbene i due paesi si differenzino per la composizione dimensionale. Nella Repubblica Ceca prevale la grande impresa, come del resto in Germania e, in generale, nelle economie dell'Europa continentale. Tra i paesi considerati il Regno Unito e la Spagna sono i più terziarizzati, mentre la presenza dell'industria è più forte nell'Est Europa, dove molto spesso si dirigono gli investimenti industriali dei paesi più sviluppati. Figura 11 Addetti per settore di attività e dimensione delle imprese per ripartizione geografica Fonte: Istat, Registro statistico delle imprese attive Per quanto riguarda le regioni del Centro, nel 2012 nel Lazio prevalgono le grandi imprese di servizi, in Toscana ed in Umbria prevale la micro-industria, mentre quella piccola, con 10-49 addetti, è più diffusa nelle Marche. Nel Mezzogiorno, invece, sono dominanti le micro imprese: dei servizi in Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna; dell’industria in Abruzzo, Molise e Basilicata. In tutta Italia le imprese di servizi rappresentano oltre il 50 per cento dell’occupazione, impiegata soprattutto nelle micro imprese. La quota più elevata di occupazione nei servizi si registra nel Centro (66,4 per cento), mentre il Nord-est raggiunge la quota relativamente più alta di addetti dell’industria, 44,6 per cento, con una concentrazione soprattutto di micro e di piccole imprese. Nel Nord-ovest, in particolare nel Piemonte, è rinvenibile la quota maggiore, rispetto al valore medio nazionale, di addetti nelle grandi imprese industriali. N. 2 - Marzo-Aprile 2016 8 Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. di Giovanni DI TRAPANI1 Bibliografia Cadeo R., Del Giudice R., Siciliano G., Bagnasco G. - Qualità della Vita – Il Sole 24 Ore – Dossier Daniele V. e Malanima P., Il prodotto delle Regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004) – su Rivista di Politica Economica Fortunato G., Il Mezzogiorno e lo stato italiano: volume secondo, Laterza, Bari, 1911, p.311-312 Medde V., Perché il Sud è rimasto indietro - http://www.iconur.it/storia-degliuomini/27-perche-il-sud-e-rimasto-indietro Noi Italia – MacroEconomia – Istat, 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo. il comportamento del Risk Management in relazione alla assunzione di adeguate coperture assicurative per rischi c.d. catastrofali. E' autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste italiane e internazionali, e numerosi interventi a congressi nazionali ed internazionali. e-Mail: [email protected] Giovanni DI TRAPANI nato a Napoli il 10 ottobre 1972, laureato in Economia e Commercio, consegue il dottorato di ricerca in Economia e Direzione delle Aziende pubbliche; dal 2007 è ricercatore presso il C.N.R. - Consiglio Nazionale delle Ricerche, I.R.I.S.S.. - Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo - Dipartimento Identità Culturale; inoltre, è docente presso l'Università Telematica PEGASO, in qualità di Professore a contratto per le discipline di Statistica Economica e Statistica del Turismo. Si occupa di Economia e Gestione delle Imprese del terziario e delle Imprese Assicurative; studia dal giugno 2010 il ruolo e N. 2 - Marzo-Aprile 2016 9 Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. di Giovanni DI TRAPANI1 Sommario Rapporto macroeconomico del divario Nord-Sud in Italia. .................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito. Introduzione. ................................................................................................................................................. 1 La recente evoluzione dell’economia italiana. .............................................................................................. 1 I principali indicatori macroeconomici: un analisi quantitativa del divario Nord Sud. ..................................................................................................... 2 Pil pro capite ............................................................................................................................................. 3 Domanda nazionale................................................................................................................................... 4 Produttività del lavoro .............................................................................................................................. 5 Strutture produttive ................................................................................................................................... 6 Bibliografia ................................................................................................................................................... 8 Indice delle Tabelle e delle Figure Tabella 1 Pil pro capite per regione ..................................................................................................... 3 Tabella 2 Consumi finali interni (2007-2011) ..................................................................................... 4 Tabella 3 Investimenti fissi lordi per regione (2007-2011) .......................................................................................................................................... 5 Figura 1 Reddito Italiano Medio – per Regione ................................................................................................................................................ 2 Figura 2 Pil pro capite per regione ...................................................................................................... 3 Figura 3 Ripartizione percentuale del Pil pro capite per regione ................................................................................................................................. 3 Figura 4 Domanda interna per regione ................................................................................................ 4 Figura 5 Andamento dei Consumi finali interni ................................................................................................................................................... 4 Figura 6 Andamento degli Investimenti fissi lordi per regione ................................................................................................................................... 5 Figura 7 Andamento del Valore aggiunto ai prezzi base per regione ......................................................................................................................... 5 Figura 8 Settore di attività e dimensioni prevalenti delle imprese ....................................................................................................................... 6 Figura 9 Numero di imprese per regione – Anno 2012 ............................................................................................................................................ 6 Figura 10 Numero di imprese per ripartizione geografica ............................................................................................................................................. 7 Figura 11 Addetti per settore di attività e dimensione delle imprese per ripartizione geografica ............................................................................................................................................. 7 N. 2 - Marzo-Aprile 2016