INFEZIONI DELLE VIE URINARIE

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MALATTIE INFETTIVE
12/03/14
INFEZIONI DELLE VIE URINARIE
Con il termine ivu si intende:
-infiammazione delle vie urinarie che può essere acuta,subacuta o cronica ed è determinata da un
agente infettivo che nella maggior parte dei casi è un batterio;
-presenza di un significativo numero di batteri nelle urine raccolte correttamente(ricordando che ci
possono essere molto condizioni che mimano o simulano le infezioni).
CARATTERISTICHE DELLE IVU
1) CLINICHE : - sintomatiche
-asintomatiche
2) SEDE:
- localizzate alla basse vie urinarie
uretrite
cistite
prostatite
infiammazione superficiale:
coinvolgono solo la mucosa
infezione di tipo profondo
che comporta l’invasione
del tessuto
-localizzate alle alte vie urinarie pielonefrite o nefrite interstiziale tutte infiammazioni
ascessi intrarenali o perirenali
di tipo profondo
3) COMPLICATE o NON COMPLICATE
4) ASPECIFICHE( dovute alla flora vaginale-uretrale,perineale o intestinale)
SPECIFICHE(Tbc,gonococco,c.trachomatis,ureaplasma urealyticum,s.haematobium,miceti e
virus)
INFEZIONI COMPLICATE. Si verificano in presenza di alcuni cofattori favorenti e predisponenti che
dipendono dal patogeno e dall’individuo che ne è vittima;esistono patogeni resistenti,possono
essere presenti anomalie funzionali,metaboliche o anatomiche,o,ancora,il soggetto può essere stato
sottoposto a cateterismo o aver avuto contatto con corpi estrenei(stent,durante interventi di
nefrotomia).
Tra le condizioni favorenti le ivu complicate ci sono: - litiasi
- neoplasie
- stenosi ureterali
- diverticoli vescicali
- cisti renali
- fistole
Tra le anomalie funzionali ricordiamo in particolare la vescica neurologica e il reflusso vescicoureterale. Altre condizioni che facilitano la comparsa di tali infezioni sono: l’insufficienza renale,il
diabete,i trapianti e l’immunosoppressione.
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Un ruolo fondamentale nel determinare la frequenza di infezioni complicate è dato dall’età e dal
sesso. Durante il periodo fertile sono maggiormente presenti nelle femmine in concomitanza con
l’inizio dei rapporti sessuali. Nel maschio bisogna aspettare l’età più avanzata,quando compare
l’ipertrofia prostatica che facilita la loro comparsa.
Età
<1
1-5
6-15
16-35
36-65
>65
Femmine
Anormalità
anatomiche/funzionali
Cause urologiche
Anormalità congenite con
reflusso vescico-ureterale
Anormalità
Rapporti sessuali
Uso del diaframma
Chirurgia ginecologica
Prolasso
Stesse condizioni +
incontinenza urinaria
Maschi
Anormalità
Anormalità con reflusso
Nessuna
Omosessualità
Ipertrofia prostatica(residuo
post-minzionale)
Ostruzioni
Cateterismo
Stesse condizioni +
incontinenza urinaria
IVU NON COMPLICATE. Solitamente:cistiti in donne gravide senza alterazioni anatomiche o
neurologiche. Sono sempre più frequenti nella donna in dipendenza dalla lunghezza dell’uretra e dei
suoi rapporti esterni. Rispondono bene e in modo immediato alla terapia antibiotica mentre le ivu
complicate sono dovute a microrganismi resistenti e spesso la risposta alla terapia è inadeguata.
Vediamo le specie microbiche maggiormente coinvolte
SPECIE MICROBICHE
ASSOCIATE
E.coli
S. saprophyticus
Proteus
Klebsiella
Enterococchi
Pseudomonas
Flora mista
Candida
Cistite acuta
non
complicata
70 %
11
2
3
Pielonefrite acuta
non complicata
Ivu
complicate
Ivu associate a
cateterismo
89%
0
4
4
32%
1
4
5
22
20
10
0
0
6
8
11
20
Quando da un campione di urina si isolano più germi si parla di contaminazione e quindi è necessario
chiedere al paziente di raccogliere nuovamente le urine.
Come detto,la capacità infettante del patogeno dipenderà da caratteristiche a esso stesso
legate(entità di inoculo,adesività batterica che dipende da adesine,fimbrie,pili in grado di legarsi alle
glicoproteine delle membrane cellulari);da caratteristiche dell’ospite( difetti dei meccanismi di difesa
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aspecifici e in quelli specifici- deficit igA secretorie ad esempio- anomalie delle vie urinariestenosi,litiasi- malformazioni)
Le vie di diffusione: - canalicolare ascendente(dipendente dalla vicinanza del vestibolo vaginale e
dalla brevità dell’uretra nella donna, dalla prostata nell’uomo)
- via ematica(batteriemie-rare)
- via linfatica dal colon(ciò spiega perché i batteri gram negativi sono frequentemente coinvolti nelle ivu)
- manovre strumentali( infezioni iatrogene)
SINTOMATOLOGIACistite- determina disuria,pollachiuria,febbre(non obbligatoriamente presente), stranguria, tenesmo,
dolore sovrapubico,ematuria, piuria(presenza di leucociti polimorfonucleati), batteriuria,urine
torbide e maleodoranti. Tali sintomi e segni sono però presenti anche in flogosi non batteriche delle
basse vie urinarie e nella sindrome uretrale acuta.
Sindrome uretrale acuta- quadro clinico caratterizzato da disuria,stranguria e pollachiuria in assenza
di urinocoltura positiva(clamidia trachomatis o ureoplasma).
Pielonefrite acuta- infiammazione del tessuto connettivale renale o dell’interstizio renale
caratterizzata da:dolore lombare,febbre e brivido(il prof dice che l’esordio assomiglia a quello delle
polmoniti con differente localizzazione del dolore),dolore ai punti costo-vertebrali di guyon e ai punti
ureterali,nausea e vomito(legati allo stato settico),cilindruria(dato di laboratorio importantissimo che
può subito orientare la diagnosi),piuria,batteriuria,ematuria.
Questa sintomatologia può essere presente anche nella colica renale,nell’infarto renale(che si genera
in seguito per esempio al distacco di un embolo settico che arriva al parenchima renale in corso di
endocardite batterica). A permettere la differenziazione da queste ultime condizione sono: la
batteriuria significativa e l’emocoltura positiva(nel 30-40 % dei casi la pielonefrite può essere anche
batteriemica).
Cosa succede nell’organo interessato da patologia infettiva?
ANATOMIA PATOLOGIACistite- iperemia(mucosa arrossata),edema(sofficità della mucosa),infiltrazioni di neutrofili. Queste
condizioni determinano stravaso nelle urine di globuli bianchi,globuli rossi(che passano attraverso i
capillari a causa dell’infiammazione) e muco. Può associarsi infezione delle ghiandole parauretrali
formando microascessi del lume resistenti ai chemioterapici e causa di recidive.
Pielonefrite- infiltrazione di granulociti neutrofili,formazione di focolai infiammatori che possono
essere sparsi,diffusi,monolaterali o bilaterali. Nei casi più gravi è associata anche una componente
infiammatoria tubulare( con formazione di necrosi sparsa,ostruzione del lume da detriti e proteine
con dilatazione pseudo follicolare a monte). L’infiltrazione leucocitaria determina la cilindruria che è
patognomonica!
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DIAGNOSI DELLE INFEZIONI DELLE VIE URINARIA
Innanzitutto è importante raccogliere la pars intermedia del mitto urinario in un recipiente sterile
dopo aver pulito accuratamente i genitali con acqua e sapone(senza però asciugarli in quanto
l’asciugamano è fonte di batteri) e aver scartato il primo getto di urina(circa 100-150 cc).
Nei bimbi e nei soggetti che non urinano o che non sono collaboranti può essere necessaria la
puntura sovrapubica o il cateterismo.
Indagini da eseguire sulle urine così raccolte :
- esame citologico diretto del sedimento centrifugato( per la ricerca di globuli bianchi,emazie
ecc.):patologici sono un numero di globuli bianchi> di 5000 per mm^3 e un numero di globuli
rossi > di 2 per campo)
- esame batterioscopico diretto delle urine non centrifugate(valori patologici numero
batteri> di 10 per campo)
- coltura batteriologica quantitativa: si calcola il numero di germi in un ml di urina contando il
numero di colonie sviluppatesi su terreno di coltura(espresse in UFC)
batteriuria significatica > o = a 100 mila germi/ml di urina
batteriuria non patologica se < a 10 mila germi/ml di urina
batteriuria compresa tra 10mila e 100mila tenere sotto controllo il paziente
-
isolati i patogeni dall’esame colturale si fa la determinazione della sensibilità del germe
mediante antibiogramma.
Nel caso si sospettino anomalie delle vie urinarie e infezioni complicate verranno fatte in un secondo
momento indagini strumentali mirate(urografia discendente,pielografia ascendente ecc.)
Attenzione! Il concetto di batteriuria deve fare i conti con la qualità dei germi.
UOMO
DONNA
Carica batterica
Sintomi ivu
>10^3 ivu batterica
<10^3 assenza di ivu
Sì
>10^2 ivu batterica <10^2 assenza
NO
Enterobacteriaceae
>10^5 ivu batterica
Altre specie
< o =10^5 assenza ivu
> 10^4 ivu batterica
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<10^4 assenza
Problemi nella diagnosi della ivu. Alcuni pazienti con batteriuria > o = a 10^5 germi/ml sono
asintomatici. Dei pazienti con batteriuria significativa e sintomi di cistite: 2/3 hanno infezione delle
basse vie urinarie e 1/3 delle alte vie urinarie. Anche una batteriuria di 10^4 può indicare infezione in
pz sintomatico o in paz in cui le urine sono state prelevate con cateterismo vescicale.
BATTERIURIA ASINTOMATICA. Può presentarsi soprattutto durante la gravidanza in particolare nel
periodo compreso tra la nona e la diciassettesima settimana. Se le pielonefriti che si sviluppano in
gravidanza non sono curate(e ciò accade nel 40% dei casi) si hanno parti prematuri. Quindi è sempre
opportuno ricercare batteriuria alla prima visita,alla sedicesima e alla ventesima settimana. Gli
antibatterici che devono essere usati in gravidanza perché non dannosi per il bambino
sono:amoxicillina,cefalosporine di prima generazione,nitrofurantoina(evitare sulfamidici,tetracicline
e chinolonici!). Fatta la terapia bisogna ripetere l’urinocultura dopo 1 e dopo 2 settimane.
TERAPIA.
Cistite- protrarre la terapia al max 3 giorni. Usati maggiormente bactrim(2 volte al
giorno),nitrofurantoina e chinolonici(250 mg due volte al giorno).
Pielonefrite- la durata della terapia deve essere protratta per 10-14 giorni. Se le forme sono severe e
nel caso di donne gravide è richiesta l’ospedalizzazione e una terapia parenterale(gentamicina,
ciprofloxacin,ceftriaxone) che deve essere continuata fino alla scomparsa della febbre;dopodiché si
prosegue con gli stessi antibiotici per via orale.
Candidosi urinaria- fluconazolo e anfotericina.
BRUCELLOSI O FEBBRE MALTESE
La brucellosi è un antropozoonosi a decorso che può essere acuto,subacuto o cronico ed è causata
dalla brucella. Questa malattia può interessare l’organismo in maniere generica o localizzarsi in un
particolare organo(forma focale).
La sintomatologia fondamentale è composta dalla triade: febbre ondulante,artromialgie e
sudorazione. Ma come distinguerla dall’influenza? L’influenza evolve e si risolve in un periodo
limitato di 4-5 giorni mentre i sintomi di brucellosi sono persistenti. Anche il tifo determina una
sintomatologia molto simile con la differenza che in quest’ultimo è presente anche astenia,mentre il
paziente affetto da brucellosi nei periodi di apiressia si sente abbastanza in forze da andare
addirittura a lavorare.
All’esame obiettivo ricercare la splenomegalia:la milza è aumentata di consistenza ma mai ingrandita
eccessivamente.
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Questi batteri infettano le cellule del sistema reticolo-endoteliale e sapere le cellule bersaglio è
fondamentale per capire la sintomatologia che non è altro che una diretta conseguenza dipendente
dalla localizzazione di queste cellule peraltro ubiquitarie(quindi potrà esserci endocardite
brucellare,epatite,lesioni a carico del midollo delle ossa lunga o piatte-artrite,spondilite brucellare o
pseudo pott,coxite-meningite).
La brucella è un batterio gram negativo di forma coccoide o bacillare,aerobio,asporigeno e immobile.
Agiscono in virtù di una endotossina che penetra nella membrana cellulare(sono batteri
intracellulari) e sopravvivono nell’ambiente esterno per molte settimane.
Gli antibiotici che si usano per contrastarla sono quelli in grado di attraversare la parete delle cellule
reticolo-endoteliali e devono essere almeno due somministrati insieme e in modo continuativo per 6
settimane.
La brucellosi colpisce sia l’animale che l’uomo. Nell’animale viene eliminata attraverso il latte(può
esserci mastite o una mammella sana),urine e feci,secrezioni vaginali dopo aborto(la brucella causa
aborto),liquido seminale del toro e i prodotti dell’aborto(motivo per cui i veterinari possono
facilmente infettarsi). Le modalità di contagio sempre nell’animale possono avvenire per via
orale(contaminazione del foraggio,dell’acqua),tramite mucose(accoppiamento di un toro infetto con
una femmina sana) o cutanea(dalla mano della mungitrice che passa dalle mammelle di una mucca
all’altra).
Nell’uomo la brucellosi può essere contratta per via orale con l’ingestione di latte non
pastorizzato,latticini e formaggi non stagionati;per via cutanea nelle mungitrici;per contatto con
urine e feci(sempre per via orale o inalatoria o congiuntivale). Anche durante la macellazione,il
macellaio può contagiarsi a causa delle schegge ossee.
La brucella dunque può penetrare nel nostro organismo attraverso l’apparato digerente,la cute,la
congiuntiva. Penetra poi nei linfonodi regionali e inizia a moltiplicarsi determinando batteriemia che
le consente di localizzarsi in tessuti e organi ricchi di cellule del SRE(fegato,milza,linfonodi, midollo
osseo,rene).
La reticolo endotelite sistemica(così può definirsi anche la brucellosi)viene distinta in
semplice(iperemia,infiltrazione emorragica) o granulomatosa(iperplasia del SRE con formazione di
granulomi costituiti da cellule parassitarie circondate da linfociti-monociti).
Immunità umorale: aumento delle IgM iniziale seguito dall’aumento delle IgG. L’evoluzione di questa
infezione è poco controllata dall’immunità umorale mentre a giocare un ruolo fondamentale è
l’immunità cellulare:proliferazione dei macrofasi,reclutamento monociti dal sangue,controllo
dell’infezione da parte dei linfociti T,produzione di linfochine che agiscono sui macrofaghi
determinando killing dei batteri.
Clinica. Febbre continuo-remittente, remittente-intermittente,febbricola: la febbre non ha
caratteristiche particolare a differenza della leishmaniosi dove ha il tipico andamento ad M o a
orecchie di gatto.
Presenza di sudorazione,artralgie,mialgie,nevralgie,splenomegalia(50% dei casi),epatomegalia(25%
dei casi),leucopenia con linfocitosi,aumento della VES.
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Farmaci di elezione:tetracicline e streptomicina(quest’ultima va usata con cautela e per periodi di
tempo non superiori alle 4 settimane a causa dell’ototossicità).
Brucellosi d’organo. Può presentarsi nei modi più disparati:
1) meningite brucellare:liquor limpido,aumento proteine e linfociti(non dei granulociti a
differenza della meningite da meningococco) e diminuzione della concentrazione di glucosio;
2) encefalite,mielite,radicolite,nevrite sciatica;
3) epatite(necrosi epatocita ria può esserci ma mai con valori di transaminasi troppo elevati)
4) turbe gastrointestinali;
5) endocardite su endocardio sano o endocardio leso(colpite le valvole mitrale e aortica) con
possibilità di embolie;
6) broncopolmonite,pleurite,lobite;
7) orchite;
8) splenite,adenopatie;
9) eritema nodoso,vasculiti;
10) artromialgie,osteoartriti,osteoperiostiti. La localizzazione più frequente è a livello
dell’articolazione coxo-femorale,sacro-iliaca ,intervertebrale(spondiloartrite che interessa i
piatti cartilaginei intervertebrali) con formazione di tessuto di granulazione che possono
determinare ascessi ossifluenti soprattutto a carico del tratto cervicale della colonna
vertebrale. Reazione osteoblastica che può riguardare anche le coste.
DIAGNOSI. Lo sviluppo è lento e quindi bisogna mantenere le colture per almeno 4 settimane.
Quando è sospettata la malattia,viene utilizzata la sieroagglutinazione di wright che consente di
ricercare gli anticorpi agglutinanti brucelletitolo da 1:160 in su. Tale reazione è positiva nel 90%
dei casi(l’inizio della positività però si ha a partire dalla seconda settimana);può risultare positiva
anche dopo guarigione,in fase acuta igM specifica o in recidive IgG. Può essere negativa in fase acuta
a basse diluizioni di siero-il cosiddetto effetto prozona- a causa di anticorpi incompleti
bloccanti,eccesso di anticorpi;sarà allora necessario ripetere il test a diluizioni maggiori (1:1000 o
1:10000).
Oltre alla siero agglutinazione possono essere fatti in casi eccezionali una sternomielocoltura,
un’emocoltura o esame dell’espettorato,esame del liquor.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE. Influenza( presenza di astenia,tosse e starnuti), tifo(anamnesi-ingestione
frutti di mare-cefalea,vidal+),leishmaniosi(febbre bifasica,piastrinopenia,ingrandimento molto
maggiore della milza,aumento delle gammaglobuline,milza allungata),malaria(l’anamnesi viene in
aiuto-viaggi in zone endemiche-anemia,splenomegalia maggiore).
TERAPIA. Doxiciclina + rinfampicina per 6 settimane
Doxiciclina+ streptomicina la prima per 6 settimane e la seconda per tre settimane
Cotrimaxacolo + rinfampicina in donne gravide
Cotrixomacolo + gentamicina nei bimbi di età < di 8 anni
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MALATTIE INFETTIVE Prof.ssa Sagnelli
19/03/14
ENDOCARDITE
L’endocardite è legata alla sepsi perché un germe può passare dal cuore in circolo e
si forma una sepsi. Prima di tutto bisogna ricordare come è fatto il cuore,come si
asculta perché riconoscere un tono cardiaco alterato è fondamentale per avere la
conferma clinica di un’endocardite. Se tu sei il curante di quel paziente avrai una
memoria dei suoi soffi e ricorderai se è uguale alla visita precedente o è modificato.
L’endocardite è un processo infiammatorio a carico dell’endocardio e dei grossi vasi.
Non è facile isolare il patogeno(50% delle endocarditi ha emocoltura negativa). La
batteriemia è quando il patogeno è in circolo. Quando il paziente ha il brivido allora
il germe è in circolo e stimola alcune citochine a rispondere. Il batterio non gira nel
cuore e da infezione random,ma il batterio trova un luogo idoneo per la sua
sopravvivenza e per la sua replicazione. Qui bisogna ricordare le strutture valvolari
del cuore e se una struttura non è vascolarizzata come ad esempio una protesi
artificiale essa avrà un rischio maggiore di essere attaccata dal batterio perché li non
arrivano i globuli bianchi. La mortalità cambia con l’età,con l’ospedalizzazione,con la
presenza di pacemaker di bypass e altri dispositivi. L’endocardite in linea di massima
è più presente negli uomini. Il nocciolo dell’endocardite è capire che cos’è una
vegetazione. Una vegetazione è un insieme a strati di piastrine e di fibrina che si
depositano spontaneamente;secondariamente un batterio va a posizionarsi qui
perché per lui è comodo e stimola il processo infiammatorio e sopra di lui si
formano altri strati di fibrina piastrine e ecc.
Classificazioni: esistono 3 classificazioni
1. Decorso clinico (acuta e subacuta)
2. Agente etiologico
3. Epidemiologica
La classificazione eziologica riconosce vari fattori determinanti endocardite:
Gram positivi(80%):Streptococcus spp,S.aureus,S.epidermidis,Enteroccocus
Gram negativi(5-10%):Pseudomonas,E.Coli,Klesbiella,Enterobacter
Miceti(1-3%):Candida,Aspergillus
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Endocardite a coltura negativa(per pregressa terapia antibiotica e per batteri a lenta
crescita.
La classificazione epidemiologica riconosce agenti che si trovano su valvola nativa,su
valvola protesica,nel tossicodipendente(perché iniettandosi la droga si inietta in
vena direttamente il patogeno talvolta contenuti anche nei coadiuvanti della droga)
e nel paziente ospedalizzato. La valvola nativa per essere infettata deve essere non
normale,ovvero avere valvulopatie congenite,malattia reumatica,processi
degenerativi o deve esserci il prolasso della mitrale. Da un punto di vista eziologico i
principali batteri isolati sono S.viridans,S.aureus,S.bovis. Per la valvola aritificiale se
l’’l’infezione si realizza meno di due mesi dopo l’intervento penserò che si tratta di
un’infezione da sala operatoria e i batteri responsabili saranno i batteri coaugulasi
negativi,S.aureus e i batteri gram negativi. Nella forma tardiva,invece,si fa lo stesso
ragionamento che si faceva per la valvola naturale.
In alcuni casi succede che la vegetazione si localizza sulla valvola e si può rompere
l’anello o si può rompere la corda tendinea(la valvola non si chiude più e bisogna
intervenire chirurgicamente). Nel tossicodipendente i batteri sono soprattutto quelli
cutanei o potrebbero essere quelli ambientali(nell’acqua che si miscela la droga)e si
realizzano soprattutto nel cuore destro per l’iniezione endovenosa.
In ospedale altre fonti di infezioni sono l’emodialisi ma le percentuali sono molto più
basse.
PATOGENESI
Allora il patogeno va in circolo attraverso varie procedure:estrazione
dentale,tonsillectomia,broncoscopia,biopsie epatiche,legature delle varici esofagee.
Può provenire inoltre dalla cute e dalle vie urinarie. Si inizia ad avere una
insufficienza aortica,una stenosi,una insufficienza mitralica ma il blocco principale è
che pressione e flusso vengono ad essere alterati per cui ho dei flussi più turbolenti.
Si formano questi piccoli agglomerati di piastrina e di fibrina da cui origina la
vegetazione per cui posso avere il distacco di un embolo sterile. Quando arriva il
batterio si posa sulla fibrina e inizia a moltiplicare e forma la vegetazione e si
comincia ad avere l’endocardite con varie batteriemie. Gli emboli partono dal
focolaio e si hanno emboli settici,infarti settici e la formazione di immunocomplessi.
Da un punto di vista anatomopatologico la vegetazione non è grandissima(da
qualche mm a 1 cm). Quando si stacca si stacca lo fa a causa di un flusso turbolento.
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E’friabile ma come complicanze posso avere ascessi,fistolizzazioni,ulcerazioni e in
alcuni casi si possono formare degli aneurismi
SEGNI E SINTOMI
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Febbre 90%
Brivido e sudorazione 40-75%
Anoressia,perdita di peso e malessere 25-50%
Mialgie e artralgie 5-30%
Dolore lombare 7-15%
Soffio cardiaco 80-85%(patognomonico)
Embolie arteriose 20-50%
Splenomegalie 15-50%
Ippocratismo digitale
Manifestazioni neurologiche
Manifestazioni periferiche
SINTOMATOLOGIA INFETTIVA
 Febbricola/febbre
 Astenia
 Pallore
SINTOMATOLOGIA CARDIACA
 Soffi
 Scompenso cardiaco
 Ascesso
MANIFESTAZIONI EXTRACARDIACHE
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
Petecchia
Glomerulo nefrite
Emorragie sub ungueale
Meningiti(più rare)
SINTOMATOLOGIA EMBOLICA
L’embolo di norma quando parte può arrivare alla milza e fare infarto splenico o può
andare all’encefalo e rendere dapprima il paziente più lento e rallentato del giorno
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prima fino a condurlo a ischemia cerebrale. La zona infartuata nel cervello o è di
forma triangolare frutto di un capillare ostruito da embolo non batterico o è un
ascesso da embolo batterico.
Per quanto riguarda i fenomeni cutanei i più frequenti sono petecchie,emorragie
retiniche,emorragie ungueali e ischemie periferiche.
A livello renale c’è deposito di immunocomplessi e formazione di una
glomerullonefrite.
A livello retinico posso avere alterazioni della retina.
A livello toracico il patogeno che va dal cuore al polmone determina processi
infiammatori.
A livello addominale ci potrà essere un infarto mesenterico.
Il patogeno può andare nella colonna vertebrale,infetta il disco e da una
spondilodiscite.
Nell’endocardite a decorso acuto quindi le cose importanti sono febbre con briviodo
scuotente,manifestazione con emboli settici. Nella forma subacuta meno irruente
per esordio la febbre non è molto alta,ho un lento interessamento cardiaco;qui le
complicanze saranno ravvisabili solo nella disseminazione.
DATI DI LABORATORIO
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Anemia 90%
Leucocitosi 20-30%
Emostasi microscopica 30-50%
VES aumentata
Fattore reumatoide
IC circolanti
Riduzione del complemento
Trombocitopenia(rara)
PROGNOSI
Si devono valutare fattori di rischio:età,comorbidità,diagnosi tardiva,infezioni su
protesi e valvola aortica. In base ai patogeni posso vedere se c’è prognosi
migliore o peggiore. Nel tossicodipendente la sopravvivenza è ottima,nella
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valvola protesica a meno di due mesi dall’impianto la sopravvivenza è 50% sia
perché i pazienti sono reduci dall’immunosoppressione dell’intervento chirurgico
sia perché si tratta il più delle volte di pazienti anziani.
CRITERI DI DUKE (vedi libro) Positività per due criteri maggiori,per 5 criteri minori o
per 1 maggiore e 3 minori.
TERAPIA MEDICA
Le infezioni importanti sono trattate per via endovenosa.
Bisogna subito iniziare la terapia in modo empirico e dopo l’emocoltura
eventualmente modificarla. Dobbiamo valutare la MIC.
TERAPIA CHIRURGICA
Quando la terapia antibiotica non basta. Se trattati chirurgicamente la
sopravvivenza aumenta notevolmente. La chirurgia sulle endocarditi è dunque
importantissima
SEPSI
La sepsi non è una malattia infettiva. Un germe ha stimolato tutto il sistema
immunitario della persona per cui è come se tu ti “auto infettassi”,facendo
interagire le difese dell’ospite e le armi dell’agente patogeno.
La Sepsi è una Sirs ovvero la risposta immunitaria nei confronti dell’infezione.
La SIRS ha delle caratteristiche particolari:
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



Temperatura maggiore di 38 o minore di 36
Battiti maggiori di 90
Atti respiratori 24
PaCO2 minore di 32
Leucociti maggiore di 12000 e minore di 4000 (N.B: Sapere i valori dei bianchi
e di Ig)
Posso avere un’infezione e una stimolazione che mi porta ad una stimolazione e
quindi ad una sepsi. Altre cause possono essere traumi,ustioni e incidenti. Quella
che maggiormente ci preoccupa è la sepsi severa che si accompagna a
disfunzione di un organo,ipoperfusione e ipotensione. La sepsi severa si va a
configurare nello shock settico che non risponde più a trattamenti. In questa fase
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il paziente arriva al P.S. e bisogna intervenire subito con vasopressori per la
ripresa del circolo altrimenti il paziente va incontro a disfunzione di tutti gli
organi. La diagnosi di shock settico è aumentato negli ultimi anni. I fattori di
rischio maggiori sono l’ospedalizzazione prolungata,l’utilizzo di cateteri
vescicali,l’uso di cateteri vascolari,l’uso indiscriminato e scorretto di antibiotici e
numerose manovre strumentali.( con la broncoscopia si hanno solo batteriemie
transitorie). Se un catetere vascolare è infetto bisogna toglierlo subito,altrimenti
il patogeno va in circolo. L’eziologia riconosce sia Gram
positivi(S.aureus,coaugulasi negativi e enterococco),sia Gram negativo(klesbiella
pneumoniae,Serratia,enterobacter)
Le terapie per questi pazienti sono indicate per 14 gg ma se il paziente non si
riprende la terapia è più lunga. Inoltre il paziente siccome infetta gli altri dovrà
essere isolato.
Nella sepsi la fonte iniziale di infezione o è il polmone o è l’addome. I batteri
gram negativi hanno l’lps che stimola una risposta infiammatoria,con
stimolazione del C5 e dei fattori della coagulazione. Le infezioni sono miste,si
possono avere entrambe. Nel momento in cui è stimolato il th1 esso produce
TNF,IFN,IL6,IL8 mentre il Th2 produce IL4,IL10. Il danno nella sepsi è
immunomediato,la tossicità è data dai peptidoglicani e dalla risposta immunitaria
rivolta contro di essi. (Vedi i fattori della coagulazione).
Quando si attivano i fattori della coagulazione il paziente va in CID,si ha trombosi
disseminata e il paziente diventa molto difficile da trattare.
SINTOMATOLOGIA
Aspecifica:febbre,nausea,cefalea.
Il quadro cambia quando insorge
tachicardia,petecchie,confusione,ipotensione,oliguria. Si possono avere
alterazioni ai vari organi:oligoanuria,sindrome da distress
respiratorio,ittero,epatite,ischemia cerebrale
DIAGNOSI
 Emocromo Aumento dei neutrofili e diminuzione di piastrine(nel CID)
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 Test della coaugulazione sia PT che marcatori di fibrinolisi ovvero Ddimero. Un D-dimero molto aumentato è segno di interessamento
polmonare.
 Albumina dimiunita,PCR aumentata,VES aumentata,Glicemia
diminuita,Acido lattico aumentato,endotossine e citochine.
 Alcalosi e Acidosi metabolica
Per avere un isolato faccio una emocoltura nello stato febbrile o durante il
brivido.
TERAPIA
Nel trattamento dovrò fare:
La Terapia dell’infezione è finalizzata all’eradicazione del patogeno
La Terapia di supporto mantiene perfusione e ossigenazione
L’antibiotico si da in modo empirico,valutando eventuali allergie. Se ha cateteri
vanno tolti,se ha ascessi vanno drenati.
Per la terapia di supporto uso farmaci che agiscono a livello cardiaco,vasopressori
e dobbiamo dare plasma fresco per i fattori di coagualazione. Bisogna poi
corregere l’equilibrio acido base.
L’unico farmaco che salva nella sepsi severa è la proteina c attivata che bisogna
essere somministrata prima della CID. Tutti gli altri farmaci agiscono
sull’immunità ma bisogna darli tutti prima che il paziente faccia CID per
circoscrivere gli effetti infausti
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Malattie
Infettive
9
aprile
’14
Prof.
Pasquale
EPATITE
VIRALE
ACUTA
E
CRONICA
Patologie
molto
frequenti
non
solo
nella
nostra
area
geografica.
Epatite
virale
acuta:
malattia
infettiva
causata
da
differenti
virus.
Per
differenti
s’intende
immunologicamente
distinti,
quindi
non
vi
è
immunità
crociata
tra
un
virus
e
l’altro
pertanto
un
soggetto
potrà
avere
diverse
epatiti
causate
da
differenti
virus.
Gli
anticorpi
maturati
contro
un
virus
A
non
vi
proteggono
da
un
virus
B
,
C,
E
o
Delta.
Da
cosa
e
caratterizzata
l’epatite
virale
acuta?
Il
termine
epatite
significa
infiammazione
però
ciò
che
differenzia
l’epatite
virale
acuta
dall’epatite
virale
cronica
è
la
prevalenza
della
necrosi
epatocitaria
sull’infiammazione;
l’infiammazione
c’è,
coesiste
con
la
necrosi
ma
ciò
che
caratterizza
da
un
punto
di
vista
anatomopatologico
l’epatite
virale
acuta
è
la
lisi
cioè
la
necrosi
degli
epatociti.
Già
questo
fenomeno
anatomopatologico
vi
spiega
una
cosa
importante:
la
presenza
nel
siero
di
elevate
concentrazioni
di
transaminasi.
A
quanto
possono
arrivare
le
transaminasi
nell‘epatite
acuta?
50
100
volte
il
valore
massimo
nella
norma
ricordandovi
che
il
valore
massimo
normale
delle
transaminasi
nel
siero
è
37‐40,
quindi
(40x100)
4000
o
(40x50)
2000
nell’epatite
acuta
quindi
1000
2000
3000
fino
a
4000
nella
fase
florida
dell’epatite
acuta;
a
volte
il
paziente
arriva
da
voi
che
ha
già
superato
l’episodio
acuto
e
ha
raggiunto
una
fase
di
plateau
dove
le
transaminasi
possono
essere
un
po’
più
basse
ma
sempre
elevate
(1000
2000),
questo
perché
prevale
la
necrosi
tant’è
vero
che
la
forma
clinica
più
grave
dell’epatite
virale
acuta
è
l’atrofia
giallo‐acuta
in
cui
quasi
tutto
il
fegato
viene
ucciso
dal
virus
che
si
replica
e
si
ha
la
situazione
clinica
dell’epatite
fulminante
in
cui
il
paziente
può
morire
per
insufficienza
epatica
in
quanto
tutto
il
fegato
è
stato
mangiato
dal
virus.
Tutto
ciò
a
partire
dal
quadro
anatomopatologico
caratterizzato
oltre
che
dall’infiammazione
e
dai
fenomeni
degenerativi
anche
dalla
necrosi
epatocitaria,
a
differenza
di
quanto
accade
invece
nell’epatite
cronica
dove
l’infiammazione
prevale
sulla
necrosi,
c’è
la
necrosi
anche
nella
cronica
però
l’aspetto
anatomopatologico
più
esuberante
è
l’infiltrazione
linfomonocitaria
degli
spazi
portali
del
parenchima
lobulare
fino
al
bridging
porto‐portale,
ci
sarà
anche
un
rialzo
delle
transaminasi
perché
un
po’
di
necrosi
c’è
anche
nella
forma
cronica
però
non
sono
a
mille
saranno
a
100
200
a
volte
300
400
nelle
fasi
di
riacutizzazione
del
virus
B
ma
non
arrivano
mai
a
2000
3000
4000.
Nell’epatite
acuta
vi
è
coesistenza
di
infiammazione,
degenerazione
epatocitaria
e
di
necrosi
però
prevale
la
necrosi,
questa
è
la
differenza
concettuale
e
anatomopatologica
tra
le
due
malattie
sostenute
dallo
stesso
virus
che
può
cronicizzare
B,
C
o
Delta
con
un
danno
anatomopatologico
differente:
prevale
necrosi
nell’
epatite
acuta,
infiammazione
nell’
epatite
cronica.
Che
succede
nel
fegato
in
corso
di
e.
acuta?
premessa
la
differenza
del
danno
epatico,
la
sintomatologia
è
consequenziale
x
es.
se
il
paziente
si
sente
stanco
perchè
gli
epatociti
sono
morti
e
con
essi
è
andata
perduta
anche
la
riserva
di
glicogeno
che
è
la
nostra
riserva
energetica
che
ci
fa
muovere,
pensare,
mangiare,
l’astenia
è
una
logica
conseguenza
della
necrosi
come
l’ittero
perchè
la
bilirubina
non
viene
metabolizzata
sufficientemente
percui
vedete
come
gli
aspetti
clinici
e
di
laboratorio
sono
indissolubilmente
legati
al
danno
epatocitario.
WWW.SUNHOPE.IT
Da
un
punto
di
vista
anatomopatologico
nell’epatite
acuta
abbiamo
la
necrosi
epatocitaria
che
può
avere
diverse
estensioni
o
espressioni
anatomopatologiche:
esiste
una
necrosi
focale
definita
in
passato
“a
spruzzo”
cioè
interessa
pochi
gruppi
di
epatociti,
necrosi
zonale
se
interessa
più
gruppi
di
epatociti,
sub
massiva,
fino
alla
necrosi
massiva
ovvero
atrofia
giallo
acuta.
Oltre
alla
necrosi
focale
o
diffusa
del
parenchima
epatico
(parenchima
significa
epatociti:
parte
nobile
di
un
organo
che
è
sostenuta
dalle
fibrille
reticolari
che
sono
il
mesenchima)
Mentre
l’infiammazione
interessa
il
mesenchima
la
necrosi
interessa
il
parenchima.
Oltre
alla
necrosi
focale
o
diffusa
del
parenchima
epatico
ci
sono
fenomeni
di
degenerazione,
la
degenerazione
di
un
epatocita
che
è
raggiunto
dal
virus
può
essere
di
due
tipi
opposti
tra
di
loro:
o
l’epatocita
si
disidrata
e
quindi
il
citoplasma
perde
l’acqua
e
si
arriva
alla
formazione
di
corpi
eosinofili
rotondeggianti
simili
a
quelli
della
febbre
gialla
in
cui
vi
è
la
disidratazione
epatocitaria
fino
alla
trasformazione
dell’epatocita
in
un
corpicciuolo
rotondeggiante
che
si
chiama
corpo
eosinofilo
perche
rosso
rubino,
questa
è
definita
degenerazione
eosinofica.
Oppure
l’epatocita
si
gonfia
perchè
s’
idrata
e
si
parla
di
ballon
cells
epatociti
balloniformi
a
forma
di
palloncino:
degenerazione
idropica.
Questi
fenomeni
di
degenerazione
sono
anche
definiti
di
necrobiosi
perchè
possono
preludere
alla
necrosi
epatocitaria.
Nell’epatite
acuta
anche
se
prevalgono
necrosi
e
fenomeni
degenerativi
è
presente
anche
l’infiammazione
che
consiste
nell’infiltrazione
dei
monociti,
linfociti
ma
non
neutrofili.
Nell’epatite
acuta,
l’infiltrazione
si
localizza
sia
nel
contesto
del
lobulo
epatico,
a
livello
degli
spazi
portali
o
porto‐biliari
di
Kiernan
dove
prende
il
nome
di
portite.
Un
altro
fenomeno
importante
è
l’iperplasia
e
l’ipertrofia
delle
cellule
di
kupffer
chiamate
anche
scavenger
cells.
o
cellule
spazzine
che
provvedono
a
fare
pulizia
dei
detriti
cellulari
dovuti
alla
necrosi
epatocitaria
perchè
quando
l’epatocita
muore
libera
protoplasma,
citoplasma
nei
sinusoidi
che
vengono
intasati
da
materiale
amorfo
il
quale
viene
digerito
dalle
cellule
di
kupffer
che
aumentano
di
numero(iperplasia)
e
anche
di
volume
(ipertrofia).
Una
caratteristica
anatomopatologica
del
fegato
in
corso
di
epatite
virale
acuta
è
la
presenza
nello
stesso
momento
di
tutti
questi
fenomeni,
infatti
osservando
la
biopsia
epatica
di
un
paziente
con
epatite
acuta
si
nota
un
quadro
polimorfo:
nello
stesso
lobulo
si
ha
in
una
zona
infiltrazione
in
un'altra
zona
la
degenerazione
idropica
ed
eosinofica,
la
necrosi,
l’aumento
delle
cellule
di
kupffer
e
questo
sincronismo
anatomopatologico
caratterizza
l’epatite
virale
acuta;
questo
non
significa
che
si
fa
la
biopsia
per
fare
diagnosi,
anzi
oggigiorno
non
si
fa
più
dal
momento
che
si
usano
markers
e
transaminasi
per
fare
diagnosi.
Dal
punto
di
vista
clinico
è
caratterizzata
da
nausea,
il
paziente
ha
nausea
per
gli
odori
da
cucina
la
nausea
precede
il
vomito,
astenia.
Può
essere
presente
la
febbre
anche
in
assenza
di
ittero,
quindi
nausea
vomito
astenia
fanno
fare
diagnosi,
febbre
ed
ittero
possono
anche
non
essere
presenti.
Successivamente
compare
l’ittero
talvolta
l’ittero
è
presente
prima
altre
volte
la
febbre
passa
quando
compare
l’ittero.
Altri
segni
clinici:
l’ittero
si
associa
a
urine
scure,
ipercromiche
poichè
sono
presenti
urobilina
e
bilirubina
nelle
urine
e
ipocolia
fecale
perchè
l’urobilina
è
eliminata
con
le
urine
e
non
con
le
feci
che
sono
chiare,
questi
due
segni
clinici
vanno
insieme.
Inoltre
si
possono
riscontrare
epatomegalia
e
splenomegalia,
quest’ultima
non
è
sempre
presente
però
va
ricercata.
L’epatomegalia
è
un
segno
clinico
di
epatite
acuta
a
cui
potrebbe
far
seguito
la
riduzione
di
volume
del
fegato
che
non
è
un
buon
segno
dal
momento
che
potrebbe
precedere
l’atrofia
cioè
la
riduzione
della
massa
epatica,
quindi
va
sempre
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ricercata
la
volumetria
degli
organi
perchè
laddove
l’ittero
aumenta,
e
il
fegato
si
riduce
e
l’attività
protrombinica
scende
dal
100%
al
25%
30%
il
paziente
può
andare
incontro
a
epatite
fulminante
che
è
l’equivalente
clinico
dell’atrofia
giallo‐acuta;
quindi
il
paziente
in
ospedale
deve
essere
visitato
giorno
per
giorno
e
bisogna
fargli
anche
delle
domande
per
escludere
segni
di
disorientamento
spaziale
e
temporale
poichè
se
è
cosi
e
l’ittero
è
aumentato
sta
andando
incontro
all’encefalopatia
porto‐sistemica
cioè
all’insufficienza
epatica
che
a
sua
volta
può
portare
al
coma
epatico
che
se
non
si
risolve
entro
pochi
giorni
con
opportune
terapie
reidratanti
ecc
ecc
potrebbe
richiedere
il
trapianto
epatico.
Per
fortuna
l’epatite
fulminante
non
è
frequente
però
laddove
il
clinico
dovesse
individuarla
in
base
ai
dati
biochimici:
protrombina
bassa,
aumento
dell’ammoniemia,
ittero,
manifestazioni
emorragiche,
è
un
paziente
che
va
trapiantato.
Questo
è
ciò
che
succede
nell’intossicazione
da
amanita
phalloides
la
necrosi
diventa
massiva
anche
per
cause
tossicche
come
l’avvelenamento
da
paracetamolo,
20
compresse
sono
sufficienti
per
indurre
un
epatite
fulminante.
Da
un
punto
di
vista
laboratoristico,
le
transaminasi
arrivano
in
condizioni
normali
fino
a
37/40,
in
corso
di
epatite
acuta
possono
aumentare
50/100
volte
il
valore
massimo
nella
norma.
La
bilirubina
è
aumentata
senza
prevalenza
della
forma
indiretta
o
diretta,
in
genere
è
mista
laddove
prevale
la
diretta
(coniugata)
si
parla
di
epatite
ad
impronta
colestatica
e
quindi
vi
aspettate
anche
un
aumento
della
fosfatasi
alcalina
della
gamma
gt
che
sono
i
due
enzimi
che
indicano
un
difficoltoso
deflusso
della
bile
nei
canalicoli
biliari
e
nelle
vie
biliari
extraepatiche
.
Poi
esistono
i
marcatori
sierici
dei
vari
virus
A
B
C
Delta
E
che
sono
definiti
virus
epatitici
maggiori;
esistono
vari
virus
epatitici
minori
come
quelli
erpetici
(citomegalovirus,
Epstein
Barr)
che
possono
dare
epatiti
non
particolarmente
severe
in
cui
le
transaminasi
possono
arrivare
a
2‐300
massimo
400
ma
non
raggiungono
valori
particolarmente
elevati.
Esistono
poi
dei
virus
esotici
come
quelli
di
Lassa,
Ebola
e
Marburg.
Abbiamo
la
possibilità
di
individuare
dei
marcatori
sierici
per
i
virus
maggiori
che
sono
A,
B,
C,
Delta
ed
E.
Questi
hanno
uno
spiccato
epatotropismo,
cioè
la
malattia
fondamentale
che
inducono
è
l’epatite
virale
acuta.
Sono
tutti
a
RNA
tranne
il
virus
B
il
cui
genoma
è
costituito
da
una
molecola
di
DNA.
Il
virus
A
appartiene
alla
famiglia
Picornaviridae,
genere
Hepatovirus;
il
virus
B
è
compreso
nel
genere
Orthohepadnavirus;
il
virus
Delta
è
un
virus
difettivo
che
richiede
la
contemporanea
presenza
del
virus
B
di
cui
utilizza
le
strutture
di
superficie
come
inviluppo
del
proprio
nucleocapside
per
produrre
una
progenie
infettante;
il
virus
C
è
classificato
nella
famiglia
Flaviviridae
nel
genere
Hepacvirus;
il
virus
E
fa
parte
della
famiglia
dei
Caliciviridae.
I
virus
B.C.Delta
sono
di
forma
sferica,
A
ed
E
hanno
un
capside
icosaedrico;
le
dimensioni
non
sono
elevatissime,
quello
più
grande
è
il
C.
I
virus
A
ed
E
vengono
trasmessi
per
via
oro‐fecale,
i
mezzi
di
contagio
sono
i
frutti
di
mare
crudi,
le
acque
contaminate
dalle
feci
di
soggetti
infetti
che
eliminano
il
virus,
gli
ortaggi
contaminati
dalle
acque
conteneti
il
virus.
Invece
i
virus
B,
C
e
Delta
si
trasmettono
per
via
parenterale
un
tempo
attraverso
le
trasfusioni
di
sangue
oggi
non
più
perché
le
indagini
preliminari,
la
ricerca
dei
markers
sierologici
per
questi
virus
nel
donatore,
fa
si
che
vengano
esclusi
dalla
donazione
i
soggetti
che
presentano
positività
per
questi
markers
quindi
il
contagio
avviene
per
via
parenterale
inapparente
attraverso
lo
stretto
contatto
tra
le
mucose
che
presentano
microlesioni
anche
a
livello
della
cute
o
delle
mucose
genitale,
orale,
con
soggetti
portatori
(il
virus
B
è
molto
più
contagioso
rispetto
al
virus
C)
(esempio:
se
diluite
una
goccia
di
sangue
di
un
soggetto
con
epatite
A
in
una
vasca
da
bagno,
l’iniziale
colore
rosso
WWW.SUNHOPE.IT
si
diluisce
e
non
si
vede,
se
poi
prelevate
una
goccia
d’acqua
dalla
vasca
in
cui
avete
diluito
il
sangue
del
soggetto
infetto,
quella
sarà
contagiosa,
questo
per
farvi
capire
quanto
è
contagioso
il
virus
B
il
quale
come
ho
detto
mostra
anche
un
maggiore
epatotropismo
mentre
il
virus
C
è
più
ubiquitario,
anche
se
predilige
il
fegato
,infatti
avremo
delle
manifestazioni
extraepatiche
sostenute
da
questo
virus
(linfomi,
glomerulonefrite
membranoproliferativa)
che
invece
mancano
nell’infezione
provocata
dal
virus
B.
Un'altra
caratteristica
dei
virus
epatitici
maggiori
è
che
i
Virus
A
ed
E
cioè
quelli
che
vengono
trasmessi
per
via
oro‐fecale
non
danno
mai
epatiti
croniche
ma
solo
epatiti
acute,
tutti
danno
epatite
acuta
ma
l’epatite
cronica
è
data
solo
dai
virus
B
e
C
i
quali
dopo
aver
dato
epatite
acuta
possono
rimanere
nell’organismo
mantenendo
l’infiammazione
che
caratterizza
l’epatite
cronica.
Quindi
non
esiste
il
portatore
cronico
di
epatite
A
ed
E
mentre
esiste
il
portatore
di
epatite
B
C
e
Delta.
I
virus
epatitici
minori
che
possono
dare
epatite
acuta,
si
chiamano
minori
perchè
danno
malattie
a
carattere
sistemico
e
il
fegato
può
essere
interessato
come
epatite
di
accompagnamento;
il
quadro
sarà
caratterizzato
da
epatite
acuta
insieme
ad
altri
sintomi
che
interessano
altri
organi,
per
esempio
il
citomegalovirus
può
dare
linfoadenopatie,
mal
di
gola,
febbre
protratta
può
dare
anche
epatite
;
epstein
barr
(mononucleosi
infettiva)
può
dare
l’epatite
satellite
oltre
all’interessamento
delle
linfoghiandole
cervicali,
alla
tonsillite
pseudo
membranosa,
alla
linfadenopatia
generalizzata
nel
corso
di
queste
infezioni
si
può
avere
ipertransaminasemia
non
così
elevata
come
in
corso
di
infezione
sostenuta
da
virus
maggiori
.
Le
metodiche
sierologiche
prevedono
la
ricerca
di
anticorpi
della
classe
igM
contro
gli
antigeni
di
questi
virus
contro
citomegalovirus
o
l’antigene
di
Epstein
barr
quindi
il
reperimento
di
igM
specifiche
permette
di
fare
diagnosi
(in
passato
si
ricorreva
alla
tecnica
del
doppio
prelievo
e
ricerca
degli
anticorpi
di
classe
igG).
A
scopo
culturale
vi
cito:
virus
epatitici
esotici
Lassa,
Marburg
ed
Ebola:
vengono
contratti
soprattutto
in
Africa
e
Sudafrica,
danno
sintomatologia
epatitica
con
elevata
mortalità,
hanno
come
serbatoio
di
infezione
i
roditori
e
possono
infettare
l’uomo.
In
caso
d’infezione
da
virus
Marburg
ed
Ebola
sono
presenti
anche
emorragia,
petecchie,
eruzioni
cutanee
oltre
alla
sintomatologia
epatitica.
Alterazioni
istopatologiche:
le
alterazioni
degenerative
degli
epatociti
chiamate
anche
necrobiosi
possono
presentarsi
o
come
rigonfiamento
idropico
con
epatociti
balloniformi,
pallidi,
sfumati
oppure
degenerazioni
disidratative
in
cui
gli
epatociti
sono
più
piccoli
con
citoplasma
più
rosso,
nucleo
piccolo
(picnosi
nucleare);
l’espressione
più
avanzata
della
degenerazione
eosinofica
è
rappresentata
dai
corpi
eosinofili.
La
necrosi
può
presentarsi
in
maniera
più
o
meno
estesa
a
seconda
se
coinvolge
pochi
o
molti
epatociti.
La
micronecrosi
focale
coinvolge
pochi
epatociti
ed
è
sparsa,
così
come
la
necrosi
focale
che
coinvolge
gruppi
di
epatociti
chiamata
anche
necrosi
a
spruzzo.
Vi
è
poi
la
necrosi
confluente
in
cui
zone
di
necrosi
epatocitaria
confluiscono
in
altre
zone
adiacenti;
questa
può
essere
intralobulare
se
interessa
più
zone
dello
stesso
lobulo,
oppure
se
coinvolge
zone
di
lobuli
adiacenti
è
detta
necrosi
interlobulare.
Poi
c’è
la
necrosi
a
ponte
“bridging
necrosi”
che
collega
zone
anatomiche
del
fegato
rappresentate
dagli
spazi
portali
o
tra
questi
e
la
vena
centro
lobulare
quindi
distinguiamo
un
bridging
porto‐portoale
da
un
bridging
porto‐centrale
o
centro‐
centrale.
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Sempre
in
rapporto
all’estensione
della
necrosi
distinguiamo
la
necrosi
sub‐massiva
dalla
necrosi
massiva
che
si
presenta
con
l’atrofia
giallo‐acuta
in
cui
il
fegato
è
atrofico
di
colore
giallo
per
la
presenza
della
bile
fino
all’epatite
fulminante.
Questi
due
fenomeni,
degenerazione
epatocitaria
e
necrosi
epatocitaria
interessano
l’epatocita
e
parliamo
rispettivamente
di
necrobiosi
e
necrosi.
Poi
abbiamo
l’infiammazione
che
è
rappresentata
da
linfociti
e
monociti
ed
esclude
i
neutrofili.
Può
interessare
gli
spazi
portali
fino
al
mesenchima
periportale
per
cui
parliamo
di
portite
e
periportite.
Ricordate
che
nell’epatite
cronica
la
portite
e
la
periportite
prevarranno
sulla
necrosi
epatocitaria.
L’infiammazione
può
essere
presente
anche
a
livello
del
lobulo
epatico
quindi
più
propriamente
parliamo
di
necro‐infiammazione,
infatti
le
zone
in
cui
la
necrosi
epatocitaria
ha
distrutto
gli
epatociti
è
occupata
da
detriti
cellulari
ma
anche
da
linfociti
e
monociti.
Alla
periferia
di
queste
zone
di
necro‐infiammazione
in
cui
ritroviamo
protoplasma
cellulare,
linfociti
e
monociti,
sono
presenti
cellule
epatocitarie
sane
che
provvederanno
alla
rigenerazione
dell’architettura
cellulare
attraverso
la
guida
delle
fibre
collagene
che
non
vengono
intaccate
dalla
necrosi
e
fanno
da
guida
per
la
rigenerazione.
L’infiammazione
è
accompagnata
anche
dall’ipertrofia
e
iperplasia
delle
cellule
di
kupffer
(cell
di
sponda
che
hanno
una
capacità
macrofagica).
Un
altro
fenomeno
di
accompagnamento
alla
necro‐
infiammazione
è
la
fibrosi
epatica:
che
fine
fa
il
mesenchima?
la
filiera
epatocitaria
necrotizzata
è
sostenuta
dalle
cellule
reticolari
di
collagene
che
mantengono
l’orientamento
spaziale
delle
filiere
epatocitarie,
quando
le
filiere
vengono
distrutte
non
sostengono
più
le
fibre
reticolari
che
collassano
e
si
ha
la
fibrosi
per
collasso
della
trama
quindi
abbiamo
la
fibrosi
epatica
per
collasso
delle
fibre
reticolari
di
sostegno
a
livello
delle
aree
di
necrosi.
Gli
altri
fenomeni
anatomopatologici
sono
quelli
di
rigenerazione
epatocitaria,
infatti
si
può
ottenere
la
completa
guarigione
dall’epatite
acuta,
non
solo
il
virus
viene
neutralizzato
dagli
anticorpi
ma
anche
le
cellule
sane
provvedono
a
rigenerare
il
parenchima,
gli
epatociti
neoformati
sono
binucleati
e
la
rigenerazione
può
essere
mono
o
bilaminare
a
seconda
se
le
fibre
reticolari
sono
rimaste
integre;
se
sono
integre
si
ha
il
ripristino
della
corretta
architettura
cellulare
altrimenti
si
può
avere
una
rigenerazione
pseudo‐adenomatosa
che
non
è
guidata
in
maniera
rettilinea
dalle
fibre
reticolari.
Tali
alterazioni
sono
contemporaneamente
presenti
nello
stesso
preparato
istologico
per
cui
si
parla
di
polimorfismo
quando
ci
si
trova
di
fronte
a
degenerazione,
necrosi,
iperplasia
e
ipertrofia
delle
cellule
di
kupffer,
infiltrazione
linfo‐monocitaria,
collasso
della
trama.
Mostra
un
lucido
in
cui
ripassa
l’anatomia
del
lobulo
epatico
classico
definito
di
Kiernan,
spazio
portale
(ramo
sottile
della
vena
porta,
ramo
dell’arteria
epatica
e
dotto
biliare)
gli
epatociti
che
stabiliscono
il
confine
tra
lo
spazio
portale
e
il
lobulo
sono
chiamati
“lamina
limitante”
o
filiera
limitante
(limes:
in
latino
confine).
Nell’epatite
cronica
l’infiammazione
è
prevalente
nello
spazio
portale,
costituita
sempre
da
linfociti
e
monociti,
rosicchia
a
morso
di
topo
gli
epatociti
limitanti
e
questo
fenomeno
si
chiama
“piecemeal”
ovvero
necrosi
a
morso
di
topo
in
cui
i
linfociti
che
erano
confinati
nello
spazio
portale
sconfinano
nella
regione
periportale,
pertanto
accanto
alla
portite
abbiamo
la
periportite.
La
periportite
si
chiama
anche
necrosi
ad
interfaccia.
Non
è
obbligatorio
che
all’esame
istologico
voi
vediate
tutte
e
tre
le
formazioni
tubulari
se
vedete
i
dotti
biliari
già
questo
vi
garantisce
che
ci
troviamo
nello
spazio
portale
perchè
questi
non
sono
presenti
nel
lobulo
epatico.
N.B.
nell’epatite
B
il
linfocita
è
responsabile
della
necrosi
autoimmunitaria,
é
un
linfocita
killer.
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Nell’epatite
C
il
quadro
anatomopatologico
si
caratterizza
per
la
presenza
di
molti
linfociti
nei
sinusoidi
disposti
a
catenella
oltre
all’ipertrofia
delle
cellule
di
kupffer.
I
macrofagi
digerendo
i
detriti
cellulari
inglobano
la
ferritina.
Quando
il
paziente
guarisce
si
ha
il
ripristino
dell’architettura
in
cui
si
possono
riscontrare
delle
cicatrici
ma
i
lobuli
epatici
hanno
riacquisito
la
loro
integrità.
Analizziamo
ora
i
singoli
virus:
Comune
denominatore
è
la
sintomatologia,
i
quadri
anatomopatologici
sono
piuttosto
sovrapponibili
con
alcune
caratteristiche
per
l’epatite
C
(lnfociti
a
catenella)
La
clinica
dell’epatite
virale
acuta
è
rappresentata
da
anoressia,
nausea,
vomito,
astenia
intensa,
malessere
generale,
artralgia,
mialgia,
cefalea.
E
accompagnata
da
intolleranza
al
fumo
di
sigaretta,
febbre
(38°/39°)
soprattutto
in
EVA‐A,
dopo
1/
2
settimane
compare
subittero,
ittero,
urine
ipercromiche
color
marsala
o
cocacola,
feci
ipocoliche.
All’esame
obiettivo
il
paziente
presenta
epatomegalia,
la
consistenza
non
è
mai
dura
nell’epatite
acuta,
se
lo
è
vuol
dire
che
è
presente
degenerazione
fibrotica.
Altro
segno
è
l’ittero
sclerale.
Le
transaminasi
sono
aumentate.
È
possibile
avere
un
rialzo
anche
della
gamm‐gt
e
della
fosfatasi
alcalina
soprattutto
nelle
forme
colestasiche
Altro
parametro
è
il
tempo
di
protrombina
che
è
aumentato,
aumenta
il
tempo
di
protrombina
e
si
riduce
l’attività,
i
fattori
di
coagulazione
nell’epatite
virale
acuta
sono
alterati,
se
l’attività
protrombinica
scende
al
25%
30%
è
un
campanello
d’allarme
per
una
possibile
epatite
fulminante,
chiedete
anche
l’ammoniemia
e
la
bilirubina.
Quanto
dura
l’epatite
virale
acuta?
Circa
un
mese.
La
severità
della
malattia
sia
da
un
punto
di
vista
clinico
che
di
durata
è
in
rapporto
all’età,
in
genere
nei
bambini
si
sopporta
meglio
tanto
è
vero
che
è
sintomatica
solo
nel
4‐16%
dei
bambini
contro
il
75‐95%
degli
adulti
di
cui
i
2/3
con
ittero.
Le
varianti
cliniche
dell’
EVA:
può
essere
asintomatica
pur
presentando
transaminasi
elevate;
può
essere
anitterica
con
una
modesta
necrosi
epatocitaria;
colestasica
se
la
bilirubina
supera
i
20‐30
mg/dl,
nella
forma
colestatica
un
altro
segno
è
il
prurito
intenso
per
il
depositarsi
dei
sali
biliari
a
livello
cutaneo
e
si
accompagna
ad
un
innalzamento
dell’ALP
e
GAMMAgt;
in
questa
forma
le
transaminasi
sono
più
basse
e
in
genere
dura
più
a
lungo.
Si
osserva
un
calo
delle
transaminasi
rispetto
alla
persistenza
dei
valori
elevati
degli
enzimi
di
colestasi
e
un
ittero
che
tende
a
scendere
più
lentamente
rispetto
alla
forma
classica.
In
media
l’EVA
dura
un
mese/
un
mese
e
mezzo,
esistono
pero
delle
forme
protratte
che
possono
perdurare
fino
a
due,
tre
mesi
che
sono
espressione
di
necrosi
marcata
sub
massiva
(necrosi
che
interessa
più
zone
del
lobulo
epatico).
Poi
esiste
l’epatite
a
decorso
bi/multifasico
in
cui
il
paziente
sembra
guarito,
le
transaminasi
si
sono
normalizzate,
la
sintomatologia
è
regredita
e
poi
si
ha
una
ripesa
delle
transaminasi
per
riacutizzazione
(in
genere
la
seconda
fase
è
meno
impegnativa
della
prima)
La
forma
più
grave
di
epatite
è
quella
fulminante
con
encefalopatia
porto‐sistemica,
cioè
si
ha
un’
intossicazione
da
ammonio,
il
paziente
è
disorientato,
ha
il
flupping
tremor
per
appannamento
del
sensorio.
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Sono
presenti
coagulopatie
con
aumento
del
tempo
di
protrombina,
aumento
dei
leucociti,
riduzione
della
glicemia.
Paradossalmente
nell’epatite
fulminante
le
transaminasi
possono
essere
normali,
questo
perchè
è
presente
l’atrofia
epatica,
la
maggior
parte
del
parenchima
è
andato
distrutto
dall’atrofia
giallo‐acuta
e
il
paziente
può
andare
incontro
a
coma,
l’exitus
può
avvenire
o
per
emorragia
cerebrale
o
per
emorragia
gastrica
che
si
accompagna
ad
oligo‐anuria
Nella
maggior
parte
dei
casi
in
passato,
in
epoca
pretrapianti
si
moriva
oggi
il
paziente
può
salvarsi.
Se
vogliamo
fare
diagnosi
di
EVA
da
virus
A
dobbiamo
chiedere
le
igM
anti
HVA
nel
siero,
la
viremia
è
inutile,
non
la
si
cerca
ne
nelle
feci
ne
tantomeno
nel
siero
Per
il
virus
B
non
è
sufficiente
chiedere
l’HBsAg,
è
importante
chiedere
le
igM
anti‐core,
che
indicano
replicazione
virale
come
l’antigene
“e”
HBeAg
indica
la
stessa
cosa
così
come
l’HBV
DNA
che
si
ricerca
con
la
PCR
indica
replicazione
virale.
Virus
Delta
necessita
della
confezione
con
virus
B,
si
ricercano
anticorpi
della
classe
igM
anti
HDV,
si
può
ricercare
l’HDV
RNA,
l’HBsAg
e
igM
anticore
sono
il
marker
di
coinfezione
da
virus
B.
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Lezione di Malattie Infettive
Prof.ssa Sagnelli
10/04/14
PROTOZOI E METAZOI
Oggi iniziamo questo argomento, ovvero i protozoi e i metazoi. Che sono? Sono le infezioni non causate da batteri,
non causate dai virus ma portate dai parassiti. Di norma queste infezioni sono quelle che hanno una distribuzione
peculiare in relazione ai viaggi, perciò è importante la raccolta dell’anamnesi ed è importante sapere in che zona è
andato il paziente, se la zona dove è andato è una zona ad endemia per particolari tipi di protozoi e per particolari
ceppi di protozoi.
Cerchiamo un attimo di ricordarci che cosa è un protozoo. Di norma le zone più coinvolte sono quelle dei paesi
tropicali o subtropicali, ma perché? Perché queste patologie hanno bisogno di un vettore molto spesso, quindi spesso
anche di un serbatoio intermedio e spesso il vettore vive in zone tropicali o subtropicali. Infatti ci vuole una condizione
favorevole per lo sviluppo della larva del vettore, quindi non è così semplice avere la diffusione di queste malattie da
noi. C’è stato, sicuramente voi vi ricordate, l’episodio della zanzara tigre che tramite i copertoni sono arrivate in Italia.
Quindi c’è anche questo problema dei viaggi intercontinentali che può portare da noi il vettore.
Per quanto riguarda le vie di trasmissione, possiamo avere la trasmissione oro-fecale per l’ingestione di cibo
contaminato dalle acque in cui ci sono le uova o le cisti del protozoo, in alcuni casi la carne stessa può essere
contaminata, quindi con l’ingestione della carne puoi ingerire la larva. Ovviamente l’altro veicolo che è quello
principale e più importante è quello che vi dicevo tramite vettori. VI sono alcuni che penetrano direttamente, non
nelle fasi intermedie dello sviluppo ma come veri adulti, nel corpo della persona.
Ovviamente in relazione alla virulenza quindi ai meccanismi che ha il parassita di aggredire durante la patogenesi
dell’infezione noi potremmo avere di norma dei disturbi molto generali aspecifici, ma nel momento in cui ho
l’infiltrazione tissutale la sintomatologia diviene specifica.
Come in ogni malattia è fondamentale ricordarsi che ci sono dei fattori sfavorevoli, come l’età (l’essere anziano),
l’immunodepressione e lo stato nutrizionale. Lo stato nutrizionale è un campanello d’allarme importante soprattutto
perché nei paesi sottosviluppati porta ad un problema immunitario. Altro problema è il pluriparassitismo, cioè voi non
dovete pensare che io trovi soltanto un parassita! Io dalle feci di un bambino che vive in africa ne vedrò tanti, alcuni
saranno dei commensali e non daranno malattia, altri daranno malattia.
Come i virus, come anche i batteri hanno un tropismo, anche i parassiti hanno un tropismo quindi andranno a cercare
il loro organo bersaglio, ma qual è il tropismo di un parassita? È l’organo che gli da il nutrimento. Quindi nelle
parassitosi intestinali noi avremo dei disturbi come la diarrea purulenta-sanguinolenta in relazione ad un meccanismo
di azione meccanica che ha il parassita, possiamo avere delle ostruzioni, per cui possiamo avere anche degli interventi
per degli addomi acuti, per esempio alcuni vermi possono formare un agglomerato di vermi all’interno dell’appendice
danno una sintomatologia acuta. Ci sono altri che hanno uno spiccato tropismo per il fegato come lo schistosoma,
come la forma cistica amebica e l’echinococcosi. Ce ne sono altri che hanno un tropismo per l’apparato urinari.
Però ragazzi non pensate che voi avete i sintomi dopo tot giorni se non riusciamo a fare una diagnosi! A volte i sintomi
compaiono dopo tempo. A volte hai per 10 anni una parassitosi e poi hai direttamente una presentazione clinica
complicata, è questo il problema! Spesso la diagnosi è tardiva.
Ci sono queste forme muscolari che sono peculiari, in cui la larva cresce nel muscolo quindi hai quasi dei disturbi come
nelle miastenie. A volte la larva la vedi che cammina nell’occhio, la vedi che cammina nel sottocute: dei vermetti
bianchi sottili che tu puoi levare con un bastoncino. Vi ho detto che i vermi possono entrare direttamente così se tu
vai a camminare scalzo, come succede, loro ti entrano tra le dita dei piedi, la loa loa per esempio ha la sua vita così. Tu
non riuscirai mai ad eradicare il verme se non lo levi, però lo devi trovare, perché quello ti migra! Quindi non è
semplice trovarlo, perciò molto spesso la diagnosi è veramente complicata.
Di conseguenza avremo delle manifestazioni cliniche, quelle classiche ovviamente prurito, orticaria anche per
aumento della liberazione dei prodotti di lisi del parassita stesso, dei sintomi generalizzati, febbre, brividi,
sudorazione, splenomegalia, in relazione poi al tipo di parassita che poi andremo a vedere, e aumento degli eosinifili.
Aumento degli eosinofili che è frequente in quasi tutte le malattie parassitarie, ce ne sono soltanto due che fanno
eccezione che le vedremo poi.
Ricordiamoci che i protozoi hanno varie forme vitali: abbiamo le cisti, la cisti in realtà è quella che vive nell’ambiente,
quella che va a contaminare i cibi, per cui abbiamo una parete peculiare. In base ai vari tipi di cisti noi possiamo fare
diagnosi differenziale dei vari parassiti. Abbiamo delle fasi riproduttive nell’ambito della cisti stessa. Di norma però
vedete che al calore, fenolo(?), formalina e cloro noi questo problema lo eradichiamo. La giardiasi è presente in Italia
e le acque che noi beviamo a casa sono clorate, altrimenti prenderemo le uova di giardia.
La terapia si basa in relazione al ciclo vitale e al tipo di parassita, vedremo che in alcuni casi… per quello che compete il
vostro programma a me non interessa il nome del farmaco nel vostro canale, mi interessa che voi capiate che io devo
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aver eradicato l’infezione e ci sono dei segni clinici fondamentali post terapia per valutare questo e lo vedremo poi più
avanti. Ovviamente in relazione al parassita in molti casi la terapia è una terapia familiare e poi vedremo anche il
perché.
La forma vitale che è quella che poi vi da la patologia è il trofozoita. Quindi se io trovo il trofozoita la malattia è in fase
attiva. Il trofozoita è flagellato, con le ciglia, con le membrane ondulanti. È differente per ogni tipo di parassita, il
trofozoita può anche migrare nel tempo, ha degli psudopodi, quindi può anche spostarsi attraverso i tessuti. Si nutre
ovviamente dell’ospite, ma anche dei batteri. Poi considerate che molte parassitosi hanno delle fasi intermedie, hanno
degli ospiti intermedi.
Come vi dicevo in relazione all’azione e alla patogenesi io avrò dei sintomi: posso avere una azione meccanica come da
Giardia, e questo può dare un’occlusione e invasione, posso avere la liberazione di tossine come nei plasmodi,
ovviamente avranno un azione tossica, potrei avere un interessamento linfonodale, la necrosi per la toxoplasmosi o
l’entamoeba, come vedremo dopo, e le reazioni immunologiche con la formazione addirittura di granulomi.
ENTAMOEBA HISTOLYTICA
L’ameba ha un nucleo centrale, è piena di pseudopodi, ricordatevi che lo psudopodo si muove, è contrattile, cioè lui si
sposta come se fosse un piedino. L’amebiasi è una parassitosi indotta da Entamoeba Histolytica, ci sono 5 tipi di
entamoeba di cui soltanto due possono infettare l’uomo: E. Histolityca ed E. Dispar. Hanno lo stesso ciclo vitale però la
prima da malattia, l’altra no. Ci sono degli altri tipi che raramente possono dare malattia nell’uomo come ad esempio
l’acantameba. L’amebiasi può dare forme sia localizzate che disseminate. La tipica infezione da entamoeba è un
infezione intestinale, si va a localizzare a livello del cieco e del colon e proprio perché ha questa capacità di movimento
con gli pseudopodi, lei riesce a creare ascessi intra ed extra-intestinali, riesce ad arrivare anche a livello epatico e
formare ascessi anche lì. Inoltre ha un tropismo per il sistema nervoso centrale, per cui può dare encefaliti e meningoencefaliti acute o subacute, posso avere anche delle cheratiti a carico dell’occhio. In Italia i casi riportati sono da
importazione, cosa che ci tranquillizza, però comunque è una malattia importante per la quale si muore, proprio
perché arrivi tardi a fare diagnosi.
È diffusa in Oriente, Africa, America centrale, e nelle aree del Mediterraneo, per cui se sei una persona che ha fatto
questi viaggi hai un campanello d’allarme.
Non pensate che basta chiedere un esame delle feci con coprocoltura, perché alcuni parassiti richiedono particolari
terreni di coltura quindi tu devi avere un sospetto clinico da appurare in laboratorio, se no è tutto inutile.
Abbiamo detto che la Dispar è un commensale, di norma colonizza il colon ma non causa malattia, perciò vi dicevo che
a molte persone in africa comunque troverai le cisti di Dispar . Poi dovrai differenziare le uova della Dispar da quelle
dell’Histolytica, e vedremo che è una cosa complicata. Invece quella che da patologia è L’Histolyica con delle
manifestazioni intestinali importanti, che spesso seguono anche anni dall’infezione. Quindi tu puoi aver avuto una
diarrea, poi dopo 20 anni hai questa forma extra intestinale che può essere considerata come complicanza
dell’amebiasi.
Ci sono delle aree di alta endemia di portatori sani che hanno le cisti ma non sviluppano malattia, ma io, per questioni
economiche, non posso bonificare tutta una popolazione.
Esiste un serbatoio animale rappresentato dal cane e dal gatto, ha una trasmissione oro-fecale come già detto. Ci sono
due forme del ciclo vitale: Il trofozoita, che è piccolo (50micron) con nucleo rotondo, si nutre dei batteri che si trovano
nel tratto del colon; è la forma vitale; in rari casi lo si può trovare nelle feci liquide se hai una diarrea, nei momenti
quindi di colite amebica, lo puoi trovare negli amebomi se fai fare bene il prelievo, lo puoi trovare nel sangue se ti
trovi nella fase circolante. Le cisti sono sferiche (17 micron), con quattro nuclei e mantengono un potere infettante a
30 giorni dall’emissione e quindi nonostante io metto il cloro resiste. Quindi se io mi vado a fare i bagni in India,
questo è un campanello d’allarme e sicuramene posso avere qualche problema. Se sono stato in zone rurali in cui non
ci sono impianti ben controllati, questo può essere un problema. Come vi ho detto la purificazione non basta. In teoria
vanno ricercate nell’esame delle feci a fresco, ma non è semplice fare l’esame del vetrino.
Questo è il ciclo vitale: Io ingerisco la cisti; la cisti inizia a maturare; abbiamo una scissione binaria con la formazione
dei primi trofozoiti; alcuni trofozoiti daranno la colite amebica, altri potranno migrare per il circolo portale e andare a
livello epatico dando degli ascessi e in alcuni casi l’ascesso per contiguità può arrivare a livello polmonare; il trofozoita
poi continua la sua replicazione, la seconda parte della replicazione, formando la cisti, la cisti binucleata, la cisti a
quattro nuclei che poi viene espulsa. Questo ciclo lo si trova su tutti i libri.
Il trofozoita quindi cresce, abbiamo la forma minuta quando ancora non ha il flagello e la forma magna con gli enzimi,
il flagello e tutto lo strumentario.
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Nel momento in cui il sistema immunitario non è in grado di controllare l’infezione noi abbiamo la dissenteria
amebica, quindi è conseguente all’immunodepressione generale. Il trofozoita supera lo strato mucoso, non viene
bloccato da quelle che sono le IgA di secrezione e tutto il resto, per cui attraversa completamente la lamina e fa un
giochino molto particolare: crea un ulcera a bottone di camicia (il bottone di camicia ora è tondo, ma non era così
negli anni in cui fu definita così), cioè penetra al di sotto della mucosa creando su di essa un piccolo foro, quindi
superati alcuni strati della parete, inizia a replicarsi ed invadere il tessuto allargando la lesione e creando sul fondo
dell’ulcera tutto uno strato di trofozoiti e di necrosi. Se io vado a fare un esame bioptico quindi non devo prendere
solo il tessuto intorno all’ulcera, ma il fondo dell’ulcera. Perché se io lo prendo intorno, non prendo il parassita, il
quale è solo sul fondo. Quindi bisogna dare indicazione all’endoscopista di andare al centro della lesione ed in
profondità. Ovviamente la complicanza di ogni ulcera profonda è la perforazione che può dare sintomi importanti.
Purtroppo ci sono le forme croniche che possono andare in contro alla formazione di un granuloma che quindi va in
diagnosi differenziale con il carcinoma poiché si mostra come una massa all’ecografia.
Non sempre quindi è facile arrivare rapidamente alla diagnosi, poiché il primo episodio di enterite è passato anni
prima spesso inosservato.
Oltre alla colite e alla perforazione si può avere un megacolon tossico, ma è un evenienza più rara che si vede
soprattutto nei bambini italiani.
Le localizzazioni extraintestinali possono essere polmone (raramente), cuore (rarissimamente), fegato (la più
frequente). A livello epatico si formano degli ascessi che non hanno parete, quindi sulla parete troviamo il trofozoita
come nell’ulcera, per cui come nell’ulcera può perforare, anche nel fegato l’ascesso può perforare il diaframma e
raggiungere il parenchima polmonare e il peritoneo.
Di norma l’intensità cambia tra un episodio di colite e l’altro e di norma il paziente non ricorda nemmeno più di aver
subito questi episodi, spesso li confonde con la diarrea del viaggiatore, perché tu stai male una giornata e poi passa,
quindi è difficile avere dei quadri peculiari che vanno avanti nel tempo in modo costante. Vedrete che possiamo avere
dei quadri particolari con l’appendicite, però sono sempre forme diciamo molto poco frequenti. Più frequente è invece
l’infezione cronica con perdita di peso, alterazioni dell’alvo, quindi avete fasi di intermittenza, ma non c’è dissenteria,
il che porta il paziente a pensare che è l’alimentazione, a pensare che è una malattia celiaca, cioè porta lui verso un
interpretazione diversa.
L’ascesso amebico ha delle caratteristiche peculiari, può essere solitario, può essere multiplo, interessa
prevalentemente il lobo destro, da necrosi con un estensione concentrica. I trofozoiti sono alla periferia della lesione,
quindi sono quelli che deformano la parete virtuale dell’ascesso. Perciò quando noi parliamo di ascessi epatici,
polmonari, di qualunque tipo di ascesso, noi abbiamo sempre detto che l’ascesso va drenato per iniziare a risolvere la
problematica, ma alcuni tipi di ascessi tu li devi anche saper drenare, nel senso che io entro con un ago quindi aspiro il
liquido, prima di tutto questo liquido va valutato nel colore quando lo caccio fuori, appena lo estraggo, e vedremo che
sarà un liquido color cioccolato, agar cioccolato, sul marroncino come questo tavolo [tavolo della SG2 n.d.s.]. Andrà
quindi in diagnosi differenziale ad esempio con le cisti biliari che danno a livello ecografico una cisti scura.
Il materiale interno di una cisti amebica che deve essere corpuscolato, non sempre lo è. In più se abbiamo detto che il
trofozoita è sulla parete, io per fare diagnosi dovrò andare a picchiettare con l’ago la parete e quando stacco l’ago
dalla siringa, la siringa va nel contenitore sterile e quindi in microbiologia, ma l’ago non è che lo devo buttare, ci devo
mettere una siringa con la fisiologica, fare scendere piano piano l’acqua e stenderla sul vetrino, perché in questo
modo io quei piccoli trofozoiti che sono riuscito a prendere picchiettando la parete li metto sul vetrino. Ma non è che
lo posso portare in anatomia patologica nel tragitto, lo devo vedere io al microscopio! Per cui anche queste indagini
sono importanti… o per lo meno mettersi d’accordo, a volte vengono loro, bisogna concordare le manovre.
Allora guardate che di norma, con questo tipo di malattia abbiamo un periodo d’incubazione di 1-3 settimane dal
contagio, quindi i sintomi si manifestano dopo un mesetto con dolori, crampi, nausea, vomito, ovviamente tutti quelli
che entrano nel contesto dei sintomi intestinali.
C’è un’altra forma peculiare che è una localizzazione cutanea dell’amebiasi che di norma, essendo le cisti escrete a
livello anale, voi avete un coinvolgimento perianale con tutte le complicanze, per cui vai all’intervento chirurgico con
l’asportazione.
Purtroppo la cosa più difficile è differenziare le uova di E. Histolytica ed E. Dispar perché sono quasi uguali, ma
veramente quasi uguali, devi avere delle attrezzature e dei microscopi ad alta definizione.
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Il trofozoita da anche un effetto tossico che da le manifestazioni a livello centrale, ma non pensate che sia molto
frequente un encefalite da questo parassita. Ci può essere, però non a tutti.
I trofozoiti dell’Histolytica e della Dispar si assomigliano molto, ma non sono uguali, perché cambia lievemente
l’aspetto esterno.
Per fare diagnosi io posso fare un RX del torace, posso fare un ecografia epatica, in cui posso trovare gli ascessi anche
in modo occasionale. Una scintigrafia in realtà non si fa più perché oggigiorno con l’ecografia si può controllare
tranquillamente l’andamento della patologia. La sierologia è positiva nel 100%, ma quando io c’ho un ascesso amebico
non mi serve neanche la sierologia, faccio direttamente la diagnosi.
Vediamo quindi quali sono i quadri clinici: posso avere anoressia, alterazioni dell’alvo e non vi ho detto che la febbre
non è uno degli elementi fondamentali, nel senso che non ho queste febbri molto alte, anzi di solito sono delle
febbricole qualche volta o in alcuni casi io la febbre non ce l’ho proprio. Quindi io arrivo all’ameboma con disturbi
dispeptici per esempio e quindi il paziente mi arriva già con una complicanza della malattia. Perciò vi ho detto anche a
distanza di anni…
La terapia è con un farmaco che si da per bocca, ci sono alcuni approcci a livello epatico di isolamento della cisti e di
introduzione del farmaco loco-regionale per valutare come va avanti. Di norma la terapia per bocca è lunga, molto
lunga.
Ovviamente qualcosa di profilassi la posso fare ma bisogna fare attenzione con l’acqua che prendo che sia chiusa in
bottiglia, non mi posso lavare con l’acqua del rubinetto e tutte queste cose qui. L’acqua deve essere pulita però in più
ci devi mettere la tetraciclina dentro… insomma se tu vai in una zona endemica alla fine devi prenderti il rischio e
valutare molto bene tutti i vari tipi di profilassi che devi fare. Ovviamente se io mi lavo la faccia l’acqua entra nella
congiuntiva quindi il parassita si localizza nell’occhio. Quindi bisogna usare l’acqua chiusa.
ECHINOCOCCOSI
Ora passiamo all’echinococcosi che in realtà va in diagnosi differenziale con l’amebiasi. Viene definita una zoonosi
negletta… che vuol dire? Ci sono soprattutto in Italia alcune malattie molto frequenti nel bestiame che ovviamente, se
una persona lavora a stretto contatto con il bestiame è a più rischio di acquisire, perché usano l’animale come vettore.
Questa malattia ha come ospite intermedio l’uomo, è molto frequente nei bovini, nelle pecore e nei cani. Ovviamente
se non c’è un apparato idraulico buono e quindi una fonte di contaminazione continua non riesci ad eradicare
l’infezione…vi dico questo perché nei paesi sottosviluppati come l’africa non ci sono le fognature, gli animali ci sono, le
pecore ci sono quindi, nelle pozze dove vanno gli animali, va anche l’uomo e tutte queste patologie si trasmettono
con le cisti, le cisti del cane che con l’acqua verranno a contatto con la persona, si avranno queste forme di
contaminazione continua per cui non riuscirai mai ad eradicare l’infezione, dovresti eradicare l’infezione negli animali,
eradicare l’infezione nelle persone ma non è possibile.
L’IDATIDOSI è una infezione sistemica che ha uno spiccato tropismo per il fegato è data da Echinococcus Granulosus,
che di norma da una infezione cistica epatica ed è una delle più piccole tenie, può dare anche un interessamento a
livello polmonare però è un’altra specie, è sempre l’echinococco ma è il Multilocularis che da l’idatidosi alveolare.
Le tenie sono cestodi, tra i cestodi abbiamo la Tenia Solum e Saginata che sono le più importanti ma ce ne sono anche
altre come l’Echinococco, che è una delle più frequenti e che da appunto una malattia nell’uomo e di norma interessa
in tratto gastro-intestinale.
Vi dicevo che ha degli ospiti intermedi, che può essere l’uomo. Si è visto che la forma cistica a livello epatico può avere
vari genotipi, questo si è visto chiaramente nel bestiame, si è visto che c’è una associazione con il tipo di infezione. Ad
esempio l’alveolare c’è solo nelle volpi, non riesce ad infettare gli altri ospiti.
Come è formata e come è organizzata la tenia? La tenia ha una testa piccolina ed è detta scolice, ha quattro ventose e
dei rostri a doppia catena ( i rostri sono degli uncini) e già pensare che ha gli uncini vuol dire che ha un’azione
meccanica importante, ha tre proglottidi, ogni proglottide è ermafrodita, vuol dire che ha un apparato riproduttivo
maschile e femminile e produce uova. [commenta il disegno di una tenia]. Piano piano la proglottide matura fino alla
fase sessuata con la formazione delle uova.
Ci sono degli ospiti intermedi, che possono essere bovini, maiali, che possono ospitare le larve, l’ospite prende le uova
e questo viene scarsamente considerato perché non è che se tu hai la cisti epatica non puoi mangiare la carne o non ti
bevi il latte di pecora, quindi non ha una rilevanza clinica sull’allevamento del bestiame. Nelle zone rurali è più
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frequente e, purtroppo come vi dicevo, la persona a rischio è chi lavora con il bestiame. L’endemia nel sud è un’alta
endemia, come in Africa e in Asia quindi non è che ce n’è poca. I casi legati alla pastorizia aumentano negli anni, quindi
la popolazione che fa questo lavoro ha più possibilità di prendere l’infezione, quindi devi chiedere a una persona <Tu
che lavoro fai?> <Lavoro in campagna, sono pensionato ma lavoro in campagna> però devi anche chiedere <Con che
animali hai a che fare?ecc> per arrivare appunto a capire bene qual è il quadro clinico. ( commenta le immagini). Nel
fegato con le cisti, il parenchima tutt’intorno sembra buono, è dello stesso colore del fegato normale, ovviamente
quando tu vai al mattatoio il fegato non lo vendi ma la carne la utilizzi.
Gli animali nel tempo si ammalano e di conseguenza se io ho il contatto con il cane, perciò l’allevatore che è a contatto
con il cane è più a rischio, perché il cane mi lecca, è inevitabile, quindi io posso entrare in modo molto semplice in
contatto: le verdure contaminate, le stoviglie che sono state usate dal cane io le lavo, ovviamente non ho nessuna
accortezza nel pensare che lì può esserci una cisti, a tante cose uno non ci pensa, lava in automatico e basta.
La cisti viene ad essere ingerita, si schiude, si iniziano a formare le larve fino alla formazione della tenia. [commenta
l’immagine]. Quando ingerisco le uova, le uova si schiudono a livello del duodeno con la liberazione e la maturazione
delle larve, la larva attraversa la parete intestinale e quindi va a livello epatico, preferenzialmente, in alcuni casi segue
il circolo fino a quello polmonare. Può andare anche in altre localizzazioni, per esempio negli animali, noi possiamo
avere anche a livello delle ossa, degli occhi. In alcuni casi la formazione di queste cisti può essere anche a livello del
sistema nervoso centrale, però è molto raro.
Cerchiamo di capire come è fatta una cisti, è completamente diversa da quello che era l’ascesso amebico e da
qualsiasi altra cisti perché ha una parete esterna di cellule epiteliali, ha una parete interna di tessuto necrotico, ha un
contenuto di liquido idatideo e addirittura nel tempo la cisti matura, da questa singola cisti nascono le cisti figlie e
nella cisti stessa c’è quella che viene definita lamina proligena, che è un tessuto lungo il quale abbiamo tutta la
maturazione della larva. Nella cisti io c’ho un sacco di parassiti, nell’altra, nell’ameba, io dovevo andare a picchiettare
per sperare di trovare qualcosa, invece qua per esempio basta che prendo il liquido.
La cisti classica prende il lobo destro ed ha una parete molto ben nutrita, più trofica e nell’interno, nella lamina
proligena, iniziano a formarsi tutte le fasi di maturazione della tenia, quindi si forma proprio tutta la tenia qua dentro,
ovviamente non è che se ne forma una sola, se ne formano di più, quindi nel liquido io troverò la cosiddetta sabbia
idatidea, dove ci sono gli scolici, la capsula proligena, e dove ci sono oltre anche agli uncini, dei pezzi delle proglottidi
per esempio quelle immature. Si formano le cisti figlie nell’interno della cisti madre e quindi la malattia evolve nel
tempo. [commenta immagini]
Ovviamente io ho delle complicanze, posso avere una rottura della cisti che mi stimola una risposta immunitaria
importante con uno shock anafilattico, però questa di norma è quella a livello polmonare, perché io a livello
polmonare io ho un iper-accumulo di IgE. Nell’idatidosi aumentano la IgE, aumentano gli eosinofili, nell’amebiasi
aumentano gli eosinofili, non sono queste quelle che fanno eccezione.
Come faccio a capire se si sta risolvendo? Ovviamente se non faccio terapia non si risolve, con la terapia tu puoi
controllare la cisti e negli anni si riduce di volume fino ad avere una calcificazione, che è quello che si dice guarigione
clinica. Però la cisti io la posso avere dopo vent’anni, quindi è una malattia che da sintomi tardivi, posso avere di
conseguenza alla diagnosi più cisti, la cisti si può sovrinfettare e questo può essere un modo per arrivare alla diagnosi,
quindi dovrete fare una diagnosi di ascesso con cisti idatidea, può degenerare.
A livello epatico i disturbi che si hanno sono: la compressione, quindi ho dispepsia, nausea, difficoltà a digerire. In
quella polmonare posso avere a volte delle reazioni asmatiformi, sempre dovute ad iperproduzione di IgE. Se io ho
l’apertura della cisti a livello epatico, si può avere nei dotti biliari, posso avere una colangite, una peritonite se va
nell’intestino come ne duodeno.
Come diagnosi io ho l’ecografia, con l’ecografia io riesco a vedere una membrana fibrotica importante, nel momento
in cui la cisti si sovrinfetta io il liquido non lo vedo nero, ma lo vedo torbido. Io posso definire la fase evolutiva della
cisti, c’è tutto uno studio ecografico perché si è visto che ad un certo punto la cisti è come se si immortalizzasse,
quindi va seguita nel tempo anche in relazione al trattamento. Quando faccio l’ecografia posso anche decidere di
prendere il liquido, ovviamente tra queste cisti ci sono dei setti [sta mostrando l’immagine di una cisti grande con al
suo interno alcune cisti più piccole], se io non vado a svuotare tra un setto e l’altro non è che svuotandone uno si
svuotano tutti, perché non sono comunicanti, c’è un setto per ogni cisti. A livello ecografico posso ben definire la fase
di crescita.
Si può fare anche la risonanza, dove si può vedere la parete attorno alla quale c’è una reazione infiammatoria che è
più scura che è edema e nell’interno c’è un’altra membrana che si muove che è la membrana proligena e questo serve
a farmi fare diagnosi.
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Ovviamente togliere una cisti va valutato, se si toglie o non si toglie, se si aggredisce o non si aggredisce.
Per quelle a livello epatico gli approcci sono diversi: puoi decidere di svuotare la cisti, quindi fai anche la diagnosi nel
momento in cui tu svuoti la cisti, introdurre l’albendazolo, dare l’albendazolo per bocca già da prima, perché non è che
svuoti direttamente, puoi valutare in relazione alle dimensioni se si sta riducendo con la terapia per bocca oppure se
vuoi intervenire in maniera loco regionale con una PEYER oppure andare all’intervento chirurgico.
Se tu hai un bambino che ha avuto l’idatidosi e i familiari non hanno mai fatto l’ecografia, non hanno sintomi né
niente, anche per screening, si fa l’ecografia perché è probabile che anche loro siano entrati a contatto con l’animale,
quindi conviene valutare in modo indiretto i conviventi.
Altro modo è la chirurgia di prima scelta nel momento in cui tu vuoi fare la lobectomia però devi valutare le condizioni
cliniche del paziente, l’età del paziente, quante cisti ha. Se io sto in Africa e gli tolgo un pezzo di fegato alla volta non
ho risolto il problema perché loro continueranno ad avere l’infezione e allora che si fa? Si fa la Peyer nelle lesioni
grandi, in altri casi si mettono i drenaggi e allora questi bambini li vedi con i drenaggi, ovviamente si può sovrinfettare
però è l’unico modo perché quando diventa di grandi dimensioni o la dreni o il bambino ha anche difficoltà a respirare
perché hai la sopraelevazione del diaframma.
Ovviamente, ragazzi, l’albendazolo non fa male a nessuno, lo si trova in Italia e non è un farmaco tossico e si può
gestire anche per più di un mese.
Le cisti da echinococco da noi ci sono, sono frequenti nei pazienti immunodepressi e non, è comunque una zoonosi,
quindi da noi c’è, ci sono dei centri di alta qualificazione per bucare le cisti, perché il sospetto e la paura dello shock
anafilattico è descritto in letteratura però tu lo fai in un ambiente protetto con l’anestesista e tutto il resto poi se
succede, succede però l’intervento lo devi fare.
La prognosi è buona, perché tu svuoti e metti il farmaco, svuoti e metti il farmaco, svuoti e metti il farmaco e tende a
ridursi fino alla cicatrizzazione. Si può avere la rottura e va nei dotti, puoi avere ittero sicuramente ma è un ittero da
ostruzione, non altera il parenchima perché non entra nell’epatocita, però c’è la compressione dell’epatocita con
l’edema intorno alla parete, quindi comunque una flogosi. Puoi avere un aumento degli enzimi di citolisi ma le
transaminasi non le troverai mai a 300, puoi avere 50-60 però il problema è la compressione e quindi può evolvere.
Spesso la diagnosi è occasionale e tardiva e quindi tu hai i sintomi da compressione, ma in teoria tu con lo
svuotamento e l’albendazolo lo risolvi, ci metterai un anno, il problema è che recidiva. Nella recidiva continui
comunque con l’albendazolo oppure in mebendazolo in seconda linea, però funziona bene.
Quella polmonare è dovuta all’ E.Multilocularis che coinvolge come ospite la volpe, ovviamente è frequente nei
cacciatori, negli allevatori. La diagnosi differenziale va con il tumore che si può sovrinfettare, con la caverna
tubercolare. Il quadro alla risonanza è lo stesso di quello che abbiamo visto prima. Diversa è la sintomatologia: posso
avere una vomica, l’ab ingestis nel momento in cui c’è la rottura. Con la vomica posso avere l’espulsione del liquido e
la sabbia idatidea quindi ho gli uncini e tutto il resto.
Quando la cisti è grande io non è che posso andare a drenare, quando la cisti arriva a 10 cm qualcuno va a valutare se
è vicino o meno per tentare di drenare però drenando io posso rischiare di avere una peritonite e una fistolizzazione, a
volte si preferisce andare all’intervento chirurgico perché se io ce l’ho ne lobo medio, si rimuove e gli altri due lobi si
riespandono e non ho neanche una insufficienza del paziente e la potrei fare non a cielo aperto ma in laparoscopia [la
prof dice laparoscopia ma credo intendesse toracoscopia] però dipende sempre dalla cisti perché io con la
laparoscopia io devo andarla a stringere, non è che la posso tagliare perché se la taglio la apro. Quindi anche
l’intervento dipende dalle dimensioni perché se è di pochi centimetri è una cosa, se è grande è un’altra. Prima
dell’intervento chirurgico devo iniziare a 7 giorni l’albendazolo.
Per la diagnosi ci sono dei vecchi metodi che non si usano più, in realtà tu cerchi gli anticorpi che in realtà ci mettono
28-30 giorni per arrivare . La diagnosi la fanno principalmente l’ecografia, la risonanza del torace e la TC del torace.
Ci sono stati dei tentativi in cui facevano alcol prima e poi l’albendazolo, nel senso che svuotavano prima, buttavano
alcol e poi mettevano il farmaco però comunque ci vuole tempo.
Per vedere se risponde ovviamente dobbiamo considerare il volume e dobbiamo arrivare fino alla calcificazione della
parete perché sennò recidiva: se la lamina proligena non calcifica vuol dire che riparte tutto. [mostra e commenta
immagini]
Ovviamente anche con l’RX si può vedere la cisti.
Puoi avere plurime localizzazioni, però il parenchima intorno è sano.
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HIV
Un po’ come tanti virus è riuscito a mutare dando infezioni in più mammiferi fino a giungere all’uomo.
In Italia i primi casi risalgono agli anni’50 in un momento in cui non vi era neanche idea che questo virus
esistesse per cui non c’erano farmaci,dopo parecchi anni,nell’83 siamo riusciti ad isolarlo. Nell’87 si è
provato ad usare alcuni farmaci precedentemente usati per la terapia oncologica,questo perché non si
sapeva come agisse il virus ne come interagisse con il sistema immunitario.
Con l’avvento degli inibitori delle proteasi i pazienti sono riusciti a sopravvivere.
Era un virus subdolo perché l’esordio delle complicanze si aveva con lo stato di AIDS,in quel momento non
era sicura la sopravvivenza poiché le difese immunitarie sono particolarmente compromesse al punto di
non respingere i patogeni esterni.
Le cose oggi sono cambiate,la malattia ha acquisito un peso diverso,le persone possono sopravvivere e si
trovano in buone condizioni.
Un problema sono le “coppie discordanti” in cui o l’uomo o la donna ha l’HIV e il partner no,c’è un rischio
di trasmissione e ovviamente l’unico mezzo di prevenzione è l’utilizzo del profilattico cui utilizzo non è
frequente nelle coppie sposate che hanno avuto figli. Altro problema è che se ho un partner stabile penso
di essere sereno ma non so se ha un amante. Se un pz fa i farmaci e infetta il partner esso riceve il virus
mutato che ha già le resistenza ad alcuni farmaci per cui questa infezione avrà meno chance terapeutiche
nonostante il 100% di aderenza. Per questo motivo tanti anni fa sono nate molte campagne pubblicitarie,la
sensibilizzazione è principalmente nelle mani dei ginecologi. L’aderenza alla terapia deve essere al 100%
perché prendere i farmaci riduce la probabilità che il virus muti ma non la esclude. Se ha un pz ha l’HIV Il
medico non può dire della sua condizione al partner per la tutela della privacy. Con la terapia, nelle coppie
discordanti, i pz possono avere figli grazie all’inseminazione artificiale.Si prende il seme e si purifica dal
virus.
Il personale sanitario se è esposto può fare il test,c’è una legge per cui se vuoi fare il test devi dare
l’autorizzazione e il test viene svolto in via anonima.
Altro problema era quello delle trasfusioni di sangue che non erano controllate,per cui i pz a rischio era chi
aveva l’emofilia (successo anche per epatite),chi faceva le trasfusioni per problemi di anemia grave o
durante gli interventi o la dialisi.
Epidemiologia
Nel mondo l’Africa è il serbatoio principale,li ci sono due problemi:
-I farmaci che hanno non sono uguali ai nostri,anche se sono resistenti ad un farmaco non hanno i soldi per
cambiarlo e quindi continuano la terapia con lo stesso farmaco.
-Non hanno i soldi per la contraccezione ed è possibile ottenere infezioni da parte di più ceppi mutati.
In Europa ci sono ci sono casi di diagnosi dovute al fatto che queste persone hanno fatto il test in
gravidanza o perché sono state esposte a fattori di rischio (e.g. viene proposto alle donne che hanno subito
violenze). Oggi i casi di diagnosi sono aumentati,l’età è aumentata e gli stranieri sono aumentati.
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Si è visto che l’età a rischio è tra i 15-24,il 42% delle donne ha l’infezione,la prevalenza maggiore è nei paesi
dell’Est dove il virus è endemico.
Con l’introduzione della pillola anticoncezionale ha portato ad un aumento dell’incidenza di infezione.
La cosa nuova è che abbiamo più stranieri che vengono in Italia e che per fortuna scoprono di avere la
malattia,ci sono dei centri di accoglienza dove vengono ad essere proposti i test e viene somministrata la
terapia che non avrebbero nel loro. Il problema è che la popolazione straniera partorisce con maggiore
frequenza di quella italiana,quindi aumenta anche sorveglianza per malaria e tbc in questa popolazione
che può anche portare anche ceppi diversi.
Se un paziente non ha livelli leucocitari sviluppa vari problemi,per esempio come vi avrà detto il prof Di
Palma,il pz neutropenico va isolato perché può essere facilmente infettato dall’influenza,la candida o un
batterio. Si possono riattivare i virus in loro latenti (HV1,EBB,CMV) .
HIV 1 e 2
Prima il virus era presente nei mammiferi,c’è la variante HTLV1 che risponde bene o male anche alle
terapie dell’HIV 1 ed è il virus ancestrale che è ancora in circolo in minima quantità. I tipi principali sono il
tipo 1 e 2 di HIV.
Questo cambia notevolmente la terapia,il due è molto meno sviluppato e diffuso in Europa, quindi
l’impatto delle ditte farmaceutiche è stato sull’1,la difficoltà si ha addirittura non suoi test per la diagnosi
ma per la quantizzazione della carica virale del 2.I pz con HIV 2 vengono seguiti con i livelli di CD4+ e con la
clinica.
E’ un virus a Dna a doppia catena,le glicoproteine di membrana sono gp120 e gp41 che hanno il ruolo di
agganciarsi a dei correttori sulle cellule del sistema immunitario della linea T helper e macrofagi ,entra nella
cellula,replica,immortalizza e porta ad apoptosi la cellula,in più ha questo genoma che è abbastanza
semplice. Essendo un virus a DNA ed a differenza del virus a RNA deve essere retro trascritto,per questo ha
nel suo genoma GAG POL ed ENV che andranno a codificare per le gp di superficie e per complessi di
sintesi. La cosa che gli manca è il correttore di bozze per cui ha un tasso di errore altissimo.Se nella
trascrizione c’è un errore quell’errore rimane nelle generazioni virali successive. Considerando che ho 10^7
replicazioni al giorno da un'unica cellula avremo più tipi di virus con delle piccole mutazioni che possono
essere silenti o non.
Nel tipo 1 abbiamo vari sottotipi (clusters) virali con localizzazione precisa nel mondo.
Il problema del ricombinante è che può dare un infezione nuova (anche più di 20)nello stesso pz.Un virus
ricombinante può anche nascere dall’infezione di una cellula da più virus e nella trascrizione del DNA i
genomi si mescolano .Questa continua replicazione porta alla formazione di nuove specie che possono
comunque rispondere a terapia antivirale.
Oltre a trovarsi nel sangue il virus alberga in uno stato di latenza nei resevoir(cellule ed organi linfoidi)e lì
continua la sua replicazione.
Il virus nel resevoir è diverso da quello in circolo,per cui nel sangue posso avere una carica virale negativa
ma,per esempio nel liquor, la carica (valutata con la PCR) è ancora positiva. Questo mi orienta verso una
terapia farmacologica che oltrepassi la BEE.
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Il CD4 non è presente solo sulla cellula T ma anche su altri bersagli,inoltre c’è questa gp di membrana che è
un corecettore.
I corecettori sono di due tipi:i CCR5 e CXCR4 e si è visto che nell’evoluzione della storia dell’infezione
all’inizio prevale il CXCR4,nel momento in cui evolve verso l’AIDS,quindi nella fase conclamata, è
maggiormente espresso il CCR5.
Il CCR5 è anche su cellule stellate,le cellule di Langerhans, a livello epatico,in organi linfoidi,ecc … per cui il
virus ha accesso a più organi. Il tropismo è molto spiccato a livello del SNC :questo porta ad una patologia
come demenza o cefalite da HIV. Può arrivare a livello cardiaco,renale dove induce una glomerulo nefrite
molto importante,soprattutto nelle persone di colore che guarisce con la terapia per l’HIV nel 40% dei casi.
I correttori hanno un ruolo fondamentale nell’ancoraggio e nel cambio di conformazione a livello sterico
per far integrare i virus. Per cui il corecettore induce l’aggancio di gp 41,le membrane si fondono,l’RNA
entra e avvia la replicazione.
Dopo l’ingresso ho il ciclo nucleare e poi la gemmazione,durante la gemmazione,il virus non è ancora
maturo ma continua la sua replicazione.
Per fortuna i farmaci agiscono sui vari step,ciò non basta,la terapia deve essere combinata; per cui abbiamo
farmaci che bloccare la proteasi e la retrotrascrittasi (meno usati sono quelli per il corecettore) in modo
tale che il virus non replica.
Vie di trasmissione
Il problema della trasmissione delle donne è che possono essere trasmesse in gravidanza,allattamento e
parto di conseguenza il cesareo è obbligatorio,l’allattamento non è autorizzato. Durante la gravidanza si
somministrano farmaci non teratogeni che azzerano la carica virale con la speranza che il bambino non
venga infettato.
Il bambino che nasce sicuramente ha gli anticorpi della mamma se infezione non è acuta e potrei ancora
non vedere l’infezione se fosse stata acquisita nell’ultimo mese
Spesso i pz non riescono a trovare l’evento che ha trasmesso la malattia. Se ho l’HIV devo contattare tutti i
partner (anche se di norma non viene fatto). Loro pensano che il contagio possa esserci con le zanzare,l’uso
di stoviglie,parlano di incidenti di soccorsi fatti in cui hanno toccato il sangue infetto ma alla fine devono
essere istruiti al fatto che il contagio avviene solo tramite liquidi biologici.
[domanda]L’HIV può essere trasmesso con il bacio?Nella saliva dell’infetto la carica virale è bassissima,se
c’è del sangue può essere maggiore,spesso però non passa le difese locali. C’è uno studio su come le IgA
della mucosa infieriscono sul rischio di trasmissione in cui le coppie discordanti nonostante il non utilizzo
del profilattico dopo anni non riescono a prendere l’infezione,quindi c’è comunque un sistema che riesce a
bloccare un minimo di carica virale.
Il problema con gli aghi e sapere se l’ago è sporco e da quanto tempo,c’è una profilassi che si fa dopo
esposizione per operatori sanitari o per chi ha avuto violenza o per rapporto occasionale non protetto in
cui ho sospetti sul partner. Consiste nel trattamento con farmaci,prelievi e controlli di routine per un anno.
Progressione
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Di norma il livello soglia che accende il campanello d’allarme è quando la carica CD4 scende sotto i 200.In
realtà non ci sono studi immunologici tali da fissare un limite al di sotto del quale posso fare diagnosi
essendo questo molto individuale,infatti, varia di soggetto in soggetto.
Possiamo avere una fase acuta (nel 10%dei casi)simil -mononucleosica con febbre,faringodinia,dolori
muscolari,in alcuni casi gravi avremo manifestazioni cutanee e poi c’è una lunga fase asintomatica che può
durare anche 10 anni in cui il pz sta bene,e non ha nessuna difficoltà in nessun apparato e poi ha
direttamente la fase ascendente.
In un soggetto con un buon sistema immunitario, dal contagio, ho una carica virale positiva ed
elevata,quando poi il virus entra nelle cellule la carica si azzera o cala di parecchio. In questa fase i CD4+
muoiono,per cui ho un riequilibrio con la produzione di nuovi CD4 che saranno comunque minori ai livelli di
partenza del pz;però non si conoscono i livelli di partenza del pz,sono rari i casi in cui so la partenza
(magari perché il pz è venuto per i sintomi della fase acuta).Di conseguenza ho questi lunghi anni in cui sta
bene (fase di latenza clinica)e può durare anche 20-25 anni nei Long Term Non Progressor che arrivano poi
in questa fase in cui ho il decadimento completo dell’immunità, il virus ritorna a livelli molto elevati nel
sangue, il pz contrae malattie opportunistiche e non può essere più salvato.
Diagnosi
I sintomi della sindrome simil-mononucleosica sono:
Faringite
Esantema morbilliforme
Linfocitopenia
Positività per test HIV e carica virale,l’HIV DNA,posso anche cercarlo nei linfociti oppure posso andare
ancora a monte,per esempio se io so che il compagno della pz faceva terapia di terzo livello al contagiato
darò una terapia di terzo livello e non una di primo perche conosco già la fonte.
Io vi ricordo che gli anticorpi anti HIV non si maturano in un giorno,in molti casi,dall’inizio del contatto,c’è
un periodo finestra di sei mesi che quando sarà passato posso dire matematicamente che non c’è stata
l’infezione. Di norma ci vogliono almeno tre mesi per montare gli anticorpi.
La p24 viene prodotta prima degli anticorpi, per cui dopo il contagio può essere ricercata prima.
Per la diagnosi fondamentale serve la positività:
CD4
CD4/CD8
Carico viale con PCR Real time
ELISA +Western Blott di conferma
Vediamo se ci sono anticorpi per sottotipi 1 e 2 con l’ELISA,col wb valuto quelle che sono tutte le piccole
componenti virali che fanno parte della capsula.
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Ci sono delle condizioni come la gravidanza in cui la sensibilità scende del 20-30 % ,In tal caso cerco la carica
virale con la PCR (cerco il DNA)
Il test non si fa ad ogni nuovo rapporto sessuale,è importante capire i fattori di rischio e capire come gestire
le cose.
Malattie opportunistiche
Le malattie opportunistiche rimangono correlate,principalmente ai livelli dei cd4.La più frequente è la
Pneumocistis,che da un infezione alveolare importante con sindrome da distress respiratoria che può
essere fatale. Seguono:
-CMV di norma da delle infezioni asintomatiche,(gravi solo nella gravidanza o nelle forme congenite del
bambino) ,in AIDS mi può dare esofagite con ulcere importanti alla bocca con dolore ad ingestione di acqua
calda o fredda (segno distintivo)
-Le infezioni fungine sono la meningite da cripto cocco e la candida orofaringea o spesso esofagea,questa
può interessare anche l’ugola o può essere nascosta per cui è importante un esame attento. Da una
candida esofagea posso fare diagnosi di AIDS.( In questo caso ho fastidio ad Ingoiare cibo e non con l’acqua
perché non ho le ulcere come in CMV). La candida può andare in circolo e dare anche candidosi polmonare.
Quando vado a fare un ago aspirato in un pz HIV positivo però mi gioco tutto, perché è una procedura
invasiva,per cui chiederò la PCR per la ricerca dei micobatteri,di funghi e di altri virus. La meningite da
Criptococco evolve lentamente e va monitorata con la rachicentesi.
-L’aspergillo negli immunodepressi da infezioni polmonari,la differenza peculiare di una lastra di fungo è
l’aspetto cotonoso (ma non è sempre così).
-Infezioni batteriche cutanee con dermatite seborroiche che non vanno via con terapie dermatologiche
ma solo con l’aumento dell’immunità che viene data dall’aborto replicativo
- La TBC polmonare può essere riattivata però potrei avere anche direttamente manifestazioni extra
polmonari
-Le infezioni herpetiche sono da Herpes Zoster ( peculiare in HIV),da Herpes Virus 6,7,e 8 (con
sarcoma,linfoma) e da Herpes 1 e 2 che possono dare infezioni disseminate.
Lo Zoster che si riattiva in un HIV + può essere monometamerico o bimetamerico o disseminato,non si
vede la vescicola,come accade di norma nelle riattivazioni.
Il sarcoma è un tumore muco-cutaneo correlato al HV8,negli anni ’80 è stato un segno di riconoscimento
dell’infezione di HIV,ovviamente è presente anche nella popolazione generale,non è detto che chi ha un
sarcoma abbia l’AIDS. La diagnosi si fa con la biopsia cutanea e la terapia in HIV è più complicata, si arriva
all’utilizzo di farmaci altamente tossici e la speranza è che ci sia ancora una risposta immunitaria. Di norma
coinvolge prevalentemente gli arti inferiori. Il sarcoma si può sovrainfettare con pseudomonas,anaerobi, ed
in alcuni casi si arriva a gangrena e amputazione. Spesso la diagnosi viene ritardata se il sarcoma è su pelle
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nera e non su pelle bianca. L’encefalite erpetica coinvolge il lobo temporale,nel momento in cui ho il
sospetto devo andare con una banalissima tac o risonanza.
-Mollusco contagioso:in AIDS diffonde in modo molto maggiore rispetto alla popolazione standard
-Gyardia,shighella,salmonella,campylobacter e clostridium: possono portare diarree croniche
-Altra problematica sono i vermi:
Ascaridi possono creare ostacolo all’efflusso biliare.
Anchilostoma:le uova schiudono nel duodeno o nel ceco,si forma una larva che risale l’albero tracheale,va
nel polmone,si forma il vermetto e a volte le persone lo vomitano anche dal naso.Questa infezione
parassitaria può esserci in qualunque persona.
-Toxoplasmosi cerebrale: Si riattiva sotto i 100 CD4. Il toxoplasma gonidii è un parassita,(quindi cercheremo
le sue forme di trofozoita, cisti e ovocisti per la diagnosi), in HIV sarà spesso necessaria la diagnosi
differenziale con ascessi ed edemi. La diagnosi spesso si ottiene in pronto soccorso, considerando un
quadro con HIV positivo, vai in diagnosi differenziale con ascesso cerebrale. Tutti gli ascessi vanno
drenati,allora si va in neurochirurgia ed asportare la lesione, ,in risonanza le lesioni sono peculiari,faccio lo
studio,trovo i bradizoiti e faccio diagnosi. Posso avere un edema molto importante,il pz ha alterazioni anche
importanti del comportamento,può iniziare a non deambulare,a non vedere se ho la compressione del
chiasma ottico.La toxoplasmosi non è solo cerebrale ma può essere anche oculare:è l’unica che per salvare
la macula devo dare gli steroidi,a differenza delle coreo retiniti.
-Leishmaniosi: la leishmania è endemica da noi(soprattutto la viscerale) ed i tentativi sono difficili perché i
farmaci sono potenti ma nonostante questo se non aumentano le difese immunitarie recidivano a volte hai
delle febbricole,quindi pensi a leucemia e arrivi a fare la biopsia delle creste iliache,se hai un buon anatomo
patologo trovi i trofozoiti.
-I micobatteri atipici sono frequenti nelle infezioni degli immunodepressi.
Questo è il corteo standard ma in realtà ce ne possono essere altre. Il concetto della malattia
opportunistica la presentazione può essere variegata e completamente diversa da quella dei libri può
coinvolgere tutti i sistemi,il CMV può essere trovato ovunque.
Altre manifestazioni
-Ci sono delle equipe specialistiche che curano l’aspetto odontoiatrico dell’HIV + perché ci sono altri tipi di
tumori a livello sempre dei linfomi del cavo orale.
-Il Virus ha uno spiccato trofismo per il SNC,quindi un problema è la demenza. Ha uno spiccato trofismo per
la glia,che è il suo primo serbatoio, e li continua a replicare,perciò, in alcuni casi, si preferiscono farmaci che
passano la barriera emato-encefalica.Posso avere una meningite asettica,nel momento in cui ho
l’attivazione severa si può associare a demenza aids correlata. Quello che succede del 100% dei
casi,nonostante la terapia, sono le neuropatie periferiche. I pz iniziano a non avere sensibilità agli arti
inferiori,difficoltà a deambulazione,alcuni farmaci nel passato anno aggravato questa situazione ma quelli
erano gli unici al momento disponibili. Ovviamente si fanno i minimental (sono dei quiz con esercizi base
come somme algebriche o esercizi con le mani),devo capire la tua condizione mentale,ma non di
salute,proprio riuscire a fare un disegno o fare la somma algebrica,perché col tempo in seguito della terapia
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le situazioni possono migliorare. Ci sono persone che non riescono più a fare l’architetto e lo scoprono
quando sono in fase di demenza con perdite della memoria,spesso sono gli altri che se ne accorgono,per
loro quel disegno è fatto bene,quindi hanno dei disturbi di percezione della realtà.Il virus nel resevoir è di
un tipo e periferico è diverso posso fare il test di resistenza e scoprire se ho delle mutazioni,quindi scegliere
poi il migliore trattamento del mio pz in relazione al virus che ha nel sangue e al virus che ha nei tessuti.
Prima si faceva la rachicentesi a tutti,adesso solo se hai delle condizioni cliniche che fanno sospettare uno
stato di deficit,perciò devi fare questi test neurocongnitivi.La patologia HIV encefalica interessa la sostanza
bianca ed arriva a paralisi pur mantenendo la coscienza,per cui si muore di asfissia. Purtroppo in HIV
l’evoluzione è sfavorevole nell’arco di 2-3 anni si avrà paralisi addominale .Si deve fare la PEG,deve essere
cateterizzato,fino al blocco respiratorio,ci sono dei centri di accoglienza ma la gestione è difficile per le
infezioni batteriche .
-Ovviamente avremo che le malattie cardio-vascolari e renali che appaiono normalmente con
l’invecchiamento si avranno prima perché i farmaci hanno effetto a livello cardiaco e renale,le malattie
cognitive e tumori anche sono più frequenti,c’è un problema di demineralizzazione ossea:fratture
spontanee e osteoporosi,ci sono alcuni farmaci che hanno azione sull’osso.
-Tumori associati:
Sono dovuti alla riattivazione ad attivazione dei virus oncogenici che si riattivano e inducono l’evoluzione
tumorale.
-Linfomi HIV correlati,c’è alta differenza tra vecchi e nuovi farmaci,negli ultimi 10 anni sono
aumentati,insorgono in età giovanile ed hanno risposta peggiore alla terapia rispetto gli altri.
-K della cervice è AIDS associato
-Il K anale (anche se non è ancora incorporato nel range)
-Linfoma di Burkitt
-Linfoma cerebrale primitivo: devo fare la diagnosi differenziale con gli altri con la biopsia
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MALATTIE INFETTIVE (Prof. Pasquale)
14/04/2014
EPATITI VIRALI ACUTE
Per collegarci alla precedente lezione, vi ricordo che, parlando dell'epatite virale
acuta (e ci tengo all'aggettivo virale perchè l'epatite acuta può essere dovuta anche ad
altre cause: l'alcolismo può dare un'epatite che non è virale ma è acuta;
un'intolleranza a qualche farmaco, ad esempio il paracetamolo, 20 compresse di
aspirina possono uccidere una persona, è un'epatite acuta fulminante legata a farmaci.
Ecco perchè preciso che l'epatite acuta può essere dovuta anche ad altre cause.) è
un'epatite infettiva caratterizzata da:
 necrosi epatocitaria associata a fenomeni degenerativi dei singoli epatociti che
vanno dal rigonfiamento idropico, fino alla disidratazione che caratterizza la
degenerazione eosinofila.
 Infiltrazione infiammatoria
 Iperplasia e ipertrofia delle cellule del Kupffer
Clinicamente tutte le epatiti virali acute sono accomunate dalla stessa sintomatologia:
senso di stanchezza profonda (astenia); disturbi digestivi caratterizzati da nausea,
disgusto per gli odori di alimenti e fumo di sigaretta, associati a vomito; presente (ma
non sempre) la febbre ed in genere si considera il periodo pre-itterico come un
periodo febbrile, con il quale compare ittero, associato a ipercromia urinaria e
ipocolia fecale.
L'ittero non sempre è presente, specie nell'infanzia possiamo avere delle epatiti
anitteriche.
All'esame obiettivo, oltre alla possibilità di rilevare ittero, possiamo apprezzare una
epatomegalia e una consistenza non dura (come il fegato cirrotico) ma
parenchimatosa; possibile a volte riscontrare splenomegalia.
Queste caratteristiche cliniche e semeiologiche accomunano tutte le epatiti virali
acute e, da un punto di vista degli esami di laboratorio, un altro dato che accomuna
tutte le epatiti è l'aumento delle transaminasi sieriche, liberate dai mitocondri
dell'epatocita necrotizzato e si può avere un aumento delle transaminasi fino a 50/100
volte il valore normale.
Vi consiglio, quando dovete citare un dato di laboratorio, ricordatevi prima quali sono
i valori normali e precisate sempre l'unità di misura.
Anche la bilirubinemia può essere aumentata e si tratta di una bilirubinemia mista, in
cui si bilanciano sia la frazione diretta che quella indiretta.
Per fare una diagnosi eziologica, in base ai dati epidemiologici o raccolti
dall'anamnesi, chiedete non tutti i markers ma se ad esempio il soggetto riferisce di
aver mangiato frutti di mare un mese fa, chiedete IgM anti epatite A. Anche la
richiesta dei marcatori sierici deve essere una richiesta ragionata e guidata
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dall'anamnesi e dallo stile di vita del paziente.
Infine i virus epatitici maggiori sono quelli che hanno uno spiccato epatotropismo:
l'organo bersaglio è il fegato, anche se, per quanto concerne il virus C altri organi
possono essere coinvolti. Infatti, una domanda che uno vi può fare è quali sono le
manifestazioni extraepatiche di un'infezione da virus C, quindi vi dovete ricordare
che il virus C è un po' ubiquitario, per cui può dare una malattia sistemica, che si può
esprimere oltre che con l'epatite anche con manifestazioni ematologiche come il
linfoma non-Hodgkin oppure una glomerulonefrite pseudomembranosa oppure una
crioglobulinemia.
Ricordatevi sempre che sono tutti virus ad RNA, tranne il virus dell'epatite B; sono
virus a trasmissione parenterale i virus B, C e D mentre gli unici a trasmissione oralefecale sono i virus dell'epatite A ed E.
Adesso passiamo in rassegna i singoli virus.
Virus dell'Epatite A
E' un virus ad RNA, piccolo, 30 nm. Appartiene agli Eparnavirus o agli enterovirus.
Esistono diverse regioni genomiche, una regione chiamata P1 che codifica per le
proteine virioniche p1, p2, p3; sono proteine strutturali del capside virale, sono le
proteine contro cui si monta la risposta immunologica della classe IgM e IgG.
Si conoscono diversi genotipi ma il genotipo 1 è quello responsabile del 90% delle
epatiti virali acute. Questo potrebbe servirvi a spiegare perchè, dopo che un soggetto
è apparentemente guarito da un'epatite virale A, può avere dopo un mese-un mese e
mezzo una recidiva: probabilmente sarà stato infettato da più genotipi, per cui risolta
la malattia da un genotipo viene a galla poi l'altro. E' un decorso a gobba di cammello
ma anche nel secondo caso la malattia è benigna, vi è un aumento delle transaminasi
più basso e il paziente guarisce.
Invece le regioni genomiche P2-P3 codificano per proteine non strutturali ed hanno
una funzione enzimatica. Questo concetto delle regioni genomiche strutturali e non
strutturali lo ritroveremo nella descrizione del genoma del virus dell'epatite C. Gli
enzimi sono l'elicasi, la proteasi, l'RNA polimerasi ecc.
E' un virus stabile in ambiente acido, a 60° per un'ora, per cui bisogna inattivarlo o
coi raggi ultravioletti o con il cloro a concentrazione adeguata per almeno 30 minuti.
La bollitura inattiva il virus quindi l'impepata di cozze può essere non dannosa se le
cozze vengono bollite a una temperatura maggiore di 60°. Anche la formalina inattiva
i virus.
Il prof mostra una diapositiva che mostra come appaiono le particelle virali al
microscopio elettronico, l'RNA è al centro e all'esterno ci sono le proteine di cui
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abbiamo parlato prima, nel capsomero, e contro le quali l'organismo produce gli
anticorpi che ci serviranno per la diagnosi eziologica.
Nelle malattie infettive la diagnosi indiretta è quella di tipo immunologico, che
ricerca gli anticorpi contro gli antigeni virali o protozoari (come la diagnosi di
Leishmaniosi che ricerca gli anticorpi contro la Leishmania); mentre la diagnosi
diretta è quella che prevede l'identificazione del microrganismo o identifica anche
direttamente il microrganismo con prelievi tissutali o colturali o attraverso
l'emocoltura; oppure coltivando direttamente il liquido biologico in cui può essere
presente il microrganismo.
Per quanto riguarda l'epidemiologia mondiale dell'epatite A, esistono paesi ad alta
endemia (Africa, Centro America, Sub continente Indiano), paesi a media endemia in
cui tra le popolazioni è trovato un tasso anticorpale IgG compreso tra 5 e 90% degli
abitanti. Quelli a bassa endemia sono quelli dove trovate meno del 5% dei soggetti
immunizzati contro quel virus e sono gli Stati Uniti, il Nord Europa, l'Australia, la
Nuova Zelanda. Noi apparteniamo ai paesi a media endemia.
Questo concetto ha la sua importanza ai fini pratici, nell'indicare l'opportunità di fare
la vaccinazione contro l'epatite A: se uno svedese viene nel bacino del Mediterraneo,
corre più rischio di contrarre l'epatite A perchè in Svezia non è venuto a contatto con
il virus quindi non è protetto. Se un napoletano va in Svezia sicuramente non rischia.
Laddove c'è una bassa endemia c'è minore protezione immunologica contro un
determinato virus.
Negli anni '50-'60-'70 in Italia vi era un'alta prevalenza di infezioni da virus A specie
nella popolazione infantile, poi con il miglioramento delle condizioni igienicosanitarie il rischio si è spostato progressivamente più avanti, per cui troviamo dei
bambini senza anticorpi contro l'epatite A e anche la popolazione medio-adulta, per
cui il rischio che anche una persona di 30-40 anni possa contrarre l'epatite A è molto
più elevato che non nell'età infantile. Quindi i soggetti a più levato rischio sono i
giovani tra i 15 e i 24 anni, con maggiore libertà nei costumi e nell'alimentazione.
I fattori di rischio sono: i frutti di mare crudi, i cibi contaminati, soggiorno in aree
iperendemiche.
L'incubazione è di 25-30 giorni. I fattori di rischio sono gli stessi dell'epatite E.
Alimenti responsabili:
 frutti di mare, che hanno la capacità di filtrare le acque, concentrando il
microrganismo nella cozza ecc. per cui se non sono ben cotti possono
trasmettere non soltanto l'epatite ma anche la Salmonella typhi.
 Verdure contaminate
 acque contaminate
 qualsiasi cibo contaminato da mani infette
Viaggi in zone endemiche sono ulteriori fattori di rischio, quindi un viaggiatore dovrà
fare attenzione a:
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 non mangiare gelati artigianali
 non bere acqua che non sia imbottigliata
 non lavarsi i denti con acqua di rubinetto
Anche la coabitazione con soggetti affetti è un fattore di rischio, specie nel periodo di
incubazione.
La tossicodipendenza e alcune pratiche sessuali sono ulteriori fattori di rischio.
La trasmissione oro-fecale è la più frequente. Più rara è la trasmissione parenterale,
perchè anche se si verifica una viremia la probabilità che si possa ricevere una
trasfusione nel periodo di incubazione del virus è molto ridotta.
Il virus dell'epatite A non da cronicizzazione, quindi non esiste il portatore cronico.
La via che segue il virus: per via orale, arriva al tubo digerente, il primo organo che
incontra è la mucosa gastro duodenale (nausea e vomito, dovute ad una duodenite
consensuale e che precede le manifestazioni di tipo epatitico), nel fegato il virus si
moltiplica attivamente, passa nel sangue e negli altri organi e viene eliminato con il
rene e le urine ma anche attraverso le feci, che sono l'elemento infettante l'ambiente
che circonda il soggetto malato.
Nell'intestino non esiste nessun inibitore del virus, che viene eliminato dal fegato
nella bile e quindi si ritrova nelle feci. Le feci contaminano le acque, le acque
contaminate possono a loro volta contaminare frutta, ortaggi ecc.
Cosa succede quando il virus dell'epatite A raggiunge il fegato, attraverso il sangue
portale: dal duodeno passa nel tenue, poi attraverso i vasi portali raggiunge il fegato,
si àncora agli epatociti attraverso un recettore di membrana, si libera l'RNA virale che
costituisce lo stampo della RNA-polimerasi virale, quindi le proteine non strutturali, a
funzione enzimatica, provvedono alla replicazione del virus.
Trascritto l'RNA virale, si ha l'assemblaggio delle proteine strutturali in nuovi virioni
e i virioni sono contenuti in vescicole, che si trovano nel lume dei canalicoli biliari
intraepatici. Queste vescicole poi si dissolvono, liberando il loro contenuto virale per
mezzo della bile, che dissolve appunto la parete delle vescicole. Vengono così
eliminati nelle feci del soggetto.
Le feci sono infettanti ancor prima dell'aumento delle transaminasi, anche prima
dell'ittero. Ecco perchè questo virus è subdolo, perchè può contagiare i membri della
stessa famiglia o i compagni di scuola o negli orfanotrofi, manicomi ecc., perchè
prima che compaia la sintomatologia, il virus è già presente nelle feci e ci resta fino a
3 mesi dopo l'inizio dei sintomi.
Il sangue è infettante per tutta la durata della malattia perchè gli epatociti infetti
liberano il virus nel sangue (?).
Come ci si difende da questa infezione? Intanto viene attivata una risposta
infiammatoria dell'ospite, mediata da un infiltrato infiammatorio costituito da linfociti
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T citotossici (LTC) che corrispondono ai CD8. Questi linfociti riconoscono in modo
specifico le cellule infettate dal virus dell'epatite A, quindi ne inducono la necrosi. Il
riconoscimento viene mediato dall'intervento dell'MHC. Questo è il meccanismo di
necrosi epatocitaria, una volta che in virtù di questa vengono liberati i virus, questi
vengono neutralizzati dagli anticorpi anti virus A, quindi si completa la guarigione.
La necrosi epatocitaria è responsabile della ipertransaminasemia, dell'ittero, della
sintomatologia, quindi un meccanismo protettivo diventa anche la causa della
malattia. Se l'immunità è efficace il soggetto guarisce.
La necrosi epatocitaria si ritiene sia mediata dai linfociti T, come avviene anche per
l'epatite B e D. L'espressione della necrosi immunomediata è l'aggregazione di
linfociti che partecipano allo scopo di liberare il fegato dagli epatociti infetti, per cui
si parla di necrosi linfomonocitaria che può essere preceduta anche da cellule giganti,
cellule eosinofile ecc.
Al dato anatomopatologico fa riscontro la sintomatologia dell'astenia, della nausea,
talvolta anche dei dolori addominali (varianti colostatiche che simulano appendiciti
acute) che disorientano il medico, la febbre che può orientare verso una sindrome
influenzale e solo quando compare l'ittero o il vomito ci si rende conto che è un'altra
patologia.
Per ogni malattia bisogna sapere quanti giorni di astensione dalle normali attività
sono previste. In questo caso la guarigione avviene in 1-6 mesi. La guarigione
avviene sicuramente, la mortalità è dello 0,1%, dopo i 50 anni. L'epatite dei bambini
può essere anche anitterica.
Uno studente chiede se l'epatite fulminante può avere anche un periodo di
incubazione, il professore risponde che dopo il periodo di incubazione “ti fulmina”
ma ce ne accorgiamo da un dato di laboratorio importante: l'attività protrombinica,
che quando scende al 20-25% è particolarmente preoccupante (domanda d'esame). Il
fegato presiede alla sintesi dei fattori della coagulazione, quindi se un fegato è affetto
da atrofia, l'ittero aumenta, il fegato è distrutto e le transaminasi possono anche essere
normali, ciò che orienta è l'attività protrombinica, che se scende a 20-25% vuol dire
che il fegato è molto sofferente. Il paziente può avere un'encefalopatia portosistemica, un'insufficienza epatica fulminante con ittero, edema cerebrale, coma
epatico, iperammoniemia, manifestazioni emorragiche. Il fegato è un organo filtro,
che serve a detossificare, quindi un aumento di ammonio nel sangue indica
l'incapacità del fegato di procedere all'ureogenesi, all'inattivazione dell'ammoniaca,
così come gli altri fattori della coagulazione sono sintetizzati dal fegato. Più che
infiammato il fegato è necrotico, non produce questi fattori e si possono quindi avere
manifestazioni emorragiche. Vi sono anche gli squilibri idroelettrolitici e la salvezza
di questi pazienti è la vicinanza ad un centro di trapianto epatico. Un criterio clinico,
oltre al disorientamento spazio-temporale del paziente (sintomatologia dell'encefalite
porto-sistemica), è la riduzione del volume epatico. Anche l'esame ecografico
consente di valutare le dimensioni.
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Il professore mostra un grafico che mostra come in presenza di virus nelle feci
compare la sintomatologia e le transaminasi aumentano. Intanto monta la risposta
anticorpale, inizialmente con anticorpi della classe IgM. Poi compaiono anche gli
anticorpi IgG. Le IgM fanno fare diagnosi di epatite acuta in atto, man mano che
passano i giorni, si incrociano con le IgG, che saranno quelle che poi prevarranno per
tutta la vita. In alcuni casi si può avere una ripresa della malattia, con transaminasi
più basse, forse perchè il soggetto è stato infettato da più genotipi virali e in tal caso
avrà di nuovo comparsa di IgM e transaminasi (decorso bifasico).
Nella diagnostica dell'epatite A abbiamo sia i marcatori diretti che indiretti. Quelli
diretti sarebbero identificati nella ricerca nelle feci del virus dell'epatite A o degli
antigeni ma ai fini pratici non si applica. Più importante invece cercare gli anticorpi
della classe IgM. Se non li troviamo siamo di fronte a un caso di epatite di altra
eziologia, specie se presenta soltanto anticorpi IgG. Se non ha né IgM né IgG, vuol
dire che il paziente non è mai venuto a contatto con il virus dell'epatite A. Quindi, se
deve fare un viaggio in Thailandia o nel Sud-est asiatico, si deve vaccinare.
Quando seguite un paziente affetto da epatite virale acuta bisogna fare dei controlli.
Anzitutto visitarlo dal punto di vista clinico; vedere l'evoluzione dell'ittero,
controllare il sensorio, valutare fegato e milza; chiedere se i disturbi dispeptici sono
passati, in genere durano i primi giorni di malattia, poi si sviluppa una fame da lupo
per cui ritornano subito ad una buona alimentazione. Per esempio se l'ittero resta o
aumenta potete trovarvi di fronte alla variante clinica di epatite virale ad impronta
colostatica, laddove aumenta fosfatasi alcalina, gammaGT, bilirubina. Questa anche
se dura di più tende comunque alla guarigione e non c'è bisogno di terapie particolari,
le transaminasi tendono a diminuire mentre la bilirubina e gli enzimi di colestasi sono
ancora più alti. Controllo settimanale delle transaminasi e dell'attività protrombinica.
Utile un'ecografia del fegato se l'ittero aumenta.
Terapia: non esiste una terapia specifica con antivirali. Bisogna invitare il paziente a
stare a riposo a letto e alzarsi solo per le necessità personali nella prima fase; letto e
poltrona poi fino alla ripresa della cinestesi, fin quando le transaminasi non
accennano a scendere. La ripresa dell'attività fisica deve essere lenta e graduale.
La dieta: in genere è preferibile utilizzare liquidi zuccherati nella fase della nausea e
vomito, che possono essere sostituiti dalle flebo glucosate da 0,500 o 1 litro al giorno,
a 5-10%.
Dopo la scomparsa della nausea e vomito, apporto bilanciato di glicidi e protidi,
ridotti ma non aboliti i lipidi. Poi vitamine del complesso B, vit. K e se il soggetto
tende alla stitichezza (ed è probabile perchè l'ittero può causare una stipsi) è bene
liberare l'intestino, perchè un fegato che riceve ammoniaca, mercaptani e tutte le
sostanze putrefattive di origine intestinale è un fegato che non è in grado di filtrare,
quindi mantenere l'alvo libero anche con dei piccoli clisteri è una misura terapeutica.
Se il paziente avverte ancora quella duodenite dovuta al passaggio dei virus può
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prendere anche antiacidi tipo Malox o inibitori di pompa protonica per qualche
settimana.
In sintesi la dieta deve essere libera, ipercalorica, privilegiando i glicidi, iperproteica
o normoproteica e normolipidica (pasta, riso, pane, carne, pesce, formaggi, uova che
sono nutrienti se non ci sono problemi di calcoli, verdura, frutta, dolci fatti in casa,
prosciutto magro, caffè, orzo, tè).
Evitare: alcolici, alimenti grassi, insaccati, fritture, cibi sotto sale o in scatola, per gli
additivi e conservanti.
Come difendersi dall'infezione: vanno attuate tutte le norme di prevenzione comuni a
tutte le malattie a trasmissione fecale-orale (igiene personale, idonei trattamenti di
potabilizzazione delle acque, adeguato smaltimento dei rifiuti, controllo su qualità e
commercio dei frutti di mare).
Una volta si utilizzava la profilassi passiva, che prevedeva l'uso di immunoglobuline
della classe IgG contro il virus A, alla dose di 0,02-0,05 (?) i.m., però è difficile
reperire in commercio queste globuline perchè non vengono più utilizzate.
Esiste invece una immuno-profilassi attiva, che è formata da virus inattivati con
formaldeide, come per l'influenza. E' indicato: nei bambini in zone endemiche, ai
militari che vanno in zone di endemia, ai viaggiatori che vanno in zone endemiche,
agli operatori ecologici, ai tossicodipendenti, al personale di laboratorio, ai candidati
ai trapianti, pazienti affetti già da epatite cronica o cirrosi epatica (perchè se prendono
anche l'epatite A quel poco di fegato che rimaneva viene distrutto dall'infezione
acuta), gli omosessuali maschi, personale addetto agli asili infantili e agli istituti dei
ritardati mentali.
Il vaccino per l'epatite A più diffuso è l'HAVRIX: si tratta di una sospensione
contenente il virus ceppo HM175 inattivato con formaldeide.
La schedula vaccinale è raccomandata alle categorie già citate prima e inoltre: agli
addetti allo smaltimento di acque reflue e liquami.
La dose per gli adulti è di 1 ml, per i bambini 0,5 ml. La via di somministrazione è
quella i.m. nel deltoide, se si sceglie la via sottocutanea o intradermica la risposta
anticorpale è più bassa. Quella per via endovenosa non è indicata.
Tempi: prima dose al tempo 0, la seconda a un mese e la terza o al 6° o 12° mese.
Esiste anche la schedula rapida: prima dose al tempo 0, seconda a 14 gg, la terza a 612 mesi. Anche se la protezione avviene in tempi più brevi, la risposta anticorpale è
più modesta.
VIRUS DELL'EPATITE E
Cambia la sigla ma il comportamento è sovrapponibile a quello dell'epatite A, anche
se le regioni dove il virus è più diffuso sono: l'Asia, il Centro America, l'Africa e il
Medio Oriente. In questi paesi è responsabile di epidemie idriche durante la stagione
delle piogge, perchè si contaminano le acque potabili con le condutture di materiale
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fecale. In Italia e nei paesi industrializzati si registrano <1% dei casi di epatite acuta.
In genere quelli che contraggono l'epatite E sono viaggiatori che tornano dai paesi
dove il virus è endemico. I casi autoctoni sono più rari e dovuti anch'essi a consumo
di frutti di mare crudi, a contatto intrafamiliare o intraospedaliero con soggetti con
epatite E.
Anche il virus dell'epatite E induce una risposta anticorpale di classe IgM prima ed
IgG dopo.
Il virus E fu responsabile in passato di epidemie di tipo idrico in paesi come il Nepal,
Sud-Est Asiatico, Africa settentrionale, Algeria e Messico perchè quando ci sono le
piogge l'acqua rende permeabili le condutture dell'acqua potabile e delle acque fecali.
L'incubazione va da 2 a 9 settimane, 90 giorni in media. Le forme colostatiche sono
molto più frequenti della A. Sono particolarmente gravi nelle donne gravide, infatti il
20% di mortalità da epatite E si riscontra nelle donne gravide. Anche per l'epatite E
può esserci un decorso bifasico.
La patogenesi è quella della necrosi immunomediata, quindi i meccanismi invocati
per l'epatite A li ritroviamo anche nella E. Il serbatoio d'infezione è rappresentato da
soggetti con l'infezione acuta perchè anche l'epatite E non cronicizza.
La diagnosi si fa per esclusione, quando non si trovano i marcatori delle altre epatiti
acute virali, per conferma cercando nel sangue gli anticorpi della classe IgM contro
HEV.
Anche per l'epatite E, la profilassi si fa col miglioramento delle condizioni igienicosanitarie ambientali, la denuncia dei casi di epatite E e l'isolamento del paziente
perchè è facile il contagio, i vaccini con proteine ricombinanti di superficie sono in
fase di studio.
VIRUS DELL'EPATITE B
Per poter comprendere la dinamica immunologica di questo virus è opportuno
familiarizzare con la particella di Dane, che è il virus completo, formato da un
involucro di superficie chiamato mantello, costituito dall'HBsAg, un antigene contro
il quale l'organismo sintetizza un anticorpo anti-HBs. Non possono questi che essere
anticorpi a funzione protettiva, perchè bloccando la superficie esterna bloccano tutto
il virus, impedendone l'ancoraggio agli epatociti.
Nel sangue possiamo trovare anche soltanto l'involucro esterno, o sotto forma di
particelle sferiche o sotto forma di tubuli. Tutto il virus ha una dimensione di 42 nm,
all'interno della particella di Dane troviamo l'antigene core, che pure è un antigene
strutturale, fatto da proteine del core. Anche contro questo, l'organismo sintetizza
anticorpi, della classe IgG e IgM. Il significato degli anticorpi della classe IgM
(concetto fondamentalissimo!) contro il core indica replicazione virale. E' importante
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perchè se chiediamo le IgM anti-core per capire se il soggetto ha un virus che si
moltiplica facciamo spendere pochi soldi rispetto alla richiesta di HBV-DNA, un altro
marcatore di replicazione virale; quindi volendo fare un discorso dal punto di vista
economico è preferibile chiedere le IgM anti-core.
Una molecola solubile, presente nel core, è l'antigene e, che passa nel siero ed indica
la replicazione del virus. Qual è la differenza tra HBc antigene ed HBe antigene?
L'HBc non lo troviamo nel siero, per poterlo enucleare dovremmo trattare la
particella di Dane con degli agenti che spaccano per lisi osmotica la particella e fanno
uscire l'antigene. Però l'organismo è in grado di sintetizzare anticorpi anti-HBc. Poi
abbiamo l'HBV-DNA.
La particella completa comprende HBsAg, il core, il DNA. Invece le particelle
incomplete sono formate soltanto dall'HBsAg ed ovviamente non sono infettanti,
tanto è vero che i primi vaccini erano plasma derivati: si identificavano i portatori del
virus B, si salassavano, poi si filtrava il siero per spiazzare le particelle di Dane
infettanti, separando invece soltanto i filamenti o le particelle sferiche, che venivano
utilizzati per l'allestimento dei vaccini plasma-derivati.
Oggi, avendo scoperto il gene che codifica per l'HBsAg, che induce gli anticorpi
proteggenti, con l'ingegneria genetica è possibile utilizzare vaccini fatti con filamenti
indotti artificialmente, in animali di laboratorio, con la somministrazione di geni
responsabili di queste sintesi.
Se esaminiamo il sangue di un soggetto che ha avuto l'infezione da virus B, nel
sangue troviamo sia le particelle allungate, che quelle sferiche, che sono solo
l'HBsAg. Mentre le particelle sferiche a coccarda sono quelle che corrispondono alle
particelle di Dane, infettanti.
Contro ogni componente antigenica l'organismo monta la sua risposta. Abbiamo
quindi anticorpi anti-HBs, a funzione proteggente, che indica immunità acquisita, o in
seguito a infezione naturale o in seguito a vaccinazione. Contro il core HBcAg e
HBeAg l'organismo sintetizza anticorpi, con la differenza che gli HBcAb di classe
IgM danno informazioni sulla replicazione del virus, così come anche HBeAg indica
replicazione del virus. Esiste poi l'HBV-DNA, che si identifica con la PCR.
Il virus dell'epatite B ha un periodo di incubazione superiore a quello dell'epatite A,
che va da 30 a 180 gg. La forma fulminante va dallo 0,1-1%.
Se vi chiedo in che % questo virus induce cronicizzazione voi non mi dovete dare un
numero fisso, dovete rispondere: in rapporto all'età dell'infezione la cronicizzazione è
differente. Un neonato che si infetta con epatite B ha più probabilità di cronicizzare,
perchè l'immunità è ancora inefficace, non ci si libera facilmente del virus e si può
istituire la condizione di portatore anche asintomatico, con transaminasi normali,
attraverso una fase di tolleranza immunitaria. Invece se l'infezione viene contratta in
età adulta la probabilità di cronicizzare è molto più bassa (1-10%). Se il contagio
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avviene assieme al virus D, la probabilità di cronicizzare è del 5-8%.
Il picco delle transaminasi è elevato come per l'epatite A. La diagnosi si fa attraverso
non soltanto l'HBsAg ma soprattutto attraverso l'identificazione nel siero degli
anticorpi IgM contro il core. Non rispondete soltanto HbsAg, questa è una condizione
necessaria ma non sufficiente, perchè uno può essere portatore asintomatico e non
avere la malattia o addirittura non replicare il virus, quindi la risposta è HbsAg ma
soprattutto IgM anti core. Se proprio volete spendere soldi si può cercare anche
l'HBV-DNA.
In Italia esistono circa 1.500.000 portatori di HBV e una fonte di rifornimento oggi è
costituita dagli immigrati che vengono da paesi dove non hanno potuto vaccinarsi,
quindi oggi la diagnosi da virus B con ceppi di tipo selvaggio interessa soprattutto le
popolazioni immigrate.
I fattori di rischio una volta erano le trasfusioni di sangue o di emoderivati, oggi lo
screening dei donatori, attraverso l'identificazione dei marcatori virali, fa si che
l'epatite B post trasfusione siano pressochè a 0.
I rapporti sessuali con partner infetto sono fattori di rischio, basta una goccia di
sangue infetto, diluito in una vasca da bagno, prendere una goccia d'acqua è ancora
infettante per l'alta contagiosità, notevolmente superiore all'infettività dell'HCV.
La trasmissione verticale da madre a figlio dopo la nascita è possibile, tanto che oggi
alle madri infette ma anche ai neonati non infetti si somministra il vaccino.
Emodialisi, tossicodipendenze, servizio come operatori sanitari, servizio di raccolta e
smaltimento rifiuti, la convivenza con soggetti affetti, sono tutti fattori di rischio.
Il virus può penetrare non soltanto da lesioni evidenti, si parla di trasmissione
parenterale inapparente: contatti intimi, mucosa contro mucosa, pelle contro pelle,
purchè ci sia un'escoriazione anche minima, costituiscono una trasmissione
parenterale, inapparente perchè non è così evidente come la trasfusione di sangue o
l'incisione con il bisturi infetto.
Il virus che dovesse penetrare per via orale troverebbe nel lume intestinale un
inibitore, ...(non riesco a decifrare), una volta arrivato nel fegato il virus si moltiplica
attivamente come accade per l'epatite A ed E, passa nel sangue, si ha quindi una
viremia.
I meccanismi della necrosi epatocitaria ricalcano in parte quelli dell'epatite A, con
alcune differenze: una volta penetrato nel fegato, il virus si replica, produce le
proteine virali nell'epatocita infetto ed espone sulla superficie epatocitaria alcuni
costituenti, che sono l'antigene c ed e, che sono processati dagli MHC II. La
superficie dell'epatocita perde la sua autonomia biochimica, diventa non-self, per cui i
linfociti T citotossici riconoscono una membrana epatocitaria non self e la
aggrediscono causando la necrosi epatocitaria, nell'intento di eliminare gli epatociti
infetti. Quindi da una parte la necrosi ha la funzione di purificare il fegato dagli
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epatociti infetti, nello stesso tempo la necrosi spiega l'ipertransaminasemia.
L'HBcAg alla superficie dell'epatocita, non tutto il virus ma semplicemente una
componente virale, perchè la sintesi delle particelle che costituiscono il virus non è
una sintesi sincrona, per cui è possibile che alla superficie dell'epatocita arrivino non
necessariamente le particelle virali complete ma semplicemente un antigene
strutturale, che modifica la costituzione chimica della membrana, per cui consentono
il riconoscimento degli epatociti in cui avviene la replicazione del virus, per cui la
necrosi epatocitaria è una necrosi immuno-mediata, che avrebbe lo scopo di eliminare
gli epatociti infetti.
I linfociti TH1, che pure intervengono attivando interferone gamma, IL2 e TNF,
regolando la risposta infiammatoria mentre il TNF dovrebbe inibire la replicazione
virale, attraverso la produzione di nitrossido.
Anche questo meccanismo mediato dai linfociti TH1 avrebbe lo scopo di eliminare
gli epatociti infetti.
Un'altra cosa importante è che gli stessi linfociti possono attivare la risposta
anticorpale contro l'HBsAg, così i virus che sono sfuggiti dall'epatocita sono inattivati
anche dalla risposta UMORALE. Quindi da una parte abbiamo la necrosi degli
epatociti infetti, dall'altra la inattivazione del virus se la risposta umorale è efficace
nella produzione di IgM.
Il prof mostra poi una slide in cui sono riassunte tutte le possibilità che possono
accadere ad un soggetto affetto da epatite B: la mediazione dei linfociti T citotossici
che inducono la necrosi nell'epatocita, i TH1 che inducono risposta infiammatoria e
blocco della replicazione virale, i linfociti B che sintetizzano anticorpi anti-HBs. Se
queste tre risposte sono efficienti, noi possiamo avere la guarigione. Le altre
condizioni cliniche possono essere: tolleranza immunitaria, per cui abbiamo un
portatore sano, l'immunità non agisce per cui non vi è infiammazione né necrosi, il
virus si moltiplica, il soggetto è un portatore asintomatico, stabilendosi un'alleanza
non nociva tra virus e ospite; se invece la risposta non è efficace in uno dei tre
momenti si ha epatite cronica, perchè ammesso pure che si abbia la necrosi, se non ci
sono gli anticorpi il virus resta e attacca altri epatociti, perpetuandosi la necrosi degli
epatociti, e si ha lo spettro dell'epatite cronica perchè l'immunità non è efficiente nei
suoi tre bracci; se invece l'immunità è esaltata e tutti gli epatociti vengono
necrotizzati in maniera sincrona si ha l'epatite fulminante.
Il segreto quindi è che si abbia la fortuna che l'immunità, nei suoi vari settori, sia
efficace e ben bilanciata, per cui si ha la necrosi senza esagerazione e senza
l'incapacità di eliminare il virus, che poi porta il soggetto alla guarigione.
Quando dopo l'episodio acuto si ha la sintesi di HBsAg e di HBV-DNA e HBeAg che
indica la replicazione virale, così come la replicazione è indicata dagli anticorpi della
classe IgM anti core. Il soggetto che tende a guarire, dopo la sintesi di IgM comincia
a sintetizzare anticorpi IgG contro il core. Man mano che ci allontaniamo dalla fase
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acuta, scompare l'HBV-DNA, perchè la replica finisce, compare l'anti HBe e compare
l'anti HBs. Il virus non si moltiplica più e nel siero troviamo anticorpi IgG contro
HBc e scompaiono le IgM anti core. Questo è il destino sierologico di chi guarisce.
Nell'epatite cronica invece succede qualcosa di diverso.
A cura di Anna Chiara Fabrizio
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Malattie Infettive
Lez. Del 23/04/2014
Prof. Pasquale
I virus epatitici maggiori sono i virus A,B,C,D,E; sono tutti ad RNA tranne il virus B che
è a DNA. I virus dell’epatite A ed E si trasmettono per via oro-fecale; entrambi i virus
non cronicizzano, quindi non esiste il portatore cronico del virus dell’epatite A o
dell’epatite E. Questi virus vengono disseminati nell’ambiente e quindi attraverso le
acque reflue, scoli fognari, possono contaminare gli alimenti,ma soltanto a partire
dall’uomo malato. Epatite B,C, e D si trasmettono per via parenterale o parenterale
inapparente, attraverso i contatti intimi, le microabrasioni di cute e mucosa, quindi anche
attraverso i rapporti sessuali, l’uso promiscuo di utensili per mangiare, siringhe, pettini,
etc. Quindi i virus dell’epatite B, C e D sono accomunati dagli stessi meccanismi di
contagio. I serbatoi di questi virus sono prevalentemente le persone dedite alla
tossicodipendenza, per il loro stile di vita, la promiscuità, anche sessuale, e l’utilizzo di
mezzi non a perdere. Oggi un meccanismo di contagio da parte di questi virus è
rappresentato anche da alcune pratiche cosmetiche, ossia tatuaggi, piercing, pedicure,
manicure, se questi operatori utilizzano mezzi non a perdere. Una volta anche gli studi
odontoiatrici non erano perfettamente igienici, ma poi il dentista anche per difendere se
stesso si é convinto a sterilizzare gli strumenti con l'autoclave per le pratiche
odontoiatriche.
I virus dell'epatite B, C e D oltre a dare l'epatite acuta possono determinare lo stato di
portatore cronico. Il portatore cronico di virus B,C e D può essere un portatore
ASINTOMATICO, il che significa che può avere delle transaminasi normali, cioè può
non esservi infiammazione e necrosi epatica, e presenta viremia. Il paziente
ASINTOMATICO contagiato dal virus B,C e D è un paziente che ha il virus nel sangue,
però il suo sistema immunitario agisce in maniera tale da aver creato un compromesso
con il virus, come se il virus dicesse all'organismo “tu mi ospiti perché io ho bisogno
delle tue cellule per potermi replicare e in cambio io non ti danneggio il fegato”; questo
detto in parole avanzate sarebbe TOLLERANZA IMMUNOLOGICA, significa che il
virus viene accettato dall'organismo senza che vi sia necrosi epatica.
Laddove non vi é tolleranza immunologica si possono stabilire due condizioni:
 Situazione di IMMUNITÀ EFFICACE e allora si ha la condizione di
IMMUNOELIMINAZIONE del virus. Immunoeliminazione significa eliminare
tramite un sistema immunitario efficace il virus dagli epatociti, attraverso il
meccanismo della necrosi epatocitaria. La necrosi epatocitaria in un soggetto che
ha una buona funzione immunitaria, sia sul versante umorale che sul versante
cellulo-mediato, significa epatite virale acuta destinata a guarire con la sintesi di
anticorpi protettivi antiHBs per il virus B o quelli per il virus Delta senza che
l'episodio acuto possa condurre ad una forma cronica. La necrosi epatocitaria qui
ha un valore positivo benefico per l'organismo perché significa purificare il fegato
da quelle cellule che hanno avuto la sfortuna di accettare il virus. La necrosi
dell’epatite acuta, se il sistema immunitario è efficiente, è una necrosi che è
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
destinata a finire, le transaminasi tendono a calare, si normalizzano man mano che
il paziente guarisce, contemporaneamente l'immunità monta la sua risposta con la
sintesi di anticorpi antiHBs (nel caso dell’epatite B), l'ittero se presente passa e
resta solo il ricordo, la cicatrice immunologica della presenza di anticorpi
antiHBs. Questo episodio di epatite acuta vale per tutti i virus ed in particolare per
il virus B,C e delta.
Laddove invece l'immunità non é efficiente, cioè non funzionano i linfociti T
helper, i linfociti T citotossici, i linfociti che devono produrre gli anticorpi, c'è
qualche sfasatura in questi tre bracci dell'immunità non vi é la
immunoeliminazione, ma vi é la fase della CRONICIZZAZIONE dell'infezione,
cioè il virus resta presente negli epatociti e seppure esce da un epatocita che
indubbiamente sarà necrotizzato entra in un'altra cellula e perpetua quindi nel
tempo la necroinfiammazione, che é substrato anatomopatologico dell’epatite
acuta se il paziente guarisce, ma in particolare dell'epatite cronica se l'immunità
non ha ancora liberato il fegato dal virus. Nell'epatite cronica i valori delle
transaminasi non sono mai 1000, 2000, 3000 come nella forma acuta, ma sono più
bassi, arrivano a 150,200, 400 (DOMANDA D’ESAME).
Quindi nell'epatite cronica c'è questo continuo tentativo dell'immunità di liberare le
cellule, ma senza successo e nel suo perpetuarsi l'infiammazione del fegato comporta la
formazione anche di una fibrosi ATTIVA, cioè la necrosi epatocitaria è capace di attivare
le cellule di Ito, deputate alla sintesi del collagene e quindi oltre all'infiammazione
abbiamo la cosiddetta fibroblastosi cioè la produzione attiva di tessuto connettivo
laddove nell'epatite acuta il connettivo non è l'espressione di una produzione attiva, ma di
collasso delle fibre reticolari che non più sorrette dalle lamine epatocitarie si affossano le
une alle altre formando cicatrici PASSIVE. Ovviamente la fibrosi epatica è un indicatore
anatomopatologico di evoluzione della malattia cronica verso la fase finale che si
definisce cirrosi epatica, caratterizzata dalla nodulazione o meglio dalla formazione di
pseudonoduli epatocitari circondati da connettivo a cercine e la fibrosi epatica giustifica
la durezza del fegato alla palpazione di questi pazienti. Cirrosi epatica significa che anche
la circolazione arterovenosa del fegato è compromessa, quindi abbiamo ipertensione
portale e shunt vascolari e di conseguenza l'encefalopatia portosistemica perché tutte le
sostanze tossiche di provenienza intestinale (principalmente l’ ammoniaca) non sono
detossicate dal fegato e vanno direttamente al cervello; la stessa fibrosi epatica crea una
ipertensione portale perché il sangue non riesce a superare il filtro epatico, per fortuna
una parte del sangue shunta, ma il resto fa marcia indietro causando ASCITE e quindi le
varici gastriche ed esofagee.
In un soggetto che ha un buon sistema immunitario abbiamo una fase di replicazione del
virus con dei marcatori specifici quali HBeAg e l'HBV-DNA e poi gli anticorpi della
classe IgM antiHbc; l'HBsAg esprime, invece, uno stato di infezione, ma non di
replicazione del virus, infatti lo possiamo trovare nei soggetti asintomatici i quali possono
avere una fase di non replicazione virale. Quindi HBV-DNA é un'indagine che si fa con
la PCR, l'HBeAg è un antigene solubile del core che passa nel sangue e viene sintetizzato
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nella fase della replicazione del virus; l’anticorpo della classe IgM anti proteina del core
quando presente indica replicazione del virus. Durante la replicazione virale in un
soggetto con una buona risposta immunitaria abbiamo i sintomi dell'epatite virale acuta
con o senza ittero, il quale può essere anche colestatico, e ovviamente a causa della
necrosi epatocitica abbiamo ipertransaminasemia.
Il paziente è destinato a guarire, ha una buona risposta immunitaria, quindi si arresta la
replicazione del virus, può scomparire anche l'HBsAg, e viene montata la risposta
immunitaria anticorpale contro l'antigene E o contro l'antigene S, le IgM tendono a calare
mentre si sintetizzano gli anticorpi contro il core della classe IgG. In un soggetto che ha
l'epatite che non guarisce, ma che tende a cronicizzare, il sistema immunitario è
inefficace, si ha la persistenza degli anticorpi della classe IgG, l'antigene E può persistere
e soprattutto vi è una continua replica di HBV-DNA e presenza di HBsAg. Quindi
nell'epatite cronica da virus B non abbiamo gli anticorpi anti HBs, possiamo non avere gli
anti HBe e abbiamo invece la persistenza dell'antigene E, dell'HBsAg e della viremia che
esprime la replicazione del virus, le transaminasi non più alte come nell'episodio acuto
possono avere valori più bassi.
La maggior parte di questi marcatori si possono evidenziare con tecnica ELISA o con
tecniche immunologiche; l'HBV-DNA plasmatico si evidenzia invece con tecnica PCR.
Vediamo cosa succede con questi marcatori nelle varie fasi della infezione:
 se l'infezione è acuta l'HBsAg è presente ed ovviamente non vi è il suo anticorpo,
gli anticorpi della classe IgM sono presenti, successivamente si sintetizzano quelli
totali, l'HBeAg può essere positivo o negativo a seconda di quello che vi dirò
dopo, l'antiHBe tende ad essere negativo nel soggetto che è portato a guarire, ma
quando persiste l'antiHBe indica una situazione cronica che può anche associarsi
ad aumento delle transaminasi. Nell'infezione acuta l'HBV-DNA è presente.
 Nell'infezione cronica l'HBsAg è presente, l'antiHBs non c'è, l'antiHBc della
classe IgM é negativo, sono presenti invece gli anticorpi della classe IgG, anche
l'HBeAg e l'anti HBeAg possono essere presenti o assenti in rapporto a quello che
vi dirò dopo; l'HBV-DNA se è un'infezione cronica non può che essere presente,
e questo è il pattern sierologico del soggetto con infezione cronica.
 Se il soggetto ha una buona immunità e guarisce negativizza l'HBsAg e sintetizza
(questo è l'effetto auspicabile) l'antiHbs che in una prima fase può essere negativo
e poi si positivizza ed ovviamente la presenza indica protezione immunitaria.
Questo è quello che otteniamo con la vaccinazione.
L'HBsAg indica soltanto infezione, presenza del virus, ma non necessariamente
replicazione. Gli anticorpi della classe IgM contro il core indicano il danno acuto oppure
una riattivazione successiva nel corso di una epatite cronica che può riattivare la sintesi
degli anticorpi IgM. Gli antiHBc totali indicano o un'infezione oppure una risoluzione.
L'HBeAg e l'HBV-DNA sono indici di replicazione (non confondere concetto di
infezione e di replicazione virale), quindi uno può avere HBsAg senza che il virus si stia
replicando.
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L'antiHBe può scomparire oppure può essere presente nel soggetto che ha una variante
detta variante E-virus che significa che il paziente non è capace di sintetizzare l’antigene
E e presenta nel siero soltanto l'anticorpo anti-E che quando é associato alla replicazione,
indicata da HBV-DNA, caratterizza il soggetto affetto dalla variante E-virus o difettiva
del virus B. Oggi la maggior parte delle epatiti croniche da virus B è sostenuta da questo
virus che ha subito una mutazione genetica, per cui nel sangue abbiamo l'HbsAg,
abbiamo l'antiHBe e HBV-DNA che indica la replicazione, e questa variante del virus è
responsabile di forme più severe di epatite cronica. Questo virus si differenzia dal virus
primitivo che viene chiamato ceppo Wild.
Il portatore asintomatico del virus B è un soggetto che ha nel siero la dosabilità dell’
HBsAg per almeno sei mesi, l'HBeAg non c'è, l'antiHBe c'è, l'HBV-DNA è presente ad
una concentrazione inferiore a 10.000 copie /ml; la quantizzazione o la misura dell'HBVDNA è espressa o dalle copie o dalla unità internazionali; per sapere a cosa
corrispondono 10.000 copie basta diminuire di 5 volte il valore avendo quindi 2000 UI.
Le transaminasi nel portatore asintomatico sono normali, altrimenti non lo chiameremmo
portatore, infatti se facciamo la biopsia epatica a questo soggetto noi abbiamo
un'infiammazione o molto molto lieve oppure il paziente non presenta né infiammazione
né lesioni di deposito.
Quindi l'epatite B può essere sostenuta o dal virus Wild ed è caratterizzata dalla presenza
di HBsAg, HBeAg ed HBV-DNA e da transaminasi alterate (classico esempio di epatite
acuta o anche di epatite cronica da virus selvaggio, la differenza sta nel valore delle
transaminasi decisamente alto nelle forme acute); oppure dal virus mutato che viene
definito E-virus perché incapace di sintetizzare l'antigene E, rappresenta una variante precore del gene che sintetizza il core. Il virus mutato presenta l'HBsAg però rispetto al virus
Wild ha l'antiHBe e come il Wild ha l'HBV-DNA nel sangue, in questo caso le
transaminasi possono avere andamento fluttuante con picchi a 200/300,poi si va a calare
con periodi anche normali, quando fa così si comporta come il virus C, oppure l'altro
comportamento è quello fluttuante senza picchi, senza spikes di ipertransaminasemia. Si
possono anche avere fluttuazioni sieriche del HBV-DNA. Le fluttuazioni indicano la
tendenza dell'immunità a liberarsi delle cellule infette, ma alla fine l'organismo non ci
riesce perchè successivamente, dopo alcune settimane e alcuni mesi, si hanno nuovi
picchi, ci può riuscire solo grazie a tentativi terapeutici legati all'interferone e agli
antivirali.
Il soggetto che ha l'antiHBe deve aver avuto il contatto con l'antigene E, deve averlo
prodotto in una fase della sua storia, poi a un certo punto l'anticorpo c'è e l'antigene non
c'è quindi o è subliminale quell'antigene ovvero non lo possiamo snidare, stanare dal
sangue e questa quota subliminale è capace di stimolare la sintesi dell'anticorpo relativo
oppure è il fenomeno della memoria immunitaria del soggetto che può venire a contatto
con dosi infinitesimali di antigene, ma sufficienti a indurre una risposta più florida
dell'anticorpo anti E a dispetto di chi ne ha provocato la stimolazione.
Questa variante pre-core del virus B è dovuta alla mutazione del DNA virale in un punto
del gene del core dove la guanina viene sostituita dalla adenina e basta questa
sostituzione perché si interrompa il processo di trascrizione della informazione genetica e
perché si abbia una interruzione prematura della proteina pre-core (l'HBeAg) e quindi si
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interrompe la sua sintesi e secrezione; questo fenomeno può avvenire o spontaneamente
durante la replicazione di HBV o in un momento successivo, questa mutazione consente
la persistenza del virus e causa un decorso grave e prolisso dell'epatite cronica B.
Oltre che spontaneamente durante la replicazione del virus questa mutazione può
avvenire anche nei soggetti con epatite cronica da virus Wild, la cui condizione di
malattia può ad un certo punto virare verso il ceppo E-virus a causa dell'accumulo della
mutazione descritta nel genoma del virus residente nel fegato; più rara la comparsa della
mutazione nei portatori sani.
Il mutante pre-core è caratterizzato quindi dalla positivitá dell'HBsAg, dell'antiHBe e
dell'HBV-DNA, l'unica differenza rispetto al ceppo Wild è proprio l’assenza dell'antigene
E con contemporanea presenza dell'antiHBe. Ricordate che in questo caso l'HBV-DNA è
superiore a 100.000 copie/ml, le transaminasi possono essere o persistentemente elevate o
con andamento fluttuante, le fluttuazioni sono correlate alla produzione di HBV-DNA,
poi magari la replicazione si riduce e scendono entrambi i valori.
Se facciamo una biopsia epatica a questi soggetti abbiamo necroinfiammazione e fibrosi,
questi hanno una evoluzione più rapida verso la sclerosi epatica, fibrosi, cirrosi ecc.
L’immunotolleranza si può avere nell’infezione perinatale e condiziona poi lo stato di
portatore cronico del virus o asintomatico.
L'immunoclearance o immunoeliminazione caratterizza invece l'episodio acuto durante il
quale si puó avere o la sieroconversione da antigene E ad antiHBe e si ha il portatore
inattivo o asintomatico e le copie dell'HBV-DNA sono inferiori a 2000 UI/ml, le
transaminasi sono normali ed è possibile una scomparsa dell' HBsAg nell'1-2% dei casi
annuali spontaneamente. Se vi è la sieroconversione ad antiHBe si può avere o la
riattivazione da E ad AntiE e prende il nome di sieroreversione oppure si può avere la
variante pre-core.
Il soggetto che è HBsAg negativo potrebbe avere addirittura una riattivazione virale
perchè esiste il fenomeno della deposizione nel nucleo dell'epatocita di una frazione
genomica del virus B chiamato cccDNA. Questa è una riserva del genoma del virus che
se ne resta lì quieta quieta nascosta nel nucleo degli epatociti di un soggetto che può
essere anche HBsAg negativo e che può dare una riattivazione grave del virus nei
soggetti che sono immunodepressi da terapie oncologiche, reumatologiche, da farmaci
biologici.
Il soggetto che è portatore asintomatico, cioè immunotollerante, del virus alla biopsia
epatica presenta questi epatociti che sono un poco più lucidi definiti appunto cellule a
vetro smerigliato, che si differenziano da quelle che hanno il citoplasma più granuloso.
Esse hanno questo aspetto in quanto sono piene di HBsAg; questo (indicando il lucido) è
un piccolo focolaio di necroinfiammazione che è compatibile con una situazione
pressoché normale, un quadro pressoché tranquillo di un soggetto portatore cronico
asintomatico del virus B; anche con altre colorazioni oltre ad ematossilina-eosina
possiamo colorare il citoplasma e mostrare l'abbondanza di HBsAg.
Il cccDNA è una frazione genomica circolare dell'HBV-DNA che si trova nel nucleo
dell'epatocita e costituisce da un punto di vista genetico una riserva del virus e
caratterizza l’infezione occulta da HBV, detta occulta perchè nel sangue non troviamo
l'HBsAg, troviamo addirittura l'anticorpo anticore e addirittura qualcuno anche
l'anticorpo anti-HBs, ma soprattutto nel sangue di questi soggetti non vi é l'HBV-DNA,
questa condizione è rivoluzionaria rispetto a quello che abbiamo detto prima. Non tutti
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hanno questo particolare virus, si trovano in questo particolare stato ovvero presentano
questo CCCdna. Ma cosa significa da un punto di vista clinico avere o poter avere questa
riserva, significa poter avere la riattivazione del virus, ovvero questa piccola riserva è
capace di ricostituire la particella di Dane, il virus selvaggio. Se un soggetto che ha una
infezione occulta fa per altri motivi o altre patologie una chemioterapia o una terapia con
steroidi o con farmaci biologici, questi farmaci sopprimendo l’immunità favoriscono la
ripresa di questo virus permettendogli di replicarsi e il fegato e il sangue di questi
soggetti si ripopolano del virus. A causa dell'immunosoppressione non c'è necrosi
epatica, abbiamo solo la fase di replicazione del virus indotta da questi farmaci (pazienti
onco-reumatologici). Sotto l'effetto della terapia si ha la moltiplicazione del virus B senza
particolari effetti fino a quando si sospende la terapia e quindi l'immunosoppressione; la
ripresa di funzione dell'immunità trova l'organismo impregnato di virus e quindi si ha il
fenomeno di epatite virale. Non in tutti i soggetti possiamo sospettare l'infezione acuta, in
chi andiamo a sospettarla? Proprio in questi soggetti che fanno questa terapia
immunosoppressiva; per esempio un paziente con linfoma ha HBsAg negativo però ha
antiHBc positivo, questa é la spia che ci può far pensare di trovare il cccDNA, nel siero ci
vuole comunque una spia, perché se abbiamo tutto negativo non si pone il problema.
Se è presente questo anti-Hbc un contatto con il virus deve esserci stato, allora se sono
presenti nel siero anticorpi anti-Hbc e sono anticorpi di tipo IgG vuol dire che è
ipotizzabile che il soggetto posso avere questa forma genomica. Se questo soggetto
affetto da linfoma deve fare la chemioterapia si deve prevenire la possibilità di una
riattivazione del virus e di una necrosi epatocitaria quando, una volta sospesa la
chemioterapia, si riattiva l’immunità del soggetto. Per fare ciò bisogna dare a questo
paziente un antivirale a scopo profilattico quale la lamivudina (in passato); oggi si da o
tenofovir o entecavir, farmaci non rischiosi che non danno effetti collaterali se non in
maniera molto limitante e che sono dei potenti inibitori della replicazione virale.
Il paziente, pochi mesi prima della chemioterapia, deve cominciare la terapia con il
tenofovir o con l’entecavir (il nome commerciale del tenofovir è viread e quello
dell’entecavir è baraclude) che mi blocca la replicazione del virus, e la deve continuare
durante e anche per alcuni mesi dopo la fine della chemioterapia. Quando al termine della
chemioterapia si riattiverà l’immunità del soggetto essa non troverà il virus perché ne è
stata bloccata la replicazione con la profilassi antivirale.
Ci sono stati casi mortali di persone che hanno avuto un’epatite fulinante durante
trattamento per una leucemia o un linfoma perché l’ematologo non aveva ancora
assorbito questo concetto di fare profilassi.
Il virus delta (chiamato anche agente delta) è l’altro virus epatitico maggiore, anche se
viene considerato minore perché incapace di sintetizzare l’HBsAg e per poter sintetizzare
il mantello esterno, che è uguale a quello del virus dell’epatite B, ha bisogno della
presenza del virus B nell’organismo. E’ un virus piccolissimo, 35-37 nm, è un virus ad
RNA e presenta un mantello di HBsAg che gli viene fornito dal virus B ed è provvisto di
un antigene, l’antigene delta, contro il quale l’organismo sintetizza gli anticorpi della
classe IgM, che indicano la replicazione del virus, e della classe IgG che indicano
infezione pregressa. L’aspetto all’ultramicroscopio è piccolo, somiglia un po’ ai rotavirus
e al virus dell’epatite A, il diametro delle particelle è molto variabile. Si trasmette come i
virus B e C, ossia per via parenterale o parenterale inapparente. Avere un’infezione da
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virus delta non è un evento auspicabile perché visto che ha bisogno del virus B possiamo
avere 2 evenienze cliniche:
1. Coinfenzione con virus B: ci si può infettare contemporaneamente con il virus B e
con il virus delta e questo succede ovviamente in chi è esposto al rischio di
trasmissione virale per via parenterale o parenterale inapparente e la coinfezione
si ha nei soggetti che non erano infettati precedentemente con il virus B per cui è
facile adesso calcolare o prevedere quali sono i marcatori sierologici di questi
virus. L’HbsAg ci deve essere perché se c’è coinfezione significa che c’è
infezione acuta con virus B, HbeAg ci deve essere, anche gli anticorpi della classe
IgM anti-core e l’ HBV DNA. Questa infezione acuta con virus B si associa ad
un’ infezione altrettanto acuta con virus delta. I marcatori del virus delta sono
HDV-RNA, cioè l’acido nucleinico del virus, poi abbiamo gli anticorpi della
classe IgM contro il delta che poi virano verso quelli IgG. Possiamo avere anche
l’antigenemia delta, ma è così fugace che è difficilmente identificabile dalle
indagini di laboratorio.
2. Soggetto già portatore cronico asintomatico o malato del virus B ed allora, visto
che ha superato la fase acuta, non possiamo avere IgM anti-core però ha l’HbsAg
e l’HBV DNA. Il delta, che si sovrappone al B, è presente con il suo antigene
(quando lo acchiappiamo), con la viremia delta e con le IgM anti-delta e le IgG.
La domanda secca che uno vi fa è questa: che differenza c’è da un punto di vista
sierologico tra la coinfezione e la superinfezione.
Nella coinfezione abbiamo le IgM anti core perché il virus B si moltiplica
contemporaneamente alla moltiplicazione del virus delta.
Nella superinfezione il soggetto già ha fatto i conti con il virus B ed è rimasto o portatore
asintomatico o con una malattia cronica. C’è già un substrato virologico del virus B, su
questo substrato ci piove l’agente delta, il quale fa tutti i fatti suoi con la presenza delle
IgM anti-delta, la viremia, etc. però il soggetto manca degli anticorpi della classe IgM
anti-core perché la fase acuta ormai è finita. Però visto che un minimo di viremia c’è nel
soggetto portatore dell’infezione, il virus B è in grado di sintetizzare il mantello esterno
della particella virale delta che è l’HBsAg.
Quello che bisogna ricordare è che la sovrainfezione dà una marcia in più all’evoluzione
dell’epatite cronica da virus B. Nella superinfezione delta o nella coinfezione ovviamente
si può avere anche una evoluzione più grave della malattia.
Nella coinfezione B-delta abbiamo una malattia acuta spesso severa però si può avere una
guarigione da entrambe le infezioni nel 95% dei casi.
Nella superinfezione delta in portatori cronici asintomatici o malati si può avere
un’epatite fulminante molto più frequentemente (nel 6% dei casi) e una cronicizzazione
nell’80 % dei casi. L’epatite cronica B-delta è responsabile di forme severe di epatite
cronica. Le cirrosi giovanili, cioè maturate a 40-50 anni, spesso sono da superinfezione
B-delta.
Quando abbiamo i due virus abbiamo sia le IgM anti delta che le IgM anti core, poi con il
tempo calano gli anticorpi di replicazione di entrambi i virus, il soggetto sintetizza
anticorpi anti HBs e anti delta IgG e il soggetto guarisce perché si può guarire da
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entrambe le infezioni. Nella coinfezione i sintomi sono presenti, le transaminasi sono
elevate, l’HDV-RNA è presente nel siero così come è presente anche l’HBV-DNA. Nel
fegato troviamo il focolaio di necroinfiammazione e possiamo identificare i monociti e i
linfociti che hanno aggredito il virus. Nuclei un po’ più colorati sono quelli che
contengono l’antigene delta che si può anche evidenziare con tecniche colorimetriche
apposite.
L’altro virus responsabile di epatite acuta e cronica è il virus dell’epatite C, un virus che è
ad RNA e che appartiene ai cosidetti flavivirus. Esistono sei varianti genomiche del virus
C. Abbiamo un HCV-RNA a catena singola, abbiamo un core anche per il virus C e
abbiamo poi un envelope costituito da glicoproteine E1 ed E2. Il periodo di incubazione
del virus va da 5 a 12 settimane, quindi circa 3 mesi di incubazione. Si tratta di un virus
che ha le stesse modalità di infezione del virus delta e del virus B. La viremia è presente
nel sangue già 1-2 settimane dopo l’infezione e un mese prima dell’innalzamento delle
transaminasi. Quindi se uno si punge con un ago ed ha delle transaminasi normali dovete
comunque chiedere l’HCV-RNA perché può essere presente ancor prima dell’impennata
delle transaminasi. Un altro concetto da ricordare è che mentre l’anticorpo anti-HBs del
virus B, l’anticorpo anti-HAV del virus A e l’anticorpo anti-HEV del virus E sono
anticorpi protettivi, gli anticorpi anti-HCV non sono neutralizzanti cioè non neutralizzano
il virus, non hanno una funzione protettiva, spesso essi coesistono con la viremia. Questo
dimostra anche perché sia ancora difficile allestire un vaccino contro questo virus, a parte
il fatto che è un virus che muta facilmente. Nel mondo esistono più di 300 milioni di
portatori cronici con o senza malattia oltre che di virus B anche di virus C, quindi la
dimensione del problema del virus C è più o meno quella del virus B. L’Africa è il
continente dove più è endemica questa infezione che però non risparmia il bacino del
Mediterraneo e anche Stati Uniti e Canada. Da un punto di vista biologico possiede un
RNA a singola catena formato da 10.000 nucleotidi e 6 genotipi. Esiste una regione
genomica del virus C che codifica per le proteine strutturali del nucleocapside che sono
quelle identificate con la sigla C22 e un’altra regione genomica che codifica per gli
enzimi elicasi,proteasi, per altri antigeni come il C33,C10-3 e così via.
La classificazione più usata oggi è quella di Simmons che ha codificato le varienti
genetiche del virus C in 1A, 1B e 1C; 2A, 2B e 2C; 3A, 3B; 4A; 5A e 6A. Sono 6 varianti
genomiche con dei vari sottotipi.
In Italia è più diffuso il genoma HCV 1 (in Campania particolarmente l’1B), abbiamo
anche l’HCV 2 e l’HCV3; più rari sono gli altri genotipi.
La regione C del genoma del Virus codifica per la proteina C22-3 che è una proteina
strutturale e che viene sfruttata anche a scopo diagnostico ricercando gli anticorpi antiC22-3. Poi ci sono queste altre regioni genomiche che codificano per la proteina C33,
C70, C100.
Quando si ricerca l’anticorpo anti-HCV nel sangue, questo anticorpo è un anticorpo
contro queste proteine C22-3, C33, C100-3,5-1-1 e NSC (spero di aver capito bene tutte
le sigle).
Queste proteine vengono sfruttate come antigeni per i test diagnostici. In parole povere in
ogni reazione immunologica esiste il termine noto e il termine ignoto, che può essere
l’anticorpo che vogliamo cercare. Nella Widal-Wright il termine noto è la salmonella che
abbiamo nel laboratorio o la brucella, il termine ignoto è l’eventuale presenza di anticorpi
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contro il batterio. Allora noi cimentiamo il siero del paziente con il termine noto che è il
batterio. Nel caso specifico dell’epatite C noi abbiamo una striscia di nitrocellulosa con
gli antigeni che poi cimentiamo con il siero del soggetto. Se il soggetto è infettato dal
virus C avviene la reazione antigene-anticorpo, questi anticorpi vengono catturati
dall’antigene e quindi avviene la reazione di visualizzazione degli anticorpi.
Gli unici antigeni strutturali sono il C22, il nucleocapside e le proteine dell’envelope.
Gli antigeni non strutturali sono gli altri, sono antigeni solubili, questa è la differenza tra i
vari antigeni codificati dal virus.
E’ possibile oggi identificare l’HCV-RNA con la tecnica della PCR in real time ed
esistono due tipi di ricerca dell’HCV-RNA: quella qualitativa che mette in evidenza
semplicemente il virus e quella quantitativa che rileva anche bassissime concentrazioni
dell’acido nucleico del virus C nel siero o in altri liquidi biologici; la sensibilità arriva
fino a 30 UI/ml cioè anche piccolissime quantità di RNA presente nel sangue sono
identificabili con questa tecnica della PCR con un range di linearità che va da 30 a 200
milioni di UI/ml. Una PCR per la ricerca dell’HCV RNA viene considerata negativa se il
test è al di sotto di 30 UI/ml. Se superiore a 30 abbiamo pazienti a bassa, media e alta
viremia.
In Italia abbiamo circa un milione e mezzo di portatori del virus B e circa 2 milioni di
portatori del virus C con o senza malattia; modalità di contagio sono le stesse del virus B
e del virus delta.
Anche la chirurgia più pulita, un intervento di cataratta ad esempio, può trasmettere il
virus C. Paradossalmente un grosso intervento di chirurgia che prevede un
organizzazione della sala operatoria è meno rischioso che non un intervento di chirurgia
ambulatoriale al pronto soccorso o appunto un intervento di chirurgia pulita i quali
possono nascondere insidie di un possibile contagio con questo virus.
Una differenza che bisogna ricordare è che mentre l’epatite B nell’adulto cronicizza nel
5-10% dei casi (nel 90% dei casi nei neonati), l’epatite C cronicizza nel 40-50% dei casi.
Mentre l’epatite acuta nel virus B è spesso sintomatica, nel virus C l’epatite acuta è
spesso asintomatica per cui il riscontro di una infezione da virus C spesso è occasionale,
il paziente è raramente itterico. Solo i tosscicodipendenti e altre categorie possono avere
una fase acuta con evidente espressione dell’epatite C.
Il 50% delle epatiti croniche del virus C dopo circa 10 anni può sviluppare una cirrosi
epatica e anche la cirrosi epatica, come pure l’epatite cronica, può essere asintomatica.
Una caratteristica del virus C è la oligo- o asintomaticità dell’infezione rispetto al virus
B. In Italia il 70% delle epatite croniche è attribuibile al virus C, il 5% al virus B.
Cosa succede quando un individuo viene contagiato dal virus C? L’infezione può essere
subclinica, inapparente, in circa l’80% dei casi, in una percentuale dal 20 al 40 il paziente
può avvertire i sintomi dell’epatite acuta. L’epatite acuta può non guarire nel 50-70% dei
casi e diventare epatite cronica. E’ rara l’epatite fulminante da virus C. L’epatite cronica
è caratterizzata da un decorso apparentemente benigno-asintomatico in circa il 25% dei
casi. In altri casi invece l’epatite cronica evolve, dopo 10-15 anni, in una cirrosi epatica,
nel 15-20% dei casi e la cirrosi a sua volta può evolvere in epatocarcinoma con
un’incidenza di 1-4 casi per anno. L’epatocarcinoma frequentemente è dovuto all’epatite
C oltre che all’epatite B.
Anche per l’epatite C che tende a guarire si ha questa situazione che già abbiamo visto
per l’epatite B, l’HCV-RNA può essere presente ancor prima dell’inizio delle
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transaminasi, abbiamo l’impennata che può essere anche asintomatica e successivamente
dopo 10-15 settimane si ha la sintesi degli anti-HCV che non hanno un significato
protettivo e scompare dal siero l’HCV-RNA. Guarigione da epatite acuta C significa che
l’HCV-RNA non si ritrova più nel siero. Ci può essere in alcuni casi anche l’anti-HCV
presente che può essere una cicatrice immunologica, ma che non è associato alla viremia
nel soggetto che manca di HCV-RNA. In un soggetto che guarisce dall’epatite C, dopo i
sintomi scomparirà l’HCV-RNA; laddove invece il soggetto non guarisce e cronicizza ha
le transaminasi che continuano a fluttuare ed è presente ancora nel siero l’HCV-RNA
oltre all’anti-HCV.
Come si comportano le transaminasi in corso di un’epatite acuta o cronica da virus C?
Possono avere un diverso comportamento. L’andamento può essere monofasico con una
cupola e poi tutto finisce, possono avere un andamento bifasico o anche a yo-yo (sali e
scendi, nel soggetto che tende a cronicizzare) oppure possono avere un plateau a valori
più bassi, ma sempre alterati nel tempo. Nell’epatite acuta da virus C la bilirubinemia è
normale o poco alterata, le transaminasi si dice che nei soggetti affetti da epatite acuta da
virus C non tossicodipendenti e non alcolisti hanno un valore un po’ più basso che non
nei soggetti con epatite da virus B.
Quindi la prima norma di prevenzione per l’epatite C è la persuasione dei giovani al
rifiuto dell’uso delle droghe, soprattutto quelle per via endovenosa, evitare l’uso di
siringhe in comune nei soggetti già tossicodipendenti, evitare l’uso promiscuo di lamette,
rasoi, forbicine, spazzolini da denti, etc., non sono rischiose stoviglie, gli indumenti e non
sono rischiosi i normali rapporti sociali; quindi il soggetto portatore del virus C non è un
soggetto appestato che deve essere relegato oppure considerato pericoloso, soltanto il suo
sangue è contagioso e lo è molto meno che non nei rapporti sessuali, differentemente dal
virus B.
E’ possibile una trasmissione del virus C durante la gravidanza, l’incidenza è molto più
bassa e diventa più elevata nei soggetti che hanno contemporaneamente infezione da HIV
e HCV. 1/3 dei feti nati da donne portatrici del virus sono viremici entro le 72 ore dalla
nascita, i ¾ sono viremici al primo mese, però la maggior parte dei feti negativizza il
virus per cui il problema va anche un po’ ridimensionato per quanto riguarda la
trasmissione materno-fetale del virus ed è più probabile questa trasmissione se la viremia
materna supera le 600.000 UI/ml o nelle donne che hanno doppia infezione HIV-HCV.
La viremia materna non controindica la gravidanza, se una donna con virus C viene a
consulto e vuole avere un bambino la si deve avvisare di dare priorità alla gravidanza
perché anche un eventuale trattamento con interferone pregiudica il concepimento perché
c’è un rischio di embriotossicità.
Quindi lo screening per l’HCV è indicato soltanto nelle donne tossicodipendenti per via
endovenosa e nei trapiantati epatici. E’ possibile l’allattamento al seno per i bambini nati
da mamme con virus C se sono assenti condizioni tipo ragadi a livello del capezzolo e
non è indispensabile il taglio cesareo.
Anche per il virus C intervengono i bracci della immunità umorale mediata dai linfociti T
helper e dai linfociti B con la sintesi degli anticorpi e la clearance del virus circolante,
così come l’altro braccio rappresentato dai linfociti T citotossici che attivano la sintesi di
citochine che poi attraverso i fenomeni di apoptosi mediano la distruzione delle cellule
infette e la clearance del virus. Se questi 2 bracci dell’immunità, cellulare da una parte ed
umorale dall’altra, funzionano si ha l’eradicazione del virus. Se uno dei due bracci non
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funziona il concetto è lo stesso dell’epatite B (cronicizzazione), anche se con le dovute
riserve.
La profilassi specifica dell’epatite C non esiste, le gamma globuline non sono efficaci, il
vaccino è ancora in fase di studio. Quello che voi potete affrontare è questo: mi sono
punto con un ago mentre ero sulla spiaggia, ho inciampato su una siringa trovata per
strada, mi sono tagliato con un bisturi mentre operavo un soggetto affetto da epatite C.
Che devo fare? In caso di ferita con aghi o altro strumentario sospetto infetto fare uscire il
sangue, lavare, disinfettare e poi per sapere che cosa è successo fare un prelievo per la
ricerca di marcatori virali. Un chirurgo deve sapere chi opera, se non l’ha fatto prima di
operare un soggetto almeno lo facesse dopo, così da sapere se preoccuparsi o no perché
se il paziente del cui sangue si è contaminato il chirurgo è negativo per il B e negativo per
il C il problema non sussiste; se invece il paziente è portatore o del B o del C che cosa
bisogna fare? Al soggetto che si è punto si fa un prelievo al tempo 0 e si vede la sua
situazione com’è: se è già portatore del B o del C il problema non sussiste. Se tutto è
negativo si ripetono le transaminasi ogni mese per almeno 6 mesi, cioè per coprire il
periodo massimo di incubazione. Se dopo 6 mesi le transaminasi sono normali o, se uno
vuole essere proprio scrupoloso, gli anti-HCV sono assenti il discorso si chiude.
Ricapitolando un po’ tutte le epatiti:
nell’epatite A e nell’epatite E malessere generale, stanchezza, febbre, astenia, nausea,
vomito, inappetenza e ittero sono più frequenti.
Il virus delta da maggiori sintomi rispetto agli altri due, B e C.
Epatite B anche da malessere, astenia , nausea, etc. ma molto meno frequentemente
dell’epatite A ed E.
Epatite C da un certo senso di malessere ma spesso passa inosservata tranne che in
soggetti particolari dove la viremia è elevata.
La febbre è più presente nel’epatite A e nell’epatite E e l’ittero è più frequente
nell’epatite E che si trova in forme colostatiche nelle donne gravide che possono anche
morire per un’epatite fulminante. Il prurito è più frequente nelle forme colostatiche di
epatite E ma non disdegna le altre eziologie. L’epatite fulminante è assente nell’epatite A,
è più frequente nell’epatite E, nelle donne gravide soprattutto, epatite delta dal 2 al 17 %
può dare epatite fulminante, 0-1 % nell’epatite C, 1-3 % nell’epatite B.
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MALATTIE INFETTIVE
24/04/14
Prof.ssa Sagnelli
ENCEFALITI E MENINGITI
ENCEFALITI
Le encefaliti e le mieliti sono processi di infiammazione acuta del tessuto nervoso indotti da un patogeno o
da un evento flogistico. La cosa importante è che essendo vicine le strutture la flogosi può estendersi per
adiacenza alle meningi e potremmo avere una encefalo-mielite o una meningo-encefalo-mielite. Quindi
posso avere la fonte principale a livello dell’encefalo con disseminazione del patogeno e flogosi a livello
delle strutture cerebrali.
Se l’infezione è localizzata nel tessuto cerebrale (ad esempio un ascesso o anche nell’endocardite un
embolo che parte e che può dare un infarto cerebrale o una seconda localizzazione e quindi disseminazione
nel tessuto nervoso) e rimane circoscritta all’encefalo avrò una encefalite; se il patogeno e l’infezione
interessano meningi e parenchima avrò una meningo-encefalite; se la disseminazione continua e c’è
interessamento anche del midollo spinale avrò una nevrassite.
Le encefaliti sono causate da batteri e da virus con un quadro neurologico importantissimo. I patogeni
coinvolti a volte sono gli stessi delle meningiti. I virus sono diversi, i virus hanno trofismo per il SN, i virus
nella fase di immunodepressione possono riattivarsi come Citomegalovirus, EBV, Herpes Simplex, HHV-6 e
dare encefalite o meningite. Ci sono alcuni sottotipi peculiari di Adenovirus che danno encefalite. Forme
poco frequenti di encefaliti come l’encefalite di Saint Louis, l’encefalite Giapponese e l’encefalite di West
Nile sono causate da virus che fanno parte della famiglia dei Flaviviridae dove c’è anche il virus dell’epatite
C e il virus della dengue che hanno una sintomatologia completamente diversa e vanno ricordati perché la
diagnosi è più complessa a causa del difficile isolamento del virus rispetto a un batterio. Ci sono i virus della
rabbia, Echovirus, Coxsackievirus, Polivirus. C’è HIV che dà demenza cerebrale e anche encefalite. Ma alla
fine i più coinvolti sono i riattivati virus erpetici HSV, CMV, EBV e Polivirus, Coxsackievirus, Echovirus.
Clinicamente non ci sono differenze peculiari tra i vari virus. In relazione al quadro del paziente (quindi in
immunodepressione) alcuni patogeni possono dare infezione ed encefalite (l’immunodeficienza deve
essere ben etichettata cioè capire se è determinata da terapie con steroidi, da chemioterapia, in paziente
anziano o se è da AIDS o da sifilide). Oltre ai virus ci sono i funghi causa di blastomicosi, coccidioidomicosi,
criptococcosi protozoi Amebe, Tripanosoma ( può dare una encefalite che può volgere verso una
meningite definita cronica nel senso che porta a un lento coma) Naegleria, Acanthamoeba, Plasmodium,
Trypanosoma, Toxoplasma e batteri Rickettsia, Brucella, Leptospira, Neisseria, Micobatteri. La loro
frequenza è bassa ed associata a bambini e a immunodeficit. Possiamo avere nevrassiti dovute a
localizzazione del virus nel SNC che sono legate ad alterazione della sostanza bianca. Si possono avere nelle
fasi di acuzie dell’infezione e poi le altre nevrassiti importanti da ricordare sono quelle post-infettive e postvacciniche che se interessano il SNP possono dare la Sindrome di Guillain-Barrè.
Patogenesi. C’è infezione diretta del tessuto nervoso (neuroni, glia) con infiammazione ed edema tissutale
fino alla necrosi. La via di infezione è ematogena. I focolai possono essere respiratori (morbillo, parotite,
influenza, HVB, BK, criptococco), gastroenterici (enterovirus), cutanei (arbovirus, rickettsiae, tripanosomi,
piogeni), endocarditici (piogeni). Ci sono le infezioni per migrazione attraverso l’assone: rabbia, polio, HSV,
HVZ, amebe come Naegleria e Acanthamoeba che entrano direttamente attraverso il naso dopo aver fatto
il bagno in mare, nei laghi o nei fiumi di zone rurali). Ci sono le infezioni per contiguità: un focus vicino al
cervello (otiti, sinusiti), traumi o fratture (S. aureus, S. epidermidis), post-chirurgiche (S. aureus,
S.epidermidis). Ci sono infezioni da sala operatoria con patogeni multiresistenti. Per il trauma è
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fondamentale sapere la modalità con la quale esso si è verificato; basti pensare, ad esempio, a fratture del
naso oppure a fratture della base cranica con fuoriuscita di liquor a diretto contatto con patogeni della
cavità orale e delle vie aeree superiori. Anche per gli interventi chirurgici pensiamo a condizioni di
ipertensione endocranica con posizionamento di drenaggi esterni provvisti di valvole per il regolamento
della pressione che possono infettarsi (principalmente Pseudomonas). Un’altra condizione presente nel SNC
è l’encefalomielite acuta disseminata (ADEM) ad eziologia autoimmune, caratterizzata da un processo
infiammatorio e demielizzante. Nelle encefaliti post-infettive c’è infiltrazione perivascolare a livello dei
PMN, demielizzazione e il patogeno arriverà per via retrograda al SNC. I virus sono maggiormente coinvolti:
varicella-zoster, mumps, measles, rubella, influenza A e B che si risolve in pochi giorni quindi nonostante il
trofismo dei virus influenzali per il SNC l’encefalopatia non sarà clinicamente importante, il problema è la
nevrassite post-vaccinale. La patogenesi dell’encefalite è caratterizzata da infezione, flogosi diffusa,
alterazioni dello stato di coscienza e del comportamento. La flogosi se è a livello della corteccia focale può
dare convulsioni e anche core generalizzate. Con la necrosi neuronale avrò tutti i deficit correlati come
atassia, turbe dell’equilibrio, demielizzazione con deficit cognitivo-motori complessi. Dal punto di vista
clinico ho un insieme di sintomi di irritazione meningea ed encefalica associati alla febbre che è il sintomo
cardine dell’encefalite virale. In alcuni casi posso avere meningo-encefalite o interessamento midollare.
Segni e sintomi. I segni di sofferenza dell’encefalo sono convulsioni, turbe mentali, deficit di memoria,
alterazione dei movimenti volontari, aumento dei riflessi osteo-tendinei, positività del Babinski, l’emiparesi
e la paralisi. Posso avere edema e la sua compressione su altre strutture potrà dare ulteriori problemi legati
alla zona interessata. Nel momento in cui l’interessamento evolve verso la sofferenza mesencefalica avrò
paralisi dei nervi cranici, atassia e sintomi neurovegetativi. Per la sofferenza midollare avrò paralisi flaccida
e turbe della sensibilità. (NB. La paralisi flaccida sarà trattata anche in tetano e botulino quindi diagnosi
differenziale).
Per identificare la condizione cognitiva del nostro paziente c’è il Glasgow Coma Scale che va dallo stato di
coscienza, all’obnubilamento del sensorio iniziale, perdita di risposta a stimoli verbali e dolorosi, letargia,
sonnolenza, apertura dell’occhio, fino al coma ai quali si attribuisce un valore. Il punteggio totale va da 3 a
15 e già con uno score di 8 le complicanze sono importanti.
L’encefalite erpetica è una delle principali encefaliti. È dovuta ad HSP1. Frequente nel 2-3 % dei casi. Ha
una risposta alla terapia molto favorevole. Di norma coinvolge la sostanza bianca a livello del lobo
temporale. Il problema è che se acquisisco il virus nel momento in cui non ho ancora immunità allora la
mortalità è del 100% in assenza di terapia (encefalite neonatale). Il tasso di mortalità è del 70% se non
trattata in altri casi. Si tratta con farmaco in vena e se la terapia è cominciata precocemente è molto
efficace. Lì dove ci sono segni e sintomi si inizia con la copertura per l’encefalite erpetica (il farmaco è di
norma ben tollerato) e per l’encefalite batterica, si fa TAC e RMN, si valuta lesione e presenza di edema, se
è indicato o meno il trattamento con steroidi o mannitolo e si decide l’impostazione. Però il trattamento
antivirale e antibiotico nelle encefaliti, nelle meningiti e nelle endocarditi parte appena si è posta la
diagnosi clinica. Dopo aver fatto le indagini di laboratorio si inizia la terapia accurata. Può dare anche una
mielite trasversa con paralisi successiva e questa se non trattata non migliora. L’effetto virale è citopatico
con lesioni necrotico-emorragiche e induce attivazione del danno immunomediato. Si avrà perdita di
coscienza in ogni caso, febbre, alterazione della personalità di cui se ne accorgono i familiari, convulsioni
con eventuale polmonite ab ingestis, allucinazioni rare. La diagnosi è clinica. Nell’EEG ci sono alterazioni nel
lobo temporale >80% dei casi, complessi periodici lateralizzati, onde teta aumentate (le onde teta
aumentano anche in altre patologie come quelle da prioni che danno una sofferenza cerebrale) . La RMN e
la TAC sono fondamentali, la risonanza è più sensibile ma come prima indagine si fa la TAC perché meno
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costosa. Si valuta presenza di edemi o alterazioni a livello del parenchima. Per gli ascessi cerebrali è
importante il contrasto, per le lesioni calcifiche è meglio la TAC. La rachicentesi è fondamentale per
encefaliti e meningiti. Con questa valuterò l’aspetto del liquor, la cellularità, le proteine, il glucosio. Le
encefaliti hanno liquor limpido perché di norma sono di tipo virale, inducono richiamo di 5-100 linfociti e
monociti, possono o meno avere richiamo di proteine perché nelle infezioni virali la permeabilità della
barriera ematoencefalica non è aumentata come in quelle batteriche, essendo di norma virali il glucosio è
normale e la coltura aerobi/anaerobi è negativa. Posso chiedere al laboratorio: l’esame chimico/fisico, lo
striscio con la colorazione di Gram, le colture per batteri micobatteri virus e miceti, le colture in terreni
specifici per amebe e plasmodio della malaria, immunofluorescenza per le amebe, la colorazione india-like
per il criptococco, nell’encefalite post-infettiva le bande oligoclonali. Posso richiedere altri virus: simplex,
varicella-zoster.. cercando specificamente genoma virale. La terapia (acyclovir) è necessaria altrimenti si
muore. Come terapia di supporto per l’ipertensione endocranica dare diuretici osmotici e cortisonici,
monitorizzare le funzioni vitali, non somministrare mai ipnotici sedativi e antipiretici perché bisogna
valutare se con la terapia da noi somministrata il paziente migliora (quindi valutare sempre i farmaci assunti
prima del ricovero). Nel soggetto immunocompromesso si possono avere recidive con sviluppo di
resistenze e in questo caso si usano farmaci alternativi. Per gli altri virus che danno encefalite non c’è
terapia.
MENINGITE
È una emergenza medica importante e con una diagnosi precoce c’è possibilità di fare terapia già a casa. La
rapidità con la quale si arriva in ospedale è fondamentale. Nella maggior parte dei casi la terapia domiciliare
non si riesce a fare e si comincia a intervenire solo dopo conferma della rachicentesi. Il problema legato alla
rachicentesi è che a volte può risultare non diagnostica per la somministrazione di un antibiotico prima
della manovra chirurgica.
Ricordiamo come è fatto il SNC. Abbiamo le meningi: leptomeningi (pia madre e aracnoide) e
pachimeninge (dura madre). Queste avvolgono l’encefalo e lo proteggono dalla scatola cranica. Il liquor
dalle cisterne si diffonde a tutto l’encefalo occupando i venticoli cerebrali, lo spazio subaracnoideo e il
sacco durale del midollo spinale: porta nutrimento. La pia madre riveste la superficie dell’encefalo, il
midollo spinale e continua fino al IV ventricolo. Più esternamente si trova l’aracnoide. Infine la dura madre
aderisce al periostio, ai primi corpi vertebrali, protegge anche il cervelletto e la sella. Ci sono degli spazi tra
le meningi: spazio subaracnoideo, spazio subdurale e spazio epidurale. Quando ho maggiore infiammazione
e maggiore edema questi spazi vengono ad essere interessati. È importante sapere come sono fatti gli spazi
(rivedere anatomia, ndr).
Liquor normale. Facciamo in primis la rachicentesi. Questa si può fare da seduti o da supini in decubito
laterale (in caso di coma o in bambini di pochi mesi). Si valuta la pressione con cui il liquor esce: sarà 40
mmHg se si fa da seduti e 15 mmHg se si fa da supini. La differenza è la gravità. L’ago si inserisce tra L4-L5
prendendo come riferimento la cresta iliaca. La condizione ideale è quella da seduti perché facendo piegare
un po’ la schiena in avanti i processi si allontanano. Non bisogna assolutamente sedare il paziente. Le cose
importanti sono: l’aspetto limpido del liquor (in condizioni patologiche potrà essere limpido o torbido), la
proteinorrachia 20-30 mg/dl di cui albumina 10-25 mg/dl (in condizione normali la barriera encefalica non
fa passare le proteine, in particolare l’albumina per il suo maggiore peso molecolare, ma in un liquor
normale troviamo una piccola quantità di proteine perché pungiamo sotto la barriera), la glicorrachia 6070% del glucosio plasmatico, i leucociti < 5 cellule al microL.
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I patogeni coinvolti nelle meningiti sono batteri, virus, funghi, protozoi, elminti. Il decorso può essere acuto
e subacuto. Quello acuto è frequente di norma nelle forme batteriche, micotiche e virali. Il subacuto è
frequente nella tubercolosi, nella sifilide, nella brucellosi, nella criptococcosi. Anche il liquor avrà aspetto
diverso: è limpido nei virus, nelle leptospire, nella brucella e diventa torbido nei batteri, nei protozoi e nei
miceti. Quindi già dalla rachicentesi posso ipotizzare se il danno è dovuto a un virus o un batterio e
soprattutto, grazie alla storia clinica del paziente, posso ipotizzare anche il tipo in base all’età, alle infezioni
o agli interventi chirurgici recenti. Le parassitosi, come la malaria, si definiscono a decorso “cronico” con
riferimento non alla meningite ma all’infezione (quindi la meningite è acuta o subacuta, su qualche libro si
può trovare anche meningite cronica ma per la prof.ssa il termine cronico è riferito all’infezione, ndr). Le
subacute hanno una evoluzione lunga, si parla ad esempio di settimane per il micobatterio; si parla di anni
per la sifilide e per l’HIV (e quindi si capisce il significato di decorso “cronico” in questi casi). Per i batteri c’è
aumento di neutrofili e i tipi più coinvolti sono S. Pneumoniae, la N. Meningitidis, l’H. Influenzae. Invece
nelle infezioni asettiche che hanno sintomi di acuzie con aumento di linfociti troviamo i virus Enterovirus,
Herpesvirus e qualche batterio. Anche qui tra i protozoi troviamo Naegleria e Acanthamoeba. Per i funghi
oltre al Criptococco troviamo Candida e Mucor (la mucormicosi è un infezione che di norma prende i seni
mascellari, si diffonde alla mastoide e può coinvolgere il tessuto molle; si cura con l’intervento chirurgico
perché l’aggressività dell’infezione può portare anche alla scomparsa del tessuto osseo).
Patogenesi. La disseminazione è simile a quella dell’encefalite: per via ematogena, da focolai a distanza
(otite, sinusite) oppure da contiguità tramite gli spazi, per via retrograda. Però non dobbiamo pensare solo
al patogeno. Nelle rickettsiosi, nelle encefaliti anche le tossine prodotte possono indurre sintomatologia
meningea. La prima localizzazione è a livello della mucosa (parliamo di batterio in questo caso) con
sviluppo ad esempio di otite, sinusite, oppure formazione di un ascesso; segue la diffusione per via
ematogena, con batteriemia che può evolvere verso la sepsi, oppure diffusione per via linfatica; a questo
punto si ha la penetrazione e l’invasione della meningea con moltiplicazione di batteri (in questa seconda
localizzazione) che liberano alcuni componenti come LPS e peptidoglicani (a seconda se sono gram – o
gram +); ciò induce l’attivazione delle cellule infiammatorie con liberazione di IL-1 e TNF-alfa; tutte queste
citochine determinano flogosi, edema, ipertensione endocranica, alterazione del flusso cerebrale e danno
vascolare; infatti aumenta l’espressione di molecole di adesione per i neutrofili, aumenta la loro
degranulazione e si ha edema citotossico; questa infiammazione dello spazio subaracnoideo aumenta la
permeabilità della parete ematoencefalica permettendo il passaggio di albumina e l’edema citotossico
evolve verso l’edema vasogenico che induce aumento delle resistenze nell’assorbimento del liquor e quindi
si ha edema interstiziale; segue l’ipertensione endocranica e l’ipoperfusione cerebrale così da rendere il
danno completo. Per i virus il concetto è simile però dopo la penetrazione si ha la localizzazione a livello dei
neuroni, della glia e dei plessi carotidei ed essendo virus ho stimolazione di linfociti Th con produzione di IL6, IFN-gamma e il TNF-alfa.
Ci aiuta, nell’ipotesi del contagio e del batterio in questione, l’età del paziente.
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Tra 0-4 settimane: è una infezione connatale complicata o una infezione della madre trasmessa. S.
Agalactiae, E. Coli, S. Pneumoniae, L. Monocytogenes.
Tra 1-3 mesi: è una infezione da colonizzazione nosocomiale o causata da immunodeficit. E. Coli, H.
Influenzae, N. Monocitogenes.
Tra 3 mesi-18 anni: è una infezione a seguito di sinusiti otiti, di epidemie, di deficit del
complemento (condizioni patologiche che predispongono a reinfezioni, superinfezioni e recidive).
H. Influenzae, N. Meningitidis, S. Pneumoniae.
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Tra 18-50 anni: è una infezione causata da deficit del complemento c5-c8, da otite sinusite. N.
Meningitidis, S. Pneumoniae.
> 50 anni: è una infezione causata da immunodeficit, da diabete mellito, da alcolismo, da otite
sinusite. L. Monocytogenes, S. Pneumoniae.
Non età correlata: è una infezione a seguito di interventi neurochirurgici, di derivazioni ventricoloperitoneali, di endocarditi, di ascessi, nei bambini causata da interventi chirurgici per l’esportazione
di tumori quali gliomi.
Ricordiamoci che nel SNC ci sono meccanismi di difesa localizzati come la glia, l’astroglia. Queste sono
cellule presentanti l’antigene quindi possono fagocitare il patogeno che trovano e toglierlo dal circolo.
Anche queste cellule partecipano al meccanismo di infiammazione locale. Ricapitolando come
conseguenza della flogosi nello spazio subaracnoideo abbiamo l’inizio della vasculite cerebrale, in alcuni
casi ci può essere anche l’infarto cerebrale come complicanza, ci può essere edema per aumento della
permeabilità di membrana, ci può essere idrocefalo per aumento del liquor vista la difficoltà al
riassorbimento quindi edema interstiziale e infine aumento della pressione endocranica con riduzione
della perfusione e di conseguenza perdita di controlli.
Ora se ricordiamo i patogeni presenti nell’encefalite, oltre ai virus erpetici qui troviamo anche
Echovirus, Coxsackievirus e Poliovirus e come batteri rimangono quelli precedenti tra cui anche la
Chlamydia (c’è una polmonite da C. in età neonatale che si sviluppa nei primi giorni di vita e che evolve
in meningite).
MENINGOCOCCO. È un gram -, asporigeno, a chicco di caffè. Ci sono 12 sierotipi di N. Meningitidis.
Quelli più patogeni e che di norma danno meningite sono A, B e W135. È presente per il 25 % nel nostro
cavo orale e quindi in particolari condizioni di immunodepressione può diventare patogeno e dare
malattia. La mortalità è del 10 % e le sequele sono presenti nel 20 % dei casi. Ci sono delle zone
altamente endemiche e la stagione secca predispone a infezioni del tratto superiore che possono dare
complicanze.
S. PNEUMONIAE. Si trova nel 60 % della nostra flora batterica un po’ ovunque. La mortalità è del 30 %.
Induce infezione in quasi tutte le fasce d’età.
H. INFLUENZAE. Presente di norma nell’80 % dei bambini. L’età infantile è quella più coinvolta però
adesso c’è la vaccinazione. Rimane scoperta la fascia > 50 anni. Si può decidere di vaccinare in
prevenzione. Se una persona ha una co-patologia oltre a fare eventuale vaccino per l’influenza
bisognerebbe fare il vaccino per meningococco per pneumococco. Nei bambini si sceglie se vaccinare
per il meningococco.
I virus maggiormente coinvolti di norma sono gli ARBOVIRUS che hanno bisogno a volte di un vettore.
Clinica. Ci sono sintomi generali: ipertensione endocranica (cefalea, vomito cerebrale a getto non
associato a nausea o ingestione di cibo), sofferenza cerebrale, alterazione del sensorio, febbre elevata,
esantemi, manifestazioni a livello del sistema respiratorio e a livello gastrico. Nei neonati e nei lattanti
abbiamo agitazione, grido idrocefalico e tensione/turgore delle fontanelle. Negli adulti abbiamo
l’edema papillare. Poi ci sono tutti i segni di irritazione: posizione a canna di fucile, rigidità nucale,
rigidità del dorso (segno del treppiede di Amoss), positività del segno di Babinski, positività del segno di
Kerning. Ancora ci sono i sintomi di sofferenza corticale: convulsioni, core, spasmi, movimenti
automatici e problema di complicanze per polmonite ab ingestis. Alterazioni psichiche: stupore, delirio
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e coma (con il test visto prima). I segni sensitivo-sensoriali sono: fotofobia, ipoacusia, le vertigini,
iperestesia superficiale e profonda. Sia nelle meningiti che nelle encefaliti i pazienti sono facilmente
irritabili (anche la luce accesa diventa insopportabile). Come disturbi neurovegetativi ho:
dermografismo di Trousseau, stipsi, bradicardia, respiro di Biot (profonda inspirazione da fame d’aria
con seguente apnea che può durare diversi secondi), confusione. All’e.o. troviamo il 60 % di questi
segni. Altri segni di irritazione e rigidità delle radici spinali sono il segno di Bimba e la manovra di
Lesagé. Le caratteristiche cliniche della meningite da meningococco sono ad esempio lo stato settico e
il rush che arriva ad essere petecchiale. Ovviamente la meningite e la sepsi meningococcica hanno
caratteristiche diverse. Sicuramente nella meningite ho la rigidità del collo e della nuca, la nausea e la
mortalità è del 10 %; nella sepsi il danno vascolare porta allo shock e la mortalità è del 40 %. Nella
meningite tubercolare il decorso è subacuto, l’esordio insidioso e c’è compressione dei nervi cranici.
Nella meningite da criptococco c’è febbre e di norma gli altri sintomi possono anche mancare, qualche
volta c’è un po’ di cefalea o vertigine. Nel post-traumatico può fuoriuscire liquor con rino-otite. Nel
bambino c’è grido idrocefalico e la presenza della testa a ciondoloni, quindi abbiamo flaccidità e manca
la contrattura muscolare. Nell’anziano c’è letargia e può mancare la febbre.
Complicanze. Nessuna alimentazione, disidratazione (nel bimbo ci vuole una giornata), iponatriemia
con edemi, alterazioni della coscienza, alterazioni focali, ischemia, emorragie, ascesso cerebrale per la
seconda localizzazione dell’infezione.
Diagnosi. Rachicentesi ed e.o. Su liquor e su sangue si effettuano esami colturali. Però il sospetto clinico
ci sarà quando il paziente è febbrile, con rigidità nucale, alterato stato mentale o almeno 2 dei segni
clinici di questa triade classica.
Laboratorio. Fra i vari esami: ricerca degli antigeni dell’H. Influenzae, di N. Meningitidis, dei suoi
sottotipi A B C ed Y, di S. Agalactiae; analisi del liquor; esame diretto dopo colorazione di Gram; test al
latex per evidenziare gli antigeni di N. Meningitidis, H. Influenzae e S. Pneumoniae; esame colturale che
ha maggiore sensibilità; per i protozoi esame diretto; emocolture con 2 prelievi da sito a distanza di 15
min. per iniziare terapia anche se il paziente non ha febbre. Ci sono condizioni in cui non si può
effettuare la rachicentesi come alterazioni della coscienza importanti, immunodepressioni importanti,
convulsioni recenti, papilledema, problemi di coagulazione. Ci possono essere delle anomalie vascolari
per cui non è indicata la manovra.
Liquor. È torbido nei batteri e limpido nei virus, con neutrofili nei batteri e linfociti nei virus, le proteine
sono maggiori nei batteri, il glucosio nei batteri diminuisce drasticamente. Nella forma tubercolare ho
caratteristiche simili a quelle batteriche, ma il decorso è subacuto e cambia il liquor che è limpido.
Eccezione particolare sono gli ascessi in cui posso avere liquor limpido o torbido, ho richiamo solo di
neutrofili, il glucosio sarà normale ma le proteine saranno aumentate come nella batterica.
Solo con alcuni patogeni ci sono petecchie ed esantema come per la N. Meningitidis, alcuni Enterovirus,
H. Influenzae e S. Typhi.
La profilassi per N. Meningitidis è solo nei rapporti stretti entro 24 h dall’esposizione. Si fa con un
antibiotico che si prende per bocca, l’alternativa è il ciproxin. Il problema del vaccino è che non copre
tutti i sierotipi.
Per lo Pneumoniae c’è il problema delle sequele: sordità 30 %, paralisi 10 %, cecità, idrocefalo. C’è una
vaccinazione che si può fare contro lo Pneumoniae indicata nei bambini < 4 mesi. La vaccinazione è
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facoltativa. Il problema è che lo Pneumoniae diventa resistente quindi sarebbe preferibile evitare il
contatto. Il problema delle resistenze alla penicillina vede il laboratorio dare la MIC del farmaco che
devo somministrare per scegliere la terapia ideale. Le misure di profilassi: il paziente deve essere
isolato in stanza singola perché non so se è un patogeno che può dare epidemia, eventuale
individuazione di focolai epidemici per N. Meningitidis, l’immunoprofilassi attiva e la chemioprofilassi.
La vaccinazione dell’H. Influenzae è indicata < 5 anni e in condizioni a rischio come l’HIV.
La Listeria è più frequente nei bambini e negli anziani con una mortalità del 30 %. Pericolosa nel terzo
trimeste di gravidanza. La clinica è caratterizzata da convulsioni, atassia, tremori, nistagmo, paresi,
ascessi cerebrali.
Per le forme virali abbiamo: il Coxsackie è più frequente nei periodi estivo-autunnali e ha una letalità
del 10 %, gli Echovirus sono di norma benigni con piccole vertigini e piccoli esantemi, la parotite
epidermica, l’H. Simplex, il Criptococco, l’Aspergillo è molto raro.
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MALATTIE INFETTIVE
Prof. ssa Caterina Sagnelli
24/ 04/ 14
LE RICKETTSIOSI
La Rickettsiosi è una malattia infettiva causata da patogeni simil-batteri. Ha delle caratteristiche cliniche
peculiari con degli esantemi che spesso sono a carattere emorragico.
Abbiamo più tipi e più generi di Rickettsie. Sicuramente tra le più importanti ricordiamo gli agenti patogeni
della febbre bottonosa, della febbre da graffio di gatto, della peliosi epatica. Le Rickettsie hanno delle
colorazioni specifiche, possono essere dei bacilli corti con un filamento o possono essere dei cocco bacilli,
dei diplococchi e, proprio per queste caratteristiche, vengono definiti “simil-batteri”. Recentemente sono
state classificate come Gram- . Della famiglia delle Rickettsiaceae dobbiamo ricordare la sottofamiglia
Rickettsiae e da questa i generi più importanti Rickettsia e Coxiella (nella quale annoveriamo la Coxiella
burnetii). I diversi tipi di Rickettsiosi più importanti sono divisi in quattro gruppi:
il tifo, il tifo epidemico, la malattia di Brill-Zinsser, il tifo murino (che sono molto simili tra loro per
quanto riguarda le caratteristiche cliniche)
la febbre petecchiale, la febbre delle montagne rocciose, la rickettsiosi da zecche dell'est (che
hanno caratteristiche marcatamente emorragiche)
la febbre Q e la febbre delle trincee
la Ehrlichiosi (questa, in realtà, non è causata da Rickettsia, ma da Ehrlichia, un batterio simile alla
rickettsia trasmesso all'uomo dalle zecche)
Prima di tutto cerchiamo di capire alcune cose fondamentali sul ciclo vitale di questi patogeni. Sono
intracellulari obbligati, utilizzano un serbatoio animale e un vettore che infetta l’ uomo (quindi le
Rickettsiosi possono essere considerate delle zoonosi). Si moltiplicano per la maggior parte nella sede di
ingresso e qui provocano una lesione localizzata chiamata escara (che è fondamentale per la diagnosi).
Possono penetrare nella cute o nella mucosa, si moltiplicano nell’ endotelio, arrivano nei vasi sanguigni
provocando una vasculite. Questo è il motivo per cui abbiamo delle lesioni con caratteristiche emorragiche
come trombosi, infiltrazioni perivascolari, endovasculiti con rash e segni encefalici, gangrene della cute e
dei tessuti. Le Rickettsiosi sono patologie che possono evolvere, quindi, in gravi situazioni cliniche.
I vettori di norma sono diversi a seconda del tipo di Rickettsia e, in base al vettore, il patogeno può
replicare oppure no. La Rickettsia typhi, che è l’ agente patogeno del tifo murino, ad esempio, utilizza come
vettore la flea rodents. Ci sono molti studi che mettono in evidenza come la diffusione delle Rickettsiosi è
strettamente associata con la diffusione del vettore, questo perché se non abbiamo il vettore non vi è il
mezzo per trasmettere l’ infezione (una situazione simile la abbiamo anche nella dengue degli Arbovirus e
nelle Leishmaniosi).
Le Rickettsie necessitano di peculiari terreni di crescita, sono utilizzati per la coltura , infatti, il sacco
vitellino di embrioni di pollo e frammenti tissutali oppure viene fatta l’ inoculazione del patogeno nelle
cavie di topo. L’ infettività nell’ ambiente esterno, a differenza di quanto accade in altre zoonosi e
parassitosi, viene persa. E’ necessario fare diagnosi differenziale con le malattie esantematiche (anche
queste responsabili di lesioni emorragiche). Le Rickettsie presentano un DNA e una struttura antigenica
peculiare che è importante per la diagnosi. Questi antigeni possono essere solubili ed insolubili, hanno dei
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ceppi caratteristici OX19, OX2 e OXK che li rendono positivi alla reazione di Weil-Felix. Le Rickettsie, inoltre,
inducono la formazione di anticorpi anticoagulanti che fissano il complemento e che portano alla
formazione di immunocomplessi i quali precipitano portando ad una sintomatologia correlata al loro
deposito. Alcuni anticorpi di superficie specie-specifici si possono trovare con l’ immunofluorescenza, altri
possono essere identificati ed attivati nel sangue degli animali che fungono da serbatoio.
Le Rickettsie presentano un caratteristico ciclo di replicazione. Queste, infatti, entrano nelle cellule
endoteliali e vengono fagocitate (vengono riconosciute, incapsulate e incorporate). All’ interno della cellula,
essendo patogeni intracellulari, si replicano, successivamente, mediante la lisi della cellula, vengono
liberate a livello locale e vanno in circolo. La prima reazione che noi abbiamo è quella locale di replicazione.
Le Rickettsie non necessariamente determinano una lisi completa della cellula, possono anche fuoriuscire
per gemmazione.
Ogni Rickettiosi ha una diffusione in determinate aree del mondo. In America, ad esempio, è frequente la
febbre delle montagne rocciose, il tifo murino è diffuso un po’ ovunque, lo tsutsugamushi lo ritroviamo
maggiormente in Asia, in Africa e nelle isole del Pacifico. E’ indispensabile, come in tutte le malattie
parassitarie, all’ anamnesi chiedere al paziente se ha fatto un viaggio e dove lo ha fatto. Se questo è stato di
recente in una zona dove è presente il vettore con un determinato tipo di Rickettsiosi e io ho dei segni
clinici rilevanti per quella malattia posso fare diagnosi quasi con certezza.
Ci sono tanti tipi di artropodi vettori che si differenziano per forma e dimensione. Alcuni sono molti piccoli
e, quindi, non necessariamente ci si accorge della loro puntura. La localizzazione principale del patogeno,
come abbiamo detto, è a livello del punto di inoculo dove replica, induce una vascolopatia localizzata e la
formazione di un’ escara. Come prima cosa, quindi, è necessario individuare questo punto di inoculo
ricercandolo tra le zone esposte come la faccia, il collo, le braccia, le gambe, il torace, la testa (tra i capelli).
Altre volte la zecca, che si nutre di sangue, può essere così piccola da riuscire ad entrare in un vaso, quindi
potremmo non trovarla. Se si trova la zecca si trovo il patogeno e si riesce, così, a capire che tipo di
Rickettsia ha causato l’ infezione. Quindi, come le persone che vivono in campagna sanno, quando si viene
punti non bisogna schiacciare o togliere la zecca, ma bisogna prendere l’ artropode delicatamente con la
pinzetta, metterlo in un barattolino ed andare al pronto soccorso anche perché non è detto che la
sintomatologia insorga subito, si può avere anche dopo un lasso di tempo più lungo. Se non si riesce a
conservare la zecca, perché ad esempio non ci accorgiamo della puntura, la diagnosi della malattia risulta
più difficile. In questo caso bisogna utilizzare l’ anamnesi ed in particolare l’ anamnesi epidemiologica.
Azioni come andare in bicicletta per sentieri montani o a cavallo (è importante analizzare gli animali con cui
si è entrati recentemente a contatto) espongono a rischio.
La zecca presenta un peculiare ciclo di replicazione. La zecca femmina produce le uova, queste uova
maturano e si trasformano in larve, dalla larva origina la ninfa che può maturare nella zecca maschio o in
quella femmina. Non solo la zecca punge, anche la larva e la ninfa sono in grado di farlo e, poiché queste
sono più piccole, più facilmente invadono il torrente ematico e potremmo non trovarle. Le zecche possono
pungere anche gli animali creando a livello della puntura una zona di necrosi, gli animali infetti a loro volta
possono fungere da serbatoi per la trasmissione dell’ infezione all’ uomo.
La Rickettsia rickettsi è l’ agente patogeno della febbre delle montagne rocciose, presenta tropismo per le
cellule endoteliali dei piccoli vasi, si moltiplica per scissione binaria, nel citoplasma delle cellule endoteliali
in cui è penetrata, fino a provocare la rottura della cellula. Libera un’ endotossina che è responsabile di una
vasculopatia locale a livello cutaneo e che, se entra in circolo, può causare danni al SNC e a livello renale.
Tra le caratteristiche cliniche che sicuramente ci dobbiamo ricordare vi sono: l’ esantema (che è
prevalentemente di natura emorragica), le petecchie e la porpora (a causa dell’ endotossina responsabile
della vasculopatia locale), la piastrinopenia, la riduzione del fibrinogeno e l’ aumento del tempo di
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protrombina (perché abbiamo un’ alterazione di alcuni fattori della coagulazione e un richiamo locale di
piastrine).
La Rickettsia prowazekii è l’ agente patogeno del tifo esantematico, ha come ospite naturale l’ uomo e
come vettore i pidocchi. Ha un periodo di incubazione di 8 – 15 gg. Poiché il vettore è il pidocchio non
ritroveremo l’ escara nel punto di inoculo. Vi sono altri tipi di Rickettsiosi, come la febbre delle montagne
rocciose, in cui tuttavia l’ escara può essere assente. La lesione esantematica petecchiale è, invece, sempre
presente (tranne nella febbre Q in cui non vi è danno dell’ endotelio). Nella febbre Q l’ ospite è il
mammifero e il periodo di incubazione è di 20 gg. Nella febbre quintana, invece, il periodo di incubazione
dura addirittura un mese e questo rende più difficile correlare la sintomatologia alla diagnosi perché molto
spesso ci si dimentica di essere stati punti.
Per fare diagnosi, come abbiamo già detto, molto importante è la reazione di Weil-Felix che identifica la
presenza di determinati antigeni (OX19, OX2 e OXK) e che di norma è positiva nella febbre bottonosa e
nella febbre delle montagne rocciose. Spesso risulta positiva anche nel tifo murino (soltanto OX19) e nello
Tsutsugamushi (solo OXK). Il dato epidemiologico è un altro importante fattore nella diagnosi che da un
lato ci aiuta, ma dall’ altro lato ci complica la vita. In Italia, infatti, la Rickettsia conorii è il patogeno più
frequente, ma ciò non esclude la possibilità di trovare, soprattutto a causa di viaggi all’ estero, altri tipi di
Rickettsie. Storicamente in Italia le Rickettsiosi più importanti sono la febbre bottonosa (o febbre del
Mediterraneo), il tifo murino ed il tifo esantematico. Il tifo esantematico, indotto da Rickettsia prowazekii e
trasmesso dai pidocchi, risulta spesso legato, nel corso della storia, alle guerre a causa dei viaggi all’ estero
che i soldati facevano spesso anche in stretto contatto con animali. Si sono registrati 4 casi tra l’ ’89 e il ’90
e un ultimo caso a Verona nel ’93. I pidocchi vivono tra i vestiti, di norma si trovano in condizioni di scarsa
igiene e di povertà e vivono bene durante la stagione fredda. La riattivazione e la recrudescenza della
Rickettsia prowazekii possono provocare la malattia di Brill-Zinsser.
La febbre bottonosa, o febbre del Mediterraneo, è provocata dalla Rickettsia conorii e presenta come
vettore la zecca del cane o del topo. E’ trasmessa da animali selvatici o domestici, l’ uomo funge da ospite
occasionale. Tra le caratteristiche cliniche di questa malattia ricordiamo: la febbre, l’ esantema maculopapuloso petecchiale, la tache noir (lesione cutanea eritematosa in corrispondenza del morso della zecca).
Spesso sono le larve, grandi poco più di un millimetro (la zecca matura misura circa 5 mm), a pungere ed
inoculare la Rickettsia. Queste larve, poiché piccolissime, possono entrare in circolo facilmente. La febbre
bottonosa è diffusa lungo tutto il bacino del Mediterraneo, tuttavia si sono registrati casi anche in Austria
(correlati alla Rickettsia australis) e in Siberia (con la Rickettsia siberica). I serbatoi sono animali domestici o
selvatici come cani, roditori, ovini, caprini, bovini e, occasionalmente, conigli e lepri. In Italia la febbre
bottonosa è frequente principalmente sulle isole (Sicilia e Sardegna), in particolare nelle zone rurali. Nel
cane la massima infettività si registra entro 12 gg e la Rickettsia persiste per circa 18 mesi durante tutto il
ciclo vitale della zecca. La zecca, infatti, durante tutto il ciclo vitale, continuerà a deporre uova infette che
riescono a resistere anche in un ambiente sfavorevole (con basso tasso di umidità, temperature non
opportune ed esposizione ai raggi solari). E’ importante cercare di distruggere il vettore prima che inoculi il
patogeno. A tal scopo in passato sono state fatte delle bonifiche con il DDT. Oggi questo, data la sua
tossicità, non viene più usato, ma vengono utilizzati altri prodotti che spesso agiscono su roditori e uccelli. Il
problema della distruzione del vettore, tuttavia, non è stato estirpato data la presenza di grosse aree non
coltivate che non sono controllate e a causa del fenomeno del randagismo animale. Il periodo di maggiore
diffusione della malattia è tra Luglio e Settembre a causa delle condizioni climatiche favorevoli alla
replicazione del vettore e alla maggiore esposizione (più facilmente si organizzano viaggi o scampagnate
fuori). In Italia i casi di febbre bottonosa registrati nel 2002 sono stati 890. La porta di ingresso della
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Rickettsia è nel 90% dei casi la tache noir e nel 10% dei casi la congiuntiva. Il danno è a livello delle piccole
arteriole capillari con una vascuilte acuta generalizzata. Clinicamente, come abbiamo già detto, avremo
febbre, esantema, cefalea e vertigini (a causa delle tossine liberate), mialgie (per la precipitazione a livello
del distretto muscolare degli immuocomplessi formati da antigeni specifici della Rickettsia e da anticorpi).
Spesso nei bambini ritroveremo anche sinoviti (dovute sempre al deposito di immunocomplessi). E’
importante, quando si presente un esantema, fare diagnosi differenziale con le malattie esantematiche
soprattutto quando non è visibile il punto di inoculo. La febbre bottonosa presenta caratteristiche cliniche
differenti tra l’ adulto ed il bambino. Febbre, esantema e tache noir sono presenti in entrambe le categorie
di soggetti; cefalea intensa, altralgie e mialgie sono molto più frequenti nell’ adulto rispetto al bambino;
danno epatico e danno splenico, provocati dalle tossine, sono prevalenti nel bambino. Quest’ ultima
considerazione è molto importante poiché indica che il bambino deve essere monitorato più da vicino
rispetto all’ adulto.
La diagnosi della malattia è supportata da diversi tipi di criteri:
criteri epidemiologici. Questi sono legati alla stagione, alle zone endemiche, al contatto con animali
come cani e roditori
criteri clinici (come la presenza di febbre, esantema, tache noir). Con due o tre criteri clinici si può
già orientare la diagnosi, se si trova la zecca la diagnosi è certa.
criteri biologici. A causa dell’ interessamento epatico vi sarà un’ ipertransamminasemia (che
solitamente non è molto elevata).
criteri batteriologici. Si rileva la presenza della Rickettsia facendo una biopsia cutanea o un prelievo
di sangue.
criteri sierici. Si valutano le IgG nel campione di siero, il titolo di queste, per avere significatività,
deve essere maggiore o uguale a 1 : 128. Si misurano sia le IgM che le IgG ed è necessario fare più di un
dosaggio. Si dosa almeno un secondo titolo a distanza di 15 gg questo perché è necessario valutare se si è in
una fase acuta dell’ infezione, in una fase di risoluzione o se vi è una riacutizzazione. Durante un’ infezione
acuta, infatti, in prima istanza vengono montate le IgM, dopo 7 gg si inizia a produrre IgG. In questa fase nel
siero saranno presenti sia di IgG che di IgM. Gli anticorpi fanno una specie di “curva”. Al tempo 0 avremo la
presenza contemporanea delle due immunoglobuline e questo indica che c’è stata un’ infezione acuta e che
l’ organismo sta cercando di risolvere questa infezione e montare l’ immunità permanente delle IgG. Una
sola determinazione non ci permette di capire le IgM a che punto della loro curva si trovano (importante
per comprendere in che fase della malattia siamo) e quindi se ci troviamo nella fase del plateau delle IgM o
se queste stanno calando di titolo. A 15 gg di tempo, se facciamo una misurazione, ci troveremo in una
situazione per cui le IgG saranno aumentate e le IgM saranno diminuite (rispetto ai valori al tempo 0) fino a
registrare una completa scomparsa delle IgM e una stabilizzazione nel tempo delle IgG nelle misurazioni
successive. Tutto questo vale, ovviamente, per qualsiasi malattia. Importante è anche il problema delle
riattivazioni. Se un patogeno in un organismo si riattiva (come può accadere, ad esempio, quando vi è una
condizione di immunodeficienza) le IgG da una condizione di stabilità inizieranno lentamente ad aumentare
e le IgM verranno prodotte nuovamente. Nelle riattivazioni quindi avremo la presenza sia di IgM che di IgG
(come nella fase acuta delle infezioni) e questo vale non solo per le riattivazioni, ma anche per le reinfezioni
e nelle sovrainfezioni. Potremmo infatti avere un sottotipo diverso di Rickettsia che infetta nuovamente l’
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organismo e che presenta antigeni comuni alla Rickettsia che ha infettato l’ organismo in fase iniziale. In
questo caso saranno già presenti IgG attive contro questi antigeni e l’ infezione sarà meno grave.
La febbre bottonosa ha un’ incubazione di circa 6-8 gg e presenta, spesso, un esordio con febbre e brividi.
Altri sintomi e segni clinici saranno cefalea, congiuntivite, artromialgia, epatosplenomegalia e
obnubilamento del sensorio se le tossine vengono prodotte in grosse quantità. La febbre può essere
continua o con remissione mattutina, solitamente è associata al fenomeno di lisi cellulare dovuto alla fase
di replicazione della Rickettsia e, quindi, potremo ritrovarla anche dopo 10-20 gg (a seconda di quando
avviene la replicazione del patogeno). Possiamo avere la tache noir (una piccola ulcerazione che di norma
dura circa 1 settimana) con una zona di necrosi centrale e spesso associata ad un’ linfoadenite satellite. La
tache noir non sempre c’è/non sempre è visibile, spesso, infatti, è presente solo un’ esantema e questo
complica la diagnosi. La febbre bottonosa può presentarsi anche con rigidità nucale provocata dalle tossine
prodotte dalla Rickettsia perché queste provocano un’ alterazione della permeabilità della barriera ematoencefalica. Questa modifica della BEE comporterà un richiamo di albumina e, tramite diversi meccanismi,
un’ irritazione delle meningi, per questo motivo avremo i sintomi definiti “meningei” come la rigidità nucale
(è un meccanismo analogo a quello delle meningiti).
Tra gli esami di laboratorio, per la diagnosi della febbre bottonosa, oltre al dosaggio delle transaminasi, di
cui abbiamo già fatto cenno, vi sono anche gli indici di citolisi (come l’ aumento dell’ LDH) e l’ iponatremia.
Per quanto riguarda le complicanza della malattia sicuramente tra le più pericolose è da ricordare la CID
(coagulazione intravascolare disseminata) che provoca fenomeni ischemici principalmente a livello
cerebrale, renale e cardiaco. Per la febbre del Mediterraneo possiamo considerare alcuni “fattori
prognostici sfavorevoli” quali diagnosi tardiva, alcolismo, età avanzata del paziente, presenza di comorbilità
come insufficienza renale o cardiaca, immunodepressione. La presenza di uno o più di questi fattori è
correlata con una patologia più aggressiva che spesso si può presentare con meningite, insufficienza renale,
complicanze a livello cardiaco e polmonare, rabdomiolisi. Nelle forme più gravi possiamo avere anche uno
squilibrio elettrolitico che porta ad un’ alterazione dell’ omeostasi e alla formazione di eruzioni cutanee
pruriginose e vescicole. La prevenzione della malattia è, ovviamente, il cercare di evitare il contatto con la
zecca. La terapia consiste nell’ utilizzo di un semplice antibiotico (doxicilina o, in alternativa, altri antibiotici
utilizzati più comunemente come la levofloxacina e il ciproxin). La prognosi, se si arriva precocemente alla
diagnosi, è favorevole eccetto che per gli anziani, i defedati e gli alcolisti che possono presentare un quadro
clinico più importante.
Quando parliamo di tifo, principalmente tifo murino, parliamo di un gruppo di malattie provocate da
Rickettsie (tramite acari, pulci o zecche che fungono da vettori) che hanno una caratteristica patogenesi
con invasione e localizzazione intracellulare del patogeno, alterazione dei grossi vasi e delle regioni perivascolari, fenomeni trombotici e necrotici, rottura delle pareti endoteliali e piccole emorragie. Al gruppo
del tifo appartengono le Rickettsie typhi, canadensis e prowazekii.
Il tifo europeo (o esantematico) è causato, come abbiamo già visto, dalla Rickettsia prowazekii veicolata dai
pidocchi. La forma clinica più caratteristica di questo tipo di tifo è la malattia di Brill-Zinsser dove il rash
cutaneo non è molto frequente, ma la prognosi è molto favorevole (mancano complicanze come CID e
alterazioni vascolari altamente distruttive) e la mortalità è nulla.
Il tifo murino (o endemico) ha come serbatoio il ratto e un periodo di incubazione di 7-14 gg, E’ provocato
dalla Rickettsia typhi o, meno frequentemente, dalla Rickettsia mooseri ed ha una sintomatologia
caratterizzata da cefalea, febbre della durata di circa 10 gg (con recrudescenze in correlazione con i
fenomeni di lisi cellulare), rash (che nel 60% dei casi manca), mialgie, artralgie e tutto quel corteo di sintomi
che abbiamo visto per le malattie precedenti. Possiamo avere un coinvolgimento polmonare con tosse
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secca e stizzosa. Gli ultimi casi di tifo murino sintomatico si sono registrati in Italia nel ’91, tuttavia frequenti
sono i casi di tifo murino asintomatico che si registrano attualmente (principalmente in Sicilia). La terapia
prevede l’ utilizzo di antibiotici diversi da quelli utilizzati per la febbre bottonosa.
Il tifo da acari (o Tsutsugamushi) è frequente soprattutto in Giappone, presenta come vettore il cyclops che
infetta il ratto. Ha un’ incubazione di una settimana, si presenta con eruzioni cutanee e rash, febbre elevata
e, nei casi più gravi, con complicanze cardiache, delirio, stupore e coma. La profilassi prevede l’ utilizzo di
repellenti e insetticidi per eliminare il vettore.
La febbre Q, causata da Coxiella burnetii viene trasmessa tramite zecche e può infettare uccelli, mammiferi,
altri artropodi e l’ uomo. La trasmissione della malattia, a differenza delle altre Rickettsiosi, può avvenire
non solo a causa della puntura dell’ artropode, ma anche stando a stretto contatto con animali infetti
(principalmente per ingestione di latte o per via inalatoria). La moltiplicazione della Coxiella avviene nei
macrofagi all’ interno del fagosoma. L’ incubazione è caratterizzata da un periodo che dura dai 9 ai 28 gg, l’
esordio è improvviso e brusco. Clinicamente la malattia può colpire diversi organi come il polmone,
provocando una polmonite interstiziale, o il fegato portando alla formazione di un granuloma (che andrà in
diagnosi differenziale). Si possono, inoltre, avere cefalea alterazioni dell’ immunità cellulo-mediata e del
respiro. Casi gravi di febbre Q si hanno quando vi è un consolidamento della malattia a livello polmonare
con rischio di una sovrainfezione batterica. L’ epatite, solitamente importante, ha un’ incidenza di 1 su 3
casi. La terapia prevede l’ utilizzo di un antibiotico (tetraciclina), ma non sempre porta alla completa
risoluzione del quadro patologico. Indispensabili per la scelta e la modifica della terapia sono gli esami di
laboratorio (in particolare la valutazione del titolo anticorpale).
Accanto alle Rickettsiosi, inoltre, dobbiamo affiancare le Ehrlichiosi provocate da Erlichia. Questo patogeno
ha un ciclo vitale lievemente diverso rispetto alla Rickettsia: viene inglobata all’ interno della cellula,
moltiplica all’ interno di una vescicola neoformata e fuoriesce dalla cellula per gemmazione provocando lisi
cellulare.
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Malattie infettive 28-4 Prof. Pasquale
EPATITE CRONICA
Le epatiti croniche virali, sono responsabili di un’infiammazione cronica del
fegato. Queste possono esser causate dal virus dell'epatite B,dal virus delta
dell'epatite D e dal virus dell'epatite C . Quando è che si sospetta un'infezione
cronica virale ? Quando le transaminasi sono persistentemente alterate o
fluttuanti per almeno 6 mesi consecutivi. L’ iper-transaminasemia
raggiunge valori non elevati come nelle epatiti acute, attestandosi su valori da
2 a 4 volte il valore normale , questa persistenza di una elevazione costante o
fluttuante delle transaminasi sieriche esprime un processo infiammatorio
cronico a carico del fegato , onde la definizione di epatite cronica come
processo infiammatorio del fegato che dura senza miglioramento da almeno
6 mesi come testimoniato dalla ipertransaminasemia protratta. Se oltre a
questo troviamo nel siero i markers di infezione da virus HBV, delta, HCV
possiamo dare una responsabilità eziologica alla ipertransaminasemia , e
quindi diciamo epatite cronica da virus B , C o delta o Bdelta come nella
superinfezione . Altre cause di epatiti croniche sono : abuso di alcool , cause
metaboliche (emocromatosi --->accumulo di ferro, morbo di wilson--->
accumulo di rame ,o pazienti con deficit di alfa1-antitripsina), autoimmuni
(delle quali sono espressioni la presenza nel siero di autoanticorpi non
organo specifici come gli Ana, Sma ,che caratterizzano le epatiti autoimmuni
di tipo 1, gli anti LKM che caratterizzano le epatiti autoimmuni di tipo 2 e gli
antigeni solubili epatocitari che caratterizzano le epatiti autoimmuni di tipo 3),
farmaci e infine cause criptogenetiche . I virus responsabili di epatite posso
agire o da soli o in associazioni, ad esempio un soggetto può avere l’epatite
cronica da virus delta o da tutti e 3 i virus o averli in successione ,come
accade alle persone che per il loro stile di vita sono esposte a più occasioni di
contagio per via parenterale . L'infiammazione del fegato e la persistente
ipertransaminasemia sono espressione della persistente infezione virale , se
il virus non persiste nel fegato è improbabile o impossibile che esso sia
responsabile dell'infiammazione o dell'ipertransaminasemia ,quindi la sua
presenza e replicazione è una conditio sine qua non ci sarebbe l’epatite
cronica virale. Nel caso che il virus ci fosse ma non si replicasse avremmo
una condizione di portatore asintomatico del virus . La persistente infezione
virale, associata alla replicazione del virus, è responsabile di una riposta
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infiammatoria di tipo immunitario da parte dell'organismo .Perchè avviene
questa risposta ? Avviene nel tentativo di eliminare gli epatociti infettati dal
virus . La risposta immunitaria nell'epatite cronica a differenza di quella acuta
non è in grado di eliminare tutti gli epatociti infetti, ne di neutralizzare il virus
con gli anticorpi perchè abbiamo una risposta inefficiente in uno dei 2 bracci
dell'immunità umorale o cellulare o in entrambi, per cui l'infezione persiste e il
virus si può trasmettere da un epatocita infetto a uno sano e così si perpetua
la replicazione virale e l’ infiammazione .In questo modo l'infiammazione può
evolvere dando forme più severe di epatite cronica fino all'evento terminale
non reversibile, la cirrosi epatica . L'infiammazione del fegato non è altro che
l'espressione anatomopatologica del tentativo di eliminazione degli epatociti
infetti ,essa non è fine a se stessa ma espressione dei fenomeni immunitari
inefficienti che cercano di eliminare gli epatociti infetti . Quindi l’infiammazione
è espressione del danno epatico , il danno epatico si esprime con la necrosi
epatocitaria e quindi con l'aumento delle transaminasi sieriche espressione
degli epatociti distrutti dal meccanismo autoimmunitario e con la
contemporanea infiammazione linfo-monocitaria.Gli elementi
dell'infiammazione del fegato durante l'epatite cronica non sono i linfociti
polimorfonucleati cioè i neutrofili ma sono i linfociti e i monociti e
occasionalmente le plasmacellule . L'espressione morfologica del danno
anatomopatologico in corso di epatite cronica è espresso dalla necro
infiammazione. Questa da vita a un processo fibrotico che porta alla
distorsione dell'architettura lobulare del fegato. La fibrosi epatica è un
processo attivo legato alla capacità fibrogenetica delle cellule di Ito (dette
anche cellule stellate) situate negli spazi di Disse dei sinusoidi epatici. Questi
stimolati dalla necrosi epatocitaria e dalle linfochine producono in maniera
attiva il collageno di vario tipo che costituisce la matrice extracellulare .
La percentuale di coinvolgimento dei virus epatitici nella eziologia delle epatiti
croniche è dato per il 49% da HCV,per il 9% da HBV, mentre tralasciando le
cause virali un buon 20% è dato dall'alcool . La progressione dell'infezione
virale in cronicità per quanto concerne il virus B si attesta sul 95 % se il virus
è acquisito nell'infanzia, quando c'è un'immunità poco matura , ma nell'età
adulta un’infezione da virus B è seguita solo nel 5% da una progressione in
cronicità ; per l'epatite delta la superinfezione è responsabile nel 70% dei casi
di cronicizzazione della infezione da virus B-delta ,mentre nella coinfezione
meno del 5% dei casi evolve in cronicità. Per quanto riguarda l'eziologia
dell’infezione da virus C una volta era imputabile alle trasfusioni di sangue
oggi con lo screening più serrato del donatore questo non è più vero , ed è
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più frequente l'infezione sporadica ,anche da cause non identificabili . Quindi
oggi l'epatite cronica da virus C è dovuta a un'infezione parenterale
inapparente , altre cause possono essere interventi di microchirurgia, oppure
piercing, tatuaggi ecc .
L'infezione cronica a sua volta si distingue in infezione HbeAg positiva che
evolve in epatite cronica “e” positiva con possibile siero conversione in anti-e,
ed epatite cronica HbeAg negativa se avviene la variante “e” virus . La siero
conversione da “e” ad anti-e può caratterizzare lo stato di portatore inattivo
del virus HbsAg con siero conversione ad antiHbe, quindi questo soggetto è
portatore del virus per tutta la vita oppure può avvenire in circa il 5% dei casi,
la clearance dell'HbsAg, il virus si può liberare dell'HbsAg ma, vi può anche
essere la recrudescenza dell'infezione in circa il 20% di questi portatori o da
parte del ceppo wild quello “e” secernente o perchè è intervenuta la variante
e-virus. Quando avviene la sovrainfezione delta in un portatore cronico
HbsAg è frequente la cronicizzazione ; il soggetto ha le transaminasi alterate
,presenta l'HbsAg perchè è portatore del virus B ma, vi è anche HBV-Rna e
nel sangue abbiamo gli anticorpi anti-delta della classe IgG. Le transaminasi
non si normalizzano perchè restano sempre fluttuanti e le IgM anti-delta non
ci sono, perchè non si parla di un’infezione acuta ma di una superinfezione
da virus delta e quindi la fase acuta è già passata. La fluttuazione delle
transaminasi sieriche la presenza di HbsAg , della viremia delta che non
sempre riusciamo a cogliere, degli anticorpi anti-delta della classe IgG, tutto
questo è il pattern sierologico del soggetto che ha l'epatite cronica da virus Bdelta .
Durante l’epatite cronica da HCV persistono nel siero sia l’HCV-Rna che gli
anticorpi anti-HCV questi anticorpi non hanno alcun valore proteggente o
neutralizzante perché si associano alla viremia , una persistente viremia oltre
alla presenza degli anticorpi anti-HCV evidenziabili con ELISA più
l’ipertransaminasemia fluttuante (andamento a yo-yo) , questo è il pattern
sierologico dell’epatite da virus c . Tutti i genotipi possono dare epatite
cronica . I genotipi 1 e 4 sono chiamati difficili perché più resistenti alla
terapia ( risposta del solo 45-50%) ,al contrario i genotipi 2-3 sono definiti
facili perchè più controllabili con essa, arrivando all’inattivazione o
all’eradicazione del virus e alla normalizzazione delle transaminasi sieriche.
Tutti i genotipi possono dare evoluzione in cirrosi ed epatocarcinoma . Da un
punto di vista clinico le epatiti croniche virali sono spesso asintomatiche , le si
sospettano dalle alterazioni delle transaminasi fatte per controlli di ruotine, da
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qui poi si chiedono i marcatori di epatite e così ne avviene la scoperta . La
sintomatologia clinica è molto vaga : senso di peso nella parte alta
dell’addome o al fianco destro , digestione lenta , astenia , il fegato può
essere aumentato di volume ma, non sempre , anche l’ittero non compare
sempre , a differenza delle epatiti acuti dove c’è astenia ,anoressia , nausea,
vomito disgusto per gli odori ecc . Quindi la diagnosi è spesso occasionale .
Se vogliamo dare una carta d’identità alle epatiti croniche da un punto di vista
clinico e biochimico dobbiamo dire che si tratta in quanto epatiti croniche di
malattie evolutive e questa evoluzione giustifica la terapia con antivirali e
immunomodulatori . Altra caratteristica oltre l’evolutività è la presenza della
ipertransaminasemia in maniera costante o fluttuante a valori non elevati
come nell’acuta . L’esame istologico eseguito dopo biopsia epatica è di aiuto
a differenza delle epatiti acuti ,qui la biopsia può costituire caso per caso una
scelta utile o necessaria per capire la gravità o lo stadio della malattia . Così
facendo la necrosi epatica e l’infiammazione sono vagliabili da paziente a
paziente, e si può valutare lo stesso paziente in diverse fasi della vita ,
comunque l’associazione di necrosi e infiammazione esprime il grado
dell’epatite cronica (GRADING) ,mentre la fibrosi definisce lo STAGING.
Stadiare l’epatite cronica virale significa valutare il grado di fibrosi, valutare la
fibrosi mi permette di dire se il paziente si trova all’inizio della malattia o se è
già in fase cirrotica o pre-cirrotica . L’evolutività della malattia cronica del
fegato ,dell’infiammazione , avviene ad una velocità variabile in rapporto alla
replicazione del virus e alla presenza dei cofattori (alcol,mutazioni del virus ,
contemporanea presenza di steatosi ,dall’emocromatosi , da fenomeni
autoimmuni e infezioni multiple HBV+HCV,HCV+HBV+virus delta associati o
meno a HIV ecc.) e comorbidità . Tutto questo ci fa esprimere il giudizio
prognostico per quel paziente. Esistono anche le manifestazioni
extraepatiche dell’infezione cronica da virus C il quale è un virus sistemico a
differenza del B e del delta può coinvolgere anche altri organi e quindi
possiamo avere una crioglobulinemia mista, una porfiria cutanea tarda ,
glomerulo nefrite membrano-proliferativa , linfomi non Hodgkin . Nella
diagnosi di un’epatite cronica virale ci aiutano le transaminasi sieriche ,il
quadro proteico che può essere più o meno alterato, soprattutto per quanto
riguarda le gammaglobuline e le albumine nei casi di cirrosi avanzata, anche
una piastrinopenia al di sotto dei 120mila/mm^3 ci permette di dire che siamo
di fronte ad un’epatite cronica avanzata. Alla palpazione la milza potrebbe o
meno essere aumentata di volume , mentre nell’epatite cronica non cirrotica
la milza è di sicuro nella norma . La ricerca dei marcatori virali di virus B,
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delta e C ci aiutano ad identificare un’eziologia unica o associata di più virus ,
sempre ai fini di una caratterizzazione diagnostica della malattia. Oggi non si
nega a nessuno un’ecografia epatica che ci da una serie di informazioni
sull’eco-pattern dell’epatite e soprattutto sulla cirrosi , ci dice anche qualcosa
sulle condizioni del bordo epatico , se c’è o meno la riduzione delle vene
sopraepatiche, se c’è l’aumento del calibro della vena porta , la presenza di
steatosi, ascite e noduli epatici. Quindi quest’esame è fondamentale nella
diagnostica del danno cronico del fegato . La biopsia epatica che oggi è
diventata selettiva ; fornisce info sulla necroinfiammazione che definisce il
grading e sullo stadio della fibrosi epatica che definisce lo staging. Esistono
anche sistemi non invasivi per quantificare la fibrosi , e sono i risultati ottenuti
con il FIBROSCAN che altro non è che un ecografia del fegato associata ad
un altro strumento che invia delle onde elastiche al fegato, la cui velocità di
propagazione è direttamente proporzionale all’entità della fibrosi, la usa unità
di misura è il kg Pascal. La fibrosi può in questo modo essere quantificata
con un valore numerico: valori inferiori a 7 indicano uno stadio iniziale di
fibrosi , più di 7 uno stadio più avanzato (ad es. un valore di 14 indica una
fibrosi avanzata ) Quindi il fibroscan misura l’elasticità del fegato in rapporto
alla presenza di fibrosi più o meno estesa è utile per valutare gli stadi
avanzati o l’assenza della fibrosi , non è in grado di identificare le fibrosi
intermedie cioè quelle caratterizzate dei setti porto-portali e porto-centro
lobulari . Utile è identificare la presenza di HBV-Dna per il virus B ,HCV-Rna
per il virus C e gli anticorpi antidelta, IgG e IgM per il virus delta . La
classificazione per le epatiti croniche è una classificazione basata sul danno
subito dal fegato, per poter capire il significato della infiammazione cronica
del fegato bisogna ricordare le alterazioni istopatologiche dell’epatite virale
acuta, dove si ha un quadro morfologico polimorfo del fegato caratterizzato
da fenomeni di degenerazione idropica con epatociti valoniformi più tutto un
altro corteo di alterazioni morfologiche, con la necrosi epatocitaria che
caratterizza per la sua prevalenza il danno del fegato con micronecrosi
focale , necrosi confluente , necrosi a ponte ecc. Oltre ai fenomeni di necrosi
c’è anche l’infiammazione delle cellule linfomonocitarie a livello degli spazi
portali ,lobulari e anche l’iperplasia delle cellule di Kpuffer . Ritornando sulla
fibrosi, nelle epatiti acute essa è passiva cioè legata al collasso delle fibre
reticolitiche che sostengono le filiere epatocitarie e a questo, seguono
fenomeni di degenerazione epatocitaria . Ciò che differenzia l’epatite acuta
da quella cronica è che l’infiammazione, il danno dell’epatite cronica avviene
a partenza dello spazio porto biliare, da qui nasce tutto il danno che si
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propaga poi in tutto il lobulo, allo spazio portale e così via, con infiltrazione
linfo-monocitaria che pure se presente nell’epatite acuta, non avviene in
maniera così marcata. Bisogna ricordarsi che l’infiammazione degli spazi
portali prende il nome di portite (infiammazione linfo-monocitaria degli spazi
portali ) , accanto alla portite è presente nelle forme più evolutive la
infiammazione della zona lobulare periportale e che si chiama periportite
oppure epatite all’interfaccia. Un altro importante concetto è quello della
necrosi
peacemel
degli
epatociti
periferici
,un’infiammazione
linfomonocitaria che parte dallo spazio portale e supera la lamina limitante
della filiera degli epatociti che segna il confine tra lo spazio portale e il
parenchima . Gli epatociti della lamina limitante appaiono come rosicchiati
infatti peacemel significa a morso di topo (necrosi a morso di topo ). Degli
epatociti periportali che vengono distrutti dai fenomeni autoimmunitari e
considerando il grado di invasione del lobulo epatico a partire dallo spazio
portale, possiamo avere delle forme più o meno severe , quindi con un
grading più o meno elevato di epatite cronica, ed è per questo che le epatiti
croniche vengono classificate in medie severe ,con o senza bridging con o
senza cirrosi a seconda di questo fenomeno di infiammazione periportale .
Nel lobulo che succede ? Possiamo avere dei focolai di necrosi, la necrosi
può essere confluente o può essere con bridging cioè c’è una comunicazione
infiammatoria tra spazi portali e la vena centro lobulare che possono essere
collegati da un ponte di cellule infiammatorie che si chiama bridging portoportale o porto-centrale o centro-centrale . Laddove i fenomeni di necrosi
possono confluire ma senza collegare strutture anatomiche si parla di necrosi
confluente senza bridging . L’insieme della portite , periportite e della necrosi
focale , fenomeni questi più o meno associati tra di loro , costituisce il grading
o meglio l’ activity ovvero la severità della necro-infiammazione , la severità è
espressa dall’indice HAI (Histological activity index ) , questa sigla è
espressa da un numero che è ricavato dal sistema usato, che da un
punteggio all’espressione della portite , della periportite e della necrosi
lobulare ( il sistema più usato è quello di Hishak ) , l’altro dato
anatomopatologico è la fibrosi attiva perché il collageno è sintetizzato
attivamente dalle cellule stellate (o Ito cells ) poste nello spazio di Disse
(spazio sub endoteliale che va dall’endotelio fenestrato del sinusoide alla
filiera di epatociti ) , anche la fibrosi può avere la sua localizzazione o negli
spazi portali o nella regione periportale o può essere espressa da setti
fibrotici porto-portali o porto-centrali questi setti possono essere lineari si
limitano a collegare le strutture anatomiche oppure possono contribuire in
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virtù della presenza di fibre elastiche nel loro contesto a distorcere il
parenchima lobulare, fino ad avvolgerlo come un cercine nello stadio della
nodulazione. La cirrosi epatica è caratterizzata da 3 elementi la fibrosi , la
nodulazione ,cioè i lobuli si deformano in virtù della rigenerazione e si
formano degli pseudo lobuli chiamati così perché non è più presente la vena
centro lobulare. Fibrosi epatica non significa cirrosi epatica , lo è se
associata ai noduli e alle alterazioni vascolari : shunt artero-venosi ,
dilatazione dei sinusoidi , trasformazione dei sinusoidi in capillari (che
normalmente non lo sono , perché hanno la parete fenestrata , le cellule
endoteliali sinusoidi sono interrotte qua e la per cui il contatto del sangue con
le filiere epatocitarie è un contatto immediato ma, se il sinusoide si trasforma
in capillare cioè, se le cellule endoteliali sono più continue e costituiscono
nicchie più sottili si viene a stabilire una barriera tra sinusoidi sangue ed
epatocita allora, quel capillare riduce i contatti tra il sangue e le filiere
epatocitarie ) . La fibrosi è una fibrosi attiva ,con produzione attiva di fibre
collagene che formano la matrice extracellulare del connettivo . La
fibrogenesi parte dalla necrosi epatocitaria ( conditio sine qua non ) ,che
attiva a sua volta le citochine ( IFN-gamma, TNF,IL2 ecc.) e chemochine e
sono questi i mediatori chimici dell’infiammazione che attivano le cellule
stellate le quali normalmente sono quiescente e fungono da deposito della
vitamina A , così stimolate producono fibre collagene attivamente ed è questo
connettivo che trasforma il sinusoide in un capillare e da fibrosi . La fibrosi
non è un processo necessariamente evolutivo , cioè se si elimina la causa
della necrosi epatocitaria si arresta o addirittura si arriva alla digestione delle
fibre collagene da parte degli enzimi chiamati proteinasi . Se la causa non è
eliminata la fibrosi continua fino alla formazione di collagene più stabile e il
processo è irreversibile . Uno dei sistemi di quantizzazione del danno
necrotico infiammatorio è quello di Hishak.
La fibrosi viene conteggiata a parte. La fibrosi può essere confinata solo agli
spazi portali ma, può anche espandersi al di fuori di esso e dare dei setti più
o meno marcati con cirrosi iniziale o più avanzata . In base al valore dell’HAI
che va da 0 a 18 , in virtù della quantizzazione del danno morfologico e
necrotico-infiammatorio che la classificazione moderna delle epatiti croniche
identifica con un valore Hai compreso tra 1 e 3 un’epatite cronica definita
minima, (quella che una volta era chiamata epatite cronica persistente) ,con
un valore HAI compreso tra 4 e 8 un’epatite definita mite , con un HAI tra 9 e
12 un’epatite definita media e infine con un punteggio HAI tra 13 e 18
un’epatite severa .
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Perché curare una epatite cronica e quale è lo scopo della terapia ? L’epatite
cronica da virus delta, B e C ha una diversa velocità di evoluzione verso la
cirrosi e poi ad epatocarcinoma . La velocità è più rapida nella superinfezione
delta infatti le cirrosi giovanili sono spesso dovute al virus B-delta mentre una
evoluzione in cirrosi di un’epatite cronica del virus C è molto più lenta velocità
intermedia per il virus B . Lo scopo della terapia quindi è quello di diminuire la
infiammazione del fegato perché l’infiammazione è la premessa alla necroinfiammazione e della fibrosi , l’altro scopo è eliminare il virus così impediamo
la necro-infiammazione e quindi preveniamo la fibrosi . Gli scopi della terapia
antivirale è essenzialmente : eliminare il virus , per farlo c’è bisogno di
impostare una terapia mirata e quindi identificare il virus implicato (HBV-Dna
per il virus dell’epatite B ricercato con tecnica PCR , HCV-Rna qualitativo o
quantitativo per il virus dell’epatite C con PCR , il delta lo identifichiamo con
gli anticorpi della classe IgG contro e delta e laddove possibile la viremia
delta )
Terapia (non si deve sapere per l’esame ma, dato che il prof ne ha parlato, io
l’ho riportata ) :
Contro virus B : interferone pegilato alfa2A si chiama Pegasys o anche il
Pegitron , poi ci sono gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sono farmaci che
assomigliano ai nucleosidi e ai nucleotidi del Dna virale , somigliano perché
per competizione questi analoghi come la Lamivudina la Telbivudina e
l’Etacavir analoghi nucleosidici e l’Adefovir , Tenofovir ed Etrititabina tra gli
analoghi nucleotidici inibiscono l’HBV polimerasi così facendo si blocca la
replicazione del virus B . Oggi si usa in clinica nel infezione da virus B
l’entecavir e la telbivudina tra gli analoghi nucleosidici , non si usa più la
lamivudina se non in caso di infezione occulta nei pazienti trattati con
chemioterapici . Tenofovir tra quelli nucleotidici . Entecavire e tenofovir non
hanno subito mutazioni quindi sono sempre efficaci
HDV si cura con interferone standard
HCV si cura con Interferone pegilato alfa2A o alfa2B in associazione
obbligatoria con un analogo nucleosidico la ribavirina che inibisce la
polimerasi virale
Quali pazienti vanno trattati con interferone associato o meno ad antivirali ?
Quelli con transaminasi aumentate , quelli con viremia presente e con attività
istologica rappresentata dai vari valori di grading e di staging . Come
risponde il paziente alla terapia antivirale ? Se risponde bene normalizza le
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transaminasi si abbatte la viremia e si ha anche il miglioramento delle
alterazioni istologiche .Si parla risposta completa sostenuta quando la
risposta si mantiene oltre il sesto mese dopo la sospensione della terapia (
questo è il massimo della risposta ) .
Cosa sono gli interferoni : sono delle proteine naturali prodotte dalle cellule
eucariotiche in risposta a vari stimoli , 3 tipi di interferoni interferone alfa ,
beta e gamma . IFN alfa usato nella terapia antivirale oggi si sintetizza con la
tecnologia ricombinante (IFN alfa 2A, IFN alfa 2B rispettivamente quello
linfoblastoide e quello leucocitario naturale ) IFN viene utilizzato in Giappone
e quello Gamma non viene usato nelle epatiti croniche virali . L’IFN ha molti
bracci terapeutici , ha un’azione antivirale , ha un’azione immunomodulatriche
perché stimola la sintesi del complesso maggiore di istocompatibilità HLA 1 e
HLA 2 , stimola la sintesi della betamicroglobulina , e di alcuni componenti del
complemento e questa è la sua azione immunomodulatrice e poi attiva anche
i macrofagi le NK i linfociti citotossici interagisce con le citochine (stimola IL-2
ecc) . L’INF non può essere dato a chi ha un’epatite cronica autoimmune
perché potenzia l’attività autoimmunitaria e quindi la necroinfiammazione .
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Lezione del 29/04/2014
MALATTIE INFETTIVE, prof.ssa Caterina Sagnelli
Ilaria De Pascale
VIRUS INFLUENZALI E POLMONITI
Nello studio delle malattie infettive bisogna sempre aver ben chiaro la patogenesi dell’infezione, la
clinica e la diagnosi. L’infezione si determina nel momento in cui c’è un’alterazione nell’equilibrio
ospite-patogeno. Gli individui posso essere esposti al patogeno e non avere l’infezione, oppure
avere l’infezione e stare comunque bene nelle forme subcliniche.
Un patogeno diventa non più controllabile nel momento in cui supera un determinato numero di
mutazioni caratteristica del tipo di virus, della sua virulenza, della sua aggressività.
I virus possono mutare ad esempio per ricombinazione o per riassortimento ed è proprio il
concetto di mutazione che spiega perché uno stesso virus, come ad esempio quello dell’influenza
verso il quale ci si è immunizzati ad una prima infezione, può determinare nuovamente infezione in
uno stesso soggetto. Il tasso di replicazione è associato al tasso di mutagenesi, i virus a DNA
mutano meno rispetto ai virus a RNA.
I virus possono, coinfettando una stessa cellula, mischiare i propri genomi e determinare la
comparsa di una nuova specie virale che andrà ad infettare un’altra cellula in cui potrà andare
incontro a delle ricombinazioni geniche.
I virus dell’influenza si trasmette per via aerea tramite tosse, starnuti; la sua incubazione è breve (5
giorni). I sintomi possono comparire dopo 2 giorni e continuare anche per 5 o 6 giorni. Tutto questo
è legato all’età della persona e al suo sistema immunitario. Tra i sintomi più comuni abbiamo la
febbre, raffreddore, deglutizione dolorosa, tosse, malessere generale come ad esempio mal di testa,
stanchezza, dolori ossei, e quando subentrano le complicanze avremo la congiuntivite, la bronchite,
la polmonite ed il distress respiratorio. Nonostante la banalità della sintomatologia, si continua
ancora a morire per il virus dell’influenza. Ad esempio il virus della SARS è un virus emergente
che viene fuori da un processo di mutagenesi a carico del virus dell’influenza. Il virus dell’influenza
ha determinato nella storia molteplici epidemie quella del ‘18, del ‘57 o del ‘68 e questo virus è
stato isolato e tipizzato intorno agli anni ‘40 negli Stati Unit (il tipo B), negli anni ‘60 e ‘70 sono
state studiate le strutture virali mentre negli anni ‘80 sono stati identificati gli antigeni di superficie.
Si tratta di un Orthomixoviridae, genere Orthomixoviri, virus sferico con un genoma ad RNA
monoelica ad 8 filamenti che codificano per proteine strutturali. Ci sono tre tipi di virus
dell’influenza: tipo A, tipo B e tipo C (determinatisi per deriva antigenica). Gli antigeni sono
definiti come H e N. Il tipo A è ospite di più specie, il tipo B di norma colpisce solo l’uomo mentre
il tipo C colpisce uomo, cani e suini.
Tra le proteine strutturali abbiamo l’emoagglutinina che corrisponde all’antigene H e la
neuroaminidasi che corrisponde all’antigene N e tutte le altre che producono il nucleocapside.
L’emoagglutinina è una proteina capace di agglutinare i globuli rossi e capace di bloccare la
risposta immunitaria. Esistono 5 tipi diversi di emoagglutinina. Essa lega molecole di acido
salicilico espresse in superficie dalla cellula ospite favorendo in tal modo la fagocitosi della
particella virale da parte della cellula stessa che in questo modo si infetta.
La neuraminidasi è espressa invece in 9 tipi differenti. Emoagglutinina e neuraminidasi possono ad
esempio combinarsi tra loro determinando la comparsa di più sottotipi virali.
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Ma come si identificano e come vengono chiamati i virus?
Voi avete sentito parlare della SARS, abbastanza recente, quindi avete sentito l’influenza H1N5. La
cosa importante è capire la tassonomia del virus:
- È importante capire il tipo coinvolto; ne esistono tre tipi, A, B e C.
- Dove è stato identificato è fondamentale (quindi la città).
- Il numero di isolamento (ci sono dei numeri progressivi per anno).
- E ovviamente l’anno.
Es. A/Hong Kong/1/68
B/Yamagata/16/68
In più vengono aggiunte quelle che sono le varianti antigeniche virali, quindi l’emoagglutinina e la
neuroaminidasi, col numero di sottotipo relativo.
Non ci sono sottotipi per il virus influenzale di tipo B (non sono conosciuti); questo è importante e a
noi serve in modo peculiare nella costruzione del vaccino…non è che il vaccino si fa a Napoli solo
col virus di Napoli…il vaccino si fa con campioni isolati nel mondo, principalmente in tre città
(Londra, New York, Hong Kong); in base ai virus che sono circolati in quell’anno, si vanno a
studiare quelli che sono gli antigeni di superficie.
Il vaccino cambia di anno in anno, poi vedremo che in più a quelli dell’anno precedente se
vogliamo vengono ad essere inseriti anticorpi che vanno a riconoscere gli antigeni delle grandi
pandemie che abbiamo avuto in passato.
Abbiamo detto che abbiamo tre tipi di virus influenzale: tipo A, tipo B, tipo C.
Il tipo A è quello che causa la malattia più severa ed importante, ha una variabilità antigenica
fondamentale in quanto induce la formazione dell’antigene shift e dell’antigene drift (cosa che non
abbiamo nei tipi B e C), il genoma è fatto sempre da 8 subunità (a differenza del tipo C), le
glicoproteine di membrana sono diverse, in più i serbatoi sono diversi (il serbatoio animale di
norma è più frequente nel tipo A) e le pandemie ed epidemie sono più frequenti nel tipo A (si hanno
raramente e in modo sporadico nel tipo B e nel tipo C).
I farmaci che ci sono possono essere attivi o non attivi in relazione al momento in cui si inizia
l’assunzione: se io l’inizio il primo giorno dei sintomi ha un senso, altrimenti no. Ovviamente
questo tipo di trattamento non è che deve essere effettuato ogni volta che una persona ha
un’influenza, ma deve essere effettuato nei casi di virus letale (questi farmaci sono farmaci che si
comprano, non sono ovviamente passabili).
Un ruolo importante però non è soltanto dell’antigene, ma anche del recettore su cui si va a legare
l’antigene di superficie, l’emoagglutinina, perché induce un cambio nella membrana. Una cosa
importante è che questi recettori sono di vari tipi: il virus che infetta gli animali ha un trofismo per i
recettori alfa 2-3 e invece il virus che infetta l’uomo ha un trofismo per i recettori alfa 2-6. Però il
suino presenta entrambi i recettori; vi dico questo perché sicuramente voi avete sentito che questo
virus ha la capacità di fare un salto di specie, di infettare l’animale e dunque dall’animale
l’infezione può essere trasmessa all’uomo…l’uomo può prendere un virus che è un virus aviario,
che quindi ha bisogno di recettori alfa2-3, per cui io non riesco ad avere la malattia, ho preso il
virus dal bestiame, dai polli, dalle anatre, dagli uccelli selvatici ma non sviluppo malattia. Se però
questo virus è stato preso da un maiale, il maiale, che ha tutti i tipi di recettore, riesce poi a
trasmettermi un virus riassemblato che mi dà malattia e quindi abbiamo possibilità di epidemie e
pandemie. È dunque importante ricordarsi che i recettori hanno un ruolo fondamentale.
Il virus influenzale non è soltanto negli animali, nei mammiferi, è anche negli uccelli, nel pollame,
nell’uomo ed anche in mammiferi marini (questi ultimi hanno la peculiarità di indurre in alcuni casi
la malattia).
Cerchiamo di capire un secondo qual è il meccanismo del drift presente in tutti e tre i tipi e quello
dello shift che è presente solo nel tipo A.
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• il DRIFT è in realtà la cosa più banale che ci possa essere: è una mutazione, quindi è una cosa che
avviene normalmente a livello del genoma e che viene trasmessa. Ovviamente la mutazione deve
andare a coinvolgere quello che dà la possibilità di indurre patogenesi, quindi andrà a coinvolgere
principalmente la neuroaminidasi e l’emoagglutinina.
• Nel concetto del riassortimento genico (che si osserva nel meccanismo di SHIFT), che abbiamo
nel tipo A, si creano pandemie soprattutto perché si uniscono due virus, due virus che possono
infettare serbatoi e specie animali diverse e poi dare malattia nell’uomo anche in modo occasionale.
Questo è il concetto dello shift: abbiamo due virus con genoma differente che vanno ad infettare
una cellula ospite e nella cellula ospite si realizza il riassortimento genico, dunque abbiamo un
nuovo virus, nuovo virus che di norma si ha ogni 10 anni (quindi c’è una certa periodicità).
Considerando che abbiamo tanti sottotipi di neuroaminidasi 16 e 9, ovviamente le associazioni
possono essere maggiori, diverse, tantissime, considerando che si vanno ad associare le
neuroaminidasi umane insieme alle neuroaminidasi dell’animale nei nuovi virus.
Per avere malattia nell’uomo, devo avere un virus come è successo nella Spagnola, quindi H2N1,
che andava dal pollame, dalle anatre, a dare malattia nell’uomo; nel tempo, ci sono stati questi due
ceppi virali che si sono andati ad unire (quindi abbiamo avuto un riassemblaggio), e davano malattia
nell’uomo. Sono tutti virus che danno morte.
La stessa cosa con l’H2N2 di Hong Kong, la stessa cosa con qualsiasi famiglia che verrà.
Ovviamente, io posso avere anche un virus già riassemblato che si riassembla di nuovo con un altro
virus, quindi veramente le reazioni possono essere molteplici.
Di norma, il serbatoi principale, per questa questione dei recettori, è il maiale. Occasionalmente si
può avere il trasporto da pollame all’uomo. Nel maiale posso avere più riassemblaggi; abbiamo
detto che possono riassemblarsi il virus influenzale del maiale col virus aviario e dare poi un virus
attivo nell’uomo. Però ovviamente il tipo di malattia è altamente variabile (non è detto che si tratti
di una malattia letale), dipende sempre dai fattori di virulenza del virus. Quindi è a punto
interrogativo l’entità del danno.
Come ogni virus, anche il virus influenzale ha un tropismo: il tropismo principale è per il polmone e
per il cervello.
Abbiamo detto che vi è una contagiosità elevata, per cui sicuramente un fattore e fa scatenare quelle
che sono le epidemie è sicuramente la densità di popolazione; se vivo in una comunità chiusa, il
rischio di trasmissione è maggiore (voi vi infettate facilmente in aula quando avete l’influenza).
C’è il problema di chi vive con gli animali; ovviamente queste sono le prime persone che possono
prendere l’infezione e poi trasmetterla. Sono quelle persone che vengono ad essere vaccinate
sempre (la realtà italiana di chi vive con gli animali è diversa da quella cinese per esempio; i cinesi
ci dormono con gli animali. All’epoca anche in Italia si ritrovavano galline nel cortile, le masserie
con dentro soltanto un animale, i bambini giocavano con i pulcini…ecc. ecc. ecc.). Non sono a
rischio soltanto coloro che crescono gli animali, ma anche coloro che li uccidono; ovviamente nei
mattatoi c’è questo rischio (rischio di trasmissione del virus influenzale ma anche rischio di
trasmissione di Brucella).
La trasmissione ovviamente avviene per via aerea.
Come vi dicevo, c’è una certa periodicità in quelle che sono le variabili shift e drift: di norma, noi
abbiamo sempre delle pandemie quasi ogni 3-4 anni, con dei picchi poi importanti di pandemia,
quindi sono quelle in cui abbiamo l’antigene shift, quasi ogni 10 anni (si tratta di un intervallo più o
meno stabile, a volte può essere più accelerato anche per comparsa di nuovi virus).
Quindi il virus cosa fa: arriva nell’epitelio, penetra nelle cellule e inizia un suo primo ciclo
replicativo, poi viene ad essere liberato per gemmazione con formazione anche di nuovi virus. Per
evitare che la malattia diventi una malattia grave possiamo bloccare tutto prima di farlo replicare,
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ossia facendo il vaccino a soggetti a rischio (cardiopatici, pazienti con BPCO, con fibrosi cistica,
tutti i pazienti con immunodeficit).
E poi ricordiamoci che non è soltanto il virus influenzale che può complicare con una polmonite,
ma ci sono tanti altri virus che possono e anche non virus che possono avere un ruolo fondamentale
nelle infezioni delle vie aeree.
Vi faccio presente che c’è il Coronavirus, il virus isolato nell’ultima epidemia, si pensava fosse un
virus influenzale poi si scoprì che era un Coronavirus…quindi anche questo ci fa capire che c’è
qualcosa in più che dobbiamo indagare.
Il tratto respiratorio sappiamo che si divide in tratto respiratorio superiore ed inferiore, una malattia
del tratto respiratorio superiore può complicarsi per contiguità e dare infezione anche al tratto
inferiore (e quindi evolvere in bronchiolite e polmonite).
Il Rhinovirus di norma colpisce i bambini e dà prevalentemente rinite. Raramente può evolvere in
faringite.
I virus parainfluenzali possono dare da una rinite fino quasi ad una polmonite se complicano.
L’H. Influenzae può dare qualsiasi cosa come intensità e gravità, simile al virus influenzale.
Quindi quando uno dice “c’ho l’influenza!” non è detto che abbia l’influenza, potrebbe avere un
altro di questi virus, quindi mi aiutano quelle che sono le caratteristiche virali e la stagionalità (i
virus parainfluenzali li puoi trovare anche in primavera).
I bambini si ammalano frequentemente con i Rhinovirus ed hanno laringite con tosse, col
Parainfluenzale e col virus respiratorio sinciziale che nei bambini dà bronchiolite.
La pertosse dà da una tracheite ad una polmonite e l’H. Influenzae, che può essere presente in tutte
le fasce di età, prevalentemente in bambini e anziani, ovviamente dà spesso complicanze (meningiti,
endocarditi).
Tutto questo stimola il sistema immunitario; stimola in una prima fase l’attivazione dell’immunità
innata (poiché inizialmente come sintomatologia abbiamo febbre elevata, a 39-40 °C),
successivamente abbiamo il richiamo di interferon e quindi, con l’evoluzione della malattia verso
una forma più importante, abbiamo l’attivazione dell’immunità adattativa, con lo stimolo delle
citochine, dei T-helper e dei macrofagi, perché anche se io ho avuto l’influenza, alcuni anticorpi di
memoria ce li ho, quindi alcuni anticorpi possono in un certo modo neutralizzare la malattia o la
gravità della malattia. La cosa fondamentale è l’attivazione dei geni degli interferon.
Nella fase iniziale di malattia, abbiamo una prima replicazione, quindi la carica virale è a picco a
livello circolatorio e poi abbiamo subito lo stimolo dell’interferon. Dopo circa 8 giorni, iniziamo ad
avere una determinazione abbastanza buona di quelli che sono gli anticorpi per la neuroaminidasi e
gli anticorpi neutralizzanti. Il pacchetto degli interferon attivati, essendo un virus molto particolare,
di norma riesce ad attivare come abbiamo detto prima l’immunità innata poi l’adattativa, quindi può
attivare le cellule NK, i linfociti e in relazione alle cellule che tu attivi, si ha attivazione del
complesso dell’interferon 1, dell’interferon 2 e dell’interferon 3 (le varie cascate di interferone che
tu vai ad attivare dovete ricordarvi che attivano degli altri geni fondamentali per la risposta).
L’interferon gamma viene attivato difficilmente, ed è quello che viene attivato anche dai PMN
(tutto questo lo vedrete col prof. De Palma).
Cerchiamo di capire com’è che posso fare diagnosi. La diagnosi dell’infezione delle vie aeree, sia
nei bambini che negli adulti, la posso fare principalmente con la sintomatologia e vedete come la
frequenza dei sintomi non è tantissimo diversa tra i vari virus; la febbre è presente in tutti, nel
Rhinovirus la febbre è moderata e scompare in una sola giornata, mentre la tosse non c’è quasi
(perché raramente abbiamo un interessamento polmonare), quindi questo virus si riesce ad
etichettare meglio. Rhinovirus colpisce prevalentemente l’età non adulta e non anziana, però poi
negli studi fatti su broncoaspirati, su broncolavaggi, su secrezioni naso-faringee, non è che
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riusciamo sempre a sapere la nostra eziologia; c’è di norma un 50% in cui non arrivi ad una
diagnosi.
Come si esegue l’esame in un bambino? Ovviamente il virus si trova nelle particelle, si trova nelle
secrezioni nasali, si può trovare (in caso di polmonite) nel broncoaspirato, nel broncolavaggio,
nell’escreato, però insomma sono manovre che si fanno se hai una polmonite grave, se hai una
bronchiolite grave, quindi non si tratta di manovre da eseguire sempre per etichettare
l’eziologia…solo quando ti trovi in un caso grave (non è che in ogni polmonite fai un
broncolavaggio…una cattiveria!!!). Nel bambino procedi mettendo l’acqua nel naso e
raccogliendola, quindi sciacqui il naso e prendi le secrezioni.
A questo punto si possono fare tutte le ricerche possibili, con una PCR virale dei vari virus, quindi
andando a cercare il DNA o l’RNA (Adenovirus, Cocxaskie, Influenzali, Rhinovirus, Virus
Respiratorio Sinciziale – che è molto importante-, ecc.).
Poi c’è un’altra casistica che puoi andare a valutare, che è quella diciamo della malattia, ossia vai a
valutare qual è la frequenza di asma, di bonchiolite. Ovviamente bisogna valutare se il paziente è
allergico (anche gli allergici vanno profilassati).
I nuovi virus che da una decina di anni hanno un ruolo importante sono il Virus Respiratorio
Sinciziale e gli Adenovirus; nel periodo invernale ed anche primaverile abbiamo la prevalenza del
Respiratorio Sinciziale (nelle bronchioliti), ed anche il Coronavirus.
POLMONITI
Com’è fatto il polmone lo sapete…ricordatevi l’anatomia, ricordatevi gli organi contigui, ricordate
l’importanza di gabbia toracica e muscolatura per la respirazione. Come abbiamo detto, se io ho
un’infezione alle alte vie aeree essa può diffondere, abbiamo visto che questi virus vanno a livello
delle cellule epiteliali, si replicano, vanno in circolo ed in circolo possono dare anche una sepsi.
Possiamo avere complicanze batteriche(abbiamo visto con l’endocardite), quindi non parliamo solo
di virus, ma anche di batteri; possiamo avere un embolo che va a localizzarsi a livello polmonare,
possiamo avere un’ischemia polmonare, possiamo avere la formazione di ascessi polmonari e tutte
patologie che anche per contiguità (come abbiamo visto nel caso dell’amebiasi), possono dare
sviluppo di polmonite.
La definizione di polmonite, visto che finisce in –ite, consiste nell’infiammazione del tessuto
polmonare dovuta a patogeni (batteri, virus, funghi) che vanno ad alterare il normale epitelio.
Posso avere, da una semplice tracheite o bronchiolite, l’interessamento dell’alveolo, struttura a
livello della quale avvengono gli scambi, per cui se l’alveolo è “preso” gli scambi vengono alterati e
quindi come complicanza di quella che era un’infezione da virus influenzale posso avere un distress
respiratorio acuto.
Le polmoniti vengono ad essere ben etichettate in POLMONITE DI COMUNITÀ, che è quella
acquisita in comunità, non in ospedale(quindi già presente quando il paziente viene ricoverato),
ovviamente questo già ci fa capire che si tratta di patogeni diversi. Insorge dopo 72 h
dall’ospedalizzazione ed hanno un periodo di incubazione che si verifica durante
l’ospedalizzazione. Ovviamente è importante sapere se il paziente è venuto in ospedale prima o
dopo i ricovero. Di norma il bambino ma anche l’adulto prima stava bene e poi ha sviluppato la
sintomatologia. Le cause sono varie; da un punto di vista epidemiologico, gli anziani sono quelli
maggiormente colpiti (ancora adesso per polmonite si muore, perché non si riesce ad isolare il
patogeno, perché non si riesce ad attuare la terapia in tempo, e soprattutto in un anziano o in un
immunodefedato o in un neonato si può incorrere nel decesso).
Il problema di una polmonite ad eziologia virale è che il virus prepara il substrato per una
sovrainfezione batterica; nel polmone ci sono di norma dei batteri, che però in questo caso hanno un
ingresso facilitato e quindi danno malattia (quanto più è piccolo il bambino tanto più si avrà un’alta
incidenza di casi).
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Nel bambino, la polmonite è principalmente ad eziologia virale e, come dicevo, anche le forme
miste possono essere presenti vista la predisposizione del tessuto all’infezione. Sicuramente nei
neonati l’agente eziologico più coinvolto è lo Streptococco di gruppo B e nei lattanti tra i 2 ed i 6
mesi sono il Virus Respiratorio Sinciziale, i virus Influenzali e Parainfluenzali; come batteri
troviamo l’H. influenzae, lo Streptococco pneumoniae e lo Stafilococco aureus. E poi c’è la
polmonite da Clamydia thracomatis, che può trasmettersi dalla madre al neonato durante il
passaggio attraverso il canale del parto. Nel bambino un po’ più grande, fino a 5 anni, abbiamo un
altro tipo di virus, gli Adenovirus (più di 40-50 sierotipi che possono dare sintomatologie
completamente diverse – da gastroenteriti a infezioni delle vie urinarie, a meningiti, ad encefaliti, a
congiuntiviti, ecc.), inoltre a 5 anni comincia a comparire K. Pneumoniae, poi troviamo
Mycoplasma, Streptococchi.
La via di trasmissione ovviamente è quella aerea o per via ematica, abbiamo detto che dalle prime
vie aeree il patogeno può diffondere…
Per quanto riguarda la classificazione, le polmoniti possono essere classificate in modo diverso, in
base all’agente eziologico, in base al quadro anatomo-patologico del polmone ed in base
all’epidemiologia.
Per quanto riguarda l’eziologia, sono coinvolti Batteri, Virus, Miceti e Protozoi (vi sono alcuni
protozoi, come l’Anchilostoma, che vanno a terminare il ciclo replicativo a livello polmonare; le
larve salgono a livello polmonare, giungono a livello alveolare ove maturano, ripercorrono la
trachea e ritornano quindi nell’apparato gastrointestinale. Nel frattempo, possono danneggiare il
tessuto polmonare, facilitando anche sovrainfezioni).
Da un punto di vista anatomo-patologico, di norma noi distinguiamo polmoniti:
- Alveolari: l’essudato e la flogosi si localizzano a livello dell’alveolo, di conseguenza posso
avere un focolaio a livello di un lobo o di un segmento di lobo oppure posso avere
l’interessamento dell’intero parenchima. Le polmoniti alveolari si caratterizzano per il
presentare più fasi: essudativa → epatizzazione rossa → epatizzazione grigia → risoluzione.
- Interstiziali: la flogosi si localizza nell’interstizio
- Necrotizzanti: si vengono a creare dei veri e propri ascessi, è quella che viene anche
definita ab ingestis.
Di norma i batteri danno polmoniti alveolari; i batteri intracellulari danno forme interstiziali
(Clamydia, Micoplasma, Pneumococco, Coxiella), esattamente come i virus. È possibile identificare
un patogeno peculiare, Legionella, che è capace di dare sia polmoniti interstiziali che polmoniti
alveolari, in relazione alla patogenesi; la patologia causata da Legionella è una patologia
professionale, è un patogeno che si localizza nei condizionatori, che vanno puliti almeno una volta
all’anno, nelle acque (controllate a livello ospedaliero).
Clinicamente abbiamo delle differenze:
abbiamo un esordio brusco, con febbre elevata, brividi nella forma alveolare, mentre quella
interstiziale ha un decorso un po’ più subdolo, con cefalea, rinite, congiuntivite. La tosse è
peculiare; il paziente ha la tosse per tanto tempo, anche quando risolve l’infezione. Si tratta di una
tosse continua, stizzosa, non produttiva, ed alla fine è l’unico fastidio che ha poiché la febbre dopo
l’antibiotico scompare. Bisogna però considerare una cosa importante: se sono patogeni
intracellulari, io devo entrare nella cellula col farmaco, altrimenti non funziona. Se io vado dal
medico di base, i primi antibiotici che si danno sono le penicilline, se una persona ha una BPCO
cronica si danno le cefalosporine, per cui c’è una certa cultura nella gestione domiciliare di queste
patologie. Quindi quando l’infezione va avanti, io mi trovo con un paziente che ha già fatto
trattamenti.
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In più la questione dell’espettorato è fondamentale, perché possiamo chiedere al paziente di che
colore è l’espettorato (P. aeruginosa → espettorato a gelatina di lampone; S. pneumoniae →
espettorato rugginoso; S. aureus → espettorato emorragico; H. influenzae → espettorato purulento).
Altra cosa importante è il DOLORE TORACICO, differente dal dolore retrosternale; nella
polmonite alveolare, il paziente andrà a localizzare il dolore toracico precisamente dov’è la zona di
infiammazione. Come possiamo esserne sicuri? Facendo effettuare al paziente una radiografia.
Altra cosa importante: le alveolari hanno un corteo di sintomi che ci aiutano, come ad esempio la
comparsa di herpes labiale, di disidratazione del paziente che appunto ha questa febbre elevata con
inappetenza, di tachipnea. Le alveolari sono decisamente più pericolose delle interstiziali, perché se
non avvengo bene gli scambi gassosi il paziente va in cianosi e dalla cianosi posso avere
direttamente uno shock settico.
Caratteristico è l’esame obiettivo, con la presenza di: ↑ fvt, ipomobilità dellemitorace interessato,
crepitii, soffio bronchiale ed in alcuni casi sfregamento pleurico. Da un punto di vista di laboratorio,
possiamo sicuramente trovare leucocitosi con ↑ neutrofili ed ↑ VES
Nelle polmoniti interstiziali invece rileviamo i rantoli crepitanti, che differisce dal crepitio visto che
quest’ultimo è prodotto dall’apertura dell’alveolo ove c’è l’essudato; si ha murmure vescicolare
aspro, che però si può rilevare anche in altre patologie, per cui non è il murmure che ci fa fare
diagnosi. Da un punto di vista di laboratorio, i leucociti possono essere normali o diminuiti poiché
si tratta di patogeni intracellulari che vanno a stimolare diversamente il sistema immunitario, la
VES in genere è nei limiti.
Altra considerazione è questa: nelle forme alveolari, andremo a vedere che ci possono essere dei
casi con addensamento localizzato precisamente nel lobo, mentre nelle interstiziali si ha un
addensamento spesso monolaterale a livello del distretto interstiziale dei lobi inferiori, con
accentuazione diffusa della trama e visualizzazione del “reticolo a vetro smerigliato”, anche detto a
nido d’ape. (una localizzazione a livello del lobo medio deve essere identificata mediante
radiografia laterale).
Rimane la polmonite necrotizzante da definire, che di norma è causata da batteri anaerobi (S.
aureus, Clebsielle, Pseudomonas), però spesso l’origine è mista; può essere conseguenza di un ab
ingestis (pazienti con convulsioni, pazienti che non hanno il controllo della muscolatura esofagea,
pazienti con acalasia). I fattori di rischio sono gli stessi: alcuni tumori possono sovrainfettarsi, le
caverne (tubercolari) possono sovrainfettarsi senza avere riattivazione della tubercolosi. L’esordio è
subdolo, come nell’interstiziale, con febbricola, tosse e dolore toracico, anoressia e calo ponderale.
Da un punto di vista radiologico, di norma i segmenti coinvolti sono ai lobi inferiori, con evidenti
aree di necrosi.
Vi è un altro concetto di polmoniti, oltre a quelle acquisite in comunità, che sarebbe quello delle
POLMONITI NOSOCOMIALI, acquisite in ambiente ospedaliero ed associate alla ventilazione
meccanica. Le polmoniti nosocomiali sono quelle gravi; di norma sono necotizzanti, se non si riesce
ad avere una terapia mirata, il paziente muore.
C’è un altro complesso di polmoniti che inizia ad avere un ruolo fondamentale: le POLMONITI
ACQUISITE NEGLI HEALT-CARE. Nel reparto di Healt-care normalmente sei ricoverato per due
giorni e nei 90 giorni precedenti all’infezione. Ovviamente, nei pazienti che hanno ferite (ad
esempio anche chi fa dialisi) la polmonite si manifesterà prima perché presentano una via di
ingresso.
Vi sono inoltre quelle del PAZIENTE IMMUNODEPRESSO: paziente con ↓ CD4, oppure paziente
neutropenico, con ↓ neutrofili (meno di 500), a rischio di infezioni batteriche. C’è una terapia che si
fa per le epatiti a base di interferone, interferone che riduce i neutrofili e quindi ci sono a volte in
questi pazienti indicazioni ad assumere fattori di crescita. Per esempio vi sono alcuni farmaci
chemioterapici che abbattono le difese immunitarie. Inoltre, i trapiantati utilizzano
immunosoppressori, dunque hanno difese immunitarie molto basse. In questi casi sarebbe
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opportuno procedere con una profilassi sia per funghi sia per patogeni che potrebbero essere
opportunisti, profilassi da seguire nel tempo, poiché il paziente che ha difese immunitarie basse può
non sviluppare febbre (può avere 37°C, che comunque sarebbero come 40°C). Prima di iniziare la
terapia è comunque opportuno eseguire un’emocoltura.
In ogni caso io devo capire perché il paziente ha ad esempio una polmonite necrotizzante, poiché la
causa potrebbe essere un tumore polmonare od una metastasi polmonare che può sovrainfettarsi.
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Malattie Infettive
Lezione del 09-05-2014
Prof. Pasquale
Herpes Virus
(I primissimi istanti della registrazione sono indecifrabili, il registratore non era ancora stato piazzato nel
migliore dei modi)
Ad ogni famiglia di Herpes Virus umani corrisponde un certo tipo di sintomatologia, variabile da virus a
virus. Una delle caratteristiche dei virus erpetici è che tutti sono a DNA, quindi richiedono l’attività della
DNA-polimerasi. Di conseguenza i farmaci antivirali che bloccano la sintesi del DNA virale impediscono la
riproduzione del virus; questi farmaci sono l’aciclovir, il valaciclovir, poi il famciclovir (quest’ultimo a
differenza degli altri blocca la transcrittasi inversa). Sono farmaci di uso facile, anche uno studente di
medicina del quarto anno può con ragionevole sicurezza darli senza uccidere il paziente, per la semplice
ragione che si tratta di farmaci che agiscono soltanto nelle cellule che ospitano il virus, non attaccano le
cellule normali. Quindi sono farmaci di grande sicurezza farmacologica e anche di grande efficacia
terapeutica ed agiscono bloccando l’allungamento del DNA con meccanismi di competizione. Un’altra
caratteristica dei virus erpetici è quella di dare un’infezione PRIMARIA, che si verifica in soggetti che non
sono protetti dagli anticorpi perché è il primo contatto che il virus ha con l’organismo umano e di
conseguenza la diagnosi di infezione in atto si fa ricercando gli anticorpi della classe IgM contro gli antigeni
virali, seguita da uno stato di QUIESCENZA, in seguito al quale si potrebbe poi verificare una RECIDIVA o
ricorrenza. La ricorrenza è possibile, non obbligatoria, e le espressioni cliniche possono essere uguali alla
precedente infezione, quella primaria, ma possono anche essere differenti da questa. Un esempio classico è
quello del virus VZ il quale, come infezione primaria, da la varicella e poi, dopo la manifestazione clinica e la
guarigione, attraverso gli assoni si va a nascondere a livello dei gangli spinali. Le condizioni fisiologiche o
fisiopatologiche che facilitano o condizionano o predispongono ad una ricorrenza o recidiva sono tutte
quelle che determinano immunodepressione. Finchè il soggetto è immunocompetente il virus se ne resta
quiescente nelle cellule in cui si è nascosto; quando si instaura un’immunodepressione, che può essere
causata da vecchiaia, raggi UV, terapie immunodeprimenti quali uso protratto di cortisone, chemioterapici
o anche immunosoppressori come nei trapiantati, anche alcune patologie sono di per sé
immunodeprimenti come ad esempio la cirrosi epatica, si può avere la recidiva o la ricorrenza. Nel caso del
virus VZ la prima manifestazione clinica è la varicella, ma dopo, quando si risveglia, il virus dai gangli spinali
fa marcia indietro, torna alla cute, dando però l’Herpes Zoster che è una malattia completamente
differente dalla varicella, anche se la può simulare nella forma generalizzata che si chiama infezione
varicelliforme di Kaposi, che si riscontra nei pazienti immunodepressi.
Il virus HV-1 dà la gengivostomatite, la cheratocongiuntivite, l’herpes labiale cutaneo oppure l’herpes
genitale. L’HV-1 esiste in due ceppi: V-1 e V-2. Il V-1 da patologia prevalentemente a carico del soma
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superiore, il V2 da invece le forme genitali, ossia la balanite erpetica, la vulvovaginite erpetica, etc.
Ovviamente è solo una questione di probabilità, il V2 potrebbe anche dare gengivostomatite e viceversa.
Il virus può dare paralisi a livello facciale ed encefaliti (il virus erpetico è quello che più frequentemente può
dare encefaliti). In epoca pre-aciclovir la mortalità da encefalite erpetica era del 70%; con l’introduzione
dell’aciclovir per via endovenosa la mortalità è scesa al 20%.
Un’altra caratteristica è che i virus erpetico V1 e V2 ed il virus VZ danno come lesione elementare la
vescicola, cioè questa formazione rotondeggiante a contenuto sieroso che si forma in sede intraepidermica.
Nel caso dell’herpes zoster in genere si hanno dei grappoli di vescicole su una base eritematosa, sono
pruriginose e poi tendono all’essicamento; se ci si gratta con le unghie sporche si può avere un fenomeno
che si chiama impetiginizzazione, significa superinfezione,batterica ovviamente, di una lesione bollosa della
cute.
Nei pazienti immunodepressi HV1 può dare anche esofagite, epatite o polmonite; esistono forme
gravissime di malattia erpetica disseminata o viscerale. HV2, che pure appartiene agli alfa herpes virus, può
dare invece l’herpes genitale, cutaneo, labiale, quello neonatale, la meningoencefalite erpetica. Siamo
nell’ambito dei virus erpetici simplex, alfa herpes virinae, e questa è la sintomatologia di cui sono
responsabili.
Il virus VZ è HV-3 e dà come infezione primaria la varicella, come ricorrenza l’ herpes zoster; anche la
varicella può dare encefalite.
Veniamo poi ai gamma herpes virus. HV4 (virus di Epstein-Barr) dà la mononucleosi infettiva e può essere
responsabile anche di patologie neoplastiche come il linfoma di Burkitt, il linfoma cerebrale primitivo (nei
pazienti che hanno infezione da HIV), il linfoma immunoblastico e il carcinoma rinofaringeo, che è
frequente nelle popolazioni asiatiche. Nel soggetto immunocompromesso dà una sindrome
linfoproliferativa mono o policlonale e la leucoplachia.
Dei virus epatitici quali sono quelli oncogenici? B e C. L’unico virus epatitico per il quale noi possiamo
prevenire l’oncogenesi è il virus B, grazie ovviamente al vaccino.
Abbiamo ancora un altro virus erpetico, il citomegalovirus, che è HV5 ed appartiene ai beta herpes virus, il
quale dà la malattia citomegalica, può dare anche un’epatite o una sindrome simil-nucleosica. Nel soggetto
con AIDS il virus citomegalico può dare una corio retinite che può portare fino alla cecità. L’encefalite da
citomegalovirus esiste, così come esiste poi un complesso di disturbi dell’apparato digerente che vanno
dall’esofagite alla colite, poi polmonite e surrenalite, poiché il virus citomegalico è ubiquitario, dovunque
arriva fa diventare grande la cellula epiteliale con formazione di corpi inclusi intranucleari.
Poi abbiamo il virus HV6 che appartiene ai beta herpes virus e può dare esantema subito, ma anche otite,
meningite, meningoencefalite, epatite, etc. Quindi sono virus che danno talvolta sintomatologie
sovrapponibili. E nei soggetti immunocompromessi encefalite e poi morte.
Poi abbiamo anche il virus associato al sarcoma di Kaposi, che è il virus HV8, e il virus HV7 che da esantema
subito. I più importanti sono HV1,HV2,HV3,HV4 e virus citomegalico, quelli di cui ci interessiamo in maniera
più particolareggiata.
Virus erpetici, in particolare il simplex, hanno una grande diffusione ambientale. Tanti animali possono
essere interessati da questi virus: topo, tartaruga, pesci, etc.
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Ricapitolando abbiamo una fase primaria clinicamente manifesta in soggetti che non posseggono anticorpi,
poi la fase di latenza di durata indeterminata e poi le ricorrenze o recidive causate da tutte quelle cause che
danno immunodepressione.
HSV1 possono essere isolati dall’orofaringe, dalle lesione cutanee e dall’encefalo negli adulti con encefalite.
HSV2 può essere isolato dai genitali, dalle lesioni cutanee della parte inferiore del corpo e anche
dall’encefalo. La diagnosi di malattia è principalmente clinica e per quanto concerne il laboratorio si
ricercano gli anticorpi della classe IgM contro i virus erpetici. Sono virus a simmetria icosaedrica,
rivestimento esterno a base di lipidi, dimensioni simili fra tutti i virus e l’acido nucleinico è il DNA.
Nell’ospite recettivo il contagio avviene per via cutanea o per via mucosa e il virus si replica a livello
epiteliale o mucoso dando la manifestazione clinica o subclinica; in seguito vi è una viremia e l’invasione
delle fibre nervose superficiali con il virus che viaggia negli assoni dei nervi sensitivi e raggiunge i gangli
corrispondenti. Questo capita sia per l’Herpes Simplex che per il virus VZ. Si ha quindi una fase latente nei
neuroni e poi segue la riattivazione per varie cause: febbre, traumi, chirurgia, intossicazioni, tutte situazioni
immunodeprimenti. I virus ripercorrono in maniera centrifuga gli assoni per raggiungere di nuovo l’epitelio
della cute e dare le recidive. Il primum movens è il contatto cute-cute o anche, nel caso del HSV2, mucosamucosa per via sessuale.
Una modalità di infezione del virus HSV2 può essere il passaggio nel neonato attraverso il canale del parto,
molto importante perché si possono avere encefaliti in seguito a contagio avvenuta in questa occasione.
Le cellule dell’epidermide interessate dalle vescicole sono quelle dello strato spinoso, vi può essere
l’acantolisi (acanto significa spina) di queste cellule e si ha quindi infezione citolitica, la cellula muore, e si
forma dunque un vuoto che corrisponde al contenuto della vescicola. Essendo una bollicina che si forma
abbiamo una base e un tetto. Il tetto corrisponde all’epitelio cheratinizzato squamoso dell’epidermide e la
base le cellule dello strato malpighiano che vanno incontro a degenerazione e rigonfiamento. Questo
avviene non solo a livello della cute, ma anche a livello delle mucose.
Le vescicole vanno incontro a rottura, quindi la diagnosi di un’infezione erpetica a livello genitale non è
obbligatorio che venga fatta vedendo le vescicole, basta anche l’osservazione, e forse è più frequente, di
un’ulcerazione, una disepitelializzazione, che vi deve far pensare che ci sia un’infezione erpetica, proprio
perché le vescicole si rompono e si possono super infettare. Se nei pressi dell’ ulcera trovate qualche
vescicola, questa è una spia clinica per farvi capire che dove c’è l’ulcera prima c’era il grappolo di vescicole.
Il bambino che ha una gengivostomatite erpetica è un bambino che soffre, ha febbre alta, non può
inghiottire e quindi difficoltà ad alimentarsi. Oltre alle gengive, anche la lingua e la mucosa orale sono
interessate dall’ iperemia e dalla formazione di vescicole, che rendono dolorosa la masticazione. Questa è
la sintomatologia della gengivostomatite erpetica.
Lo stesso bambino in via di guarigione sta un po’ meglio. Sono rimaste delle chiazzette eritematose, un po’
di vescicole, anche a livello del collo (non bisogna pensare che l’herpes sia soltanto periorifiziale, può anche
essere lontano dagli orifizi). Quando vedete una lingua impaniata dovete sospettare anche una candida nel
cavo orale. Le vescicole erpetiche del palato, se sono prevalentemente a livello anteriore, quindi palato
duro, devono far pensare all’herpes simplex; se invece le vescicole sono prevalentemente posteriori
bisogna pensare al virus coxsackie, che può dare uno stomatite virale con delle bollicine nella parte
posteriore del palato, quindi palato molle. Non sempre è facile distinguerle, però visto che siamo sempre in
ambito virale, la terapia non è che sia poi tanto differente, il farmaco è sempre lo stesso.
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L’ infezione erpetica può interessare anche altri organi; ad esempio si può avere una congiuntivite
follicolare con edema palpebrale, vescicole sulle palpebre da HSV1, opacità corneale, questa è una
cheratocongiuntivite erpetica.
Il patereccio erpetico può interessare i medici o gli infermieri che vengono a contatto con i malati. Un
dentista che non mette i guanti, ad esempio, può contagiarsi con la saliva del paziente. Queste vescicole
alle estremità delle dita si chiamano “patereccio erpetico” (normalmente il patereccio è da stafilostreptococco). Queste vescicole sono fastidiose, danno prurito,danno dolore.
Non c’è differenza, clinicamente parlando, tra l’infezione primaria e la ricorrente, la ricorrenza è un dato
anamnestico.
Grappolo di vescicole unilaterale potrebbe far pensare anche ad uno Zoster, però nello zoster c’è il dolore;
nell’herpes simplex, invece, ci può essere bruciore, sensazione di fastidio, ma non il dolore urente che è
tipico dell’infezione da herpes zoster, chiamato anche fuoco di Sant’ Antonio.
Un’infezione-infiammazione della gola si chiama herp-angina.
Nei pazienti immunocompromessi vi può essere anche una componente epatica da herpes simplex
disseminato, vi può essere una necrosi con citolisi da virus erpetico.
L’HSV2 dà delle forme prevalentemente genitali; in caso di vulvovaginite erpetica si osserva una cute più o
meno macerata, qualche vescicola che non sempre è evidente, bisogna differenziare dal rush da pannolino,
perché queste espressioni eritematose possono esser dovute al pannolino che rende umido l’ambiente
favorendo anche la candidosi. Il neonato quando attraversa il canale del parto può contagiarsi perché i
genitali della madre vengono in contatto con la mucosa dell’occhio e si può avere anche encefalite erpetica
ed in tal caso può essere preferibile il taglio cesareo. Nel maschio potete avere una balanite o una postite,
in cui anche il prepuzio è interessato dall’eruzione erpetica.
Quindi un herpes genitale può considerarsi una malattia sessualmente trasmessa.
Un’altra forma clinica è il famoso eczema erpetico che può interessare bambini e adulti e consiste in gruppi
di grappoli di vescicole che si sviluppano su una base di eczema. I soggetti con eczema hanno una
particolare recettività, sensibilità, ad un infezione erpetica.
Quando il paziente ha un’encefalite erpetica può andare in coma, può avere un’irritabilità, una sonnolenza
e all’EEG avere delle onde lente. Quindi la diagnosi strumentale di una encefalite erpetica è fattibile, oltre
che con l’esame clinico che consente di sospettare l’encefalite, con un EEG. Il quadro anatomo-patologico
di questa encefalite è lo stesso di quello che si può avere nell’encefalite post-morbillosa. Nella encefalite,
oltre all’iperemia, si avrà un infiltrato di linfociti attorno ai vasi sanguigni, i neuroni infettati con il virus
erpetico potranno essere evidenziati con l’immunofluorescenza, anche se è una pratica piuttosto cruenta
poichè necessita di una biopsia dell’encefalo. Anche nel fegato può essere individuato in questo modo.
Il virus può essere presente nelle vescicole, nella saliva, nel gargarizzato, nel sangue, nel materiale bioptico
e lo si verifica appunto con l’immunofluorescenza o con il microscopio elettronico che evidenzierà l’effetto
citopatico del virus. Tuttavia la sierologia occupa il primo posto per la diagnosi, per motivi di costo e
rapidità e si cercano anticorpi della classe IgM contro antigeni virali. Una volta si facevano due prelievi,
all’inizio e dopo quattro settimane, per vedere se le IgG totali aumentavano di 4 volte, ma questo è un dato
per lo più storico, oggi si ricercano direttamente le IgM per verificare l’infezione in atto.
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Il taglio cesareo è indicato se la gestante ha una vulvovaginite erpetica ed al neonato a rischio si possono
dare anche delle gamma globuline. La vaccinazione non si applica. Nelle infezioni gravi si può dare
l’aciclovir: 10 mg per kg ogni 8 ore per 14 giorni in infusione endovenosa è la posologia della encefalite
erpetica e questo farmaco ha fatto abbassare la mortalità dal 70 al 20 %. Altre vie di somministrazione
dell’aciclovir sono la via orale e la via topica, con le creme che si possono utilizzare nelle forme cutanee e
mucose, anche se hanno un costo esorbitante (si può arrivare a spendere anche 100 euro per curarsi un
herpes labialis). Quando l’herpes è ricorrente, appena ci si accorge del prurito e del fastidio e compaiono le
bollicine si può anche fare una piccola pasta di acqua e bicarbonato ed avere gli stessi effetti. Poi ci sono le
pomate oftalmiche per la cheratocongiuntivite erpetica. Questo per quanto riguarda l’aciclovir (zovirax
nome commerciale).Esistono anche altri prodotti come il valaciclovir (talavir nome commerciale, compresse
da 1 grammo) o il famciclovir (famvir nome commerciale). Questi farmaci accelerano la guarigione però non
prevengono le recidive, che possono essere trattate con gli stessi farmaci. La durata di somministrazione va
dai 5 ai 7 giorni; solo per l’encefalite ci vogliono 2-3 settimane ed in tal caso si da la formulazione
endovenosa.
Una patologia piuttosto frequente che può spaventare chi non la conosce è la mononucleosi infettiva. Può
spaventare perché facendo l’emocromo di una persona che ha la febbre e ha mal di gola, con ghiandole
ingrossate che fanno pensare a leucemie o all’ Hodgkin, si trovano 20.000 globuli bianchi. Chi ha studiato
questa malattia può differenziarla dalla leucemia per delle caratteristiche che sono proprie della
mononucleosi, una malattia nel 99% dei casi benigna. Si tratta di una malattia infettiva acuta a carattere
linfoproliferativo, cioè proliferano i globuli bianchi, e in particolare i linfociti B ed i linfociti T; i neutrofili in
questa malattia non c’entrano. E’ causata dal virus di Epstein-Barr, che ha un particolare tropismo per i
linfociti B, per le cellule epiteliali del faringe, che sono le prime cellule con cui il virus viene a contatto, e per
le cellule delle ghiandole salivari. Questo virus, oltre alla mononucleosi infettiva, può dare anche alcuni
tumori come, ad esempio, il linfoma di Burkitt, che è una neoplasia monoclonale maligna dei linfociti B che
insorge con maggiore frequenza nei pazienti infettati dal virus di Epstein-Barr. I bambini del centro Africa
sono quelli più interessati da questo linfoma. Nella Cina del Sud, invece, i maschi adulti possono avere il
carcinoma nasofaringeo a causa di questo virus. Alcuni identificano nel virus la causa del cosiddetto “nato
stanco”, soggetti che hanno la sindrome da fatica cronica; qualche volta viene incolpato il virus di EpsteinBarr, qualche volta il citomegalovirus, altre gli adenovirus, non ancora si sa quale sia il virus responsabile.
Può dare anche linfomi di Hodgkin e linfoma cerebrale primitivo nei pazienti con AIDS.
Gli antigeni virali sono l’antigene virocapsidico, che è un antigene strutturale, e noi sfruttiamo gli anticorpi
contro il VCA (antigene virocapsidico) della classe IgM per fare la diagnosi di mononucleosi infettiva. Questa
ricerca ha reso inutile, non più attuale, la sieroagglutinazione di Paul-Bunnel-Davidsohn. Alcuni ricercano
anche gli anticorpi contro l’antigene di membrana, l’antigene precoce, EBNA (Epstein-Barr nuclear antigen).
Questi altri anticorpi hanno meno importanza ai fini di diagnosi di malattia in atto. Al laboratorio è più facile
richiedere questi anticorpi della classe IgM che poi decadono e vengono sostituiti dalle IgG, che non
implicano infezione in atto.
Esisterebbero di questo virus 2 ceppi, A e B. Danno tutti e due la stessa sintomatologia.
Una caratteristica del virus di Epstein-Barr quando ha raggiunto i linfociti B è quella di indurre un fenomeno
che si chiama blastizzazione linfocitaria, che significa che i linfociti B sotto la spinta del virus, che
attiverebbe un fattore di crescita, si moltiplicano notevolmente, per cui abbiamo l’aumento dei globuli
bianchi. Questo fenomeno si chiama anche immortalizzazione dei linfociti B. Se non intervenissero i linfociti
T avremmo una sindrome linfoproliferativa, tipo Burkitt. Invece l’efficacia dei linfociti T, anch’essi
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responsabili dell’aumento nell’emocromo della quota linfocitaria, fa si che si ponga un freno a questa
blastizzazione e il paziente guarisce. I neutrofili nell’emocromo di chi è affetto da mononucleosi infettiva
scendono dal 70% al 20% laddove invece i linfociti dal 20% salgono al 70-80%. In una tonsillite
streptococcica, invece, pure c’è leucocitosi, però i neutrofili salgono all’ 80-90%.
Il virus al microscopio elettronico ha una simmetria cubico-icosaedrica. Dopo che c’è stata la proliferazione
dei linfociti B anche per il virus di Epstein-Barr vi è un periodo di latenza o nei linfociti B o nell’epitelio
faringeo e si può avere una riattivazione nei soggetti con AIDS o sotto l’influsso dei farmaci.
Il virus non è che scompare dalla popolazione, ci saranno i portatori del virus che sono gli “untori” e sono
quelli che continuano ad eliminare il virus soprattutto attraverso le secrezioni salivari, non a caso viene
chiamato “malattia del bacio”. Anche l’uso promiscuo di rossetti, di posate, di stoviglie può facilitare il
contagio. E’ un virus molto diffuso nell’ambiente, tant’è che il 90% degli adulti può avere gli anticorpi
contro di esso. Nei paesi in via di sviluppo è una malattia che interessa anche i primi anni di vita. La
trasmissione può essere oro-faringea, diretta, attraverso la saliva (malattia del bacio) oppure indiretta,
attraverso piatti, bicchieri, posate e rossetto. Il virus può essere eliminato per oltre un anno, anche dopo la
guarigione, attraverso la saliva.
Il virus può essere eliminato per oltre un anno anche dopo la guarigione attraverso la saliva. Dopo la
penetrazione nell'orofaringe, il virus penetra nelle cellule epiteliali che esprimono un recettore da esso
riconosciuto (recettore di C3d del complemento) e si replica fino a determinare la lisi della cellula, questo
prende il nome di ciclo litico dell’orofaringe e al suo termine compaiono gli antigeni dca e antigeni precoci,
questo è un ciclo litico riproduttivo perché il virus si replica nelle cellule dell'epitelio a spese della cellula
epiteliale stessa che muore. Dalla cellula epiteliale il virus arriva ai linfociti B che vengono infettati e NON
uccisi, anzi si moltiplicano indefinitamente secondo il fenomeno della Blastizzazione.
I linfociti B prima interessati sono quelli cervicali, infatti sono tumefatte le linfoghiandole cervicali
posteriori, però anche la milza può essere interessata, le linfoghiandole ascellari, le inguinali, fino a sfociare
in una poliadenopatia generalizzata. Il virus poi dai linfociti B passa un circolo e si ha la diffusione
dell'infezione, in questa fase vi è l'esposizione degli antigeni virali e quindi la montata anticorpale contro
l'antigene precoce contro il late membran antigen e gli anticorpi contro l'antigene virocapsidico. Questi
anticorpi hanno anche una funzione neutralizzante il virus per cui si guarisce dalla mononucleosi sia per
l'attività degli anticorpi sia per l'attività dei linfociti T (non a caso su molti testi trovate scritto che nel corso
della mononucleosi infettiva vi è in corso una guerra civile tra i Linfociti T e i linfociti B), infatti i linfociti T
garantiscono, se attivi, la citolisi dei linfociti B (che contengono il virus ed espongono sulla superficie i suoi
antigeni) e quindi il fenomeno di proliferazione dei linfociti B viene arrestato.
E questa è la sequenza degli eventi che si hanno:
1. Penetrazione e replicazione faringea -> Angina
2. Infezione dei linfociti B della mucosa faringea e dei linfociti locali -> Linfoadenomegalia locale
3. “Immortalizzazione” policlonale dei linfociti B infetti -> Linfocitosi periferica e produzione Ab
eterofili
4. Diffusione ad altri distretti “linfatici” -> Linfoadenomegalia sistemica, epato-splenomegalia
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5. Risposta ai linfociti T citotossici (CD8) -> Virociti o cellule di Downey
6. Guarigione
L’incubazione è di 30-60 giorni.
Le manifestazioni cliniche sono diverse: Abbiamo la faringite o la tonsillite pseudomembranosa tant'è che la
mononucleosi e chiamata anche angina monocitica o linfoadenopatia laterocervicale di Pfeiffer. Poi si ha la
viremia poiché dalla cellula epiteliale il virus arriva ai linfociti B che vanno incontro a blastizzazione e
possono produrre anticorpi non soltanto contro gli antigeni virali ma anche ad esempio quelli contro le
emazie di montone, non si sa perché vengano sintetizzati questi anticorpi eterofili, ma anche degli
autoanticorpi quindi questa eccitazione delle cellule B significa anche iperfunzione, che li spinge alla
produzione di Ab particolari e non fisiologici.
Mentre alcuni di questi anticorpi ci servono solo per la diagnosi, altri anticorpi come quelli eterofili e contro
il VCA (antigene virocapsidico) possono agire contro le piastrine e dare una piastrinopenia oppure una
anemia emolitica; possiamo avere anche un danno renale perchè si possono formare immunocomplessi tra
anticorpi e antigeni renali. Dunque esiste tutta una sintomatologia clinica su base autoanticorpale da
immunocomplessi ma di contro una “facilitazione diagnostica” utilizzando gli anticorpi contro gli antigeni
virali.
Ricapitolando, sono i linfociti B eccitati che danno questi problemi e ciò spinge i linfociti T a reagire contro i
linfociti B dando un freno alla moltiplicazione linfocitica. I linfociti B con il virus presente in essi possono
localizzarsi nel SNC e dare una meningoencefalite o una nevrassite da virus EB. Il linfociti B possono
localizzarsi in altri organi e dare linfoadenomegalia, splenomegalia, epatomegalia con epatite da virus EB
caratterizzata dall'ittero (una normale epatite virale da virus epatitici minori).
Questa la possiamo considerare un po' come una sequenza di eventi: faringite ->splenomegalia ->
linfoadenopatia laterocervicale -> epatomegalia (con una percentuale di frequenza variabile da soggetto a
soggetto).
Nel sangue si trovano le cosiddette cellule di Downey o virociti , un aspetto variopinto dei globuli bianchi al
vetrino, tutti sono diversi l'uno dall'altro; tale reperto è caratteristico e consente di differenziare la
mononucleosi infettiva dalla leucemia linfatica cronica in cui i linfociti sono tutti uguali e si parla di aspetto
tombale.
L'angina pseudomembranosa è caratterizzata poi anche dalla difficoltà alla deglutizione e porterebbe alla
formazione delle pseudomembrane anticipate da un po’ di rossore e se per errore viene somministrata al
paziente ampicillina compare un rush cutaneo importantissimo scatenato dal farmaco nelle infezioni da
virus di EB che non deve essere confuso con una reazione avversa al farmaco.
I linfonodi sono classicamente grandi come un pisello, spostabili, dolenti, morbidi, la cute sovrastante non è
arrossata.
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“Un medico inglese al letto di un paziente che non poteva flettere il capo e che si trovava in uno stato quasi
semicomatoso pensò innocentemente ad una meningite, ma il paziente invece aveva le ghiandole così
tumefatte e dolenti che non poteva muovere il capo.”
Esiste anche una linfoadenopatia periferica con delle forme pseudoappendicolari.
“Amo sempre ricordare il caso di un bambino di 8-9 anni per il quale fui chiamato a consulenza in chirurgia
perchè il bambino aveva una dolorabilità in sede appendicolare, però la mamma più volte aveva
sottolineato ai chirurghi che il bambino oltre alla febbre aveva anche mal di gola ma i chirurghi lo volevano
portare per forza in sala operatoria. La mamma si oppose fermamente, chiedendo di aspettare il risultato
dell’emocromo, nel frattempo arrivai per la consulenza e vidi che la gola era arrossatae che l’appendicite
acuta non si manifestava chiaramente; pensai di chiamare il laboratorio per farmi dire in anticipo i globuli
bianchi, i bianchi totali erano 17000 e questo non poteva aiutarci e quindi chiesi la formula leucocitaria,
80% linfociti e 20% neutrofili, la mamma aveva ragione, era la forma di EB appendicolare e sicuramente non
da operare”.
Anche l’epatite virale acuta può esistere nella forma appendicolare e se non fate le transaminasi potete
sbagliarvi (ma nel dubbio, meglio operare una appendicite acuta che rischiare una peritonite mortale).
Ricapitolando c’è la splenomegalia, la milza è fragile e bisogna fare attenzione a non romperla alla
palpazione, vi può essere modesta epatomegalia con ipertransaminasemia che non è mai elevata come
nell’epatite virale acuta da virus maggiori (non oltre 400) con un ittero misto (possibile ma non frequente),
le manifestazioni cutanee possono essere rappresentate da un rush maculo papuloso come nel morbillo
che aumenta di frequenza in soggetti trattati con ampicillina o amoxicillina per errore.
Nella formula leucocitaria normale, mentre i bianchi totali vanno da 6.000 a 9.000 (da sapere i valori
normali), nella formula leucocitaria della mononucleosi infettiva possono arrivare a superare 10000 fino a
20-30.000 con INVERSIONE della formula leucocitaria (salgono i linfociti rispetto ai neutrofili).
Diapositiva clinica:
cellule di Downey, linfociti alterati nella mononucleosi, citoplasma iperbasofilo, forma variabile, reniforme,
nessun linfocita è uguale all’altro
Si può ancora avere anemia emolitica sostenuta da anticorpi anti-globuli rossi e piastrinopenia da anticorpi
anti-piastrine; nei casi in cui compare anemia può essere utile l’uso del cortisone, farmaco che a seconda
dei dosaggi può esplicare un’azione antiedemigena quindi antinfiammatoria o un’azione
immunosoppressiva, nella mononucleosi infettiva non possiamo utilizzare farmaci immunosoppressivi o a
dosi immunosoppressive sennò blocchiamo l’azione terapeutica dei linfociti T: lo diamo in caso di iperemia,
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difficoltà ad inghiottire, anemia emolitica ecc, perché in questi casi l’azione antinfiammatoria e
antiedemigena può essere salvavita.
“ Un giovane andò in ospedale perché aveva difficoltà ad inghiottire, gli fu dato solo l’antibiotico ed il
giovane è morto per insufficienza respiratoria, se il medico avesse pensato ad una angina da mononucleosi
infettiva particolarmente esagerata, dando 40 mg di (? sicuramente il nome commerciale di un cortisonico)
avrebbe potuto decongestionare laringe e gola e il paziente avrebbe potuto respirare”.
L’antibiotico non serve ovviamente a niente in un’infezione virale come questa, può essere somministrato
solo nel dubbio di una diagnosi streptococcica, ma l’emocromo toglie subito qualsiasi dubbio. Dunque il
cortisone può essere un farmaco salvavita nelle forme particolarmente ostruttive delle prime vie
respiratorie.
Immagini:
-
Striscio di sangue con cellule di Downey
-
Angina con impossibile passaggio dell’aria (dare cortisone), tipica del bambino che ha una via
anatomica gia’ ridotta
-
Angina con pus, ugola edematosa
-
Ampie pseudomembrane biancastre, si distaccano e lasciano un po’ di sierosità ematica, una volta
era necessaria la diagnsi differenziale con la difterite, oggi non esiste più, ma in generale sono grigie
e non bianche; (osservate sempre la gola dei pazienti, ad ogni visita, in quanto spesso sono
successive all’arrossamento dei primi giorni).
-
Pseudomembrane estremamente estese
-
Edema palpebrale, sensazione di occhi gonfi al mattino
-
Enantemi del palato e volte petecchie con possibile fuoriuscita di sangue
-
Rush cutaneo maculo papuloso che può interessare il tronco nel 4% dei pz (aumenta se si fa uso di
ampicillina)
La DIAGNOSI di mononucleosi la fate in base a: febbre, angina, faringotonsillite, linfadenopatia
laterocervicale posteriore e generalizzata, astenia e dispepsia (quando presenti sono di solito associate alla
componente epatitica), dolenzia addominale, splenomegalia, epatomegalia; fate l’emocromo che vi
restituisce una linfocitosi atipica, il monotest per la ricerca degli anticorpi eterofili verso gli eritrociti di
montone e di cavallo; il test più utilizzato è quello che ricerca gli anticorpi anti-virocapside della classe IgM
che aumentano nella fase acuta e che vengono sostituiti da quelli della classe IgG i quali restano per tutta
la vita.
La TERAPIA si basa su misure sintomatiche, riposo a letto, antibiotici SOLO se si sospetta sovrapposizione da
streptococco, cortisonici per circa sette giorni a dosi scalari in caso di forme febbrili prolungate, di angina
con disfagia e difficoltà respiratoria, di anemia emolitica o porpora da pistrinopenia. Nel dubbio diagnostico
delle forme da streptococco basta fare un emocromo per vedere la neutrofilia.
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LEISHMANIOSI
Malattia dovuta al protozoo del genere Leishmania,è una antropozoonosi che interessa sia i cani che
l’uomo. E’ la malattia infettiva più splenomegalizzante che si conosca, la milza può arrivare fino alla fossa
iliaca sinistra; c’è la febbre, spesso bifasica a due picchi giornalieri detta ad “orecchie di gatto” o ad “M”, il
paziente è anche anemico, perché la splenomegalia comporta anche ipersplenismo e quindi un
abbassamento dei bianchi, una leucopenia e una piastrinopenia; il quadro anemico viene peggiorato
dall’invasione del midollo osseo da parte del protozoo. Il quadro proteico elettroforetico mostra
caratteristicamente una ipergammaglobulinemia.
Ascite e febbre nera sono stadi terminali che nel nostro paese sono praticamente inesistenti, più frequenti
ad esempio in India, dove c’è anche molta denutrizione.
La VES è molto aumentata.
La Leishmaniosi viscerale spesso pone un problema di diagnosi differenziale con un linfoma di Hodgkin e
frequentemente il primo medico a incontrare questa patologia è l’ematologo, nel caso questa patologia
non venga poi riconosciuta, il paziente rischia di rimanere senza cure specifiche per settimane arrivando ad
un grave stato di anemia. Se la malattia viene invece rapidamente riconosciuta, il paziente può guarire
grazie a farmaci molto efficaci quali l’Amfotericina B liposolubile o in sospensione lipidica la quale porta a
guarigione in pochi giorni a differenza dei vecchi pentavalenti (Glucantim?) che ora non sono più utilizzati a
causa di effetti collaterali cardiaci (aritmie).
La zona circumvesuviana,Portici, Ischia, Procida, Maddaloni, Castelvolturno, Casalnuovo, Caserta, sono zone
endemiche di Leishmaniosi, il randagismo fa da serbatoio e la mancanza di politiche efficienti in questo
senso non fanno altro che perpetuare il problema.
Esitono diverse forme, a nnoi interessano prevalentemente la forma viscerale africana ed indiana sostenuta
da L. donovani, e quella del bacino del mediterraneo sostenuta da L. Infantum
Le zone del mondo interessate sono prevalentemente India, Sud-Est asiatico, Africa, Sud America e le coste
del Mediterraneo. Non è una malattia rara, +350 mln di individui sono esposti al rischio ed ogni anno sia
hanno 500.000 nuovi casi. Grave è la coinfezione Leishmania-HIV che richiede un tempo maggiore di durata
terapeutica e che impedisce di cercare gli anticorpi anti-Leishmania che sono utili nella diagnosi.
Negli anni i casi in Campania, grazie ad una maggiore conoscenza medica, sono aumentati fino ad arrivare a
70-90 casi all’anno.
Il protozoo, nella forma di Promastigote, con il flagello, è infettante ed è trasmesso dalla Zecca del cane .
Una volta penetrato nella cute si trasforma in Amastigote, senza il flagello. Quest’ultima forma è quella che
troviamo nei macrofagi quando facciamo il puntato sternale.
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Il Flebotomo è un Dittero ed è l’insetto responsabile della trasmissione della patologia, il protozoo in forma
Promastigote si trova nella bocca e nell’esofago e viene trasmesso con la puntura.
Il serbatoio del protozoo è rappresentato dai cani ed il periodo di maggiore attività del protozoo è tra
giugno e agosto, ma questa patologia può avere un periodo di incubazione notevole, potendosi manifestare
anche la primavera successiva.
L’uomo è comunque un ospite occasionale, nel quale il protozoo si localizza nei fagociti.
Una volta che è stato iniettato in sede cutanea, vi è un accumulo di macrofagi che tentano di difendere
l’organismo nel punto dell’inoculo, dopo la fagocitosi la patologia si può autolimitare (forma cutanea)
oppure il Promastigote riesce a moltiplicarsi nella cellula macrofagica con successiva lisi, liberazione e
disseminazione nel fegato, nella milza e nel sistema reticolo-istiocitario, portando ad una
reticoloendoteliosi sitemica.
La risposta immune è mediata dagli anticorpi anti Leishmania con una attivazione policlonale dei linfociti B
e la liberazione di IL-2, contemporaneamente la liberazione dell’ IFN-γ può determinare la necrosi
dell’amastigote.
La milza è ingrandita, vi sono i follicoli sostituiti da cellule mononucleate parassitate, il fegato è aumentato
di volume e le cellule parassitate sono le cellule di Kuppfer .
Nella cute può esserci moltiplicazione dei macrofagi o una piccola papula che non sempre il paziente vede.
Il protozoo si trova nel midollo osseo, nei linfonodi, nella pelle, nel piccolo intestino; il midollo lo usiamo a
scopo diagnostico per isolare i macrofagi che contengono la Leishmania. L’incubazione va da 2 a 10 mesi, la
febbre è importante, può essere intermittente, una febbricola o a bicuspide.
La splenomegalia è notevole con aumento di dimensioni e consistenza della milza, l’epatomegalia è più
moderata, rara invece la linfoadenomegalia.
Nelle forme più gravi si può avere una ipoalbuminemia come nella forma indiana, ipotrofia muscolare, la
cute grigia/pallida (la famosa febbre nera nella Leishmaniosi indiana), la piatrinopenia è presente, la
leucopenia pure è presente e può facilitare le sovra infezioni batteriche.
La morte è inevitabile per emorragia, per anemia, per infezioni sovrapposte se la patologia non viene
diagnosticata.
La VES è molto elevata, l’anemia è presente, vi è piastrinopenia, leucopenia, ipoalbuminemia e
ipergammaglobulinemia, quadro simile a quello della cirrosi epatica.
La diagnosi differenziale si fa con brucellosi,dove c’è anche splenomegalia, febbre tifoide, tubercolosi
miliare, il linfoma (attenzione alla febbricola).
La diagnosi si fa ricercando gli anticorpi anti-Leishmania oppure attraverso l’esame microscopico
dell’aspirato midollare dove si vedono le forme amastigote intra-extracellulari. Se c’è il dubbio diagnostico,
il succo midollare può essere inviato all’istituto superiore della sanità dove viene fatta la coltivazione
perché in alcune forma a bassa parassitemia diventa difficile fare l’esame microscopico. Il ricorso alla PCR è
raro.
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La ricerca degli anticorpi si fa con l’immunofluorescenza indiretta, il termine noto (conservato in
laboratorio) sono i promastigoti fissati sul vetrino a cu si aggiunge il siero del paziente coniugato con la
fluoresceina, se compare la fluorescenza con un titolo di 1:80 in su potete fare diagnosi sierologica.
L’esame microscopico richiede poche gocce di aspirato midollare strisciate su dei vetrini, fissate con il
metanolo e colorate con il Giemsa, l’osservazione viene fatta al microscopio ad (inversione???); questa
tecnica è in grado di mostrare i macrofagi che contengono delle formazioni rotondeggianti dovute alla
presenza degli amastigoti della Leishmania, questa è una diagnosi inequivocabile di Leishmaniosi viscerale,
le amastigoti possono essere anche fuori dalle cellule.
Per l’esame culturale ci vogliono 16 giorni sul terreno detto NNN.
La terapia classica era con l’uso di antimoniali (antimoniato di meglumina - Glucantim®), con grave
tossicità(cardiaca, renale, epatica).
I nuovi farmaci sono le Amfotericine B in forma colloidale e soprattutto liposomiale, in quanto i macrofagi
sono avidi delle particelle di quest’ultimo preparato farmacologico e quindi lo accumulano nel citoplasma
dove può agire uccidendo la Leishmania se presente.
Sono farmaci scarsamente tossici, le dosi sono piccole 2mg/kg endovena pro die per 5 giorni e poi un
richiamo al 14° e 21° giorno; sono solo 7 giorni di terapia, al contrario dei vecchi farmaci, tossici, che
richiedevano una terapia di almeno un mese e mezzo. La terapia è più protratta (14gg)nelle Leishmaniosi
che interessano i soggetti sieropositivi per HIV, forma sicuramente più grave in quanto il soggetto non si
può avvalere della reazione immunitaria, il che significa che la diagnosi può essere fatta solo tramite
puntato sternale (sierologia negativa).
Immagine di cane malato
Immagini di forme cutanee e muco-cutanee (grave)
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Cosa dovete sapere della malaria? Che è una parassitosi **** provocata da protozoi del genere
plasmodium. Malattia proptozoaria come lo è anche la toxoplasmosi, o l’amebiasi.. se uno vi
chiede quali sono le malattie infettive da protozoi più famose, voi dite la malaria, toxoplasmosi,
amebiasi. È una infezione trasmessa all’uomo da zanzare femmina, non maschio, perché le
femmine hanno bisogno di nutrirsi del sangue umano per far maturare le loro uova. (la
epidemiologia non ci interessa) E una patologia endemica in molte regioni del mondo, e centinaia
di migliaia di persone muoiono per questa patologia.
La sintomatologia che caratterizza la malaria è la febbre preceduta da un brivido che definirete
scuotente, il paziente sobbalza sul letto, è il brivido corrisponde alla rottura delle emazie da parte
dei merozoiti. La febbre è alta (39/40) che poi scende per lisi dopo 6-7 ore.
Siccome c’è un a malattia che possiamo definire emolitica se vogliamo, l’emolisi caratterizza
l’anemia del malarico. Se lo visitate, il paziente oltre ad essere pallido, sudato, reduce da un
accesso febbrile, presenta una splenomegalia… quindi è una malattia splenomegalizzante, non
come la leshmaniosi che è la malattia più splenomegalizzante, e costituisce un grave problema
sanitario, con un’alta incidenza di malattie ma anche di mortalità.
Dalle nostre parti la malaria autoctona, cioè dovuta ad un’infezione acquisita in Italia, non esiste
(tantomeno la malaria cronica) più dagli anni 50, perché la bonifica delle paludi pontine ecce cc ha
fatto si che l’anofilismo, cioè l’anofiles non atticchisca più dalle nostre parti.
Quindi l’italiano che viene nel nostro studio affetto da malaria, è un paziente che ha fatto un
viaggio nelle zone tropicali, dove la malaria è una malattia endemica, e quindi si parla di malattia
da importazione, che si può manifestare dopo alcune settimane, mesi, anni (come accade con il
plasmodium malariae). Quindi se voi visitate un paziente che lamenta febbre a giorni alterni, con
brivido, chiedete sempre in sede di anamnesi dove è stato in viaggio… così da poter sospettare di
una malattia tropicale, che sia una malaria, amebiaes, malattia di chagas (o tripanosomiasi
americana)
Il falciparum, e lo dice la parola stessa, ricorda la falce della morte, è il protozoo (la malaria) più
pericoloso, perché quello responsabile della malaria perniciosa (o cerebrale), questo perché il
falciparum può dare un’elevata parassitemia, infettando sia gli eritrociti giovani che vecchi
(mentre p.malariae infetta solo quelli vecchi ad esempio) che fa si che si possano avere delle
trombosi cerebrali, per aggregazione delle emazie (le quali passano da una forma biconcava ad
una bernoccoluta quando sono parassitate) che sono modificate nella loro superficie per la
presenza dei parassiti e ,quindi, questo aumenta l’adesività, la coesione degli eritrociti tra di loro e
con i capillari, provocando delle trombosi cerebrali, che hanno come conseguenze un’anossia
cerebrale, edema e tutta quella cascata dell’infiammazione mediata da prostaglandine e mediatori
dell’infezione, il che porta a coma cerebrale e morte.
Il vivax e ovaie sono caratterizzati dal fatto che una volta che il protozoo è penetrato negli
epatociti, può dare delle forme di resistenza, entrare in “simbiosi” con gli epatociti e restare al loro
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interno e risvegliarsi a distanza di tempo, dando così delle recidive, quindi i ***zoiti sono dovuti
alla infezione da vivax od ovaie.
Poi c’è p. malariae che ha un periodo di incubazione più lungo, parassita solo le emazie adulte, da
una bassa parassitemia ma può recidivare anche a distanza di anni.
Per familiarizzare con la terminologia dei plasmodi, ricordate che schizonte indica una fase del
ciclo biologico del parassita, caratterizzata da divsione del plasmodio, e si divide in merozoiti, che
sono delle particelle che derivano per divisone dallo schizonte, mentre i trofozoiti caratterizzano la
fase di accrescimento del plasmodio sempre all’interno delle emazie, perché il plasmodio ha
bisogno dei prodotti delle emazie per poter crescere.
Quindi, i trofozoiti, indicano la fase di accrescimento del protozoo, a spese dell’emoglobina del
globulo rosso. La morfologia dei trofozoiti è diversa nelle varie specie di plasmodio, ed in base a
questa diversità morfologica, il parassitologo fa diagnosi di malaria da P. falciparum, ovaie e così
via.
Lo schizonte corrisponde alla fase di divisione dei merozoiti, che a loro volta si trasformano in
trofozoiti, che diventano schizonti e merozoiti un’altra volta, che ad un certo punto del ciclo
biologico, si trasformano in microgametociti e macrogametociti che sono le forme sessuate del
plasmodio che non lisano le emazie, quindi le emazie sono lisate soltano dai merozoiti e dai
trofoziti
Gli sporozoiti sono le forme infettanti, inoculate dalla zanzara all’uomo e sono asessuate.
Gli ipnozoiti sono le forme latenti nel fegato e sono simili ai merozoiti morfologicamente, e sono
soltanto appannaggio dei P. vivax od ovaie. Per cui nella terapia di malaria da vivax od ovaie,
bisogna dare anche la primachina, un farmaco antimalarico che uccide gli ipnozoiti.
La differenza del numero dei merozoiti nelle emazie, la forma dei gametociti, l’alta o bassa
parassitemia, le forme esoeritrocitarie e latenti come gli ipnozoiti, la formza dello schizonte, sono
tutti parametri che aiutano la diagnosi di specie del plasmodio.
Ricordiamo il ciclo dell’infezione, partendo dalla puntura della zanzara, lo sporozoite è la forma
infettante e va nel fegato, qui si moltiplica e libera le particelle che a loro volta vanno nelle emazie,
al cui interno si ha la crescita del trofozoite, che da luogo per divisione ad uno schizonte, il quale
dividendosi a sua volta porta a lisi delle emazie, con formazione di un merozoite, e all’accesso
malarico. Questo si chiama ciclo schizogonico-esoeritrocitario (nel fegato), il primo, e ciclo
schizogonico-divisione nelle emazie (nelle emazie il trofozoite ha una forma ad anello con castone,
che è caratteristica di plasmodium vivax, falciparum ecc e serve al parassitologo per fare diagnosi
di infezione malarica).
Ad un certo punto i merozoiti si trasformano in gametociti (che nel falciparum hanno la forma di
una falce), e la zanzara che punge l’uomo malato, assume quindi gametociti, che nel suo intestino
danno luogo ad uno zigote, facendo così iniziare il ciclo schizogonico della malaria, si formano
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delle oocisti che arrivano alle ghiandole salivari, dove si rompono rilasciando sporozoiti, che sono
la forma infettante e quindi il ciclo si ripete.
Perché si abbia la malaria sono necessari un uomo malato, uno sano a cui viene trasmessa
l’infezione e la zanzara, l’anofilismo. Ecco perché in alcuni luoghi la malaria è stata debellata
tramite la bonifica della paludi (come quelle pontine nel lazio), debellando l’anofilismo.
Da un punto di vista sintomatologico, abbiamo un periodo di invasione in cui abbiamo febbre, che
è continua dapprima e poi diventa alterna ogni 2-3-4 giorni (ciò a causa di un primo periodo di
stabilizzazione del plasmodio), con aspetti simil-influenzale (cefalea, vomito, malessere, vertigini,
spleno ed epatomegalia).
Per descrivere un accesso malarico, dobbiamo dire che nell’accesso malarico abbiamo uno stadio
inziale, o del brivido, con un brivido intenso in cui il paziente nonostante la febbre avverte freddo,
poi aumenta la temperatura fino a 40/41 gradi e la temperatura resta elevata per molte ore (2/7
ore, fase del calore)
La febbre nel momento in cui diventa intermittente, assume le caratteristiche di una febbre che si
ripresenta ogni 3 giorni (malaria terzana da P. falciparum, vivax, ovaie) od ogni 4 giorni (malaria
quartana da P. malariae), con i periodo intervallari tra gli episodi febbrili che sono caratterizzati da
una, paradossalmente, buona salute del paziente.
La diagnosi, oltre che dal sospetto clinico ed anamnestico, va confermata attraverso lo striscio
sottile e la goccia spessa.
Lo striscio sottile vuol dire prelevare una goccia di sangue dal polpastrello nel momento del
brivido, si analizza la goccia sul vetrino strisciato e si manda al laboratorio.
La goccia spessa vuol dire far depositare la goccia al centro del vetrino e, anziché strisciarla, si
tratta col bordo di un ago per defribinare, è una metodica di arricchimento, e consente di fare
diagnosi di malaria nei pazienti con bassa parassitemia, perché i parassiti sono concentrati in pochi
ml di sangue, che oltretutto è privato di fibrina. Il paziente avrà anche anemia (normocromica) ,
magari ittero e febbre causata dall’emissione di citochine pirogene (talvola possiam avere più di
una infezione, le quali sovrapponendo i cicli dei parassiti e le rotture delle emazie, con
riversamento in circolo, danno luogo alle così dette terzane doppie o quartane doppi, con febbre
praticamente continua a causa dei cicli continui delle varie infezioni).
La terzana maligna, o perniciosa, interessa soprattutto il SNC con compromissione del sensorio,
febbre elevata e tutte le conseguenze di una sofferenza cerebrale (lipotimia, ipertonia, positività a
sindromi meningee), oppure sofferenza agli organi interni (reni, fegato da trombosi da emazie
parassitate)
Le complicanze delle malaria sono legate allo shock circolatorio, edema polmonare, insufficienza
respiratoria acuta, insufficienza renale e rottura splenica (piuttosto rara).
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Pensiamo a diagnosi di malaria quando abbiamo questa febbre intermittente, con assenza di segni
clinici e focolai infiammatori a carico di altri organi e apparati, resistenza della febbre alle terapie
convenzionali (augmentin, rocefin), soprattutto in persone reduci da viaggi in zone a rischio
endemico.
Le raccomandazioni per le persone che vogliono andare in zone a rischio sono di rivolgersi
attraverso i siti internet al ministero della saluta o all’OMS o ai siti specialistici locali (come la asl al
chiatamone a Napoli).
Altre misure di profilassi sono: non uscire scoperti dal tramonto all’alba, indossare coloniali e
bianchi, uso di prodotti repellenti (come la permetrina), insettidici spray negli ambienti chiusi, uso
di zanzariere.
Dal punto di vista farmacologico si può consigliare il malavone? (o la clorochina, anche se ormai
poco utilizzata), che è un associazione di 2 prodotti antiparassitari, consigliando una compressa al
giorno nei 2 giorni prima della partenza, e fino a 7 giorni dopo il rientro in patria (non si da in
gravidanza e nei bambini).
Oltre il 28° giorno non è consigliata però la profilassi farmacologica perché diventerebbe tossica.
(il chinino solfato oggi si usa ancora perché è l’unico farmaco che può essere dato per via
endovenosa, quindi utile per i pazienti in coma ad esempio)
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Sintomi quali diarrea, tenesmo, dolore addominale, febbre, disidratazione, sono variamente
associati in rapporto all’eziologia, che può essere multipla.
Ad esempio possiamo riconoscere quali agenti eziologici batteri che va danno da escherichia coli
alle salmonelle minori (minori perché non dobbiamo pensare che il tifo sia una malattia diarroica,
in quanto può dare tanto feci molli quanto stipsi), salmonellosi minori che sono più di 2000, o
ancora le shigelle, stafilococcus aureus, clostridium, bacillus cereus, yersinia.
Ma anche virus (enterovirus, togavirus), soprattutto in età infantile, sono responsabili di diarree.
Cosi come anche i miceti (candida albicans) possono essere responsabili.
C’è anche la diarrea da antibiotici, determinata da uno spostamento degli equilibri ecologici in
ambito intestinale. I protozoi possono determinare diarrea, come ameba hystolitica, responsabile
di dissenteria amebica, con perdita di muco e sangue. Dell’amebiasi bisogna ricordare la
localizzazione nel contesto della parete del colon, delle ulcere amebiche, responsabili della
enterorragia, che l’amebiasi può dare manifestazioni extraintestinali (al cervello, fegato, polmone).
Se si sospetta che vi sia un’infezione da ameba, l’esame colturale va fatto sulle feci a fresco, che
quindi vanno portate subito in laboratorio.
Esistono diarree non infettive, come quelle neoplastiche, da intolleranze ecc.
Il contagio di tutte le diarree infettive avviene per via oro-fecale, cioè attraverso l’ingestione di cibi
o liquidi contaminati.
Da un punto di vista semantico dobbiamo differenziare 3 concetti a proposito delle diarree
infettive: la diarrea, la dissenteria, il tenesmo.
La dissenteria = condizione clinica caratterizzata da diarrea muco-sanguinolenta, con tenesmo e
defecazione dolorosa. Chi ha ad esempio una dissenteria da shigella o amebica (le 2 forme più
classiche).
Il tenesmo = sensazione fastidiosa o dolorosa della regione anale, che provoca nel paziente
un’irrefrenabile bisogno di andare in bagno, anche se la vescica o il retto sono stati svuotati da
poco.
La diarrea = emissione frequente di feci liquide o acquose, legata ad alterazioni
anatomo/funzionali della mucosa intestinale (ricordiamo che l’enterocita oltre alla funzione di
assorbire i cibi e l’acqua, assolve anche alla funzione di secernere acqua, sodio, cloro).
Differenza tra carica di contagio e carica patogena = la carica di contagio (o di contaminazione) è la
quantità minima di microrganismi ingerita capace di causare infezione, ed è variabile in rapporto
all’agente eziologico. Ad esempio per le shigelle, bastano poche (100/200 per ml) per dare
un’infezione, per la salmonella di più (maggiore di 500 per ml), questo indica che sono più
“pericolose” le shigelle.
La carica patogena, invece, è quella carica critica perché il germe possa svolgere la sua attività
patogena.
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In che modo un microrganismo può dare alterazioni funzionali dell’enterocita ? Attraverso la
produzione di tossine, che sono prodotte dopo l’ingresso nel meccanismo dell’uomo, oppure ci
sono tossine (come quella stafilococcica, di bacillus cereus) che sono prodotte prima dell’ingresso.
Se la tossina è concentrata in un alimento contaminato, la sintomatologia clinica (nausea, vomito,
diarrea acquosa, crampi) si manifesta in poche ore, addirittura mentre state ancora mangiando
l’alimento può capitare, per questo ai viaggiatori diretti nelle zone a rischio, si consiglia sempre di
mangiare gelati imbustati e non artigianali, bere acqua imbottigliata e non delle fontane ecc, per
evitare così la famosa diarrea del viaggiatore.
Esistono poi delle tossine che agiscono sugli enzimi, come l’adenilciclasi o guaninaciclasi, che sono
enzimi che vengono coinvolti nel riassorbimento del sodio e dell’acqua, e così si può avere una
secrezione di cloro, un diminuito assorbimento di sodio e così viene riassorbita anche meno acqua
e ciò porta alla diarrea acquosa causata dalle enterotossine (soprattutto le enterotossine di E.coli e
vibrio colera, quest’ultima composta da 2 segmenti, tossina A e B che causano comunque questo
tipo di diarrea). Oltre poi alle tossine, esistono anche le citotossine, che agiscono sul corpo
cellulare, non solo sulle funzioni, ed hanno un effetto citolitico con distruzione dell’enterocita,
provocando così una diarrea infiammatoria (non acquosa) e le feci possono essere emorragiche
con presenza di leucociti e cellule infiammatorie (danno questo tipo di quadro la shigella
dissenterie, lo stipite enteroemorragico di E.coli, e i microrganismi produttori di tossine shiga-like)
Ricordiamo un attimo la morfologia degli enterociti, che sono forniti di microvilli (che vanno
distinti dai villi intestinali, in quanto i microvilli sono una estroflessione della parete
dell’enterocita, mentre i villi intestinali sono estroflessioni della parete epiteliale dell’intestino),
poi abbiamo la lamina propria, il corion della mucosa. Quindi, i batteri possono agire sia sui
microvilli semplicemente aderendovi, e già ne alterano la funzione di assorbimento e secrezione,
oppure possono distruggere la superficie e penetrare nel corpo dell’enterocita, o ancora penetrare
nell’interstizio tra 2 cellule intestinali e raggiungere il corion.
Quindi, le modalità di azione dei batteri sono diverse, abbiamo quelli che aderiscono alla superficie
intestinale (come lo stipite enteropatogeno di E.coli o altri che agiscono in questo modo) e
provocano diarrea acquosa, febbre, crampi ecc; oppure si può avere una lesione dei microvilli ma
con il corpo integro (stipite enteroaderente di E.coli); oppure queste tossine possono essere
tossiche anche perché agiscono sugli enzimi dell’eneterocita (adenilciclasi, guanilciclasi),
aumentando l’espulsione di sodio e di acqua e diminuendo quella del cloro; possiamo anche avere
la penetrazione dei germi nell’enterocita, necrosi cellulare (che può essere causata anche da
tossina shiga-like, prodotta dagli stipiti enteroemorragico EHEC ed enteroinvasivi EIEC di E.coli).
Le complicanze delle diarree acquose sono soprattutto la disidratazione.
Nella diarrea da rotavirus, questo può danneggiare le pareti degli enterociti, che si desquamano, e
gli enterociti che salgono su per turnover, non sono sufficientemente maturi per adempiere alla
funzione di assorbimento e secrezione, e ciò provoca la fase diarroica.
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Per sintetizzare i vari eventi che possono portare ad alterazioni funzionali degli enterociti o a
distruzione degli stessi e, quindi, a diarrea acquosa o muco-sanguinolenta, sono state create delle
sigle per gli stipiti diversi E.coli ma valide per tutti i germi che possono dare questi meccanismi
patogeni, quindi possiamo avere:
ETEC, E.coli enterotossigeni (producono LT_1 e LT-2)= diarrea acquosa
EHEC, E.coli enteroemorragici (producono tossine shigalike stx-1 e 2) = diarrea sanguinolenta
EPEC, E.coli eneteropatogeni, aderiscono alla parete alterando le funzioni = diarrea acquosa
EAEC, E.coli enteroaderenti, producono fattori di adesione = diarrea acquosa
EIEC, E.coli enteroinvasivi, strettamente simili a shigella, = diarrea mucosanguinolenta
In casi di disidratazione possiamo avere oliguria, aumento dell’azotemia (compromissione
funzionalità renale), insufficienza circolatoria, apatia, polsi assenti, cute anelastica. La maggior
parte delle volte, per guarire, basta una semplice reidratazione con tanta acqua.
Come si fa una diagnosi di enterite o gastroenterite? La diagnosi clinica è facile, ma a noi interessa
quella eziologica, che si fa con la coprocoltura, e l’esame a fresco delle feci, che ci permette di
diagnosticare una amebiasi.
La terapia importante è quella della reidratazione con soluzione elettrolitica in vena. Gli antibiotici
non sono sempre necessari, soprattutto nelle diarree acquose e nell’ospite immunocompetente.
Laddove ci sono diarree infiammatorie, per invasione della mucosa, come accade con salmonelle,
shigelle, yersinie, allora si danno gli antibiotici adatti all’uomo, come il romicil, il bactrim,
l’ampicillina. Gli inibitori della motilità intestinale (come l’imodium), invece, vengono dati
solamente nelle diarree acquose, e nella dieta bisogna evitare gli stimolanti della parete
intestinale, come le verdure, gli alimenti ricchi di fibre o gli zuccheri che possono facilitare una
diarrea osmotica, mentre è consigliato il riso ad esempio, come fanno nei paesi poveri in cui
questo alimento abbonda, e a cui si associa anche bere acqua del riso per la reidratazione, sono
consigliati anche thè, limone e gli antibiotici devono essere limitati alle diarree infiammatorie.
Oltre alla coprocoltura, vanno poi controllati l’emocromo, la funzione renale, l’emogasanalisi per
definire una corretta reidratazione degli elettroliti sierici.
Gli antibiotici utilizzabili nei casi più invasivi sono i fluorochinolonici, l’ampicillina, i cefrotiaxoni,
sempre associati a reidratazione.
Le salmonelle sono sensibili ai fluorochinolonici e ai cefrotiaxoni, mentre in una giardiasi si può
dare il metronidazolo (flagil), così come anche lo si può dare per combattere l’ameba hystolitica.
La diarrea del viaggiatore colpisce i viaggiatori che non hanno seguito le norme igieniche
consigliate (scritte sopra). L’agente eziologico più frequente di questo tipo di diarree è E.coli, ma
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anche tanti altri. Conviene sempre portarsi un po’ di ciproxin, di bactrim e seguire le norme
igieniche consigliate.
Quando si parla di salmonellosi, ricordatevi che esistono 3 categorie di salmonellosi:
- quelle maggiori o batteriemiche, caratterizzate cioè dall’invasione del sangue da parte della
salmonella, come il tifo e il paratifo
- quelle minori o enterocolitiche, in cui il batterio resta confinato nell’intestino o, al massimo, nel
corion della mucosa, come le tossinfezioni alimentari e le enterocoliti, paratifo b e c. Le salmonelle
responsabili di tossinfezioni sono presenti nella carne di maiale, nella carne macinata, nelle uova e
derivati. È importante la coprocoltura specialmente nelle donne gravide che devono entrare in
sala parto, perché se portatrici di salmonellosi minori, possono dar luogo ad epidemie.
- quelle a primitiva localizzazione extraintestinale, le ostiomieliti per esempio da salmonella e così
via.
La salmonella della febbre tifoide presenta 3 antigeni caratteristici, che sono l’antigene VI, O, H, e
gli anticorpi contro l’antigene O sono quelli che si ricercano per la reazione di vidal, che è una
reazione sierologica basata sulla reazione di agglutinazione tra l'antigene, presente nel reattivo, e
gli anticorpi presenti eventualmente nel siero del paziente.
Titolo di positività di una reazione di sieroagglutinazione: è la più alta diluizione a cui la reazione
ancora si verifica, per il tifo (ad esempio) la positività va da 1:80 in su.
Da ricordare la classificazione delle salmonelle, in base alla distribuzione dell’antigene O ed H. la
salmonella typhi appartiene al gruppo B ed è responsabile della febbre tifoide, chiamata anche
ileo-tifo, perché l’organo bersaglio è l’ileo (placche di peyer dell’intestino tenue), ed è una
patologia pressochè scomparsa nelle zone europee.
Del tifo bisogna ricordare che è una malattia a carattere setticemico, si trasmette esclusivamente
per contagio interumano (mentre le salmonelle minori attecchiscono ad animali di vario tipo), o
per contatto diretto o attraverso la contaminazione di cibi (infettati magari a causa di scarse
condizioni igieniche da un portatore). Le lesioni che causa la salmonella typhi sono a carico del
distretto linfatico del tenue. La sintomatologia è caratterizza da febbre, splenomegalia con milza
molle (nella leshmaniosi è dura), disturbi sensori come stupore, abnubilamento, cefalea
importante, ma soprattutto un’astenia che non permette nemmeno di alzarsi dal letto (a
differenza del paziente con brucellosi che invece riesce a svolgere tranquillamente l’attività di
camminare).
Il paratifo A ha un quadro clinico simile al tifo ed è anche batteriemico, mentre i paratifi B e C sono
quelli che danno sintomatologia enterica come nelle salmonellosi minori.
Da ricordare i vari settenari, c’è quindi la fase della tumefazione, della congestione dopo che il
batterio è stato ingerito per os e c’è quindi la tumefazione delle placche di peyer con reazione
delle cellule reticolo-endoteliali dei linfonodi e tumefazione degli stessi, in questa fase è
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importante la emocoltura ai fini diagnostici. Poi successivamente si ha la fase del 2 e 3 settenario,
nel secondo settenario si ha la formazione dell’escara, cioè della necrosi delle placche di peyer e,
quindi, successivamente, si ha la formazione delle ulcere nel terzo settenario, in cui l’escara cade e
si formano le ulcere, e questa è la fase in cui si può avere enterorragia o perforazione con il rischio
di peritonite saccata. Nell’ultima settimana (4 settenario) si ha la pulizia dell’ulcera e la
riepitelizzazione dell’ulcera, della soluzione di continuo, a partire dalle cellule della base e si ha la
guarigione.
La diagnosi si fa tramite emocoltura nel primo settenario, con la reazione di widal dal 2 settenario
in poi, e nel 4 con la coprocoltura. Importante è ovviamente l’anamnesi per differenziare il tifo da
altre malattie infettive.
Le complicanze sono l’enterorragia, la perforazione, la colicistite acuta, perché la colecisti può
essere sede si infezione da salmonelle, e in tal caso si fa una cura antibiotica con compicillina? Che
non viene inattivata dal fegato, quindi arriva alla colecisti e combatte l’infezione, una miocardite,
ma comunque queste complicanze sono ormai molto rare.
Toxoplasmosi: malattia che nell’adulto è autolimitante, è dovuta a toxoplasma gondii, e può
causare 2 condizioni cliniche:
nell’adulto è spesso asintomatica o una linfoadenite laterocervicale, e non va trattata se il
soggetto è immunocompetente.
Nella donna gravida è, invece, molto pericolosa se contratta durante la gravidanza. Mentre nel
primo trimestre un’infezione da toxoplasma può dare un aborto, nel terzo trimestre può, invece,
dare delle infezioni connatali che si manifestano con gravi alterazioni del SNC e una corioretinite
(può portare a cecità), La triade classica è costituita da corioretinite, idrocefalo (presente già alla
nascita e diagnosticabile con tac) e calcificazioni intracraniche.
La toxoplasmosi rientra nel complesso TORC, Il complesso TORCH (a volte indicato con ToRCH[1]) è
l’acronimo di un gruppo di agenti patogeni responsabili di alcune malattie di notevole importanza
ostetrica che devono essere individuate attraverso screening in una donna gravida. Questi
screening, che van fatti prima della decisione di concepire, hanno lo scopo di ricercare la presenza
di anticorpi IgG e IgM nei confronti di Toxoplasma gondii, Virus della Rosolia (rubivirus),
Citomegalovirus ed Herpes Simplex. L’unico antibiotico che si può dare in gravidanza in corso di
toxoplasmosi, se la donna non vuole abortire, è la spiromicina.
Nel caso di pazienti immunocompromessi (come quelli infetti da HIV o ricettori di trapianti in
terapia immunosoppressiva) si può sviluppare la toxoplasmosi. La manifestazione più evidente
della toxoplasmosi in pazienti immunocompromessi è l'encefalite toxoplasmica, che può essere
mortale.
Il ciclo vitale del Toxoplasma gondii ha due fasi. La prima avviene nell'ospite definitivo, un felino e
comprende la riproduzione sessuata:il felide, ad esempio un gatto, si infetta ingerendo carne
contenente cisti del parassita oppure oocisti sporulate. Gli sporozoiti, grazie all'azione dei succhi
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digestivi, fuoriescono dall'oociste e possono infettare le cellule epiteliali dell'intestino tenue dove
si riproducono e formano oocisti. Le oocisti vengono espulse con le feci e in condizioni ottimali (al
riparo dalla luce solare diretta) impiegano 2 giorni a maturare, formando 2 sporocisti contenenti
ognuna 4 sporozoiti, gli elementi infettanti.
La seconda fase, nella quale il parassita si riproduce solo in maniera asessuata può aver luogo in
ogni animale a sangue caldo, mammiferi (incluso lo stesso gatto) o uccelli. Anche questi ospiti
intermedi si possono infettare o da oocisti sporulate presenti nelle feci o dal consumo di carne
cruda o poco cotta di animali parassitati: il parassita passa la barriera intestinale grazie a delle
cisterne dette micronemie che riescono a bucare le gap junctions e, presumibilmente veicolato da
macrofagi, invade per via ematogena cellule di svariati tessuti, le quali formano una serie
cosiddetta di vacuoli parassitofori. All'interno di questo vacuolo Toxoplasma gondii si propaga in
una serie di divisioni binarie (circa 3 o 4) finché la cellula infetta non scoppia. Questa forma di
replicazione veloce e asessuata di Toxoplasma gondii è chiamata tachizoite. Di norma dopo questa
prima fase l'ospite acquisisce una certa immunità e questo determina la comparsa di una forma
riproduttiva lenta, detta bradizoite perché gli anticorpi prodotti limitano l'invasività. I vacuoli del
bradizoite possono formare cisti nel tessuto degli ospiti infetti (soprattutto nei muscoli e nel
cervello) e possono impiegare anni a svilupparsi definitivamente.
L’infezione può essere trasmessa, quindi, anche attraverso il contagio di carni crude (le donne
dovrebbero non fare le polpette in gravidanza ^^) e l’ingestione delle stesse.
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