Dott. Menditto - relazione 5 maggio 2011 - UDAI

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U.D.A.I.
Corte di Appello di Bari
Formazione Decentrata
dei Magistrati
Unione Degli Avvocati d’Italia
Aderente Consulta per la Giustizia Europea
dei Diritti dell’Uomo
Sezione distrettuale di Bari
in unione con la Direzione Nazionale
_________________________________________________________________
SEMINARIO DI STUDIO
Bari, 5-6 maggio 2011
Verso un giusto processo al patrimonio: dal contrasto alla criminalità organizzata all’istituzione
dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
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“ Verso il Testo Unico delle misure di prevenzione: le prospettive di riforma del sistema.”
Relatore:
Dott. Francesco Menditto
Magistrato del Tribunale di Napoli
sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione
1
Sommario
1 - PREMESSA.
pagina
3
2 - PARTE PRIMA – Cenni sulle misure di prevenzione, in particolare sulle misure patrimoniali.
4
2.1 - L’origine e l’evoluzione delle misure di prevenzione personali.
2.2 - L’origine delle misure di prevenzione patrimoniali: la legge n. 646/82.
4
6
2.3 - L’evoluzione normativa delle misure di prevenzione personali e patrimoniali.
7
2.4 - Il fondamento delle misure patrimoniali.
10
2.4.1 - L’origine: il principio di accessorietà.
11
2.4.2 - L’attenuazione del principio di accessorietà.
11
2.4.3 - Le proposte di riconoscimento legislativo del principio di applicazione disgiunta.
13
2.4.4 - L’introduzione del principio di applicazione disgiunta.
14
2.4.5 - Il fondamento (attuale) delle misure di prevenzione.
16
3 - PARTE SECONDA - Il Testo Unico delle misure di prevenzione
21
3.1 - Il Testo unico delle misure di prevenzione: la legge n. 136 del 2010.
21
3.2 - La disciplina contenuta nella legge delega: disposizioni ricognitive e innovative.
22
3.3 - Alcune osservazioni critiche sul testo della legge delega.
24
3.4 - Le disposizioni relative alle misure personali (rilevanti anche per le misure patrimoniali).
26
3.4.1- L’autonomia dell’azione di prevenzione.
26
3.4.2- L’obbligatorietà dell’azione di prevenzione?
26
3.4.3 - La ridefinizione delle categorie soggettive di destinatari delle misure.
27
3.5 - Le indagini patrimoniali.
29
3.6 - I presupposti del sequestro e della confisca: soggettivi e oggettivi.
30
3.6.1 - I presupposti soggettivi: la conferma dell’applicazione disgiunta e del fondamento delle
misure patrimoniali.
30
3.6.2 - I presupposti oggettivi.
32
3.7 - Il rapporto tra sequestro penale e sequestro di prevenzione.
32
3.8 - L’esecuzione del sequestro: lo sgombero degli immobili e i beni ubicati all’estero.
33
3.8.1 - Lo sgombero degli immobili.
33
3.8.2 - I beni ubicati all’estero.
34
3.9. Le norme sul procedimento.
36
3.9.1 - La mancata accelerazione del procedimento di prevenzione, anzi il suo tendenziale rallentamento.
36
3.9.2 - Le norme sul procedimento: la tutela dei terzi.
37
3.9.3 - Le ulteriori norme sul procedimento: udienza pubblica e audizione con videoconferenza.
40
3.10 - La revocazione.
41
3.11 - Le innovazioni in tema di gestione e amministrazione dei beni.
42
3.11.1 - La disciplina dei rapporti con la procedura concorsuale.
42
3.11.2 - La disciplina dei rapporti con i terzi: i creditori.
44
3.11.3 - La disciplina dei rapporti con i terzi: i rapporti pendenti all’epoca dell’esecuzione del sequestro.
45
3.11.4 - La possibilità di avvalersi dell’Avvocatura dello Stato.
46
3.11.5 - La disciplina della tassazione dei beni sequestrati
46
3.11.6 - Le norme transitorie e finali.
47
3.11.7- Le occasioni mancate ovvero l’assenza di delega su materie da regolamentare.
48
4 – CONCLUSIONI
49
2
1 - PREMESSA.
Si registra una sempre maggiore attenzione verso gli strumenti di contrasto all’accumulazione
illecita dei patrimoni nella consapevolezza che una seria politica di repressione (e prevenzione) di
pericolosi fenomeni criminali, rappresentati principalmente dalle associazioni di tipo mafioso
comunque denominate, richiede (anche) l’aggressione del potere economico alimentato dall’azione
delittuosa.
Il progressivo interesse verso i fenomeni di accumulazione patrimoniale criminale ha indotto il
legislatore, nei trent’anni trascorsi dall’approvazione della legge 646 del 1982, a plurimi interventi
legislativi, non di rado approssimativi e frettolosi, che hanno richiesto una costante attività della
giurisprudenza diretta a colmare vuoti normativi e a tentare di rendere coerente il sistema.
La particolarità della materia della prevenzione, sia per le origini storiche che per le continue
spinte di esigenze di politica criminale, ha imposto anche interpretazioni costituzionalmente
orientate1 e compatibili con la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo
(CEDU)2: le pur rilevanti esigenze sottostanti non consentono -per le misure personaliinammissibili lesioni di principi in tema di libertà personale (tutelati dagli artt. 13, 16, 17, 24, 25 e
27 della Costituzione, oltre che dall’art. 5 par. b) della CEDU) e permettono -per le misure
patrimoniali- sacrifici bilanciati del diritto di proprietà e di impresa (tutelati, nei limiti della
funzione sociale, dagli artt. 41 e 42 della costituzione e dall’art. 1 del protocollo n. 1 della CEDU).
In questo solco si inserisce la richiesta, formulata da anni, di un testo unico delle misure di
prevenzione diretto a rendere coerente ed efficace la normativa in questo delicato settore in una
prospettiva di risistemazione della pluralità e sovrapposizione degli interventi che hanno interessato
il procedimento di prevenzione (che rappresenta una particolarità del sistema italiano nel panorama
internazionale) e del processo penale, nell’orizzonte non vicino -oggetto di approfondite riflessionidi un unico procedimento patrimoniale che eviti le criticità e duplicazioni del sistema attuale.
Una seria riflessione sulle prospettive dell’emanando testo unico delle misure di prevenzione
previsto dalla L. 136/2010 e sulle reali possibilità da parte del legislatore delegato di affrontare i
nodi problematici oggi esistenti non può prescindere da un rapido esame dello stato attuale
della normativa, della sua evoluzione e soprattutto del fondamento degli istituti.
Per evitare lesioni dei principi costituzionali e della CEDU occorre avere ben presente la
particolarità del sistema delle misure di prevenzione, spesso ignorato in una prospettiva
sostanzialistica diretta a individuare strumenti sempre più efficaci di lotta ai patrimoni.
1
Cfr., da ultimo: Corte Cost., sent. 10/09, ordinanza 441/08, ma anche la sentenza numero 465/93, in cui la Corte offre
la possibile interpretazione conforme alla costituzione.
2
Cfr., da ultimo, S.C. sent. 93/10 e SSU sent. n. 18288/10.
3
Un sistema che trova origine nell’esigenza di prevenire la commissione di delitti pur in assenza
del previo accertamento del verificarsi di un reato, attraverso l’imposizione di misure personali
(con diverse modalità e con intensità variabile) che, seppur prive del carattere della pena, incidono
in modo significativo sulla libertà della persona3.
Un sistema in cui le misure patrimoniali sono intimamente legate alle misure patrimoniali,
essendo state introdotte per colpire, attraverso il sequestro e la confisca4, beni nella disponibilità dei
soggetti destinatari delle misure personali con l’obiettivo (ulteriore) di aggredire patrimoni
illecitamente accumulati.
2 - PARTE PRIMA
Cenni sulle misure di prevenzione, in particolare sulle misure patrimoniali
2.1 - L’origine e l’evoluzione delle misure di prevenzione personali.
Misure personali di carattere preventivo, svincolate dall’accertamento della responsabilità
penale, perciò sottratte al principio di legalità e irrogate dalla sola autorità di pubblica sicurezza
vengono introdotte in tempi passati nell’ambito di una funzione di polizia di sicurezza, diretta ad
assoggettare a stringente controllo persone che potevano creare pericolo (sociale o politico)
all’ordine costituito.
Nella legislazione post unitaria5 istituiti inquadrabili oggi nel sistema delle misure di
prevenzione si rinvengono inizialmente nella legislazione del 1863 sul Brigantaggio6, che prevede il
“domicilio coatto”, e nel Testo Unico di Pubblica Sicurezza del 18657 ove, attraverso fattispecie di
mero sospetto , si introducono “l’ammonizione” (per vagabondi recidivi, oziosi e sospetti di alcuni
reati) il “confino” (nei confronti dei dissidenti politici)8. Negli anni successivi la competenza a
irrogare le misure viene attribuita al Ministero dell’Interno e (entro certi limiti) ai Prefetti9, si
3
La misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, applicata dal Tribunale del
capoluogo di provincia per una durata compresa tra uno e cinque anni e immediatamente esecutiva pur se proposta
impugnazione, consiste in un penetrante controllo della pubblica autorità attraverso stringenti prescrizioni imposte al
destinatario, cui può seguire l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale ovvero il divieto di
soggiorno in uno o più Comuni o in una o più Province e cui conseguono alcuni effetti accessori 3.
La violazione delle prescrizioni imposte costituisce reato e consente l’aggravamento della misura.
4
Le misure patrimoniali comportano l’ablazione del diritto di proprietà, con acquisizione del bene al patrimonio dello
Stato. L’applicabilità oltre i perimetri costituzionali e della Cedu comporterebbe un’assimilazione all’espropriazione per
pubblica utilità, con obbligo di corresponsione di un indennizzo.
5
Misure ante delictum si rinvengono anche nelle codificazioni preunitarie che tendevano a controllare (con arresto,
espulsione, diffida, foglio di via obbligatorio) “oziosità, vagabondaggio e mendicità, poveri stranieri, zingari,
frequentatori abituali di giochi, osterie e bettole”.
6
L’art. 4 della legge n.1409 del 1863 (c.d. legge Pica), antesignano del sistema delle misure di prevenzione,
individuava, un preciso ambito di pericolosità sociale, nelle categorie degli oziosi, vagabondi, persone sospette,
"manutengoli e camorristi".
7
Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato b.
8
Secondo l’art 185 del T.U. il confino di polizia si estendeva da uno a cinque anni e si scontava, con l’obbligo del
lavoro, in una colonia o in un comune del Regno diverso dalla residenza del confinato.
9
Legge n. 294 del 1871.
4
introducono disposizioni “eccezionali” sul confino
per contrastare le agitazioni contadine ed
operaie10.
I Testi Unici delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) del 1926 e del 1931 estendono le
misure preventive ben oltre una generica area di emarginazione sociale, diventando uno strumento
cardine del controllo poliziesco del Fascismo11. Si istituisce il confino applicato, attraverso un agile
procedimento di carattere amministrativo12 da una Commissione provinciale, a chi ha commesso o
manifestato il deliberato proposito di commettere atti diretti a sovvertire violentemente gli
ordinamenti nazionali, sociali ed economici costituiti nello Stato o a menomarne la sicurezza
ovvero a contrastare od ostacolare l’azione dei poteri dello Stato, in modo da recare comunque
nocumento agli interessi nazionali, in relazione alla situazione interna o internazionale dello
Stato13.
L’entrata in vigore della Costituzione pone subito in risalto uno stridente contrasto delle
norme in materia di misure di prevenzione contenute nel TULPS (nelle parti non immediatamente
abrogate sul confino) con i rigorosi principi in materia di libertà scolpiti dal costituente.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 2 del 1956 dichiara l’illegittimità costituzionale di
alcune norme del TULPS e pone alcuni principi che ancora oggi costituiscono il fondamento dei
presupposti di applicabilità delle misure di prevenzione: la necessità che i provvedimenti siano
fondati su fatti (e non sospetti), l’obbligo di motivazione, il divieto di discriminazione (politica e
di limitazione della manifestazione del pensiero), la piena operatività del diritto di difesa.
Sollecitato dalla Corte, il legislatore interviene tempestivamente con la legge 27 dicembre 1956
n. 1423:
si descrivono cinque categorie di persone14 cui può essere applicata la misura di
prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (consistente in plurimi
obblighi imposti alla persona per consentirne il controllo, tra cui l’obbligo e il divieto di soggiorni)
e si procede alla giurisdizionalizzazione del procedimento col riconoscimento di alcune garanzie
difensive.
10
La legge Crispi del 19.7.1894, prevedeva l’applicazione di misure nei confronti di chiunque fosse stato processato per
delitti contro l’ordine pubblico o contro l’incolumità pubblica, nonché nei confronti dei promotori delle associazioni
contro gli ordinamenti sociali.
11
Nel novembre-dicembre 1926 vi furono ben 900 assegnazioni al confino.
12
La Commissione Provinciale era composta dal Prefetto -che la convocava e presiedeva- dal Procuratore del Re, dal
Questore, dal Comandante Provinciale dell’Arma dei Carabinieri e da un Ufficiale Superiore della Milizia Fascista (artt.
186 e 168). La proposta di confino veniva formulata dal Questore competente per territorio, sulla base delle risultanze
di polizia; era del tutto inesistente il diritto di difesa.
13
Art. 184 del R.D. n.1848 del 1926.
14
1) gli oziosi e i vagabondi abituali, validi al lavoro; 2) coloro che sono abitualmente e notoriamente dediti a traffici
illeciti; 3) coloro che, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte,
con il provento di delitti o con il favoreggiamento o che, per le manifestazioni cui abbiano dato luogo, diano
fondato motivo di ritenere che siano proclivi a delinquere; 4) coloro che, per il loro comportamento siano ritenuti
dediti a favorire o sfruttare la prostituzione o la tratta delle donne o la corruzione dei minori, ad esercitare il
contrabbando, ovvero ad esercitare il traffico illecito di sostanze tossiche o stupefacenti o ad agevolare dolosamente
l'uso; 5) coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume.
5
La legge 31 maggio 1965 n. 575 (c.d. legge antimafia) prevede l’applicabilità delle misure di
prevenzione personali anche alle persone indiziate di appartenere ad associazioni mafiose (art. 1).
Evidenti le ragioni che inducono il legislatore a estendere un collaudato istituto di carattere
preventivo: laddove il processo penale non appare idoneo a contrastare un diffuso e feroce
fenomeno criminale, venendo pronunciate spesso sentenze di assoluzione per insufficienza di
prove, si utilizza un istituto con un più agile procedimento (con minori garanzie) e, soprattutto,
applicabile sulla base di presupposti (indizi) più sfumati rispetto a quelli necessari per
l’accertamento della responsabilità penale (prova).
Da questo momento le misure personali sono distinte in misure rivelatrici di pericolosità
comune, previste dalla L. 1423/56, e di pericolosità qualificata disciplinate dalla L. 575/65, cui si
affianca una prima misura patrimoniale (accessoria) costituita dalla cauzione che deve essere
versata a garanzia degli obblighi imposti agli indiziati di appartenenza ad associazione mafiosa.
La giurisprudenza delinea l’indizio rilevante per l’irrogazione della misura antimafia, la natura
della pericolosità sociale qualificata, l’applicabilità della nuova normativa anche a condotte
precedenti. L’elaborazione del concetto di associazione mafiosa sarà anche utilizzata per la
tipizzazione del delitto di cui all’art. 416 bis c.p. (partecipazione ad associazione di tipo mafioso),
introdotto dalla legge 12 settembre 1982 n. 646.
L’idoneità della nuova normativa a contrastare più efficacemente fenomeni di pericolosità
sociale induce il legislatore a prevedere l’applicabilità della legge antimafia a nuove categorie
soggettive, a partire dalla la legge 22 maggio 1975 n. 15215 -c.d. legge Reale- (art. 18), ovvero a
estendere la sua disciplina ad alcune categorie previste dalla legge n. 1423 del 1956 (art. 19 della L.
152/75).
2.2 - L’origine delle misure di prevenzione patrimoniali: la legge n. 646/82.
Nuove esigenze di politica criminale inducono a utilizzare il collaudato sistema delle misure
personali antimafia per contrastare le organizzazioni mafiose anche attraverso l’aggressione ai
patrimoni illecitamente accumulati.
La legge 13 settembre 1982 n. 646 (c.d. legge Rognoni La Torre16) introduce le misure di
prevenzione patrimoniali.
15
La legge 152/75 fu emessa per rispondere alla grave esigenza determinata dal dilagare del fenomeno del terrorismo e
fu oggetto di aspre critiche della dottrina.
16
E’ noto il travagliato iter legislativo del disegno di legge presentato dall’on. Pio La Torre, accelerato solo dopo
l’assassinio del deputato siciliano avvenuto il 30 aprile 1982 e portato a termine, con l’impegno del Ministro degli
Interni Virginio Rognoni, dopo l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa -nominato Prefetto di Palermo nel
maggio con poteri “straordinari”- avvenuto il 3 settembre 1982.
6
Sequestro e confisca sono delineati come strumenti diretti a sottrarre i beni illecitamente
acquisiti dai soggetti destinatari delle misure di prevenzione personali previste dalla legge 31
maggio 1965 n. 575 (indiziati di appartenenza ad associazioni mafiosa), colpendo i beni di cui
costoro: a) possano disporre, direttamente o indirettamente, b) e che sulla base di sufficienti indizi,
come la notevole sperequazione fra il tenore di vita e l'entità dei redditi apparenti o dichiarati, si ha
motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
Il nuovo istituto viene costruito con la formulazione di tre disposizioni che disciplinano:
 il sequestro dei beni dei quali la persona nei confronti della quale è stato iniziato il
procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente, e che sulla base di
sufficienti indizi, come la notevole sperequazione fra il tenore di vita e l'entità dei redditi
apparenti o dichiarati, si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne
costituiscano il reimpiego (comma 2);

la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza,
unitamente all'applicazione della misura di prevenzione (comma 3);

la revoca del sequestro quando è respinta la proposta di applicazione della misura di
prevenzione o quando è dimostrata la legittima provenienza dei beni (comma 4).
Pur se emerge con immediatezza l’efficacia del nuovo istituto, ritenuto dalla giurisprudenza
applicabile anche ai patrimoni accumulati precedentemente, si evidenzia un limite rappresentato
della c.d. natura accessoria del sequestro e della confisca, venendo in rilievo plurime ipotesi in cui
non possono essere sequestrati ovvero devono essere restituiti patrimoni di origine illecita per la
impossibilità di irrogare la misura personale17, presupposto legislativo imprescindibile di quella
patrimoniale.
2.3 - L’evoluzione normativa delle misure di prevenzione personali e patrimoniali.
Plurimi significativi interventi legislativi, talvolta originati dalla necessità di impellenti ragioni
di politica criminale, si succedono negli anni.
La legge 3 agosto 1988 n. 327 disciplina più rigorosamente il giudizio di accertamento della
pericolosità e ridisegna le categorie soggettive rilevanti ai sensi dell’art. 1 della L. 1423/56:
persone: 1) abitualmente dedite a traffici delittuosi, 2) che vivano abitualmente, per condotta ed il
tenore di vita, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, 3) dedite alla commissione di
reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale, la sanità, la sicurezza o la
tranquillità pubblica).
17
Ad esempio nel caso di morte del proposto.
7
La legge modifica anche l’art. 19 della L. 152/7518, inducendo la giurisprudenza a ritenere
applicabili le misure patrimoniali (oltre che agli indiziati di appartenenza ad associazione mafiosa)
anche a parte delle persone pericolose di cui alla L. 1423/56 (previste dall’art. 1, nn. 1 e 2),
operando una completa equiparazione tra soggetti pericolosi in quanto indiziati di appartenere ad
associazioni mafiose (pericolosità "qualificata") e soggetti pericolosi in quanto ritenuti abitualmente
dediti a traffici delittuosi o che vivono abitualmente con i proventi di attività delittuose (pericolosità
"comune").
La legge 1989 n. 431 introduce nuove misure aventi ad oggetto il divieto di accesso ai luoghi
ove si svolgono manifestazioni sportive.
La legge 19 marzo 1990 n. 55, con l’art. 14, comma 119, limita l’applicabilità delle disposizioni
della legge antimafia relative alle misure patrimoniali agli indiziati di appartenenza ad associazioni
mafiose o dedite allo spaccio di sostanze stupefacenti e alle persone pericolose indicate nell’art. 1,
nn. 1) e 2), della L. 1423/56 quando le attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi sia
quelle previste dal delitto previsto dall’art. 630 c.p.. Il dato testuale induce la giurisprudenza a
ritenere ristretta l’applicabilità delle misure patrimoniali del sequestro e della confisca alle sole
fattispecie richiamate (incrementate negli anni seguenti20), con esclusione delle persone pericolose
ai sensi della legge 1423/56 che ricavano proventi da attività delittuose diverse da quelle elencate.
La stessa legge introduce ipotesi di applicazione (disgiunta) delle sole misure patrimoniali,
colmando una lacuna
(esplicitata anche nei lavori preparatori) che impediva di aggredire i
patrimoni illecitamente accumulati da persone
pericolose cui, però, non era consentita
l’applicazione della misura personale (persona sottoposte a misura di sicurezza; persona assente,
residente o dimorante all’estero)21.
Si apportano, inoltre, modifiche di carattere meramente formale alla disciplina della revoca
sequestro (di cui al citato comma 4 dell’art. 2 ter della L. 575/65) aggiungendo l’ipotesi in cui risulti
che il proposto non possa disporre direttamente o indirettamente dei beni sequestrati22.
Va ricordata l’introduzione dell’art. 12 sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306,
convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356, che estende il sequestro e la confisca (nel processo
18
Riscritto nel senso che “Le disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, si applicano anche alle persone
indicate nell'art. 1, numeri 1) e 2) della legge 27 dicembre 1956, n. 1423”.
19
Art. 14, comma 1, della L. 55/90: “ Salvo che si tratti di procedimenti di prevenzione già pendenti alla data di entrata
in vigore della presente legge, da tale data le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575, concernenti le indagini e
l'applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, nonché quelle contenute negli articoli da 10 a 10sexies della medesima legge, si applicano con riferimento ai soggetti indiziati di appartenere alle associazioni indicate
nell'articolo 1 della predetta legge o a quelle previste dall'articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, ovvero ai
soggetti indicati nei numeri 1) e 2) del primo comma dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, quando
l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi sia quella prevista dall’articolo 630 del codice penale”
20
Saranno richiamati anche gli artt. 600, 601, 602, 629, 630, 644, 648-bis, 648-ter c.p. e il contrabbando: art. 14 della L.
55/90 nel testo modificato dalle leggi n. 172 del 1992, n. 108 del 1996 e n. 228 del 2003.
21
Art. 2 ter, commi 7 e 8, della L. 575/65.
8
penale) nei casi di condanna o di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., per il delitto previsto
dall’articolo 416-bis e altri gravi reati23.
La legge 24 luglio 1993 n. 256, nel tentativo di rendere più efficace il sequestro24, modifica la
disposizione del secondo comma dell'articolo 2-ter della legge 31 maggio 1965 prevedendo il
sequestro per i beni di cui la persona possa disporre, direttamente o indirettamente, quando il
loro
valore
risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attivita' economica svolta ovvero
quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di
attivita' illecite o ne costituiscano il reimpiego25.
La legge 7 marzo 1996 n. 10926 disciplina compiutamente la fase successiva alla confisca
definitiva, prevedendo il riutilizzo per fini sociali dei beni con l’obiettivo, non solo di espropriarli
alle organizzazioni criminali, ma anche di restituirli alla collettività cui sono stati illegalmente
sottratti.
Il decreto legge 23 maggio 2008 n. 92, convertito dalla legge 25 luglio 2008 n. 125 interviene
profondamente sul sistema delle misure di prevenzione prevedendo, tra l’altro:
a) l’applicabilità delle legge antimafia (e, dunque delle misure personali e patrimoniali) oltre
che agli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso, anche agli indiziati della
commissione di uno dei delitti previsti dall’art. 51 comma 3 bis c.p.;
b) l’applicabilità della legge antimafia, e dunque delle misure patrimoniali,
pericolose
alle persone
previste dall’art. 1, nn. 1) e 2) della L. 1423/56 (pericolosi "semplici",
abitualmente dedite a traffici delittuosi o che vivono abitualmente con i proventi di attività
delittuose)27;
22
Ipotesi pacificamente già desunta in precedenza dalla giurisprudenza.
L’articolo 12- sexies del DL 306/92 conv. in L. 356/92 veniva introdotto dal decreto legge 20 giugno 1994 n. 399,
convertito nella legge 8 agosto 1994 n. 501.
24
I più attenti commentatori mettevano in rilievo che la formulazione legislativa svelava l’intenzione di rendere più
agevole il sequestro, sulla scia delle numerose modifiche introdotte in quegli anni nella materia penale, che
culminavano con la declaratoria di incostituzionalità 24 dell’art. 12 quinquies, comma 2, D.L. 306/92, conv. dalla L.
356/92 e con la formulazione dell’art. 12 sexies del medesimo D.L. 306/92, conv. dalla L. 356/92
25
La giurisprudenza con immediatezza (S. C. sentenze nn. sent. 2104/94, 398/96) affermava, attraverso un’attenta
analisi del testo e dalla natura della norma, che il sequestro era consentito in presenza di indizi che facciano ritenere, per
la sproporzione rispetto al reddito dichiarato o all'attività economica svolta, o per altri motivi, che gli stessi siano frutto
di attività illecita o ne costituiscano il reimpiego, costituendo la sproporzione di per sé indizio dell’illecita provenienza.
Tali principi saranno riaffermati e arricchiti negli anni successivi (S.C. sentenza n. 35628/04).
26
Approvata su impulso dell’associazione Libera Associazioni, nomi e numeri contro le mafie che raccolse oltre un
milione di firme.
27
Con una tecnica normativa imprecisa. Interpretazione desunta dalla ricostruzione storica della normativa e dal valore
da attribuire all’abrogazione dell’art. 19 della L. 55/90 che consentiva una nuova espansione del rinvio alla normativa
antimafia prevista dagli artt. 18 e 19 (che richiama l’art. 1, nn. 1 e 2, della L. 1423/56) della L. 152/75. In tal senso
inizialmente Tribunale di Napoli, decreto n. 113 del 31.10.08, successivamente S.C. sentenze nn. 6000/09,
8510/09,12721/09, 26751/09, 33597/09, e da ultimo SS. UU 25.3.10 n. 13426, Cagnazzo.
23
9
c) l’applicazione disgiunta delle misure personali e patrimoniali, con la rimodulazione del c.d.
nesso di accessorietà28 e della disposizione in tema di confisca;
d) una specifica disciplina dell’ipotesi di confisca29 prevista dal terzo comma dell’art. 2 ter
della L. 575/65, secondo cui la confisca dei beni sequestrati di cui la persona, nei cui
confronti e' instaurato il procedimento,
non
possa
giustificare
provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica,
la
risulti
legittima
essere
titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio
reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica,
nonche' dei
beni che risultino essere frutto di attivita' illecite o ne costituiscano il
reimpiego, formulata sulla falsariga del testo dell’art. 12 sexies della L. 356/9230.
La legge 15 luglio 2009 n. 94 estende ulteriormente le categorie di persone destinatarie della
legge antimafia31 e precisa l’ipotesi di applicazione disgiunta di misura personale e patrimoniale.
Il decreto legge 4 febbraio 2010 n. 4, convertito dalla legge 7 aprile 2010 n. 50, istituisce
l’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e modifica
numerose norme della legge antimafia, in particolare in materia di amministrazione e destinazione
dei beni.
2.4 - Il fondamento delle misure patrimoniali.
Una specifica attenzione deve essere dedicata alla individuazione del fondamento delle misure
patrimoniali che costituisce non una mera operazione di carattere scientifico ma lo sforzo per
comprendere e inquadrare i singoli aspetti della normativa, nel tentativo di darvi coerenza ed evitare
disarmonie che rischiano, se dovesse prevalere una mera ottica sostanzialistica, di creare seri
problemi di compatibilità con la Costituzione e con la Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo.
L’esame dell’evoluzione della giurisprudenza dimostra, in modo evidente, il tentativo di
desumere principi idonei a colpire col sequestro e la confisca anche ipotesi rilevanti sotto il profilo
di politica criminale ma non considerate dal legislatore, spezzando però, in alcuni casi, l’intimo
nesso che le lega alle misure personali, da cui derivano e trovano alimento, col rischio di farne
venire meno la compatibilità con la Costituzione e la CEDU.
2.4.1 - L’origine: il principio di accessorietà.
28
Nuovo comma 6-bis dell’art. 2 ter della L. 575/65
Nuovo testo del comma 3 dell’art. 2 ter della L. 575/65.
30
Disposizione che evoca in gran parte l’art. 12 sexies del D.L. n. 306 del 1992, conv. in L. n. 356 dl 1992:….e' sempre
disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza
e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a
qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla
propria attivita' economica”.
31
Indiziati del delitto previsto dall’art. 12 quinquies L. 356/92.
29
10
Le misure di prevenzione patrimoniali introdotte nel 1982 presentano un inequivocabile carattere
accessorio rispetto alla già prevista sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di
soggiorno, potendo essere irrogate solo unitamente alla misura personale (ai sensi degli artt. 2-bis e
2-ter della legge numero 575 del 1965) ovvero successivamente, ma prima della sua cessazione (ai
sensi dell’art. 2-ter, comma 6).
Il vincolo di accessorietà non va confuso (come spesso accade) con la necessaria correlazione
tra pericolosità della persona e bene illecitamente acquisito (fondamento delle misure reali), che
sussiste indipendentemente dalla concreta applicazione della misura personale che può anche essere
non consentita in alcuni casi.
Le misure patrimoniali, infatti, non possono trovare fondamento nel carattere (illecito) dei beni
colpiti essendo rivolte non ai beni come tali, in conseguenza della loro sospetta provenienza
illegittima, ma a beni entrati nella disponibilità di persone socialmente pericolose, in quanto
indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso o a queste equiparate: la pericolosità del
bene non può che derivare dalla pericolosità della persona (che ne può disporre) esistente al
momento dell’acquisto e che, perciò, rende geneticamente illecito l’acquisto e pericoloso in modo
derivato lo stesso bene.
Se la misura personale non può essere applicata per ragioni diverse (morte del proposto con
declaratoria di improcedibilità della misura, mancanza di attualità della pericolosità sociale, ipotesi
legislative di inapplicabilità quale la concomitante esecuzione di una misura di sicurezza detentiva,
etc.) ovvero se è cessata (perché espiata o revocata ex nunc per il venir meno della pericolosità
precedentemente accertata), l’impossibilità di sequestrare e confiscare beni non discende da profili
sistematici (come nell’ipotesi di assenza della pericolosità della persona) ma da scelte legislative
(c.d. principio di accessorietà).
2.4.2 - L’attenuazione del principio di accessorietà.
Negli anni si susseguono gli interventi legislativi e della giurisprudenza diretti a ridurre l’area del
principio di accessorietà.
Dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale una questione proposta sul punto perché
diretta ad ottenere un intervento di produzione normativa, in particolare in materia sanzionatoria o,
quanto meno, limitativa di diritti, di esclusiva competenza del legislatore32, la legge numero 55 del
1990 introduce due ipotesi di applicazione (disgiunta) delle sole misure patrimoniali, colmando una
lacuna (esplicitata anche nei lavori preparatori) che impediva di aggredire i patrimoni illecitamente
32
ordinanza numero 721 del 1988 della Corte costituzionale.
11
accumulati da persone
pericolose cui, però, non era consentita l’applicazione della misura
personale33.
Altra deroga al c.d. principio di accessorietà può ritenersi introdotta col decreto legge numero
306 del 1992, convertito dalla legge numero 356 del 1992, con cui sono inseriti nella legge numero
575 del 1965 gli artt. 3-quater e 3-quinquies, che consentono indagini e provvedimenti patrimoniali
in relazione a beni che "agevolino" l'attività della persona nei cui riguardi sia proposta o applicata
una misura preventiva personale.
La giurisprudenza introduce un’ulteriore deroga al principio di accessorietà consentendo la
confisca di beni sequestrati a persona poi deceduta nel corso del procedimento, pur nell’evidente
impossibilità di applicare la misura personale richiesta unitamente alla misura patrimoniale e di
procedere al previo accertamento definitivo della pericolosità.
Senza ripercorrere il travagliato iter giurisprudenziale e i numerosi argomenti posti a sostegno
delle opposte tesi, è sufficiente in questa sede ricordare che le Sezioni Unite della Cassazione, con
la sentenza numero 18 del 1996 (imp. Simonelli), condivisa dalla Corte Costituzione (sentenza
numero 335 del 1996), autorizzano la confisca nel solo caso di morte del proposto intervenuta dopo
l’accertamento, anche non definitivo, dei presupposti della pericolosità.
Sulla stessa scia si pone un’ulteriore ipotesi di deroga giurisprudenziale al principio di
accessorietà della misura patrimoniale, laddove si consente la confisca dei beni disposta nei
confronti di persona cui era stata revocata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale
-applicata ai sensi della legge antimafia- per esserne cessata la pericolosità a seguito
dell'ammissione al programma di protezione dei collaboratori di giustizia34.
Il tema, particolarmente frequente nella pratica, dell’inapplicabilità della misura di prevenzione
patrimoniale nel caso di rigetto della misura personale per mancanza di attualità della pericolosità
sociale, viene proposto35 alla Corte Costituzionale che, con l’ordinanza numero 368 del 2004,
33
Il comma 7, inserito all’art. 2-ter della legge numero 575 del 1965, prevede l’applicabilità della misura patrimoniale
alle persone sottoposte a misura di sicurezza detentiva o a libertà vigilata che, pur ritenute pericolose all’esito di un
accertamento giudiziale, non possono essere destinatarie della misura di prevenzione personale per la incompatibilità
fissata dagli artt. 10 e 12 della legge numero 1423 del 1956. Non si dubita che il sequestro e la confisca sono consentiti,
sulla base dei principi vigenti, solo in presenza dei presupposti previsti dall’art. 2-ter della legge numero 575 del 1965,
ma senza che occorra preventivamente affermare la pericolosità del soggetto perché già ritenuta in altra sede (se pur con
criteri non pienamente coincidenti).
Il comma 8, inserito nell’art. 2-ter, prevede l’applicabilità della misura patrimoniale nei confronti di persona assente,
residente o dimorante all’estero (ipotesi che, secondo la giurisprudenza prevalente, non consentiva l’adozione della
misura di prevenzione personale e, dunque, di quella patrimoniale). Non si dubita che tale disposizione richieda il
previo accertamento (incidentale) dei presupposti della misura personale, oltre che (in linea diretta) di quelli della
misura patrimoniale.
34
Suprema Corte, sentenze nn. 12541/97 e 20451/01 conforme.
35
La questione veniva sollevata con riferimento all’impossibilità di disporre la confisca di beni, dei quali si accerti
l'illecita provenienza, in caso di rigetto della proposta di applicazione della misura di prevenzione personale per
cessazione della pericolosità sociale del proposto successiva all'acquisizione illecita dei beni ed antecedente alla
decisione.
12
riconosce la persistente operatività del principio di accessorietà, riservando al legislatore ogni
intervento36.
Giova sottolineare che la Suprema Corte per superare il dato legislativo posto dal principio di
accessorietà introduce concetto di natura sanzionatoria atipica della confisca (specificamente
amministrativa, assimilabile alla misura di sicurezza di cui all’ art. 240 cpv c.p.), principi che
saranno ripresi costantemente dalla giurisprudenza successiva: La devoluzione allo Stato dei beni
confiscati… e le finalità indiscutibilmente "ablative" dei corrispondenti provvedimenti, non
consentono, invece, di qualificare gli stessi, in senso tecnico/giuridico, quali misure di prevenzione,
aggiunte a quelle, specificamente previste, quali "personali": e ciò al di là delle formali espressioni
adoperate dal legislatore. Trattasi, invero, ad avviso del Collegio, di improprietà lessicali, rispetto
all'effettivo contenuto normativo, non idonee come tali a modificare la natura del provvedimento di
confisca - di carattere sicuramente "ablatorio" - in una "misura di prevenzione" in senso tecnico ed
a "condizionare" pertanto l'interprete. Il che, a "fortiori" va detto, se si ha presente la "ratio" posta
a base delle specifiche disposizioni in materia, dirette, come si ritiene in modo pressoché concorde,
ad eliminare dal circuito economico beni provenienti da attività che, a seguito degli accertamenti
disposti, devono ritenersi ricollegate alla ritenuta appartenenza del soggetto ad un'associazione di
tipo mafioso. …..Escluso, di conseguenza, il carattere sanzionatorio di natura penale e, parimenti,
quello di un provvedimento di "prevenzione", la confisca non può essere ricondotta che nell'ambito
di quel "tertium genus" costituito da una sanzione amministrativa, equiparabile (quanto al
contenuto ed agli effetti) alla misura di sicurezza prevista dall'art. 240 cpv. C.P.: applicata, per
scelta non sindacabile del legislatore, nell'ambito dell'autonomo procedimento di prevenzione
previsto e disciplinato dalla legge n. 575/1965 e successive modificazioni (SS UU n.18/1996 e
successive conformi).
Tali conclusioni non saranno abbandonati dalla giurisprudenza neanche dopo l’eliminazione (nel
2008) del principio di accessorietà la cui vigenza, come visto, dava origine e causa al ragionamento
delle sezioni Unite37.
2.4.3 - Le proposte di riconoscimento legislativo del principio di applicazione disgiunta.
Negli anni successivi da più parti veniva sollecitato il riconoscimento legislativo del principio di
applicazione disgiunta delle misure di prevenzione, al fine di rimuovere l’ostacolo che impediva
36
Secondo la Corte: “in definitiva, il vigente sistema legislativo, pur in presenza della tendenza a rendere in alcuni casi
le misure di prevenzione patrimoniali autonome rispetto a quelle personali, rimane ancorato al principio che le misure
patrimoniali presuppongono necessariamente un rapporto tra beni di cui non sia provata la legittima provenienza e
soggetti portatori di pericolosità sociale che ne dispongano, o che siano avvantaggiati dal loro reimpiego, nell'ambito
di attività delittuose, essendo la pericolosità del bene considerata dalla legge derivare dalla pericolosità della persona
che ne può disporre”.
37
Cfr. sub. In nota 40.
13
l’adozione delle misure patrimoniali nei casi in cui non poteva irrogarsi la misura personale, pur in
presenza di una preesistente pericolosità del soggetto (già accertata o accertabile incidentalmente)
ma l’applicabilità delle misure patrimoniali à collegata costantemente alla sussistenza di due
requisiti: l’acquisto del bene da parte di persona pericolosa (pur se la misura personale non sia
applicabile o in atto) e l’acquisto di un bene che, pur se su base indiziaria (laddove il principale
indizio legislativamente indicato è rappresentato dal valore sproporzionato al reddito dichiarato o
all'attività economica svolta), deve ritenersi frutto
di
attività illecita o di reimpiego di tali
attività (che, appunto, presuppongono l’esistenza della pericolosità)38.
Un sistema che prescindesse dai descritti presupposti, come si vedrà oltre, si porrebbe fuori dallo
strumento della prevenzione e non potrebbe reggere al vaglio della conformità a Costituzione.
2.4.4 - L’introduzione del principio di applicazione disgiunta.
38
Il 3 novembre 2007 il Governo presentava alla Camera (Atti C. 3242) il Disegno di Legge “Misure di contrasto alla
criminalità organizzata. Delega al Governo per l'emanazione di un testo unico delle misure di prevenzione”, in cui nella
prima parte della relazione di presentazione si individuava tra i più importanti problemi sollevati il primo e ineludibile
profilo di criticità rappresentato dalla natura accessoria delle misure di prevenzione patrimoniale rispetto a quelle
personali. Si propone l’applicabilità delle misure di prevenzione patrimoniali anche disgiuntamente rispetto alle misure
di prevenzione personali con la conseguenza a cascata di prevedere la possibilità di aggredire il patrimonio mafioso
anche in caso di morte del proposto o del sottoposto. La modifica avrebbe consentito di passare da un approccio
incentrato sulla «pericolosità del soggetto» a una visione imperniata sulla «pericolosità del bene» in ragione del suo
vincolo di strumentalità con l'azione criminale, bene che, per la sua provenienza illegale e in virtù della sua
reimmissione nel circuito economico, è in grado di alterare il sistema legale di circolazione della ricchezza, minando
così alla radice le fondamenta di un'economia di mercato38.
Chiara la volontà esplicitata nella relazione di accompagnamento ed il tenore del testo: da un lato si ribalta il vigente
principio c.d. di accessorietà e lo si sostituisce con quello opposto dell’applicazione disgiunta delle misure patrimoniali
e personali, con la conseguente possibilità di chiedere e adottare sequestro e confisca in tutte le ipotesi, nessuna esclusa,
in cui non può irrogarsi la misura personale; dall’altro, si pone un ulteriore principio, rappresentato dalla possibilità di
chiedere e applicare la misura patrimoniale anche entro i cinque anni successivi alla morte della persona.
Sulla stessa scia si pone “la relazione sullo stato di attuazione della normativa e delle prassi applicative in materia di
sequestro, confisca e destinazione dei beni della criminalità organizzata”, approvata il 27 novembre 2007 (nella scorsa
legislatura) dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare.
Nell’articolata relazione si evidenzia l’elemento di criticità della normativa rappresentato dalla indissolubile
relazione che la norma fissa tra la pericolosità del soggetto e la possibilità di sottoporre a confisca i patrimoni nella
sua disponibilità esponendo dunque, i provvedimenti ablatori dei patrimoni alle sorti dei provvedimenti giudiziari
concernenti la pericolosità sociale del soggetto stesso.
Per ovviare agli evidenziati effetti si propongono le opportune modifiche dirette a prevedere una perdurante
illiceità dei beni strettamente connessa alla formazione degli stessi, con possibilità di pervenire alla confisca dei beni
illecitamente acquisiti anche qualora il soggetto sia sottoposto a procedimento di prevenzione e riconosciuto
socialmente pericoloso, anche solo con riferimento all’epoca dei fatti; con conseguente assorbimento anche dell’ipotesi
della morte del proposto in cui il procedimento di prevenzione patrimoniale dovrebbe continuare nei confronti degli
eredi quali beneficiari di un illecito arricchimento.
Più di recente, nel medesimo percorso può inserirsi il disegno di legge presentato dal Governo il 18 giugno 2008
(AA.SS. numero 733) che, come esplicitato nella relazione introduttiva, si proponeva di contrastare più efficacemente
la criminalità organizzata incidendo su uno degli elementi sui quali la stessa è maggiormente vulnerabile, attraverso il
passaggio da un approccio incentrato sulla «pericolosità del soggetto» a una visione imperniata sulla formazione
illecita del bene che, una volta reimmesso nel circuito economico, è in grado di alterare il sistema legale di
circolazione della ricchezza, minando così alla radice le fondamenta di una economia di mercato.
Si intende superare un profilo di criticità costituito dalla natura accessoria delle misure di prevenzione
patrimoniale rispetto a quelle personali, prevedendo che le misure di prevenzione patrimoniale possano essere
applicate anche disgiuntamente rispetto alle misure di prevenzione personali, consentendo così all’autorità giudiziaria
di aggredire il patrimonio mafioso anche in caso di morte del proposto o del sottoposto.
14
Il D. L. 92/08, conv. dalla L. 125/08, introduce il comma 6-bis dell’art. 2 bis della L. 575/65
secondo cui (come modificato dalla legge n. 94 del 2009): Le misure di prevenzione personali
e patrimoniali
possono
essere
richieste
e
applicate disgiuntamente e, per le misure di
prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la
loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione.
Rinviando ad altra sede un esame più approfondito39, si può ritenere, sulla base di plurimi
argomenti che la nuova disposizione introduca il principio di applicazione disgiunta della misura di
prevenzione patrimoniale e personale (modificando quello precedente di accessorietà), in linea con
l’evoluzione del sistema.
Ne consegue che in presenza dei relativi presupposti (di cui all’art. 2-ter, commi 2 e 3, L.
575/65) possono applicarsi le misure patrimoniali (sequestro e confisca), anche indipendentemente
dalla misura personale, non solo nelle fattispecie legislativamente previste, ma in ogni ipotesi in cui,
pur in presenza di persona pericolosa o che è stata pericolosa, non possa farsi luogo alla misura
personale ovvero questa non sia più in atto.
Da un lato si pone un principio cui si riconducono le ipotesi di applicazione disgiunta già
previste dal legislatore, in cui:

la pericolosità esiste ma la misura personale non è irrogabile (art. 2-ter, comma 7: persona
assente o residente o dimorante all’estero);

la pericolosità (legislativamente equiparata a questi limitati fini alla non coincidente
pericolosità di prevenzione) è stata accertata da altro giudice ed è incompatibile con
l’applicazione della misura di prevenzione personale (art. 2-ter, comma 8: persona
sottoposta a misura di sicurezza detentiva o a libertà vigilata),

la pericolosità (se si vuole ritenere questa una deroga al principio) è stata accertata ed è in
atto (art. 2-ter, comma 6: misura di prevenzione personale in corso di esecuzione).
Alle citate ipotesi si aggiungono i casi:

della morte del proposto successiva alla confisca (già individuato dalla giurisprudenza)
esteso al decesso intervenuto in ogni momento successivo alla proposta (art. 2-bis, comma
6-bis, secondo e terzo inciso), introdotto esplicitamente dal legislatore perché oggetto di
aspro dibattito dottrinale e giurisprudenziale;

di non applicabilità della misura personale, pur in presenza di una pericolosità (esistente ma)
mai in precedenza accertata e non più attuale all’atto della confisca, indipendentemente dal
39
Per la giurisprudenza di merito si può richiamare il decreto n. 276/2010/A del 9.12.10 del Tribunale di Napoli, su
http://www.penalecontemporaneo.it/materia/3-legislazione_penale_speciale/43-misure_di_prevenzione/, in tema di
applicazione disgiunta della misura patrimoniale.
15
fatto che la mancanza di attualità sia sopravvenuta nel corso del procedimento ovvero
preesista alla proposta (art. 2-bis, comma 6-bis, primo inciso);

di cessazione naturale o per revoca ex nunc della misura di prevenzione personale (sempre
art. 2-bis, comma 6-bis, primo inciso).
E’ opportuno sottolineare che su diversi presupposti si fonda l’ipotesi di proposta successiva alla
morte della persona (già pericolosa), avanzata nei 5 anni dal decesso, non riferibile con certezza alla
norma generale posta dall’art. 2-bis, comma 6-bis, primo inciso.
Come si è accennato anche dopo l’introduzione del principio di applicazione disgiunta (venuta
meno la necessità di forzare il dato legislativo che non consentiva la misura patrimoniale in assenza
di quella personale), la giurisprudenza continua a ritenere sequestro e confisca misure sanzionatorie
atipiche sulla base di mere considerazioni di politica criminale40 (in particolare per consentire
sequestro e confisca anche di beni entrati nel patrimonio del soggetto prima della manifestazione
della pericolosità).
2.4.5 - Il fondamento (attuale) delle misure di prevenzione.
Le misure di prevenzione patrimoniali, alla luce dell’abbandono del principio di accessorietà,
assumono con maggiore convinzione la natura si strumento di ablazione in favore dello Stato dei
40
Ad esempio:
 S.C. sent. n. 21717/08: “la confiscabilità del bene va dunque collegata alla sproporzione del valore di beni
rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto ed alla mancata giustificazione dell’illecita
provenienza dei beni stessi. Sono la sproporzione reddituale, la disponibilità e l’origine perversa dei beni,
piuttosto che il dato temporale di acquisizione, i presupposti della confisca. E’ utile, al riguardo, rilevare che
la confisca, come misura di prevenzione antimafia, prevista dalla L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, ha trovato una
specificazione nell’ambito del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies. I principi anteriormente affermati in questa
materia possono quindi considerarsi applicazione della normativa generale, data la riconosciuta affinità tra
questa e la confisca speciale quale emerge solo che si confrontino i contenuti precettivi delle norme. Queste
considerazioni consentono di ritenere principio di portata generale l’affermazione che la confiscabilità dei
singoli beni, derivante da una situazione di pericolosità presente, non è esclusa per il fatto che i beni siano
stati acquisiti in data anteriore o successiva alla situazione di accertata pericolosità oggettiva. Si tratta,
invero, di una misura di sicurezza atipica con funzione anche dissuasiva, con la preminente funzione di
togliere dalla circolazione perversa il bene che, al di là del dato temporale, è pervenuto nel patrimonio in
modo perverso. Solo in tal modo si evita il proliferare di ricchezza di provenienza non giustificata immessa nel
circuito di realtà economiche a forte influenza criminale; realtà che il legislatore ha inteso neutralizzare,
colpendo le fonti di un flusso sotterraneo sospetto in rapporto alle capacità reddituali di determinati soggetti,
pur sempre ammessi, ovviamente, alla dimostrazione contraria della provenienza legittima dell’accumula che
superi la presunzione iuris tantum.”
 S.C. sent. n. 20906/09: Il motivo di tale scelta legislativa, appare chiara ove si consideri che i beni sequestrati
(che, non lo si dimentichi, devono essere beni pur sempre di provenienza illegittima), quand'anche risultassero
acquistati in un periodo antecedente all'accertata pericolosità, una volta che il soggetto abbia incominciato a
far parte di un'associazione mafiosa, diventano anch'essi "pericolosi" in quanto fonte di inquinamento del
tessuto economico e strumento di sopraffazione e potenziamento delle associazioni criminali. È per questo
motivo che il legislatore, come appare evidente dall'illustrato complesso congegno probatorio, ha stabilito,
una volta che l'indiziato/proposto sia riconosciuto pericoloso, un inscindibile rapporto di biunivocità fra
pericolosità e beni di illegittima provenienza: di conseguenza, diventa arbitrario ogni ulteriore distinguo che
tende a sottrarre i beni (di illegittima provenienza) appartenenti ad un soggetto pericoloso (o dei quali, pur
appartenendo a terzi, abbia la disponibilità diretta o indiretta) con l'introduzione di un elemento estraneo alla
struttura normativa (vincolo di pertinenzialità).
 S:c: sent. nn. 2558/09, 35466/09, 4702/10, 39798/10.
16
beni frutto dell’attività illecita della persona pericolosa, pur se non può farsi luogo alla misura di
prevenzione personale (o questa è cessata), sempre che i presupposti di questa -pericolosità del
soggetto (anche se non più attuale)- e di quella patrimoniale (commi 2 e 3 dell’art. 2-ter) siano
accertati.
Ne consegue che, da un lato si disattende la tesi della mera natura ricognitiva del nuovo
comma 6-bis, dall’altro si ritiene che il principio di applicazione disgiunta delle misure non
comporta il riconoscimento del principio di intrinseca pericolosità dei beni, confiscabili alla
persona solo perché non in condizione di giustificarne la legittima provenienza e indipendentemente
dalla sua pericolosità.
La ricostruzione dell’istituto non può prescindere dal fondamento delle misure di prevenzione
personali che, proprio perché hanno carattere preventivo,
richiedono l’esistenza della attuale
pericolosità del soggetto. Se la pericolosità sociale non è attuale, idonea a giustificare un controllo
(attuale) degli organi della pubblica sicurezza, non vi è nulla da prevenire e non occorre alcuno
specifico controllo. Può accadere che al momento della formulazione del giudizio (ovvero prima
che il giudizio divenga definitivo) la pericolosità non presenti più carattere di attualità (per il tempo
trascorso dal momento della proposta, per il cambiamento delle stile di vita del soggetto, per la
morte della persona, etc.) ovvero che dopo l’accertamento giudiziale definitivo la pericolosità venga
meno (per la morte del sottoposto, per il mutamento dello stile di vita della persona derivanti anche
da eventi successivi all’adozione della misura e prima della sua esecuzione differita nel tempo come nel caso della detenzione-, etc.). In tali casi, in assenza di una pericolosità attuale viene meno
l’esigenza di prevenzione (che esisteva) e la misura personale non può essere applicata (se irrogata
in primo grado viene caducata nelle ulteriori fasi del giudizio) e se applicata deve essere revocata; a
tali ipotesi va assimilata quella in cui la pericolosità sociale sia stata accertata, la misura sia stata
applicata e sia poi cessata perché espiata interamente.
Ne consegue che il legislatore, nel delineare i presupposti di applicabilità delle misure di
prevenzione patrimoniali, che derivano da quelle personali, non può prescindere dal previo
accertamento giudiziale della pericolosità del soggetto, potendo, invece, ritenere non necessario
l’ulteriore requisito dell’irrogazione della misura personale ovvero della sua operatività.
La deroga all’accertamento della pericolosità sarebbe incompatibile con la natura e i presupposti
della misura patrimoniale che richiedono la verifica, se pur indiziaria, sulla provenienza illecita dei
beni derivante dalla condotta (pericolosa) del soggetto, costituente frutto o reimpiego di attività
illecita (intendendosi tale, in primo luogo, anche il valore sproporzionato al proprio reddito,
dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica); in altre parole la
17
sufficienza indiziaria (e non la prova) della illecita provenienza del bene è giustificata dall’essere il
bene frutto di attività illecita posta in essere da persona pericolosa41.
D’altra parte, una diversa conclusione delineerebbe un istituto sanzionatorio estraneo al sistema
della prevenzione, a rischio di compatibilità con i principi costituzionali, specificamente con gli
articoli 3, 24 e 41-42, e con quelli della citata la Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali42.
Per l’applicazione della misura patrimoniale si può derogare (e il legislatore ha deciso in tal
senso), all’ulteriore presupposto dell’attualità della pericolosità sociale la cui mancanza impedisce
ontologicamente l’adozione e la persistenza della misura personale (per le imprescindibili ragioni
41
Deve, perciò, ritenersi più rispondente al sistema della prevenzione la necessaria correlazione temporale fra gli indizi
di carattere personale sull'appartenenza del soggetto ad una associazione di tipo mafioso (ovvero di manifestazione
della pericolosità per le varie categorie di persone nei confronti delle quali è oggi consentita la misura patrimoniale) e
l'acquisto dei beni, dovendo verificarsi se i beni da confiscare siano entrati nella disponibilità del proposto, non già
anteriormente, ma successivamente o almeno contestualmente al suo inserimento nel sodalizio criminoso (ovvero alla
manifestazione della pericolosità). Sul punto si rinvia alle conclusioni esposte al par. 9 della relazione “ Le misure di
prevenzione patrimoniali dopo le leggi 125/08 e 94/09: standars probatori, motivazione del provvedimento,
applicazione disgiunta dalla misura personale e profili di compatibilità costituzionale.” reperibile
http://appinter.csm.it/incontri/relaz/21332.pdf.
La questione, peraltro, è ben diversa da quella relativa alla confiscabilità di tutti i beni che siano frutto di attività illecite
o ne costituiscano il reimpiego, non occorrendo distinguere se tali attività siano o meno di tipo mafioso, essendo
sufficiente la dimostrazione della illecita provenienza, qualunque essa sia, ivi compresa l’evasione fiscale (S.C. sent. nn.
2654/95, 1171/97, 3950/99, 29997/03, 36762/03, 35628/04, 35481/06). Tale conclusione, peraltro, conferma il
necessario nesso di derivazione tra pericolosità e confisca del bene, atteso che accertata la pericolosità sociale del
soggetto è irrilevante la ragione della provenienza illecita del bene acquistato, derivandone la possibile apprensione
proprio dalla condotta antisociale del soggetto.
42
In particolare, con il protocollo addizionale che prevede all'art. 1 che " ogni persona ….ha diritto al rispetto dei suoi
beni", con i limiti derivanti dalla possibilità di privare le persone della proprietà "per causa di pubblica utilità e alle
condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale", garantiti dall’applicazione delle misure
patrimoniali da un Tribunale, sulla base di disposizioni di legge per motivi assimilabili alla privazione per "pubblica
utilità". In tal senso la Corte Europea: sentenze del 22.2.94, sul caso Raimondo, decisioni di irricevibilità del ricorso del
4.9.01, sul caso Rieta, del 5.7.01, sul caso Arcuri e del 7.6.2005. Si legge in quest’ultima decisione:
“La Corte constata inoltre che la confisca in questione è finalizzata ad impedire un uso illecito e pericoloso per la
società di beni la cui la provenienza legittima non è stata dimostrata. Essa ritiene quindi che la conseguente ingerenza
è finalizzata ad uno scopo rispondente all' interesse generale (sentenza Raimondo c. Italia del, serie A n. 281- A, p.17,
§ 30; decisione della Commissione nella causa M. c. Italia, già citata, pp. 59 e 79). Resta nondimeno da verificare se
questa ingerenza sia proporzionata allo scopo legittimo perseguito.
…..Di conseguenza, la Corte non può non tener conto delle circostanze specifiche che hanno guidato l'azione del
legislatore italiano. Essa ha comunque il compito di verificare che i diritti garantiti dalla Convenzione siano, in ogni
caso, rispettati.
La Corte constata che nel caso di specie l'articolo 2 ter della legge del 1965 sancisce che, in presenza di "indizi
sufficienti", si debba presumere che i beni della persona sospettata di appartenere ad un'associazione per delinquere
rappresentino il profitto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
Ogni sistema giuridico contiene delle presunzioni di fatto o di diritto. La Convenzione non vi si oppone in via di
principio. E diritto dei ricorrenti al rispetto dei loro beni implica, tuttavia, l'esistenza di una garanzia giurisdizionale
effettiva.
…...
In queste circostanze, tenuto conto del margine di discrezione che spetta agli Stati quando essi disciplinano "l'uso dei
beni in modo conforme all'interesse generale", in particolare nel quadro di una politica anticrimine finalizzata a
combattere il fenomeno della grande criminalità, la Corte ritiene che l'ingerenza nel diritto dei ricorrenti al rispetto dei
loro beni non sia sproporzionata rispetto allo scopo legittimamente perseguito e giunge alla conclusione che la
confisca ed il sequestro conservativo dei beni mobili ed immobili dei ricorrenti non rappresentino una violazione
dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 e che questo motivo di ricorso debba essere rigettato in quanto manifestamente
infondato, in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
18
descritte) ma non ostacola in alcun modo l’irrogazione della misura patrimoniale che necessita
(ontologicamente) solo dell’accertata pericolosità.
In altre parole, la discrasia temporale tra pericolosità esistente e accertata (ad un certo tempo) e
la sua attualità (esistenza al momento presente), che in taluni casi impedisce l’applicazione (o
l’esecuzione) della misura personale, non produce alcun effetto sulla possibilità di applicare la
misura patrimoniale.
Il sistema, dunque, conserva una sua intrinseca coerenza perseguendo l’obiettivo di colpire i
patrimoni illecitamente acquisiti, non attraverso il ribaltamento del nesso di accessorietà tra misura
personale e patrimoniale (perché occorre sempre un accertamento giudiziale, eventualmente
incidentale, della pericolosità del titolare del bene), ma facendo venire meno tale nesso perché non è
più necessaria la previa applicazione (o esecuzione) della misura personale che può mancare per
carenza non della pericolosità ma di un suo ulteriore presupposto (residenza all’estero, morte,
cessazione dell’attualità della pericolosità, cessazione della misura).
Così ricostruito il sistema si può affermare che appaiono mere formule suggestive quelle che
delineano il passaggio a un sistema che pone al centro la pericolosità del bene perché il bene in
quanto tale è neutro, desumendo la sua natura di pericolosità (e dunque richiedendo l’intervento in
sede di prevenzione) dalla modalità di acquisto (frutto di attività illecite o suo reimpiego) da parte di
persona pericolosa. Né vi è, sulla base dell’interpretazione accolta, alcuno spazio per sostenere che
l’oggetto della confisca diviene il complesso dei beni di chi non è in grado di giustificarne la
legittima provenienza perché il patrimonio sarebbe in sé pericoloso in quanto destinato ad essere
riutilizzato a scopi illeciti.
Al contrario, il bene è colpito non solo se ricorrono gli ordinari presupposti dell’illecita
provenienza ma anche se è stato acquistato da persona (che era all’epoca) pericolosa. Il decorso del
tempo o comunque la cessazione della pericolosità del soggetto (o qualunque ragione che non
consenta di applicare la misura di prevenzione) non può avere l’effetto positivo di autorizzare il
possesso del bene da parte di colui che lo ha illecitamente acquisito (quando era pericoloso) e ne
trae la conseguente utilità.
A ben vedere, dunque, la riforma risponde al sistema della prevenzione patrimoniale inteso quale
meccanismo di aggressione di beni di illecita provenienza che rinviene il suo fondamento
giustificativo non già nelle intrinseche caratteristiche di pericolosità che i beni eventualmente
presentino, bensì nel rapporto intercorrente tra gli stessi e determinati soggetti socialmente
pericolosi in grado di disporne, con la precisazione che detta pericolosità dei soggetti può anche non
Sulla stessa linea la sentenza 6 gennaio 2010 sul caso Bongiorno.
19
essere attuale (o meglio la misura personale può non essere in atto o applicabile), perché il soggetto
(che era pericoloso) continuerebbe a trarne un vantaggio geneticamente illecito.
Conclusivamente può affermarsi che la modifica legislativa del 2008 e del 2009, con
l’abbandono del principio di accessorietà, ha fatto venire meno la necessità di quegli sforzi
interpretativi che (a partire dalla sentenza n. 18/1996 delle SS UU) nel tentativo di giungere al
riconoscimento di ipotesi di applicazione disgiunta della misura patrimoniale erano costrette a
proporre interpretazioni che finivano per evocare caratteristiche sanzionatorie (seppur atipiche)
La natura sanzionatoria non può riferirsi alle misure di prevenzione patrimoniali che, essendo
collegato necessariamente a profili soggettivi di sussistenza delle misure personali di prevenzione
(prive, dunque, dell’accertamento di un fatto reato previsto per la confisca irrogata nel processo
penale o di un fatto costituente illecito amministrativo come per la confisca amministrativa), non
possono derivare l’effetto ablatorio da un fondamento sanzionatorio comunque delineato.
Tale conclusione è confortata dalle decisioni della Corte europea secondo cui la confisca
antimafia è una misura di prevenzione, e non una sanzione penale, consapevole. Una diversa
conclusione rischierebbe di snaturare l’istituto imponendo l’applicazione di principi (e garanzie)
tipici del sistema penale, incompatibili col sistema delle misure preventive.
Per la Corte europea
43
la misura di prevenzione ha una funzione e una natura ben distinta
rispetto a quella della sanzione penale: quest'ultima tende a sanzionare la violazione di una norma
penale (e la sua applicazione è subordinata all'accertamento di un reato e della colpevolezza
dell'imputato), la misura di prevenzione non presuppone un reato e tende a prevenirne la
commissione da parte di soggetti ritenuti pericolosi.
La confisca antimafia, perciò, non ha funzione repressiva, ma preventiva, volta ad impedire l'uso
illecito dei beni colpiti e non può essere paragonata ad una sanzione penale secondo i tre criteri
individuati dalla stessa Corte per affermare che una misura riveste carattere penale ai fini della
Convenzione44.
In conclusione per la Corte la confisca antimafia ha una funzione preventiva, non presuppone la
commissione di un'infrazione penale, rientra in quelle misure (non necessariamente a carattere
penale) necessarie e adeguate alla protezione dell'interesse pubblico.
Deve, ancora una volta, sottolinearsi che la natura sanzionatoria della confisca di prevenzione
rischia renderla incompatibile con la CEDU ( particolarmente con l’art. 1 del protocollo n. 1)
richiedendo la Corte europea in presenza di un istituto sanzionatorio l’osservanza di tutte le
43
Sentenze 22 febbraio 1994 sul caso Raimondo, decisione 15 giugno 1999, Prisco sulla ricevibilità del ricorso.
Sentenza sul caso Engel 8 giugno 1976 : la qualificazione nel diritto interno, la natura della sanzione, la severità della
sanzione.
44
20
garanzie della legalità penale e del giusto processo, secondo nozioni “comuni” ai Paesi di civil law e
di common law45.
3 - PARTE SECONDA
Il Testo Unico delle misure di prevenzione.
3.1 - Il Testo unico delle misure di prevenzione: la legge n. 136 del 2010.
Il 9 marzo 2010 il governo ha presentato il disegno di legge” Piano straordinario contro le
mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia” (AC 3290) con l’obiettivo46:
a)di riordinare, a razionalizzare e a integrare l’intera disciplina vigente in materia di normativa
antimafia, misure di prevenzione, certificazioni antimafia e operazioni sottocopertura;
b)introdurre innovative disposizioni per forgiare strumenti più incisivi di controllo degli appalti
pubblici, di tracciabilità dei connessi flussi finanziari, di aggressione ai patrimoni mafiosi, anche
attraverso una mirata azione della Direzione investigativa antimafia, e di lotta più incisiva
all’ecomafia.
Con specifico riferimento all’emanando codice antimafia e delle misure di prevenzione, si
precisa che la necessità dell’intervento deriva sia dalla copiosità della legislazione stessa - che
investe una pluralità di ambiti, sostanziale, processuale, penitenziario e amministrativo - sia dalla
sua eccessiva frammentazione e stratificazione nel corso degli anni. Una situazione che, soprattutto
per specifici profili della normativa antimafia (in particolare per le misure di prevenzione), rende
difficile all’interprete una ricostruzione esaustiva della disciplina vigente nonché problematica una
sua effettiva ed efficace applicazione.
Il disegno di legge non propone solo un’operazione meramente compilativa ma la redazione di
un testo unico, che dovrebbe porsi come un vero e proprio «codice delle leggi antimafia e delle
misure di prevenzione» ed esaurire in sé tutta la disciplina della materia.
Con riferimento alla legislazione di aggressione ai patrimoni mafiosi, si intende riordinare e
innovare la normativa antimafia, ivi compresa quella già contenuta all’interno del codice penale e
del codice di procedura penale, nonché quella relativa alle misure di prevenzione, frutto di una
copiosa e frammentaria produzione legislativa, stratificatasi nel corso degli anni in numerosi
provvedimenti … L’esigenza che con il conferimento della delega al Governo si intende soddisfare,
peraltro, non è solo quella di riordinare e conferire sistematicità alla disciplina della complessa e
delicata materia, eliminando incertezze interpretative e applicative che possano rendere meno
efficaci, anche a seguito di contenzioso, gli strumenti di contrasto disponibili, ma anche quella di
introdurre nuove disposizioni che consentano di rafforzare e rendere ancora più incisiva l’azione di
45
Cfr. la sentenza del 20 gennaio 2009, sul caso Sud Fondi s.r.l., Mabar s.r.l. e Iema s.r.l.,
21
contrasto della criminalità organizzata. A tale fine, oltre alla ricognizione e all’armonizzazione
della normativa, tra i criteri di delega è stato inserito anche quello «integrativo» dell’adeguamento
della disciplina stessa anche con riferimento alle norme inerenti all’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Il disegno di legge è stato approvato, con alcune modifiche il 27 maggio dalla Camera e,
definitivamente, dal Senato il 3 agosto 2010. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 23
agosto 2010 la legge (13 agosto 2010 n. 136) è entrata in vigore il 7 settembre 2010 47, per cui il
testo unico, in applicazione del comma 1 dell’art.1, dovrà essere emanato entro il 7 settembre 2011.
3.2 - La disciplina contenuta nella legge delega: disposizioni ricognitive e innovative.
Prevede l’art. 1, commi 2 e 3, della L. 136/10, con una formulazione ridondante e ripetitiva, che
il codice (delle leggi antimafia e) delle misure di prevenzione sia adottato realizzando una completa
ricognizione della normativa vigente oltre che l’armonizzazione e l’aggiornamento
secondo
numerosi principi e criteri direttivi elencati in modo disorganico:
a) in relazione al procedimento di applicazione delle misure di prevenzione:
1) l’autonomo esercizio dell’azione di prevenzione rispetto all’esercizio dell’azione penale;
2) l’adeguamento della disciplina dell’articolo 23-bis della legge 13 settembre 1982, n. 646,
relativa alle modalità di esercizio dell’azione di prevenzione;
3) l’applicabilità disgiunta di misure di prevenzione personali e patrimoniali;
4) l’applicabilità delle misure patrimoniali anche in caso di morte del proposto
5) la revisione organica della categoria dei destinatari delle misure di prevenzione personali e
patrimoniali;
6) il diritto del proposto di chiedere che l’udienza si svolga pubblicamente anziché in camera di
consiglio;
7) la possibilità di disporre
l’audizione dell’interessato o dei testimoni mediante
videoconferenza;
8) la disciplina delle modalità di sgombero degli immobili sequestrati e dei termini di efficacia
del sequestro;
9) la trasmissibilità, dopo l’esercizio dell’azione di prevenzione,
degli esiti delle indagini
patrimoniali al competente nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza a
fini fiscali;
b) in relazione alla misura di prevenzione della confisca dei beni:
46
47
Cfr. relazione al disegno di legge.
L’iter e i lavori preparatori sono reperibili su http://www.parlamento.it/elenchileggi/43858/92024/elencoleggi.htm.
22
1) la possibilità di disporre la confisca in ogni tempo anche se i beni sono stati trasferiti o
intestati fittiziamente ad altri;
2) la possibilità di eseguire la confisca anche nei confronti di beni localizzati in territorio
estero;
c) prevedere la revocazione della confisca di prevenzione definitiva, sulla base di determinati
presupposti;
d) prevedere che, nelle controversie concernenti il procedimento di prevenzione, l’amministratore
giudiziario possa avvalersi dell’Avvocatura dello Stato per la rappresentanza e l’assistenza
legali;
e) disciplinare i rapporti tra il sequestro e la confisca di prevenzione e il sequestro penale,
prevedendo la sostanziale prevalenza della misura di prevenzione;
f) disciplinare compiutamente la materia dei rapporti dei terzi con il procedimento di prevenzione,
prima estremamente sintetica: titolari di diritto reali, procedimenti esecutivi sui beni sequestrati,
contratti in atto nei confronti del proposto etc.;
g) disciplinare i rapporti tra il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e le
procedure concorsuali, in precedenza assente;
h) disciplinare la tassazione dei redditi derivanti dai beni sequestrati;
i) prevedere una disciplina transitoria per i procedimenti di prevenzione in ordine ai quali sia stata
avanzata proposta o applicata una misura alla data di entrata in vigore del decreto legislativo;
j) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le nuove disposizioni.
Nel Testo Unico vi saranno, dunque, disposizioni meramente ricognitive, per le quali è
consentita esclusivamente il coordinamento e l’armonizzazione e potranno ritenersi pienamente
utilizzabili (pur in presenza di modifiche meramente lessicali del precedente testo) i principi già
elaborati nel passato.
Vi saranno anche disposizioni introdotto sulla base dei principi e criteri direttivi della legge
delega che, come risulta dalla loro lettura, in parte coincidono con la normativa vigente (ad es. in
tema di autonomia dell’azione di prevenzione, di applicazione disgiunta della misura patrimoniale,
etc.), in parte sono parzialmente o completamente innovative per le quali andrà
operato
preliminarmente la compatibilità con i principi vigenti e poi verificata la portata innovativa, anche
per consentire di operare un opportuno raccordo con
giurisprudenziali eventualmente preesistenti.
23
la disciplina e gli orientamenti
In ogni caso si è in presenza di un intervento particolarmente ampio, tale da consentire al
legislatore delegato, che fino ad oggi non ha diffuso alcun testo, di intervenire con penetranti
modifiche sulla disciplina vigente.
Si procederà, premesse alcune osservazioni critiche, a un sintetico esame delle disposizioni più
significative in tema di misure patrimoniali, secondo un ordine più organico rispetto a quello
seguito dal legislatore.
3.3 - Alcune osservazioni critiche sul testo della legge delega.
Alcune scelte destano perplessità.
A)-L’assenza di principi e criteri direttivi per il sequestro e la confisca penale (art. 12 sexies L.
357/92).
Va certamente apprezzato l’obiettivo della legge, di realizzare il tanto auspicato codice delle
leggi antimafia, con armonizzazione, coordinamento e modifiche dirette a potenziare lo strumento
dell’aggressione ai patrimoni illeciti, sia attraverso il procedimento di prevenzione che quello
penale.
Ma dalla lettura del testo emerge una diversa linea di intervento tra il procedimento penale e
quello di prevenzione.
L’attività di ricognizione, armonizzazione e coordinamento riguarda (art. 1, comma 2) sia il
procedimento di prevenzione che quello penale, laddove i principi e criteri direttivi relativi alle
modifiche da introdurre sono riferiti esclusivamente alla disciplina delle misure di prevenzione (art.
1, comma 3)48.
Per tradurre in pratica l’obiettivo indicato nella relazione circa il carattere non meramente
compilativo del codice, scelta necessitata anche dai principi ormai unitari dell’amministrazione dei
beni sequestrati in sede di prevenzione e in sede penale, sarebbe stato necessario precisare principi e
criteri direttivi anche relativamente alla normativa antimafia, particolarmente con riferimento al
sequestro preventivo di cui all’ar. 12 sexies D.L. 306/92, conv. in L. 356/92.
La scelta operata comporterà, indipendentemente dall’applicabilità delle norme in materia di
48
Art. 1: comma 2.” Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato realizzando: a) una completa ricognizione
della normativa penale, processuale e amministrativa vigente in materia di contrasto della criminalità organizzata, ivi
compresa quella già contenuta nei codici penale e di procedura penale; b) l’armonizzazione della normativa di cui
alla lettera a); c) il coordinamento della normativa di cui alla lettera a) con le ulteriori disposizioni di cui alla presente
legge e con la normativa di cui al comma 3; d) l’adeguamento delle normativa italiana alle disposizioni adottate
dall’Unione europea.
Art. 1, comma 3: “3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, previa ricognizione della normativa vigente in
materia di misure di prevenzione, il Governo provvede altresì a coordinare e armonizzare in modo organico la
medesima normativa, anche con riferimento alle norme concernenti l’istituzione dell’Agenzia nazionale per
24
amministrazione previste in sede di prevenzione all’amministrazione penale, la non estensione di
alcuni principi innovativi (ad esempio in tema di tutela nel corso del procedimento per i terzi
titolari di diritti reali in buona fede) previsti in sede di prevenzione, con ulteriori disarmonie del
sistema.
B)-Un’occasione persa, la priorità dei procedimenti di prevenzione e la specializzazione del
giudice della prevenzione.
Sarebbe stata opportuna l’accelerazione del procedimento di prevenzione, nell’ottica secondo cui
non basta sequestrare, dovendo pervenirsi rapidamente ad un provvedimento definitivo, anche
nell’interesse della parte.
Nel testo della legge, però, non vi è alcun riferimento a due proposte, pur praticabili49, che
avrebbero consentito il giusto riconoscimento alla migliore e più celere trattazione dei procedimenti
di prevenzione:
a) l’estensione ai procedimenti di prevenzione patrimoniali della disciplina sulla trattazione
prioritaria dei processi (penali) di cui all’art. 132 bis disp. att. c.p.p.50;
b) la trattazione dei procedimenti previsti dalla legge n. 575 del 1965 da parte di sezioni o
collegi specializzati51 .
Una visione organica del problema della specializzazione del giudice della prevenzione, del
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, aggiornandola e
modificandola secondo i seguenti principi e criteri direttivi:….”.
49
Cfr. F. Menditto, Gli strumenti di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni di tipo
mafioso,
pag.
26,
reperibile
sul
sito
http://www.penalecontemporaneo.it/materia/3-/43-/-/357gli_strumenti_di_aggressione_ai_patrimoni_illecitamente_accumulati_dalle_organizzazioni_di_tipo_mafioso/
50
Si suggeriva, ad esempio una norma di questo tenore:
1. E' assicurata la priorità assoluta nella trattazione e nella formazione dei ruoli di udienza:
a )dei procedimenti previsti dalla presente legge;
b )dei procedimenti previsti dalla legge 22 maggio 1975, n. 152;
c) dei procedimenti aventi ad oggetto le proposte di applicazione di misure patrimoniali ai sensi degli artt. 19 della
legge 22 maggio 1975 e 1, numeri 1) e 2) della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, n. 152;
2 . I dirigenti dei tribunali avente sede nel capoluogo di provincia e delle Corti d’appello adottano i provvedimenti
organizzativi necessari per assicurare la trattazione e definizione prioritaria dei procedimenti previsti dal primo
comma e il rispetto dei termini previsti. I provvedimenti sono tempestivamente comunicati al Consiglio Giudiziario e al
Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia valutano
gli effetti dei provvedimenti adottati dai dirigenti degli uffici' sulla trattazione prioritaria, sulla durata e sul rispetto dei
termini dei procedimenti di cui alla presente legge. In sede di comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, ai
sensi dell'articolo 86 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive
modificazioni, il Ministro della giustizia riferisce alle Camere le valutazioni effettuate ai sensi del presente comma.
51
Il ridotto organico di numerosi Tribunali di capoluogo di provincia consente una specializzazione solo tendenziale, nel
senso che tutti i procedimenti in materia di prevenzione dovranno essere assegnati al medesimo collegio che, secondo le
necessità, tratterà anche ulteriori affari. Nei Tribunali di maggiori dimensioni e con un consistente carico di affari di
prevenzione potranno essere costituite (come accade oggi in alcuni uffici più sensibili alla materia, ad es. Napoli.
Palermo, Reggio Calabria) delle sezioni composte di più magistrati che tratteranno tutti i procedimenti di prevenzione e,
in via assolutamente residuale ed eventuale, secondo le necessità, ulteriori affari.
Si suggeriva, perciò, una norma di questo tenore:
“Anche al fine di dare attuazione a quanto disposto dai commi precedenti, presso gli uffici giudicanti indicati al comma
2 sono individuati, osservato il procedimento dell’art. 7 bis commi 1 e 2 del Regio Decreto 30 gennaio 1941 n. 12, i
collegi giudicanti o le sezioni che trattano in via esclusiva o prevalente i procedimenti previsti dalla presente legge,
dalla legge 22 maggio 1975 n. 152 e dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423.”
25
resto, diviene di ulteriore drammatica attualità con la riconosciuta prevalenza del sequestro di
prevenzione su quello penale e con l’attribuzione di ulteriori competenze in ordine al
riconoscimento dei diritti dei creditori di buona fede.
3.4 - Le disposizioni relative alle misure personali (rilevanti anche per le misure patrimoniali).
Il numero estremamente limitato di disposizioni relative alle misure personali conferma la
maggiore attenzione del legislatore per le misure patrimoniali, ritenute particolarmente efficaci
nell’azione di contrasto alla criminalità.
E’ opportuna una rapida disamina di tali disposizioni per l’evidente incidenza sulle misure
patrimoniali.
3.4.1- L’autonomia dell’azione di prevenzione.
Con una disposizione di carattere generale, che si riferisce alle misure personali e patrimoniali, si
stabilisce che l’azione di prevenzione può essere esercitata anche indipendentemente dall’esercizio
dell’azione penale (art. 1, lett. a), n. 1).
Trattasi di principio già pacifico anche sulla base della vigente disciplina, sicchè ben potrà il PM
(unico organo proponente titolare anche dell’esercizio dell’azione penale) promuovere il
procedimento di prevenzione (personale e/o patrimoniale) indipendentemente dall’esercizio
dell’azione penale (e/o anche con riferimento alla richiesta di sequestro e confisca dei beni in tale
sede).
3.4.2- L’obbligatorietà dell’azione di prevenzione?
Andrà adeguata la disciplina di cui all’articolo 23-bis della legge 13 settembre 1982, n. 646, e
successive modificazioni (art. 1, comma 3, lett. a), n. 2).
Tale disposizione prevede che quando si procede nei confronti di persone imputate del delitto di
cui all’art. 416-bis c.p. o del delitto di cui all’art. 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685 (oggi art.
74 DPR 309/90) il PM ne dà senza ritardo comunicazione al procuratore della Repubblica
territorialmente competente per il promovimento, qualora non sia già in corso, del procedimento
per l’applicazione di una misura di prevenzione, ai sensi della legge 575/1965.
Dalla lettura dei lavori preparatori si comprende che si intende adeguare la norma alle modifiche
legislative intervenute successivamente, con particolare riferimento all’ampliamento delle categorie
di persone destinatarie delle misure di prevenzione e alle autorità competenti a dare impulso al
procedimento di applicazione.
Non vi è dubbio che col tempo sono state ampliate le fattispecie soggettive rilevanti 52 così come
vi è una pluralità di organi competenti ad avanzare la proposta al Tribunale (capoluogo di
52
Cfr. supra, paragrafi 2.1, 2.2, 2.3.
26
provincia)53.
L’attuale articolata composizione di organi proponenti, unita al fatto che l’art. 23-bis della legge
13 settembre 1982, n. 646 è stata da taluni interpretata come impositiva dell’obbligatorietà
dell’azione di prevenzione personale (a eguale conclusione si giunge per l’azione patrimoniale in
base al disposto dell’art. 2 bis, comma 1, L. 575/65), rischia che anche nella stesura del testo
delegato si giunga a tale conclusione, con un inutile “ingolfamento” del procedimento di
prevenzione (personale e patrimoniale).
Il procedimento di prevenzione è uno strumento delicato e impegnativo, anche sotto il profilo
delle risorse necessarie, in particolare nel settore patrimoniale. Di conseguenza occorre prevedere
una disciplina che consenta di concentrare l’impegno nei settori più impegnativi, specificamente
quello patrimoniale, evitando un “dilagare” di procedimenti che inevitabilmente rallenterebbero
quelli più rilevanti.
Prevedere l’obbligatorietà dell’azione di prevenzione (personale e personale e/o patrimoniale) in
mancanza di un principio costituzionale analogo a quello di obbligatorietà dell’azione penale (art.
112 della Costituzione) rischia di rendere ingestibile il procedimento.
Non si ignora che la discrezionalità in tale materia rischia di creare disomogeneità e
diseguaglianze, oltre che un uso non controllabile del relativo potere (che, peraltro, coinvolge anche
organi amministrativi quali il Questore e il Direttore della Direzione investigativa antimafia), ma è
opportuno -quanto meno- riflettere sull’adozione di meccanismi deflattivi che disciplinino la
possibilità di non dare corso all’azione di prevenzione.
3.4.3 - La ridefinizione delle categorie soggettive di destinatari delle misure.
53
A seguito delle modifiche introdotte dal DL 92/08, conv. con L. 125/08, e dalla L. 94/09 (che ha corretto
imprecisioni e omissioni presenti nel citato DL):
 ai sensi dell’art. 2 della legge 575/65 la competenza a proporre l’applicazione delle misure di prevenzione
(personale e patrimoniale) nei confronti dei soggetti previsti dall’art. 1 della l. 575/65 (indiziati di associazione
mafiosa e di uno dei reati di cui all’art. 51 comma 3-bis c.p.p. e dell’art. 12-quinquies, comma 1, del decretolegge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356):
a) viene confermata per il procuratore nazionale antimafia (per persone dimoranti nell’intero territorio
nazionale) e per il questore (competente con riferimento alla dimora la persona che, pur se non
espressamente richiamata, si desume dall’ordinaria competenza dal questore di cui all’art. 4 della L.
1423/56;
b) viene estesa al Direttore della Direzione investigativa antimafia (per persone dimoranti nell’intero
territorio nazionale), anche se a tale organo era già attribuito il potere di proposta, pur se per delega del
Ministro dell’Interno;
c) viene estesa al Procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto (Procuratore
distrettuale) ove dimora la persona che, in precedenza, era competente solo per il proprio circondario;
d) viene esclusa, rispetto al testo previgente, per il procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui
circondario dimora la persona.
 la competenza a proporre l’applicazione delle misure di prevenzione (personale e patrimoniale -per i soli
soggetti di cui all’art. 1, nn. 1 e 2)- ai sensi della L 1423/56 è attribuita:
a) al Questore nella cui provincia la persona dimora, ai sensi dell’art. 4, comma 1, della medesima legge;
b) al Procuratore del Circondario (e, dunque, il Procuratore distrettuale nell’ambito del suo circondario), in
forza dell’espresso dettato del nuovo testo dell’art. 19 della L. 152/75.
27
Con una norma particolarmente felice nella sua formulazione si prevede (art. 1, comma 3, lett.
a), n. 5), prima parte) una risistemazione organica dei soggetti destinatari delle misure di
prevenzione personali (e patrimoniali) ancorandone la previsione a presupposti chiaramente definiti
e riferiti in particolare all'esistenza di circostanze di fatto e alla sussistenza del requisito della
pericolosità del soggetto.
Lo stratificarsi nel tempo di numerose norme ha fatto si che in diverse disposizioni e in modo
disorganico siano previste le categorie di soggetti destinatari di misure personali, di cui solo alcuni
oggetto anche di misure patrimoniali (talvolta sulla base di interpretazioni non proprio agevoli).
Solo a titolo esemplificativo la disciplina vigente prevede:
a) l’applicabilità delle misure personali alle categorie soggettive previste:
 dall’art. 1, nn. 1, 2 e 3, della legge 1423/56 (c.d. pericolosità semplice o generica);
 dall’art. 1 della L. 575/65 (c.d. pericolosità qualificata o antimafia);
 da altre normative, generalmente assimilate a quella di cui alla L. 575/6554.
b) L’applicabilità delle misure patrimoniali alle categorie soggettive previste:
 dall’art. 1, nn. 1, 2, della legge 1423/5655;
 dall’art. 1 della L. 575/65 (c.d. pericolosità qualificata o antimafia);
 da altre normative assimilate a quella di cui alla L. 575/6556.
La disposizione, con un’efficace sintesi, individua le caratteristiche necessarie per l’applicabilità
della misura personale (e, dunque, presupposto di quella patrimoniale) che possono così
riassumersi:
a) l’appartenenza ad una delle categorie soggettive previste dalla legge (“definizione in
maniera organica della categoria dei destinatari delle misure”).
Il primo presupposto per l’applicazione di una misura di prevenzione personale consiste
nel verificare la riconducibilità della persona a una delle categorie soggettive espressamente
delineate dal legislatore. Sono gli artt. 13 e 25, terzo comma, della Costituzione a richiedere
che il giudizio prognostico di pericolosità debba, in primo luogo, trovare il presupposto
necessario in specifiche fattispecie di pericolosità (categorie soggettive) previste dalla
legge57.
La diversità delle misure di prevenzione rispetto alla pena comporta che nella descrizione
delle fattispecie si proceda con diversi criteri da quelli relativi alla determinazione degli
54
Art. 18 della L. 152/75 (come modificato dal DL 144/2005, conv. con L. 155/05), Art. 7-ter L. 401/89.
Principio ormai pacifico (da ultimo SS.UU sentenza n. 13426/10, Cagnazzo).
56
Art. 18 della L. 152/75 (come modificato dal DL 144/2005, conv. con L. 155/05), art. 7-ter L. 401/89.
57
Principio pacifico, affermato dalla Corte costituzionale già con le sentenze nn. 2/57, 11/57 e 27/57.
55
28
elementi costitutivi di una fattispecie di reato, potendosi fare riferimento anche a elementi
presuntivi, corrispondenti in ogni caso a comportamenti obiettivamente identificabili58.
b) la pericolosità per la sicurezza pubblica, tale da rendere necessaria una particolare
vigilanza da parte degli organi di pubblica sicurezza (“ancorandone la previsione …alla
sussistenza del requisito della pericolosità del soggetto”).
c) l’attualità della pericolosità sociale (come si desume dall’art. 1, comma 3, lett. a), n. 3),
secondo cui per le sole misure patrimoniali si prescinde “dalla pericolosità sociale del
soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di
prevenzione”.
Si precisa, in applicazione di principi fissati dalla Corte costituzionale a partire dalla sentenza
n. 2 del 1956, che la individuazione delle categorie soggettive e della pericolosità dovrà essere
ancorata a presupposti chiaramente definiti e riferiti in particolare all'esistenza di circostanze
di fatto.
In definitiva saranno applicabili tutti i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di
pericolosità, di attualità della pericolosità, di indizio rilevante e di elementi di fatto utilizzabili nel
giudizio di prevenzione59, col conseguente riconoscimento di numerosi altri principi (in tema di
autonomia del giudizio di prevenzione, di giudicato rebus sic stanti bus, etc.).
3.5 - Le indagini patrimoniali.
Pur se viene introdotto un principio (art. 1, comma 3, lett a), n 5, seconda parte) circa la
possibilità di svolgere indagini patrimoniali dirette a svelare fittizie intestazioni o trasferimenti dei
patrimoni o dei singoli beni, nulla di innovativo viene previsto rispetto alla vigente disciplina che
consente, sulla base di diverse disposizioni (oggetto di ricognizione, coordinamento e
armonizzazione), penetranti attività investigative.
Si prevede (art. 1, comma 3, lett. a) n. 9) che dopo l’esercizio dell’azione di prevenzione,
previa autorizzazione del pubblico ministero, gli esiti delle indagini patrimoniali siano trasmessi al
competente nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza a fini fiscali,
rendendo obbligatorio ciò che in precedenza costituiva una facoltà e rimessa alla discrezionalità
degli organi procedenti.
La norma, peraltro, svela ancora una volta la scarsa conoscenza dei meccanismi del
procedimento di prevenzione perché solo il Tribunale e non il PM), competente all’emissione della
misura patrimoniale, è in condizione di valutare il momento in cui le indagini patrimoniali possono
58
Corte cost. sent. n. 23 del 1964
29
essere utilizzate in sede amministrativa ove l’interessato potrebbe intervenire e avere cognizione
indirettamente del procedimento di prevenzione.
In ogni caso le indagini patrimoniali potranno essere trasmesso non prima della fissazione
dell’udienza camerale per la confisca, momento in cui sorge il diritto dell’interessato a prendere
cognizione di tutti gli atti del procedimento.
3.6 - I presupposti del sequestro e della confisca: soggettivi e oggettivi.
3.6.1 - I presupposti soggettivi: la conferma dell’applicazione disgiunta e del fondamento delle
misure patrimoniali.
E’ noto che per adottare la misura patrimoniale è necessario verificare preliminarmente (sia
nella sede cautelare del sequestro che in quella del contraddittorio della confisca), prima ancora dei
presupposti oggettivi (disponibilità e provenienza dei beni) la ricorrenza di quelli soggettivi, vale a
dire la riconducibilità della persona a una delle categorie soggettive che consentono l’applicabilità
della misura reale.
Un sommario esame delle disposizioni previste dalla legge delega non sembra introdurre
particolari novità rispetto alla disciplina vigente.
L’art. 1, comma 3, lett a) nn. 3) e 4) richiama integralmente (sostituendo solo un impreciso
approvate a applicate) il vigente art. 2 bis, comma 6 bis, L. 575/65: “le misure di prevenzione
personali e patrimoniali possano essere richieste e approvate disgiuntamente e, per le misure di
prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la
loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione (n. 3), le misure
patrimoniali possano essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro
applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga nel corso del procedimento, che esso prosegua nei
confronti degli eredi o, comunque, degli aventi causa (n. 4)”.
La natura anche ricognitiva del testo unico sembra scongiurare l’implicita abrogazione
dell’ipotesi (autonomamente disciplinata dall’art. 2-ter, comma 11, L. 575/65) non richiamata nei
principi direttivi della proposta avanzata nei confronti degli eredi o aventi causa non oltre i cinque
anni dalla morte del soggetto che acquisì illecitamente i beni (all’epoca pericoloso), deceduto
ancora prima della proposizione dell’azione. Ipotesi che, peraltro, sembra destare non infondati
rilievi di compatibilità con la Costituzione e la CED60.
59
Per un esame di tali principi cfr. decreto n. 276/2010/A del 9.12.10 del Tribunale di Napoli, citato supra in nota n. 39.
Cfr.l’analisi contenuta nella relazione “ Le misure di prevenzione patrimoniali dopo le leggi 125/08 e 94/09:
standars probatori, motivazione del provvedimento, applicazione disgiunta dalla misura personale e profili di
compatibilità costituzionale.” reperibile http://appinter.csm.it/incontri/relaz/21332.pdf.
Si segnala che il tribunale di SMCV ha recentemente proposto la questione alla Corte costituzionale.
60
30
Le disposizioni della legge delega richiamano inequivocabilmente il principio di applicazione
disgiunta della misura patrimoniale, di cui si è ampiamente detto in precedenza; principio
richiamato anche dall’art. 1, comma 3, lett. a), n. 5), prima parte, -in precedenza esaminato- in cui il
requisito della pericolosità del soggetto è richiesto per le sole misure personali (e non per quelle
patrimoniali pure richiamate nella norma).
Peraltro il principio previsto dall’art. 1, comma 3, lett. a), n. 5), prima parte sembra contenere
una più ampia portata, oltre che un’evidente imprecisione.
In primo luogo va scartata una interpretazione, pure possibile sulla base del dettato letterale
(“venga definita in maniera organica la categoria dei destinatari delle misure di prevenzione
personali e patrimoniali, ancorandone la previsione a presupposti chiaramente definiti e riferiti in
particolare all'esistenza di circostanze di fatto che giustificano l'applicazione delle suddette misure
di prevenzione e, per le sole misure personali, anche alla sussistenza del requisito della
pericolosità del soggetto”), diretta a svincolare la misura patrimoniale dall’esistenza (sempre e
comunque) della pericolosità del soggetto. E’ evidente, infatti, che il richiamo del requisito della
pericolosità sociale riferito alle sole misure personali va letto in stretta correlazione col precedente
n. 3 che per le misure patrimoniali esclude la necessità dalla pericolosità sociale del soggetto al
momento della richiesta della misura di prevenzione. Insomma, è chiaro che il legislatore delegato
si limita a recepire il principio oggi vigente di applicazione disgiunta della misura patrimoniale,
così come ricostruito in precedenza, consentendo il sequestro e la confisca di beni pur se il proposto
non è più pericoloso (ma in passato lo è stato).
Sembra, però, che il principio formulato dal n. 5), prima parte, sia idoneo ad avere una più
ampia portata perché lega indissolubilmente sotto il profilo normativa misura personale e
patrimoniale. In altre parole si svela l’intimo legame tra pericolosità personale del soggetto quale
presupposto (non necessariamente esistente al momento della proposta e della successiva
applicazione ma esistente) della misura patrimoniale. Ciò significa non solo che i presupposti di
applicabilità della misura personale, pur se non attuali, devono comunque esistere (e vanno
accertati incidentalmente) per farsi luogo alla misura patrimoniale ma anche che quest’ultima,
discendendo dalla prima, non può che avere ad oggetto beni che siano stati acquisiti nel corso della
manifestazione della pericolosità (ovvero che ne costituiscano il reimpiego). Non possono,
insomma, essere colpiti beni acquistati prima della manifestazione della pericolosità perché viene
meno la ragione (derivazione dalla pericolosità) che ne costituisce la ragion d’essere.
Si trova conferma, dunque, del fondamento delle misure patrimoniali che non può ricondursi a
una mera funzione sanzionatoria, sia pure di carattere atipico, (principio estraneo alla materia della
31
prevenzione) bensì a un meccanismo di aggressione di beni di illecita provenienza derivante non
dalle intrinseche caratteristiche di pericolosità che i beni ma nel rapporto intercorrente tra gli stessi
e determinati soggetti socialmente pericolosi che proprio in ragione della pericolosità manifestata li
hanno acquistati.
Ne consegue che sulla genesi (illecita) dell’acquisto non influiscono gli eventi successivi in tema
di pericolosità, ivi compresa la non attualità (con la conseguente inapplicabilità della misura
personale), perché il soggetto (che era pericoloso) continuerebbe a trarre dalla disponibilità dei beni
un vantaggio geneticamente illecito. Solo il trasferimento a persona in buona fede (e tra questi non
può rientrare l’erede su cui, legislativamente, si ripercuote l’acquisto illecito del bene da parte del
de cuius) fa venire meno il difetto genetico autorizzando, peraltro, il sequestro per equivalente 61 per
evitare, comunque, il protrarsi di un illecito arricchimento (derivato) da parte del soggetto.
3.6.2 - I presupposti oggettivi.
Non vi sono norme specifiche sui presupposi del sequestro e della confisca (disponibilità diretta
o indiretta dei beni in capo al proposto e provenienza illecita dei beni) se non (art. 1, comma 3, lett.
b) che la misura patrimoniale può essere disposta in ogni tempo anche se i beni sono stati
trasferiti o intestati fittiziamente ad altri.
Trattasi di una disposizione meramente ricognitiva che consentirà l’applicazione dei principi
elaborati dalla giurisprudenza in tema di sequestro e confisca.
3.7 - Il rapporto tra sequestro penale e sequestro di prevenzione.
Oggi i rapporti tra misura cautelare (penale) ex art. 12 sexies e misura patrimoniale di
prevenzione sono disciplinati dall’art. 2-ter, comma 9, della L. 575/65, secondo cui possono trovare
applicazione entrambi gli strumenti prevalendo il provvedimento emesso nel processo penale 62, con
sospensione (di diritto) di quello di prevenzione. Nel caso in cui la confisca penale divenga
definitiva cessano (di diritto) gli effetti del sequestro o della confisca di prevenzione. Naturalmente
se non vi è piena coincidenza dei beni la sospensione e l’estinzione operano solo con riferimento ai
beni oggetto di entrambi i provvedimenti.
La legge delega si pone in un’ottica condivisibile prevedendo la prevalenza del sequestro di
prevenzione, seppur con alcune imprecisioni su cui potrà intervenire il legislatore delegato.
L’art. 1, comma 3, lett e) disciplina i rapporti tra il sequestro e la confisca di prevenzione e il
sequestro penale, prevedendo che:
1) il sequestro e la confisca di prevenzione possano essere disposti anche in relazione a beni
61
Previsto opportunamente dall’art. 2 ter, comma 10, L. 575/65.
La disposizione si riferisce a qualsivoglia sequestro penale, quindi anche nel caso di sequestro disposto ai sensi di
altre norme (es. ex art. 321 c.p.p.).
62
32
già sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale;
2) nel caso di contemporanea esistenza di un sequestro penale e di un sequestro di
prevenzione in relazione al medesimo bene, la custodia giudiziale e la gestione del bene
sequestrato nel procedimento penale siano affidate all’amministratore giudiziario del
procedimento di prevenzione, il quale applica, anche con riferimento a detto bene, le
disposizioni in materia di amministrazione e gestione previste dal decreto legislativo di cui al
comma 1, prevedendo altresì, a carico del medesimo soggetto, l’obbligo di trasmissione di
copia delle relazioni periodiche anche al giudice del procedimento penale;
3) in relazione alla vendita, all’assegnazione e alla destinazione dei beni si applichino le
norme relative alla confisca divenuta definitiva per prima;
4) se la confisca di prevenzione definitiva interviene prima della sentenza irrevocabile di
condanna che dispone la confisca dei medesimi beni in sede penale, si proceda in ogni caso
alla gestione, alla vendita, all’assegnazione o alla destinazione dei beni secondo le disposizioni
previste dal decreto legislativo di cui al comma 1.
Pur se non appare espressamente disciplinata l’ipotesi di successivo sequestro di prevenzione, i
principi posti consentono di affermare che in tale caso subentra l’amministratore nominato dal
giudice della prevenzione (se diverso da quello nominato in sede penale).
Il dettato normativo, peraltro, sembra delineare una diversità di principi in tema di
amministrazione giudiziaria e destinazione dei beni confiscati nell’ambito del procedimento di
prevenzione o penale, non tenendo puntualmente conto che le recenti modifiche normative63
equiparano integralmente le disposizioni relative ai due procedimenti con riferimento ai sequestri e
confische adottati ai sensi dell’art. 12 L. 356/92 e dell’art. 321 c.p.p. per delitti previsti dall’art. 51,
co. 3 bis, c.p.p. Vi è diversità solo per i sequestri e confische emessi con riferimento a reati non
compresi nell’art. 51 comma 3 bis c.p.p. in forza dell’art. 12 sexies L. 356/92 (per i quali, però, le
disposizioni in materia di misure di prevenzione si applicano in quanto compatibili 64) ovvero
dell’art. 321 c.p.p. (per i quali le norme in materia di misure di prevenzione si applicano per
analogia).
3.8 - L’esecuzione del sequestro: lo sgombero degli immobili e i beni ubicati all’estero.
3.8.1 - Lo sgombero degli immobili.
L’art. 1, comma 3, lett a) n. 8.1) prevede che si disciplinino i casi e i modi in cui sia possibile
procedere allo sgombero degli immobili sequestrati.
63
In tal senso l’art. 4 bis, primo periodo, dell’art. 12 sexies del D.L. 306/92 conv. in L. 356/92 e la il D.L. 4/10, conv.
in L. 50/10 istitutiva dell’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalità organizzata);
33
L’esecuzione del sequestro degli immobili oggi avviene ai sensi degli artt. 2-quater L. 575/65 e
104 lett. b) disp. att. c.p.p. “con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici”.
Quanto all’immissione in possesso si applicano, presso alcuni Tribunali, le norma previste per
l’esecuzione degli obblighi di fare di cui agli artt. 612-614-c.p.c., sostituendosi al giudice
dell’esecuzione il giudice delegato, con intervento dell’ufficiale giudiziario cui viene attribuita
l’assistenza, quale forza pubblica, della polizia giudiziaria intervenuta nella fase della proposta:
personale della Questura ovvero Carabinieri o Guardia di Finanza, con alcuni problemi pratici in
quest’ultimo caso atteso che la Guardia di Finanza ha solo compiti di concorso in materia di ordine
pubblico.
Peraltro l’art. 2 sexies, comma 8, della L. 575/65 (nel testo non ancora vigente65) stabilisce che
“l'amministratore viene immesso nel possesso dei beni sequestrati, ove occorre, per mezzo della
polizia giudiziaria”, sicchè appare opportuno che il legislatore delegato precisi se intende
estromettere completamente dalla fase dell’immissione in possesso, che riguarda ogni bene
immobile (laddove lo sgombero interessa solo gli immobili abitati dal proposto ed eventualmente
dal terzo intestatario), l’ufficiale giudiziario.
Sarà opportuno, inoltre, prevedere se lo sgombero riguardi solo il proposto o anche i terzi
intestatari che abitano l’immobile e i familiari del proposto (e/o del terzo intestatario) che vantino
un comodato gratuito.
3.8.2 - I beni ubicati all’estero.
L’art. 1, comma 3, lett. b) n. 2) prevede di disciplinare l’ipotesi in cui “la confisca possa essere
eseguita anche nei confronti di beni localizzati in territorio estero”.
Si tratta di un’ipotesi più volte esaminata dalla giurisprudenza di merito e che si scontra con le
vigenti disposizioni internazionali che consentono generalmente il riconoscimento e l’esecuzione di
un provvedimento reale su beni esistenti all’estero solo se fondato sulla commissione di reati, non
conoscendo altri sistemi la materia delle misure di prevenzione.
Le misure di prevenzione rappresentano, sostanzialmente, un unicum nel panorama giuridico
internazionale perché tendono a colpire il patrimonio della persona pericolosa indipendentemente
dall’accertamento di un commesso reato.
La diffusa esigenza di introdurre misure svincolate all’accertamento di un nesso causale tra i
beni da confiscare e il reato ha indotto alcuni ordinamenti a introdurre diversi sistemi non
64
In forza del disposto dell’art. 12 sexies, comma 4 bis, secondo periodo, L. 356/92.
Ai sensi dell’art. 7, comma 3, del DL 4/10, conv. dalla L. 50/10, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti
previgenti fino alla data di entrata in vigore dell'ultimo dei regolamenti previsti dall'articolo 4 dello stesso DL, ad oggi
non ancora emanati
65
34
facilmente assimilabili alle misure di prevenzione66.
Si possono ricordare alcune legislazioni di paesi anglosassoni che prevedono sistemi di confisca
di beni attraverso azioni definite actio in rem che si sviluppano attraverso meccanismi probatori più
assimilabili al diritto civile che al diritto penale, legati o meno all’accertamento della responsabilità
penale67.
Ma l’assenza di una condanna in sede penale rende problematico il riconoscimento all’estero del
sequestro e della confisca di prevenzione68, sempre che non esista un apposito trattato bilaterale69.
Nella pratica si registrano rari casi di esecuzione di misure di prevenzione patrimoniali all’estero,
fatti scaturire o dal
richiamo nel provvedimento di prevenzione dell’intervenuto parallelo
accertamento operato con una sentenza penale di condanna70 ovvero dall’assimilazione ad analoghi
istituti71.
Non sembra utile il richiamo contenuto nei lavori preparatori all’art. 50 della legge comunitaria
2008 (legge 7 luglio 2009, n. 88) che ha delegato il Governo ad attuare entro un anno la decisione
quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006 (che segue e richiama quella 2005/212/GAI
del 2 febbraio 2005), relativo all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle
decisioni di confisca. Trattasi di normativa applicabile solo ai sequestri e alle confische disposte nel
processo penale.
Peraltro la dimensione economica transazionale che la criminalità organizzata sta assumendo,
spinge l’ordinamento europeo ed internazionale in una duplice direzione: l’introduzione o il
66
Cfr. diffusamente gli scritti di A. M. Maugeri, da ultimo in Le Sanzioni patrimoniali come moderno strumento di lotta
contro il crimine: reciproco riconoscimento e prospettive di armonizzazione, Giuffrè, 2008.
67
Nel Regno Unito la procedura di confisca segue la condanna (cfr. pagg. 3 e 4 del volume Assistenza dei procuratori
del regno Unito nei casi sui proventi di reato).
Negli Stati Uniti secondo la civil forfeiture è sufficiente la dimostrazione iniziale, da parte dell’accusa, di una probable
cause (cioè una base ragionevole per ritenere probabile che il bene sia stato acquistato con proventi illegali, sostenuta da
elementi che, pur non raggiungendo il livello di prova prima facie, fondino qualcosa di più di un mero sospetto), per
spostare l’onere probatorio sulla difesa che deve portare elementi che denotano l’estraneità del bene alla dinamica
delittuosa, o la sua appartenenza ad un proprietario inconsapevole. Si tratta di un procedimento in cui non si discute
della responsabilità della persona e il giudizio sulla confiscabilità del bene viene pronunziato sulla base della regola,
tipicamente civilistica, della preponderance of evidence, ove prevale la parte che può supportare la propria tesi con un
grado di verosimiglianza superiore all’attendibilità dell’ipotesi contraria. La Corte Suprema ha ritenuto il giudizio con i
principi del diritto statunitense in quanto la prova al di là di ogni ragionevole dubbio è generalmente applicabile solo in
procedimenti di stretta natura criminale, che coinvolgono la vita o la libertà.
68
Cfr., G. Melillo, L’esecuzione all’estero delle misure di prevenzione patrimoniali, in Questione Giustizia, 2004, pagg.
771 e ss.
69
Come nel caso dell’Accordo del 16 maggio 1990 tra Italia e Regno Unito in materia di mutua assistenza relativa al
traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope e di sequestro e di confisca dei proventi, ove si prevede espressamente
l’eseguibilità anche dei decreti applicativi di misure di prevenzione patrimoniali.
Il trattato è reperibile sul sito http://untreaty.un.org/unts/120001_144071/6/10/00005018.pdf
70
Caso Crisafulli (decreto del Tribunale di Milano del 13.11.98), esaminato dalla Corte di Cassazione francese con
sentenza del 15.11.2003.
71
Caso C.A. esaminato dal Tribunale federale della Svizzera con sentenza del 22.12 2010, secondo cui la procedura di
prevenzione patrimoniale italiana presenta una similitudine sufficiente con le procedure di confisca previste o
riconosciute dal diritto svizzero. Poiché essa presuppone l'esistenza di un'infrazione penale e un legame tra essa e i
35
rafforzamento di forme di confisca allargata assimilabili alle misure di prevenzione patrimoniali, e
la tendenza ad adeguare la cooperazione tra gli Stati con il più ampio riconoscimento dei
provvedimenti emessi secondo le diverse legislazioni nazionali72.
Essendo auspicabile l’ampliamento degli strumenti internazionali di riconoscimento del
sequestro e della confisca di prevenzione (attualmente allo studio) si potrà prevedere come
l’amministratore dovrà esercitare i propri compiti su beni ubicati all’estero
3.9. Le norme sul procedimento.
3.9.1 - La mancata accelerazione del procedimento di prevenzione, anzi il suo tendenziale
rallentamento.
Da più parti era stata rappresentata la necessità di accelerare i procedimenti finalizzati alla
confisca dei beni.
In considerazione della problematicità d’interventi acceleratori sui processi penali (che
coinvolgendo la criminalità organizzata richiedono inevitabilmente tempi estremamente lunghi), si
suggeriva di concentrare le proposte sul procedimento di prevenzione (con durata media di oltre 6
anni) prevedendo la fissazione di termini di definizione per il procedimento di appello, attualmente
non previsti, mediante una disciplina che, con gli opportuni adattamenti, richiamasse quella vigente
per il giudizio di primo grado. Si era verificato, infatti, che spesso in grado di appello i procedimenti
avevano durata estremamente lunga, con inevitabile aggravio dei costi dell’amministrazione e
rischio di depauperamento dei beni.
L’art.1, comma 3, lett a), n. 8.2) prevede “che il sequestro perda efficacia se non viene disposta
la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte
dell’amministratore giudiziario e, in caso di impugnazione del provvedimento di confisca, se la
corte d’appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso”
Si prevede, dunque, la fissazione di termini per il giudizio di prevenzione d’appello, ma con
gravi limiti:
-viene ampliato il termine di durata del procedimento di primo grado, che passa da un anno a un
anno e sei mesi;
-si fissa per il giudizio d’appello, di più semplice celebrazione rispetto a quello di primo grado, un
termine analogo e non più breve;
Il “segnale” complessivo che si coglie è di un sostanziale allungamento del procedimento.
beni da confiscare, la stessa può essere assimilata a una "causa penale" ai sensi delle citate norme della AIMP.
Sentenza reperibile sul sito http://jumpcgi.bger.ch/cgi-bin/JumpCGI?id=22.12.2010_1C_563/2010
72
A.M. Maugeri, Relazione all’incontro di studi organizzato dal CSM , reperibile sul sito
http://appinter.csm.it/incontri/relaz/11482.pdf
36
Peraltro, al punto 8.3) si prevede che i termini possano essere prorogati, anche d’ufficio, con
decreto motivato per periodi di sei mesi, e per non più di due volte, in caso di indagini complesse o
compendi patrimoniali rilevanti, escludendosi che, come oggi previsto, si tenga “ conto delle cause
di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura
penale, in quanto compatibili”. Il legislatore delegato dovrà colmare la disciplina in considerazione
della natura anche ricognitiva del Testo Unico.
3.9.2 - Le norme sul procedimento: la tutela dei terzi.
Prevede l’art. 1, comma 3, lett. f) n. 3.1) che “i titolari di diritti di proprietà e di diritti reali o
personali di godimento sui beni oggetto di sequestro di prevenzione siano chiamati nel
procedimento di prevenzione entro trenta giorni dalla data di esecuzione del sequestro per svolgere
le proprie deduzioni; che dopo la confisca, salvo il caso in cui dall’estinzione derivi un pregiudizio
irreparabile, i diritti reali o personali di godimento sui beni confiscati si estinguano e che
all’estinzione consegua il diritto alla corresponsione di un equo indennizzo.
Va premesso che si esaminano solo le problematiche relative al procedimento (si vedrà oltre la
tutela accordata ai creditori in sede di amministrazione giudiziaria e confisca definitiva) e, in
particolare, la facoltà di intervento dei terzi (non destinatari della misura patrimoniale quali terzi
apparenti titolari per conto del proposto, per i quali è previsto l’obbligo di chiamarli in giudizio73)
nel procedimento per fare valere i loro diritti nel corso del procedimento (udienza camerale)
finalizzato alla confisca.
Il tema si interseca con la tutela, in genere, dei terzi non raggiunti dal provvedimento, un tema
privo di disciplina per lungo tempo, già oggetto di attenzione durante i lavori della Commissione
Fiandaca, operante nella XIII legislatura, esaminato più volte dalla giurisprudenza, su cui il
legislatore è intervenuto solo recentemente (art. 2 ter, comma 5, secondo periodo, L. 575/6574).
In generale va ricordato che la difficoltà della regolamentazione deriva dal problema di
conciliare la tutela dei diritti dei terzi con la prevenzione dei rischi derivanti da precostituzione di
posizioni creditorie di comodo che consentano di aggirare gli esiti dell’azione di prevenzione. A ciò
si aggiunge la necessità di evitare appesantimenti del procedimento di prevenzione derivanti dalla
necessità di accertare la buona fede dei terzi ovvero di rallentare o bloccare il procedimento di
destinazione dei beni confiscati definitivamente a causa di diritti di garanzia iscritti75.
73
Art. 2 ter, comma 5, primo periodo, L. 575/65.
Norma, introdotta dal D.L. 4/10, conv. dalla L. 50/10, non è ancora operativa, come già rilevato, in quanto ai sensi
dell’art. 7, comma 3, del DL citato, come convertito, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti previgenti fino
alla data di entrata in vigore dell'ultimo dei regolamenti previsti dall'articolo 4 dello stesso DL, ad oggi non ancora
emanati.
75
Nella Relazione della Commissione antimafia sullo stato di attuazione della normativa e delle prassi applicative in
materia di sequestro, confisca e destinazione dei beni della criminalità organizzata, approvata nella XV legislatura,
(DOC XXIII, n. 3) si legge: “la mancanza di chiarezza della legge, però, pone di fronte all’interrogativo sul limite oltre
74
37
L’attuale approdo normativo e giurisprudenziale può sintetizzarsi nei seguenti termini:

non è previsto l’obbligo di chiamare in giudizio i terzi titolari di diritti reali non raggiunti, quali
terzi intestatari, dal provvedimento di sequestro o confisca: comproprietari in quota indivisa,
proprietari di beni con riferimento ai quali sono stati sequestrati diritti reali di godimento 76 o
diritti reali di garanzia77 (ipotesi rara), titolari di diritti reali di godimento o di diritti reali di
garanzia ovvero di diritti personali di godimento78;

i comproprietari in quota indivisa e i titolari di diritti reali di godimento o di garanzia, ai sensi
dell’art. 2 ter, comma 5, secondo periodo della L. 575/6579, possono intervenire nel
procedimento al fine dell'accertamento di tali diritti nonche' della loro buona fede e
dell'inconsapevole affidamento nella loro acquisizione; il tribunale può, con il consenso
dell'amministrazione interessata, determinare la somma spettante per la liberazione degli
immobili dai gravami ai soggetti per i quali siano state accertate le predette condizioni;

secondo la giurisprudenza (penale) i titolari di diritti di credito garantiti da diritti reali di
garanzia (trascritti anteriormente al sequestro) possono agire in sede risarcitoria (ma mai sul
bene) previo accertamento della buona fede e dell’inconsapevole affidamento nella loro
acquisizione. Tale accertamento va operato dal giudice della prevenzione successivamente alla
confisca definitiva ovvero intervenendo nel giudizio. Vi è, peraltro, contrasto tra le sezioni
penali e le sezioni civili della Suprema Corte sulla sospensione (e successiva estinzione all’esito
della confisca definitiva) del procedimento esecutivo di espropriazione immobiliare intrapreso
dal titolare del diritto reale di garanzia (ipoteca) sul bene oggetto di sequestro, con concreto
il quale l’intento di sottrarre il bene al circuito economico criminale non possa compromettere i diritti del terzo; tale
interrogativo assume specifico rilievo in alcune particolari situazioni quale, ad esempio, il caso in cui il terzo creditore
vanti un’ipoteca sul bene confiscato e la trascrizione della garanzia sia stata trascritta antecedentemente a quella del
provvedimento di sequestro. Come è risultato nella prassi, tale genere di situazioni non solo non è infrequente, ma
genera ritardi notevoli nella procedura di destinazione all’esito della confisca e, di fatto, concorre ad attenuare
notevolmente l’efficacia della disciplina e gli effetti di restituzione dei beni illecitamente costituiti alla collettività.
Occorre, inoltre, considerare la possibilità che il soggetto indiziato di mafia precostituisca dei creditori di comodo,
muniti di titoli con data certa anteriore al sequestro, attraverso i quali procedere all’esecuzione forzata sui beni
oggetto di confisca, e così riversare nel circuito criminale i proventi della vendita dei suddetti beni. L’esistenza di un
forte interesse pubblico al mantenimento ed all’integrità dei beni oggetto del procedimento di prevenzione per
destinarli a fini di utilità pubblica, richiede una nuova valutazione dei profili di certezza giuridica che ordinariamente
impongono che, in situazioni simili, prevalga il criterio della priorità dell’iscrizione. D’altro canto, è necessario
individuare con precisione i limiti entro i quali i diritti dei terzi creditori possano essere sacrificati travolgendo i criteri
ordinari”.
76
L’enfiteusi, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione e le servitù.
77
Ipoteca e pegno.
78
I diritti personali di godimento (art. 1380) presentano tratti quasi analoghi ai diritti reali: come il diritto di godimento
sulla cosa altrui che il contratto di locazione attribuisce al conduttore (art. 1571) o il diritto di servirsi della cosa altrui
che il contratto di comodato attribuisce al comodatario (art. 1803).
79
Norma, come detto in nota n. 74 non ancora operativa.
38
rischio di contraddittorietà di giudicati80.

non è garantita alcuna facoltà di intervento (né altra tutela) ai titolari di meri diritti di credito,
non garantiti da diritti reali, anche se in buona fede. Il diritto è azionabile nei confronti del
proposto, senza alcuna possibilità di agire nei confronti dei beni sequestrati (e confiscati), frutto
di attività illecita e acquisiti, all’esito del procedimento, al patrimonio dello Stato.
Il principio fissato dall’art. 1, comma 3, lett. f) n. 3.1), inserito in una più ampia disciplina
relativa ai terzi (di cui si dirà oltre), non è di semplice lettura, atteso che:

da un lato, sembra riferirsi agli apparenti titolari del diritto (di proprietà ovvero reale di
godimento) che subiscono il sequestro di beni ritenuti nella disponibilità indiretta del proposto
(cui è notificato il sequestro e che sono chiamati a partecipare all’udienza camerale). Ma questi
soggetti sono già tutelati, proprio attraverso la partecipazione al procedimento di prevenzione,
dall’attuale disciplina81;

dall’altra, sembra riferirsi più correttamente, attraverso il richiamo all’indennizzo, a soggetti
estranei colpiti indirettamente dal provvedimento ablatorio, specificamente individuati vale a
dire: comproprietari in quota indivisa e titolari di diritti reali o personali di godimento. Non vi è
menzione alcuna, invece, ai titolari di diritti reali di garanzia.
Solo i titolari dei diritti specificamente indicati dovranno:
-essere chiamati nel procedimento di prevenzione entro trenta giorni dalla data di esecuzione
del sequestro per svolgere le proprie deduzioni. Trattasi di disposizione che comporterà un notevole
appesantimento del procedimento;
- subiranno l’estinzione del diritto,
salvo il caso in cui derivi un pregiudizio
irreparabile,conseguendo il diritto alla corresponsione di un equo indennizzo.
La semplice lettura del testo evidenzia: l’insufficienza della disciplina relativa ai titolari dei
diritti reali di garanzia (specificamente dell’ipoteca), per i quali non vi è traccia di regolamentazione
specifica, pur trattandosi dell’ipotesi che ha maggiormente interessato la giurisprudenza e che
concretamente blocca o rallenta la destinazione definitiva del bene. Sembra che si affronti il tema
solo laddove si fanno salvi i diritti dei terzi in buona fede a iniziare o proseguire le azioni esecutive
(di cui all’art. 1, comma 2, lett. f) n. 1) di cui si dirà oltre) e la non necessità di previa escussione del
80
Sul punto si possono leggere:
decreto del tribunale di Napoli del 13 agosto 2010, reperibile sul sito web
http://www.penalecontemporaneo.it/materia/3-/43-/-/302trib__di_napoli__sez__misure_di_prevenzione___13_agosto_2010__dec____pres__cozzi_e_est__menditto/
- decreto del tribunale di Napoli del 20 ottobre 2009, reperibile su http://www.penalecontemporaneo.it/materia/3-/43/-/303-trib__di_napoli__sez__misure_di_prevenzione___20_ottobre_2009__dec____pres__e_est__menditto/
81
Art. 2 ter, comma 5, L. 575/65: 5. Se risulta che i beni sequestrati appartengono a terzi, questi sono chiamati dal
tribunale, con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento e possono, anche con l'assistenza di un difensore, nel
termine stabilito dal tribunale, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere l'acquisizione di ogni
elemento utile ai fini della decisione sulla confisca.
-
39
patrimonio del proposto in presenza di cause di legittima prelazione (di cui all’art. 1, comma 2, lett.
f) n. 3.1) di cui si dirà oltre).
Appare necessaria una seria regolamentazione del legislatore delegato, che potrà anche
recuperare la vigente disposizione di cui all’art. 2 ter, comma 5, secondo periodo, L. 575/65
secondo cui:

appena eseguito il sequestro l’amministratore informi il giudice delegato e il giudice
dell’espropriazione immobiliare (se è in atto) dell’esistenza di diritti reali di garanzia;

il procedimento di espropriazione immobiliare eventualmente in atto sia sospeso ovvero che non
possa essere iniziato;

il terzo creditore possa intervenire nel giudizio di prevenzione per fare valere la buona fede e
l’incolpevole affidamento acquisendo, se l’esito è positivo, il diritto a ottenere l’indennizzo dal
giudice civile;

con la confisca definitiva si estingua, in ogni caso, il diritto reale di garanzia.
Si è già detto che la disciplina prevista dalla delega appesantirà ulteriormente il procedimento di
prevenzione. D’altra parte le nuove disposizioni consentiranno una più rapida ed efficace
destinazione ed utilizzazione dei beni confiscati atteso che, prevedendo comunque l’estinzione dei
diritti in esame con la confisca definitiva, eliminano quelle situazioni (come la comproprietà o
l’esistenza di diritto reali di garanzia) che oggettivamente creano non pochi problemi applicativi.
Giova ricordare in questa sede che trattandosi di norme innovative non potranno trovare
applicazione ai sequestri preventivi ex art. 12 sexies D.L. 306/92, conv. dalla L. 356/92, lasciando
inalterate le attuali problematiche nel caso in cui non vi sia un concomitante sequestro di
prevenzione.
3.9.3 - Le ulteriori norme sul procedimento: udienza pubblica e audizione con
videoconferenza.
Ai sensi dell’art. 1, comma 3, lett. a) n. 6) il proposto ha diritto di chiedere che l’udienza si
svolga pubblicamente anziché in camera di consiglio.
Si richiama, dunque, la normativa vigente all’esito della declaratoria di cui alla sentenza della
Corte Costituzionale 12 marzo 2010 n. 93, emessa all’esito di tre sentenze della Corte europea per i
diritti dell’uomo82.
Dispone l’art. 1, comma 3, lett. a) n. 7) che l’audizione dell’interessato o dei testimoni possa
82
13 novembre 2007, Bocellari e Rizza, 8 luglio 2008, Pierre, gennaio 2010, Bongiorno.
40
avvenire mediante videoconferenza ai sensi degli articoli 146-bis e 147-bis delle norme di
attuazione c.p.p.,
Si tratta di un chiarimento opportuno, pur se a tale conclusione poteva pervenirsi in via
interpretativa dopo che la L. 94/09 ha aggiunto all’art. 41 bis dell’Ord. Pen. il comma 2-septies
secondo cui “Per la partecipazione del detenuto o dell'internato all'udienza si applicano le
disposizioni di cui all'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271”
3.10 - La revocazione.
E’ espressamente prevista l’ipotesi di revocazione della confisca di prevenzione definitiva (art. 1,
comma 3, lett. c).
E’ noto che attualmente non è previsto un istituto analogo, pur se la giurisprudenza ha ritenuto
applicabile, con finalità analoghe, la revoca ex tunc.
L’approdo giurisprudenziale è giunto a conclusione con la sentenza delle SS UU n. 57 del 2007,
Auddino, secondo cui la richiesta di revoca ex tunc della confisca definitiva dei beni disposta ai
sensi della legge antimafia è consentita, ai sensi del secondo comma dell'art. 7 della L. n. 1423 del
1956, a chi ha partecipato al giudizio qualora agisca per ottenere il riconoscimento, oggi per allora,
dell'inesistenza originaria dei presupposti della misura di prevenzione, applicabile anche in tema di
misure patrimoniali, indipendentemente dalla revoca della misura personale; la revoca in esame
costituisce, in definitiva,
un mezzo predisposto dal legislatore per adempiere all'obbligo
riparatorio prefigurato dall'ultimo comma dell'art. 24 della Costituzione, con effetti ex tunc, in
presenza di una invalidità genetica del provvedimento.
Le Sezioni Unite hanno precisato che poiché tale rimedio interviene su un provvedimento ormai
definitivo, è precluso rimettere in discussione con l'istanza atti o elementi già considerati nel
procedimento di prevenzione o in esso deducibili; pertanto (conformemente alla sentenza Cass. sez.
VI, 17 settembre 2004, n. 4644), la richiesta di rimozione del provvedimento definitivo deve
muoversi nello stesso ambito della rivedibilità del giudicato di cui agli artt.630 e ss. c.p.p., con
postulazione dunque di prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento (e sono tali
anche quelle non valutate nemmeno implicitamente: S.U., 26 settembre 2001, Pisano), ovvero di
inconciliabilità di provvedimenti giudiziari, ovvero di procedimento di prevenzione fondato su atti
falsi o su un altro reato. Gli elementi dedotti saranno diretti a dimostrare l'insussistenza di uno o
più dei presupposti del provvedimento reale e pertanto in primo luogo la pericolosità del proposto,
ma anche, unitamente o separatamente, la disponibilità diretta o indiretta del bene in capo al
41
proposto medesimo, il valore sproporzionato della cosa al reddito dichiarato o all'attività
economica svolta, il frutto di attività illecite o il reimpiego di profitti illeciti.
Il pensiero delle SU, in ordine all’ambito di esperibilità della revoca ex tunc, è ulteriormente
arricchito dalla sentenza della SC sez. VI, 17 settembre 2004, n. 4644, espressamente richiamata sul
punto dalle SU (e la successiva sent. SC 21369/08) secondo cui la rimozione del giudicato non può
che concepirsi nell'ambito dei perimetri tracciati dall'art. 630 c.p.p., e, per quel che più
specificamente riguarda il caso di specie, nel quadro della ipotesi di prove nuove sopravvenute
dopo il provvedimento definitivo (lett. c del predetto articolo). Come affermato da Cass., sez. un.,
26 settembre 2001, Pisano, per prove nuove devono intendersi non solo le prove sopravvenute ma
anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite ma non valutate, nemmeno
implicitamente.
Il legislatore ripercorre, in definitiva, le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza potendo la
revocazione essere richiesta solo al fine di dimostrare il difetto originario dei presupposti per
l'applicazione della misura di prevenzione (lertt. c) n. 2) in tre ipotesi:
-quando siano scoperte nuove prove decisive, sopravvenute in epoca successiva alla conclusione del
procedimento di prevenzione (lett. c) n. 1.1);
-quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute in epoca successiva alla
conclusione del procedimento di prevenzione, escludano in modo assoluto l’esistenza dei
presupposti di applicazione della confisca (lett. c) n. 1.2);
-quando la decisione sulla confisca sia stata motivata, unicamente o in modo determinante, sulla
base di atti riconosciuti falsi, di falsità nel giudizio ovvero di un fatto previsto dalla legge come
reato (lett. c) n. 1.3).
La richiesta deve essere proposta, a pena di inammissibilità, entro sei mesi dalla data in cui si
verifica uno dei casi previsti, salvo che l’interessato dimostri di non averne avuto conoscenza per
causa a lui non imputabile (lett. c) n. 3).
Nel caso di accoglimento della domanda di revocazione l’interessato potrà ottenere un mero
risarcimento per equivalente quando i beni sono stati assegnati per finalità istituzionali e la
restituzione possa pregiudicare l’interesse pubblico (lett. c) n. 1.3).
3.11 - Le innovazioni in tema di gestione e amministrazione dei beni.
3.11.1 - La disciplina dei rapporti con la procedura concorsuale.
L’art. 1, comma 3, lett. g) disciplina i rapporti tra il procedimento di applicazione delle misure di
prevenzione e le procedure concorsuali, al fine di garantire i creditori dalle possibili interferenze
illecite nel procedimento di liquidazione dell’attivo fallimentare prevedendo la prevalenza del
42
sequestro sul fallimento ed introducendo innovativamente la possibilità dei creditori di rivalersi sul
valore dei beni confiscati.
Si conferma, dunque, il principio elaborato dalla giurisprudenza83, della priorità dell’interesse
pubblico perseguito dalla normativa antimafia rispetto a quello privatistico della par condicio
creditorum, affermandosi la prevalenza del procedimento di prevenzione su quello fallimentare.
Il legislatore delegato dovrò, dunque, prevedere che i beni oggetto di confisca di prevenzione
siano sempre sottratti alla procedura fallimentare, e quindi gestiti e destinati secondo le norme
stabilite per il procedimento di prevenzione. Si dispone, tuttavia, che i creditori insoddisfatti dalla
massa fallimentare possano rivalersi, in via residuale, sul valore dei beni confiscati al netto delle
spese sostenute dalla procedura di prevenzione.
In particolare:
1) i beni sequestrati o confiscati nel procedimento di prevenzione sono sottratti dalla massa attiva
del fallimento e conseguentemente gestiti e destinati secondo le norme stabilite per il procedimento
di prevenzione (lett. g) n.1);
2) dopo la confisca definitiva, i creditori insoddisfatti sulla massa attiva del fallimento possano
rivalersi sul valore dei beni confiscati, al netto delle spese sostenute per il procedimento di
prevenzione (lett. g) n. 2) attraverso il seguente procedimento (lett. g) n. 3):

la verifica dei crediti relativi a beni oggetto di sequestro o di confisca di prevenzione va
effettuata in sede fallimentare secondo i principi stabiliti dal decreto legislativo;

se il sequestro o la confisca di prevenzione hanno per oggetto l’intero compendio aziendale
dell’impresa dichiarata fallita, nonché, nel caso di società di persone, l’intero patrimonio
personale dei soci falliti illimitatamente responsabili, alla verifica dei crediti si applichino anche
le disposizioni previste per il procedimento di prevenzione.
Opportunamente si attribuisce la competenza per la verifica dei crediti al giudice fallimentare.
Sorge il problema della individuazione del valore netto dei beni acquisiti al patrimonio dello
Stato.
Anche in tale ipotesi andrà raccordata la disciplina con quella sul Fondo Unico Giustizia,
dovendo da questo reperirsi le somme per soddisfare i diritti riconosciuti.
L’amministratore giudiziario potrà proporre le azioni di revocatoria fallimentare con riferimento
ai rapporti relativi ai beni oggetto di sequestro di prevenzione; ove l’azione sia già stata proposta, al
curatore si sostituisca l’amministratore giudiziario (lett. g) n. 4);.
Il pubblico ministero (ma sarebbe stato più opportuno attribuire la facoltà al Tribunale di
prevenzione), anche su segnalazione dell’amministratore giudiziario, potrà richiedere al tribunale
83
S.C. sent. n. 24160/03.
43
competente la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore o dell’ente nei cui confronti è disposto
il procedimento di prevenzione patrimoniale e che versa in stato di insolvenza (lett. g) n. 5).
Se il sequestro o la confisca sono revocati prima della chiusura del fallimento, i beni sono
nuovamente attratti alla massa attiva. Se il sequestro o la confisca sono revocati dopo la chiusura
del fallimento, si provveda alla riapertura dello stesso. Se il sequestro o la confisca intervengono
dopo la vendita dei beni, essi si eseguono su quanto eventualmente residua dalla liquidazione (lett.
g) n. 6).
3.11.2 - La disciplina dei rapporti con i terzi: la tutela dei creditori.
Sono stati già esaminati84 i tema della tutela dei terzi nel procedimento di applicazione della
misura (laddove è prevista la facoltà di intervenire) e dei titolari di crediti con diritti reali di
garanzia, così come si è evidenziata la difficoltà della regolamentazione della tutela dei terzi
creditori. Difficoltà derivante dal problema di conciliare la tutela dei diritti dei terzi con la
prevenzione dei rischi derivanti da precostituzione di posizioni creditorie di comodo che consentano
di aggirare gli esiti dell’azione di prevenzione.
Va dato atto al legislatore, attraverso il sostanziale recepimento di attenti approfondimenti
operati dalla commissione Fiandaca, di intervenire in modo incisivo nel tentativo di bilanciare i
diversi interessi in rilievo.
Attualmente non è garantita alcuna tutela ai titolari di diritti di credito, non garantiti da diritti
reali, anche se in buona fede: il diritto è azionabile esclusivamente nei confronti del proposto (e dei
beni non colpiti da misura patrimoniale), senza alcuna possibilità di agire nei confronti dei beni
sequestrati (e confiscati); le azioni esecutive intraprese nei confronti dei beni del proposto, oggetto
di sequestro o confisca, vengono meno.
Il legislatore delegante si propone di attribuire una maggiore tutela, fissando dei principi
che non brillano per chiarezza.
Si affronta il tema delle procedure esecutive, oggi risolto diversamente dai giudici
dell’esecuzione, prevedendo che le azioni esecutive intraprese dai terzi su beni sottoposti a
sequestro di prevenzione, non possono essere iniziate o proseguite dopo l’esecuzione del sequestro,
ma si fa salva la tutela dei creditori in buona fede (art. 1, comma 3, lett. f) n. 1).
Non è chiaro, invero, il richiamo ai creditori di buona fede atteso che una corretta applicazione
dei rapporti tra procedura esecutiva e procedimento di prevenzione richiede la sospensione e
l’estinzione dei procedimenti esecutivi, con riconoscimento della buona fede dei creditori
esclusivamente nel procedimento di prevenzione al fine di evitare elusioni alla normativa antimafia.
I titolari di diritti di credito aventi data certa anteriore al sequestro devono, a pena di decadenza,
84
Cfr. supra, par. 3.9.2.
44
insinuare il proprio credito nel procedimento entro un termine da stabilire, comunque non inferiore
a sessanta giorni dalla data in cui la confisca è divenuta definitiva, salva la possibilità di
insinuazioni tardive in caso di ritardo incolpevole (lett. f) n. 3.1).
Il pagamento dei cediti avverrà, nel limite del 70 per cento del valore dei beni sequestrati al netto
delle spese del procedimento (lett. f) n. 3.3), nell’ambito di un procedimento di verifica dei crediti
in contraddittorio, con l’ammissione dei crediti regolarmente insinuati e la formazione di un
progetto di pagamento degli stessi da parte dell’amministratore giudiziario (lett. f) n. 3.4) sempre
che:

il credito non sia simulato o in altro modo strumentale all’attività illecita o a quella che ne
costituisce il frutto o il reimpiego (lett. f) n. 3.4);

previa escussione del patrimonio residuo del sottoposto, salvo che per i crediti assistiti da cause
legittime di prelazione85 su beni confiscati (lett. f) n. 3.3);
E’ prevista la revocazione dell’ammissione del credito quando emerga che essa è stata
determinata da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti
decisivi (lett. f) n. 3.5).
La disciplina prevede un notevole appesantimento del procedimento che si protrarrà per tempi
lunghi. Il legislatore delegato dovrà:

colmare opportunamente le lacuna della disciplina in tema di accertamento dei presupposti per
fare valere il credito, non essendo chiaro se gli stessi debbano essere verificati dal giudice della
prevenzione in sede esecutiva;

farsi carico della non semplice attuazione dei diritti di credito dei terzi in buona fede che
graverà, comunque, sull’agenzia Agenzia Nazionale, dominus della fase successiva alla confisca
definitiva;

raccordare la disciplina con quella sul Fondo Unico Giustizia, dovendo da questo reperirsi le
somme per soddisfare i diritti di credito riconosciuti, atteso che le somme di denaro sequestrate
e poi confiscate affluiscono appunto al FUG.
3.11.3 - La disciplina dei rapporti con i terzi: i rapporti pendenti all’epoca dell’esecuzione del
sequestro.
L’art. 1, comma 3, lett. f) n. 2) disciplina i rapporti pendenti all’epoca dell’esecuzione del
sequestro, stabilendo tra l’altro il principio che l’esecuzione dei relativi contratti rimane sospesa
fino a quando, entro il termine stabilito dalla legge e, comunque, non oltre novanta giorni,
l’amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, dichiara di subentrare nel
contratto in luogo del proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di risolvere il contratto
85
Le cause di legittima prelazione si dividono in due tipi: privilegi e garanzie reali (pegno e ipoteca)
45
Si disciplina l’ipotesi dei contratti di somministrazione o continuativi, che creava non pochi
problemi in sede di amministrazione. Peraltro, se oggi l’autorizzazione del giudice delegato
consentiva la prosecuzione del rapporto senza una tendenziale assunzione dei debiti preesistenti al
sequestro, oggi è prevista una piena assunzione a carico dell’amministrazione.
3.11.4 - La possibilità di avvalersi dell’Avvocatura dello Stato.
L’art. 1, comma 3, lett d) prevede, opportunamente, che, nelle controversie concernenti il
procedimento di prevenzione, l’amministratore giudiziario possa avvalersi dell’Avvocatura dello
Stato per la rappresentanza e l’assistenza legali.
Attualmente l’Avvocatura dello Stato interviene solo dopo la confisca definitiva, per difendere
l’amministrazione, e con l’operatività della normativa della Agenzia Nazionale potrà difendere
questa anche quando esercita le funzioni di amministrazione giudiziario.
La concentrazione delle difese dell’amministrazione in capo all’Avvocatura semplificherà la
gestione delle azioni giudiziarie intraprese e subite e ridurrà le spese oggi sostenute per pagare
professionisti privati.
3.11.5 - La disciplina della tassazione dei beni sequestrati
L’art. 1, comma 3, lett. h) disciplina la tassazione dei redditi derivanti dai beni sequestrati,
affrontando un tema che ha portato a opposte conclusioni l’amministrazione finanziaria e il giudici
della prevenzione.
Attualmente l’individuazione del soggetto su cui grava l’obbligazione tributaria nel periodo
intercorrente tra l’emissione del decreto di sequestro e la definitività della confisca può essere
operata, con riferimento alla tassazione dei redditi delle persone fisiche, attraverso l’art. 6 del
T.U. delle Imposte Dirette, come modificato dall’art. 14, L. del 24.12.1993, n. 537, secondo cui
“devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività
qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o
confisca penale”.
Secondo un orientamento seguito da alcuni giudici della prevenzione tale disposizione comporta
il non assoggettamento dell’amministrazione giudiziaria a tassazione in relazione ai redditi prodotti
dai beni sequestrati o confiscati, fermo restando l’obbligo tributario in capo al proposto nel caso di
restituzione dei beni all’esito della procedura.
In tal senso si possono citare numerosi provvedimenti di giudici delegati, la circ. del 20.01.1995
della Direzione Regionale delle Entrate per la Sicilia (attestante che l’amministratore giudiziario,
non detenendo la veste di soggetto passivo non ha alcun obbligo di adempimento di natura fiscale),
di principi generali in tema di tributi finalizzati a evitare una situazione di frazionamento di redditi
(atteso che l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato da tutti i redditi
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posseduti e, quindi, anche da quelli, in ipotesi, relativi a beni non confiscati).
D diverso avviso l’amministrazione finanziaria, con la circolare n. 156 del 7.08.2000 in cui,
assimilando l’amministratore giudiziario al curatore dell’eredità giacente prevede l’assoggettamento
a imposta. L’Agenzia delle Entrate, con ris. n. 195 del 13.10.2003 ha ribadito che l’amministratore
giudiziario, durante la fase giurisdizionale, opera quale rappresentante in incertam personam e cura
la gestione delle somme versate alla custodia, con applicazione delle norme sull’eredità giacente
sopraindicate.
Ciò nonostante appare corretto l’orientamento dei giudici delegati, non potendo la circolare
derogare al disposto dell’art. 6 del T.U.I.R., come modificato dalla L. 537/1993.
Non si dubita, invece, dell’applicabilità delle norme in materia di tassazione di redditi delle
persone giuridiche e di tassazione indiretta.
Il legislatore opta per la tassazione, prevedendo:

che sia effettuata con riferimento alle categorie reddituali previste dal testo unico delle imposte
sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

che sia effettuata in via provvisoria, in attesa dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta
a seguito della confisca o della revoca del sequestro;

che sui redditi soggetti a ritenuta alla fonte derivanti dai beni sequestrati, sia applicata, da parte
del sostituto d’imposta, l’aliquota stabilita dalle disposizioni vigenti per le persone fisiche;

che siano in ogni caso fatte salve le norme di tutela e le procedure previste dal capo III del titolo
I della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.
Non si affronta direttamente il problema del pagamento dell’ICI che resta, secondo il vigente
orientamento dei giudici della prevenzione, a carico del proprietario dell’immobile.
In definitiva si introduce una disciplina che comporta inutili appesantimenti all’attività
dell’amministrazione, con oneri di carattere fiscale assolutamente dispendiosi e superflui, atteso che
nel caso di confisca definitiva gli eventuali debiti tributari si estinguono per confusione, mentre in
caso di restituzione dei beni gli obblighi gravano sul titolare.
3.11.6 - Le norme transitorie e finali.
Opportunamente sarò prevista una disciplina transitoria per i procedimenti di prevenzione
pendenti (art. 1, comma 3, lett. i) e l’abrogazione espressa della normativa incompatibile con le
disposizioni del Testo Unico (art. 1, comma 2, lett. l)
3.11.7- Le occasioni mancate ovvero l’assenza di delega su materie da regolamentare.
La legge delega non affronta alcuni temi particolarmente delicati, che hanno formato oggetto di
47
diverse interpretazioni in tema di amministrazione dei beni86.
Tra l’atro trattasi di temi che, di qui a breve87, investiranno direttamente l’Agenzia Nazionale che
assumerà l’amministrazione dei beni (dopo la confisca di prevenzione di primo grado e dopo la
conclusione dell’udienza preliminare).
Va, con chiarezza, previsto che il sequestro non fa venire meno tutti quei titoli abilitativi che
consentono all’azienda di operare e che sono in qualche modo legati alla persona del titolare ovvero
dall’assenza di infiltrazioni mafiose: licenze dei Monopoli, licenze amministrative, SOA per le
imprese di costruzioni, etc..
E’ paradossale, ma accade frequentemente, che all’atto del sequestro la pubblica amministrazioni
revochi licenze o abilitazioni o, comunque, sia reso complicato il prosieguo dell’attività
imprenditoriale propri quando lo stato interviene nell’amministrazione.
Solo a titolo esemplificativo si indicano alcune problematiche diversamente risolte che ben
possono essere disciplinate dal legislatore delegato:

poteri di rappresentanza dell’amministratore nel caso di sequestro di quote sociali.

poteri dell’amministratore in presenza di sequestro di quote non totalitarie;

poteri di rappresentanza e/o gestione dell’amministratore nel caso di sequestro di quote di
società di persone;

assenza di responsabilità dell’amministratore nel caso di fallimento successivo al sequestro;

poteri di rappresentanza e/o gestione dell’amministratore nel caso di sequestro di quote di
società di capitali, in particolare rapporti col legale rappresentante: sostituzione, affiancamento,
controllo;

poteri dell’amministratore della società con unico socio;

conflitti tra norme disciplina codicistica (artt. 2319 e 2259 c.c.) e conservazione dei beni
sequestrati;

procedura semplificato di cessazione liquidazione dell’azienda;

contratti in deroga per il soddisfacimento di pubblicistiche esigenze processuali di
amministrazione giudiziaria, sottoposti alla condizione della risoluzione in caso di confisca
definitiva.
4 - CONCLUSIONI
86
Per l’illustrazione di numerose problematiche, cfr. la Relazione per l’anno 2009 del Commissario straordinario per i
beni confiscati.
87
Con l’emanazione dei regolamenti di cui all’art. 4 del D.L. 4/10, conv. in L. 50/10, cos’ come
previsto dall’art. 7 del citato D.L.
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Le continue modifiche normative hanno creato un sistema disorganico che richiede continui
interventi dell’interprete.
Si sovrappongono interventi diretti a colpire i patrimoni con numerosi strumenti ablatori che è
difficile coordinare, con conseguente dispiego di energie investigative nei diversi procedimenti che
vengono instaurati. Non di rado diversi organi proponenti indagano e avanzano autonomamente
proposte al Tribunale, pur in presenza di norme che consentono un opportuno coordinamento.
Le stesse garanzie delle persone interessate rischiano di essere travolte da strumenti che possono
essere proposti anche successivamente sulla base di diversi presupposti.
Manca un disegno tendente a ridisegnare gli istituti con l’obiettivo prioritario di contrastare
l’accumulazione illecita, ragion d’essere del delitto, rendendo più efficienti le misure patrimoniali,
tenendo compiutamente conto delle garanzie da riconoscere ai soggetti interessati.
Per perseguire tale obiettivo occorre una complessiva riforma e razionalizzazione della
normativa disciplinando in maniera autonoma il procedimento patrimoniale, coniugando
l’efficienza con le garanzie, in stretto collegamento col procedimento penale.
Purtroppo nessun passo in avanti viene compiuto con la legge 23 agosto 2010 n. 136 che ha
delegato il Governo a emanare entro un anno un Testo Unico diretto a riordinare, a razionalizzare e
a integrare l’intera disciplina vigente in materia di normativa antimafia, misure di prevenzione,
certificazioni antimafia e operazioni sottocopertura.
Pur se la delega in materia di misure di prevenzione non propone solo un’operazione meramente
compilativa non sono fissati principi direttivi idonei a intervenire sulle criticità indicate.
Sarà compito, come nel passato, dei giudici (in primo luogo di quelli del merito) valorizzare gli
interventi legislativi, razionalizzarli e proseguire, con l’ausilio fondamentale della dottrina, l’opera
di elaborazione di un sistema coerente, respingendo quelle soluzioni che, per le emergenze del
momento ed esigenze di politica criminale, contrastano coi principi fondamentali del sistema oltre
che con i principi costituzionali e della CEDU.
Questo pericolo è sempre presente e avvertito nel sistema delle misure di prevenzione che,
essendo fondate non sull’accertamento di responsabilità in ordine a una determinata condotta
illecita ma su un giudizio di pericolosità, rischiano di dilatare in modo incomprensibile
l’applicazione di misure che incidono su principi garantiti dalla Costituzione e dalla CEDU.
Particolarmente esposte a tale rischio sono le misure di prevenzione patrimoniali, su cui più
diffusi sono gli interventi del legislatore che è giunto perfino a prevedere il sequestro e la confisca
di beni anche con proposte avanzate cinque anni dopo la morte del soggetto, nei confronti di eredi
che dovrebbero interloquire sull’accertamento incidentale della pericolosità del de cuius che
potrebbe risalire ad anni remoti, così come dovrebbero interloquire sulla provenienza di beni
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acquisiti dal loro parente in anni passati e su cui fondatamente non possono avere cognizione
alcuna.
In tale contesto non può che richiamarsi con forza un’opera giurisprudenziale di interpretazione
costituzionalmente orientata che non perda di vista il fondamento delle misure di prevenzione
patrimoniali che, come si è tentato di dimostrare (anche sulla base del contenuto della legge delega)
non possono essere ricostruite come strumenti sanzionatori sia pure di carattere atipico bensì a un
meccanismo di aggressione di beni di illecita provenienza derivante non dalle intrinseche
caratteristiche di pericolosità ma nel rapporto intercorrente tra gli stessi e determinati soggetti
socialmente pericolosi che proprio in ragione della pericolosità manifestata li hanno acquistati.
Francesco Menditto
Magistrato
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