La Cappella Degli Scrovegni La cappella degli Scrovegni fu voluta da Enrico Scrovegni, un ricco banchiere e prestatore di denaro di Padova. Si narra che lo Scrovegni commissionò questa cappella per riparare ai peccati del padre Reginaldo. Infatti il Padre di Enrico era un uomo ricco e noto che prestava denaro ad usura. Dante Alighieri nella sua "Divina Commedia" lo cita nel primo cantico e lo pone nel girone degli usurai. Allo stesso tempo, Enrico intendeva allontanare da se stesso il rischio di andare incontro alla medesima sorte, essondosi anch'egli macchiato dello stesso vizio. L'usura era ritenuto un peccato molto grave. La dedicazione della Cappella.. Si ha conferma di quanto detto nella pagina precedente nella scena della dedica della cappella alla Vergine, il gesto aveva appunto il significato di restituire simbolicamente quanto era stato lucrato con l'usura, condizione posta dalla chiesa per rimettere quel peccato. Altre conferme si possono trovare nei numerosi usurai rappresentati nell'inferno. Nella scena della dedicazione Enrico Scrovegni veste il viola, colore della penitenza, ma si fa colllocare nel settore dei beati sotto la protezione della croce. Il personaggio che affianca Enrico Scrovegni e lo aiuta a sorreggere la cappella sarebbe, secondo la tradizione, il religioso agostiniano Altegrado dè Cattanei. Fu lui a suggerire ad Enrico il nome di Giotto, e insieme a Giotto scelse le storie da tradurre in immagini e il programma iconografico. Un duplice scopo..... Fin dall'inizio però, Enrico doveva avere un'altra intenzione, più utilitaria: adibire l'edificio a cappella funeraria. Lo fa pensare la volta a botte su cui è dipinto un cielo stellato, come accadeva nei monumenti sepolcrali paleocristiani di Ravenna. Tuttavia la dimensione pubblica era forse prevalente rispetto a quella penitenziale. Tale duplicità di aspetti trova rispondenza nella suddivisione dello spazio cultuale della cappella, la cui parte anteriore era riservata ai fedeli e l'altra più ridotta, tra gli altari e l'arco trionfale, era riservata alla famiglia Scrovegni. Alla prima parte si accedeva tramite la pubblica via, dall'ingresso principale posto sulla facciata, all'altra mediante una porta più piccola all'estremità della parete a settentrione, e serviva a mettere in comunicazione il palazzo degli Scrovegni con la cappella. La cappella procura allo Scrovegni molto prestigio e viene riconosciuta la sua rispettabilità sociale privata, ormai, delle tracce di usura Scrovegni acquista il terreno su cui sorgeva l'antica arena romana e vi fa costruire la cappella, in tal modo suggella il suo stato di magnate, ovvero di persona molto importante. Per adornare l'edificio Enrico chiamò due tra i più importanti artisti del tempo: • Giovanni Pisano a cui commissionò tre statue d'altare raffiguranti la Madonna col Bambino tra due diaconi • Giotto a cui affidò la decorazione pittorica dell'intera superficie muraria La Vergine è la vera protagonista dei cicli dipinti da Giotto L'opera fu terminata in poco meno di due anni, Giotto immaginò una struttura architettonica in finti marmi dipinti che sorregge una volta dall'aspetto di cielo stellato e i riquadri con le storie della Vergine e di Cristo. Lo spazio stellato della volta è suddiviso in due campi perfettamente uguali, su uno brilla l'immagine enorme della Vergine Madre e Regina e nell'altro l'immagine di Cristo Benedicente. Questo ci fa capire che la vera protagonista dei cicli è la Santa Vergine, come si può vedere dalle numerose scene che ritraggono le vicende di Maria prima e dopo la nascita, nonchè la sua reiterata presenza sulla controfacciata dell'arco trionfale, o quando riceve la cappella dal peccatore pentito (Enrico) mentre conduce le anime destinate alla salvezza. Giotto reintroduce, dopo secoli, il volto di profilo..... I volti e i corpi sono rappresentati in tutti i modi possibili, di fronte, di spalle, di profilo, di tre quarti, dall'alto in basso e viceversa. I personaggi sembrano sempre pronti all'azione e incuranti di eventuali spettatori. Le figure di spalle, volgendo la loro attenzione all'interno della scena proiettandovi dentro l'osservatore. Fu Giotto il primo a reintrodurre i volti di profilo, e le figure di spalle dopo secoli in cui le figure venivano rappresentate solo di fronte, è questa una delle sue caratteristiche più importanti. Ne troviamo un esempio nel ritratto di Enrico mentre consegna la cappella alla Vergine, nella scena del tradimento di Giuda e nel Compianto sul Cristo morto Gli affreschi narrano le storie del nuovo testamento e dei vangeli apocrifi (vangeli di cui la Chiesa non riconosce l'ispirazione) l'interno della cappella... La cappella presenta un'unica navata con volta a botte illuminata da sei monofore sul lato destro e da una trifora gotica posta sopra il portale. la cappella termina con una piccola abside coperta con volta a crociera. allegorie delle virtù storie della Vergine allegorie dei vizi le storie di Gesù le storie di S. Anna e Gioacchino (i genitori della Vergine) i coretti Il giudizio universale mentre ad Assisi gli affreschi di Giotto erano inseriti in un programma a cui partecipavano anche altri artisti qui il complesso decorativo fu progettato interamente da Giotto. Così l'artista ha potuto disporre i propri affreschi in piena libertà adattandoli al meglio alla struttura della cappella. da 1 a 6 sono narrate le storie dei genitori della Madonna: Giocchino e S. Anna Dopo essere stato cacciato dal Tempio di Gerusalemme per essere ritenuto sterile (e quindi non benedetto da Dio), Gioacchino si rifugiò in ritiro presso i pastori delle montagne. Nel frattempo Anna, convinta di essere rimasta vedova, aveva avuto un miracoloso annuncio da un angelo che le aveva rivelato che presto avrebbe avuto un bambino. Nel frattempo anche Gioacchino aveva sognato un angelo, che gli diceva di tornare a casa dalla moglie. La scena a destra mostra dunque l'incontro tra i due, che avvenne davanti alla Porta d'Oro di Gerusalemme, dopo che entrambi erano stati avvisati da messaggeri divini. da 7 a 15 sono narrate le storie della Vergine Maria Il matrimonio della Vergine e San Giuseppe L'attesa della Vergine Maria e San Giuseppe. La visita di Ss. Maria a Santa Elisabetta madre di Giovanni il Battista Da 17 a 39 sono narrate le storie di Cristo (ricordiamo qui il "Compianto sul Cristo morto") • • • • Ogni elemento dell'affresco conduce lo sguardo dell'osservatore verso il volto di Gesù morto, l'attenzione degli apostoli e delle pie donne sono rivolte al Suo volto così come la nuda collina sullo sfondo scivola fino ad indicarceLo. Il dolore è condiviso da tutti i personaggi dell'affresco: – San Giovanni , la cui testa è collocata al centro del dipinto, allarga le braccia all'indietro e getta il busto in avanti in un gesto di dolore. – La Vergine Madre, dal volto sofferente i lineamenti contratti, sorregge il capo del Cristo – le pie donne velate e viste di spalle, sorreggono il capo e il braccio destro di Gesù – Maddalena, dalla parte opposta, sorregge i piedi di Cristo bagnandoli con le sue lacrime. – gli angeli del cielo piangono e si disperano similmente alle figure degli altri personaggi, imitandone i gesti di dolore. Per secoli gli angeli erano stati rappresentati con espressioni imperturbabili e di grande bellezza, ora invece Giotto, li raffigura con espressioni di dolore, mentre si strappano i capelli e allargano le braccia così come fanno gli apostoli: gli angeli diventano più vicini alle figure umane. Le figure velate ritratte di spalle sono un'altra novità introdotta da Giotto rispetto alla tradizione gotico-bizantina che rappresentava sempre frontalmente i personaggi. Sulla parete occidentale nella controfacciata d'ingresso è rappresentato il Giudizio Universale Le scene dipinte sono di pura fantasia, tuttavia vengono utilizzati molti elementi della realtà quotidiana, con il risultato di accrescere il realismo delgli eventi narrati. Al centro dell'affresco, in una mandorla di arcobaleno circondata da angeli, c'è l'immagine di Cristo giudice, seduto sulle nuvole, in mezzo alle schiere degli angeli e dei santi. Alla Sua destra gli eletti si muovono verso il cielo, alla sinistra i dannati scendono nell'inferno. E' interessante notare che gli angeli sono raggruppati in schiere di trentatre, secondo alcuni studiosi ciò sta a testimoniare l'influenza che ebbe l'incontro con Dante Alighieri avvenuto nel 1304. Anche Dante, infatti, aveva suddiviso i suoi tre cantici in trentatre canti. Come si è accennato nella spiegazione introduttiva, si può notare lo stesso committente, Enrico Scrovegni, inginocchiato sotto la croce della Passione (in basso al centro), in mezzo ai beati, con il vestito viola segno di penitenza. Viene rappresentato come se facesse parte della narrazione stessa dell'affresco, in questo modo lo Scrovegni, personaggio reale e ben riconoscibile dai suoi contemporanei, e quelli della invenzione del Giudizio Universale vengono ad acquistare lo stesso rilievo. E' interessante notare che il modello della cappella nell'immagine è leggermente diverso da quello della cappella reale, probabilmente si riferisce al progetto iniziale che prevedeva un transetto commisso. a destra e a sinistra dell'abside (sotto i numeri 28 e 16) ci sono i coretti. I coretti sono due affreschi posti ai lati dell'arco trionfale sopra lo zoccolo dipinto a finto marmo. Qui Giotto con un raffinato uso della prospettiva riesce ad ingannare l'osservatore facendo credere che oltre la parete ci siano due spazi con volta a crociera, illuminati da una esile bifora. Il lampadario pendente da ancora di più l'illusione della profondità spaziale. Le pareti di fondo della stanza dipinta nel coretto a sinistra sono scompartite da rilievi quadrangolari, mentre l'azzurro delle vele è evidenziato ancora di più dalle strisce rosse dell'arco ( a sesto acuto) in cui è inquadrato l'affresco. Gli affreschi sulla fascia bassa a sinistra della cappella (dal 53 al 47) sono le allegorie dei vizi. ( una allegoria è una figura cha acquista significato simbolico) questi affreschi sono stati realizzati da Giotto usando un solo colore (monocromia). Con il solo gioco del chiaroscuro riece a simulare un rilievo in marmo, rendendo il volume della scultura. Giotto ha dovuto studiare attentamente le antiche sculture in marmo romane e bizantine, analizzando le caratteristiche fisiche e cromatiche (dei colori) è riuscito a riprodurne le venature, la grana e perfino la lucentezza. Questi sono i vizi che, secondo la dottrina cristiana, precludono lo stato di grazia. Disperazione, Invidia, Idolatria, Ingiustizia, Ira, Incostanza, Stoltezza Gli affreschi sulla fascia bassa a destra della cappella (dal 40 al 46) sono le allegorie delle virtù Anche questi affreschi sono stati realizzati con la stessa tecnica (monocromia) con cui sono stati realizzati i vizi nella pagina precedente. Si dice che questi affreschi furono suggeriti proprio dallo Scrovegni per dare l'idea di un uomo giusto e attaccato ai valori. Le prime quattro virtù sono le virtù cardinali (le più importanti nell'agire dell'uomo) e le altre tre sono le virtù teologali cioè riferite a Dio(fede, carità e speranza). La Carità è rappresentata come una fanciulla che regge con la destra un cesto di rose, spighe, melagrane, nocciole e castagne, simbolo dei frutti che la terra dona in tutte le stagioni, con la sinistra offre il proprio cuore a Gesù. La Giustizia è rappresentata come una donna che tiene in mano due pesi a modo di bilancia. Prudenza Fortezza Temperanza Giustizia Fede Carità Speranza Vizi e virtù sono posti gli uni davanti alle altre su pareti opposte corrispondendosi secondo il criterio dell'abbinamento dei contrari. Stoltezza e Prudenza Incostanza e Fortezza Ira e Temperanza Ingiustizia e Giustizia Idolatria e Fede Invidia e Carità Disperazione e Speranza