MODELLISTICA PER I DISPOSITIVI A SEMICONDUTTORE Docente

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MODELLISTICA PER I DISPOSITIVI A
SEMICONDUTTORE
Docente: Giuseppe Alı̀ - A.A. 2007/08
Appunti a cura di: A.M. Anile, G. Alı̀ e G. Mascali
5 ottobre 2007
1
Richiami sulla fisica dei semiconduttori
1.1
Descrizione fisica della materia allo stato solido
A livello microscopico la materia allo stato solido è caratterizzata da due
proprietà fondamentali degli atomi che la compongono:
i) le distanze interatomiche sono molto piccole (dell’ordine di alcuni Angstrom);
ii) le posizioni di equilibrio degli atomi sono fissate.
Quindi lo studio della materia allo stato solido può essere ricondotto allo studio degli elettroni sotto l’azione del potenziale generato dai nuclei, supposti
fissati, più l’effetto dovuto alle oscillazioni dei nuclei atomici intorno alla loro
configurazione d’equilibrio. La giustificazione delle precedenti affermazioni
a partire da principi primi sarà lo scopo di questo capitolo.
Per introdurci alla descrizione quantistica di particelle elementari, quali
elettroni e particelle nucleari, iniziamo a dare alcuni cenni della descrizione
classica di particelle elementari.
1.1.1
Descrizione classica newtoniana di una particella elementare
In meccanica classica una particella elementare è descritta come un punto
materiale dotato di massa, carica e momento angolare intrinseco (spin).
Tralasciando quest’ultimo concetto, che può essere adeguatamente descritto
solo nell’ambito della teoria quantistica, consideriamo un elettrone isolato.
Possiamo associare all’elettrone un vettore posizione x ∈ R3 e un vettore
1
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
2
velocità v ∈ R3 . Sia la posizione che la velocità possono variare al variare
del tempo t.
In presenza di un campo elettrico E(x), sull’elettrone agirà una forza
F = −qE,
(1)
dove q è una costante positiva che indica la carica elementare dell’elettrone
in valore assoluto. Allora la seconda legge di Newton ci dice che
mv̇ = F,
(2)
dove m è la massa dell’elettrone e il punto indica derivazione rispetto al tempo. Ricordando la definizione di velocità, il moto dell’elettrone è descritto
dalle equazioni:
ẋ = v,
mv̇ = −qE.
(3)
Il moto è univocamente determinato una volta che sia assegnato lo stato
della particella all’istante iniziale t0 :
x(t0 ) = x0 ,
v(t0 ) = v0 .
(4)
Ad esempio, se la particella soggetta ad un campo elettrico costante,
possiamo immediatamente integrare le equazioni di moto (3). Dalla seconda
equazione, integrando tra t0 e t, si ricava
mv(t) = mv0 − qE(t − t0 ).
Sostituendo nella prima equazione ed integrando ancora rispetto al tempo,
si trova
q
x(t) = x0 + v0 (t − t0 ) −
E(t − t0 )2 .
2m
Si vede facilmente che la traiettoria della particella è una parabola che giace
sul piano individuato dai vettori v0 ed E, entrambi centrati in x0 . La
parabola è tangente in x0 al vettore v0 ed ha un asintoto nella direzione E.
Se il campo elettrico è nullo, la traiettoria è una retta passante per x0 nella
direzione v0 .
Poichè un campo elettrico stazionario proviene da un potenziale elettrico
V , cioè
E = −∇x V,
(5)
allora possiamo scrivere l’energia totale E dell’elettrone come somma della
sua energia cinetica e potenziale,
E=
m|v|2
− qV.
2
(6)
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
3
Fissata una traiettoria spaziale risulta individuata l’energia costante associata a questa traiettoria, in quanto
Ė = mv · v̇ − q∇x V · ẋ = 0,
per cui
m|v0 |2
− qV (x0 ).
2
Ricapitolando, una particella elementare descritta classicamente è rappresentata da un punto materiale x dotato di massa e carica. Nell’ambito
della teoria newtoniana essa è individuata dalla traiettoria x(t) che essa descrive nello spazio, che può essere calcolata usando le equazioni di Newton
(3). Una traiettoria è univocamente determinata dalle condizioni iniziali per
la posizione e la velocità. Inoltre, ad ogni traiettoria è associato un valore
dell’energia, che si conserva lungo il moto.
E(t) = E(t0 ) ≡
1.1.2
Descrizione classica hamiltoniana di una particella elementare
La grandezza vettoriale p = mv è detta quantità di moto o impulso. Lo
spazio di tutti gli stati (x, p) ∈ R3 × R3 è detto spazio delle fasi. Osserviamo
che una traiettoria x = x(t) nello spazio fisico individua una curva (x, p) =
(x(t), mẋ(t)) nello spazio delle fasi.
D’altra parte, abbiamo visto che in corrispondenza di una traiettoria
dello spazio fisico risulta individuata l’energia totale della particella. Di
conseguenza, lo stesso rimane vero anche per una curva dello spazio delle
fasi. È quindi naturale esplicitare la dipendenza dell’energia totale dallo
stato (x, p), introducendo la funzione hamiltoniana
|p|2
− qV (x).
(7)
2m
La funzione hamiltoniana ci permette di scrivere le equazioni classiche
del moto di un elettrone nella forma
H(x, p) :=
ẋ = ∇p H,
ṗ = −∇x H.
(8)
A queste equazioni dobbiamo aggiungere la relazione che lega la funzione
hamiltoniana con l’energia,
H(x, p) = E.
(9)
Questa relazione esprime sinteticamente il fatto ad ogni traiettoria fisica x(t)
è associata un’energia E(t), data da
E(t) = H (x(t), p(t)) .
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
4
Inoltre, nel caso di forze conservative, l’energia è costante e non dipende dal
tempo.
Scrivere le equazioni di moto (3) nella forma (8) chiarisce il legame esistente in meccanica classica tra le due variabili coniugate posizione e impulso, e tra di esse e l’energia del sistema, espressa dalla funzione hamiltoniana.
Ricapitolando, nell’ambito della teoria hamiltoniana classica, una particella elementare è rappresentata da un punto (x, p) nello spazio delle fasi.
dotato di massa e carica. La traiettoria (x(t), p(t)) che essa descrive nello
spazio delle fasi può essere calcolata usando le equazioni di Hamilton (8).
Una traiettoria è univocamente determinata dalle condizioni iniziali per la
posizione e la quantità di moto (o, equivalentemente, la velocità). Inoltre,
ad ogni traiettoria è associato un valore dell’energia, che può essere calcolato
direttamente a partire dalla funzione hamiltoniana H(x, p).
Queste osservazioni generali ci serviranno per introdurci alla descrizione
quantistica di una particella elementare.
1.1.3
Descrizione quantistica di una particella elementare. Equazione di Schrödinger
Semplificando un poco, in meccanica quantistica il principio di indeterminazione di Heisenberg asserisce che la conoscenza esatta di una delle due
variabili coniugate preclude la conoscenza esatta dell’altra. Quindi la funzione hamiltoniana in senso classico si trova ad essere priva di significato, in
quanto funzione sia della posizione che dell’impulso. Nonostante ciò, il suo
ruolo continua ad essere centrale in meccanica quantistica, sotto forma di
operatore hamiltoniano.
In meccanica quantistica ad ogni particella elementare è associata un’onda materiale, a cui sono legati i concetti di vettore d’onda k e pulsazione ω.
Il vettore d’onda indica la direzione di propagazione del fronte d’onda. Il
vettore d’onda e la pulsazione dell’onda associati ad una particella materiale sono legati all’impulso e all’energia della particella tramite la legge di de
Broglie,
p = ~k,
(10)
e la relazione di Planck-Einstein,
E = ~ω.
(11)
In generale la dinamica di una particella elementare è descritta da una funzione d’onda ψ(x, t), a valore nei numeri complessi, legata alla probabilità
che la particella occupi la posizione x all’istante t.
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
5
Per dare una giustificazione euristica dell’equazione fondamentale della
meccanica quantistica e dare un’idea del ruolo dell’hamiltoniana, consideriamo la più semplice funzione d’onda, cioè un’onda piana con vettore d’onda
k e pulsazione ω:
ψ(x, t) = ei(k·x−ωt) .
(12)
Questa funzione d’onda è associata ad un elettrone libero, soggetto ad un
potenziale costante V0 , che in meccanica classica è descritto dalla funzione
hamiltoniana
|p|2
H(x, p) =
− qV0 .
2m
Si vede subito da (12) che
∂ψ
= −iωψ,
∂t
∆x ψ = −|k|2 ψ.
Allora, usando la legge di de Broglie e la relazione di Planck-Einstein,
possiamo scrivere
∂ψ
= Eψ,
∂t
~2
−
∆x ψ − qV0 ψ = H(x, p)ψ.
2m
i~
(13)
(14)
La relazione (13), permette di collegare l’energia di un elettrone libero
alla derivata temporale della funzione d’onda.
Soffermiamoci ora sulla (14). Introducendo l’operatore hamiltoniano
H := −
~2
∆x − qV0 ,
2m
essa si può riscrivere come
Hψ = H(x, p)ψ.
(15)
Questa relazione esprime, nel semplice caso di un elettrone libero, un legame
tra la funzione hamiltoniana classica H, che non ha un significato diretto
in meccanica quantistica, e l’operatore H, che invece continua ad essere
ben definito. L’operatore hamiltoniano H è ricavabile formalmente dalla
funzione hamiltoniana H mediante la sostituzione
x → x,
p → −i~∇x .
(16)
Per quanto visto sopra, usando (13) e (15), la relazione classica
E = H(x, p),
(17)
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
6
valida per ogni curva nello spazio delle fasi, si traduce nell’equazione
i~
∂ψ
= Hψ.
∂t
(18)
Questa equazione, che abbiamo ricavato in un caso molto particolare, è detta
equazione di Schrödinger, e viene postulata la sua validità nella descrizione
del comportamento della materia su scala atomica o inferiore. Formalmente,
essa può essere ricavata dalla relazione classica (17) mediante la sostituzione
(16), introducendo l’ulteriore sostituzione
E → i~
∂
.
∂t
(19)
Per poter descrivere completamente una particella elementare (o un
qualunque sistema fisico quantistico) è necessario imporre delle condizioni
iniziali per la funzione d’onda,
ψ(x, 0) = ψini (x).
(20)
Come l’equazione di Newton è alla base della Meccanica Classica, cosı̀,
analogamente, l’equazione di Schrödinger è alla base della Meccanica Quantistica.
La Meccanica Quantistica è stata formulata in modo rigoroso da Paul
Dirac e da John Von Neumann. Da questa formulazione segue che i possibili
stati di un sistema quantistico sono rappresentati da vettori, chiamati vettori
di stato, che fanno parte di uno spazio di Hilbert complesso e separabile che
è chiamato spazio degli stati. L’evoluzione di uno stato quantistico è descritta, per l’appunto, dall’equazione di Scrödinger (18), nella quale l’operatore
hamiltoniano, cioè l’operatore che corrisponde alla funzione hamiltoniana
classica del sistema, riveste un ruolo centrale.
Nella terminologia della meccanica quantistica, ogni quantità fisica per
cui sia possibile effettuare una misurazione viene detta osservabile. Ogni
osservabile è rappresentata da un operatore lineare autoaggiunto che agisce
sullo spazio degli stati. Ogni autostato di un’osservabile corrisponde ad un
preciso autovettore dell’operatore, e l’autovalore dell’operatore corrisponde
al valore dell’osservabile di un sistema che si trova in quell’autostato. La
probabilità che il risultato di una misurazione sia un certo autovalore è data
dal modulo quadro del prodotto interno (il prodotto scalare dello spazio
di Hilbert considerato) tra il vettore di stato prima della misurazione e il
vettore corrispondente a quel dato autovalore del quale vogliamo conoscere
la probabilità di presentarsi.
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RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
1.1.4
7
Equazione di Schrödinger stazionaria
Nel caso in cui l’hamiltoniana non dipenda esplicitamente dal tempo, lo
studio dell’equazione di Scrödinger può essere ricondotto allo studio dell’equazione agli autovalori
Hψ = Eψ,
(21)
dove E è una costante numerica, incognita del problema insieme alle autofunzioni ψ ad esso associate. Ad esempio, nel caso dell’hamiltoniana generata da un nucleo atomico, gli autovalori E dell’equazione di Schrödinger
rappresentano i livelli energetici che possono essere occupati dall’elettrone.
Per vedere come si ricava (21), iniziamo con il cercare soluzioni usando
il metodo della separazione delle variabili. Cerchiamo dunque soluzioni del
tipo
ψ(x, t) = a(t)φ(x).
(22)
Sostituendo questa espressione nell’equazione di Schrödinger (18) e osservando che l’operatore H agisce solo sulla funzione che dipende dalla variabile
spaziale, otteniamo
∂a(t)
i~
φ(x) = a(t)Hφ(x),
∂t
da cui
i~ ∂a(t)
Hφ(x)
=
≡ E,
a(t) ∂t
φ(x)
per una certa costante E. Osserviamo che in questo passaggio è cruciale che
la funzione hamiltoniana non dipenda dal tempo.
Se conosciamo la costante E, possiamo ricavare subito la a(t),
a(t) = a0 exp
Et
.
i~
Rimangono da risolvere due problemi: come calcolare la costante E, e come
imporre che sia soddisfatta la condizione iniziale (20). Infatti, in generale
sarà
ψini (x) 6= a0 φ(x).
Per quanto riguarda il primo problema, ci accorgiamo che la E viene
calcolata insieme alla φ, in quanto essi sono, rispettivamente, autovalore e
autofunzione dell’operatore H,
Hφ = Eφ.
Questa è esattamente l’equazione di Schrödinger stazionaria (21).
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RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
8
Per quanto riguarda il secondo problema, la sua soluzione è strettamente
legata alla soluzione del precedente problema. Infatti, se riusciamo a determinare un insieme completo di autofunzioni {φλ }λ∈Λ nello spazio degli stati,
possiamo rappresentare qualsiasi funzione d’onda ψ come loro combinazione
lineare:
X
ψ=
aλ φλ .
(23)
λ∈Λ
In questa relazione, λ è un indice che identifica gli autostati, detto anche
indice quantico, e Λ è l’insieme in cui variano gli indici. Se Λ è finito, cioè
ha un numero finito di elementi, la definizione di insieme completo coincide
con la definizione di base di uno spazio vettoriale. L’insieme {Eλ | λ ∈ Λ} si
chiama spettro dell’operatore H. Se lo spettro non contiene alcun intervallo
del tipo ]Eλ1 , Eλ2 [, lo spettro si dice discreto. Nel caso in cui lo spettro
non sia discreto, la somma in (23) su ogni intervallo contenuto nello spettro
deve intendersi come integrale rispetto alla variabile continua λ. Infine, se
lo spettro è discreto, spesso si denotano i suoi autostati con un indice n ∈ Z.
Ritornando al nostro problema, se l’operatore H ammette un insieme
completo di autostati, possiamo sostituire l’ipotesi di lavoro (22), con
X
ψ(x, t) =
aλ (t)φλ (x).
(24)
λ∈Λ
Ragionando come sopra, possiamo ricavare
ψ(x, t) =
X
aλ,ini exp
λ∈Λ
Eλ t
φλ (x),
i~
(25)
dove
Hφλ = Eλ φλ ,
ed i coefficienti aλ,ini sono ricavati in modo che valga l’espressione
ψini (x) =
X
aλ,ini φλ (x).
(26)
λ∈Λ
Da questa sommaria discussione si evince chiaramente l’importanza degli
indici quantici, per cui spesso scriveremo l’equazione di Schrödinger stazionaria (21) nella forma
Hψλ = Eλ ψλ ,
(27)
specificando gli indici quantici λ ∈ Λ.
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
1.1.5
9
Descrizione quantistica della materia allo stato solido. Approssimazione di Born-Oppenheimer
Per descrivere il moto di elettroni vincolati a nuclei atomici, come nel caso
della materia allo stadio solido, è necessario specificare l’hamiltoniana H del
sistema fisico costituito da elettroni e nuclei atomici. Se indichiamo con r le
coordinate di posizione e di spin di tutti gli elettroni del sistema, e con R le
coordinate di posizione e di spin di tutti i nuclei, allora la funzione d’onda
degli elettroni e dei nuclei sarà del tipo ψ(r, R, t), e sarà determinata dall’equazione di Schrödinger, scritta per l’operatore hamiltoniano H associato a
H. Possiamo decomporre l’hamiltoniana in tre parti:
H = He + HeN + HN ,
(28)
dove He è l’hamiltoniana relativa ai soli elettroni, HeN è l’hamiltoniana
relativa alle interazioni reciproche tra elettroni e nuclei, HN è l’hamiltoniana
relativa ai soli nuclei. Esplicitamente, possiamo scrivere
He =
X |pi |2
i
HeN
= −
2me
X
i,I
HN
=
1X
q2
,
2
|ri − rj |
i6=j
q2
ZI
,
|ri − RI |
X |pI |2
I
+
2mI
+
1 X ZI ZJ q 2
,
2
|RI − RJ |
I6=J
dove me è la massa dell’elettrone, mI e ZI sono, rispettivamente, la massa
e il numero atomico del nucleo contrassegnato da I.
Dato che l’hamiltoniana H non dipende esplicitamente dal tempo, ci
si può ricondurre al problema agli autovalori dell’equazione di Schrödinger
stazionaria
Hψn,v = En,v ψn,v ,
(29)
dove l’indice n si riferisce agli stati degli elettroni, e l’indice v si riferisce agli
stati dei nuclei. L’uso del doppio indice risulterà chiaro più avanti.
Essendo i nuclei più massivi e meno mobili degli elettroni, è possibile decomporre il moto del sistema nelle oscillazioni dei nuclei intorno alle configurazioni di equilibrio e nel moto degli elettroni rispetto ai nuclei. Questa idea
è espressa matematicamente dall’approssimazione di Born-Oppenheimer. I
punti salienti di questa approssimazione sono i seguenti:
• il sistema degli elettroni è descritto da una funzione d’onda ψn (r, R),
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RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
10
• il sistema dei nuclei è descritto da una funzione d’onda Fn,v (R);
• la funzione d’onda globale può essere decomposta come:
ψn,v (r, R) = ψn (r, R)Fn,v (R);
• l’azione, sulla funzione d’onda, dell’operatore hamiltoniano relativo ai
nuclei può essere approssimata come:
HN (ψn Fn,v ) ≈ ψn HN (Fn,v ).
(30)
Usando l’approssimazione di Born-Oppenheimer nell’equazione di Schrödinger
(29) per il sistema elettroni-nuclei, e osservando che He (ψn Fn,v ) = Fn,v He ψn ,
dato che Fn,v non dipende da r, è possibile ricavare da (29) le due equazioni
accoppiate
(
(He + HeN (r, R))ψn = En (R)ψn ,
(31)
(HN + En (R))Fn,v = En,v Fn,v .
La prima equazione determina gli autostati degli elettroni in funzione della
posizione dei nuclei. Quindi, per ogni autostato elettronico (contrassegnato dall’indice n), la seconda equazione determina gli autostati dei nuclei
(contrassegnati dall’indice v).
Come passo successivo, possiamo decomporre l’equazione (31)1 , per la
funzione d’onda degli elettroni, in una parte “statica”, che descrive l’interazione degli elettroni con il reticolo statico dei nuclei, e una parte “dinamica”, che descrive gli effetti di interazione degli elettroni con le vibrazioni del
reticolo (fononi). Per fare ciò, è sufficiente scrivere
He + HeN (r, R) = (He + HeN (r, R0 )) + (HeN (r, R) − HeN (r, R0 )) ,
dove R0 è lo stato fondamentale del sistema dei nuclei, relativo all’energia
più bassa. Si può vedere che lo stato fondamentale R0 corrisponde ad un
minimo per il potenziale
Vn (R) :=
1 X ZI ZJ q 2
+ En (R).
2
|RI − RJ |
(32)
I6=J
Se si conosce la funzione En (R) è possibile determinare lo stato fondamentale dei nuclei, a cui corrisponde uno specifico reticolo. Quindi il moto dei
nuclei sarà costituito da piccole oscillazioni intorno allo stato fondamentale
determinato dal potenziale Vn .
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RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
11
Concentriamoci ora sull’equazione “statica” per gli elettroni,
(He + HeN (r, R0 )) ψn = En (R0 )ψn .
(33)
L’equazione (31)1 non è ancora risolvibile in modo semplice, dato il grande
numero di variabili, ed è necessario ricorrere ad ulteriori approssimazioni.
Una prima approssimazione è quella degli ‘elettroni indipendenti’ che consiste nel supporre che la funzione degli elettroni si possa scrivere come
prodotto completamente antisimmetrizzato (gli elettroni sono indistinguibili)
delle funzioni d’onda di un solo elettrone,
Y
ψn (r; R0 ) =
ψni (ri ; R0 ).
(34)
i
In questa approssimazione si ignorano le interazioni tra elettrone ed elettrone, considerando il loro effetto globale come una fluttuazione trascurabile.
Ognuna delle funzioni d’onda ψni soddisfa un’equazione di Schrödinger del
tipo
−
~2
∆ i ψ i (ri ; R0 ) + U (ri ; R0 )ψni (ri ; R0 ) = Eni ψni (ri ; R0 ),
2m r n
(35)
dove il potenziale U dipende dalla posizione dei nuclei nello stato fondamentale.
1.2
Struttura microscopica della materia allo stato solido
Le posizioni di equilibrio degli atomi possono essere disposte o meno secondo
una struttura regolare. Per precisare questo concetto si introduce la funzione
di correlazione a coppie
gu (r; R0 ),
che scelto un nucleo arbitrario di posizione R0 , rappresenta la probabilità
di trovare un altro nucleo a distanza r dal primo nella direzione individuata
dal generico versore u.
In un solido, la funzione di correlazione presenta dei massimi per valori
di r arbitrariamente grandi. In base al tipo di funzione di correlazione, la
materia allo stato solido può trovarsi in uno stato cristallino, policristallino
o amorfo.
In un cristallo la funzione gu (r) presenta dei picchi discreti del tipo
δ(r − ri ), e la funzione non dipende dalla posizione del nucleo fissato.
Un policristallo, invece, si può pensare come un aggregato di tanti cristalli diversamente orientati, per cui la funzione di correlazione appare a tratti
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RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
12
come quella di un cristallo, ma la sua struttura cambia quando si passa da
un cristallo all’altro.
In un solido amorfo, la funzione di correlazione presenta dei picchi accentuati solo a corto raggio, cioè, per piccoli valori di r, per poi oscillare
intorno ad un valore medio per valori più grandi di r.
Osserviamo che lo stato di un solido può dipendere dalla temperatura
o da altre cause esterne. Inoltre, un solido in uno stato cristallino può
presentare irregolarità o imperfezioni locali, come vedremo più avanti.
Nel seguito ci occuperemo esclusivamente di materiali che si presentano
in uno stato cristallino.
1.2.1
Reticoli e cristalli
Il concetto di cristallo può essere formalizzato matematicamente mediante
la nozione di reticolo.
Un reticolo R è un sottoinsieme numerabile di Rd , con d = 1, 2, 3,
generato da d vettori indipendenti a1 , . . . , ad . Possiamo scrivere
n
o
R = a ∈ R d | a = n 1 a1 + · · · + n d ad , n 1 , . . . , n d ∈ Z .
Chiaramente la scelta della base del reticolo può essere fatta in infiniti modi
equivalenti. Infatti, basta scegliere una qualunque d-upla a01 , . . . , a0d , con
a0i =
d
X
mij aj ,
mij ∈ Z,
det(mij ) = 1.
j=1
Normalmente viene scelta una base formata da vettori di lunghezza minima.
Definiamo cella primitiva (o elementare) di un reticolo R in Rd , un
qualunque sottoinsieme DR di Rd contenente un unico elemento di R (di
solito l’origine) e tale che i suoi traslati formino una partizione di Rd . Nel
caso in cui non sia ambiguità, scriveremo semplicemente D.
Esistono infinite scelte di celle primitive di uno stesso reticolo. Tra
queste, quella definita dai vettori di base di lunghezza minima è detta cella
unitaria. Esplicitamente, la cella unitaria di un reticolo è l’insieme
D = {x = α1 a1 + · · · + αd ad , con α1 , . . . , αd ∈ [0, 1[} .
Si dice cella primitiva di Wigner-Seitz la regione DWS intorno all’origine
i cui punti sono più vicini all’origine che ad ogni altro punto del reticolo. In
formula, dopo averci ragionato un po’ sopra, possiamo scrivere
DWS := {x ∈ Rd | |x| ≤ |x + a| per ogni a ∈ R}.
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
13
Geometricamente, la cella primitiva di Wigner-Seitz può essere costruita
congiungendo il punto fissato con i punti piú vicini del reticolo, bisecando
i segmenti ottenuti con ipersuperfici perpendicolari (punti per d = 1, rette
per d = 2, piani per d = 3), e determinando la regione racchiusa da queste
ipersuperfici.
È facile rendersi conto che il volume di una qualunque cella primitiva di
R è uguale a |a1 | per d = 1, |a1 ∧ a2 | per d = 2, |a1 · a2 ∧ a3 | per d = 3.
Accenniamo ora brevemente ad un concetto che ci sarà utile più avanti.
Una traslazione è una applicazione Ta : Rd → Rd che al punto x associa il
punto
Ta x := x + a,
(36)
cioè il vettore traslato rispetto al vettore di traslazione a.
Osserviamo che Ta R = R per ogni a appartenente ad R e viceversa, cioè
un reticolo è invariante per traslazione se e solo se viene traslato rispetto
ad un suo elemento. Questa osservazione suggerisce che è possibile classificare i reticoli mediante le loro proprietà di invarianza rispetto a particolari
trasformazioni.
Due reticoli che possono essere ottenuti l’uno dall’altro con trasformazioni
di similitudine ai fini della classificazione sono considerati come rappresentanti lo stesso reticolo. Anche due reticoli che sono invarianti sotto le stesse
rotazioni e roto-inversioni attorno allo stesso punto vengono considerati lo
stesso reticolo.
Lo studio dei gruppi puntuali, che esula dai nostri scopi, mostra che esiste
solo un numero finito di reticoli di traslazione, detti reticoli di Bravais.
Nel caso unidimensionale esiste un solo reticolo di Bravais, nel caso
bidimensionale ne esistono 5 (obliquo, rettangolare, rettangolare centrato,
quadrato, esagonale), nel caso tridimensionale ne esistono solo 14.
I reticoli di Bravais non esauriscono la descrizione dei cristalli. Infatti non
è detto che gli atomi del cristallo siano posti solo ai vertici del suo reticolo
(sottolineamo che solo atomi uguali si trovano nei vertici del reticolo).
In questi casi è necessario considerare altre operazioni di simmetria più
complesse rispetto alle quali il cristallo sia invariante, comprendenti anche
traslazioni di vettori di lunghezza pari a frazioni di una traslazione reticolare.
Matematicamente la classificazione dei cristalli si traduce nello studio di
tutti i possibili gruppi di simmetria per cui un dato cristallo sia invariante.
In sintesi, le operazioni di simmetria possono essere di due tipi: operazioni di simmetria puntuale, costituite da rotazioni e rotoinversioni; operazioni di simmetria spaziale, costituite da operazioni composte, accompagnate da una traslazione frazionaria. Tenendo conto di tutte le operazioni
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
14
di simmetria, nel caso tridimensionale si possono costruire solo 230 gruppi
cristallini associati ai 14 reticoli di Bravais.
1.2.2
Reticolo inverso e zone di Brillouin
Nel seguito, per semplicità, consideremo d = 3. Ad ogni reticolo di traslazione
R, generato dai vettori {a1 , a2 , a3 }, è possibile associare un reticolo inverso
(o reticolo duale) G, generato dai vettori {b1 , b2 , b3 }. Questi nuovi vettori
sono definiti dalle condizioni
bi ·aj = 2πδij ,
(37)
dove δij è il simbolo di Kronecker, uguale a 1 se i = j e uguale a 0 altrimenti.
Esplicitamente, si ha
bi = 2π
aj ∧ ak
,
a1 · a2 ∧ a3
(i, j, k) = (1, 2, 3), (2, 3, 1), (3, 1, 2).
(38)
La definizione dei vettori di traslazione del reticolo inverso ci permette di
dedurre che il prodotto scalare di un qualunque vettore del reticolo diretto
per un qualunque vettore del reticolo inverso è un multiplo intero di 2π, da
cui si ricava la seguente importante identità:
eib·a = 1, per ogni a ∈ R, b ∈ G.
(39)
Il reticolo inverso di ognuno dei reticoli di Bravais è ancora un reticolo
di Bravais. Se indichiamo con |DR | il volume di una cella primitiva DR di
R, allora si vede subito che il volume di una cella primitiva DG del reticolo
reciproco è
(2π)3
|DG | =
.
|DR |
La cella primitiva di Wigner-Seitz del reticolo reciproco
B := {k ∈ R3 | |k| ≤ |k + b| per ogni b ∈ G}.
è detta (prima) zona di Brillouin. In altre parole, la zona di Brillouin B è
l’insieme dei punti di R3 che sono più vicini all’origine che a qualunque altro
elemento del reticolo inverso G.
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
1.3
1.3.1
15
Struttura a bande e classificazione dei materiali
Moto di un elettrone in presenza di un potenziale periodico.
Teorema di Bloch
Abbiamo visto che gli stati energetici che possono essere occupati da un
elettrone sono determinati dalla soluzione dell’equazione agli autovalori di
Schrödinger. Se i nuclei atomici del solido sono disposti secondo un reticolo
cristallino R, il potenziale da essi generato sarà periodico con la stessa periodicità del reticolo, cioè sarà invariante per ogni traslazione rispetto ad un
elemento di R.
Semplificando la notazione usata in (35), la funzione d’onda di un elettrone in presenza di un potenziale periodico secondo il reticolo R è descritta
dall’equazione di Schrödinger
Hψ = Eψ,
H=−
~2
∆x + UR (x),
2m
(40)
dove il potenziale medio UR soddisfa la proprietà UR = Ta UR per ogni
operatore di traslazione Ta relativo ad un vettore a del reticolo R. Qui
stiamo usando la notazione (Ta f )(x) := f (x + a).
Vedremo che un elettrone soggetto ad un potenziale periodico si comporta come un elettrone libero con un’ampiezza d’onda modulata secondo la
periodicità del potenziale, cioè, la sua funzione d’onda si può scrivere come
ψ(x) = u(x) exp(ik · x),
con k ∈ R3 ,
u(x + a) = u(x) ∀a ∈ R.
(41)
Una funzione che soddisfi questa proprietà, per un fissato k ∈ R3 , si dice
quasi-periodica rispetto a R. Un modo alternativo di esprimere la quasiperiodicità di una funzione ψ è il seguente:
ψ(x + a) = ψ(x) exp(ik · a),
con k ∈ R3 .
La decomposizione (41) è conseguenza del seguente fondamentale Teorema di Bloch.
Teorema 1.1 (di Bloch) Le autofunzioni di un’hamiltoniana con un potenziale periodico rispetto ad un reticolo R, possono essere scelte in modo tale
da essere quasi-periodiche rispetto a R.
Dimostrazione. Per provare questo risultato, osserviamo innanzitutto che
H commuta con ogni operatore Ta , vale a dire qualsiasi sia la funzione ψ si
ha
HTa ψ = Ta Hψ,
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
16
dato che l’operatore di derivata è invariante per traslazione ed il potenziale
è periodico. Anche due operatori di traslazione commutano tra loro
Ta0 Ta = Ta Ta0 = Ta+a0 .
(42)
Ne segue che l’insieme degli operatori costituito dall’hamiltoniana e dagli
operatori di traslazione forma un insieme di operatori che commutano. Un
teorema di meccanica quantistica ci assicura allora che gli autostati di H
possono essere scelti in modo tale che essi siano simultaneamente anche
autostati degli operatori di traslazione, vale a dire
Hψ = Eψ,
Ta ψ = c(a)ψ.
Inoltre la (42) ci dice che gli autovalori degli operatori di traslazione soddisfano la proprietà
c(a + a0 ) = c(a)c(a0 ),
(43)
ed essendo
Z
2
Z
|Ta ψ| dx =
R3
|ψ|2 dx,
R3
possiamo anche affermare che tutti i c(a) sono numeri complessi di modulo
unitario.
Consideriamo adesso gli autovalori degli operatori di traslazione corrispondenti ai tre vettori di base ai , i = 1, . . . 3, e scriviamoli nella loro
rappresentazione esponenziale
c(ai ) = exp(i 2π βi ),
con β1 , . . . , β3 ∈ R. Se sfruttiamo la (43), ricordando che ogni a è della
forma a = n1 a1 + n2 a2 + n3 a3 , troviamo
c(a) = exp(i 2π(n1 β1 + n2 β2 + n3 β3 )).
Se definiamo k := β1 b1 +β2 b2 +β3 b3 , la precedente relazione si può scrivere
c(τ ) = exp(ik · a),
e quindi
Ta ψ = ψ(x + a) = c(a)ψ = exp(ik · a)ψ.
Ne segue che la funzione
uk (x) := exp(−ik · x)ψ(x)
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
17
è periodica, in quanto
Ta uk = exp(−ik · (x + a))Ta ψ = exp(−ik · x)ψ = uk ,
da cui la tesi.
u
t
Usiamo il vettore k per contrassegnare tutti gli autovalori e le autofunzioni di H. La funzione ψk e il livello energetico Ek sono quindi, al variare
di k in R3 , soluzione di un problema agli autovalori in una cella primitiva
D di R,

~2

−
∆x ψk + UR ψk = Ek ψk , in D,
(44)
2m

ψk (x + a) = eik·τ ψk (x), per ogni x, x + a ∈ ∂D.
La funzione d’onda ψk (x) e lo stato energetico Ek , viste come funzioni
di k, sono periodiche rispetto al reticolo inverso G, ovvero
ψk+b = ψk ,
Ek+b = Ek , per ogni b ∈ G.
Infatti, ψk+b e Ek+b soddisfano il problema agli autovalori

~2

−
∆x ψk+b + UR ψk+b = Ek+b ψk , in D,
2m

ψk+b (x + a) = ei(k+b)·a ψk (x), per ogni x, x + a ∈ ∂D.
(45)
(46)
Essendo
ei(k+b)·a ψk (x) ≡ eik·a ψk (x),
la soluzione ψk+b , Ek+b di questo problema coincide con la soluzione ψk ,
Ek del problema (44).
Abbiamo detto sopra che le equazioni (44) sono parametrizzate dal vettore k ∈ R3 . Per la periodicità di ψk sul reticolo inverso, è sufficiente far
variare k in una cella primitiva del reticolo inverso. È consuetudine assumere
k ∈ B. In conclusione, l’equazione di Schrödinger (40) per la funzione d’onda ψ si riconduce all’equazione di Schrödinger (44) per la funzione d’onda
ψk , con k ∈ B.
Notiamo infine che le funzioni φn,k possono essere usate per definire
trasformate di tipo Fourier. Infatti, considerata una funzione d’onda generica ψ, possiamo definire
Z
φn,k (x)ψ(x) dx,
ψ̂n,k :=
R3
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
18
e ricostruire la funzione di partenza come
XZ
ψ(x) =
ψ̂n,k φn,k (x) dk.
n
B
Per capire meglio l’analogia con le trasformate di Fourier, possiamo riscrivere
le precedenti relazioni facendo comparire le componenti periodiche un,k delle
funzioni di Bloch:
Z
eik·x un,k (x)ψ(x) dx,
ψ̂n,k =
3
R
XZ
e−ik·x ψ̂n,k un,k (x) dk.
ψ(x) =
n
B
In queste espressioni è evidente che siamo in presenza di trasformate di
Fourier modificate da un fattore di modulazione un,k , dipendente dall’indice
discreto n ∈ Z e dall’indice continuo k ∈ B.
1.3.2
Impulso del cristallo. Struttura a bande di energia. Relazione di dispersione
Cerchiamo ora di dare una interpretazione fisica del vettore k ∈ B che
indicizza l’equazione di Schrödinger (44). Ricordando la quasi-periodicità di
ψk , si ha
ψk (x) = eik·x uk (x),
(47)
dove uk è una funzione periodica rispetto al reticolo R. Quindi possiamo
interpretare le ψk come onde piane eik·x modulate da una funzione periodica uk (x) (onde di Bloch). La funzione uk tiene conto dell’influenza dei
nuclei atomici disposti lungo il reticolo R. Se non ci fosse il reticolo, la
funzione d’onda dell’elettrone sarebbe semplicemente un’onda piana e l’elettrone sarebbe descritto come un elettrone libero. Consistentemente con
questa interpretazione, il vettore k, che dimensionalmente è l’inverso di una
lunghezza, può essere visto come il vettore d’onda di un’onda piana modulata. Quindi a questo vettore d’onda possiamo associare uno pseudo-impulso,
mediante la relazione
p := ~k.
(48)
Questo non è l’impulso dell’elettrone (come potrebbe essere visto applicando
l’operatore impulso alle autofunzioni di Bloch) e, per sottolineare la sua
dipendenza dal reticolo, viene detto impulso del cristallo.
Torniamo adesso al problema agli autovalori (44), per chiarire in che
senso esso determini ψk (x) e Ek . Fissato k ∈ B, la (44)1 è un’equazione
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
19
ellittica definita in un insieme compatto di R3 . Allora, usando risultati
classici dell’analisi, si può dimostrare l’esistenza di una successione di autovalori En,k , con relative autofunzioni ψn,k , con n ∈ N, che soddisfano (44).
En,k rappresenta l’energia totale, cinetica più potenziale, dell’elettrone che
si trova nell’autostato ψn,k . Si può anche dimostrare che, per ogni intero
n, En,k e ψn,k sono funzioni continue di k. Le funzioni k 7→ En,k sono
dette bande di energia e, come vedremo, codificano le informazioni relative
ai livelli energetici che possono essere occupati da un elettrone nel reticolo
cristallino.
Le bande energetiche si possono intersecare. In questo caso, se le bande
vengono numerate in modo tale che, fissato k, la banda di numero più piccolo
ha energia più bassa (numerazione in ordine crescente), le funzioni k 7→ En,k
non sono differenziabili nei punti di intersezione con altre bande. Comunque,
esiste sempre una numerazione diversa, tale che queste funzioni siano differenziabili (addirittura analitiche) in tutto B, e noi supporremo che sia stata
scelta questa numerazione. Nel seguito, useremo spesso la notazione En (k)
per indicare la n-esima banda energetica.
Abbiamo detto che En (k) rappresenta l’energia totale dell’elettrone che
si trova nell’autostato ψn,k . D’altra parte, ricordando il legame tra energia
e pulsazione stabilito dalla relazione di Planck-Einstein, per ogni k fissato
al numero En (k) è legata una pulsazione
ωn (k) :=
1
En (k).
~
Quindi la n-esima banda energetica En (k), può anche essere interpretata
come relazione di dispersione di un pacchetto d’onda associato alla sovrapposizione di onde di Bloch eik·x un , k. La corrispondente velocità di gruppo
è definita dalla relazione
vn (k) =
1
∇k En (k),
~
(49)
e rappresenta la velocità del pacchetto d’onda elettronico.
Una importante proprietà del diagramma a bande di un solido è che ci
possono essere valori dell’energia che non sono assunti da nessuna delle funzioni En (k). Queste sono energie proibite che non possono essere raggiunte
da alcun elettrone che si muove nel cristallo e costituiscono i cosiddetti gap
energetici. Nel caso in cui le bande non si intersechino, le energie relative a
due bande successive sono separate da un gap.
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
1.3.3
20
Metalli, isolanti e semiconduttori. Banda di conduzione,
banda di valenza e lacune
Adesso siamo nelle condizioni di poter distinguere metalli, isolanti e semiconduttori sulle basi della fisica statistica.
Allo zero assoluto gli elettroni occuperanno gli stati disponibili a più
bassa energia nelle bande di energia del cristallo. Si possono presentare due
situazioni ben diverse tra di loro. Un certo numero di bande possono essere
completamente riempite, mentre tutte le altre rimangono completamente
vuote. In questo caso si chiama gap energetico Eg la differenza the il massimo
della più alta(e) (in energia) banda(e) riempita(e) ed il minimo della più
bassa(e) banda(e) vuota(e). A queste bande si dà rispettivamente il nome
di banda di valenza e di conduzione.
Più precisamente, indicate con Ev (k) e Ec (k), rispettivamente la relazione
di dispersione per la banda di valenza e quella per la banda di conduzione,
il gap energetico tra queste bande è dato da
Eg = min Ec (k) − max Ev (k) > 0.
k∈B
k∈B
A seconda di quanto sia grande questo gap energetico i cristalli vengono
detti isolanti o semiconduttori. Tipicamente Eg varia da 1 a parecchi eV
nel caso degli isolanti ed è compreso tra 0.1 e 0.5 eV per i semiconduttori.
Esempi di semiconduttori sono il silicio (Si), il germanio (Ge) e l’arseniuro
di gallio (GaAs).
La seconda situazione che si può presentare è quella in cui allo zero
assoluto un certo numero di bande sono solo parzialmente riempite, in questo
caso si dice che il cristallo è un conduttore.
Il perchè di questa distinzione risulta chiaro se si pensa che affinchè un
elettrone in un cristallo possa essere accelerato da un campo esterno, è necessario che ci siano stati elettronici liberi nella vicinanza di quello occupato inizialmente dall’elettrone. I semiconduttori e gli isolanti, a temperatura zero,
hanno quindi conducibilità nulla. Comunque se la temperatura non è nulla,
un certo numero di elettroni, per eccitazione termica, passerà nella banda
di conduzione e lascerà anche un numero uguale di stati non occupati nella
banda di valenza. Se questo numero è apprezzabile dipende dalle dimensioni
del gap energetico, da cui la distinzione tra isolanti e semiconduttori.
Noi ci occuperemo esclusivamente dei materiali semiconduttori. Poiché
in questi materiali il gap energetico tra la banda di valenza e quella di
conduzione non è molto grande, a temperature diverse dallo zero assoluto
gli elettroni, come abbiamo detto, possono saltare dalla banda di valenza a
quella di conduzione per eccitazione termica. Gli elettroni che sono passati
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
21
alla banda di conduzione hanno quindi a disposizione un gran numero di
stati liberi nei quali si possono spostare sotto l’azione di un campo elettrico
esterno e possono pertanto partecipare alla conduzione elettrica.
Anche gli stati vuoti che questi elettroni hanno lasciato nella banda di
valenza partecipano alla conduzione, nel senso che questi stati rappresentano
degli stati liberi in cui si possono spostare gli elettroni di valenza. Gli
elettroni di valenza una volta spostatisi in queste vacanze se ne lasciano
dietro delle altre, e lo stesso fenomeno si ripete.
Quindi, il comportamento dinamico di un insieme di elettroni che non
occupano tutti gli stati di una banda può essere rappresentato studiando
soltanto gli stati vuoti e trattando tali stati vuoti come se fossero occupati
da particelle di carica positiva che si muovono in verso opposto a quello
degli elettroni, il che significa che per esse vale una relazione di dispersione
opposta in segno a quella degli elettroni. Tali particelle sono chiamate lacune
(o buche) ed in realtà non hanno un’esistenza propria, ma rappresentano in
modo semplice e intuitivo il comportamento degli elettroni presenti nella
banda.
1.4
Approssimazione semiclassica
Nella sezione precedente abbiamo usate il termine “particella” a proposito
degli elettroni e delle lacune. In effetti, in molte situazioni fisiche rilevanti,
è possibile adoperare l’approssimazione semiclassica e trattare gli elettroni
e le lacune come se fossero delle particelle puntiformi.
Nell’approssimazione semiclassica un elettrone che si trova nella n-esima
banda energetica En (k) è descritto come una particella puntiforme che si
muove con una velocità vn (k), legata allo pseudo-vettore d’onda k tramite
la relazione
vn (k) =
1
∇k En (k).
~
(50)
Inoltre si assume che esso si muove come se fosse un elettrone libero avente
impulso uguale all’impulso del cristallo. Di conseguenza, le sue equazioni di
moto, ad esempio sotto l’azione di un potenziale elettrico esterno V , saranno
date da
dx
dk
q
= vn (k),
= ∇x V (x).
(51)
dt
dt
~
Queste sono le equazioni di Hamilton per la coppia di variabili coniugate
(x, p) =(x, ~k) corrispondenti all’Hamiltoniana H(x, p) = En (p/~)−qV (x).
Simili considerazioni si possono applicare anche alle lacune. Per quanto
detto sopra, il comportamento di una lacuna nella n-esima banda è quello
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
22
di una particella con carica elettrica positiva e con relazione di dispersione
data da −En (k). Quindi le equazioni semiclassiche sono ottenute dalle (51)
sostituendo −q con q, e En (k) con −En (k).
Ricapitolando, se usiamo solo gli indici c e v per indicare la banda di conduzione e di valenza, ripettivamente, il comportamento di un elettrone che
si muove nella banda di conduzione sotto l’azione di un campo elettrostatico
di potenziale V (x) è descritto dalle equazioni
dx
= vc (k),
dt
dk
q
= ∇x V (x),
dt
~
vc (k) =
1
∇k E c (k).
~
(52)
Le equazioni semiclassiche del moto di una lacuna in banda di valenza sono
dx
= vv (k),
dt
dk
q
= − ∇x V (x),
dt
~
1
vv (k) = − ∇k E v (k) .
~
(53)
L’approssimazione semiclassica è giustificata fisicamente se i campi esterni applicati al solido variano molto lentamente sulla scala di alcune celle
primitive del reticolo cristallino e non sono cosı̀ intensi da provocare un
accoppiamento significativo delle bande energetiche del solido.
Quindi, possiamo dire che l’approssimazione semiclassica segna la differenza tra microelettronica e nanoelettronica, nel senso che nella prima
disciplina sono soddisfatte le condizioni per adoperare tale approssimazione,
mentre nella seconda no. Questa è la ragione per cui, nel momento in cui l’industria microelettronica si sta trasformando in industria nanoelettronica, sta
crescendo sempre più l’interesse per modelli quantistici e non semplicemente
semiclassici per semiconduttori.
Le equazioni (51) saranno prese come punto di partenza per la descrizione
del trasporto degli elettroni nei semiconduttori.
1.5
Vibrazioni reticolari e fononi
Nella trattazione sin qui svolta abbiamo considerato gli ioni come se fossero fermi nelle loro posizioni di equilibrio, considerando solo l’equazione
“statica” per gli elettroni (33), ricavata in seguito alla decomposizione di
Born-Oppenheimer. Adesso vediamo come trattare in modo semplice la
parte “dinamica” della funzione d’onda degli elettroni in un cristallo.
Assumendo che i nuclei oscillino attorno alle loro posizioni di equilibrio
e che l’ampiezza di queste oscillazioni sia piccola rispetto alle distanze tra i
nuclei, possiamo scrivere
R = R0 + (R − R0 ).
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
23
Sviluppando in serie di Taylor il potenziale Vn dovuto all’interazione tra i
nuclei, definito in (32), ed arrestandosi al secondo ordine dello sviluppo si
avrà
1X
∂ 2 V Vn (R) ≈ Vn (R0 ) +
· (RI 0 − R0,I 0 ),
(RI − R0,I ) ·
2 0
∂RI ∂RI 0 R=R0
I,I
essendo
∂V = 0,
∂R R=R0
in quanto R0 è una configurazione di minimo per il potenziale di interazione
tra i nuclei. Quindi, in prima approssimazione, il potenziale che descrive le
piccole oscillazioni dei nuclei intorno alla loro configurazione di equilibrio è
un potenziale elastico. In altre parole, è come se i nuclei fossero collegati gli
uni agli altri da delle molle elastiche, la cui costante elastica è più piccola
quanto più i nuclei sono lontani.
Ne segue che un cristallo si può considerare come un mezzo elastico nel
quale si possono propagare onde elasto-dinamiche. Queste onde sono generate dallo spostamento locale degli atomi del reticolo cristallino rispetto alle
loro posizioni d’equilibrio. Poiché gli atomi sono accoppiati con i loro vicini
da forze di legame, lo spostamento si propaga nel cristallo. Lo spostamento
di un atomo dalla propria posizione di equilibrio genera una perturbazione
locale del potenziale periodico del reticolo che rappresenta una sorgente di
scattering per un’onda elettronica di Bloch che vi passa vicino.
In certi cristalli semiconduttori (i cristalli polari), quali l’arseniuro di
gallio (GaAs), lo spostamento degli atomi è accompagnato da un riarrangiamento delle cariche elettriche all’interno degli atomi stessi. È questo
l’effetto piezoelettrico, nel quale i campi elettrici sono generati da stress e
deformazioni. Questi campi danno luogo alla cosiddetta interazione polare,
chiamata in questo modo per distinguerla da quella non polare, che è dovuta
al potenziale generato dagli spostamenti degli atomi. Quest’ultima è anche
detta interazione dovuta al potenziale di deformazione.
Il quadro è ulteriormente complicato dal fatto che in un cristallo si possono avere parecchi tipi di onde elasto-dinamiche, che vengono raggruppate
in due grandi classi: le onde acustiche e le onde ottiche (questi nomi provengono dal tipo di esperimenti che vengono utilizzati per rilevarle). Queste
onde sono caratterizzate, principalmente, dalla loro relazione di dispersione,
cioè dalla relazione tra l’energia dell’onda ~ω (ω frequenza dell’onda) ed il
loro vettore d’onda ξ.
1
RICHIAMI SULLA FISICA DEI SEMICONDUTTORI
24
Il ramo acustico ha, essenzialmente, una relazione di dispersione lineare,
inoltre l’energia di queste onde è piccola
~ωac (|ξ|) ' cs ~|ξ|
dove cs è la velocità del suono nel cristallo.
Il ramo ottico ha, essenzialmente, una relazione di dispersione che è costante,
con valori dell’energia molto più grandi rispetto a quello acustico
~ωop (|ξ|) ' ~ωop = costante .
Il ramo ottico è presente solo in quei materiali che hanno più di un
atomo per cella elementare, come accade per la maggior parte dei materiali
semiconduttori (Silicio, Arseniuro di Gallio, etc.). Nelle onde ottiche gli
atomi della cella elementare vibrano in opposizione di fase a differenza di
quanto accade nelle onde acustiche.
Le lunghezze d’onda tipiche delle onde elasto-dinamiche sono tali che
per descriverle in maniera corretta è necessaria una trattazione quantistica. Questo implica una quantizzazione dei campi elasto-dinamici simile a
quella dei campi elettromagnetici. Cosı̀ come la quantizzazione dei campi
elettromagnetici dà origine ai fotoni che sono dei bosoni di massa nulla e spin
unitario, la quantizzazione dei campi elasto-dinamici dà origine ai cosiddetti
fononi che sono anch’essi dei bosoni di massa nulla.
Ovviamente, i fononi si distinguono in fononi ottici ed acustici e come
per gli elettroni i loro vettori d’onda variano nella prima zona di Brillouin.
Testi consigliati
• N.W. Ashcroft, N.D. Mermin, “Solid State Physics”, Brooks Cole,
1976.
• F. Bassani, U.M. Grassano, “Fisica dello Stato Solido”, Bollati Boringhieri, 2000.
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