co rintraccia ad Africo l'antica tragedia greca in formato famiglia, senza alzare il tiro spettacolare, piuttosto lavorando dietro e dentro le linee. Il parallelo più immediato è con lo splendido 'Fratelli' (The Funeral) di Abel Ferrara, Coppa Volpi a Venezia nel 1996: lo stile si fa classico, soffia la 'hybris', le dinamiche familiari - famiglia, prima che Famiglia - sono la chiave d'accesso a un universo antropologico contiguo alla ndrangheta. (...) Se la radicazione nel territorio, nel cuore e nella mentalità di Africo apre orizzonti di realtà e verità inusitati, il merito sta appunto prima delle riprese, in situ con il regista e i suoi due sceneggiatori , Maurizio Braucci ('Gomorra' di Garrone) e lo scomparso Fabrizio Ruggirello, ad appropriarsi dell'odore d'Africo: stesura dello script, casting per tutta la provincia di Reggio Calabria e sopralluoghi, un lavoro durato tre anni che lo schermo restituisce appieno. (...) il film incarna un rinnovato impegno civile, ma bisogna intendersi: l'impegno non è a monte, non è aprioristico, non è tesi da perseguire con i paraocchi, ma lo ritroviamo a valle, esternalità positiva di un lavoro serio prima che engagé. La denuncia, la denuncetta non abita qui, si preferisce comprendere tra uomini e capre, sgarbi e vendette che cosa sia, che cosa implichi vivere oggi li, ad Africo: senza urla, senza eccitazione, senza dimostrazione, 'Anime nere' si prende la sommessa ma sensibile libertà di conoscere, possibilmente, di capire. Oltre alla ndrangheta c'è di più, c'è conclude Criaco - 'un sentimento di antagonismo allo Stato che, purtroppo, credo sia inevitabile in luoghi dove le istituzioni vanno a braccetto con la malavita: quando ho un problema a chi mi rivolgo, se il maresciallo è compare del boss?'. La risposta, e mille altre domande, nel miglior film di Francesco Munzi. Federico Pontiggia Il Fatto Quotidiano 30 Agosto 2014 Mercoledì3dicembre,ore16.30-19.00-21.00 Giovedì 4 dicembre, ore 19.00 - 21.15 Un film di Pawel Pawlikowski, con A. Trzebuchowska e A. Kulesza Polonia, 1962. Anna è una orfana cresciuta tra le mura del convento dove sta per farsi suora: poco prima di prendere i voti apprende di avere una parente ancora in vita, Wanda, la sorella di sua madre. L’incontro tra le due donne segna l’inizio di un viaggio alla scoperta l’una dell’altra, ma anche dei segreti del loro passato. Anna scopre di essere ebrea: il suo vero nome è Ida, e questa rivelazione la spinge a cercare le proprie radici. MERCOLEDI 26 NOVEMBRE 2014, ORE 16.30-19.00-21.00 GIOVEDI 27 NOVEMBRE 2014, ORE 19.00-21.00 Il cast tecnico. Regia: Francesco Munzi. Soggetto: Gioacchino Criaco, F. Munzi, Fabrizio Ruggirello. Sceneggiatura: F. Munzi, F. Ruggirello, Maurizio Braucci, G. Criaco. Direttore della fotografia: Vladan Radovic. Montaggio: Cristiano Travaglioli. Scenografia: Luca Servino. Costumi: Marina Roberti. Musiche: Giuliano Taviani. Origine: Italia-Francia, 2014. Gli interpreti. Marco Leonardi (Luigi), Peppino Mazzotta (Rocco), Fabrizio Ferracane (Luciano), Barbora Bobulova (Valeria), Anna Ferruzzo (Antonia), Giuseppe Fumo (Leo), Pasquale Romeo (Ercole), Stefano Priolo (Nicola). Durata: 1h43. La trama. Luciano, Rocco e Luigi sono tre fratelli calabresi. Luigi, il più giovane, è un trafficante internazionale di droga, mentre Rocco, milanese d'adozione, è un imprenditore grazie ai soldi sporchi di Luigi. C'è poi Luciano, il maggiore, che si culla ancora nell'idea di una Calabria preindustriale. A causa di una azione compiuta da Leo, il figlio ventenne di Luciano, i tre fratelli saranno chiamati ad affrontare i nodi irrisolti del passato… 'Anime nere' di Francesco Munzi parte da Amsterdam per portarci in poche vorticose scene ad Africo, passando per Milano. Dal narcotraffico globale alla lingua pietrosa dell'Aspromonte, dunque. Dagli intrecci tra economia criminale e economia reale, alla voce del sangue. Il sangue di due pecore rubate in un ovile a Lecco e scannate così, su due piedi, per festeggiare l'incontro di due fratelli. Ma anche il sangue versato decenni prima nella loro Calabria, che torna a farsi sentire. (...) Girato nei luoghi che racconta, parlato quasi sempre in dialetto con sottotitoli, sorretto da un cast che fonde a meraviglia ottimi attori e non professionisti, il primo grande film sulla criminalità calabrese (che non è solo 'ndrangheta) nasce dall'incrocio tra due sguardi e due passioni. Gioacchino Criaco, scrittore e giornalista calabrese, una vita passata a interrogarsi sulla sua terra e un fratello chiuso in un carcere di massima sicurezza, ci ha messo la conoscenza di prima mano dell'Aspromonte, storia, mentalità, tradizioni, leggi non scritte, travasata nel romanzo 'Anime nere'. Francesco Munzi la voglia di rappresentare quel mondo evitando i cliché. Per leggere nel buio di quelle anime qualcosa che forse non riguarda solo loro ma tutto il nostro paese corrotto e ostinatamente premoderno. Si sente la grande lezione antropologica di certo nostro cinema, da Visconti a Rosi e De Seta, da cui Munzi prende il gusto del dettaglio e la limpidezza con cui descrive i rapporti: di forza, di parentela, di sangue, di affari. Con un impeto che fa quasi rimpiangere lo schema così classico (così coerente) della tragedia, e lascia pensare cosa avrebbe potuto fare lasciando una porticina aperta ai capricci del caso. Fabio Ferzetti Il Messaggero 30 Agosto 2014 Meglio l'Italia non poteva esordire a questa Mostra. 'Anime nere' di Francesco Munzi è un film straordinario per forza emotiva e coerenza narrativa, specie di tragedia elisabettiana ambientata nella parte più cupa della Calabria, dove il destino che incombe su una famiglia finisce per chiedere il suo inevitabile tributo di sangue. Ma è insieme un ritratto finissimo e preciso di un modo di vivere che sembra sfidare i secoli e le leggi, ancorato a vecchie tradizioni e usanze immodificabili che aggiunge al dramma un altro e più concreto livello di lettura, quasi da antropologia dei costumi. Un incontro raro, tra storia e contesto, tra forza della finzione e concretezza del reale, che fa del film una splendida riuscita (...). Munzi, che ha firmato la sceneggiatura con Fabrizio Ruggirello (scomparso recentemente: a lui è dedicato il film) e Maurizio Braucci, mette in scena la storia con una linearità «classica», attento alle psicologie così come ai colpi di scena, per delineare coi caratteri dei fratelli tre modi diversi di vivere l'inevitabile modernizzazione della Calabria (...). Ecco allora che al centro del film non c'è più una «storia di 'ndrangheta» ma piuttosto una riflessione più ampia e complessa sui rapporti tra cultura arcaica e le «tentazioni» della modernizzazione (tentazioni che vogliono dire soprattutto soldi e droga) e che nessuna mediazione culturale o politica sembra in grado di controllare. Non lo Stato né la Legge, disprezzati nei loro rappresentanti (...), ma neppure il senso della comunità, che si frantuma di fronte al risuonare di un destino che sente solo le ragioni del sangue e della vendetta. Munzi, che ha ambientato il suo film nel triangolo più ostile della Locride (Africo, Platì e San Luca) e che ha fatto parlare i suoi personaggi nel dialetto locale (naturalmente sottotitolato), sfrutta le sue origini documentaristiche per rimarcare legami sotterranei tra le persone e i loro comportamenti (...), sfrutta al meglio un cast eccezionale per forza espressiva e verosimiglianza (dove accanto ad attori professionisti recitano abitanti di Africo e dintorni) e tesse così la rete di un racconto dove il realismo dell'ambientazione e la giustezza dei comportamenti finiscono per esaltare ancora di più l'esplosione della tragedia finale, vero pugno nello stomaco che lascia ammutoliti e ammirati. Paolo Mereghetti Il Corriere della Sera 30 Agosto 2014 Aspromonte, Africo vecchia, distrutta da terremoti e alluvioni. E la cadente Africo nuova, nata negli anni 50: capre, cocaina, Rolex, la statua di San Leo nella chiesa diroccata, faide con morti ammazzati. Storia antica e contemporanea di maschi, di onore e vendetta, di ricchezza criminale e vita miserabile; belle facce di uomini bruti dai gesti spavaldi, rimaste primitive nel pieno della modernità del traffico di cocaina. 'Anime Nere' (...) è un bel film tradizionale, girato benissimo da Francesco Munzi, (...) un melodramma appassionante e cupo anche nelle immagini, che sembra esagerare la realtà odierna di quella zona meravigliosa della Calabria. Ma forse invece è tutto vero (non la storia ma il contesto), e allora siamo rimasti all'Africo che Corrado Stajano ha raccontato nel 1978 nel suo libro, quel paese retto sino al 1970 dal Pci e poi passato in mano a partiti vicino alla 'ndrangheta, per diventare ai piedi dell'Aspromonte la zona più mafiosa della Calabria. Munzi si è ispirato molto liberamente al libro 'Anime Nere' di Gioacchino Criaco (...), giornalista e scrittore nato ad Africo. I dialoghi del film sono in crudo e incomprensibile dialetto dell'Aspromonte, tradotti in indispensabili sottotitoli. (...) L'Africo di Munzi e Criaco, al di là della storia inventata dei tre fratelli, è spaventosa, un angolo abbandonato e irrecuperabile, severo, dell'Italia. Natalia Aspesi La Repubblica 30 Agosto 2014 Domanda: dopo 'Gomorra' di Matteo Garrone, dopo 'Gomorra La serie', è possibile fare in Italia un altro film criminale di valore? Sì, e la risposta era tutt'altro che scontata. (...) 'Anime nere' di Francesco Munzi riesce nella missione, prendendo una strada radicalmente diversa. Laddove Garrone puntava sullo stile straniante e su uno sguardo non partecipato per una nuova antropologia camorrista (e mafiosa tout court), laddove Stefano Sollima & Co. hanno portato in tv una Gomorra epica, violenta e coinvolgente, Munzi volge la camera alla Calabria, all'Aspromonte, e sulla scorta del romanzo omonimo di Gioacchino Cria-