LABORATORIO DI DIDATTICA DELLA FISICA - Anno Accademico 2004/2005 – LARAVILLE MONICA S.S.I.S. Classe 59 I°anno [email protected] Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica INTRODUZIONE La luce caratterizza il mondo nel quale viviamo: è infatti attraverso la luce che ricaviamo la maggior parte delle informazioni su quanto ci circonda. Il concetto della luce è forse uno dei primi concetti con cui i bambini si confrontano: ad esempio, già un bambino in tenera età percepisce bene, seppur a livello intuitivo, la differenza tra una camera illuminata e una camera buia. Ma in realtà la luce cos’è? Su questo tema è organizzato questo percorso didattico, il quale sarà suddiviso in due moduli secondo il seguente schema: Ø nel primo modulo verranno presentati i concetti base sulla luce, le sue proprietà essenziali e la sua propagazione nei mezzi materiali. Saranno inclusi alcuni semplici esperimenti relativi alla propagazione della luce nei mezzi materiali; Ø nel secondo modulo verranno analizzate alcune applicazioni in cui intervengono le leggi fisiche descritte nel precedente modulo. In merito a quanto verrà sviluppato in seguito, ritengo che l’argomento sia estremamente interessante da proporre agli studenti: in base al contesto specifico ed alla classe in cui si presenta questo tipo di esperienza, l’insegnante può decidere obiettivi diversi, più o meno approfonditi. Anche gli esperimenti proposti nel primo modulo li ritengo utili al fine di mostrare “praticamente” fenomeni che sono frequenti nella vita quotidiana o esplicitamente o implicitamente (magari strumenti che si basano su queste leggi fisiche). Diciamo che tali esperimenti fanno da collegamento tra il primo modulo, più teorico, e il secondo, più applicativo. Durante tutto il percorso didattico, sarebbe interessante che l’insegnante creasse lezioni dialogiche, costruttiviste, che facesse nascere discussioni organizzate sul tema: in tal modo, ad esempio, dagli alunni stessi potrebbero nascere proposte, per esempio, su come creare un possibile sistema di riferimento per le misurazioni. Nel caso in cui ciò non si verificasse spontaneamente sarà l’insegnante a guidare la discussione in modo tale da arrivare ad una qualche conclusione condivisa. Il dialogo, l’utilizzo di un linguaggio appropriato e la condivisione dei risultati vengono ritenuti fondamentali al fine di un apprendimento contenutistico, non solo nozionistico. Nel seguito verranno riportati la classe a cui questo percorso didattico è rivolto, gli obiettivi specifici e gli obiettivi trasversali che l’insegnante si prefigge. Per quanto riguarda i contenuti ed i requisiti di base necessari per comprendere quanto verrà trattato, questi saranno di volta in volta presentati all’inizio di ogni modulo. CLASSE: III MEDIA OBIETTIVI SPECIFICI: § Comprendere i fenomeni della riflessione e della rifrazione § Saper distinguere raggio incidente, raggio riflesso, raggio rifratto § Essere in grado di distinguere fenomeni di riflessione da fenomeni di rifrazione § Essere in grado di proporre facili esempi di esperimenti per la verifica delle ipotesi e delle leggi fisiche trattate § Saper presentare un possibile sistema di riferimento per le misurazioni § Comprendere il significato fisico di misura e di errore § Saper rielaborare i dati sperimentali § Essere in grado di fornire esempi di strumenti che funzionano utilizzando la riflessione/ rifrazione 2 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica OBIETTIVI TRASVERSALI: § Le potenze di 10 e gli ordini di grandezza § Favorire la collaborazione e la discussione fra gli alunni § Guidare il ragionamento (individuale e della classe) e la rielaborazione dei dati sperimentali § Stimolare il lavoro di gruppo § Sviluppare il lavoro manuale § Utilizzare un repertorio linguistico funzionale 3 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica MODULO 1: “LA LUCE: UNA PARTICOLARE ONDA ELETTROMAGNETICA” CONTENUTI: § Le onde e la luce § Principali proprietà delle onde § La riflessione § La rifrazione § Esperimenti sulla riflessione e sulla rifrazione REQUISITI DI BASE: § Le misure in fisica e la trattazione elementare degli errori § Il piano cartesiano § Proporzionalità diretta ed inversa § Concetti di forza e di energia § Nozioni sugli angoli § Concetto di normale ad una superficie § Concetto di rette parallele e perpendicolari LE ONDE Per introdurre l’argomento, porrei agli alunni le seguenti domande: “Cosa succede se fisso un estremo di una corda alla parete e con una mano muovo l’altro estremo verso l’alto/ basso?”, “Cosa succede quando getto un sasso in acqua oppure quando avvicino e poi rilascio alcune spire di una molla?” e ancora, con un riferimento più pratico e conosciuto, “Cosa avviene allo stadio quando i tifosi fanno la ola?”. Da queste domande nascerà una discussione in classe, in cui gli alunni non credo che facciano esplicito riferimento al fatto che in tutti i suddetti casi si sviluppano onde, magari di natura diversa e con proprietà differenti. Tuttavia, si può proporre praticamente l’esperimento della corda in cui un estremo è fissato alla maniglia della porta e l’altro estremo, con una mano, lo muovo verso l’alto/ basso. Gli alunni noteranno che lungo la corda si svilupperà un’oscillazione, in seguito al movimento che io imprimo con la mia mano. In particolare, osservando la Figura 1, si può dire loro che in a) l’operatore muove gradualmente verso l’alto la corda; tale sollevamento del primo tratto di corda esercita, a propria volta, una forza diretta verso l’alto sopra il tratto appena consecutivo, il quale inizia a sollevarsi. Quando l’estremo della corda ha ripreso la posizione iniziale, il secondo tratto ha assunto la posizione b). Il processo continua così e la deformazione si propaga lungo la corda. A questo punto potremo chiamare onda un’oscillazione (o perturbazione), prodotta da una forza esterna, che si propaga nello spazio trasportando energia senza che vi sia trasporto di materia. Quest’ultimo fatto è essenziale ed è importante che venga osservato dagli alunni. Per quanto riguarda il trasporto di energia, potremmo chiarire il concetto agli alunni fornendo l’esempio, forse più evidente, dello tsunami: quando le onde (di elevate dimensioni!) del maremoto si abbattono sulla costa, si vede che hanno racchiusa in sé una grande quantità di energia, infatti questa energia porta distruzione. Invece, per quanto riguarda il fatto che le onde non trasportano materia, potremmo portare i seguenti esempi: - quando gettiamo un sasso in acqua, nel punto in cui esso cade si forma un’increspatura di forma circolare, che si allarga con il tempo; sulla superficie dell’acqua si è creata proprio un’onda che si propaga verso l’esterno e trasporta con sé energia, senza trasportare materia. Infatti, basterebbe osservare un pezzo di legno galleggiante presente in prossimità di dove 4 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica abbiamo gettato il sasso: questo oggetto non verrà trascinato dall’onda verso l’esterno, bensì oscillerà attorno al punto in cui si trovava prima che noi gettassimo il sasso; - quando i tifosi fanno la ola allo stadio, essi si alzano in piedi e si siedono seguendo dei tempi ben precisi, ma non vi è assolutamente spostamento di persone in altri punti dello stadio. Fenomeni molto diversi tra loro, quali il suono, la luce, i segnali radio, i terremoti, hanno in comune la caratteristica di essere delle onde; si parla, infatti, di onde sonore, di onde luminose, di onde radio e di onde sismiche. Un’onda ha sempre origine in una sorgente, che produce una perturbazione nello spazio che la circonda. Le onde si distinguono in onde trasversali ed onde longitudinali in base alla direzione di propagazione dell’onda stessa. In particolare, un’onda si dice: - trasversale quando l’oscillazione avviene perpendicolarmente alla direzione di propagazione; - longitudinale quando l’oscillazione avviene nella stessa direzione di propagazione dell’onda. Un esempio di onda trasversale è quello della corda (si veda la Figura 1). Figura 1 Nella Figura 2, invece, è rappresentata la propagazione di un’onda longitudinale: un colpo di martello vibrato contro l’estremità di una sbarra di acciaio si propaga lungo il materiale, dando luogo appunto ad un’onda longitudinale. Infatti, ciascun volumetto di acciaio, quando è raggiunto dalla perturbazione, si sposta leggermente avanti ed indietro nella stessa direzione in cui si propaga l’onda. Figura 2 5 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica In alcune situazioni, un mezzo può sostenere onde sia longitudinali che trasversali: per esempio, le onde sismiche possiedono una componente trasversale ed una longitudinale. Le onde sonore nell’aria, invece, sono solo longitudinali e corrispondono a compressioni e rarefazioni delle particelle dell’aria stessa. Focalizziamo ora la nostra attenzione sulla onde trasversali e definiamo alcune grandezze fondamentali. Come abbiamo già accennato, un’onda trasversale si può ottenere facendo oscillare in alto ed in basso il primo estremo di una corda tesa. La figura seguente rappresenta una “fotografia” della corda (= onda trasversale) ad un istante t fissato. Figura 3 Osservando la Figura 3, definiamo: - la lunghezza d’onda è la distanza tra due creste d’onda successive e la indichiamo con la lettera L; - il periodo è il tempo necessario affinché un punto ritorni nelle stesse condizioni di moto; si misura in secondi e nel seguito verrà indicato con la lettera T; - la frequenza è il numero di periodi in un secondo e si indica solitamente con f. Dalla definizione, si capisce che la frequenza è l’inverso del periodo (cioè f=1/T) e si misura in 1 , che si chiama hertz (Hz); sec - l’ampiezza è la massima variazione della grandezza oscillante associata all’onda rispetto al valore di equilibrio ed è uguale sia per spostamenti positivi sia per quelli negativi. Esiste una relazione che lega la frequenza f alla lunghezza d’onda L: se supponiamo che la perturbazione prodotta all’inizio della corda si propaghi con velocità v, allora L v= . T Ricordando però che f=1/T, la velocità di un’onda è data da v=L·f Importante è la seguente classificazione delle onde: 6 Laboratorio di Didattica della Fisica - - Laraville Monica onde elastiche: si propagano grazie alle proprietà elastiche del mezzo materiale in cui ha origine la perturbazione. Infatti, l’energia ha bisogno di un mezzo per essere trasmessa. Esempi di onde elastiche sono: il suono, il movimento della corda raffigurato in Figura 1, il movimento che si ottiene avvicinando e poi rilasciando alcune spire di una molla; onde elettromagnetiche: sono variazioni periodiche di proprietà elettriche e magnetiche e possono propagarsi, oltre che nei mezzi materiali, anche nel vuoto. NOTA: Quando il suono si propaga, in ciascun punto investito dall’onda, la pressione dell’aria oscilla, aumentando e diminuendo con la frequenza dell’onda stessa. Nel caso dell’onda acustica, quindi, è la pressione dell’aria che oscilla. Se non vi fosse l’aria, non vi sarebbe né pressione né suono. Analogamente, si può dire quando gettiamo un sasso in acqua: l’onda si propaga sulla superficie dell’acqua e le molecole d’acqua investite dall’onda oscillano su e giù. Questa volta è la posizione dei volumetti d’acqua che oscilla rispetto alla posizione di riposo. Pensiamo ora alla luce che ci giunge dal Sole: non vi è materia, quindi non vi è nulla che possa oscillare, eppure la luce si propaga trasportando energia. Che cosa oscilla? Evidentemente esiste un qualcosa che oscilla anche nello spazio vuoto! Alla fine del XIX secolo, si è capito che questo qualcosa sono gli effetti elettrici e magnetici che le cariche elettriche in movimento producono nello spazio circostante. Quindi, le onde elettromagnetiche sono onde con caratteristiche diverse dalle onde elastiche. ¦ Tutte le onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto alla stessa velocità, che è la velocità della luce c=300000 km/s = 3·108 m/s, mentre si propagano nei mezzi materiali con una velocità v < c. La seguente relazione lega v e c: n= c v dove n rappresenta l’indice di rifrazione assoluto del mezzo. Essendo la velocità nel mezzo inferiore alla velocità nel vuoto, n assume sempre valori maggiori di 1. Per lo stesso motivo, utilizzando quest’ultima formula, possiamo verificare anche che la lunghezza d’onda nel mezzo è inferiore alla lunghezza d’onda nel vuoto: infatti, poiché l’energia di un’onda è proporzionale alla frequenza (per motivi che non diremo agli alunni) e, di conseguenza, f non varia, si ha la seguente relazione: lmezzo = v 1 c lvuoto = = f f n n . Nella tabella seguente sono riportati gli indici di rifrazione assoluti di alcune sostanze: Tabella 1 Le onde elettromagnetiche differiscono unicamente per la lunghezza d’onda o frequenza: nella tabella seguente riportiamo la diversa classificazione delle onde elettromagnetiche in base alla loro 7 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica lunghezza d’onda nel vuoto e, come esercizio per gli alunni, lasciamo da calcolare le frequenze corrispondenti alle lunghezze d’onda (colonna più a destra): Tipologia di onda Onde radio Microonde Radiazione infrarossa Luce visibile Raggi ultravioletti Raggi x Raggi ? Lunghezza d’onda (m) Frequenza (Hz) >1 1·10-3 - 1 7·10-7 - 1·10-3 4·10-7 - 7·10-7 1·10-9 - 4·10-7 1·10-11 - 1·10-8 < 1·10-11 < 3·108 3·108 - 3·1011 3·1013 – 4,3·1014 … … … … Tabella 2 E’ importante sottolineare con gli alunni la grande varietà di ordini di grandezza che intervengono nella suddetta classificazione e, forse, visivamente è utile osservare la Figura 4. Figura 4 In dettaglio: • la luce è la radiazione elettromagnetica che i nostri occhi riescono a percepire. I limiti in lunghezza d’onda della regione del visibile sono da circa 4·10-7 m (luce violetta) a circa 7·10-7 m (luce rossa). L’occhio umano ha massima sensibilità per la luce giallo-verde caratterizzata da una lunghezza d’onda di circa 5,5·10-7 m: • la radiazione infrarossa ha lunghezze d’onda maggiori del visibile (da 7·10-7 m a circa 1mm). La radiazione infrarossa è un importante mezzo di trasmissione del calore e viene talvolta detta calore radiante (es. i raggi del sole attraverso un vetro …..) • le microonde possono essere considerate come onde radio corte con lunghezza d’onda tipica nell’intervallo tra 1 mm e 1 m. Vengono generalmente utilizzate per i forni a microonde e per trasmettere conversazioni telefoniche. • NOTA: Poiché i telefoni cellulari funzionano mediante microonde e poiché gli alunni sono abituati, fin da bambini in tenera età, a “giocare” con i telefonini, sarebbe interessante, a tal proposito, sensibilizzare gli alunni ad un uso più oculato del telefono cellulare. Negli ultimi anni, talune ricerche stanno studiando i possibili danni, che un uso eccessivo e scorretto del cellulare potrebbe causare sull’uomo ed, in particolare, sul cervello umano. Finora non è emerso ancora nulla di definitivo dalle ricerche, da notare che in questo campo l’influenza delle case produttrici di cellulari è ovviamente molto pesante: esse sostengono (ovviamente!) che non vi sono effetti negativi delle microonde e naturalmente finanziano ricerche in questa direzione.. ¦ le onde radio hanno lunghezze d’onda maggiori di 1 m. Sono usate soprattutto in telecomunicazioni (radio, TV). 8 Laboratorio di Didattica della Fisica • • • Laraville Monica i raggi ultravioletti hanno lunghezze d’onda più piccole del visibile, da 1·10-9 m a 4·10-7 m circa. La nostra atmosfera presenta un forte assorbimento dei raggi ultravioletti e solo una piccola parte di questa radiazione proveniente dal Sole raggiunge il suolo. La causa principale di questo assorbimento è l’ozono atmosferico, la cui quantità in questi ultimi anni è stata ridotta a causa dell’immissione nell’atmosfera dei fluorocarburi, dei gas di scarico, dei fumi industriali, ecc. NOTA: Sebbene oggigiorno i mass-media cerchino di persuadere tutti all’idea che “abbronzato” significa necessariamente “bello”, bisogna sottolineare che l’esposizione non protetta, eccessiva ed illimitata ai raggi ultravioletti non fa affatto bene alla nostra pelle. A questo proposito, si potrebbe inserire un intervento di sensibilizzazione per far comprendere agli alunni l’importanza di certe precauzioni quando ci si espone ai raggi solari. Sotto l’azione dell’irraggiamento del Sole la pelle beneficia di un sistema di protezione naturale, l’abbronzatura: essa varia secondo gli individui ed il loro fototipo. Ma in caso di esposizione solare eccessiva, le difese della pelle vengono superate e i raggi ultravioletti hanno effetti nocivi a livello dell’epidermide (strato superficiale della pelle) e del derma (strato sotto l’epidermide). In particolare: Ø i raggi UVA provocano colpi di sole, scottature e, a lungo termine, alterazioni del capitale genetico (DNA); Ø i raggi UVB sono responsabili dell’invecchiamento cutaneo precoce; Ø i raggi UVA e UVB sono implicati nello sviluppo dei tumori cutanei. Pertanto, bisogna utilizzare alcuni accorgimenti molto importanti per la nostra salute: usare creme solari con protezioni elevate ed adeguate al proprio tipo di pelle, evitare le ore in cui il Sole è più caldo (indicativamente dalle 12 alle 16), indossare cappelli ed indumenti protettivi, ecc. Particolare riguardo lo meritano anche e soprattutto i neonati e i bambini. ¦ -11 -8 i raggi x, con lunghezze d’onda comprese tra 1·10 m e 1·10 m, vengono utilizzati in medicina. Infatti, poiché hanno una frequenza molto elevata, possono penetrare strati spessi di tessuti biologici; il diverso assorbimento ad opera di tessuti di diversa consistenza e densità rende possibile il loro impiego in diagnostica medica (radiografia e radioscopia). i raggi ? sono la radiazione elettromagnetica con le lunghezze d’onda più corte (inferiori a 1·10-11 m) . La loro emissione si accompagna a molti processi nucleari. Possiamo far misurare agli alunni la lunghezza d’onda L caratteristica dell’onda raffigurata in Figura 3 e ricavare la tipologia d’onda corrispondente leggendo la Tabella 2: si vede che corrisponde ad una microonda. L’OTTICA GEOMETRICA L’Ottica è quella branca della Fisica che studia le proprietà della luce e la sua propagazione attraverso i mezzi materiali; in particolare, l’Ottica Geometrica assume che la luce viaggi in linea retta ed incontri ostacoli la cui dimensione sia molto maggiore della lunghezza d’onda della luce. Chiameremo raggio luminoso la direzione di propagazione di un fascio di luce e lo schematizzeremo con una semiretta. Quindi, una sorgente luminosa che sia così piccola da poter essere considerata come un punto (diremo che la sorgente è puntiforme) va pensata come un centro da cui partono in tutte le direzioni infiniti raggi luminosi rettilinei. L’Ottica Geometrica comprende lo studio di fenomeni ottici quali la riflessione e la rifrazione, che analizziamo nel seguito. 9 Laboratorio di Didattica della Fisica • - Laraville Monica LA RIFLESSIONE: Possiamo chiedere agli alunni che cosa succede se puntiamo un fascio di luce (per esempio, prodotto da una pila) su uno specchio. Ne nascerà una discussione durante la quale i ragazzi esporranno le loro ipotesi; successivamente, svolgeremo questo semplice esperimento in classe ed osserveremo due fatti: se puntiamo la luce perpendicolarmente ad uno specchio, la luce verrà riflessa e tornerà indietro verso la pila; se puntiamo, invece, la luce sullo specchio con un’inclinazione diversa, la luce verrà riflessa dallo specchio, ma non più verso la pila (ora formalizzeremo meglio). Chiameremo riflessione il fenomeno ottico per cui un raggio luminoso che colpisce uno specchio (o, in generale, una superficie riflettente) viene rimandato indietro nel semispazio dove vi è la sorgente luminosa. Il raggio che colpisce la superficie riflettente prende il nome di raggio incidente, mentre quello che ritorna indietro prende il nome di raggio riflesso (si veda la Figura 5). Figura 5 • • Nel punto in cui il raggio incidente colpisce la superficie, si traccia la normale (ossia perpendicolare) alla superficie stessa e in tal modo si definiscono due angoli: l’angolo di incidenza i, tra la normale e il raggio incidente, e l’angolo di riflessione r, tra la normale e il raggio riflesso. Sperimentalmente si osserva che: l’angolo di incidenza i è sempre uguale all’angolo di riflessione r; il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza giacciono tutti sullo stesso piano. Se i = 0, cioè se il raggio incidente cade perpendicolarmente sulla superficie, si ha r = 0, cioè il raggio incidente si riflette su se stesso. • LA RIFRAZIONE: Cosa succede invece se l’onda luminosa passa da una sostanza ad un’altra di natura diversa? Proponiamo agli alunni lo stesso esperimento descritto precedentemente, ma, anziché lo specchio, ora consideriamo un vetro, per esempio. I ragazzi noteranno che in questo caso una parte della luce verrà riflessa e una parte continuerà il suo cammino al di là del vetro cambiando la sua direzione. Chiameremo rifrazione quel fenomeno ottico che avviene ogni qualvolta un raggio luminoso attraversa la superficie che separa due mezzi trasparenti di diversa densità, per esempio, aria e vetro, aria e plexiglas, plexiglas ed acqua, aria e acqua, ecc. 10 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica Incontrando la superficie di separazione tra aria ed acqua (ad esempio), una parte del raggio incidente si riflette secondo le leggi della riflessione appena enunciate e continua a propagarsi nell’aria (prende il nome di raggio riflesso), mentre l’altra parte del raggio penetra nell’acqua e prosegue in una direzione diversa rispetto a quella iniziale (prende il nome di raggio rifratto). Oltre all’angolo di incidenza e di riflessione, ora si definisce un terzo angolo: l’angolo di rifrazione r2, tra la normale e il raggio rifratto. Quanto detto è schematizzato nella seguente figura: Figura 6 In particolare, nell’esempio precedente il raggio rifratto si avvicina alla normale (cioè la retta perpendicolare alla superficie di separazione tra aria ed acqua) e l’angolo di rifrazione r2 è minore dell’angolo di incidenza i. Se invece la luce compie il percorso inverso (per esempio, dall’acqua all’aria), il raggio rifratto si allontana dalla normale e l’angolo di rifrazione r2 è maggiore di quello di incidenza i. Sperimentalmente si osserva che: • • il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie di separazione dei due mezzi giacciono tutti sullo stesso piano; esiste una legge (nota come legge di Snell) che consente di calcolare l’angolo di rifrazione r conoscendo la velocità di propagazione della luce nei due materiali e il loro rapporto, che, per quanto detto a pag. 7, coincide con il rapporto fra gli indici di rifrazione: v2 n2 = v1 n1 . NOTA: In una scuola media inferiore, la Legge di Snell non è ovviamente proponibile utilizzando il formalismo matematico, in quanto assumerebbe la seguente forma: sin i n2 = sin r n1 - dove i è l’angolo di incidenza, r è l’angolo di rifrazione, n1 e n2 sono gli indici di rifrazione del mezzo 1 e del mezzo 2 rispettivamente. ¦ Si possono presentare le due seguenti situazioni (rappresentate in Figura 7): nel caso in cui n2>n1, il raggio rifratto si avvicina alla normale; nel caso in cui n1>n2, il raggio rifratto si allontana dalla normale e l’angolo r tende a diventare sempre più grande fino ad assumere ampiezza 90°. L’angolo di incidenza i per il quale abbiamo r = 90° si chiama angolo limite. 11 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica Per angoli di incidenza maggiori abbiamo solo raggio riflesso e l’intensità dell’onda riflessa è pari all’intensità dell’onda incidente. Questo fenomeno si chiama riflessione totale. Figura 7 • ESEMPI: Ora penserei di proporre agli studenti degli spunti riflessivi prima di procedere con alcuni esperimenti pratici. La rifrazione, infatti, consente di capire alcuni fenomeni che capita spesso di osservare nell’esperienza quotidiana. 1. Consideriamo un oggetto posto sul fondo di un recipiente pieno d’acqua: come è visto questo oggetto da un osservatore esterno? Dopo questa domanda lascerei parlare gli alunni in merito alle loro supposizioni e solo alla fine chiederei loro di osservare la figura seguente: Figura 8 Applicando le leggi della rifrazione, i raggi luminosi provenienti dal punto P, che si trova sul fondo del recipiente pieno d’acqua, emergono dalla superficie di separazione tra acqua e aria allontanandosi dalla normale. Essi giungono all’occhio dell’osservatore come se provenissero dal punto P’, dove si incontrano i loro prolungamenti. L’osservatore vede così la sorgente luminosa in P’ e non in P. E’ per questa ragione che gli oggetti nell’acqua appaiono più in alto rispetto a dove realmente si trovano. La stessa cosa accade, per esempio, se poniamo un cucchiaio immerso parzialmente in acqua: alla nostra vista esso risulta piegato! Infatti, sembra che i raggi che provengono dalla parte di cucchiaio immerso in acqua siano emessi da punti più in alto rispetto a dove effettivamente sono. 12 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica Figura 9 2. Un pesce come vede ciò che lo circonda? Dalla Figura 10 osserviamo che il pesce alla sinistra dello scoglio vede gli oggetti che lo circondano in posizioni diverse da quelle reali. L’altro pesce gli sembra nuotare in aria a causa della riflessione totale; la nave gli appare obliqua invece che orizzontale, perché i raggi che provengono da essa si rifrangono con un angolo uguale all’angolo limite. Ancora, l’uccello gli sembra leggermente spostato dalla sua posizione a causa della rifrazione. L’unico oggetto che vede dove davvero si trova è l’aereo, il quale si trova esattamente sulla sua verticale. Figura 10 13 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica ESPERIMENTI SULLA RIFLESSIONE E SULLA RIFRAZIONE 1° ESPERIMENTO: Materiale utilizzato: Ø Generatore di raggio laser (o, più semplicemente, una pila); Ø Sbarretta a sezione rettangolare in plexiglas; Ø Carta millimetrata; Ø Goniometro con sensibilità di 1°. Obiettivi dell’esperimento: - verificare le leggi della riflessione - rifrazione; - osservare che i fenomeni di riflessione e rifrazione della luce avvengono ogni qualvolta che il raggio incontra una superficie di separazione fra sostanze diverse; - misurare gli angoli di incidenza e di rifrazione che intervengono nell’esperimento. Una prima volta il raggio incidente, proveniente dall’aria, incontra la superficie di separazione ariaplexiglas così che una parte del raggio incidente viene riflesso e una parte passa nel materiale avente indice di rifrazione maggiore rispetto a quello dell’aria per cui il raggio rifratto si avvicina alla normale (nel punto in cui il raggio cambia mezzo). Una seconda volta il raggio rifratto (ora raggio incidente) incontra la superficie di separazione plexiglas-aria, così che in parte viene riflesso e in parte“esce” dalla sbarretta e, poiché questa volta passa da un mezzo avente indice di rifrazione maggiore ad uno avente indice di rifrazione inferiore, il raggio rifratto uscente si allontanerà dalla normale alla superficie di separazione nel punto in cui il raggio cambia mezzo. Il raggio incidente iniziale ed il raggio rifratto finale sono paralleli. Tale fatto può essere dimostrato matematicamente facendo riferimento agli angoli alterni interni congruenti formati dai raggi riflessi e rifratti con le normali alle superfici di separazione. Figura 11 Nella tabella seguente riportiamo i valori degli angoli misurati relativi a tale esperimento : 14 Laboratorio di Didattica della Fisica i (gradi) 32 21 Laraville Monica i ' (gradi) 32 21 r (gradi) 21 32 Tabella 3 Per la misura di detti angoli è stato utilizzato un goniometro per cui l’errore di misura corrisponde a 1°. con n2 > n1 21 ° 21 ° n1 n2 n1 Figura 12 Si possono osservare essenzialmente due cose: 1. gli angoli di riflessione e gli angoli di incidenza coincidono entro gli errori sperimentali sia nel passaggio aria-plexiglas che nel passaggio plexiglas-aria, per cui anche in questo caso la legge della riflessione è rispettata; 2. l’angolo di rifrazione del raggio in uscita dalla barra di plexiglas (ossia al passaggio dal plexiglas all’aria) coincide, entro gli errori di misura, con l’angolo di incidenza del raggio sulla superficie aria-plexiglas, ossia r = i. Ciò significa che il raggio rifratto in uscita dalla barretta è parallelo al raggio incidente sulla barretta stessa. 2° ESPERIMENTO: Materiale utilizzato: Ø Generatore di raggio laser; Ø Superficie piana in plexiglas a forma di semicerchio con spessore di un paio di centimetri; Ø Carta millimetrata; Ø Goniometro con sensibilità di 1°. Obiettivi dell’esperimento: - verificare le leggi della riflessione - rifrazione; 15 Laboratorio di Didattica della Fisica - Laraville Monica determinare sperimentalmente l’angolo limite in corrispondenza del quale si osserva il fenomeno della riflessione totale; misurare gli angoli di incidenza e di rifrazione che intervengono nell’esperimento. Durante l’esperimento, poniamo su un foglio di carta millimetrata la superficie piana di plexiglas a forma di semicerchio con spessore di un paio di centimetri e facciamo in modo che il raggio incidente, prodotto da un laser avente luce monocromatica rossa, incida perpendicolarmente sulla prima superficie curva di separazione e passi poi per il centro O. NOTA: Ricordiamo agli alunni che, geometricamente, la normale alla superficie circolare è il prolungamento del raggio (e quindi passa necessariamente per il centro O). ¦ In questa situazione il raggio incidente incontra la prima superficie di separazione aria-plexiglas perpendicolarmente, così che una parte viene riflesso e torna indietro nella medesima direzione ma verso opposto al raggio incidente e una parte passa indeviato per cui i = i’ = r = 0. Il raggio rifratto, ora raggio incidente sulla seconda superficie di separazione plexiglas-aria, arriva in O, ossia in corrispondenza della superficie di separazione plexiglas-aria, dove viene in parte riflesso e in parte rifratto e, passando da un mezzo a indice di rifrazione maggiore (plexiglas) ad uno a indice di rifrazione inferiore (aria), si allontana rispetto alla normale alla superficie di separazione. Segniamo sulla carta millimetrata la superficie di separazione dei due mezzi (ossia plexiglas e aria), il centro O, la normale passante per O alla superficie stessa e i tre raggi rispettivamente incidente, riflesso e rifratto. Figura 13 Ripetiamo più volte l’esperimento, lasciando fisso il laser ma ruotando di volta in volta l’oggetto in plexiglas in modo tale da variare l’angolo di incidenza i, facendo attenzione che il raggio incida sempre in O, e di conseguenza l’angolo di rifrazione r. Successivamente misuriamo gli angoli ottenuti di incidenza, di riflessione e di rifrazione utilizzando un goniometro e consideriamo come errore sulle misure 1°, tenendo conto anche delle possibili imprecisioni che si introducono tracciando i raggi con la matita o muovendo impercettibilmente la lastra di plexiglas. Iniziamo la serie di misure individuando il caso limite in cui il raggio laser incide perpendicolarmente sia sulla prima che sulla seconda superficie di separazione così che il raggio riflesso ha la stessa direzione e verso opposto rispetto al raggio incidente (i =i’) mentre il raggio rifratto prosegue indeviato e alla superficie di separazione plexiglas – aria si ripete nuovamente lo stesso fenomeno: il raggio riflesso ha la stessa direzione del raggio incidente ma verso opposto e il raggio rifratto ha lo stesso verso e la stessa direzione del raggio incidente: 16 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica Figura 14 Proseguiamo poi l’esperimento variando l’angolo di incidenza, facendo sempre attenzione che il raggio incida sempre in O, fino ad arrivare ad osservare il fenomeno della riflessione totale. Figura 15 Figura 16: ANGOLO LIMITE I risultati numerici ottenuti sono riportati nella tabella seguente: 17 Laboratorio di Didattica della Fisica 1° caso limite (incidenza normale) 1° misura 2° misura 3° misura 2° caso limite (riflessione totale) Laraville Monica i (gradi) i ' (gradi) r (gradi) 0±1 0±1 0±1 29 ± 1 31 ± 1 40 ± 1 28 ± 1 31 ± 1 40 ± 1 45 ± 1 51 ± 1 74 ± 1 43 ± 1 45 ± 1 90 ± 1 Tabella 4 da cui si vede che i e i’ coincidono entro gli errori sperimentali e che l’angolo limite AL, definito come l’angolo di incidenza per cui r = 90°, è pari a 43° ± 1°. Attraverso questo esperimento gli alunni possono osservare un altro fatto interessante: l’intensità del raggio di luce che emerge dal semicerchio di plexiglas è inferiore rispetto a quella del raggio incidente. Inoltre, c’è un raggio di luce riflesso anch’esso meno intenso del raggio incidente. Infatti, in corrispondenza della prima superficie di separazione aria-plexiglas il raggio incide perpendicolarmente, per cui viene in parte riflesso nella medesima direzione ma in verso opposto e in parte rifratto ma prosegue il suo cammino indeviato. Nel passaggio dal plexiglas all’aria, ossia in corrispondenza della seconda superficie di separazione dei due mezzi, una parte del raggio di luce è riflessa e torna indietro mentre l’altra parte attraversa il semicerchio con una direzione deviata rispetto a quella iniziale. Si osserva, inoltre, che all’uscita del semicerchio di plexiglas il raggio rifratto si allontana dalla normale e, infatti, le misure dimostrano che r > i così come ci si poteva aspettare considerando che il fascio luminoso passa da un mezzo con indice di rifrazione maggiore (plexiglas) ad un mezzo caratterizzato da un indice di rifrazione minore (aria) (si veda la Tabella 1). Facendo questo tipo di misure si verifica sperimentalmente la legge della riflessione, secondo la quale l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione. In effetti si osserva che il raggio riflesso forma con la normale alla superficie di separazione dei due mezzi un angolo uguale a quello di incidenza, entro gli errori sperimentali. Per angoli di incidenza superiori all’angolo limite il raggio rifratto scompare e si osserva solo il raggio riflesso, che è più intenso. 18 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica MODULO 2: “LA RIFLESSIONE E LA RIFRAZIONE NELLA VITA QUOTIDIANA” CONTENUTI: § Il periscopio § Le fibre ottiche REQUISITI DI BASE: § La riflessione e la rifrazione § L’angolo limite e la riflessione totale § Nozioni sugli angoli § Concetto di normale ad una superficie Prima di affrontare il contenuto specifico di questo modulo, introduciamo i prismi ottici, sulle proprietà dei quali funzionano sia i periscopi sia le fibre ottiche. Si chiama prisma ottico un corpo trasparente avente almeno due facce piane non parallele. Generalmente, i prismi sono di vetro. Consideriamo un prisma a sezione triangolare, come mostrato in Figura 18. Figura 18 Se un raggio luminoso monocromatico colpisce, con un certo angolo di incidenza i, una faccia laterale del prisma, esso si rifrange, e la direzione del raggio rifratto si avvicinerà a quella della normale nel punto di incidenza (essendo il vetro più rifrangente dell’aria). Uscendo dal prisma, la luce si rifrangerà di nuovo, subendo una seconda deviazione: in conclusione il raggio luminoso avrà subito due deviazioni e il raggio di luce che emerge dal prisma ha una direzione diversa da quella del raggio incidente. L’angolo delta, formato dalla direzione del raggio emergente con la direzione del raggio incidente, si chiama angolo di deviazione e misura la deviazione del raggio luminoso corrispondente all’angolo di incidenza i. Applicando le leggi di Snell si può dedurre che: la deviazione, restando costante l’angolo di incidenza, aumenta con l’aumentare dell’indice di rifrazione del materiale costituente il prisma; essa, inoltre, aumenta con l’aumentare dell’angolo formato dalle due facce del prisma (angolo rifrangente del prisma, indicato con alfa nella Figura 18). Esistono dei prismi, detti prismi a riflessione totale, che vengono impiegati in svariati strumenti ottici per orientare opportunamente i raggi luminosi (come vedremo nel seguito per il periscopio e per le fibre ottiche). Possiamo dire che un prisma a riflessione totale ha la stessa funzione di uno specchio. 19 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica Nella Figura 19 osserviamo un prisma che riflette un raggio luminoso di 90°: il raggio penetra nel prisma normalmente ad una delle facce minori, prosegue in linea retta fino a giungere, con un angolo di incidenza uguale a 45°, sulla faccia maggiore. Poiché 45° è superiore all’angolo limite per il vetro rispetto all’aria (circa 42°), il raggio subisce in I la riflessione totale. Figura 19 Nella Figura 20, invece, osserviamo una riflessione di 180° di un raggio luminoso attraverso un prisma a riflessione totale: il raggio penetra nel prisma normalmente alla faccia maggiore, quindi subisce due riflessioni totali di 90°, ciascuna sopra una delle facce minori. Figura 20 Introdotto questo concetto, passiamo all’obiettivo di questo modulo, ossia presentiamo il problema di come possiamo vedere fuori dall’acqua se siamo a bordo di un sommergibile immerso in acqua (il periscopio) ed analizziamo alcuni casi di utilizzo della rifrazione in oggetti ormai entrati nel linguaggio quotidiano (le fibre ottiche). • IL PERISCOPIO: Tutti i sommergibili sono dotati di strumentazioni molto sofisticate per osservare al di sopra dell’acqua: si tratta dei periscopi. Essi sfruttano il fenomeno della riflessione totale utilizzando dei prismi ottici. In particolare, schematizzando, il periscopio può essere immaginato come in Figura 21: 20 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica Figura 21 La luce che penetra nel tubo è deviata due volte di 90° da due prismi che hanno la sezione a forma di triangolo rettangolo isoscele. Dentro ciascun prisma il raggio colpisce la faccia inclinata con un angolo superiore all’angolo limite ed è quindi riflesso totalmente. I prismi interni al periscopio sono analoghi a quello mostrato in Figura 19. • LE FIBRE OTTICHE: Le fibre ottiche sono un’altra applicazione tecnologica della riflessione totale. L'invenzione delle fibre ottiche è da inquadrarsi nel periodo intorno agli anni '70 a seguito di un'intensa ricerca scientifica che si svolse in particolare negli USA e nell'URSS contemporaneamente, anche se separatamente, e spesso in concorrenza per motivi politici e militari. Esse sono costituite da lunghi e sottilissimi “fili” di vetro di quarzo (o altri materiali, anche plastica) molto trasparenti alla luce, flessibili e a sezione cilindrica. In particolare, sono costituite da una parte centrale detta core (nucleo), da una parte esterna detta cladding (mantello) realizzate in silice, che è il costituente principale del comune vetro, e da una guaina protettiva in PVC, come indicato in Figura 22: Figura 22 Le fibre ottiche sono usate per trasmettere informazioni tramite impulsi luminosi: questi ultimi vengono immessi nella fibra ottica ad una estremità e, attraverso riflessioni totali successive, arrivano all'altra estremità della fibra, con intensità sensibilmente uguale a quella di entrata, come indicato nella Figura 23: 21 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica Figura 23 Per che cosa sono utilizzate le fibre ottiche? Il campo di applicazione delle fibre ottiche è molto vasto: si va dai settori della medicina alle telecomunicazioni e perfino all'arredamento. Una delle prime e fondamentali applicazioni si è avuta in medicina: diagnostica ed operazioni chirurgiche particolari. In molti casi (per esempio, esame della vescica o dello stomaco) si introduce nell’organo una “sonda”: una fibra ottica invia all’interno un fascio di luce e l’immagine della parte illuminata è condotta all’esterno sempre mediante la fibra ottica. Il medico può quindi, mediante un sistema di lenti, vedere l’interno dell’organo come se fosse aperto e formulare la diagnosi. Ad esempio, la Figura 24 rappresenta l’immagine, vista attraverso una fibra ottica, del piloro, passaggio che mette in comunicazione lo stomaco col duodeno, tratto superiore dell’intestino tenue. Figura 24 L’utilizzo di questa tecnologia in medicina non si limita a questo: con il loro aiuto il chirurgo può operare senza aprire. In questo caso, la sonda porta all’interno anche un minuscolo bisturi elettrico che il chirurgo specializzato può manovrare dall’esterno vedendo perfettamente il campo operatorio. Nel campo delle telecomunicazioni, sono usate come canali di comunicazione privilegiati ad alta velocità, in quanto consentono velocità di trasmissione dei dati numerici molto maggiori di quelle dei loro predecessori, oltre ad innumerevoli ed indiscutibili vantaggi quali la insensibilità alle interferenze, il basso costo, il volume ridottissimo e la bassissima attenuazione, per cui possono aversi tratte di più di 100 Km senza necessità di amplificatori. Per questi vantaggi, in tutti i Paesi, le società telefoniche sostituiscono i cavi metallici con fibre ottiche. Si è scoperto, inoltre, che le fibre ottiche sono anche ottimi mezzi per trasportare segnali elettrici. Come raffigurato in Figura 25, il segnale elettrico originario è trasformato in segnale ottico (mediante un laser) e così viene trasportato dalla fibra ottica; all’arrivo viene nuovamente trasformato in segnale elettrico (mediante un fotodiodo). Questo processo viene utilizzato, per esempio, per le comunicazioni telefoniche. 22 Laboratorio di Didattica della Fisica Laraville Monica Figura 25 Addirittura, una fibra ottica può trasportare contemporaneamente diversi segnali! Infine, negli ultimi anni, le fibre ottiche si sono diffuse anche nel settore dell’arredamento, per la fabbricazione di lampadari, soprammobili, ecc. (Figura 26). Figura 26 23