«Abbiamo scassato» significa ‘abbiamo sfondato’. Cronaca di un neologismo semantico Nicola De Blasi Nella primavera del 2011, a Napoli, sul finire della campagna elettorale per le elezioni del sindaco, ha conosciuto improvvisa fortuna un nuovo uso del verbo scassare che nella sua accezione tradizionale è verbo transitivo, sinonimo di rompere. Nel discorso di chiusura della campagna elettorale, la sera di venerdì 13 maggio 2011, Luigi de Magistris, eletto dopo il ballottaggio sindaco di Napoli, ha esordito con queste parole: «Non so se vi state rendendo conto: abbiamo scassato»1. L’uso intransitivo del verbo, che a Napoli si è già affermato in anni recenti, inizialmente nel lessico giovanile, si caratterizza per un diverso significato. Alla tradizionale costruzione transitiva (scassare qualcosa come rompere qualcosa) si affianca quindi un uso intransitivo che ha il senso di ‘avere successo’, ‘conseguire un risultato ampiamente positivo’. La nuova accezione, secondo informazioni da me direttamente raccolte, è nota senz’altro ai giovani napoletani, anche a coloro che non abbiano il dialetto come lingua materna, mentre non è sempre nota ai parlanti (dialettofoni o non dialettofoni) di una fascia d’età non giovanile. Perciò è probabile che il neologismo semantico abbia in primo luogo attecchito presso le nuove generazioni per poi collocarsi in un ambito d’uso informale. Una conferma sul nuovo significato proviene dall’attore Benedetto Casillo autore di una rubrica, denominata ’O pernacchio, nel sito www.ilroma.net: «“Scassare” nel linguaggio popolare e sanguigno ha significato assolutamente positivo. “Scassare” vuol dire “andare oltre ogni più rosea aspettativa”, vuol dire “fare un botto”, vuol dire “esplodere”». Qualcosa del genere si legge anche in un altro commento nel sito http://www.sullanotizia.com/articoli/interni/abbiamo_scassato_parola_di_de_ma gistris.asp che, proprio in data 13 maggio 2011, certifica, «nel modo colloquiale ed idiomatico», il significato di ‘abbiamo stravinto, abbiamo dominato’. Insomma, con le parole del suo discorso del 13 maggio, Luigi de Magistris sottolineava che la sua candidatura aveva incontrato un ampio favore, cioè aveva 1 Il video del discorso è visibile su YouTube (www.youtube.com/watch?v= Gn57Oa2HjLw). Ringrazio Lugi Iacopo De Blasi, Vittorio De Blasi, Anna Maria Cantarella per l’ausilio e gli spunti di riflessione che mi hanno gentilmente fornito. 42 Nicola De Blasi «sfondato». Al pari di scassare anche sfondare usato come intransitivo ha un significato diverso dal transitivo, come risulta dal Dizionario di SabatiniColetti2: «v. tr. [sogg-v-arg] 1. Rompere il fondo di un oggetto; il peso die libri ha sfondato la libreria; estens. Consumare qlco. fino al logoramento: s. i pantaloni, le scarpe. 2 Aprire un varco abbattendo un riparo o un ostacolo SIN. Schiantare: s. una porta, una parete s. il fronte nemico, travolgere con un’azione di attacco lo schiaramento difensivo del nemico. Fig. s. una porta aperta, sprecare energie per convincere qlcu. Che è già convinto o comunque per fare qlco. di inutile <> v. intr. (aus. Avere) [sogg-v] Avere successo, conseguire la notorietà SIN affermarsi: s. nel campo della moda; è riuscito a s. in breve tempo». Non è impossibile che l’uso intransitivo derivi dal cristallizzarsi di una sequenza con oggetto ellittico o sottinteso: per esempio, dalla frase sfondare le linee nemiche può derivare il senso di ‘ottenere un successo’. Il diverso significato della forma intransitiva rispetto a quella transitiva risalta bene attraverso una descrizione in termini di valenze: come appare dalla voce del Sabatini-Coletti il verbo costruito come bivalente [sogg-v-arg] ha il senso di ‘rompere il fondo di un oggetto’, laddove il verbo monovalente [sogg-v] significa ‘avere successo’. In una eventuale futura rappresentazione lessicografica della nuova accezione varrebbe per scassare la medesima situazione che oggi si presenta per il verbo sfondare. Scassare costruito come bivalente signifca ‘rompere qualcosa’, laddove con costruzione monovalente, esattamente come sfondare, significa ‘avere successo’. Proviamo ora a sondare la possibile origine del nuovo uso. La recente accezione di scassare intransitivo può collegarsi all’uso intransitivo di spaccare che da tempo si è radicato nell’uso giovanile, in rapporto inizialemente all’ambito musicale3: «Spaccare, intr. Essere fantastico, energico, coinvolgente (con particolare riferimento a un brano musicale o a un musicista)». La seconda accezione registrata da Ambrogio-Casalegno è proprio quella di ‘avere successo’, come confermano le citazioni tratte dai testi del cantante detto Er Piotta: «2. Avere successo, sfondare. Chi magna vegetali e chi se magna la mucca; chi spacca, chi scappa e chi gli scappa la cacca (Piotta, Garanti del talento sul 950, in Novecinquanta) 2 3 Sabatini / Coletti (2007). Ambrogio / Casalegno (2004). «Abbiamo scassato» significa ‘abbiamo sfondato’ 43 È regolare che prima di chiudere i soldi devi spaccare, se avanti vuoi andare sangue sulla strada devi sputare (Piotta, Regolare, in Successo)». Il discorso di de Magistris del 13 maggio segna quindi il momento in cui una forma colloquiale, popolare, ma non esclusivamente dialettale, entra in un circuito politico, raggiungendo, una visibilità mediatica prima impensabile. Per effetto di tale risonanza a un uso spontaneo locale, in continuità rispetto alla precedente diffusione, si è aggiunto un ri-uso metalinguistico in forma di citazione. Questa ripresa sotto forma di citazione è stata caratterizzata (a Napoli, ma anche a Milano e sui giornali) da alcuni elementi variabili, in senso diatopico, diamesico e forse diagenerazionale, che è interessante segnalare. Il nuovo uso di scassare intransitivo, come si è anticipato, era già presente a Napoli nel registro colloquiale, tra italiano locale e dialetto; il discorso di de Magistris ha suscitato una nuova attenzione metalinguistica: in questa fase, in rapporto alla percezione e alla prospettiva dei parlanti, le parole di de Magistris sono state ripetute sia nella loro forma italiana (abbiamo scassato), sia in dialetto. Nella pronuncia locale dell’italiano, com’è noto, sono possibili diverse realizzazioni che rendono in modo più o meno connotato alcuni fenomeni fonetici4; anche sul versante del dialetto, però, sono possibili diverse realizzazioni fonetiche, in quanto da tempo la prima persona dell’ausiliare avere può essere resa in forma contratta in una pronuncia veloce, per cui accanto ad avimmo (con finale indistinta o evanescente) nella fluenza del parlato veloce è frequente il tipo amm (con caduta della vocale finale)5. Generalmente nella letteratura dialettale sono rappresentate nella scrittura le forme non contratte avimmo (/avimme) e avite, anche se nel parlato sono molto diffuse le corrispondenti forme “accorciate”. Ciò accade perché nella grafia del dialetto prevale l’adesione alla tradizione, che invece viene meno quando gli scriventi sono poco consapevoli della precedente tradizione scrittoria e adottano come punto di riferimento solo la propria percezione della pronuncia. Tale ripresa della pronuncia nella grafia è anche ricercata (quindi diventa consapevole) quando chi scrive vuole sottolineare un particolare avvicinamento al parlato. Pertanto, per le innovazioni relative alla grafia del dialetto, si ripresentano circostanze in parte simili a quelle che hanno favorito, circa mille anni fa, l’adozione del volgare (lingua parlata quotidiana) nella scrittura (all’epoca destinata in genere solo alle forme della scrittura tradizionale in latino). Così come, nelle fasi 4 5 In una pronuncia italiana locale molto connotata l’iniziale consonantica è resa come palatale, mentre la vocale finale è indistinta o cade del tutto. Cfr. De Blasi / Fanciullo (2002). Allo stesso modo per la seconda persona plurale dell’ausiliare, accanto ad avite, si incontra at. 44 Nicola De Blasi delle origini della scrittura in volgare, qualcuno metteva per iscritto il volgare parlato e alcune sue specifiche peculiarità solo se aveva intenzioni particolari, allo stesso modo una particolar intenzione espressiva può giustificare l’intenzionale ripresa, anche nella grafia, di tratti presenti, relativamente da poco tempo, nel parlato corrente. Un’intenzione comunicativa di questo genere ha animato probabilmente l’estensore di una scritta estemporanea, tracciata con la vernice di colore arancione6 su un pezzo di stoffa, esposto in occasione della manifestazione spontanea che il 29 maggio ha accolto in piazza Municipio il nuovo sindaco eletto. La scritta mostrata dall’elettore è «AMM SCASSAT» (Foto n. 1): qui alla forma contratta dell’ausiliare si abbina la caduta senza residui delle vocali finali. Va da sé che la scritta è consapevolmente dialettale; dall’impostazione grafica appare poi evidente l’uso intransitivo del verbo (infatti non c’è lo spazio per un complemento oggetto che non è proprio previsto). Il carattere estemporaneo della manifestazione e l’intenzione latamente espressiva dell’autore della scritta hanno quindi favorito la fissazione nella scrittura di una forma ancora avvertita come tipica del parlato e, sul piano diafasico, marcata nel senso di una maggiore informalità. Foto 1 (Foto di Luigi Iacopo De Blasi, Napoli, piazza Municipio, 29 maggio 2001) 6 Nelle elezioni comuncali del 2011 l’arancione è stato adottato come colore-emblema sia a Milano dal candidato Pisapia, sia a Napoli dal candidato de Magistris. «Abbiamo scassato» significa ‘abbiamo sfondato’ 45 La stessa frase, in un altro contesto, alcune settimane dopo (luglio 2011), è apparsa nella scritta pubblicitaria di un negozio di abbigliamento di piazza Dante. In questo caso, però, l’ausiliare è reso nella grafia nella sua forma non contratta, con un apice che segnala anche l’evanescenza (o caduta?) della vocale finale: «Avimm’ Scassat!» (Foto n. 2). Foto 2 (Foto di Nicola De Blasi, Napoli, piazza Dante, 8 luglio 2011) La scelta del dialetto si combina qui con una preparazione professionale della scritta (che è un vero e proprio manifesto); resta tuttavia evidente l’intento allusivo, visto che l’arancione è scelto come colore dello sfondo. All’italiano locale della frase pronunciata da de Magistris il 13 maggio si affiancano quindi il dialetto informale e veloce della prima scritta e il dialetto della seconda scritta più aderente alla tradizione e a una pronuncia accurata. Entrambe le scritte, però, avvertono, sia pure in modo diverso, la pressione e la pervasività del dialetto, che si afferma nella scrittura nonostante de Magistris abbia pronunciato la sua frase non in dialetto, ma in italiano. La “forza” del dialetto presente nella realtà linguistica cittadina prevale quindi sulla volontà, pur evidente, di citare per quanto possibile in modo fedele le parole dette da de Magistris: la frase è dunque ripresa ma simultaneamente è anche tradotta, per di più in due diverse forme dialettali. 46 Nicola De Blasi Le due testimonianze scritte di «Amm scassat» e « Avimm’ Scassat!» provenienti da Napoli si collocano in un contesto in cui il nuovo uso intransitivo di scassare aveva già una sua diffusione prima del discorso elettorale di de Magistris. La pubblicazione su YouTube di questo discorso ha permesso alla nuova accezione di compiere un’incursione milanese che qui si può documentare. Nelle stesse ore in cui a Napoli veniva salutato il nuovo sindaco, anche a Milano si svolgevano festeggiamenti dopo l’elezione di Giandomenico Pisapia. In alcune immagini che fissano questi momenti si vede una giovane signora con una bandana arancione su cui è trascritta appunto la frase pronunciata da de Magistris, nella sua forma italiana con l’ausiliare che si presenta indubbiamente come «Abbiamo». In questo caso la trascrizione della frase non si fonda su una precedente diffusione del verbo e non può certo avvertire la pressione del dialetto. La percezione in prospettiva diatopica (da Napoli a Milano) induce però la persona che scrive a evidenziare il tratto locale dell’evanescenza della vocale finale, per cui la scritta figura nella forma «Abbiamo scassàt’!» (Foto n. 3 e n. 4). Foto 3 (Foto di Vittorio Di Blasi, Milano 29 maggio 2011) «Abbiamo scassato» significa ‘abbiamo sfondato’ 47 Foto 4 (Foto di Vittorio Di Blasi, Milano 29 maggio 2011) Se in futuro si diffondesse una circolazione in italiano (anche al di fuori di Napoli) dell’uso intransitivo di scassare nel senso di ‘avere successo’, sarebbe dunque da riconoscere in questa creativa bandana la prima testimonianza del nuovo uso in un orizzonte non napoletano. Sin da ora però le opportunità offerte dalla rete e l’ausilio di alcune coincidenze permettono di cogliere un episodio di cronaca linguistica che mette in risalto il collegamento, favorito da YouTube, tra la piazza di Milano e quella di Napoli. Questo punto di contatto, nell’anno in cui si festeggia il centocinquantesimo anno dell’Unità nazionale, acquista anche un piccolo valore simbolico in quanto ancora una volta viene confermato che le diverse componenti linguistiche presenti in Italia convivono e possono conoscere una circolazione unitaria, ben al di là degli steccati che alcuni vorrebbero porre tra le diverse aree d’Italia. In particolare va osservato che l’uso espressivo delle varietà locali è efficace anche al di fuori dell’area d’origine delle diverse varietà. La vicenda fin qui ricostruita assume forse un interesse che va al di là del caso specifico perché ricostruisce le modalità attraverso cui nell’epoca di internet una novità lessicale può conoscere una diffusione velocissima, che in passato avrebbe richiesto l’arco cronologico di alcuni anni7. Infine è interessante segnalare alcune involontarie modalità di resistenza verso il nuovo significato; si possono infatti documentare esempi di un persistente fraintendimento dovuto al fatto che la novità semantica resta incompresa 7 In prospettiva storica un esempio interessante di rapida fortuna di una parola è quello relativo a scugnizzo: cfr. De Blasi (2006). 48 Nicola De Blasi se prevale la tendenza a riportare il nuovo uso all’accezione tradizionale dell’uso transitivo di scassare. Nel caso in questione alcuni commentatori politici mostrano di interpretare la frase di de Magistris come manifestazione di ribellismo anti-politico, perché conoscono di scassare solo il significato di ‘rompere’. Leggiamo ad esempio questa riflessione dello storico Paolo Macry8: «Del resto, sono nazionali, assai più che locali, anche i linguaggi usati dal sindaco: gli accenti populistici, il cesarismo decisionista, il simbolismo antisistema (“scassiamo tutto”), la sponda con l’universo dei social network e dei blog. È l’Italia del 2011». Non diversa la prospettiva che traspare in un articolo di Roberto Fuccillo, apparso nell’edizione nazionale de «La Repubblica»9: «A terra 2400 tonnellate, 10.000 in provincia, insomma nessun miglioramento. E nei corridoi, oltre agli auguri, qualche sussurro: “I rifiuti gli hanno scassato il compleanno”. Allusione all'ormai celebre suo slogan, lo “scassiamo tutto”, col quale è andato a vincere le elezioni». La constatazione «Abbiamo scassato», cioè ‘abbiamo sfondato, abbiamo avuto successo’, è dunque interpretata senza mezzi termini come la dichiarazione distruttiva «Scassiamo tutto»10. Segnalando questi esempi, non si vuole solo sottolineare che è sempre possibile incorrere in un fraintendimento, ma si intende anche osservare che nella comunicazione politica, come in quella corrente, sia sempre utile un’accorta analisi linguistica per giungere a una corretta interpretazione della realtà. Ancor più in generale è anche il caso di notare come le conoscenze specificamente linguistiche siano di ausilio nell’osservazione e comprensione del mondo contemporaneo). Questo caso, inoltre, dimostra anche, grazie all’evidenza della cronaca, come una novità linguistica, quando esca dall’alveo della sua prima diffusione, possa subire da parte dei parlanti un procedimento di «reductio ad notum», per 8 9 Paolo Macry, La forza della bandana, «Corriere del Mezzogiorno» (19 giugno 2011: 1). Roberto Fuccillo, Rifiuti la trincea di de Magistris “Il mio piano sta naufragando ma bloccherò questo sabotaggio”, «La Repubblica» (21 giugno 2011: 15). 10 La nuova accezione, trasmessa da un uso giovanile al contesto politico, è stata peraltro tempestivamente segnalata e commentata da chi scrive, «Scassare» entra nel lessico politico, «Il Mattino» (1 giugno 2011: 33, 42). Da un Forum inserito nel sito Cosmopolitan.it, in una conversazione del 17 aprile 2008, si deduce un altro possibile significato positivo di scassare, che lascia indovinare un’articolata vitalità del verbo nel linguaggio giovanile: «Scassare vuol dire ridere... vuol dire che le tue risposte mi stai simpatica [SIC], scusa sai se volevo farti un complimento». «Abbiamo scassato» significa ‘abbiamo sfondato’ 49 cui le componenti innovative sono ricondotte a forme simili o, appunto, a precedenti significati. Nel caso specifico la definitiva (eventuale) fortuna dell’uso intransitivo di scassare potrà affermarsi definitivamente quando nella competenza dei parlanti si affermerà la stabile consapevolezza di una differenza semantica rispetto all’uso tradizionale di scassare come transitivo. In una prospettiva storica si potrà dire come si sarà svolto il seguito di questa vicenda lessicale che qui intanto è stata segnalata sul versante della cronaca. Bibliografia Ambrogio, Renzo / Casalegno, Giovanni (2004): Scrostati gaggio! Dizionario storico dei linguaggi giovanili, Torino, UTET. De Blasi, Nicola (2006): “Schede sulla diffusione del neologismo «scugnizzo» (con testi di Ferdinando Russo, Filippo Tommaso Marinetti, Francesco Cangiullo)”, in: Forum Italicum 40 (2): 394-427. De Blasi, Nicola / Fanciullo, Franco (2002): “La Campania”, in: Cortelazzo, Manlio et al. (eds.): I dialetti italiani. Storia, struttura, uso, Torino, UTET: 628-678. Sabatini, Francesco / Coletti, Vittorio (2007): Dizionario della lingua italiana, Milano, Rizzoli. 50 Nicola De Blasi