Capitolo 3 La clinica e il nursing nell’emergenza dell’apparato respiratorio Sommario 3.1 3.1 Cenni di anatomia dell’apparato respiratorio L’apparato respiratorio è costituito da un complesso di strutture e di organi il cui compito è di assicurare gli scambi gassosi di O2 e CO2 fra organismo e atmosfera. Distinguiamo vie aeree superiori (naso, cavità nasali, seni paranasali e faringe) e vie aeree inferiori (laringe, trachea e bronchi). La laringe è un organo situato nella parte anteriore del collo, all’altezza delle ultime quattro vertebre cervicali. Essa contrae rapporti superiori con la faringe e rapporti inferiori con la trachea, costituendo, quindi, parte delle vie aeree superiori deputate al riscaldamento, alla filtrazione e all’umidificazione dell’aria inspirata. In particolare, la sensibilità della mucosa laringea permette di difendere le vie aeree da oggetti estranei mediante la tosse. La cavità interna della laringe, a metà altezza dell’organo, è ristretta da due pieghe muscolari chiamate corde vocali: quando respiriamo le corde vocali sono rilassate; quando vogliamo emettere suoni, l’aria espirata con forza dai polmoni le fa vibrare permettendo la fonazione. Una terza importante funzione della laringe è svolta da una delle cinque cartilagini, l’epiglottide, che, al momento della deglutizione, si ribalta all’indietro in modo da ostruire la cavità della laringe impedendo al cibo di finire in trachea. La trachea è una porzione dell’apparato respiratorio che collega la laringe con l’albero bronchiale. La parete della trachea è costituita da 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 Cenni di anatomia dell’apparato respiratorio Ossigenoterapia Pneumotorace Urgenze pneumologiche Ventilazione meccanica assistita Assistenza al paziente con tracheotomia e laringectomia venti anelli cartilaginei incompleti posteriormente, dove vengono sostituiti da tessuto muscolare e connettivale in rapporto con l’esofago che la separa dalla colonna vertebrale. I polmoni e le vie aeree inferiori sono situati nella cavità toracica che, a sua volta, è delimitata da una impalcatura ossea (formata dallo sterno, dalle dodici coste e dalla colonna vertebrale), da un complesso di piani muscolari e, verso il basso, dal diaframma. Il polmone ha forma di cono smusso: il suo apice, diretto superiormente, raggiunge la base del collo; la parte inferiore, di forma concava, è detta “base” e riposa sulla superficie superiore del diaframma. I polmoni sono formati da lobi separati da profonde scissure: il polmone destro ha tre lobi, superiore, medio e inferiore, separati dalle scissure orizzontali ed obliqua, mentre il polmone sinistro ha solo due lobi, superiore ed inferiore, separati dalla scissura obliqua. I lobi sono suddivisi in segmenti, in numero di dieci per ogni polmone, e i segmenti, a loro volta, in lobuli e questi ultimi, infine, in acini che rappresentano le unità polmonari elementari. L’impalcatura dei polmoni è formata dall’albero bronchiale. Dalla trachea si biforcano due bronchi principali, quello di destra e quello di sinistra, che, portandosi verso il basso, entrano nell’ilo polmonare. Dai bronchi principali si distaccano i bronchi lobari, tre rami a destra (superiore, medio e inferiore) e due a sinistra (superiore e inferiore). I bronchi lobari si dividono a loro volta nei bronchi segmentari e questi in strutture via via più piccole, sino ad arrivare ai bronchioli terminali. Dai bronchioli terminali prendono origine i bronchioli che, lungo il decorso, presentano delle minuscole dilatazione emisferiche, gli alveoli polmonari, sede degli scambi gassosi con il sangue. Ciascun polmone occupa una singola cavità pleurica, la quale è rivestita da una membrana sierosa detta “pleura”, che consta di due foglietti: viscerale e parietale. La pleura parietale ricopre la superficie interna della parete toracica, la pleura viscerale ricopre le superfici esterne del polmone. Queste due membrane sono separate fra di loro da uno spazio virtuale contenente una piccola quantità di trasudato, detto “liquido pleurico”, che forma un rivestimento umido e scivoloso la cui funzione è di lubrificare lo scorrimento 66 Capitolo 3 della pleura viscerale sulla parietale durante gli atti respiratori. Nello spazio pleurico esiste una pressione inferiore a quella atmosferica con valori che da –7 mmHg, nei normali atti respiratori, possono arrivare a –30 mmHg, nelle inspirazioni forzate. 3.2 Ossigenoterapia L’ossigenoterapia è la somministrazione artificiale di ossigeno per mantenere quest’elemento al livello adeguato nel sangue arterioso. Questa terapia è utilizzata principalmente nei casi di ipossiemia e favorisce il raggiungimento di tre obiettivi: • migliorare l’ossigenazione dei tessuti; • ridurre il lavoro respiratorio nei pazienti dispnoici; • ridurre il lavoro cardiaco nei pazienti cardiopatici. 3.2.1 Principi generali per la somministrazione dell’ossigeno In generale l’ossigenoterapia aiuta ad eliminare la dispnea ed aumenta il benessere dei pazienti con malattie polmonari. Al paziente in condizioni critiche una meticolosa ossigenoterapia può salvare la vita. L’ossigeno è prescritto in termini di flusso (espresso in litri al minuto) o di concentrazioni (come percentuale o frazione di ossigeno inspirata) in funzione delle necessità del paziente e delle caratteristiche dello strumento erogatore. Una regola generale per una corretta ossigenoterapia è quella di usare la più bassa concentrazione o il più basso flusso possibile per ottenere un accettabile livello di ossigeno nel sangue. L’ossigeno nelle strutture ospedaliere viene somministrato in due modi: • sistemi portatili (bombole), • tramite rete centralizzata con dispositivi a muro. Prima di utilizzare il dispositivo è necessario assicurarsi della presenza del regolatore per poter erogare l’esatta quantità di ossigeno. L’ossigeno somministrato da una bombola o da dispositivo a muro è allo stato secco e quindi può provocare la disidratazione delle muco- La clinica e il nursing nell’emergenza dell’apparato respiratorio quenza del polso, profondità e frequenza del respiro; – Test di funzionalità respiratoria; – Risultati del monitoraggio mediante emogasanalisi arteriosa o pulso-ossimetria. 3.2.3 Norme di sicurezza Figura 3.1 Maschera per ossigenoterapia. se. Per ridurre questo effetto essiccante vengono utilizzati dispositivi di umidificazione che aggiungono vapore acqueo all’ossigeno. Strumenti per la somministrazione di ossigeno: • cannula nasale; • maschera facciale (Figura 3.1); • tenda facciale. 3.2.2 Interventi infermieristici Durante la somministrazione di ossigeno l’infermiere deve controllare regolarmente la reazione del paziente per valutare la necessità di continuare o modificare la terapia. OSSERVAZIONE – Colorito della cute del paziente e delle mucose, presenza di eventuale cianosi; – Tipo di respiro, profondità, presenza di tachipnea, bradipnea o ortopnea; – Movimenti del torace durante inspirazione e espirazione; – Rumori polmonari; – Presenza di segni clinici di ipossiemia: tachicardia, tachipnea, stanchezza, dispnea, cianosi e confusione; – Presenza di segni clinici di ipercapnia: stanchezza, ipertensione, emicrania, letargia, tremori; – Presenza di segni clinici di tossicità da ossigeno: irritazione tracheale, tosse, dispnea, diminuzione della ventilazione polmonare. VALUTAZIONE – Parametri vitali, soprattutto qualità e fre- L’ossigeno è un farmaco e in quanto tale deve essere utilizzato dietro prescrizione medica. Sebbene esso sia generalmente sicuro se utilizzato correttamente, è necessario osservare alcune prescrizioni: • controllare spesso il flusso di ossigeno per garantire la somministrazione della quantità prescritta, • monitorare neonati con ossigenoterapia (può causare retinopatia e portare alla cecità), • nei pazienti con BPCO l’ossigeno può causare ipoventilazione (ed è quindi importante monitorare i parametri). 3.2.4 Ossigenoterapia a domicilio L’ossigeno per la terapia domiciliare viene fornito in bombole allo stato liquido o in concentratori di ossigeno. Sono, inoltre, disponibili sistemi portatili che aumentano l’autonomia del paziente e ne favoriscono l’integrazione nelle attività sociali. L’essere sottoposto alla terapia a domicilio spesso porta tensione o stress nel paziente: l’infermiere ha, quindi, un ruolo fondamentale nel sostegno psicologico all’assistito e deve, inoltre, istruire lo stesso sul corretto utilizzo dell’attrezzatura per l’ossigenoterapia e sulla frequenza di ricarica e di manutenzione. 3.2.5 Osservazioni Questo tipo di terapia gioca un ruolo fondamentale nel trattamento delle urgenze polmonari e non solo, basti pensare che il primo intervento nelle emergenze è proprio la somministrazione dell’ossigeno. Si tratta di uno dei presidi più importanti e anche più semplici da usare a disposizione del personale sanitario. La sua somministrazione nei pazienti in ipossia assume la massima priorità. Peccato, però, che l’ossigenoterapia spesso venga sottovalutata e poco utilizzata. 3.2 Ossigenoterapia 67 3.3 Pneumotorace La presenza di uno spazio virtuale (spazio pleurico) a pressione negativa fa sì che, qualora esso sia messo in comunicazione con l’esterno direttamente (ferite parietali) o indirettamente (attraverso le vie aeree superiori), l’aria tenda a penetrare in esso, creando quella situazione patologica che viene definita con il termine di pneumotorace (Figura 3.2) che determina un collasso parziale o completo dei polmoni. In base all’eziologia, il pneumotorace viene classificato in: • Traumatico: che a sua volta può essere sottoclassificato in aperto, che permette un continuo passaggio d’aria dall’esterno nel cavo pleurico e da quest’ultimo all’esterno (ad esempio, una ferita toracica soffiante), o chiuso (trauma contusivo penetrante, ad esempio lo schiacciamento del torace). • Spontaneo: sottoclassificato in primitivo e secondario nel caso in cui sia correlato ad una patologia specifica, quale ad esempio BPCO e AIDS. Altri fattori di rischio sono la rottura di una bolla enfisematosa, la polmonite necrotizzante e le lesioni tubercolari. L’incidenza del pneumotorace spontaneo è di 1/10000, con una maggiore frequenza nei fumatori, e la sede è prevalentemente nel segmento apicale del lobo superiore o infe- riore dei due polmoni. Inoltre può svilupparsi sia da un pneumotorace spontaneo che traumatico un pneumotorace a valvola in cui l’aria rimane intrappolata nel cavo pleurico. La pressione è più elevata di quella presente nei polmoni e nelle strutture vascolari ed è abbastanza intensa da collassare completamente il tessuto polmonare e provocare la deviazione della trachea verso il lato opposto e una riduzione del ritorno venoso al cuore. 3.3.1 Anamnesi, esame obiettivo e diagnosi ANAMNESI I pazienti affetti da pneumotorace tipicamente lamentano respiro corto, ma possono anche accusare un forte dolore toracico di tipo pleurico che si intensifica durante l’inspirazione e con la tosse. L’infermiere dovrebbe acquisire le seguenti informazioni: • fattore di rischio per il pneumotorace, • storia di pneumotorace pregresso, • storia di trauma toracico, • sede del dolore toracico. REPERTI DELL’ESAME OBIETTIVO Qualsiasi paziente traumatizzato dovrebbe essere sottoposto ad una visita alla ricerca di eventuali segni di traumi penetranti, come ad esempio fori di entrata e di uscita di proiettili. Figura 3.2 Radiografia con pneumotorace. 68 Capitolo 3 La clinica e il nursing nell’emergenza dell’apparato respiratorio Il paziente con pneumotorace spontaneo può presentare tutti o alcuni dei seguenti reperti: • riduzione dei rumori respiratori bronchiali del lato interessato, • tachipnea, • tachicardia, • eccessiva espansione o rigidità del lato colpito, • enfisema sottocutaneo al torace o al collo, crepitii con sensazione “di neve fresca” alla palpazione della cute. DIAGNOSI La diagnosi di pneumotorace spontaneo si basa sui reperti dell’esame obiettivo e sulla radiografia del torace eseguita in stazione eretta che mostra tipicamente la presenza di aria nel cavo pleurico. 3.3.2 Trattamento e cura Il pneumotorace di piccole dimensioni in un paziente asintomatico può essere trattato con una terapia conservativa che preveda solo un’attenta osservazione. Per la maggior parte dei pazienti che presentano un pneumotorace di grandezza media o esteso, il trattamento standard prevede l’inserimento di un catetere per drenaggio toracico nel cavo pleurico. I pazienti sintomatici con parametri vitali instabili e ipotensione necessitano di un’immediata riespansione polmonare. Per evacuare l’aria presente nel cavo pleurico e riespandere il polmone è possibile eseguire una toracentesi o inserire un catetere per drenaggio toracico nello spazio pleurico. Nei casi di riespansione polmonare gli interventi infermieristici comprendono: • controllare le condizioni del paziente e monitorare i parametri vitali ogni quindici minuti per la prima ora, ogni ora per le due ore successive e ogni quattro ore per ventiquattro ore, • avvisare il medico se il liquido drenato è ematico, • auscultare almeno ogni quattro ore i rumori respiratori, • controllare il livello di saturazione di ossigeno in modo continuo oppure controllarlo saltuariamente ogni due-quattro ore. 3.3.3 Complicanze Le complicanze del pneumotorace vanno dall’incapacità polmonare di riespandersi alla suppurazione del cavo pleurico sede del pneumotorace, alla comparsa di emorragie. La terapia delle complicanze (emotorace, empiema pleurico, plurirecidività) è chirurgica. In particolare la plurirecidività si manifesta nel 10% dei casi. Per via toracotomica o toracoscopica si esegue la sutura della bolla, o meglio un’exeresi radicale del parenchima con la bolla o le bolle che hanno condizionato diversi episodi di pneumotorace. 3.3.4 Pianificazione della dimissione Il paziente cui è stato recentemente rimosso un catetere per drenaggio toracico deve dimostrare di aver compreso le istruzioni che gli sono state impartite quali ad esempio il lavaggio della sede dell’inserimento con acqua e sapone, di sapere che la febbre o le secrezioni della suddetta sede possono essere segni di infezione e quindi della necessità di segnalarlo all’operatore sanitario. 3.4 Urgenze pneumologiche L’ossigenoterapia riveste un ruolo importante nel trattamento delle urgenze pneumologiche come nel caso di insufficienza respiratoria o di crisi broncospastica (attacco d’asma acuto, bronchite cronica costruttiva). Caratteristica peculiare di tutte le condizioni di insufficienza respiratoria è l’ipossia causata dall’alterazione dell’equilibrio ventilazione/ perfusione/diffusione. L’ossigenoterapia ha la funzione di migliorare l’ossigenazione tessutale e di ridurre così il lavoro respiratorio. • L’insufficienza respiratoria è caratterizzata da un deficit della funzione respiratoria con conseguente riduzione degli scambi gassosi ed aumento nel sangue di anidride carbonica (ipercapnia) e ridotto apporto di ossigeno ai tessuti (ipossia). • L’asma è caratterizzata da un’aumentata risposta ed iperattività della muscolatura liscia bronchiale e tracheale a vari stimoli che provocano broncospasmo, aumento della produzione di muco, infiammazione e edema della mucosa. 3.4 Urgenze pneumologiche 69 • La bronchite cronica ostruttiva consiste nella difficoltà respiratoria primaria; essa interessa l’espirazione e comprende: – enfisema caratterizzato da distensione degli spazi aerei distalmente ai bronchioli terminali con distruzione dei setti alveolari, – BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) caratterizzata da ostruzione cronica al flusso aereo. 3.4.1 Assistenza infermieristica OSSERVAZIONE L’osservazione del paziente consente per prima cosa di cogliere dati utili sulla entità delle sue condizioni e consiste nel rilevamento di: • respiri patologici, • alterazioni della frequenza e profondità del respiro, • presenza del rantolo tracheale, • infossamento delle logge sopraclavicolari per la tensione dei muscoli ausiliari della respirazione, • presenza di tosse, • cianosi, • agitazione, • dispnea. INTERVENTI • Disporre il paziente in posizione semi-ortopnoica per consentire la massima espansione polmonare e favorire la riduzione dello sforzo respiratorio • Monitorare la saturazione dell’ossigeno mediante pulsiossimetro o emogasanalisi • Somministrare l’ossigeno secondo la prescrizione medica • Rilevare i segni di compromissione respiratoria (presenza di tosse, agitazione, cianosi, dispnea) • Aspirare il muco nei pazienti che non riescono ad espettorarlo spontaneamente • Somministrare farmaci ad azione broncodilatativa (beclometasone dipropionato), corticosteroidi, aminofilina e beta 2-agonisti adrenergici secondo prescrizione medica • Istruire il paziente sull’uso corretto dei farmaci e dei nebulizzatori, sull’utilità di una respirazione adeguata, sulle norme igieniche consigliando di evitare il fumo e l’esposizione ad agenti irritanti. 70 Capitolo 3 3.5 Ventilazione meccanica assistita La ventilazione meccanica (Figura 3.3) è una terapia che, con l’impiego di un’opportuna strumentazione, ha lo scopo di mantenere la respirazione di un soggetto che non è in grado di respirare autonomamente, per esempio in caso di arresto cardio-respiratorio, asfissia, annegamento, paralisi respiratoria, anestesia chirurgica. In questo modo si allontana la CO2 prodotta nel metabolismo e si fornisce all’organismo una quantità di O2 sufficiente al fabbisogno dello stesso organismo. Il ventilatore meccanico sostituisce, in parte o totalmente, l’attività dei muscoli respiratori e della gabbia toracica, assicurando un sufficiente volume/minuto di ventilazione alveolare; in particolare si sostituisce ai muscoli respiratori nel produrre la differenza di pressione transpolmonare che permette ai polmoni di riempirsi d’aria. I ventilatori meccanici si distinguono in • apparecchi a pressione positiva intermittente (IPPV), che erogano aria o gas sotto pressione; • apparecchi a pressione negativa, polmoni d’acciaio con uso assai meno comune, che creano una depressione esterna al torace del soggetto in essi parzialmente introdotto. La ventilazione meccanica è indicata e spesso fondamentale in molti pazienti con severi quadri di insufficienza respiratoria. I difetti che si possono incontrare sono: • di scambio in caso di edema polmonare o ARDS, Figura 3.3 Ventilazione meccanica. La clinica e il nursing nell’emergenza dell’apparato respiratorio • di pompa qualora si determini uno squilibrio tra il lavoro respiratorio e la capacità dei muscoli respiratori di compiere tale lavoro. Il respiratore viene collegato al paziente da un circuito inspiratorio, i gas espirati vengono invece allontanati dal paziente attraverso una via espiratoria separata da quella inspiratoria. La ventilazione assistita viene introdotta nelle vie aeree mediante una maschera di gomma a tenuta, applicata alla bocca e al naso, o direttamente nella trachea per mezzo di un tubo endotracheale o di una cannula inserita in una tracheotomia. L’intubazione endotracheale (Figura 3.4) è una manovra che si effettua in anestesia e consiste nell’inserimento attraverso la bocca, la faringe, l’epiglottide e la laringe fino ad arrivare alla trachea di un tubo flessibile in gomma o silicone con l’ausilio di un laringoscopio. Il tubo è dotato all’estremità di un palloncino gonfiabile concentrico al tubo stesso per garantirne la tenuta. L’estremità esterna del tubo viene collegata all’apparecchio per la ventilazione assistita. L’intubazione presenta alcuni vantaggi come quello di garantire la pervietà delle vie aeree e di impedire il soffocamento del paziente per caduta all’indietro della lingua. La tracheotomia è l’incisione chirurgica della trachea, in genere tra il secondo e il terzo anello tracheale, che mette in comunicazione la trachea con l’esterno mediante l’apertura di un orifizio, seguita dall’introduzione di un’apposita cannula ricurva dove si potranno attaccare i tubi del ventilatore. Per comprendere meglio i modi nei quali vengono ventilati i pazienti, è opportuno introdurre il significato di alcuni dei parametri che possono essere regolati sui ventilatori: • Flusso: è il volume che passa attraverso un condotto nell’unità di tempo e si misura in litri/minuto. • Frequenza ventilatoria (FR): indica il numero di atti respiratori al minuto. Si può distinguere una frequenza impostata (erogata dal ventilatore indipendentemente dalla volontà del paziente) ed è una frequenza spontanea (dovuta agli sforzi del paziente). C’è differenza in alcuni modelli di ventilazione nei quali al paziente è concesso di respirare spontaneamente tra gli atti impostati (SIMV) e quelli spontanei. • Volume corrente (Vol. corr.): è il volume di gas che entra ed esce dai polmoni ad ogni atto respiratorio. • Volume minuto (Vol. min.): volume di gas che entra ed esce dai polmoni durante un minuto. Questo dato può essere calcolato moltiplicando volume corrente per frequenza respiratoria. • Rapporto inspirazione/espirazione (I:E): è il rapporto che esprime come il periodo respiratorio è suddiviso nelle sue due componenti (tempo inspiratorio e tempo espiratorio). • Pressione di picco (P picco): massima pressione nelle vie aeree raggiunta durante l’insufflazione. • Pressione di plateau o di pausa (P pausa): è la pressione nelle vie aeree alla fine della pausa inspiratoria (se esiste pausa). Figura 3.4 Intubazione endotracheale. 3.5 Ventilazione meccanica assistita 71